Gaber - Brel. Un percorso tra parole canzoni immagini

Transcription

Gaber - Brel. Un percorso tra parole canzoni immagini
Teatro-canzone Chanson-théâtre
Giorgio GABER Jacques BREL
UN PARCOURS ENTRE
PAROLES CHANSONS IMAGES
A CURA DI MICAELA BONAVIA
TRADUCTION FRANÇAISE REVUE PAR GILLES CUOMO
BILINGUE
UN PERCORSO TRA
PAROLE CANZONI IMMAGINI
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Teatro-canzone Chanson-théâtre
Giorgio GABER Jacques BREL
UN PERCORSO TRA
PAROLE CANZONI IMMAGINI
UN PARCOURS ENTRE
PAROLES CHANSONS IMAGES
A cura di Micaela Bonavia Par Micaela Bonavia
Traduction française
revue par Gilles Cuomo
BILINGUE
«...tout vient trop tard, à qui sait attendre» J.B.
Revisione della traduzione francese
a cura di Gilles Cuomo
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Teatro–canzone Chanson–théâtre
Giorgio GABER Jacques BREL
GABREL
UN PERCORSO TRA PAROLE CANZONI IMMAGINI
UN PARCOURS ENTRE PAROLES CHANSONS IMAGES
A cura di Micaela Bonavia
Revisione della traduzione francese a cura di Gilles Cuomo
Edizione per l’Institut Français – CSL, Roma
4 novembre 2012
extrait de
il
BILINGUE
DEP.
SIAE N. 2010000650/2010
© Progetto ideato da Micaela Bonavia
© Projet créé par Micaela Bonavia
Traduzione: Micaela Bonavia
Revisione della traduzione francese: Gilles Cuomo
Traduction: Micaela Bonavia
Traduction française revue par: Gilles Cuomo
Grafica e impaginazione: Micaela Bonavia
Copertina: Micaela Bonavia
Graphisme et mise en page: Micaela Bonavia
Image de couverture: Micaela Bonavia
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Mi fa male il mondo.
J’ai mal au monde.
G.G. 1973
L’artiste c’est quelqu’un qui a mal aux autres.
L’artista è qualcuno che ha male agli altri.
J.B. 1973
Cos’è GABREL?..................................................................................................................................... 4
Qu’est-ce que GABREL? ................................................................................................................... 5
Giorgio Gaber – Jacques Brel. Note biografico-artistiche ........................................................... 6
Giorgio Gaber – Jacques Brel. Notes biographiques et artistiques ................................................. 7
Teatro-canzone Chanson-théâtre .................................................................................................... 13
13 LE TRAVAIL
L’IDEA 13 L’IDÉE
LA PAROLA 14 LES MOTS
GLI AUTORI 14-15 LES AUTEURS
LA «CANZONE» 15 LA «CHANSON»
L’EMOZIONE 16 L’ÉMOTION
UN TESTIMONE 17 UN TRIBUN
L’INDIGNAZIONE 18 L’INDIGNATION
IL DOLORE 19 LA DOULEUR
IL LAVORO
LA FISICITÀ
IO
20 MON CORPS
21 MOI
LA CREDIBILITÀ
22 LA CRÉDIBILITÉ
23 LE TOUR DE CHANT
24 LA SALLE
LA LIBERTÀ 24 LA LIBERTÉ
IL RAPPORTO COL PUBBLICO 25 LE RAPPORT AVEC LE PUBLIC
UNA PASSIONE 26-27 PASSIONNÉMENT
L’UNIONE 28 LE RENCONTRE
IL RECITAL
IL TEATRO
Un percorso tra Parole Canzoni Immagini (la presentazione audiovisiva) ................................ 29
Un parcours entre Paroles Chansons Images (la présentation audiovisuelle)
L’amico ............................................... 30
Il comportamento .............................. 36
Gli omini – La presa del potere .......... 40
Io e le cose .......................................... 46
Il dilemma .......................................... 50
PRIMO TEMPO
Benvenuto il luogo dove .................... 58
Canzone dell’appartenenza ............... 62
La stanza del nonno ........................... 68
Al bar Casablanca .............................. 72
Il tutto è falso ..................................... 76
SECONDO TEMPO
31 ................................................ Jef
37 ...................................... La statue
41 ..................................... Les singes
47 ................................. Je ne sais pas
51 .................................... La Fanette
PREMIÈRE PARTIE
.................................. Le plat pays
............................................. Seul
...................................... Les vieux
............................. Les bonbons 67
....................... Voir un ami pleurer
DEUXIÈME PARTIE
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63
69
73
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Note bibliografiche......................................................................................................................... 82
Notes bibliographiques
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COS’È «
»?
È uno studio che affianca per la prima volta GIORGIO GABER e JACQUES BREL attraverso una scelta di
brani tratti dal repertorio musicale e teatrale dei due artisti. È una rassegna audiovisiva, con momenti di spettacolo e di riflessione, che traccia un percorso espressivo inedito, tra potenziali rimandi testuali, suggestioni
evocatrici e molteplici risonanze.
Gaber e Brel si incontrano e si raccontano in parole, canzoni e immagini.
In questa dispensa, estratta di un più ampio progetto, vengono presentati diversi materiali di studio.
Alcune annotazioni biografico-artistiche, un capitolo dedicato alla definizione di «Teatro-canzone» e di
«Chanson-théâtre» attraverso le parole dei due protagonisti; i testi dei brani tradotti in francese per Gaber e in
italiano per Brel, corredati da una scelta delle foto di scena e da citazioni tratte da conversazioni, testi monografici e letteratura secondaria.
Le citazioni pervadono, in effetti, tutto questo studio. Offrono un piano di lettura parallelo. Sono piccole
scosse, parole o frasi chiave, spunti di riflessione e di ricerca, testi integrativi per mettere a fuoco i temi ricorrenti in quello che potremmo qui chiamare l’universo «gabreliano». Nel flusso delle parole, si procede
per “ripensamenti” e “convergenze” inattese. Gli argomenti si toccano, si raggiungono, per irraggiamento
e, a volte, per vibrazione. S’instaura allora la possibilità di un dialogo che non tiene conto della cronologia,
nel presente: è Gaber che porge la parola a Brel e viceversa. Nel lessico originale e nella vivacità del linguaggio parlato, traspare così un ulteriore elemento di vicinanza tra Gaber e Brel: la generosità dell’impegno e
un’imprescindibile “volontà di significato”.
Per quanto riguarda la traduzione si è cercato di rispettare il lessico e lo stile peculiari degli autori nella loro
lingua di origine, così come il registro della lingua e la densità delle immagini poetiche. Il testo originale a vista
offre, in tal senso, maggiori elementi di valutazione delle scelte effettuate.
È la prima volta che i testi delle canzoni di Gaber–Luporini vengono tradotti in francese.
UN PERCORSO TRA PAROLE CANZONI IMMAGINI (la presentazione audiovisiva)
Il percorso proposto per esplorare l’universo composito di questi due artisti segue una scaletta alternata
Gaber – Brel.
L’amico – Jef; Il comportamento – La statue; La presa del potere – Les singes; Io e le cose – Je ne sais pas; Il dilemma – La Fanette; Benvenuto il luogo dove – Le plat pays; Canzone dell’appartenenza – Seul; La stanza del
nonno – Les vieux; Al bar Casablanca – Les bonbons 67; Il tutto è falso – Voir un ami pleurer.
La scelta dei pezzi va quindi oltre l’adattamento dei brani breliani da parte di Gaber nei primi anni settanta:
“Che bella gente” (Ces gens-là), “I borghesi”(Les bourgeois), “L’amico” (Jef). E infatti, solo quest’ultimo viene incluso nel “percorso”, in un montaggio con Jef, a mo’ di introduzione-omaggio alla rassegna.
Le riprese video documentano la presenza scenica, la tensione espressiva, l’intensità dell’interpretazione e
restituiscono almeno in parte il clima unico e irripetibile che ha caratterizzato i loro spettacoli. I diversi approcci
a un tema mettono in risalto, in un flusso di dialogo e opposizione, rifiuto e ironia, la specificità del linguaggio
e dei tratti gaberiani e breliani, ampliandone le possibilità comunicative e facendo emergere un intertesto ricco
di straordinarie vicinanze. L’amicizia, il comportamento individuale, il comportamento sociale, l’esistenza,
l’amore, il senso d’appartenza, l’individuo, la solitudine, l’autoironia, il sé in rapporto col mondo, sono temi con
i quali ci si confronta non solamente “una volta nella vita”, ma per tutta una vita.
E poco importa se si conoscono Gaber e Brel, bene, un po’ o affatto, questa volta è GABREL che va in scena!
GABREL è il risultato di uno studio “sentimentale”. È una scoperta che si rinnova.
Brel e Gaber ci hanno lasciato molto. E le canzoni e i testi sono sempre là, riferimenti necessari, sempre presenti, viventi, che ci parlano di loro. E di noi. M.B.
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QU’EST-CE QUE: «
»?
C’est une étude qui présente pour la première fois un face à face entre GIORGIO GABER et JACQUES BREL
de par le choix de morceaux du répertoire musical et théâtral des deux artistes. C’est une rétrospective audiovisuelle avec des moments de spectacle et de réflexion en un parcours expressif qui se veut inédit, entre de potentiels renvois textuels, des suggestions évocatrices et de multiples résonances.
Gaber et Brel se rencontrent et se racontent en paroles, chansons et images.
Dans cette brochure, extraite d’un plus vaste projet, nous présentons différents matériaux d’étude.
D’abord des notes biographiques introduisant la vie artistique de Gaber et Brel; un chapitre dédié à la définition de «Teatro-canzone» et de «Chanson-théâtre» à travers les mots des deux protagonistes; les textes des
chansons traduites en français pour Gaber et en italien pour Brel, accompagnés d’une sélection de photos de
scène et de citations tirées de conversations, de textes monographiques et d’autres références.
Les citations imprègnent en effet toute cette étude. Elles offrent un plan de lecture parallèle. Ce sont de petites secousses, des mots-clefs ou des phrases-clefs, des occasions de réflexion et de recherche, des textes complémentaires pour mettre au point les récurrences thématiques dans ce qu’on pourrait ici nommer l’univers
«gabrélien». Dans le flux des mots, on avance par “retours” et “convergences” inattendus. Les arguments se
touchent, se rejoignent, par rayonnement et parfois vibration. Un dialogue s’installe alors, qui va au-delà de la
chronologie, dans le présent: c’est Gaber qui donne la réplique à Brel et vice-versa. Dans le lexique original et
dans la vivacité du langage parlé, on perçoit là encore un autre trait-d’union entre Gaber et Brel: la générosité
dans l’engagement et une incontournable “volonté de signification”.
En ce qui concerne la traduction nous avons tenté de respecter le lexique et le style propres aux auteurs
dans leur langue maternelle, ainsi que le registre de la langue et la densité des images poétiques. Le texte original en regard offre plus d’éléments permettant d’évaluer les choix effectués en ce sens.
C’est la première fois que les textes des chansons de Gaber–Luporini sont traduits en français.
UN PARCOURS ENTRE PAROLES CHANSONS IMAGES (la présentation audiovisuelle)
Le parcours que nous proposons pour explorer l’univers composite de ces deux artistes suit une alternance
de programmation Gaber – Brel.
L’amico – Jef; Il comportamento – La statue; La presa del potere – Les singes; Io e le cose – Je ne sais pas; Il dilemma – La Fanette; Benvenuto il luogo dove – Le plat pays; Canzone dell’appartenenza – Seul; La stanza del
nonno (monologue) – Les vieux; Al bar Casablanca – Les bonbons 67; Il tutto è falso – Voir un ami pleurer. Le choix
des morceaux va bien au-delà de l’adaptation des pièces bréliennes par Gaber au début des années soixantedix: “Che bella gente” (Ces gens-là), “I borghesi” (Les bourgeois), “L’amico” (Jef). En fait, seul ce dernier est inclus
dans le “parcours”, dans un montage de séquences avec Jef, ce qui répresente à la fois un hommage et l’introduction de la rétrospective.
Les reprises vidéo rendent la présence en scène, la tension expressive, l’intensité de l’interprétation et, au
moins en partie, le climat unique qui a caractérisé leurs spectacles. Les rapprochements différents vis-à-vis
d’un thème mettent en relief, dans un flux de dialogue et d’opposition, de refus et d’ironie, le langage et les
traits gabériens et bréliens privilégiés. Tout en élargissant les possibilités communicatives, elles révèlent un
inter-texte riche d’extraordinaires affinités. L’amitié, le comportement individuel, social, l’existence, l’amour,
le sentiment d’appartenance, l’individu, la solitude, l’auto-ironie, le moi par rapport au monde extérieur, sont
des thèmes auxquels on est confronté non pas seulement “une fois dans la vie”, mais durant toute une vie.
Et peu importe si l’on connait Gaber et Brel, bien, un peu ou pas du tout, car cette fois c’est GABREL qui est
en scène!
GABREL est le résultat d’une étude “sentimentale”. C’est une découverte qui se renouvelle.
Brel et Gaber nous ont laissé énormément. Les chansons et les textes sont toujours là, s’imposant, toujours présents, vivants, qui nous parlent d’eux. Et de nous-mêmes. M.B.
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NOTE BIOGRAFICO-ARTISTICHE
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Giorgio GABER
Giorgio Gaberscik, in arte Gaber, nasce il 25 gennaio
1939 a Milano.
Il suo primo approccio alla musica è come chitarrista
jazz nei locali notturni. Il primo 45 giri è Ciao ti dirò,
canzone scritta con Luigi Tenco e incisa dalla casa discografica Ricordi nel 1958. Quando Gaber inizia a
cantare, Milano è in una fase di originale crescita culturale: ci sono Dario Fo, Franco Parenti, Paolo Grassi,
Giorgio Strehler. Nasce proprio in questi anni la definizione di «cantautore», nell’ottica della valorizzazione dei testi sull’onda delle risonanze della canzone
francese e in chiaro antagonismo con la musica leggera della tradizione melodica italiana.
Nel 1959 conosce Sandro Luporini, pittore legato al
gruppo del «Realismo esistenziale», che sarà il coautore di tutta la sua produzione teatrale e discografica
più significativa.
«Dato che, col mio
modo di intendere
la figurazione, non
mi posso permettere un giudizio politico particolareggiato, ecco che l’incontro con Gaber ha
colmato questa lacuna permettendomi di tirar fuori, anche con una certa
polemica, tutto quello che penso della nostra condizione sociale.
(...) Per puro divertimento abbiamo cominciato
a pasticciare con qualche frase che lui metteva
in musica. Erano canzoni né belle né brutte, ma
avevano il pregio o la presunzione di essere diverse. Restarono nel cassetto per un bel po’ fin
quando Giorgio azzardò l’idea di allontanarsi
dai circuiti tradizionali e affrontare il teatro.
Una serie di brani scritti da noi intorno al personaggio chiamato “Il signor G” cominciarono
timidamente ad apparire davanti ad un pubblico
vero, voglio dire senza gli applausi registrati
della televisione. Dal 1969 siamo diventati una
coppia d’autori. Sandro Luporini
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Giorgio Gaberscik, pseudonyme Gaber, naît le 25 janvier 1939 à Milan.
Il fait ses premiers pas dans la musique comme guitariste de jazz dans les boîtes de nuit. Le premier 45
tours est Ciao, ti dirò, une chanson écrite avec Luigi
Tenco et enregistrée sous label Ricordi en 1958.
Lorsque Gaber débute dans la chanson, Milan se
trouve dans une phase de croissance culturelle très
originale: il y a Dario Fo, Franco Parenti, Paolo Grassi
et Giorgio Strehler. La définition de «cantautore» (auteur-compositeur-interprète) naît en ces années, en
raison de la mise en valeur des textes dans le sillage
des résonances de la chanson française, et en nette
opposition à la musique populaire de la tradition
mélodique italienne.
En 1959, il rencontre Sandro Luporini, peintre lié au
groupe du «Réalisme existentiel», qui sera le co-auteur de sa production théâtrale et discographique la
plus significative.
«Étant donné qu’avec ma façon d’entendre le figuratif, je ne peux pas me permettre de jugement
politique détaillé, voilà que la rencontre avec
Gaber a comblé cette lacune en me permettant
d’exprimer, avec une certaine polémique, tout ce
que je pense de notre condition sociale. (...) En pur
amusement, nous avons commencé à fabriquer
quelques phrases qu’il a mis en musique. Ces
chansons n’étaient ni belles ni laides, mais elles
avaient le mérite ou la prétention d’être différentes.
Elles sont restées dans un tiroir pendant un certain
temps jusqu’à ce que Giorgio ose l’idée de s’éloigner du circuit traditionnel pour affronter le théâtre. Un certain nombre de ces morceaux autour du
personnage appelé “Monsieur G” commencèrent
timidement à comparaître devant un public, je
veux dire sans les applaudissements enregistrés de
la télévision. Depuis 1969, nous sommes devenus
un couple d’auteurs. Sandro Luporini
Après avoir brûlé les étapes, déjà très populaire,
Gaber fait des centaines de concerts chaque année,
beaucoup de télévision, accorde des interviews; en ‘68
il est un chanteur affirmé. Dans la période 1969/’71 il
assure la première partie des récitals avec Mina.
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«En Belgique, je
m’occupais de
mouvements de
jeunesse qui rendaient visite aux
malades des hôpitaux. J’écrivais
des chansons qui
se voulaient marrantes et je les interprétais. Dans la
vie, je vendais du
carton et ça ne m’amusait pas. Et je pensais que la
chanson était un moyen sérieux pour dire ce que
j’avais envie de dire. Alors (...) je suis venu à Paris
pour réussir mon rêve, pas pour réussir. (...) Or, ce
rêve n’était, à ce moment-là, même pas de chanter,
pas du tout, c’était de projeter mon rêve à l’extérieur.
(...) Et j’ai dû travailler beaucoup pour ça. (...) À Paris,
personne ne voulait de mes textes, bien entendu. Alors
j’ai appris la musique. Mais mes paroles et mes musiques n’intéressaient aucun chanteur! Et j’ai dû chanter moi-même. De refus en refus, ma carrière est le résultat d’une logique implacable. (...) Parfois, c’était
ma tête qui ne plaisait pas. Un soir, un directeur de
cabaret m’a dit: “Tu es trop laid pour réussir au music-hall”. Il m’a fallu quatre cents bouteilles de beaujolais pour m’en remettre. Jacques Brel
Voici la description colorée que Brel fait du milieu
où il s’exhibe dans les annés cinquante, début des
annés soixante: les cabarets, les petites salles de la célèbre et essentielle Rive-Gauche... «Ils ne dînent pas,
ils mangent. En tournée, l’été c’est le melon, l’hiver en cabaret ce sont les huîtres avec les bruits... On ne dit pas, je
NOTES BIOGRAPHIQUES ET ARTISTIQUES
Jacques Romain Georges Brel naît à Bruxelles le 8
avril 1929 dans une famille bourgeoise. Après une
enfance assez austère, il compose ses premiers morceaux. Il se produit dans les cabarets et il enregistre
son premier 78 tours en 1953.
Il s’installe à Paris, promu par Jacques Canetti, directeur artistique chez Phillips. Les débuts sont épuisants. Si ses textes ne séduisent pas le public, sa
capacité à communiquer, cependant, ne s’oublie pas.
Jacques BREL
Jacques Romain Georges Brel nasce a Bruxelles l’8
aprile 1929 in una famiglia borghese. Dopo un’infanzia piuttosto austera comincia a comporre i suoi
primi pezzi. Si esibisce nei cabaret e incide il suo
primo 78 giri nel 1953.
Promosso da Jacques Canetti, responsabile artistico
della Phillips, si stabilisce a Parigi. Gli inizi sono faticosi. Se i suoi testi non fanno presa sul pubblico, la
sua capacità comunicativa resta però impressa.
«In Belgio, mi occupavo di movimenti della gioventù che facevano visita ai malati negli ospedali.
Scrivevo canzoni che volevano essere comiche e le
interpretavo. Nella vita, vendevo cartone e non mi
divertiva affatto. E pensavo che la canzone era un
modo serio per dire quello che avevo voglia di
dire. Allora (...) sono venuto a Parigi per realizzare
il mio sogno, non per avere successo. (...) Questo
sogno, a quel tempo, non era neanche cantare, no,
era proiettare il mio sogno all’esterno. (...) E ho dovuto lavorare molto per questo. (...) A Parigi, nessuno voleva saperne dei miei testi, beninteso.
Allora ho imparato la musica. Ma le mie parole e
le mie musiche non interessavano a nessun cantante! E ho dovuto cantare io stesso. Di rifiuto in
rifiuto, la mia carriera è il risultato di una logica
implacabile. (...) Talvolta, era la mia faccia che non
piaceva. Una sera, un direttore di cabaret mi ha
detto: “Sei troppo brutto per avere successo nel
music-hall”. Mi ci sono volute quattrocento bottiglie di beaujolais per riprendermi. Jacques Brel
Ecco la descrizione colorita di Brel dell’ambiente nel
quale si esibisce negli anni cinquanta e nei primi anni
sessanta: i cabaret, i piccoli locali della celebre ed essenziale Rive-Gauche... «Non cenano, mangiano. In
tournée, d’estate è il melone, d’inverno al cabaret sono le
ostriche con i rumori... Uno non dice: io entro in scena in
apertura o come secondo, dice: passo con le ostriche, passo
col cosciotto, passo ai caffè.» (Jacques Brel, 1957)
Nel 1956, il suo secondo 33 giri, Quand on a que
l’amour, è quello della rivelazione! Riceve il Grand
prix dell’Accademia Charles Cros. In questo periodo
inizia la sua collaborazione con François Rauber,
7
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Dopo gli inizi brucianti, già molto popolare, Gaber
fa centinaia di serate ogni anno, molta televisione, rilascia interviste; nel ‘68 è un cantante affermato. Nel
biennio 1969/’71 è co-protagonista di una tournée
insieme a Mina.
«Avevo fatto tutto: l’intrattenitore televisivo, i festival, compresi quelli di Sanremo e di Napoli.
Volevo cambiare. Avevo fatto due tournée teatrali
con Mina, io il primo tempo, lei il secondo. Non
facile per me. La gente aspettava Mina e si trovava Gaber che cantava per un ora e un quarto.
Me la cavavo bene e fu lì che decisi di scegliere la
strada del palcoscenico con Luporini e con il Piccolo Teatro di Milano (...) nel quale mi potevo esibire come Jacques Brel, uno dei miei grandi
maestri e idoli. Giorgio Gaber
Nel 1970, con lo spettacolo Il signor G, Giorgio Gaber
debutta in teatro e abbandona definitivamente il
mondo discografico e la televisione. È un’idea
nuova, uno spettacolo a tema, con canzoni, monologhi, racconti, situazioni, canovacci ricchissimi di
spunti e provocazioni sulla situazione reale e di collegamenti con le questioni “eterne” del vivere. Sotto
i riflettori, sopra un palco nudo, gesticola, con moti
nervosi e disarticolati, una figura esile e scomposta.
Un viso scarno, una maschera in grado di somatizzare il dolore, la rabbia, la gioia, in una teoria di immagini evocate, reali e convincenti.
«Il Teatro-canzone è nato nel ’71 con Storie vecchie e nuove del signor G. Allora fummo scritturati dal Piccolo Teatro di Milano. (...) Siamo
andati bene dappertutto. Solo a Lecce è successo
un po’ di casino per la canzone dei borghesi,
quella ripresa da Brel. Una parte del pubblico
ha rumoreggiato. (...) I borghesi (...) è una specie
di omaggio. La piccola borghesia è una fascia
molto più larga di quello che si crede: si
espande come cultura a tutti i livelli. (...) Finita
quella stagione piena di entusiasmo, siamo andati avanti da soli rischiando di persona. (...) Ho
il preciso ricordo di un viaggio di ritorno (...)
dopo diverse serate in perdita al Teatro Rossetti
[di Trieste]. Ci dicevamo: “Peccato, siamo bravi,
ma dobbiamo smettere”. Invece abbiamo tenuto
duro un altro anno e mezzo e poi è esplosa
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«J’avais
tout fait: l’animateur de télévision,
j’avais participé aux festivals, y compris Sanremo
et Naples. Je voulais changer. J’avais fait deux
tournées théâtrales avec Mina où j’étais en première partie du spectacle. Pas facile pour moi. Les
gens attendaient Mina et ils trouvaient Gaber qui
chantait pendant une heure et quart. Je m’en suis
bien sorti, c’est ce qui m’a décidé à choisir la
scène avec Luporini et le Piccolo Teatro de Milan
(...) où je pouvais jouer comme Jacques Brel, l’un
de mes grands maîtres et idoles. Giorgio Gaber
En 1970, avec le spectacle Monsieur G, Giorgio Gaber
débute dans les salles et abandonne définitivement
le monde discographique et la télévision. C’était
nouveau: un spectacle à thème, avec des chansons,
des monologues, des récits, des canevas très riches
en idées et des provocations sur la situation réelle et
des liens avec les questions “éternelles” de la vie.
Sous les projecteurs, sur une scène nue, faisant des
gestes avec des impulsions nerveuses et disjointes,
apparaît une silhouette svelte et dégingandé. Un visage décharné, un masque qui peut somatiser la douleur, la colère, la joie, dans une théorie d’images
évoquées, réelles et convaincantes.
«Le Théâtre-chanson est né en ’71 avec Histoires
anciennes et nouvelles de M. G. Puis nous avons été
engagés par le Piccolo Teatro de Milan. (...) Toutes
les représentantions données se sont bien déroulées. Sauf à Lecce, où il y a eu un peu de bordel
pour la chanson des bourgeois, celle que j’ai repris de Brel. Une partie du public a protesté. (...)
Les Bourgeois (...) est une sorte d’hommage. La petite bourgeoisie est un groupe beaucoup plus
vaste qu’on ne le croyait: elle s’élargit en tant que
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passe en n. 1 ou n. 2, on dit je passe aux huîtres, je passe
au gigot, je passe aux cafés.» (Jacques Brel, 1957)
En 1956, son deuxième 33 tours, Quand on n’a que
l’amour, est celui de la révélation! Il reçoit le Grand
prix de l’Académie Charles Cros. À cette époque il
commence à collaborer avec François Rauber, en arrangeur, et avec Gérard Jouannest, pianiste, qui l’accompagneront jusqu’au dernier tour de chant.
«En 1957, je suis passé à l’Alhambra avec Zizi
Jeanmaire. J’avais le trac, un trac fou, je voulais
partir sans chanter. Puis ce fut le succès, le vrai
succès, grâce à Quand on n’a que l’amour. Le public, cette fois-ci m’écoutait, m’applaudissait. Le
soir, dans ma loge, j’ai pleuré pour la première
fois de ma vie. Jacques Brel
A la fin de l’année 1959, il est engagé en tête d’affiche
à Bobino, la salle de référence des auteurs-compositeurs-interprètes de la Rive-Gauche. En 1961, il passe
à l’Olympia pour la première fois en vedette et c’est
un triomphe. Brel devient alors l’homme des tournées, celles-ci se succèdent à un rythme infernal et
au fur et à mesure la reconnaissance du public lui décrète de plus en plus de succès et d’attachement.
«J’ai une idée ou une phrase musicale, par exem-
ple, alors, avec ce matériel, je cherche à construire
la charpente de la chanson, son début, sa fin,
comme pour une pièce de théâtre. Jacques Brel
Brel porte en lui des inquiétudes et quelques certitudes qu’il arrive à communiquer avec une force
et un enthousiasme plutôt rares. Il a perfectionné
son chant et sa voix, il fait un travail de scène, il a
acquis une présence sur les planches complètement
originale. Son cas est neuf. Après 1959: «Il est à lui
seul la seconde partie. Il déboule comme une charge de
cavalerie. Brel met en scène ses textes, capture, prend
dans ses filets, par sa dramaturgie, son sens du mot,
son flair musical. Il transforme une chanson en tableau.
Sa chanson-théâtre s’adresse à tous les gens qui ont
vécu ou voudraient vivre une expérience intense. Au
contraire de Brassens, perdu dans l’expression corporelle,
Brel, débarrassé de sa guitare – sauf pour deux chansons,
Le plat pays et Quand on n’a que l’amour – utilise
tout son corps. (...) Brel transpire, s’essuie le visage,
come arrangiatore, e con Gérard Jouannest, pianista,
che lo accompagneranno fino all’ultimo recital.
«Nel 1957, ho fatto una serata all’Alhambra con
Zizi Jeanmaire. Avevo la tremarella, una fifa tremenda, volevo andarmene senza cantare. Poi è arrivato il successo, il successo vero, grazie a Quand
on n’a que l’amour. Il pubblico, questa volta mi ascoltava, mi applaudiva. La sera, nel mio camerino, ho
pianto per la prima volta nella mia vita. Jacques Brel
Alla fine del 1959, viene ingaggiato in tête d’affiche a
Bobino, la sala di riferimento per gli autori-compositori-interpreti della Rive-Gauche. Nel 1961, trionfa
all’Olympia, per la prima volta come vedette. Brel diventa allora l’uomo delle tournée che si succedono a
un ritmo infernale e man mano il riconoscimento del
pubblico gli decreta un successo e un affetto crescente.
«Ho un’idea o una frase musicale, per esempio,
allora, con questo materiale, cerco di costruire
l’impalcatura della canzone, il suo inizio, la fine,
come per un pezzo di teatro. Jacques Brel
Brel porta in scena le sue inquietudini e qualche certezza che riesce a comunicare con una forza e un’entusiasmo piuttosto rari. Ha perfezionato il canto e la
voce, fa un lavoro di scena e ha maturato una presenza
sul palco del tutto originale. Il suo caso è nuovo. Dopo
il 1959: «È sua la seconda parte [dello spettacolo]. Salta fuori
come una carica di cavalleria. Brel mette in scena i suoi testi,
cattura, prende nelle sue reti, per la sua drammaturgia, il
suo senso della parola, il suo fiuto musicale. Trasforma una
canzone in quadro. La sua canzone-teatro si rivolge a tutte
le persone che hanno vissuto o vorrebbero vivere un’esperienza intensa. Contrariamente a Brassens, perso nell’espressione corporale, Brel, sbarazzato della sua chitarra –
salvo per due canzoni, Le plat pays (Il paese piatto) e
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un’attenzione di pubblico che non è mai più venuta meno. Giorgio Gaber
Prende il via la lunga stagione della scrittura teatrale,
dal «Teatro-canzone» alla prosa d’evocazione fino all’ultimo recital nel 2000, e ogni nuovo spettacolo diventa un appuntamento atteso con crescente
interesse da larghi settori di pubblico – con i “tutto
esaurito” e le lunghe file al botteghino –, sempre più
coinvolto in questa nuova forma di comunicazione
artistica depurata da ogni filtro mass-mediale.
È Gaber stesso ad affermare: «Brel mi ha molto influenzato, non a caso, tra l’altro, è l’interprete che
più di ogni altro ha cercato di fare teatro con le sue
canzoni. (...) È stato un maestro per via di quel suo canto
interpretato più da attore che da vocalist (...), per i suoni,
le atmosfere gonfie di sentimento, straordinarie, appassionanti. (...) Mi affascinano le sue sfuriate anarcoidi, la sua
indignazione, dietro la quale s’intuisce tutto intero l’ideale
dell’uomo autentico, dell’individuo ribelle ma positivo.
Rispetto alla canzone francese però, Luporini ed io
abbiamo avuto un’audacia in più: vi abbiamo talmente creduto da trasformarla in un mezzo di comunicazione immediata.»
Gaber ha ormai determinato con precisione la struttura scenica dei suoi lavori. «Teatro Canzone» è la
più sintetica definizione del suo modo di fare spettacolo. Un’esperienza unica nel genere. Un “teatro
d’intervento” sull’oggi per la precisione dei riferimenti e del linguaggio, un mezzo espressivo legato
alla teatralità, alla parola e alla musica. Un’invenzione che nasce dal teatro ma che immediatamente
diventa tessuto culturale, sociale, umano, e che ha
fatto del Signor G non solo una figura teatrale ma
anche un testimone della coscienza collettiva.
culture à tous les niveaux. (...) Après cette saison
pleine d’enthousiasme, nous avons avancé seuls
en prenant des risques. (...) J’ai un souvenir net
d’un voyage de retour (...) après plusieurs nuits
à perte au Théâtre Rossetti [Trieste]. Nous nous
disions: “Dommage, nous sommes bien, mais
nous devons arrêter”. Au contraire nous avons
tenu bon encore un an et demi et puis il y a eu un
boum de l’attention du public qui ne nous a plus
jamais quittés. Giorgio Gaber
C’est le début de la longue saison de l’écriture théâtrale, du «Théâtre-chanson» à la prose d’évocation
jusqu’au dernier récital en 2000. Dès lors chaque
nouveau spectacle devient un événement attendu
avec un intérêt croissant par un public de plus en
plus large – avec de longues files d’attente à guichets
fermés –, public toujours plus impliqué dans cette
nouvelle forme de communication artistique épurée,
sans filtre médiatique.
C’est Gaber qui affirme: «Brel m’a beaucoup influencé: ce n’est pas par hasard, entre autre, qu’il est
l’interprète qui a plus qu’aucun autre tenté de jouer
comme au théâtre ses chansons. Il a été un maître à
cause de son chant interprété plus comme acteur que “vocalist” (...), pour les sons, les atmosphères gonflées de sentiment, extraordinaires, passionnantes. (...) Ses sorties
“anarchoïdes” me fascinent, ainsi que son indignation
derrière laquelle on devine tout entier l’idéal de l’homme
authentique, de l’individu rebelle mais positif. Par rapport à la chanson française, cependant, Luporini et
moi, nous avons eu de l’audace en plus: nous y avons
tellement cru jusqu’à la transformer en un moyen de
communication immédiate.»
Gaber a maintenant déterminé avec précision la
structure de ses œuvres pour la scène. «Théâtrechanson» est la définition la plus concise de sa façon
de jouer. Une expérience unique dans le genre. Un
“théâtre d’intervention” sur l’aujourd’hui pour la
précision des références et du langage, un moyen
d’expression lié au théâtre, à la parole et à la musique. Une invention qui vient du théâtre, mais qui
devient vite tissu culturel, social, humain et qui a
fait de Monsieur G non seulement une figure théâtrale, mais également un témoin de la conscience
collective.
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s’éponge avec d’énormes mouchoirs, dos au public». (O.
Todd, Jacques Brel: une vie, 1998)
En 1966, au sommet du succès après 15 ans d’activité
et des centaines de chansons, il choisit de quitter la
scène. «Je vous remercie, parce que ça justifie quinze
années d’amour». Cette phrase, Jacques Brel l’a prononcée un soir à la fin de son dernier concert à
l’Olympia, devant un public éperdu.
Un nouveau départ, un nouveau défi. Il s’essaye
dans la comédie musicale avec L’homme de la Mancha
et ensuite dans le cinéma: 8 films en tant qu’acteur
et 2 comme réalisateur.
Quand on n’a que l’amour (Quando si ha solo l’amore)
– utilizza tutto il suo corpo. (...) Brel traspira, si asciuga il
viso con enormi fazzoletti, spalle al pubblico». (O. Todd,
Jacques Brel: une vie, 1998)
«J’avais envie d’essayer un certain nombre de
Nel 1966, all’apice del successo dopo 15 anni di attività
e centinaia di canzoni, sceglie di abbandonare la scena.
«Vi ringrazio, perché questo giustifica quindici anni
d’amore». Questa frase, Jacques brel l’ha pronunciata
una sera alla fine del suo ultimo concerto all’Olympia,
davanti ad un pubblico stravolto.
È un nuovo inizio e una nuova sfida. Si mette alla
prova nella commedia musicale con l’adattamento in
francese di The Man of the Mancha e poi nel cinema: 8
film come attore e 2 come regista.
En 1977, alors qu’il habite aux Îles Marquises, il retourne à Paris pour enregistrer un nouvel album.
C’est son dernier coup de théâtre! Le premier tirage
du disque atteint le deux millions d’exemplaires,
qui sont déjà vendus dans les magasins avant
même la livraison.
Jacques Brel est décédé le 9 octobre 1978, à la suite
d’un cancer dont il était affecté depuis quelques
année. La chanson française perd l’un de ses piliers.
Plus de trente ans après sa mort, le répertoire de Brel,
inimitable et omniprésent, est un héritage universel.
Un certain goût de la parole chantée, encore vivant
aujourd’hui, porte de manière indélébile sa marque.
Nel 1977, stabilitosi alle Isole Marchesi, torna a Parigi
per registrare un nuovo album. È il suo ultimo coup
de théâtre! La prima tiratura del disco è di due milioni
di copie, che risultano già vendute prima ancora
della consegna nei negozi.
Jacques Brel muore il 9 ottobre 1978, in seguito a complicazioni del tumore di cui si era ammalato qualche
anno prima. La canzone francese perde uno dei suoi
pilastri. A più di trent’anni dalla sua morte, il repertorio di Brel, inimitabile e pervasivo, è un’eredità universale. C’è tutto un gusto della parola cantata, vivo
ancora oggi, che porta, indelebile, la sua cifra.
choses. Trouver une autre forme, enfin, pour tout
ça. Et je crois que cette forme, c’est peut-être bien
la comédie musicale, c’est au fond une chanson
de 2 heures 17. (...) J’ai une envie d’aimer abominable. Et quand je passe ainsi du tour de chant
au cinéma, de l’avion au bateau, c’est parce que
je veux cultiver de nouvelles passions. On est de
plus en plus seul. Il faut donc compenser d’une
manière de plus en plus forte. Jacques Brel
«Avevo voglia di provare un certo numero di
cose. Trovare un’altra forma, insomma, per tutto
questo. E credo che questa forma è forse la commedia musicale, in fondo è una canzone di 2 ore
e 17. (...) Ho una voglia di amare abominevole. E
quando passo dal recital al cinema, dall’aereo alla
barca, è perché voglio coltivare nuove passioni.
Si è sempre più soli. Quindi bisogna compensare
in maniera sempre più forte. Jacques Brel