F Biagio Tatò

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F Biagio Tatò
9e CONGRÈS DE LA SIRER - PIACENZA 2004
COMMUNICATIONS LIBRES
LO STATTO DELLE SANITÀ NEL GOVERNO
PROF. DOTT. F. BIAGIO TATÒ
Senatore della Republica – Capogruppo di Alleanza Nazionale nella XII Commissione Igiene e Sanità
Un saluto ai così numerosi partecipanti al IX Congresso Internazionale S.I.R.E.R., un ringraziamento agli organizzatori che
mi hanno gentilmente invitato facendomi, in tal modo, sentire a casa propria, al presidente del congresso prof.ssa Pieremilia
Lusenti, ai presidenti onorari prof. Yves Cotrel e prof. Jean Dubousset, al comitato scientifico, prof. Giuseppe Costanzo,
prof. Jean Claude de Mauroy, prof. Paul Ducongé, prof. Claudio Lamartina, prof. Matteo Pennisi, prof. Giovanni Sciascia,
ai tanti relatori che hanno dato un apporto altamente scientifico a una patologia così frequente e così invalidante che
affligge numerosissimi pazienti. Un particolare ringraziamento al Prof. De Mauroy e al Prof. Sciascia che operano nel
capoluogo della regione Puglia portando ivi il contenuto degli studi e del progresso della scuola francese sulla scoliosi e su
altre patologie del rachide. Non posso dimenticare con quanta emozione 25 anni fa, dall’8 al 10 febbraio 1979, ho partecipato
a “les journées de la scoliose” al Palazzo dei Congressi di Lione svoltosi sotto la direzione del caposcuola prof. Pierre
Stagnara; eravamo così giovani e con tanta grinta nell’animo di ben operare. Al congresso fu presentata l’ortesi più idonea
per la cura delle scoliosi: il corsetto lionese, che ha avuto più fortuna di tutti gli altri proposti dalle varie scuole ortopediche
compresa quella italiana che, sull’indirizzo di tre pensieri scientifici di Bologna, di Roma, di Napoli, avevano proposto tre
differenti tipi di corsetti.
Prima di quell’eccezionale Congresso, la cura della scoliosi non aveva buona sorte; molto spesso non si prodigava alcuna
cura.
Proprio in quell’occasione maturai l’idea, che si concretizzò nel 1990, di indicare il collega de Mauroy quale specialista
della materia in Puglia. Fu una scelta fortunata per tutto il sud d’Italia attenuando una delle tante piaghe della sanità, ovvero
la così detta mobilità-passiva, ovvero il trasferimento dei pazienti dalle regioni del sud a quelle più fortunate del nord, se
non direttamente a Lione, evitando disagio agli assistiti e spreco di denaro pubblico. Sono ancora particolarmente grato ai
colleghi de Mauroy e Sciascia perché inseriti in una struttura privata hanno dato celerità, efficienza ed efficacia al trattamento
delle scoliosi, delle tante patologie del rachide lombare e, in particolare del dorso curvo, della spondilolisi e della
spondilolistesi.
Fatta questa premessa, ringraziandovi per l’ascolto, ho il compito di illustrare, per sommi capi, lo stato attuale della sanità
nel Governo di Centro-Destra. Ora non si usa più il termine sanità, ma di salute, volendo così esprimere non solo lo stato di
sanità nel corpo umano ma anche lo stato di benessere, di agio e quindi di miglior vita dell’individuo.
Quando il 13 maggio del 2001 si rinnovò il Governo in Italia con la vittoria del centro-destra, costituito dai partiti di Forza
Italia, Alleanza Nazionale, UDC e Lega, l’esecutivo ereditò una situazione nel settore della sanità a dir poco drammatica.
Nel 1999 era stata varata la così detta riforma ter della sanità (Decreto legislativo n. 229) nella quale veniva riversata
l’ideologia di un mondo social-comunista appartenuto alla orami dissolta Federazione delle Repubbliche Sovietiche, ma
che vede la sua continuità ancora oggi in Cina e a Cuba.
Una pianificazione totale del Servizio Sanitario Nazionale, medici ed assistiti ridotti a puri numeri algebrici. Una
incomprensibile uguaglianza tra un primario universitario ed uno di ospedale periferico; tra un chirurgo che opera sotto le
scialitiche e un chirurgo di un ospedale periferico che riduce il suo lavoro a prestazioni di tipo medico ed ambulatoriale.
Un’imposizione assurda dell’obbligo del tempo pieno e dell’attività “intramoenia” pena la perdita della dirigenza impedendo
al medico di espletare qualsivoglia altra attività al di fuori della struttura pubblica obbedendo ad un assurdo assioma: dopo
il lavoro dipendente c’è solo l’ozio; ma soprattutto l’imposizione della irreversibilità della scelta del medico, vale a dire, il
medico che aveva scelto di rimanere a tempo pieno in ospedale non può più revocare per sempre, questa scelta.
Nella stessa riforma venivano definiti i così detti Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), come se in medicina esistesse
l’essenziale e il non essenziale ed essendo in essa tutto essenziale, tutto necessario; i LEA sono stati un tranello, preparato
dalla precedente legislatura, e purtroppo fatto percepire con Decreto del Consiglio dei Ministri (DPCM del 29/11/2001).
Questi contenuti sono in netto contrasto con quanto stabilito dal Decreto Legislativo del 30/12/1992 n. 502 che, a buona
ragione, può essere considerato la “summa sanitarie” e che all’art. 1 e seguenti parla esclusivamente di livelli uniformi di
assistenza sul territorio nazionale e l’art. 13 riafferma che spetta alle regioni affrontare con risorse proprie l’erogazione dei
livelli di assistenza sanitaria superiori a quelli uniformi.
Sicchè l’aggettivo essenziale appare per la prima volta nella storia della medicina con il Decreto Legislativo del 19/06/
1999, n. 229 più correntemente già ricordato come riforma-ter della Bindi.
Ritornando quindi all’essenziale, quale significato letterale dare di esso forse è essenziale l’antibiotico e non lo è l’aspirina
o la vitamina C? Chi potrà mai asserire che è essenziale l’Ultrasuono-terapia e non la radar o la marconiterapia, chi per un
intervento chirurgico l’anestesia generale o quella tronculare? Mi pare invece che si debba stabilire qual è il livello minimo
di assistenza in considerazione delle potenzialità economiche di uno stato senza però rientrare nel merito specifico del
trattamento essendo questo voluto dall’unico detentore della scienza medica che è il medico.
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I livelli essenziali di assistenza sono stati fortemente osteggiati sia in Commissione Sanità che anche in Aula, ove abbiamo
sostenuto l’uniformità delle cure, equità, efficacia, efficienza, costo di prestazione condannando le famigerate liste di attesa
per cui è indispensabile uno studio di monitoraggio ed epidemiologico.
Leggendo gli allegati del decreto con particolare riferimento al numero 2, nel quale sono elencate le prestazioni totalmente
escluse da LEA, si rimane a dir poco sconcertati come sia stato possibile escludere dal prontuario ben diciassette voci di
terapia fisica e riabilitativa senza ridurre, fra l’altro, minimamente, le prestazioni di laboratorio di analisi, di radiodiagnostica,
pur essendo le prime ben 738, le seconde 210 a fronte di quelle a terapia fisica in numero di 70.
Stupisce soprattutto che l’elenco delle prestazioni escluse è stato pedissequamente copiato dalla circolare n. 28 del 22/07/
1997 della regione Emilia Romagna, che a pagina 8 e 9 riporta le medesime voci. Al di la del riferimento ad una regione di
centro-sinistra, che pur può dare a volte, autentici suggerimenti ci chiediamo come concettualmente si possa esportare in
tutte le altre regioni un protocollo proprio di una regione, considerando che l’assistenza sanitaria ha molteplici sfaccettature
da regione a regione. La circolare scaturisce dallo studio effettuato dall’Agenzia Regionale Sanitaria dell’Emilia-Romagna,
consultati due gruppi di tecnici, e dalla constatazione che il direttore dell’Agenzia ha anche contattato un collega del
Collegio dei Primari Fisiatri, oltre la Società Italiana di Medicina Fisica (SIMFER), che seppure a denti stretti abbiano
accettato il protocollo. Ci chiediamo quale primario a tempo pieno in una regione storicamente di sinistra oserebbe mai
opporsi a una volontà di un’istituzione politica, d’altro canto nulla cambia nel lavoro e nello stipendio del primario. Dalla
SIMFER, invece, si è avuto una levata di scudi come dimostra una pubblicazione di chiusura di uno stampato su cui si
sconfessa ciò che era stato stabilito nella riunione del 22/07/1997 del gruppo tecnico dell’Emilia-Romagna, obbligando il
presidente a chiedere un’urgente rettifica in merito, specificando che spetta, solo e soltanto, al Ministero della Salute
definire i limiti delle prestazioni erogabili nel servizio Sanitario Nazionale, la commissione dei tecnici non ha prodotto
alcuno studio scientifico.
Noi affermiamo che per le terapie escluse non è stato sin ora mai dimostrato la loro inefficacia, inutilità ed indispensabilità;
mai è stata dimostrata al contrario la loro efficacia.
La classificazione dei LEA si snoda attraverso tre macro-aree: l’assistenza sanitaria collettiva in ambienti di vita di lavoro,
l’assistenza distrettuale, l’assistenza ospedaliera. Queste tre macro-aree comprendono praticamente tutta l’attività
assistenziale, ad essa si aggiunge anche l’assistenza specifica volta a particolare categorie di cittadini: l’assistenza agli
invalidi per le malattie rare, per la fibrosi cistica, per i nefropatici cronici, per i pazienti affetti da diabete mellito, dal morbo
di Hansen, per i cittadini residenti in Italia, autorizzati alle cure all’estero.
Queste le contraddizioni, le incongruenze: né è valso fare ricorso al TAR e poi al Consiglio di Stato, poiché il provvedimento
(secondario) emesso dal Presidente del Consiglio dei Ministri, è divenuto poi legge (e quindi primario) con la finanziaria
del 2003, per cui vennero deluse le aspettative di quanti avevano fatto ricorso.
L’orientamento del Governo è tuttora volto a dare ampio respiro al settore salute, ad aprire al privato senza comunque
stravolgere quella che era stata la legge di istituzione del Servizio Sanitario Nazionale, la legge 833 del ’78 di vera ispirazione
democratica, universale, con la quale si dava assistenza a tutti i cittadini indipendentemente dal loro reddito, abolendo i
privilegi tra le varie classi sociali l’INAM, l’ENEL, la SIP, l’ENPDEP, e tutte le altre Casse Mutue, erano l’espressione
delle varie classi.
A beneficiare di questa visione liberale ora sono stati gli Istituti di Ricerca e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) che con
Decreto legislativo 288/2003, convertito poi in legge, sono stati trasformati in Fondazioni con ampia partecipazione del
privato.
“I gioielli della ricerca sanitaria pubblica e privata” sono in tutto 31 quasi tutti al Nord e al Centro con la sola Milano che
ne conta ben otto.
Ancora si è legiferato sulla Encefalopatia Spongiforme Bovina (BSE), su interventi urgenti in materia sanitaria, sulla
sistemazione del personale sanitario, sui provvedimenti attuativi della Sindrome Respiratoria Acuta Severa (SARS).
Si è ridata la libertà ai medici con l’eliminazione della irreversibilità della scelta del medico.
È stata approvata la legge sulla Procreazione medicalmente assistita.
È stata la volontà di porre fine al far-west procreativo ancora oggi esistente in Italia.
Risale sino alla III° legislatura (fine anni ’50 - anni ’60) il tentativo mai concluso di un disegno di legge a misura d’uomo.
Dai 18 articoli di cui si compone il provvedimento, scaturisce la necessità di operare nei limiti del tollerabile, senza creare
disagi al nascituro e poi al bambino, all’adolescente, all’adulto, nel rispetto delle leggi universali che madre natura ha
imposto per milioni di anni.
Il nascituro è innanzitutto al centro di questa amppia e variegata problematica.
Si è realizzato, con questo disegno di legge, un percorso onesto e a misura d’uomo per coppie sfortunatamente infertili o
sterili.
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La coppia intesa nel senso più antico e naturale possibile; è coppia quella costituita da due soggetti, eterosessuali, uniti dal
vincolo del matrimonio, o da due soggetti che convivono.
Partendo da questo concetto elementare, vengono giustamente escluse altre forme di coppia ( art. 18 divieti generali e
sanzioni) e si impone che i soggetti siano viventi, maggiorenni, eterosessuali, coniugati o conviventi.
Soltanto a questi soggetti, sterili o infertili (per una serie di cause che sarebbe lungo qui elencare, ma è sufficiente citare le
malformazioni, le infezioni tubercolari delle tube, la azospermia, l’ipomotilità degli spermatozoi), è concessa la possibilità
di ricorrere alla fecondazione medicalmente assistita, vale a dire al prelievo del gamete maschile e di quello femminile da
essi stessi soggetti, alla fecondazione dell’ovulo ed al suo impianto nella cavità uterina.
Viene a buona ragione tassativamente vietata la procreazione cosiddetta etereologa.
Per questo la coppia, prima di sottoporsi alla pratica procreativa, deve essere informata sulle possibilità dell’adozione o
dell’affidamento.
È un’alternativa ricca di contenuti affettivi, socialmente encomiabile, più umanamente accettabile da entrambi i genitori,
giuridicamente più lineare, più facilmente trasferibile, nei suoi valori, alla prole, più amalgamabile al contesto familiare!
Questa è una legge che dice no alla diagnosi pre-impianto poiché essa può implicare una selezione degli embrioni, (maschio
o femmina), poiché non si vuole che le malattie si curino uccidendo gli embrioni ammalati.
Con questa legge si dice sì ad un numero massimo di tre embrioni da generare in un unico contesto onde evitare il congelamento
sistematico degli stessi che, come è noto, determinano la loro morte in una percentuale del 40-50%; alla tendenza, in futuro,
a ridurre a due il numero degli embrioni ed ancor meglio a trasferire un solo ovocita.
Questa non è una legge cattolica, è invece una legge laica che rispetta i canoni intoccabili di madre natura, che esige il
calore umano della coppia che dovrà procreare, che esige che il patrimonio genetico del nascituro sia quello di coloro che
con afflato offrano il dono della generosità.
L’opposizione sostiene che questa legge non gioverebbe al principio di laicità prefigurando uno stato etico e contrastando
il pluralismo della libertà di pensiero. Ma la laicità, in opposizione al cattolicesimo, non implica la rinuncia di tutti i valori
umani, non significa che ognuno possa fare tutto ciò che vuole. E lo stesso pluralismo implica comunque dignità di ogni
essere umano. Questa legge, pertanto, è una legge laica, in quanto potrebbe essere applicata a tutte le popolazioni del globo
terrestre, ai cristiani, ai musulmani, agli ebrei, ai buddisti, agli induisti, agli atei.
Con Decreto del Ministro della Salute n. 388 del 15/07/2003 è stato ammesso l’utilizzo dei defibrillatori semi-automatici da
utilizzare sia nelle strutture pubbliche che in quelle private, da personale medico e paramedico, ma anche da personale non
medico che abbia però fatto dei corsi di apprendimento; sicché essi possono essere installati anche su mezzi delle forze
pubbliche in genere.
La spesa sanitaria è andata aumentando in questi anni e contestualmente il governo ha fatto fronte alle esigenze portando la
spesa sanitaria pubblica al 6% del Prodotto Interno Lordo (PIL), e quindi pari ad una somma di 180.000 miliardi di vecchie
lire ulteriormente aumentabile negli anni 2005-2006, elevando in maniera considerevole lo stanziamento per la salute che
nel precedente Governo era fermo al 5,1% del PIL. Si è nel contempo avviato nelle singole regioni il riordino della rete
ospedaliera in virtù del famoso patto di stabilità tra Stato - Regioni del 8 agosto 2001, con le quali le Regioni si impegnavano
a non splafonare e quindi a rimanere nei limiti ristretti dei finanziamenti già predisposti dal Governo.
In merito a questo ampio argomento, varie regioni hanno provveduto a chiudere degli ospedali in particolare la Regione
Toscana e l’Emilia Romagna seguendo l’orientamento del ministro Veronesi, ministro nominato dal dicastero della Bindi,
cui va tutto il nostro riconoscimento nel campo per il suo lavoro nel campo delle neoplasie in particolare di quelle mammarie
e che per aver detto che almeno il 50% degli ospedali andavano chiusi, non ebbe buona sorte in quanto fu costretto a
dimettersi. Quasi sempre la politica, mi sia concesso, non va d’accordo con il pensiero scientifico.
Nella regione Puglia con governo di centro-destra si è fatto di meglio, non si sono chiusi ospedali, non sono stati licenziati
dipendenti di qualsiasi ordine, medico e paramedico, ma si è proceduto ad un riordino della rete ospedaliera raggruppando
i reparti doppioni, ricoverando solo i pazienti affetti da patologie acute. Attualmente il Governo è impegnato nel rinnovo dei
contratti dei medici di base e degli specialisti esterni. È quindi nel contesto di questa visione democratica, liberale e
innovatrice, che il governo di centro destra, il Governo di Berlusconi, di Fini, di Bossi, di Follini, spera di continuare a
governare l’Italia, attuando riforme su problematiche di carattere generale, che riguardano anche altre nazioni d’Europa, e
che sono il lavoro, la previdenza, la giustizia, la scuola, la sanità, l’immigrazione, l’occupazione.
Nessuna forza politica né di detra, né di sinistra, nessun governo, potrà risolvere queste situazioni ormai incancrenite e che
costituiscono un vero e proprio freno al progresso, alla cultura, ricorrendo a provvedimenti-tampone.
A tutti i colleghi pervenuti, ancora, un cordiale saluto e la mia totale disponibilità, nei limiti del possibile, a risolvere le
problematiche della sanità a livello istituzionale, o quanto meno a indicarne l’esistenza e le relative risoluzioni.
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ETAT DE LA SANTÉ EN ITALIE
TATÒ FB.
… Je ne peux pas oublier avec quelle émotion, il y a 20 ans, j’ai participé aux Journées de la Scoliose qui se sont tenues au
Palais des Congrès de Lyon sous la direction du Prof. Pierre Stagnara. Nous étions très jeune et animé par la volonté de bien
faire. Au congrès fut présentée l’orthèse la plus adaptée au traitement de la scoliose : l’orthèse lyonnaise. Cette orthèse était
différente de toutes celles des autres écoles orthopédiques y compris italiennes, qui sous l’impulsion scientifique de Bologne, de Rome et de Naples avaient proposé 3 types différents de corsets.
Avant ce congrès exceptionnel, le traitement de la scoliose n’avait pas bonne presse et le plus souvent elle n’était pas traitée.
C’est à cette occasion qu’est née l’idée de développer une unité de traitement de la scoliose en région Pouilles. La concrétisation s’est effectuée en 1989 avec la venue du collègue Jean Claude de Mauroy. Ce fut un choix heureux pour tout le sud
de l’Italie atténuant l’une des plaies de la santé en évitant aux patients de faire le voyage vers le Nord de l’Italie et parfois
même vers Lyon, économisant ainsi les deniers publics. Cette unité de la scoliose s’est développée avec rapidité, efficience
et efficacité permettant un traitement conservateur efficace de la scoliose, mais aussi de la cyphose, du spondylolisthésis et
de la lombalgie.
Après cette introduction, je souhaiterai illustrer l’état de la Santé au niveau du gouvernement. Actuellement, on parle moins
d’absence ou de guérison de maladie que de bien être et de qualité de vie de l’individu.
Le gouvernement a hérité en 2001 d’une planification totale du Service Sanitaire National, médecins et patients (« assistés » en langue italienne) réduit à des chiffres. Pas de différence entre service hospitalier universitaire et hôpital périphérique, ni entre un chirurgien qui opère toute la journée et celui qui a une activité purement médicale et de consultation. Le
médecin ne peut être que temps plein à l’hôpital et ce choix est irréversible. Dans la même réforme ont été définis les
Niveaux Essentiels de Soins, comme s’il existait en médecine l’essentiel et le non essentiel. L’antibiotique est-il essentiel et
non l’aspirine et la vitamine C ?
Il me semble au contraire que l’on devrait établir quel est le niveau minimum de soins en fonction des possibilités économiques de la nation sans toutefois rentrer dans le détail spécifique du traitement prescrit par l’unique détenteur de la science
médicale qui est le médecin.
Ces niveaux essentiels de soins ont été fortement contestés en commission de santé et dans l’hémicycle, et nous avons
soutenu l’homogénéité des traitements, leur efficacité et efficience, condamnant les tristement célèbres listes d’attente.
La rééducation notamment a été malmenée par cette loi et c’est 17 traitements de médecine physique et de réhabilitation qui
ont été considérés comme non essentiels. Aucune étude scientifique n’a jamais démontré leur inefficacité ou inutilité, bien
au contraire.
Cette classification concerne 3 secteurs : l’assistance sanitaire collective en milieu professionnel, l’assistance locale et
l’assistance hospitalière. Il s’ajoute une assistance spécifique pour quelques catégories de population : invalides par maladies rares, pour qui sont autorisés des traitements à l’extérieur de l’Italie.
Face à cette situation, l’orientation du gouvernement est de donner une bouffée d’oxygène au secteur de la santé, d’ouvrir
au privé, sans toutefois remettre en cause la loi d’institution du Service Sanitaire National de 1978, qui vise à assister tous
les citoyens indépendamment de leurs revenus, abolissant les privilèges entre les différentes classes sociales (mutuelles
professionnelles spécifiques).
Les premiers à bénéficier de cette vision libérale ont été les Instituts de Recherche et de Soins à caractère scientifique qui
en 2003 ont été transformés en fondations avec importante participation du privé.
Le médecin a retrouvé sa liberté en ce qui concerne l’irréversibilité du temps plein hospitalier.
La loi sur la procréation médicale assistée met fin « au far west » médiatique en respect des lois universelles que la nature
impose depuis des millions d’années. Cette loi est destinée à aider les couples stériles, c’est à dire, vivants, majeurs,
hétérosexuels, mariés ou cohabitants. La procréation hétérologue est interdite.
Cette loi ne permet pas le diagnostic génétique des maladies avant implantation avec sélection des embryons. Le nombre
maximum d’embryons implantés est de 3.
Cette loi n’est pas catholique, mais laïque respectant les lois de la nature qui exige la chaleur humaine du couple souhaitant
procréer, et que le patrimoine génétique de l’enfant soit celui de ceux qui vont l’élever. La laïcité, n’implique pas le renoncement à toutes les valeurs humaines, ne signifie pas que tout le monde peut faire ce qu’il veut au nom de la liberté de pensée.
Le coût de la santé a augmenté ces dernières années et le pourcentage est passé de 5.1 à 6 % du Produit Intérieur Brut. Pour
lutter contre cette augmentation, les régions restructurent leur réseau hospitalier en regroupant certains départements et en
hospitalisant surtout les patients atteints d’affections aiguës.
Aucune force politique, et aucun gouvernement ne peuvent résoudre de manière satisfaisante tous les problèmes de la santé
et tous ont recours à des décrets d’urgence à court terme, mais au moins sommes nous là pour offrir notre disponibilité,
résoudre les problèmes au niveau institutionnel ou indiquer l’existence de solutions.
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