Poème de l`amour, Paris, Fayard, 1924

Transcription

Poème de l`amour, Paris, Fayard, 1924
Poème de l’amour, Paris, Fayard, 1924
Anna-Elisabeth de Noailles
Traduzione di Andrea Breda Minello
I
Ce fut long, difficile et triste
De te révéler ma tendresse ;
La voix s’élance et puis résiste,
La fierté succombe et se blesse.
Je ne sais vraiment pas comment
J’ai pu t’avouer mon amour ;
J’ai craint l’ombre et l’étonnement
De ton bel œil couleur du jour.
Je t’ai porté cette nouvelle !
Je t’ai tout dit ! je m’y résigne ;
Et tout de même, comme un cygne,
Je mets ma tête sous mon aile…
Fu cosa lenta, difficile, triste
Rivelarti la mia tenerezza
La voce s’innalza e poi resiste
La fierezza soccombe e si ferisce.
Veramente non so come ho potuto
Confessarti il mio amore;
Ho temuto l’ombra e lo stupore
Del tuo occhio bello color del giorno.
Ti ho portato questa novella!
Ti ho detto tutto, e mi ci rassegno!
Ed egualmente, simile a un cigno,
ripiego il capo sotto l’ala…
II
Comprends que je déraisonne,
Que mon cœur, avec effroi,
Dans tout l’espace tâtonne
Sans se plaire en nul endroit…
Je n’ai besoin que de toi
Qui n’as besoin de personne !
Comprendo di sragionare,
Che il mio cuore, con terrore,
Tentenna in ogni dove
Essendo ovunque fuori luogo…
Non ho bisogno che di te
Che di nessuno hai bisogno!
X
Dans les ténèbres de Vérone
On entend mourir Juliette.
A Venise, – ardente, inquiète
On voit suffoquer Desdémone.
– Envions le cœur qui s’arrête
Quand un excès d’amour l’étonne !
Le plaisir n’est que ce qu’on prête,
Mais la vie est ce que l’on donne…
Nelle tenebre di Verona
Si sente morire Giulietta.
A Venezia, – ardente, inquieta
Si vede soffocare Desdemona.
Invidiamo il cuore che s’arresta
Quando un eccesso d’amore
lo percuote!
Il piacere è ciò che si presta,
Ma la vita è ciò che si offre…
XV
S’il te plait de savoir jusqu’où
Irait mon amour triste et fort,
Jusqu’où, dans son terrible essor,
S’avancerait, à pas de loup,
Le long de ton destin retors,
Mon besoin, mon désir, mon goût
De ta pensée et de ton corps :
Je t’aimerais même fou,
Je t’aimerais même mort !
Se ti va di sapere fino a dove
L’amore mio triste e forte andrebbe
Fino a dove, nel suo terribile slancio,
A passi di lupo, avanzerebbe
Lungo il tuo destino ritorto
Il mio bisogno, desio, gusto
Del tuo pensiero e del tuo corpo :
Ti amerei anche folle!
Ti amerei anche morto!
XXXV
Es – tu bon? Oui, puisque je t’aime
Et que tu vis. Je puis tenir
Tout acquiescement de toi-même :
L’amour n’a pas d’autre problème
Que d’autoriser le désir…
Sei buono, tu ? Sì, giacché io t’amo
E tu vivi. Da te posso ottenere
Il tuo completo abbandono:
L’amore non ha altro problema
Che autorizzare il desiderio…
LVI
Certes, tu n’étais pas créé pour moi, cher être,
Mais je le croyais, par désir !
Ma raison disait : non ; mon cœur disait : peut-être !
Et l’on tache à ne pas mourir !
Certo, tu non eri stato creato per me, o caro,
Ma lo credevo, per desiderio!
La mia ragione diceva: no! Il mio cuore: forse!
E lo si induce a non morire!
LXIX
Si vraiment les mots t’embarrassent,
Ne dire rien. Rêve. N’aie pas froid ;
C’est moi qui parle et qui t’embrasse ;
Laisse-moi répandre sur toi,
Comme le doux vent dans le bois,
Ce murmure immense, à voix basse…
Se veramente le parole ti imbarazzano,
Non dire niente. Sogna. Che tu non abbia
freddo.
Sono io che ti parlo, che ti abbraccio;
Lasciami stendere su di te,
Come il dolce vento nel bosco,
Un murmure immenso, a bassa voce…
LXVI
Un soir où tu ne parlais pas,
Où tu me regardais à peine,
Mes yeux erraient à petits pas
Sur ton visage aux belles peines,
Et j’ai fait avec ton ennui
Un étrange et mystique pacte
Où tout me dessert et me nuit ;
Et, depuis, mes rêves, mes actes,
A travers les jours et les nuits,
L’éloignement, l’atroce ennui,
S’en vont, résolus, invincibles,
Vers ton corps que j’ai pris pour cible…
Una sera in cui non parlavi,
In cui mi guardavi appena,
I miei occhi erravano a piccoli passi
Sul tuo viso dalle belle pene.
Ed ho stretto col tuo tedio
Uno strano e mistico patto
Ove tutto mi benefica e nuoce;
E, da allora, i miei sogni, i miei atti,
Attraverso i giorni e le notti,
La lontananza, l’atroce tedio,
Se ne vanno, risoluti, invincibili,
Verso il tuo corpo che ho preso come bersaglio…
LXXX
Tu vis, – moi je porte la faix
De ton étrange et dur destin,
Puisque le mal que tu me fais
Tu ne peux pas en être atteint !
– Mes vœux devraient être arrêtés
Par ta grâce décente et sage,
Et pourtant c’est ton pur visage
Qui fait ta fière nudité.
Tu vivi – io porto il peso
Del tuo strano e duro destino,
Poiché dal male che tu mi fai
Non puoi essere scalfito!
– Le mie voluttà dovrebbero esser fermate
Dalla tua grazia pudica e saggia,
E tuttavia è il tuo puro viso
A delineare la tua fiera nudità.
LXXXIX
Peut-être faut-il accepter,
Dans la détresse de l’amour,
Ces grandes douleurs sans contours
Pareilles à la sainteté.
– Je ne veux pas que l’on retire
A mon cœur, sans autre habitude
Désormais que ce doux martyre,
L’affligeante béatitude !
Forse è necessario accettare,
Nella disperazione dell’amore,
Questi grandi dolori senza contorni
Simili alla santità.
– Non voglio che il mio cuore
Si privi, senza altra abitudine
Oramai che questo dolce martirio,
Dell’afflitta beatitudine!
CXXII
Je n’ai pas écrit par raison.
Ni pour fuir un destin obscur,
Mais pour séduire les saisons
Et plaire à l’ineffable azur,
Et pour posséder chaque jour
Sans défaillance, sans remords,
Et jusqu’au moment de la mort,
Des droits infinis dans l’amour…
Non ho scritto secondo ragione,
Né per fuggire un destino oscuro,
Ma per sedurre le stagioni
E piacere all’ineffabile azzurro,
E per possedere ogni giorno,
Senza smarrimento, senza scorno,
E sino al momento della mia morte,
Dei diritti infiniti sull’amore…
CXLI
Je me taisais, j’avais fait vœu
De ne te jamais reprocher
Ton esprit net, sobre, empêché
De tout élan, de tout aveu ;
Mais ce soir où le ciel d’automne
Effeuille un soleil languissant,
Laisse que ma voix s’abandonne
A trahir les secrets du sang :
– Entends-tu, cher cœur sans tendresse,
Chère ame insensible et têtue,
En ce jour où je te confesse
Ma native et fière tristesse,
Combien de fois je me suis tue ?
Tacevo, avevo fatto voto
Di non rimproverarti mai
Il tuo spirito netto, parco, negato
A ogni slancio, a ogni rivelazione;
Ma questa sera in cui il cielo d’autunno
Sfoglia un sole languido,
Lascia che la mia voce si abbandoni
A tradire i segreti del sangue:
– Lo senti tu, caro cuore senza tenerezza,
Cara anima insensibile e testarda,
In questo giorno che ti confesso
La mia natia e fiera tristezza,
Quante volte mi sono uccisa?
PER UNA METODOLOGIA DELL’ASCOLTO
Andrea Breda Minello
"Io non sono innamorata di me stessa, ma di questa occupazione: l'ascolto"
Marina Ivanovna Cvetaeva, Indizi terrestri
Toutes les fois qu’il y a effort au style, il y a versification. (Mallarmé, Igitur,
Divagations, Un coup de dés, Gallimard, Paris, 1976, p.389). In questo modo
Mallarmé ne Un coup de dés palesa e fissa forse una volta per tutte un concetto chiave
che ha valenza universale quando ci si trova dinnanzi a un testo poetico. Consegna
una verità profetica e apre la strada al fare e vivere poesia nel Novecento. Tale
asserzione però dovrebbe essere presa in considerazione e vissuta come memento
anche e soprattutto sia da chi si accinge a cimentarsi con la traduzione sia da chi fa
della traduzione una ragione di vita.
Non un lavoro, ma un atto estremo d’amore, cercare di rendere visibile ciò che
è stato sepolto, obliato, spesso, opppure tradito incompreso, prostituito e renderlo a
nuova luce per fede e certezza di poter comunicare e smuovere le coscienze.
Come per Anna Maria Carpi, (si veda l’intervista rilasciata a chi scrive, Daemon, n°8)
anche per me, sono le suggestioni auditive del testo straniero che indicano le
soluzione da adottare. Quello che il traduttore deve fare è rimanere fedele al ritmo del
testo originale, al suo respiro intrinseco e cercare di creare nel testo d’approdo
l’atmosfera, l’essenza e l’incanto della poesia.
Il compito del traduttore è stato espresso in maniera lineare da Antonella
Anedda nel suo libro davvero da capezzale e troppo presto poco considerato dalla
critica, Nomi distanti: un sogno di esatezza nella precarietà […] per capire il richiamo,
per remare verso l’essenziale di ciò che sembra inesprimibile. (Roma, Empirìa, 1998,
p.7)
Compito arduo tradurre perché si deve “rispondere con se stessi, accettando di
attraversare un paese davvero straniero […] dove la lingua sarà conoscenza e errore e
di nuovo silenzio con silenziosi pensieri” (ibidem, p.8).
Entrare nell’accecante spazio siderale, in punta di piedi, spazio che coincide col
mondo di un autore, che chiede in primis di essere ascoltato. Il traduttore dovrebbe
avvicinarsi solo a quei poeti che trova in consonanza d’anima affini e ancor prima di
translare immergersi a piene mani senza temere di essere ferito nel loro universo, non
tanto comprendere, ma accettare, lasciarsi permeare. Solo dopo vi sarà la
riproposizione, la gratitudine del testo come fait accompli.
Quando anni fa ho iniziato a tradurre, esclusivamente dal francese – scelta
poetica e politica evidentemente -, dopo aver letto, cercato di approfondire, studiato
testi, saggi sulla traduzione da quelli ormai classici fino alle nuove teorie, da Mounin
a Steiner, dalla Bassnett a Buffoni, mi sono attestato, perché nella vita è un dovere
sempre scegliere, sulla posizione di Antonella Anedda e di Nelo Risi, espressa nelle
sue variazioni di Jouve e Supervielle, da citare il gioiello In viaggio con Supervielle,
All’insegna del pesce d’oro, 1956. Dunque non una traduzione letterale, bensì una
variazione poetica, una riproposizione del testo, tenendo a mente, fissando come
Regola, il pensiero di Mallarmé.
Ecco dunque che nei componimenti ivi proposti non si troverà il rispetto
metrico della tradione poetica, ma una resa libera, a livello stilistico, dell’autore in
considerazione. Autore ritenuto valido non per vezzo, ma per la forza propulsiva che
emana.
Ho optato per Anna Elisabeth de Noailles, dopo la lettura del carteggio con
Proust, il quale afferma: “ Pour vous ( et cela aurait du être ainsi pour moi ) les
admirables fragments que j’ai lus contenaient tout ce que vous connassiez, comme
une monade reflète l’univers ”1. Sempre Proust, in un suo scritto critico sugli
Eblouissements, sottolinea come: “ l’aspect physique de M.me de Noailles apparaît
presque à chaque page…2”.
Jean Cocteau la ricorda con queste parole: “ Sentitela mentre si lamenta e
grida alla morte, come madame du Barry : “Ancora un momentino, signor
carnefice”. La sua febbre chiede la calma al mondo esterno. E, dato che possiede il
fluido indispensabile, appena posa le mani sui paesaggi, i paesaggi le rispondono ”3.
Poetessa influenzata da Verlaine, Mallarmé e dal clima simbolista del tempo, si
lascia trasportare da slanci emotivi di pura esaltazione dell’amore, di delirio estatico
dell’oggetto amato sia esso la Natura o l’uomo, fusi in un unico essere divino.
Ossessionata, quasi terrorizzata, dal pensiero della morte nelle sue opere si stagliano
folgoranti accensioni per la vita.
Monade capace di riflettere l’universo, simile a ninfa che vive in simbiosi
con i moti dell’animo, li registra e li incarna. Ella stessa paesaggio. Esempio
concreto di poeta antinovecentesco, per riprendere la celebre formula di Pasolini, che
la rende a pieno titolo fra gli autori del XX secolo da riscoprire.
Breve notizia biobibliografica:
Anna-Elisabeth de Noailles nasce, a Parigi, nel novembre 1876, dalla nobile
famiglia dei principi rumeni di Brancovan. Cresce, fra gli agi e gli stimoli culturali
dell’epoca.
A ventun’anni decide di sposare il conte di Noailles, e diventa l’anima stessa
dei salotti parigini, simbolo incontrastato della Belle Epoque. La sua casa è aperta ai
più grandi spiriti del tempo: Valéry, Rilke, Colette, Barrès (di cui è amante
insoddisfatta), Renée Vivien, Gide, Cocteau, e soprattutto Marcel Proust.
Il suo esordio poetico è segnato da Le cœur innombrable , edito nel 1901, e
subito ammirato da Proust e amato dalla Bernhardt, la quale reciterà alcuni suoi
brani. In poesia, pubblica: Ombre des jours (1902), il suo capolavoro Les
éblouissements (1907), Les Vivants et les Morts (1913), Poème de l’amour (1924),
L’honneur de souffrir (1927).
Trascorre a letto gli ultimi anni di vita, a causa di una grave malattia agli arti
inferiori. Si spegne nell’aprile del 1933.
1
Marcel Proust, Lettres à la comtesse de Noailles 1901-1919, Paris, Plon, 1931
Affermazione presente nell’articolo uscito su Le Figaro, il 15 giugno 1907,
3
Jean Cocteau, Visites à Barrès, in Richiamo all’ordine, Torino, Einaudi, 1989
2
Nota di traduzione :
Nel testo X, ho tradotto donne con offre, poiché il dare presuppone spesso in cambio
qualcosa, in Noailles tutto è quasi con candore disarmante un’offerta alla vita e
all’essere amato. Tradurre con dona avrebbe sminuito il valore del voto.
Nel LXXXIX, ho invertito a livello sintattico gli ultimi versi. Il senso profondo non
cambia. Può risultare una variazione, e forse lo è. Mi assumo tale responsabilità.
Nota sul traduttore:
Andrea Breda Minello è nato a Treviso, dove vive, nel 1978. Si occupa di critica
letteraria, soprattutto di scrittura femminile, di traduzione dal francese: Larronde,
Broda, comparsi su Testo a Fronte e di teatro come dramaturg. Sue poesie sono
apparse su l’immaginazione e Le voci della luna. Collabora con varie riviste.
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