EUSSC IX – 2010 Il Latino e le culture dell`Europa, 23 settembre

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EUSSC IX – 2010 Il Latino e le culture dell`Europa, 23 settembre
EUSSC IX – 2010 Il Latino e le culture dell’Europa, 23 settembre 2010
Gianfranco Agosti (Udine) [[email protected]] - Marco Fernandelli (Trieste) [[email protected]]
Gli studi sulla ricezione
1.1 Charles Baudelaire, Le Cygne (trad. it. di Giovanni Raboni, in Ch.B.,Opere, Milano, Mondadori 1996, 175-179)
Andromaque, je pense à vous ! Ce petit fleuve,
È a te che penso, Andromaca! Quello stento fiume, misero
Pauvre et triste miroir où jadis resplendit
opaco specchio dove un tempo
L’immense majesté de vos douleurs de veuve,
rifulse, immensa, la maestà del tuo dolore,
Ce Simoïs menteur qui par vos pleurs grandit,
Simoenta bugiardo gonfiato dal tuo pianto,
A fécondé soudain ma mémoire fertile,
Comme je traversais le nouveau Carrousel.
Le vieux Paris n’est plus (la forme d’une ville
Change plus vite, hélas! que le cœur d’un mortel) ;
nel traversare il nuovo Carosello, d'un tratto
fecondò la mia fertile memoria. Parigi,
la vecchia Parigi è sparita (più veloce d'un cuore,
ahimè, cambia la forma d'una città); soltanto
Je ne vois qu’en esprit tout ce camp de baraques,
Ces tas de chapiteaux ébauchés et de fûts,
Les herbes, les gros blocs verdis par l’eau des flaques,
Et, brillant aux carreaux, le bric-à-brac confus.
la mente adesso vede la distesa
delle baracche, i mucchi di fusti e capitelli
sbozzati, l'erba, i massi che le pozze inverdiscono,
il bric-à-brac confuso che dai vetri riluce.
Là s’étalait jadis une ménagerie ;
Là je vis, un matin, à l’heure où sous les cieux
Froids et clairs le Travail s’éveille, où la voirie
Pousse un sombre ouragan dans l’air silencieux,
Là sorgeva un serraglio; là un mattino,
all'ora che sotto un alto, algido cielo
il Lavoro si sveglia e dalle strade
s'alza un cupo uragano nell'aria silenziosa,
Un cygne qui s’était évadé de sa cage,
Et, de ses pieds palmés frottant le pavé sec,
Sur le sol raboteux traînait son blanc plumage.
Près d’un ruisseau sans eau la bête ouvrant le bec
vidi un cigno, fuggito dalla sua gabbia, l'arido
selciato raspando con i piedi palmati,
le bianche piume s trascinare al suolo.
Baignait nerveusement ses ailes dans la poudre,
Et disait, le cœur plein de son beau lac natal :
«Eau, quand donc pleuvras-tu ? quand tonneras-tu, foudre ?»
Je vois ce malheureux, mythe étrange et fatal,
Vers le ciel quelquefois, comme l’homme d’Ovide,
Vers le ciel ironique et cruellement bleu,
Sur son cou convulsif tendant sa tête avide,
Comme s’il adressait des reproches à Dieu !
II
Paris change ! mais rien dans ma mélancolie
N’a bougé ! palais neufs, échafaudages, blocs,
Vieux faubourgs, tout pour moi devient allégorie,
Et mes chers souvenirs sont plus lourds que des rocs.
Aussi devant ce Louvre une image m’opprime :
Je pense à mon grand cygne, avec ses gestes fous,
Comme les exilés, ridicule et sublime,
Et rongé d’un désir sans trêve ! et puis à vous,
Andromaque, des bras d’un grand époux tombée,
Vil bétail, sous la main du superbe Pyrrhus,
Auprès d’un tombeau vide en extase courbée ;
Veuve d’Hector, hélas ! et femme d’Hélénus !
Je pense à la négresse, amaigrie et phthisique,
Piétinant dans la boue, et cherchant, l’œil hagard,
Les cocotiers absents de la superbe Afrique
Derrière la muraille immense du brouillard ;
À quiconque a perdu ce qui ne se retrouve
Aprendo a un secco rigagnolo il becco, l'animale
bagnava convulso le ali nella polvere
e con il cuore colmo del suo lago natale,
quando, pioggia, cadrai? quando, diceva,
tuonerai, folgore? Mito strano e fatale,
lo vedo, l'infelice, come l'uomo d'Ovidio,
al cielo crudelmente azzurro e ironico
sul frenetico collo tender l'avida testa,
a volte, come a rimbrottare Dio!
II
Parigi cambia! ma niente, nella mia melanconia,
s'è spostato: palazzi rifatti, impalcature,
case, vecchi sobborghi, tutto m'è allegoria;
pesano come rocce i ricordi che amo.
Così, davanti al Louvre, m'opprime una figura:
penso al mio grande cigno, ai gesti folli
che faceva, esule comico e sublime
che un desiderio morde senza fine - e a te,
Andromaca! dall'abbraccio d'un grande sposo rotolata,
deprezzato agnello, nelle mani orgogliose
di Pirro, e china in estasi su una tomba deserta;
vedova d'Ettore, ahimè! e d'Eleno consorte!
Penso alla negra tisica e smagrita
che strisciando nel fango s'affanna, stralunata,
dietro l'immenso muro della nebbia a vedere
gli assenti alberi di cocco dell'Africa superba;
Jamais, jamais ! à ceux qui s’abreuvent de pleurs
Et tètent la Douleur comme une bonne louve !
Aux maigres orphelins séchant comme des fleurs !
Ainsi dans la forêt où mon esprit s’exile
Un vieux Souvenir sonne à plein souffle du cor !
Je pense aux matelots oubliés dans une île,
Aux captifs, aux vaincus !… à bien d’autres encor !
1.2 Virgilio, Eneide 3.300-309
progredior portu classis et litora linquens,
sollemnis cum forte dapes et tristia dona
ante urbem in luco falsi Simoentis ad undam
libabat cineri Andromache manisque uocabat
Hectoreum ad tumulum, uiridi quem caespite inanem
et geminas, causam lacrimis, sacrauerat aras.
ut me conspexit uenientem et Troia circum
arma amens uidit, magnis exterrita monstris
deriguit uisu in medio, calor ossa reliquit,
labitur, et longo uix tandem tempore fatur
1.3 Ovidio, Metamorfosi 2.367-280
Adfuit huic monstro proles Stheneleia Cycnus,
qui tibi materno quamvis a sanguine iunctus,
mente tamen, Phaethon, propior fuit. ille relicto
(nam Ligurum populos et magnas rexerat urbes)
imperio ripas virides amnemque querellis
Eridanum inplerat silvamque sororibus auctam,
cum vox est tenuata viro canaeque capillos
dissimulant plumae collumque a pectore longe
porrigitur digitosque ligat iunctura rubentis,
penna latus velat, tenet os sine acumine rostrum.
fit nova Cycnus avis nec se caeloque Iovique
credit, ut iniuste missi memor ignis ab illo…
stagna petit patulosque lacus ignemque perosus
quae colat elegit contraria flumina flammis.
a chi ha perduto ciò che non si trova
mai più, mai più! e s'abbevera di pianto
e succhia latte al Dolore come a una buona lupa!
ai magri orfani, secchi come fiori!
Nel bosco, dove il mio cuore va esule, così
risuona alto il richiamo di un Ricordo antico!
Penso ai marinai su un'isola obliati
ai prigionieri, ai vinti... ad altri, ad altri ancora!
Salgo dal porto, lasciando flotta e compagni:
solenni offerte, per caso, malinconici voti,
davanti al borgo, nel bosco, d’un falso Simoènta alla riva,
libava Andromaca al cenere, e i mani invocava
d’Ettore sopra il tumulo, che vuoto, d’erba e di terra
gli aveva eretto, e, stimolo al pianto, due are.
Come mi vide venire, come intorno troiane
Armi, smarrita, si scorse, attonita a così gran miracolo,
sbarrò gli occhi, il calore le fuggì dalle ossa:
sviene, e a stento dopo un lungo tempo mi parla
(trad. Rosa Calzecchi Onesti)
A questo prodigio assistette il figlio di Stenelo, Cigno
Che il sangue di tua madre a te legava, Fetente,
ma soprattutto l’affetto ti avvicinava. Lasciato il suo regno
(governava i popoli liguri e grandi città),
aveva riempito di pianti il fiume Eridano,
le verdi sponde e la selva, con le sorelle a infoltirla,
quando si fece sottile la sua voce d’uomo, la chioma
nascondono candide piume, il collo si scosta dal petto
stirandosi, una membrana impastoia le dita ora rosse
le ali gli coprono i fianchi, un becco smussato la bocca,
E Cigno diventa un uccello mai visto, e non vuole affidarsi
Al cielo e a Giove, pensando al fuoco che a torto ha scagliato;
ama invece paludi e ampi laghi, e in orrore del fuoco
si sceglie i fiumi a dimora, nemici delle fiamme.
(trad. Ludovica Koch)
1.4 Giorgio Caproni, Il passaggio di Enea (in L'opera in versi, ed. critica di L. Zuliani, intr. di P.V. Mengaldo e A. Dei, Milano,
Mondadori 1998)
IV.
«l'idea del poemetto mi nacque guardando il classico monumentino
Nel pulsare del sangue del tuo Enea
ad Enea che, col padre sulle spalle e il figlioletto per la mano,
solo nella catastrofe, cui sgalla
stranamente e curiosamente, dopo varie peregrinazioni, a Genova è
il piede ossuto la rossa fumea
finito in piazza Bandiera presso l'Annunziata, una delle piazze più
bassa che arrazza il lido. Enea che in spalla
bombardate d'Italia», L'opera in versi p. 180
un passato che crolla tenta invano
«io vidi in Enea non la solita figura virgiliana, ma proprio la
di porre in salvo, e al rullo d' un tamburo
condizione dell'uomo contemporaneo della mia generazione, solo
ch'è uno schianto di mura, per la mano
nella guerra, con sulle spalle un passato che crolla da tutte le parti e
ha ancora così gracile un futuro
che lui deve sostenere, e che per la mano ha un avvenire che ancora
da non reggersi ritto.
non si regge sulle gambe», ibidem p. 1262
1.5 Orazio, Carmina 2.20.1-12
Non usitata nec tenui ferar
pinna biformis per liquidum aethera
vates neque in terris morabor
longius invidiaque maior
urbis relinquam. non ego, pauperum
sanguis parentum, non ego, quem vocas,
No, non con fragili ali conosciute
Andrà il poeta che si trasfigura
Nel cielo chiaro, non indugerà
Sulla terra, andrà oltre le città
Più grande dell’invidia e più lontano.
Mecenate, quello che tu chiami
dilecte Maecenas, obibo
nec Stygia cohibebor unda.
iam iam residunt cruribus asperae
pelles et album mutor in alitem
superne nascunturque leves
per digitos umerosque plumae
Sangue di padri poveri, vivrà,
e non lo chiuderà l’onda del buio.
– Aspra la cute sento e il bianco
del cigno e per le mani
tutto un leggero crescere di piume – (trad. Enzo Mandruzzato)
2. Andrea Zanzotto, Sovrimpressioni, Milano, Mondadori 2001, 102-103 [ispirato a Orazio, Sat. 1.9]
Totus in illis
ibam forte via Sacra ... nescio qui meditans nugarum, totus in illis
Così, in quelle che belle
e quasi tenere ventose
erano le attenzioni
che cancellavano d'intorno
al punto vero tutte l'altre cose,
mi cancellavo
come Orazio in via Sacra,
perivo di limpida vita
nella freschezza assorbente
d'una piccola idea quasi dea
che m'isolava dal tutto
anche se per un solo minuto.
Ora, totus in illis,
torno a pensieri di ieri
quali frammenti di diamanti-misteri
imprigionati come in un'apnea.
Intorno è un senza-niente
che nessun baratro eguaglia
un'assenza che rende
ogni contesto festuca e frattaglia
e langue dell'affiorare
come atto stesso dell'evaporare.
“Totus in illis-illa” rovesciato
come vuota bouteille-à-la-mer
solo a se stessa indirizzata
e sgomenta di sé –
palpito-smalto
già di perente ere
dove niente è più alto
che d'una ustrina lo spento braciere.
Totus-totus
in illa insula immotus.
A. Barchiesi, Le sofferenze dell’impero, in Virgilio, Eneide, intr. di A.B., trad. di R. Scarcia, Milano, BUR 2006, v-xliv
M. Barchiesi, Gli esametri di Baudelaire e la preistoria del Cygne, in Studi triestini di antichità in onore di L.A. Stella, Trieste
1975,
N. Babuts, Baudelaire in the Circe of Exiles: a Study of ‘Le Cygne’, Nineteenth-Century French Studies 22, 1993, 123-138
K. Elkins, Stalled Flight: Horatian Remains in BAudelaire’s ‘Le Cygne’, Comparative Literature Studies 39, 2002, 1-17 Michael
Jakob, Schwanengefahr. Das lyrische Ich im Zeichen des Schwans, München, Hanser, 2000.
P. Laforgue, Falsi Simoentis ad undam: autour de l’épigraphe du Cygne. Baudelaire, Virgile, Racine, Hugo, Nineteenth-Century
French Studies 24, 1995, 97-110
M. Lowrie, Spleen and the Monumentum: Memory in Horace and Baudelaire, Comparative Literature 49, 1997, 42-58
L. Nelson Jr., Baudelaire and Virgil: A Reading of ‘Le Cygne’, Comparative Literature 13, 1961, 332-345
M. Marincic, Il Battesimo presso la Savica di France Preseren: un’Eneide ‘harvardiana’ avanti lettera, CentoPagine 1, 2007, 7986 (http://www2.units.it/polymnia/CentoP/2007/MARINCIC.9.pdf)
E.A.Schmidt, The Meaning of Vergil’s Aeneid: American and German Approaches, Classical World 44, 2001, 145-171