Anno nuovo, vita nuova
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Anno nuovo, vita nuova
NUMERO 115 13 febbraio 2007 DIRETTORE: GIORS ONETO – SPIRIDON ITALIA C.P.696 – 50100 FIRENZE e-mail : [email protected] – fax. : 055. 272 .9077 – tel. : 0574. 22.304 COPIA GRATUITA NON COMMERCIABILE IN EDIZIONE TELEMATICA Anno nuovo, vita nuova Quand’ero bambino il tema “Anno nuovo, vita nuova” era un classico del dopo-vacanze di Natale. Ovvero la saga dell’ovvio in cui ci si scatenava in buoni proponimenti e promesse sperticate per far contenti genitori e maestri e metterci in pace con la coscienza. Col nuovo anno tutto o quasi sarebbe cambiato. Ed in meglio, naturalmente. Ed quello che succede ancor ora in qualsiasi ambiente, atletica compresa. Atletica che da anni ci fa grandi promesse, come noi le facevamo, così tanto perché dovevamo farle, ma che poi alla resa dei conti si rivelavano per quello che erano, belle speranze e nulla più. Ora però mi sembra che le cose stiano cambiando. Infatti, alla luce anche dei risultati ottenuti a San Giorgio dove le medaglie sono arrivate dai più giovani, si può ricominciare a guardare avanti con un certo ottimismo. Se è vero che il buon giorno si vede dal mattino, l’oro di Lalli, il titolo europeo a squadre juniores, il bronzo per nazioni ed ed il terzo posto di Meucci negli “Under 23” sono un bel viatico per la nostra atletica. Soprattutto se si considera che ci troviamo di fronte ad una serie di risultati che non possono essere figli del caso. In questo senso il merito va attribuito a due giovani tecnici federali Danzi ed Endrizzi che con molta umiltà ed indubbia capacità amalgamate da un notevole entusiasmo stanno lavorando per ricreare un settore che sembrava in via d’estinzione. Come dire che certe scelte, alla fine non possono che pagare. Siamo sulla buona strada. Una strada di certo meno comoda di quella seguita fino a qualche anno fa quando anziché preoccuparsi del vivaio si preferiva ingaggiare tecnici stranieri e tingere di sommaria che alla fine ci porterà lontano. Indubbiamente il. Progetto Talento, tanto caro al vituperato Cova, comincia dare i risultati previsti. Alla luce di queste avvisaglie é più che comprensibile la soddisfazione del Presidente che finalmente comincia raccogliere qualcosa di sostanziale, anche se non deve trascurare il neppure piccolo dettaglio: siamo solo all’inizio di un itinerario difficile e disseminato di buche. E di tranelli. Almeno così ci sembra pensando alle posizioni di riguardo a cui ci avevano abituati anni fa. Per la televisione sembra che il nostro sport sia cosa per nottambuli (le differite le mandano in onda in ore antilucane) o solo per chi ha i quattrini per pagarsi i canali a pagamento. O per chi i quattrini li ha per sponsorizzare le proprie maratone. Non molto meglio la carta stampata. Volete qualche esempio? L’altro ieri a Modena ci sono stati i Campionati italiani di società di corsa campestre; bene il Corriere dello Sport – Stadio ed il Tutto del giorno dopo hanno riportato a malapena i risultati. Un pochino meglio la Gazzetta che all’evento, pur sempre un campionato italiano, ha dedicato “44 righe corpo 12” più graduatorie. D’altro canto nemmeno il presidente Arese ha perso l’occasione per non essere presente. Qualche altro modulo è andato alla prestazione del carabiniere Schwazer che a Rosignano ha sfiorato, nei Tricolori di marcia il record mondiale sui 50. Troppa grazia visto che spazio al lunedì è poco, soprattutto poi se lo si deve lasciare al matrimonio fra invertiti oppure alla cronaca nera, tipo omicidio di Capo Verde o morti nel tunnel maledetto delle Canarie. E non è un caso sporadico. Ai tempi degli Europei di San Giorgio, sempre la Rosea, pubblicò un bell’articolo, foto compresa, sull’ex dittatore cileno E senza nemmeno sottovalutare altri problemi in pentola a cominciare dai dei rapporti con la Scuola che ci sembra che ci sembra più che altro un colloquio fra… sordi soprattutto perché per la Scuola, che sta attraversando un Pinochet. momento (quanto lungo) di Sicuramente un malandrino ma disorientamento istituzionale, i rapporti con lo sport non sono che non ci sembra avesse mai nemmeno l’ultimo dei pensiero. Dello avuto un posto di rilievo nello sport non gliene interessa proprio sport. Evidentemente siamo noi nulla. Altro che priorità Ci sono poi i ad aver capito poco della vita. rapporti con i mezzi d’informazione L’importante è andare avanti. italianità atleti che con l’Italia hanno per i quali l’atletica leggera non ha Giors ben poco fa spartire, ma una strada più spazi adeguati. SPIRIDON/2 COME SIAMO CADUTI IN BASSO, (BENEDETTA IGNORANTITA’) Si riaffaccia mediaticamente l’icona della Pro Patria nell’atletica e l’occhio ti corre su una foto un po’ ingiallita che riunisce, in ordine sparso, Carlo Grippo, Gaetano Erba, Fulvio Costa e Vittorio Fontanella per non parlare di Alberto Cova che, per definizione, la foto la merita da solo, per quello che ha fatto e ha dato. Il tifoso di atletica (definizione impropria) si rianima e prende coraggio. “Vuoi vedere che nel nome di Mastropasqua si rilancia su Milano un glorioso sodalizio del fondo?” Poi vai minimamente ad approfondire e scopri che gli ideatori del rilancio, a parte un Mazzaro di cui si dice a parte, sono Daniela Santanché e Flavio Briatore. Ed il tycoon della Formula Uno (troppo onore) che ha fatto conoscere al volgo i propri propositi. ”Nella Pro Patria c’é la leggenda della corsa, c’é Finocchiaro”. Il lapsus Ë troppo bello per non essere ripetuto. Briatore alludeva a Fiasconaro, primatista mondiale degli 800, oriundo ante litteram. Ha dato il massimo che la propria cultura sportiva poteva esprimere. Finocchiaro invece che Fiasconaro. Di Briatore si conosce il titolo di studio (geometra) il numero dei carichi pendenti al casellario penale, l’imprenditoria del Billionaire, incerti meriti sportivi ed industriali. Ma questa sarebbe la Pro Patria del terzo millennio, affidata alla lungimiranza della signora Santanché, quella a cui sui giornali scandalistici una foto non si nega mai in ragione di una scollatura considerevole per una cinquantenne. La palingenesi della Pro Patria dunque viene fatta balenare come una questione di cuore, quando Ë un affare di un’atletica sconosciuta al terzetto dei fautori del rilancio. Protetto da un certo anonimato Ë invece Canio Giovanni Mazzaro, ingegnere ed imprenditore potentino, membro del triumvirato perchÈ probabilmente marito della predetta SantanchË. Che potr‡ uscire fuori da una vicenda di rilancio che poggia su cosÏ fragili basi? Fumo od anche arrosto? Briatore ha aggiunto anche che trattasi di “investimento umano, sportivo e comunicazionale. E sociale anche”. Al che ci siamo sentiti tutti meglio. Tante volte lo sport, anche quello pi_ puro, Ë stato utilizzato per operazioni di sporca bottega, per riciclaggio di denaro sporco. E sicuramente non sarà questo il caso. Ma Briatore Ë il caso che si riaggiorni al piccolo Bignami dell’atletica. Che legga di Lanzi, di Frigerio e di Beccali, di Ottoz come di Rondelli. L’idea attuale, non disprezzabile, Ë di trasformare in alfiere del new deal il giovane Scapini, 17 anni e tante belle speranze. Speriamo perlomeno che i promotori si affidino a gente di esperienza, che sappia dove mettere le mani (in pasta) e che il progetto non rimanga un’affascinante boutade senza costrutto perché sarebbe tradire due volte l’atletica e la Pro Patria. Qui non c’é da salvare ma da riesumare, quasi nel deserto, dunque chi ha avuto l’idea ci pensi a lungo e si faccia qualche domanda (e si dia qualche risposta) prima di partire e di affondare nella nuova impresa. Daniele Poto CHI SE LO RICORDA? Sessant’anni fa veniva eseguita in Italia l’ultima condanna a morte prima dell’entrata in vigore del nuovo codice. Era la mattina del 4 marzo 1947 quando alle Basse di Stura, periferia di Torino, furono fucilati tre dei responsabili (il quarto era morto in un regolamento dei conti a Mezzojuso di Palermo, loro paese d’origine) del massacro, a bastonate, di dieci persone compiuto alla cascina di Villarbasse solo perché uno dei quattro era stato riconosciuto dalle vittime. Un fatto di sangue spietato che ebbe un impatto emotivo notevole. Le vittime erano uomini, donne e bambini, alcuni dei quali prima di morire agonizzarono a lungo nel pozzo in cui erano stati infilati. I difensori fecero comunque bene il loro lavoro. Il loro progetto era evidente: cercarono di rallentare il processo con cavilli e proposte dilazionatici al fine di salvare gl’imputati dalla pena capitale perché, come s’è detto, l’abolizione della pena di morte era ormai prossima. Ma la fatica dei difensore fu inutile considerato il fardello che gravava sugli accusati:il loro crimine era andato oltre ogni possibile umana comprensione. Fu dello stesso parere il Presidente Enrico De Nicola (uomo con le palle) che rifiutò la grazia. Insomma non vi furono rimpianti e la vicenda, di cui conserviamo ancora la pagina della Domenica del Corriere illustrata da Molino divenne il filo ispiratore dei cantastorie che a quei tempi (sono in poco forse a ricordarlo) battevano ancora le campagne , i mercati e le sagre. La televisione era ancor lì da venire ed agli amici di Caino non ci pensava ancora nessuno. Si perse, è vero l’occasione di redimere quattro galantuomini per rivederli in giro ad uno dei tanti indulti che fioriscono il nostro bel Paese ma si risparmiarono i denari pubblici per il mantenimento, vita natural durante, di tre uomini dabbene. SPIRIDON/3 Fuori tema Luciano Moggi invitato a salire su una cattedra di un Istituto tecnico commerciale di Agropoli, per intrattenere gli studenti sul tema <<educazione e sport>>, è la notizia più imbarazzante d’inizio anno. Torna in mente l’Orwell 1984, pornografia e sport essere l’oppio del ventunesimo secolo. E Walter Veltroni, sindaco di Roma, che annuncia la titolazione di una via della capitale a Tommaso Maestrelli, allenatore della Lazio vittoriosa dello scudetto 1973-74, è la più comica. Apro lo stradario alla pagina 66-B2 e la via è lì, da tempo, tra i giocatori del Grande Torino e Coppi, Learco Guerra, Armando Picchi, Combi, Erminio Spalla, Nuvolari. E dire che un lettore incline all’acrimonia inviò tempo addietro parole di fuoco a Spiridon, colpevole d’aver ironizzato sulla inesausta sindrome battesimale del primo cittadino della capitale. Ammiro la costanza con cui l’uomo accorre ai capezzali dei moribondi, l’ostinazione generosa a dir bene del prossimo comunque e dovunque, la tenacia messa in atto nel tentativo di rubare al compagno Massimo Cacciari la corposa vetrina cinematografica veneziana, quel suo rincorrere giulivo e compreso tra una festa notturna ed una diurna, una foto e un’intervista. Ma quando giri per questa sventurata città, quando tocchi con mano l’assenza indecente dai quartieri dei seimila vigili urbani ingaggiati a libro paga della cittadinanza, la sporcizia spalmata tra strade, piazze e vicoli, la cartellonistica che affoga il meglio del passato, i giardini ridotti a pantani di rifiuti fisiologici, le orde di lavavetri sempre più arroganti appesi ad ogni semaforo, le migliaia di bambini trascinati nell’orrendo mercato quotidiano dei grandi e di baldracche sparse all’inizio d’ogni tratta consolare, quando vedi tutto ciò e non ne trovi traccia nelle allocuzioni capitoline, allora ti senti pienamente legittimato ad ignorare sorrisi e filantropie ruffiane, a pensare che l’uomo sia un pericolo reale per la comunità, e non l’esito d’un pregiudizio. E a sperare che fra tre anni, liquidato Prodi, salga a Montecitorio Massimo D’Alema, e che il sindaco, come sovente annunciato, scenda a battezzare in Africa. Universiadi. Tasto dolente. Perché se dovessimo giudicare il livello tecnico e l’impianto organizzativo della manifestazione - che ha mobilitato migliaia e migliaia di atleti, dirigenti, schiere di volontari, solerzia d’amministratori, spettatori, un’intera città, impianti pieni - dallo spazio offerto dal principale quotidiano sportivo nazionale, l’immagine sarebbe diametralmente capovolta e ne uscirebbe ingiustamente mortificata. Il primato negativo è stato raggiunto dalla Gazzetta il 29 gennaio, con 9 righe dedicate alla chiusura torinese, superata, in meglio, addirittura da Repubblica, che almeno ha aggiunto l’elenco delle medaglie divise per nazioni. Il giornale si autopunisce nello stesso giorno con un titolo a sei: “fino a 22 anni di calcio non ne sapevo nulla”. Ciuccio il titolista, ciuccio chi l’ha avallato, ciuccio anche Gianni Clerici che una settimana prima apriva la sua personale vetrina sul giornale di largo Fochetti con “è uno che di donne se ne intende”. Santa grammatica! Ma Repubblica si riscatta dando rilievo alla notizia proveniente da Pechino: volete trasformare la vostra squadra in un team imbattibile? Il segreto, lezioni di comunismo, decise dal ministro dello sport Li Jianhua, minimo due ore giornaliere. Sembra che dopo la prima lezione il consuntivo sia confortante, avendo i giocatori ammesso di non aver capito nulla. Sul fronte italiano, seguiamo con attenzione le ipotesi di potenziamento abbinato sul fronte scolastico, sui giochi studenteschi e su quelli della Gioventù, lanciate un paio di mesi fa dal combinato-disposto Melandri e Fioroni ministri e Petrucci presidente. Però, che qualcuno suggerisca a codeste menti illuminate di non citare come rivoluzionaria l’apertura degli impianti scolastici alle associazioni sportive Pudore, sempre, in ogni proclama. Ed informarsi, soprattutto. Ho da qualche parte una circolare risalente all’iniziativa di un ministro che ai più dirà nulla. Il ministro era Fiorentino Sullo, il giorno di grazia il 24 gennaio 1969, e le palestre erano aperte a società, federazioni ed enti! Piuttosto, che provvedano, e subito, a stanziare fondi per il pagamento degli straordinari ai bidelli! E l’atletica? L’atletica d’inizio anno ha recato solo una triste notizia, la scomparsa di Aldo Capanni. Uomo onesto. Uomo d’atletica, di monti, di silenzi. Figura rara. La Chiesa dell’Isolotto fiorentino s’aprì a volti appesantiti ed a sguardi sconsolati.Il canto di De Marzi, Il Signore delle cime, fu un commiato sublime. Che l’Iddio, cui credeva, l’abbia in gloria.. [email protected] SPIRIDON/4 IN RICORDO D’UN AMICO Aldo ci ha lasciati e lo ha fatto con garbo e con delicatezza. Lo stesso garbo e delicatezza che hanno caratterizzato la sua vita terrestre. “Se n’è andato in punta di piedi, senza fare rumore. Non voleva disturbare”, come egli ebbe a scrivere su Spiridon tempo fa in memoria dell’amico Piero Nardi. Ma la sua preoccupazione di non voler arrecare troppo disturbo e di non fare chiasso non è servita molto perché la sua è e resterà un’assenza “rumorosa” e perché Aldo ci mancherà tanto. Per ricordarlo ai lettori della nostra rivista, di cui fu da sempre prezioso collaboratore, pubblichiamo l’omelia scritta dal fratello Alessandro, sacerdote ed ufficiale dei parà, letta da Paolo Allegretti durante la cerimonia funebre. Vi prego di scusarmi se non sono io, il fratello prete, a rivolgermi direttamente a voi. Ma non ce la faccio….mi è davvero impossibile. Ho chiesto quindi all’amico Paolo di farmi da portavoce. Prima di tutto grazie! Anche di essere qui oggi, certo. Ma più che altro, grazie perchè siete stati voi ad aggiungere alla vita di mio fratello quel tanto di calore, di affetto, che l’ha resa straordinaria. Grazie…. perché in una ipotetica….storia dell’amicizia umana, quella fra voi e mio fratello Aldo avrebbe bisogno, per essere scritta, di parecchie pagine, una più luminosa dell’altra. Io conosco solo pochissimi di voi, ma mi sono bastati questi ultimi mesi per capire…e anche per imparare! E dire che ero convinto di conoscere Aldo piuttosto bene. Invece, grazie a voi, ho scoperto dei lati nuovi della sua personalità, tanti aspetti del suo modo di essere e di amare, che mi hanno lasciato a bocca aperta; e che hanno finito per fare arrossire me….prete cattolico! Sono tante e tante le cose che vorrei dirvi, dire ad ognuno di voi. Spero di riuscire a spiegarmi….. Comincio dal brano di Vangelo che ho scelto per questa celebrazione. Non è uno di quelli previsti per un funerale ( le nozze di Cana). Ma è quello che, in questa stessa chiesa, fu letto in occasione dei funerali di nostra madre. Il sacerdote lo scelse, allora, perché lei, parrocchiana appassionata, pur nella lunga malattia, aveva mantenuta ben viva, efficace, la sua presenza nella comunità dell’Isolotto. il cuore, e in tanti avete toccato con mano la grandezza del suo, la sua generosità a disponibilità. Non era nato per essere solo. E non è stata la sua, una scelta di E anche Aldo è stato una presenza fondo. Io lo so, e a voi a lui tanto viva…e autenticamente cristiana, vicini, posso dirlo, sussurrarlo: le sue occasione le ha avute; ma, per tra noi….noi mortali! quanto è dipeso da lui le ha lasciate cadere, per un fatto di coerenza, coerenza con il suo credo religioso e la sua idea della sacralità del matrimonio. Così è rimasto solo…però senza essere mai solo! E la sua vita non è stata sterile: ne siete voi oggi…qui….la riprova! Aldo con Gustavo nel loro regno, il Centro Studi Celibe. Senza una famiglia tutta “SUA”, nel senso tradizionale del termine, ha trovato il suo modo di essere, di vivere, ad una distanza infinita dagli stereotipi dello scapolo solo, introverso, chiuso, a volte egoista, magari con difficoltà di comunicazione. Era un tipo scorbutico?......Oddio, poteva sembrarlo, ma quelli che lo hanno conosciuto davvero, sanno bene che era solo una scorza, esterna, superficiale: bastava grattare un po’ e veniva subito fuori il luccichio. De resto, se oggi siete qui in tanti, è perché a tanti di voi ha toccato E c’è un’altra cosa che devo dirvi: nata anch’essa in questa Parrocchia, tanti anni fa però, all’incirca una trentina, forse quando Aldo ancora faceva il catechista. E’ un episodio che mi è tornato in mente diverse volte in queste settimane e che magari il Signore ha riportato alla luce perché lo condivida con voi. Era morta in quei giorni la mamma dell’allora Parroco. Su nel Nord da cui veniva. Eravamo in sacrestia e ad alcuni che gli manifestavano solidarietà partecipazione, don Piero disse che non voleva le condoglianze, perché ora erano insieme e da quel momento finalmente poteva parlare con lei quanto e quando voleva: “Fino a ieri ero qui a Firenze e lei a casa sua….; lontani, non ci si vedeva mai…..Ma da oggi ce l’ho con me, vicina…accanto”. Ecco è con questo pensiero che voglio salutarvi! Questo numero di SPIRIDONITALIA è consultabile sul sito: www.spiridonitalia.it SPIRIDON/5 LA COMPETIZIONE MEZZO EDUCATIVO DEL GIOVANE PRETICANTE L’ATLETICA LEGGERA Argomento che alcuni addetti (dirigenti soprattutto) soltanto, e molto pochi in vero, ben conoscono, ma ignoro, oscuro, e disatteso, però dai più. Tanto da creare gravi i danni alle generazioni rappresentanti il futuro delle fasce alte di qualificazione nazionale ed internazionale dell’atletica leggera. Queste le perniciose conseguenze di un programma di competizione quale l’attuale Campionato di Società organizzato per le fasce giovanili, che non funge da ingentivo per stimolare ed esaltare l’impegno convinto dei Questo, al giovani. contrario,dovrebbe essere l’obiettivo di sostanza di una azione complessa, tendente a creare le migliori condizioni per consentire ai giovani di “partorire” la loro potenzialità. Giacché “educare” vuol dire “trarre fuori” il massimo, certo, che quei giovani fortemente motivati a conoscere a fondo sé stessi, tramite il manifestarsi dei loro comportamenti (condizioni preliminari, queste) che non possono prescindere da una partecipazione attenta e consapevole da interprete, pensante ed intelligente, degli insegnamenti a protagonista critico dei conseguenti stratagemmi. Condotta da radicare in memorie solide che il giovane deve trasportarsi negli anni , per acquisire progressivamente una sempre maggiore e dell’allenamento, se saggiamente ed adeguatamente condotto migliore autonomia ed un più ampio ed esteso campo di crescenza motorie che sono affetto e causa dell’evoluzione, sviluppo e crescita delle prestazioni e della maturità. Rappresenta questo il cammino che l’educatore allenatore deve percorrere con il suo atleta, il primo per approntare una azione educativa sempre più adeguata alle realtà attitudinali del giovane, il secondo per impegnarsi, stimolato dalla pressante curiosità di conoscere sé stesso ed i confini delle sue risorse caratteriali, temperamentali, intellettive, fisiche e psichiche, con le ultime di gran lunga più importanti, da scoprire e dirigere, giacché influiscono grandemente sia sugli impegni del training , sia sulla prestazione in gara. Il giovane non traducendo in competizione le evidenti conquiste dell’allenamento, comprenderà facilmente, se saggiamente ed adeguatamente condotto dall’allenatore a riflettere la natura delle sue carenze e miserie, finirà ben presto di convincersi della necessità di intervenire a correggerle, per non frustrare quanto di buono e produttivo ha costruito in allenamento, invece di rivolgersi, come spesso accade, a motivazioni improprie per giustificare, senza rivolgersi, le sue controprestazioni. Questo è lo scopo educativo delle competizioni, poiché soltanto in questi frangenti di importanti esami e confronti con sé stesso scattano le forti le forti emozioni che, traducendosi in stati di eccitazione , esaltano la funzionalità di tutti i processi che enfatizzano le capacità prestative, qualora contemporaneamente, si esalti la fredda e lucida capacità di gestire. Ma se malauguratamente queste emozioni queste emozioni portano il giovane ad uno stato di inibizione conseguente ad un eventuale rapporto conflittuale con la competizione, allora è impossibile non cadere in comportamenti del valore men che mediocre. Ecco quindi la competizione, evento importante ed impegnativo che riassume quanto vissuto con convinta partecipazione e allenamento, responsabilità in fungere da cartina di tornasole degli umori caratteriali e temperamentali, da essa stimolati, da un lato, e che essa esaltano o deprimono dall’altro a seconda di come il complesso psico-umorale del giovane è stato predisposto. La capacità di vivere con equilibrata e realistica convinzione la propria condizione a capacità utilizzando al massimo lo stato di eccitazione, conseguente al tumulto ormonale, come moltiplicatore delle energie, in funzione prestativa, rappresenta quanto di più esaltante e gratificante il giovane ed il suo “educatoreallenatore” possono augurarsi per coronare il successo del loro collaboratore. Ed allora se questo è il senso ed il valore della competizione, elemento prezioso per la evoluzione del giovane non solo nello sport ma anche nella vita, soltanto al giovane deve giovare, piuttosto che diventare, con strane forme di Campionato di squadra o altri improduttivi ibridi, mezzo di soddisfazione e vanto di egoismi dirigenziali, con la conquista di titoli che nulla di buono producono all’atletica ma in compenso determinano il dissolvimento della qualità delle classifiche giovanili. Necessità quindi, rivedere le attuali incentivazioni per trovarne di nuove che concilino, prima di tutto, le esigenze educative di una attività che costituisca il futuro dei giovani gestendo con saggezza e cautela il presente, ma nel medesimo tempo agevolare, limitando, perché no, riducendo gli impegni finanziari dei Club di reclutamento che su poche e scarse risorse possono contare. Cosa , quest’ultima difficile se non addirittura impossibile da ottemperare qualora per approntare tutte le specialità di un Campionato a squadre come l’attuale, necessitano almeno 4/5 allenatori specializzati, almeno che non si debba, per forza di bilanci miseri, ripiegare su un solo o massimo due tecnici, che coprano in questo caso alla meno o peggio, tutte le specialità della squadra, quando non capita, e ciò accade molto spesso, di chiedere ad uno o due atleti di cimentarsi in specialità diverse dalle proprie e niente affatto ad essi congeniali , soltanto per tappare buchi di presenze che penalizzerebbero le classifiche. Tutto questo maltrattando le esigenze del sistema educativo e frustrando le spettative dei tecnici e degli atleti. SPIRIDON/6 PROPOSTA DI UN CAMPIONATO DI SOCIETA’ PER ATLETI DI CATEGORIE GIOVANILI Nella parte precedente ho evidenziato come inadeguati e niente affatto rispondenti alle esigenze di un cammino educativo di evoluzione continua dei giovani atleti nell’età dello sviluppo, fossero gli attuali Campionati di società previsti per le diverse categorie. Del resto io credo che il difficile e limitatissimo progresso della prestazioni di un troppo elevato numero di giovani talenti sia lì a dimostrare le necessità di intraprendere una nuova via di attività senza tardare. Ma non avendo intenzione di nascondermi dietro alla solita facile e sterile critica, esporrò il mio pensiero sul tipo di attività di competizione da organizzare per i giovani affinché si creino le esigenze, i bisogni, o ancor meglio, le necessità indispensabili per sollecitare gli “educatoriallenatori” ad organizzare le conseguente complesse ed articolate azioni educative dell’allenamento tendente e scoprire, il più possibile verosimilmente , le diverse qualità, capacità, individualità ed attitudini comportamentali dei giovani. Ma un cosi grande numero di ambiti da scrutare tramite l’allenamento fisico, necessita obbligatoriamente , dell’impiego di una grande ricchezza di esercizi fisici, mezzi, metodi e strategie educative che, mobilitando l’intero organismo, assicurino la continuità dello sviluppo delle prestazioni e dell’evoluzione del giovane. Obiettivi questi più facilmente raggiungibili se si crea l’esigenza, la necessità, come già esposto sopra, che il giovane si cimenti in più specialità anche se affini ed attinenti tra loro. Soltanto così l’”educatoreallenatore” confermerà la sua azione educativa ed il suo piano di attività con una dovizia di interventi metodologici per conciliare i suddetti bisogni e necessità. Non c’è, del resto, altra via per mobilitare la “l’intelligenza motoria”, disponibilità caratteriale e temperamentale, le motivazioni e gli interessi del giovane ed impegni non tediosi ma stimolanti la sua partecipazione attiva, consapevole e dinamica. La sola strategia questa ormai consolidata da una pedagogia educativa moderna ed efficace che non si può nascondere ed ignorare, giacché assolve la doppia incombenza ; aprontare il presente e provvedere al futuro di grandi ed importanti comportamenti prestativi. Sono questi i compiti che l’attività atletica giovanile non sta svolgendo, rivolti, al contrario, sempre alla maiuscola e pedissequa ripetizioni di stimoli proiettati ad una eccessiva specificità. L’idea , quindi, prevede l’organizzazione di una serie di specialità a cui il giovane deve competere (almeno ¾) con caratteristiche affini e tra loro attinenti, nelle quali il giovane deve gareggiare, almeno 3 o 4 volte l’anno ciascuna. Alla fine dell’anno viene poi stipulata, in base alle relative tabelle di punteggio, una classifica individuale e di club (sommando i punteggi ottenuti dagli atleti) a carattere regionale e, perché no, nazionale. U esempio potrà meglio chiarire le proposte: per un atleta quattordicenne che si pensa corridore, ma proiettato verso le specialità di sprint la omposizione delle prove dovrebbe essere:80m./300m./600m. o 100m./300hs o 100hs. I 600 metri dovrebbero essere riinseriti nel programma competitivo dei cadetti comemho avuto modo , inutilmente, più volte di consigliare. Giacché l’esperienza insegna quando questa distanza, ma soprattutto gli allenatori per prepararla, siano indispensabili per la costruzione di un buon 400m.. Cosa che non si può dire per i 300m., infatti i più forti giovani che hanno eccelso su questa breve distanza come: Angioni, Masia e Mennea, non hanno brillato, ed i primi due, nemmeno mai corso i 400m. Quattordicenne che si pensa possa diventare corridore di resistenza le specialità in cui cimntarsi potrebbero essere: 300/600/1000 o 2000/300hs. Quest’ultima specialità sarebbe esenziale, con l’ambidestrismo, per un futuro siepista.Passando nella categoria superiore degli allievi (16/17 anni) certamente possibile, dopo due anni di esperienze, che l’allenatore abbia le conoscenze e le indicazioni necessarie per procedere ad una scelta di quelle specialità che si addicono più coerentemente alle attitudini fisiche e tecniche dei suoi atleti, per cui, chi di questi dimostrerà spiccate capacità di sprinter e di resistente veloce, si allenerà e gareggerà nelle seguenti specialità: 100/200/400m. Altri che alle suddette doti aggiungesse anche quelle di un buon ambidestrismo negli ostacoli, si cimenterà nei 200/400/400h. Se, invece, fra coloro che sono veloci ce ne fosse qualcuno che dimostra una buona tecnica di passaggio alle barriere alte, ma anche la predilezione per l’utilizzo della stessa gamba per l’attacco dell’ostacolo, allora le tre specialità diventerebber: 100/200/110hs. Tutte da ripetere , nel corso dell’anno, almeno 3 o 4 volte. Ovviamente , passando alla categoria successiva, degli juniores si acuisce ed affina le specificità del lavoro, si riduce a due il numero delle specialità da praticare obbligatoriamente e si dividono gli sprinter puri dagli sprinter 400isti, mentre gli ostacolisti rimarranno nelle scelte già operate. Per gli sprinter : 100/200; per i 400isti: 200/400; per gli ostacolisti degli ostacoli bassi: 400/400hs.; per quelli degli ostacoli alti: 100/110hs, oppure 200/110hs. Per tutti questi specialisti, giacché le specialità sono due soltanto, il numero di competizioni da totalizzare nell’anno per ciascuno specialità sale a 5 o 6. Un dicorso a parte vorrei fare per gli 800isti, che sgancerei, in queste fasi della crescita del giovane, dal cammino metodologico che purtroppo spesso è sbilanciato verso l’aerobia, sottovalutando l’apporto della velocità e della resistenza veloce, alla specialità. Consiglierei, per questo, le seguenti competizioni e conseguenti strategie di training: per le categorie allievi 200/400/800; per quelle juniores 400/800, naturalmente ripetendole, naturalmente ripetendole lo stesso numero di volte previsto per gli altri specialisti su menzionati. Mi auguro che questa che vuole essere una proposta, non venga rapidamente scartata, ma mobiliti l’attenzione e riflessione necessaria per eventuali contributi di perfezionamento. Carlo Vittori SPIRIDON/7 OUTGAMES 2006, (Pierre Foglia aux Jeux des gais et des lesbiennes) (suite et fin) UN SPORT A LA MODE La Presse (Montreal), 4 aout 2006 - Le plus bel evenement sportif des Outgames? Le triathlon, hier matin, a l'ile Notre-Dame. Super-ambiance. Les chialeux de gradins vides seront contents: y avait du monde! Pas 30 000 spectateurs, mais assez pour faire du bruit. Parents, conjoints, amis qui avaient amene des amis. Ambiance super, et le decor aussi. Elle est jolie, l'ile Notre-Dame au petit matin,encore un peu decoiffee des orages de la nuit. Du cote du bassin d'aviron, on se croirait dans la vaste cour d'un chateau: meme imperieuse symetrie. L'ambiance, le decor et le niveau de la competition. Ce triathlon tout a fait olympique - un kilometre et demi de natation dans les eaux un peu suspectes du bassin, 40 kilometres de velo sur le circuit Gilles-Villeneuve, et 10 kilometres de course a pied - ce triathlon s'est gagne en 2 h 05. On est plus pres ici de l'elite que du recreatif. Participaient des Allemands, des Anglais, des Neerlandais, des Mexicains, des Irlandais, des Francais, des Danois, des Tcheques, des Australiens, beaucoup d'Americains... Mais c'est un Sherbrookois qui a gagne. Martin Lacasse, 33 ans, entraineur a l'universite de Sherbrooke, un petit look militaire - il l'est d'ailleurs. Militaire et hetero. Il y est alle du refrain habituel sur le respect des differences et sur l'inclusion, a peu pres dans les memes termes que dans les discours officiels, mais donnons-lui qu'il avait l'air tres convaincu. A la question "qu'etes-vous venu faire ici?", la reponse de Martin: "C'est bien d'aller defendre la democratie en Afghanistan, mais il faut voir aussi au respect des differences dans notre propre cour." Absolument sincere. Il n'est pas venu courir un triathlon de plus. Il est rellement venu participer aux Outgames avec sa femme, Elvy Lapointe, fier de faire la promotion des droits et libertes au paradis meme des droits et libertes: le Canada.Mettons que, demain matin, je me lancerais dans une carriere tardive de triathlete, c'est pas lui que j'irais me chercher comme coach. D'apres moi, il ne sait pas ou est le stash de testosterone. Ce n'est pas du tout un reproche. Ca prend de tout pour faire un grand et beau pays comme le notre. (...) UN SPORT TRES IN - Ce n'est pas un hasard si le triathlon des Outgames a ete un grand succes. Cela n'a rien a voir avec les gais. Cela a a voir avec le triathlon, le sport qui monte, un sport a la mode comme le fut le marathon au milieu des annees 80. On parle beaucoup de l'effet Whitfield. Septembre 2000, premiere epreuve des Jeux olympiques de Sydney, premiere fois que le triathlon est au programme olympique. A la surprise generale, le Canadien Simon Whitfield, apres une remontee spectaculaire dans le 10 km, remporte la medaille d'or. Le triathlon au Canada aurait decolle a partir de la. Il y a eu aussi Peter Reid, qui vient de prendre sa retraite, trois fois vainqueur de l'Iron Man a Hawaii, encore que ses formidables exploits soient restes bien confidentiels... Sait-on comment arrivent les modes? Voila un sport exigeant qui demande de s'entrainer dans trois disciplines differentes - natation, velo, course a pied -, un sport qui attire pourtant une clientele qui justement n'a pas tellement le temps de s'entrainer: jeunes cadres, profs, jeunes professionnels. Un sport qui seduit aussi les ados, qu'on dit allergiques a l'effort. Un sport qui coute cher. Juste le velo, c'est 3000$ en partant... Les trois enfants de Jocelyne Mercier - elle officiait hier pour la fede sur le circuit ses trois enfants font du triathlon. La plus vieille, 15 ans, est en sports-etudes au centre national de triathlon deTroisRivieres. Juste pour elle, c'est 12 000$. Mercredi, Bruno Surin, dont les deux gamines font du tennis, nous disait qu'il n'en revient pas comme ca coute cher. Un luxe, le sport? Et je ne vous ai pas parle du prix des vitamines. LE RESPECT - Encore hier, sur le site du triathlon, j'ai pu verifier que ces Outgames ont ete portes a bout de bras par les federations sportives. Hier encore j'ai vu des officiels pinailler sur des details comme si c'etait les championnats du monde. Mais au lieu de s'en irriter, les athletes l'ont pris comme une marque de respect. Et c'en etait, du respect. (...) LE CONGRES DES ENTREPRENEURS EN DENEIGEMENT 5 aout - C'est drole comme vous etes tordus. Je ne dis pas que vous avez des prejuges. Je dis tordus. Twistes. Moi aussi, remarquez. Mais d'une autre facon. Vous avez commence par me demander si c'etait des athletes. Apres que je vous en eus donne plusieurs fois la preuve, chrono en main, vous vous etes amuses d'une gestuelle differente, de quelques embrassades intempestives, de stepettes inhabituelles, d'un rien de lubricite sur les courts de volley. Vous n'avez pas arrete de chercher la folle dans ces jeux gais. Faute de folle, vous avez fini par debusquer la moumoune: il y en avait plein dans les concours, javelot, disque, poids, ou ce fut effectivement un peu effroyable. J'ai suivi le concours du saut a la perche avec un ami cycliste qui n'avait encore rien vu d'autre. Le choc! Au bout d'un moment, il me sort cette enormite: Ils ne devraient pas sauter a la perche. Pourquoi? Parce qu'ils sont ridicules. Es-tu en train de me dire qu'ils ont un chromosome de trop ou de moins qui les empeche de sauter a la perche? Tu ne vois pas qu'ils n'ont aucune experience de la perche, d'ou leur ridicule. Ce qui est ridicule, c'est de ne pas avoir annule ce concours qui devrait commencer chez les hommes a 3.50. Personne a 3.50? On annule, c'est tout. Meme chose au poids, au disque et au javelot. Il faudra penser, la prochaine fois, s'il y en a une, a imposer des minima comme pour n'importe quel autre championnat. Je vous disais que vous etiez tordus. Se demander si ce sont des athletes est une question tordue. Pourquoi n'en serait-ce point? On devrait avoir ce matin vers 11 h un vainqueur de marathon en moins de trois heures, peut-etre meme en moins de 2 h 50. Courir un marathon en moins de trois heures n'a rien a voir avec "le bras long du chromosome X", mais tout betement avec le cardio et avec la volonte de courir une centaine de kilometres par semaine a l'entrainement. Je vous disais que vous etiez tordus et que je ne l'etais pas moins. Mais autrement. Vous questionniez l'athlete dans le gai, moi je n'ai pas cesse d'observer le gai dans l'athlete. Vous n'avez pas cesse de le trouver pittoresque, moi je l'ai trouve desesperement sportif, ce con.Desesperement loin de ses baskets. Je lui prefere meme son cliche. Le gai dessinateur de mode, le gai coiffeur, le gai falbalas, le gai ceci-cela, createur, innovateur, flye. Ces Outgames ont mis en scene le gai moyen, le gai pot-au-feu, le gai a sa maman. A la fin de presque toutes mes entrevues avec ces sportifs, je faisais semblant d'avoir oublie une question. Excusez-moi, vous preferez Zidane ou Thuram? C'etait Zidane a tous les coups. Si c'etait un Britannique: Sebastian Coe ou David Beckham? Beckham, bien sur. SPIRIDON/8 A un prof de cinema de Seattle: Vous preferez Spielberg ou Karel Reisz? Je sais, vous ne savez pas qui est Reisz, lui non plus. C'est ce que je veux dire: sont pas moins straights que vous. Aux plus folles je demandais: Liza Minnelli ou Anna Karina? Anna qui? Aux Canadiens: Halifax ou Vancouver? Vancouver, sans surprise. Plus straights que ca, tu vends des tondeuses a gazon.(...) Au metro Cremarie, on avait 50 metres a marcher, une rue dont j'oublie le nom a traverser. Sur le trottoir d'en face, une navette nous attendait pour nous deposer a Claude-Robillard. Bien pratique. A la traverse de cette rue dont j'oublie le nom, l'organisation avait poste un prepose a la securite qui ecartait les bras pour empecher les gens de traverser a la lumiere rouge. Rouge pas rouge, y avait pas de trafic. Je passe sous le bras du type et je traverse. Il se met a m'engueuler. Un jeune zele, resolument gai. Je suis rendu de l'autre bord, il continue de gueuler. Fait que je reviens - toujours sur la rouge - et je lui explique ma difference: regardez, jeune homme, j'ai 65 ans et de ma foutue vie je ne me suis jamais occupe des feux rouges: est-ce si grave?Tout cela sur un ton conciliant. Pas baveux. Pas agressif. Lui par contre hors de lui. Il me fait la morale: oui, c'est nos jeux, on attend que les autres nous respectent, on pourrait commencer par respecter les regles nous-memes. Es-tu en train de me dire que comme tapette on n'a pas le droit de passer sur la rouge?J'ai pas dit ca! Non, mais tu l'as ecrit au front, petit con. La scene s'est prolongee dans la navette avec des Australiens de Sydney qui s'en allaient a l'athletisme, dont un avec une medaille autour du cou, gagnee je crois au 200 metres. Ils m'ont fait la morale aussi. Je ne supporte pas. C'est pire que la canicule. Ca fait une semaine que je vous dis tout le bien que je pense de ces Outgames, ca c'est quand j'ai mon chrono a la main, ca c'est le sport, ca c'est les athletes. Pour le reste? Hola! Alerte rouge au conformisme gravitationnel.Mais la danse sociale? Mais les cuirs? Mais les "bears contest"? Conformisme? You bet. Full conformisme. Vous n'etes pas tannes de cet erotisme de caserne de pompier? Moi si. L'age d'or du stupre, allez pepe, encore un petit coup de fouet, c'est bon pour les rhumatismes. Et je ne reviendrai pas sur la ceremonie d'ouverture, j'ai ce quatre millions en travers de la gorge. Quant a la ceremonie de cloture, ce soir, j'ai entendu Jo Bocan annoncer a la radio qu'on allait celebrer la difference. Difference, mon cul. Plus straight que ces Outgames? Attendez que je me souvienne... Une fois j'etais a Saskatoon, et a mon hotel, le Saskatoon Inn, il y avait le congres des entrepreneurs en deneigement du Canada... UN PETIT MARATHON 6 aout - Athletiquement, sportivement, je ne sais trop comment dire, les Outgames se sont termines hier matin sur une petite fausse note: 99 inscriptions au marathon, 92 a l'arrivee, ca fait pique-nique pour un grand evenement sportif. Surtout qu'on nous l'avait annonce comme le couronnement d'une formidable semaine sportive, comme la cerise sur le sundae. En fait de cerise, on a juste eu le noyau. Et la queue, bien sur. Je veux dire que ces jeux gais le sont restes jusqu'à la fin.Pas de quoi se vanter non plus du cote des chronos. Seulement quatre coureurs en moins de trois heures. L'Allemand Frank Bassin, de Frontrunners de Cologne, l'a emporte en 2:52:13. On le felicite, bien sur, mais on l'eut prefere vingtieme que premier: cela nous aurait fait une conclusion plus etincelante. Stephen Souche (2:55:41), de Montreal, a termine premier Canadien. Il est agent de bord a Air Canada, son deuxieme marathon, ne s'entraine pas plus que ca - moins de 50 km par semaine. Faut quand meme etre superdoue pour descendre sous les trois heures avec si peu de fond, a son deuxieme marathon. En quatrieme place, on trouve un autre Quebecois, Marc-Andre Charette, de Gatineau. Et plus loin, le monsieur dont je vous parlais l'autre jour au triathlon, Patrice Francoeur, huitieme en 3:09:32. Bref, si l'elite n'etait pas au marathon, elle etait (un peu) au demi. L'elite, hier, c'etait le New-Yorkais Richard Velasquez, en 1:14:49 au demi-marathon. Ca commence a etre du bon stock. Ca nous aurait fait un vainqueur de marathon en 2:35. Et j'aurais pu niaiser mes collegues qui couvrent les championnats canadiens d'athletisme a Ottawa et qui n'ont a se vanter, pour l'instant, que de sprints calamiteux. Pourquoi pas le marathon, M. Velasquez? Ce n'etait pas a mon programme? Les bons marathoniens ne mettent pas les Outgames a leur calendrier. Ils ne savent pas quel environnement ils y trouveraient. Quand tu t'entraines serieusement, avec des objectifs precis, tu choisis soigneusement les competitions.Et comment etait l'environnement? Irreprochable. Le parcours? Agreable. Et la temperature, ideale. Mais tout ca, on ne pouvait pas le savoir avant. Je suis venu faire le demi pour m'amuser. C'est toujours comme ca: quand on s'amuse, on court plus relax. Je suis passe au 10 km en 36 minutes, je me sentais bien, j'en ai remis une couche dans la seconde moitie... 1:14:49, vous dites?C'est bon! Gai? Ah yesss!Signalons pour memoire que, au 10 km, c'est un Anglais (Martin Callum) qui l'a emporte en 34:18. C'est mieux que tout ce qu'on a vu sur la piste pendant quatre jours, mais c'est quand meme rien pour se rouler a terre. J'aurais tres bien pu courir ce 10 km, et ne pas finir dernier, et meme finir avant Denis Grandelin, de Lyon (115e sur 253). Il est vrai que c'etait la premiere fois qu'il courait. Il devait venir a Montreal avec sa chorale; finalement la chorale n'a pas pu. Denis est venu quand meme, il a rencontre Danny au defile gai dimanche dernier. Ils ne se quittent plus. Danny lui a meme prete des runnings pour courir ce matin, meme pointure. Ils etaient faits pour se rencontrer. Au demi-marathon, j'aurais battu Luc Houle (145e sur 244). Il travaille a la DPJ. En passant a cote, je lui aurais lance une niaiserie, je ne sais pas laquelle, mais faites-moi confiance, j'en aurais trouve une. J'aurais battu aussi Chantal Moniere. En passant a cote, j'aurais dit: t'es juste une fille, lalalere. Pis voila, les jeux gais auraient eté finis. J'aurais pris congé. On recois ce jour, , une nouvelle serie de textes de Foglia. Il y a quelques lignes qui pourraient etre ajoutees a "Outgames 06". Les voici: LA MEDAILLE DE MERDE - Le flop sportif de l'annee au Quebec ? Les Outgames, bien sur. La derniere petite ecoeuranterie concerne la facture que viennent de recevoir une dizaine d'officiels d'athletisme de la Federation d'athletisme. Sanctionnee par la federation, la competition d'athletisme des Outgames a ete jugee par de vrais officiels. Comme il n'y en avait pas assez a Montreal, il a fallu en faire venir une dizaine de l'exterieur. Ils ont ete loges a l'hotel. A charge, en principe, des Outgames. A l'enregistrement, comme souvent dans les hotels, on a demande aux officiels un numero de carte de credit en garantie. L'hotel a attendu jusqu'à ces dernieres semaines, mais, n'ayant recu aucun paiement des Outgames, clic-clic la Visa et la Mastercard des officiels ! Cinq nuits a 140 dollars, autour de 900 dollars avec les taxes. J'oubliais: ces officiels etaient benevoles, evidemment.