Le parole polirematiche: il caso della

Transcription

Le parole polirematiche: il caso della
GIUSEPPE COSENZA
Le parole polirematiche:
il caso della terminologia saussuriana
1. Le polirematiche
Nelle lingue storico-naturali esistono combinazioni di parole che sono
percepite dai parlanti come unità lessicali; si tratta di combinazioni che hanno un aspetto simile ai sintagmi ma che presentano alcune caratteristiche tipiche delle parole monorematiche. Espressioni come: luna di miele, ferro da
stiro, dare retta, compagnia di bandiera; anche se a un primo sguardo possono
sembrare sintagmi, un’analisi più attenta rivela una maggiore vicinanza alle
caratteristiche del lessico. La varietà terminologica adoperata nei settori di
ricerca che studiano il lessico mette ben in evidenza lo statuto incerto di tali
espressioni. Alcuni dei termini adoperati per definirle sono: composto sintagmatico, lessema complesso, unità lessicale superiore, unità polirematica o semplicemente polirematica. In questa sede userò il termine “polirematica” seguendo
quella che mi sembra la tendenza attuale della letteratura del settore (cf. VOGHERA, 2004; APRILE, 2005; DE MAURO, 2005; JEŽEK, 2005). Questa varietà terminologica, a mio avviso, è indice non solo della difficoltà di identificazione delle polirematica ma anche dell’esistenza stessa di un livello intermedio tra i composti – il livello più alto nella formazione delle parole – e i sintagmi – il livello minimo di analisi sintattica di una frase. Tale varietà terminologica è indice dell’esistenza stessa delle polirematiche in quanto livello intermedio tra parole e combinazioni di parole in frasi.
La difficile identificazione di un livello intermedio delle polirematiche,
localizzate a metà strada tra parole e frasi, è dovuta a diversi fattori. Proprio il loro collocarsi tra sintagmi e parole costituisce il primo elemento di
difficoltà nel distinguere le polirematiche dai composti e dai sintagmi1. Un
secondo fattore di difficoltà è l’individuazione di una definizione condivisa
della nozione di parola: «La nozione di “parola” solo a prima vista può sembrare molto semplice ed intuitiva. È invece una nozione complessa perché
la parola è un’unità di “confine”; è infatti una nozione sia fonologica, sia
1 Si tenga conto che i sintagmi possono essere costituiti anche da una singola parola
come in “Gianni (SN) corre (SV)”.
Bollettino Filosofico 26 (2010): 410-422
ISBN 978-88-548-4673-9
ISSN 1593-7178-00026
DOI 10.4399/978885484673928
410
Le parole polirematiche
411
sintattica, sia semantica» (SCALISE, 1994, p. 60). In quanto unità di confine
ogni ambito specifico della linguistica delimita una nozione di parola adeguata per i propri scopi, così in morfologia si ha una nozione di parola intesa come tema, mentre in sintassi è la nozione di marca come specificazione
categoriale ad esigere un’attenzione maggiore2.
Anche se non si ha una definizione unanime della nozione di “parola”,
nell’analisi del lessico di una lingua si definisce questa nozione specificando
alcune caratteristiche fondamentali:
1. Che sia un’unità minima isolabile all’interno di un testo;
2. Che una parola si riferisca a un concetto unitario, cioè dotata di un
significato autonomo fondamentale o di funzione sintattica;
3. Che sia modificabile solo globalmente;
4. Che le parti costituenti della parola siano inseparabili e presentino
un ordine fisso3.
In questo articolo mi riferirò agli studi di lessicologia e lessicografia, i
quali pongono come proprio oggetto di studio il lessico, inteso come l’insieme delle parole di una lingua4. La distinzione tra i due ambiti è dovuta a
differenti scopi prefissati dalle due linee teoriche; la lessicologia ha come
fine lo studio del lessico da un punto di vista teorico, mentre la lessicografia studia i metodi e le tecniche di rappresentazione del lessico. Lessicologia e lessicografia, pur avendo scopi differenti, sono ambiti in stretto contatto, non solo perché entrambi si occupano del lessico, ma anche perché
ognuno tocca inevitabilmente lo studio proprio dell’altro. Chi compie uno
studio lessicografico è obbligato per diverse ragioni (una su tutte, l’impossibilità di rappresentare in modo completo il lessico di una lingua) a compiere delle scelte che inevitabilmente incidono sull’idea teorica di parola;
dall’altro lato, lo studio lessicologico presuppone l’uso di strumenti costruiti da lessicografi (poiché nessun parlante possiede la conoscenza completa del lessico) ed anche in questo caso si può parlare di scelte strumentali ai fini della propria ricerca. Fermo restando i differenti scopi delle due
2 Per i fini limitati di questo articolo non entro nel dibattito sulla nozione di parola che
resta uno dei nodi teorici più complicati non solo della lessicologia ma dell’intera linguistica. Piuttosto in questa sede mi preme sottolineare le caratteristiche che avvicinano le polirematiche alle parole monorematiche e ai composti.
3 Cf. GROSSMANN RAINER, 2004; APRILE, 2005.
4 Seguiamo la distinzione proposta da De Mauro: ‘lessico’ l’insieme delle parole di una
lingua; ‘dizionario’ la rappresentazione più o meno ampia di un lessico; ‘vocabolario’ sezione particolare del lessico usato da un certo autore, da una cerchia definita o in un delimitato periodo storico; ‘terminologia’ i termini tecnici propri di un ambito scientifico o
adoperati da un certo autore (DE MAURO, 2005, p. 11).
412
Giuseppe Cosenza
discipline è impensabile che un lessicografo non abbia conoscenze in ambito di lessicologia o una certa visione sul lessico e, dall’altra parte, un lessicologo non può non tener conto di ciò che sono le rappresentazioni inevitabilmente parziali del suo oggetto di studio.
In questa sede userò una nozione di parola intesa come lessema: unità di
forma variabile in desinenza e nei morfi grammaticali a seconda delle funzioni richieste dal contesto. Per quanto concerne la rappresentazione delle parole, utilizzerò le usuali forme di citazioni dei dizionari, il maschile singolare
per gli aggettivi, il singolare per nomi e l’infinito per i verbi. Le forme di citazione usuali sono indicati con il temine “lemma” o “entrata lessicale”5.
Ritornando al nostro tema principale, possiamo dire che le polirematiche devono presentare le caratteristiche 1-4 sopra elencate e distinguersi
dai composti del lessico di una lingua. Una caratteristica generalmente usata per distinguere le polirematiche dai composti è che gli elementi non devono presentare una relazione di iponimia6 della testa; così nave cisterna e
fiera cavalli sono composti (e non polirematiche) in quanto sono una sottoclasse della testa, la nave cisterna è un tipo di nave e la fiera cavalli è una
sottocategoria di fiera. Viceversa anima gemella non è una sottospecie di
anima quindi rientra a pieno titolo nella classe delle polirematiche, come
dare retta non è un dare o luna di miele non è un tipo di luna. Solo per renderci conto dell’estensione del fenomeno, il Grande Dizionario Italiano dell’Uso (GRADIT) elenca a lemma 1784 polirematiche; per lo più si tratta di
esteroforismi, locuzioni che vengono usate direttamente in lingua straniera; ma ne elenca come sottolemma 130.000 di cui 63.000 con definizione
e 67.000 con rimando ad altra voce, su un totale di 360.000 tra lemmi e
sottolemmi complessivi. Se spostiamo l’attenzione verso i linguaggi tecnico-scientifici vediamo che il ricorso alle polirematiche è frequente, in molti campi il loro numero supera i termini singoli: «Il ricorso alle polirematiche fa sì che in parecchi ambiti tecnici e specialistici le polirematiche prevalgano sui termini tecnici singoli» (DE MAURO, 2005, p. 155).
Un’ulteriore complicazione nello studio delle polirematiche è il fatto che
presentano caratteristiche molto varie, sia dal punto di vista della composizione interna, sia per quanto concerne il comportamento morfosintattico.
In genere le polirematiche vengono individuate considerando aspetti
morfosintattici, semantici e di uso. Per quanto concerne gli aspetti morfoSulla differenza tra lessema e lemma cf. DE MAURO 2005 e JEŽEK, 2005.
«Iperonimia/iponimia: termini che indicano la relazione semantica gerarchica che si
ha quando il significato di una parola, detta “iponimo”, è incluso o fa parte del significato,
più ampio e generico, di un’altra, detta “iperonimo”» (CASADEI, 2001, p. 61).
5
6
Le parole polirematiche
413
sintattici, si effettuano alcuni test che permettono di valutare il grado di
coesione interna degli elementi. I test usualmente adoperati sono:
a) Flessione della testa;
lune di miele
b) Inserzioni di modificatori della testa;
luna bella di miele
c) Pronominalizzazione della testa;
di che luna parlavi? Di quella di miele
d) Dislocazione della testa.
È di miele la luna di cui parlavi?
L’insieme di queste prove mira a valutare se le polirematiche si comportano come “atomi sintattici”, cioè se presentano una struttura interna cristallizzata. Come si evince dall’esempio, luna di miele sembra proprio comportarsi come una parola più che come un sintagma, difatti nel caso specifico
solo la prima prova risulta accettabile, mentre negli altri casi si ha uno
strano senso di non correttezza e difficilmente useremmo l’espressione luna di miele in quel modo.
Per quanto concerne gli aspetti semantici, la caratteristica principale è
che le polirematiche non presentano una lettura composizionale del significato, pur se le parole che la compongono sono parole di uso comune. In altri termini, la non composizionalità del significato non dipende dall’opacità
semantica delle parole che la costituiscono. VOGHERA (2004) presenta
quattro principali tipi di significato proprio delle polirematiche:
1. Figurato;
2. Significato non iponimo della testa;
3. Settoriale;
4. Formulario.
L’ultimo aspetto, che in genere si usa nella determinazione delle polirematiche, è la frequenza d’uso di una espressione all’interno di un corpus di riferimento. In questa sede, trattandosi della terminologia tecnica di un autore, più che la coesione sintattica, è importante valutare la distinzione
semantica all’interno della terminologia adottata da Saussure, nella definizione della sua linguistica e semiologia. In particolare cercherò di individuare se vi è un uso di polirematiche all’interno dei termini introdotti e
adottati dal linguista ginevrino. Mentre, per quanto concerne la frequenza
d’uso, essa può risultare un indice della possibilità che la combinazione di
parole sia proprio una polirematica.
2. Le polirematiche nella terminologia saussuriana
2.1 Lexiques e metodologia
Notoriamente uno dei problemi più sentiti da Saussure nella definizione
414
Giuseppe Cosenza
della scienza del linguaggio è quello di individuare una terminologia rinnovata e adatta allo studio del linguaggio: «Cela finira malgré moi par un livre où,
sens enthousiasme ni passion, j’expliquerai pourquoi il n’y a pas un seul terme employé en linguistique auquel j’accorde un sens quelconque.» (lettera a
Meillet del 4 gennaio 1984, in DE MAURO, 1967, p. 355). Purtroppo Saussure non ha mai scritto il libro a cui accennava a Meillet e quindi la sua terminologia va ricostruita sulla base dei documenti che ci ha lasciato.
La ricostruzione della terminologia è stata avviata da Robert Gödel nel
1957 quando, a margine de Les sources manuscrites du cours de linguistique générale de F. de Saussure, redasse il primo Lexique de la terminologie. Il lavoro
sul lessico è stato ampliato – e per certi aspetti rivisitato – da Rudolf Engler, il quale nel 1969 pubblicò Lexique de la terminologie Saussurienne. Queste due fonti costituiscono la base di partenza della ricerca sulle polirematiche nella terminologia saussuriana, dunque prima di passare alle polirematiche è opportuno dare uno sguardo al metodo utilizzato dai due autori nella costruzione delle terminologie.
Entrambe le terminologie contengono «les termes linguistiques créés,
renouvelés, commentés ou critiqués par F. de Saussure» (ENGLER, 1967,
p. 7). Per quanto concerne il metodo di lemmatizzazione e di citazione, i
due autori adottano stili grafici differenti. Gödel elenca i lemmi in maiuscolo con la prima lettera più alta, le accezioni (ma forse è più opportuno
parlare di usi diversi, più che di vere e proprie accezioni) sono segnalate
con numeri arabi progressivi in grassetto. Mentre Engler usa il grassetto
per i lemmi, le lettere minuscole dell’alfabeto latino per le accezioni e
mette tra apici le citazioni; nella tabella che segue sono elencati alcuni degli
accorgimenti stilistici con qualche esempio:
Lemma
“Omonimi”
GÖDEL (1957)
ANALYSE.
rimandi ad altre voci
“accezioni”
Citazioni
Hapax
Termni sostituiti
Termini criticati
In corsivo: nei lemmi e
nelle accezioni; es.
COLUMNAL. Accent
columnal:
v.
1., 2., …
Corsivo
*
†
[]
Numero di lemmi
300
accostamento di termini che chiariscono il valore della voce
ENGLER (1969)
analyse:
1 analyse:
In corsivo nei lemmi e nelle
accezioni; es. coëfficient
sonantique:
→
– a) … – b) …
‘tra apici’
540
Le parole polirematiche
415
Sulla base di queste indicazioni, e in riferimento all’esistenza di unità polirematiche nel lessico saussuriano, si rileva che Gödel elenca 20 lemmi
complessi di cui:
a)
17 lemmi con definizioni7 o citazioni tratte dalle fonti manoscritte;
b)
3 lemmi con rimando esclusivo ad altre voci.
Mentre Engler elenca 32 unità complesse di cui:
a)
20 elencati con definizioni o con citazione di passi;
b)
12 con rimando esclusivo ad altre voci.
Oltre a queste unità complesse, in entrambi i Lexiques vi sono delle voci
che sono elencate con l’accostamento di parole o espressioni; nella maggior parte dei casi tali espressioni compaiono in corsivo, ma vi sono alcuni
casi in cui gli autori non usano questo accorgimento stilistico, come nel caso di “MÉCANISME de la langue.” tratto da Gödel. Mentre un esempio tratto
da Engler è “trésor de la langue:”. In entrambi i casi sembra che gli autori
mostrano una certa indecisione se lemmare l’intera unità complessa o il
singolo termine. Oltre a questi casi di “incertezza”, non sempre vi è piena
corrispondenza sulle scelte di lemmatizzazione dei due autori: un esempio
su tutti è la polirematica “COËFFICIENT SONANTIQUE” – secondo la citazione
di Gödel, che è diversa dalla scelta di Engler che cita l’aggettivo in corsivo
“coëfficient sonantique”. A mio avviso è corretta la scelta di Gödel di mettere a lemma l’intera espressione poiché: «L’i et l’u dé ces racines, ainsi que la
liquide et la nasale des racines telles que derk bhendh, peuvent prendre le nom
de coefficient sonantique. Ils concourent au vocalisme de la racine»8.
Queste divergenze tra i Lexiques sono dovute a due motivi principali: il
corpus dei testi da cui sono tratte le voci; il carattere non definitivo della
terminologia per la prematura scomparsa del linguista ginevrino. Per quanto concerne il corpus dei testi, a parte il Mémoire, la tesi di dottorato e una
serie di articoli, la maggior parte del pensiero di Saussure è tratta dalle fonti manoscritte, sia da note preparatorie scritte di suo pugno, nonché dai
quaderni degli allievi che seguivano le sue lezioni. Mentre per quanto concerne il lessico, come si evince dalla già citata lettera a Meillet (v. supra),
uno dei compiti che si prefigge Saussure è quello di individuare una terminologia per la linguistica, tuttavia questo percorso non è lineare anzi nel
corso degli anni subisce cambiamenti e variazioni di vario genere.
7 «les définitions et explications imprimées en romain résument ce qui peut être induit
des textes, à défaut d’une définition ou d’une explication fournie par Saussure lui-même»
(GÖDEL, 1954, p. 252).
8 Recueil des publications scientifiques de Ferdinand de Saussure, 1922, p. 9.
416
Giuseppe Cosenza
2.2 Le polirematiche in Saussure
A questo punto, per quanto concerne lo studio che propongo in questa
sede, ritengo opportuno partire dai Lexiques di Gödel e Engler verificando
quali delle unità complesse, che gli autori prendono in considerazione, siano polirematiche. La metodologia che adotterò nella trattazione delle voci
è la seguente:
i.
elenco in ordine alfabetico;
ii.
uso del grassetto per le entrate lessicali seguito dai “:” (due punti);
iii.
definizioni attraverso le citazioni tratte dai testi, messe tra caporali
“«…»”, segnalando il riferimento con sigla del testo (v. infra) e numero di pagina;
iv.
tra apici (‘’) il modo in cui le voci sono state lemmate da Gödel e
da Engler;
v.
il numero delle occorrenze della voce in riferimento ai diversi testi; secondo questa modalità: sigla del testo seguita dal numero di pagina e
in apice il numero delle occorrenze superiori a uno. Es. CLG 303.
Di seguito segnalo le sigle che adotterò in riferimento al corpus di testi
adoperato in questa sede:
− R Recueil des publications scientifiques de Ferdinand de Saussure;
− CLG Cours de linguistique générale préparée par Tullio De Mauro;
− ELG Écrits de linguistique générale9;
− G Les Sources manuscrites du Cours de linguistique générale;
− E Lexique de la terminologie saussurienne10.
Come si evince da questa metodologia quello che segue dovrebbe essere una sorta di terminologia delle polirematiche saussuriane estratte dai Lexiques in riferimento al corpus testuale sopra elencato.
Nell’elenco che segue ho scelto solo singole citazioni che permettono di
fare emergere il carattere di univocità semantica rispetto agli elementi che
compongono le polirematiche. Solo dove il carattere di polirematica non
9 Negli ELG sono stati pubblicati alcuni manoscritti ritrovati nel 1996; di conseguenza,
Godel e Engler non potevano conoscere tali manoscritti quando redassero i loro Lexiques.
10 Tale corpus non è certo esauriente, men che meno completo. Tra i testi mancanti
sono da segnalare l’edizione critica del corso di linguistica generale di Engler, le diverse
pubblicazione dei Cahiers in cui compaiono fonti manoscritte e i manoscritti sulla fonetica e
la teoria delle sonanti pubblicate a cura di Maria Pia Marchese. Tuttavia questo è un lavoro
preliminare e inevitabile per una ricerca sulle polirematiche in cui si tenga conto dell’intero corpus pubblicato di Saussure. Lo spazio a nostra disposizione non ci avrebbe permesso di prendere in considerazione sia i problemi legati al metodo che l’elenco completo delle polirematiche.
Le parole polirematiche
417
risulti evidente dalla definizione metterò a margine del lemma alcune considerazioni. Inoltre, nell’individuazione delle occorrenze ho ammesso solo
la flessione. Per quanto concerne la frequenza d’uso non menziono le pagine in cui il lemma non compare per intero, anche se vi sono alcuni casi nei
testi in cui si usa la testa in luogo dell’intera espressione; ad esempio, lungo la spiegazione del circuit de la parole, sovente nel Cours si trova la parola
circuit in luogo dell’intera espressione, laddove io ho scelto di elencare solo
le pagine dove l’espressione compare completa.
Acte linguistique: «de tous les actes qu’on pourrait mettre en parallèle,
l’acte linguistique, si je puis le nommer ainsi, a ce caractère [d’être] le moins
réfléchi, le moins prémédité, en même temps que le plus impersonnel de
tous» (ELG p. 150); [E ‘acte linguistique’];
Carré linguistique: «Toutes les considération possibles sur un fait linguistique sont immédiatement enfermées en une figure simple et partout même,
comprenant quatre termes:» (ELG 228); [E ‘carré linguistique’];
Circuit de la parole: «Pour trouver dans l’ensemble du langage la
sphère qui corresponde à la langue, il faut se placer devant l’acte individuel
qui permet de reconstituer le circuit de la parole. Cet acte suppose au moins
deux individus; c’est le minimum exigible pour que le circuit soit complet»
(CLG p. 27); [E ‘circuit de la →parole’; CLG 27, 98].
Coëfficient sonantique: «L’i et l’u dé ces racines, ainsi que la liquide et
la nasale des racines telles que derk bhendh, peuvent prendre le nom de coefficient sonantique. Ils concourent au vocalisme de la racine» (R 9); [G ‘COËFFICIENT SONANTIQUE’; E ‘coëfficient sonantique’; R 93, 103, 122, 46, 118,
1274, 133, 143, 170].
Doublet phonétique: «En fait on ne constate nulle part de doublets
phonétiques» (CLG 215); G ‘[DOUBLETS PHONÉTIQUES]’ (sottolemma di
Phonétique); E ‘doublet phonétique’; CLG 214, 215.
Esprit de clocher o (force du clocher): «C’est par l’esprit de clocher
qu’une communauté linguistique restreinte reste fidèle aux traditions qui se
sont développées dans son sein. Ces habitudes sont les premières que chaque
individu contracte dans son enfance; de là leur force et leur persistance.»
(CLG 281); [G ‘CLOCHER. Force du clocher’; E ‘esprit de clocher →
force’; ELG 219 (force du clocher); CLG 2814, 282, 2842, 2852].
Étymologie populaire: «Ces innovations, quelque bizarres qu’elles
soient, ne se font pas tout à fait au hasard; ce sont des tentatives d’expliquer
approximativement un mot embarrassant en le rattachant à quelque chose de
connu. On a donné à ce phénomène le nom d’étymologie populaire» (CLG
238); [G ‘CONFLUENCE. 2. [Etymologie populaire]’; E ‘étymologie po-
418
Giuseppe Cosenza
pulaire’; R 101, 125, 260, 571, 577, 578, 583, 584; CLG 197, 2384, 2403,
241, 242].
Frontière de syllabe: «Si dans une chaîne de sons on passe d’une implosion à une explosion (>|<), on obtient un effet particulier qui est l’indice de
la frontière de syllabe» (CLG p. 86); [E ‘frontière syllabique’; CLG 862, 87
(frontière syllabique)].
Identique capacité: «dans le mot, il n’existe absolument rien d’anatomique, c’est-à-dire aucune différence de pièces fondée sur un rapport de la
fonction et de la pièce qui jouait pour cette fonction, il n’existe qu’une suite de
phonations entièrement semblables entre elles, en ce que rien n’était plus propre
à constituer le poumon du mot que son pied. [Principe de l’Identique capacité»
(ELG 113); E ‘identique capacité’; In absentia: «Au contraire le rapport
associatif unit des termes in absentia dans une série mnémonique virtuelle» (CLG
171); G ‘IN ABSENTIA. V. ASSEMBLAGE’].
In praesentia: «Le rapport syntagmatique est in praesentia; il repose sur
deux ou plusieurs termes également présent dans une série effective.» (CLG
171); [G ‘IN PRAESENTIA. V. ASSEMBLAGE’].
Loi de mutation consonantique (= Lautverschiebung): «la graphie th
de la fricative þ a fait croire à Grimm, non seulument que ce son est double,
mais encore que c’est une occlusive aspirée ; de la place qu’il lui assigne dans
sa loi de mutation consonantique ou “Lautverschieburg”»; (CLG 47); [E ‘loi
de mutation consonantique’; CLG 47, 199].
Masse parlante: «il faut une masse parlante pour qu’il ait une langue.»
(CLG p.112); [E ‘masse parlante → Sujet parlant’; ELG 333,3344; CLG
1122, 1133, 128]. Anche se questo termine non ha un’alta frequenza d’uso nel
corpus, ho ritenuto di segnalarlo per due motivi principali; il primo è che quando Saussure deve costruire lo schema della langue sceglie proprio questa polirematica (anche se nei testi compaiono altre espressioni usate come sinonimi, in
particolare masse sociale). L’altro motivo si chiarisce in relazione alla nozione di
sujet parlant alla quale rimando per evitare ripetizioni.
Ondes d’innovation: «On a appelé “lignes isoglosses” ou “d’isoglosses” les
frontière des caractères dialectaux; ce terme a été formé sur le modèle d’isotherme; mais il est obscur et impropre, car il veut dire “qui a la même langue”; si
l’on admet que glossème signifie “caractère idiomatique”, on pourrait parler plus
justement de lignes isoglossèmatiques, si ce terme était utilisable; mais nous préférons encore dire: ondes d’innovation» (CLG 277); [E ‘on-des isoglossématique’; CLG 277, 278, 282 (lignes isoglossématique)].
Origine du langage: «Inanité de la question pour qui prend une juste
idée de ce qu’est une système sémiologique et de ses conditions de vie, avant
de considérer ses conditions de genèse. Il n’y a aucun moment où le genèse
Le parole polirematiche
419
diffère caractéristiquement de la vie du langage, et l’essential est d’avoir compris la vie» (ELG p. 228); [G ‘[ORIGINE DU LANGAGE]’; E ‘origine du
langage’; R 396; ELG 47, 155, 159, 228; CLG 105].
Point de vue: «Il n’y a rien, c’est-à-dire non seulement rien qui soi déterminé d’avance hors du point de vue, mais pas même un point de vue qui
soit plus indiqué que les autre» (ELG 199); [E ‘point de vue’; R 29, 63, 111,
143, 152, 156, 170, 202, 211, 216, 244, 255, 274, 279, 284, 292, 327, 338,
345, 347, 378, 424, 428, 444, 479, 483, 497, 518, 520, 530, 532, 535, 539,
568, 569, 570, 582, 590, 591, 602; ELG 195, 2110, 229, 239, 245, 25, 27, 47,
57, 58, 66, 67, 129, 139, 146, 1472, 152, 163, 173, 178, 197, 198, 1999, 2003,
2013, 265, 290, 303, 313, 321; CLG 13, 15, 17, 21, 22, 233, 342, 38, 41, 42,
75, 82, 83, 92, 112, 118, 1192, 129, 1342, 135, 136, 154, 158, 171, 179, 182,
187, 188, 189, 190, 2052, 226, 251, 255, 258, 269]. Con molta probabilità, la
concezione che il punto di vista crea l’oggetto della linguistica e delle sue varie
ramificazioni, forse non è matura prima delle lezioni ginevrine. Tuttavia ho volutamente segnalato l’alta frequenza d’uso del termine nella raccolta scientifica.
Tale frequenza d’uso nel Recueil mostra una certa messa in opera da parte di
Saussure della nozione, che con molta probabilità assumerà una visione chiara
solo successivamente; ma già sin dai primi scritti mostra la sua importanza anche
se solo nella sua operatività metodologica più che nella sua nitidezza concettuale:
«Toutefois, et ici nous indiquons le point de vue où nous nous plaçons» (R 327).
Point vocalique: «Le son qui donne cette impression par son caractère de
première implosive peut être appelé point vocalique» (CLG p. 87); [G ‘*POINT
VOCALIQUE’; E ‘point vocalique’; CLG 86, 87, 89, 93].
Prédicat (ou attribut) du génitif absolu: «Dans ce qui suit, nous parlons de sujet et de prédicat (ou attribut) du génitif absolu, plutôt que de les appeler substantif et participe. Ces expressions ne peuvent prêter à aucune équivoque» (R 273); [E ‘predicat (ou attribut) du génitif absolu’; R 273, 274].
Quatrième proportionnelle: «pour rendre compte de l’apparition de
honor en face de honōs, il faut faire appel à d’autre formes, comme le montre la
formule de la quatrième proportionnelle:
Orātōrem : ōrātor = honōrem : x
x = honor» (CLG 226);
[E ‘4e proportionnelle’; R 31; CLG 222, 226, 2282, 2292]. Tale espressione è tratta da Havet come indica lo stesso Saussure nel Mémoire.
Sujet du génitif absolu: «Le sujet du génitif absolu est toujours une personne,
dans le sens grammatical du mot, c’est-à-dire un être animé et intelligent, ou censé tel»
(R 274); [E ‘sujet du génitif absolu’; R 273, 2743, 293].
Sujet parlant: «La synchronie ne connaît qu’une perspective, celle des sujets parlants, et toute sa méthode consiste à racueillir leur témoignage» (CLG
420
Giuseppe Cosenza
128); [R 426; ELG 37, 39, 43, 45, 49, 73, 109, 1293, 1302, 179, 183, 184,
185, 187, 192, 254, 281, 327; CLG 19, 302, 31, 37, 72, 101, 1172, 119, 123,
128, 131, 148, 175, 188, 1902, 219, 220, 227, 233, 238, 2512, 254, 256, 2582,
262, 291, 303, 313]. A prima vista l’espressione “sujet parlant” può sembrare un
pleonasmo. Non solo ma l’alta frequanza d’uso può sottintendere una specifica
volontà dell’autore. A mio avviso potrebbe essere quella di distinguere il soggetto parlante sia dal soggetto potenzialmente parlante che dal soggetto che prende
la parola in uno scambio comunicativo. Se si va a vedere il termine utilizzato nel
Cours per indicare i protagonisti del circuit de la parole, compare: «cet acte suppose au moins deux individus» (CLG 27, c.m.). Per riconoscere il soggetto parlante
in quanto distinto dagli altri dobbiamo rifarci al modello collettivo proposto per
la langue nel Cours: (1+1+1+1+1+1…); che è distinto dalla somma dei singoli
atti individuali propri della parole (1+1’+1’’+1’’’…) «Il n’y a donc rien de collectif dans la parole» (CLG 38).
Ma qualunque atto di parole si svolge sotto l’egida di una certa langue parzialmente condivisa dai partecipanti allo scambio comunicativo. Infatti una langue non è interamente depositata nei singoli parlanti ma fa corpo con la massa
parlante (in una data epoca e in un certo spazio). Dunque, da un lato il meccanismo della langue vive grazie alla sua messa in opera da parte degli individui,
dall’altro lato la garanzia che il meccanismo è valido per quella langue spetta
alla massa parlante (in tempo e spazio). Il soggetto parlante è sì un’astrazione
dei soggetti che si muovono nella langue – non negli atti di parole –; egli quindi
è sempre storicamente e spazialmente determinato. Detto altrimenti, il soggetto parlante non solo non è il partecipante di un atto comunicativo, ma non
è neanche quello che Chomsky chiama parlante-ascoltatore ideale. Quest’ultimo, oltre ad essere il depositario di una grammatica particolare, è anche il depositario di quel meccanismo di regole innate che vanno sotto il nome di grammatica universale, la quale garantisce al soggetto il suo essere parlante. Viceversa il sujet parlant non può prescindere dal collocarsi in uno spazio-tempo,
pena il suo essere compartecipante della mutabilità e immutabilità del segno.
Il sujet parlant è il soggetto nell’ambito della langue, e in quanto tale è inevitabilmente legato ad un’epoca e ad una masse parlante e non risiede nel qui ed ora
dello scambio comunicativo. Infatti, ammesso che i meccanismi della langue
sono messi in atto nella parole, non tutto ciò che ha luogo in tale sede si eleva
allo stato di langue, esso deve ricevere la “validazione” dalla massa parlante,
cioè nella ripetizione (in tempo e spazio) di quei meccanismi, solo così la langue è isolabile dal continuum linguistico. Una masse parlante esiste solo grazie ai
sujet parlant che con i loro interscambi sono, allo stesso tempo, artefici e garanti della langue, dall’altro lato – come recto e verso di un foglio – solo nella
langue una massa è una masse parlante.
Le parole polirematiche
421
Vie du langage: «On peut entendre par vie du langage premièrement le
fait que le langage vit à travers le temps, c’est-à-dire est susceptible de se
transmettre» (ELG 53); [E ‘vie du langage’; ELG 53, 161, 188, 195, 228,
269, 297].
In conclusione, come ho dichiarato in precedenza, questo elenco è costruito solo sulla base delle unità complesse che sono elencate nei Lexiques di Gödel
e Engler, quindi esso non è l’insieme delle polirematiche in Saussure. Infatti,
ritengo che vi siano altre espressioni che gli autori dei Lexiques lemmano come
monorematiche e invece potrebbe essere più opportuno lemmare come polirematiche. Penso ad espressioni quali “image acoustique” che nel CLG è usato
come equivalente della nozione di significante e che va distinto dal termine “figure vocale” che ha un’alta frequenza d’uso negli ELG. Ma anche espressioni
quali “chaînon implosif (explosive)” che nel Cours hanno una definizione precisa.
Per quanto concerne la frequenza d’uso una espressione che sembra sottintendere una differenza semantica è “chaîne parlée” che compare molto spesso sia
nel CLG che negli ELG. Inoltre a mio avviso “la langue”, intesa come l’oggetto
di studio proprio della linguistica, va distinta dalle “langues” e dal “langage” oltre che dalla “parole”. Poi vi sono espressioni che non sono prese in considerazione dai due autori, quale “institution sociale” che nel Cours ha caratteri suoi propri in riferimento alla langue. Per ultimo segnalo “quaternion final” espressione
che compare negli ELG una sola volta ma che ha una definizione precisa11.
La questione delle polirematiche potrebbe sembrare una questione oziosa e
di nomenclatura, ma, come si evince da questa trattazione, essa nasconde differenze concettuali che le monorematiche lasciano inespresse, anzi molto spesso si è costretti a specificare che un certo lemma accostato ad un altro assume
un certo valore che si discosta enormemente dal singolo elemento; questa è
una delle caratteristiche principali delle polirematiche: assumere un proprio
valore semantico che lo distingue dai lemmi che lo compongono. Attraverso
questo lavoro preliminare sulle polirematiche nella terminologia saussuriana,
ho cercato di mettere in evidenza che la loro individuazione può rappresentare
un passaggio importante nella definizione di una terminologia scientifica propria di Saussure, nella speranza che aiuti a dissipare la nebbia che avvolge il
pensiero del padre della linguistica.
11 Visto il recente ritrovamento dei manoscritti in cui compare tale espressione, essa
non poteva essere presa in considerazione dai due autori dei Lexiques (cf. supra nota 9).
422
Giuseppe Cosenza
Bibliografia
APRILE, M., 2005, Dalle parole ai dizionari, il Mulino, Bologna.
CICALESE, A., 1995, I composti polirematici con struttura N a N, in E. D’AGOSTINO (ed.),
Tra sintassi e semantica. Descrizione e metodi di elaborazione automatica della lingua
d’uso, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli.
DE MAURO, T., 1967, Introduzione, note e commento al Corso di linguistica generale,
Laterza, Roma-Bari.
DE MAURO, T., 2005, La Fabbrica delle Parole, Utet, Torino.
ENGLER, R., 1969, Lexique de la terminologie saussurienne, Spectrum, Utrecht-Anvers.
GÖDEL, R., 1957, Les sources manuscrites du cours de linguistique générale de F. Saussure,
Libraire Droz, Genéve.
GROSSMANN, M., RAINER, F. (eds., 2004), La formazione delle parole in italiano, Niemeyer, Tübingen.
JEŽEK, E., 2005, Lessico. Classi di parole, strutture, combinazioni, il Mulino, Bologna.
SAUSSURE (DE), F., 1922, Cours de linguistique générale. Édition critique préparée par Tullio
De Mauro, Payotheque, Parigi.
SAUSSURE (DE), F., 2002, Écrits de linguistique générale. Texte établi et édité par simon Bouquet et Rudolf Engler, Gallimard, Paris.
SCALISE, S., 1994, Morfologia, il Mulino, Bologna.
VOGHERA, M., 2004, Le polirematiche, in M. GROSSMANN, F. RAINER (eds.),
Niemeyer, Tübingen.