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Corso di laurea magistrale in Relazioni Internazionali Comparate Università Ca’ Foscari Tesi di Laurea Migrazioni e Sviluppo L'esempio dei lavoratori non specializzati del nord-­‐est tunisino Relatore: Professoressa Emanuela Trevisan Semi Corelatore: Professoressa Paola Gandolfi Laureando: Giulia Breda Matricola 963521 Anno Accademico 2012/2013 INDICE INTRODUZIONE ............................................................................................................................................................ 4 1. QUADRO TEORICO E METODOLOGIA DELLA RICERCA ........................................................................... 7 1.1. LA RELAZIONE TRA MIGRAZIONE E SVILUPPO: UN PRIMO APPROCCIO ALLA QUESTIONE. ......... 7 1.1.1. Approcci deterministici alla relazione tra migrazione e sviluppo: una sintesi. .................................. 7 1.1.2. Gli studi empirici e il superamento degli approcci deterministici: evidenza dell’eterogeneità di fattori che intervengono nella relazione tra migrazione e sviluppo. .............................................. 10 1.1.3. La proposta di un nuovo quadro teorico: un tentativo di analisi dell’eterogeneità. ..................... 12 Teorie della migrazione internazionale alla base del quadro teorico ................................................................................. 12 La necessità di un’analisi multilivello per lo studio degli effetti della migrazione sul territorio d’origine ........ 16 1.1.4. Oggetto e problematica della ricerca: gli effetti della migrazione nella regione del Nord-­‐Est tunisino ............................................................................................................................................................................ 19 1.2. METODOLOGIA DELLA RICERCA ............................................................................................................................. 21 1.2.1. 1.2.2. 1.2.3. 1.2.4. Scelta della metodologia: una triangolazione di metodi ........................................................................... 22 Svolgimento della ricerca sul campo: approccio graduale a un contesto sensibile ....................... 25 Limiti della ricerca e osservazioni: difficoltà linguistiche e rapporti di forza .................................. 29 Analisi dei dati della ricerca sul campo: una rilettura costante delle ipotesi tramite le interviste .......................................................................................................................................................................... 32 2. L’EVOLUZIONE DELLE MIGRAZIONI TUNISINE: L’INFLUENZA DEL CONTESTO SOCIO ECONOMICO E POLITICO NAZIONALE E INTERNAZIONALE ................................................................. 34 2.1. DALLA COLONIZZAZIONE AGLI ANNI 1980: CRESCITA ECONOMICA IN EUROPA E LIBERTA’ DI MOVIMENTO ...................................................................................................................................... 34 2.1.1. Il periodo coloniale e le migrazioni interne ..................................................................................................... 34 2.1.2. L'Indipendenza e l'aumento delle migrazioni verso l'estero .................................................................... 36 2.1.3. Gli anni 1970: il cambiamento del contesto economico internazionale e il tentativo di controllo dei flussi migratori nel Mediterraneo ............................................................................................. 39 2.2. GLI ANNI 1990: L’INTERNAZIONALIZZAZIONE E LA CRIMINALIZZAZIONE DELLE MIGRAZIONI .............................................................................................. 43 2.2.1. L’evoluzione della politica migratoria europea verso una migrazione selezionata ...................... 43 2.2.2. Gli accordi bilaterali tra Tunisia e Italia e Francia: la cooperazione allo sviluppo e il controllo concertato delle migrazioni ........................................................................................................ 48 2.2.3. L’influenza del clima politico internazionale nella legislazione tunisina .......................................... 49 2.2.4. Qualche dato sulle nuove mobilità tunisine ..................................................................................................... 51 La migrazione “clandestina” dalla Tunisia ...................................................................................................................................... 53 Migrazioni, diaspora e sviluppo economico. .................................................................................................................................. 54 2.3. 2011: LA RIVOLUZIONE E LA CRISI DI LAMPEDUSA ....................................................................................... 56 3. ANALISI DEI DATI DELLA RICERCA .............................................................................................................. 59 3.1. LE MIGRAZIONI NELLA REGIONE AGRICOLA DEL NORD-­‐OVEST ............................................................. 60 3.1.1. La crisi delle campagne e l’esodo rurale ........................................................................................................... 60 3.1.2. La zona rurale di Ghardimaou e le sue migrazioni ...................................................................................... 62 3.2. L’EVOLUZIONE DEL CONTESTO INTERNAZIONALE E GLI EFFETTI SUI PERCORSI MIGRATORI ......................................................................................................... 65 3.2.1. Le ragioni delle partenze: effetto pull e causa cumulativa delle migrazioni. ................................... 66 3.2.2. Tipologie di mobilità prima degli anni 1980: una maggiore libertà di circolazione .................... 71 Il soggiorno nel paese d’accoglienza: le diverse esperienze tra i permessi stagionali e a lunga durata .............. 72 Il ritorno e le difficoltà di reinserimento ......................................................................................................................................... 73 3.2.3. Tipologie di mobilità dopo gli anni 1980 e la “chiusura delle frontiere” ............................................ 74 Inasprimento delle leggi, controllo delle partenze e diffusione delle attività illegali legate alla migrazione. .. 74 Il soggiorno nel paese d’accoglienza: la moltiplicazione e precarietà degli status giuridici ..................................... 76 Il ritorno: maggiori probabilità di fallimento del progetto migratorio .............................................................................. 77 3.2.4. Effetti della migrazione sulle famiglie nel paese d’origine secondo lo status giuridico dei migranti nel paese d’accoglienza. ........................................................................................................................ 79 Problematiche legate alle donne: emancipazione o emarginazione? ................................................................................. 79 Problematiche legate ai figli: maggiore investimento nell’educazione in assenza della figura paterna. ............. 81 3.3. STATUS GIURIDICI DEI MIGRANTI E DIFFERENZE NELL’ACQUISIZIONE DEL CAPITALE ECONOMICO, UMANO E SOCIALE ........................................................................................................................... 86 3.3.1. Capitale economico: scarse risorse, ostacoli agli investimenti e percezione sociale negativa ................................................................................................................................. 86 3.3.2. Capitale umano: status giuridici precari, emarginazione e difficoltà di trasferimento delle nuove conoscenze e capacità nel paese d’origine .......................................................................................... 89 3.3.3. Capitale sociale: tramite per le partenze e supporto durante l’esperienza migratoria. .............. 93 2 CONCLUSIONI .............................................................................................................................................................. 97 BIBLIOGRAFIA…………………………………………………………………………………………………………….101 ANNESSI ..................................................................................................................................................................... 109 I) RICERCA SUL CAMPO ......................................................................................................................................................... 109 QUESTIONARIO QUANTITATIVO: ...................................................................................................................................... 109 TRACCIA DELL’INTERVISTA SEMI-­‐STRUTTURATA: ................................................................................................. 111 I QUADERNI DELLA RICERCA SUL CAMPO: UNA SELEZIONE DELLE INTERVISTE PIÙ SIGNIFICATIVE ................................................................................... 116 II) DATI SULLA TUNISIA ........................................................................................................................................................ 136 3 Introduzione L'affermazione degli stati-­‐nazione come nuova organizzazione politica ed economica dei territori nei secoli XVIII e XIX è accompagnata dalla creazione di frontiere fisse. Questi confini sono legittimi in quanto racchiudono una popolazione unita da una stessa cultura, lingua e storia, e perché ne facilitano la gestione politica ed economica. Le nuove istituzioni, create per amministrare una popolazione sedentaria, favoriscono una gerarchizzazione tra la popolazione locale e gli stranieri. Le migrazioni rimettono in discussione questo sistema in quanto spesso sfuggono al controllo delle istituzioni nazionali e si organizzano invece in reti di solidarietà interpersonali. L'evoluzione della "globalizzazione", come conseguenza dello sviluppo dei trasporti, delle telecomunicazioni e dalla liberalizzazione dei mercati internazionali, è la causa principale della progressiva dissoluzione dei confini degli stati-­‐nazione. Pochi settori rimangono prerogativa assoluta della sovranità statale, tra cui il principale è la sicurezza nazionale. Se la libera circolazione dei prodotti è ormai accettata, la circolazione delle persone è ancora oggetto di un controllo rigoroso e in gran parte giustificato dalla necessità di proteggere la popolazione autoctona contro la criminalità e il terrorismo. In questo contesto, la migrazione è diventata un argomento sempre più presente nel discorso politico. Temi come l'integrazione, l'assimilazione, l'emarginazione, la coesione sociale, il multiculturalismo, il post-­‐colonialismo, il transnazionalismo e il co-­‐sviluppo sono parte integrante dei dibattiti politici e accademici. Nell’area mediterranea, dal 1970, in conseguenza della crisi economica seguita allo shock petrolifero, si costata un graduale irrigidimento dei criteri per ottenere un visto o un permesso di soggiorno in Europa. Questa scelta da parte dei governi europei è finalizzata a promuovere l'occupazione della popolazione nazionale, ma anche a escludere gli stranieri dai servizi sociali e dai sussidi pubblici. Tuttavia, l'economia del Nord non riesce a rinunciare totalmente alla mano d’opera flessibile e poco remunerata messa a disposizione dalla migrazione. Invece di chiudersi completamente, infatti, i paesi dell'Europa occidentale hanno scelto, di accettare l'immigrazione sottoponendola a un forte controllo e a una severa selezione. Molte leggi nazionali e convenzioni internazionali sono state firmate tra i paesi di origine e di destinazione per regolamentare e controllare i flussi migratori. L'obiettivo dei paesi di destinazione, generalmente più sviluppati economicamente e quindi con un potere di negoziazione maggiore, è l’attuazione di politiche selettive sulle migrazioni, nonché la possibilità di rinviare al paese d'origine gli immigrati indesiderati. Tuttavia, le politiche di chiusura delle frontiere non hanno portato una diminuzione dei flussi migratori, ma piuttosto una trasformazione delle traiettorie, delle modalità di partenza (regolare o irregolare) e della loro composizione. I governi dei paesi d’origine, da parte loro, partecipano al controllo delle frontiere europee e alla mercificazione del fenomeno migratorio, ricevendo in cambio, dai paesi d’accoglienza, aiuti allo sviluppo e buone relazioni diplomatiche. La Tunisia ne è un esempio. La migrazione in questo paese è un fenomeno molto comune che tocca quasi tutte le famiglie. Per quanto riguarda la politica interna, la migrazione è vista come un "male necessario"1. Le è data una connotazione negativa ma viene comunque considerata essenziale per ridurre la pressione demografica, il tasso di disoccupazione e per beneficiare delle rimesse inviate dai migranti. Oggi, mentre le teorie migratorie si diversificano e i loro approcci evolvono, le democrazie europee faticano a sviluppare politiche migratorie adeguate e a trovare una "buona governance" di questo fenomeno. Se inizialmente il dibattito politico ruotava quasi esclusivamente intorno alle esigenze e alle necessità del paese d’accoglienza e al ruolo che i migranti dovessero occupare all’interno della sua 1 Dichiarazione del Primo Ministro tunisino Hèdi Nouira, in : « La presse » del 24 agosto 1971 5 società, a partire dagli anni 2000, le nuove politiche migratorie europee promuovono il modello di migrazione temporanea sulla base di una logica di triple win che coinvolge anche il paese d’origine. Questo modello permetterebbe allo stesso tempo di ridurre i costi per i paesi ospitanti, di aumentare i benefici in termini di sviluppo per il paese d’origine e di sostenere i migranti, garantendogli un soggiorno legale, il diritto a una formazione, nonché a un’assistenza al momento del ritorno nel loro paese d'origine. Diverse critiche sono state fatte a questo modello da parte dei ricercatori che ne rilevano la fragilità dei presupposti. In particolare essi pongono l’accento sulla mancanza d’informazioni e di studi scientifici sull'impatto che ha la migrazione nel paese di origine e dei fattori che influenzano questo processo. Mentre gli studi sugli effetti delle rimesse e sullo sviluppo economico sono molti, ciò che manca è una conoscenza approfondita degli effetti delle migrazioni sulla società d’origine, con particolare riguardo alle diverse categorie socio-­‐professionali dei migranti e alla durata della migrazione. Questo lavoro di tesi vuole approfondire la conoscenza del sistema migratorio tra Tunisia e Francia e in particolare le ripercussioni delle migrazioni sulla società d’origine dei migranti. Ci si concentrerà soprattutto sui migranti lavoratori non specializzati, oggetto delle politiche di “migrazione temporanea” e detentori di contratti stagionali. Data l'importanza dei flussi migratori nel Mediterraneo, studiarne le cause e gli effetti nei luoghi di origine è essenziale per articolare meglio le politiche locali, nazionali e internazionali. 6 1. QUADRO TEORICO E METODOLOGIA DELLA RICERCA 1.1. LA RELAZIONE TRA MIGRAZIONE E SVILUPPO: UN PRIMO APPROCCIO ALLA QUESTIONE. Il capitolo che segue ha come obiettivo quello di collocare questo lavoro di tesi all'interno del quadro teorico della relazione tra migrazione e sviluppo. L'obiettivo è di posizionarsi in riferimento ai differenti approcci esistenti in questo campo. Per fare ciò, in una prima parte si spiegherà l'evoluzione degli studi svolti in merito, per poi approfondire più in particolare l'approccio scelto come base teorica per il presente studio. 1.1.1. Approcci deterministici alla relazione tra migrazione e sviluppo: una sintesi. Questo testo ripercorrerà, in breve, la storia delle teorie esistenti sul legame tra migrazione e sviluppo dalla metà del 1900. Senza voler realizzare un'analisi approfondita, faremo una sintesi dei concetti discussi dai principali autori. Questo sarà utile per contestualizzare gli approcci più attuali utilizzati nel presente lavoro di ricerca. Approcci ottimisti: la migrazione come strumento di crescita economica. I primi lavori scientifici che hanno concettualizzato la relazione tra migrazioni e sviluppo sono stati realizzati negli anni 1950 e 1960. A quell'epoca, le teorie sullo sviluppo erano inserite in un contesto fortemente eurocentrico, espressione della prospettiva ideologica della colonizzazione, che attribuiva alle potenze coloniali un ruolo paternalista nei confronti dei paesi colonizzati. I paesi sviluppati dovevano guidarli verso un modello di sviluppo occidentale: la "modernizzazione". Naturalizzando e generalizzando il processo di sviluppo contestuale al processo 7 storico europeo e occidentale, la teoria dello sviluppo di questi anni lo definiva come un percorso lineare, a tappe, da una società tradizionale a una società del consumo di massa. Come spiegato da Walt Whitman Rostow, lo sviluppo sarebbe possibile grazie alla maturazione di alcune condizioni nella sfera economica, sociale e culturale, come ad esempio il processo di industrializzazione, lo sviluppo tecnologico e il regolamento dei rapporti sociali sulla base della razionalità economica. L'industrializzazione sarebbe, secondo il modello di Arthur Lewis, la condizione essenziale dello sviluppo, possibile grazie all'accumulazione del capitale tramite l'aumento della produttività del settore agricolo. Nei paesi in via di sviluppo, questo surplus è storicamente assente: diventa quindi necessario attirare capitale dall’estero. In questo quadro teorico si inseriscono gli studi scientifici sulla relazione tra migrazione e sviluppo detti "ottimisti" (J.E. Taylor, 1999). Le migrazioni, grazie alle rimesse e agli investimenti, contribuirebbero all'invio, nei paesi del "sud", del capitale necessario a investire in attività che possano contribuire alla crescita economica del paese. In secondo luogo, al di là del capitale finanziario, i migranti possono contribuire allo sviluppo del paese d'origine anche grazie al nuovo capitale umano (le nuove conoscenze acquisite durante l’esperienza migratoria). Inoltre, la diminuzione della quantità di manodopera nei paesi d'origine, dovuta alla partenza dei lavoratori verso l'estero, contribuirebbe, per una questione di riequilibrio tra domanda e offerta di lavoro, all'aumento dei salari. In questo senso, le migrazioni sarebbero parte dei fattori che contribuiscono alla diminuzione delle disparità sociali e al processo di crescita economica dei paesi d'origine. Infine, secondo gli ottimisti dello sviluppo, il fenomeno migratorio sarebbe destinato a interrompersi nel momento in cui la crescita economica cancellasse le disparità salariali tra paese d'origine e paese di accoglienza (M.P. Todaro, 1969; D.S. Massey 1993). 8 Approcci pessimisti: la migrazione come risultato del rapporto di dipendenza “Nord-­‐Sud” Negli anni 1970 e 1980, gli studi sullo sviluppo, influenzati dagli approcci strutturalisti e dalla teoria della dipendenza, assumono una visione diametralmente opposta ai precedenti. L’assenza di sviluppo non è più interpretata come l'effetto di variabili endogene ma, al contrario, una caratteristica costitutiva della relazione tra Nord e Sud (orientamento neo-­‐marxista). Questa relazione è inserita in un sistema unico attraversato da legami di dipendenza: le reti di centri urbani e commerciali dominano la periferia. Il centro (paesi del Nord) più integrato nel mercato internazionale, domina la periferia (paesi del Sud), sfruttando la manodopera a basso costo e approfittando dello "scambio ineguale" tra materie prime e prodotti finiti. Le risorse della periferia sono attirate dal centro a suo unico beneficio. L'influenza di questi approcci teorici e degli studi empirici sulle migrazioni, condotti in quegli anni, modificano la visione ottimista delle teorie precedenti sulla relazione tra sviluppo e migrazione, e aprono la strada a un approccio più "pessimista" (J.E. Taylor 1999). La migrazione è vista come un fenomeno causato dalla povertà creata dal sistema capitalista, nonché una delle cause dell'aumento delle ineguaglianze e del sottosviluppo. Tramite le migrazioni, il paese d'origine viene privato dei lavoratori più qualificati che potrebbero contribuire al suo sviluppo, ma la cui partenza contribuisce, al contrario, a quello che viene definito brain-­‐drain (fuga di cervelli). Anche le rimesse hanno meno importanza secondo questo approccio: gli studi empirici dimostrano che le rimesse dei migranti non sono utilizzate per investimenti utili allo sviluppo locale, ma, nella maggioranza dei casi, per la soddisfazione dei bisogni quotidiani o per l'acquisto di prodotti importati dai paesi di emigrazione (M. Lipton, 1980). Le rimesse contribuiscono quindi all'inflazione e all'aumento delle disparità sociali, e non alla riduzione della povertà, alimentando l'emigrazione e rafforzando la dipendenza nei confronti dei paesi ricchi. Questo processo avrebbe anche effetti sociali negativi, come l'abbandono dei valori tradizionali in favore di valori consumistici occidentali, la perdita della solidarietà 9 tra gruppi sociali, e l’indebolimento, per i migranti, dei legami con la società d'origine (L. Heering 2004; D.S. Massey 1993). Secondo questi autori, solo una forte politica pubblica potrebbe limitare questi effetti negativi. 1.1.2. Gli studi empirici e il superamento degli approcci deterministici: evidenza dell’eterogeneità di fattori che intervengono nella relazione tra migrazione e sviluppo. Una nuova fase nell’evoluzione delle teorie sulla relazione tra migrazione e sviluppo inizia negli anni 1990, a seguito della diversificazione degli studi empirici su questo tema. Questi lavori riscoprono l'eterogeneità dei fattori economici, politici, sociali e culturali che influenzano la relazione tra sviluppo e migrazione. Essi si allontanano dai precedenti approcci, troppo deterministici per tenere conto di questa eterogeneità, e ne criticano la logica circolare, che non tiene in considerazione la possibilità dell'esistenza di contro-­‐meccanismi. Ad esempio, l’interpretazione “pessimista” del fenomeno migratorio come "circolo vizioso", che avrebbe come causa l'impoverimento delle periferie a seguito dell'arricchimento delle regioni del centro, non può continuare all'infinito. In effetti, l'impoverimento di una società comporta anche la diminuzione dei flussi migratori, e il suo arricchimento ne aumenta la mobilità (S. Castels, 2008). Altri autori indicano i problemi d’inconsistenza logica di queste argomentazioni, al cuore degli approcci pessimisti. Se per questo tipo di approccio la relazione tra migrazioni e sviluppo è lineare e inversamente proporzionale (più migrazioni = meno sviluppo), i nuovi studi dimostrano che questa relazione è curvilinea (curva a "J" o "U" rovesciata): a breve termine, l'aumento dello sviluppo aumenta le migrazioni, fino a una stabilizzazione degli equilibri sul lungo termine e une conseguente diminuzione dei flussi migratori (Z. Zelinsky 1971). Infine, se gli approcci pessimisti sostengono che le migrazioni giochino un ruolo nell'aumento delle disparità sociali, i nuovi studi empirici mostrano, al contrario, che il denaro inviato dai migranti serve, talvolta, a creare occupazione e contribuisce al mercato locale, ad esempio con l'impiego di muratori e l'acquisto di materiali per la costruzione di case. 10 Questi nuovi studi empirici permettono quindi di contraddire i due argomenti chiave degli approcci pessimisti: le migrazioni non hanno sempre l'effetto di aumentare le disparità sociali, e l'aumento della povertà non è alla base dei flussi migratori. Inoltre i recenti studi empirici apportano delle nuove idee anche per quanto riguarda l'analisi degli effetti delle rimesse. Queste ultime, anche se non sono più considerate come il mezzo ultimo per superare i vincoli strutturali dello sviluppo (approcci ottimisti), servono, in un contesto di assenza o di malfunzionamento dei mercati, a sopperire all’insufficienza delle politiche sociali (J.E. Taylor, 1999). Tuttavia, questo non costituisce una prova che le rimesse partecipano alla diminuzione della povertà a livello macro. Si osserva che le rimesse non sono spesso indirizzate a gruppi sociali più poveri, o ai paesi meno sviluppati. Tuttavia, esse sembrano avere un'influenza sulla società d'origine in termini di aumento dei salari, dei prezzi e dell'occupazione. La relazione tra la migrazione e l'aumento delle disparità delle entrate rimane ambigua: se è vero che i primi emigranti provenivano dalle classi meno povere della popolazione, il loro trasferimento all'estero ha, sul lungo termine, contribuito alla creazione di reti che permettono, grazie a legami di solidarietà e alla circolazione di informazioni, la possibilità di partire anche ai ceti sociali meno abbienti. Per quanto riguarda gli investimenti valutati improduttivi dagli approcci pessimisti, si osserva, nell'ambito dei nuovi studi empirici, come questi creino occupazione e contribuiscano al funzionamento del mercato locale. L’eterogeneità dei risultati degli studi empirici non deve essere assimilata a un relativismo assoluto, ma deve essere presa in considerazione per la creazione di un nuovo quadro teorico. Questo sarebbe possibile per mezzo di una serie sistematica di studi empirici e teorici che possano contribuire a costruite una griglia d’analisi utile per lo studio di processi e strutture sociali che, pur esprimendosi in modo sempre differente, hanno principi comuni di causalità. 11 1.1.3. La proposta di un nuovo quadro teorico: un tentativo di analisi dell’eterogeneità. Teorie della migrazione internazionale alla base del quadro teorico Secondo De Haas, nel suo articolo "Migration and development: a theoretical perspective" (H. De Haas, 2010), un nuovo quadro teorico dovrebbe tener conto, nell'analisi degli effetti della migrazione, del ruolo della struttura (il contesto dei vincoli politici, istituzionali, economici, sociali e culturali) e del ruolo dell’agency individuale o di gruppo (la capacità di andare al di là dei vincoli imposti dalla "struttura" e contribuire alla ridefinizione delle strutture stesse). In questo lavoro, egli propone, infatti, tenendo conto degli approcci post-­‐moderni della teoria sociale, come ad esempio "la teoria della strutturazione" di Giddens (1984)2, di integrare gli approcci pluralisti relativi agli effetti della migrazione sullo sviluppo: il "New Economy Labour Migration" (NELM), gli approcci detti "mezzi di sussistenza" (livelihoods), e quelli relativi alla ricerca sociologica e antropologica sul "transnazionalismo delle migrazioni". Nell'ambito del quadro teorico della NELM, il comportamento del migrante viene inserito in un contesto sociale più ampio. Nel fare l'analisi del fenomeno migratorio, si considera la famiglia e non l'individuo, come unità per la presa di decisioni. La migrazione è quindi la risposta della famiglia ai rischi legati all'instabilità delle entrate. Migrare significa aggirare i vincoli del mercato locale grazie alle risorse delle rimesse. L'effetto della migrazione sullo sviluppo non esiste solo al momento del ritorno del migrante, ma anche durante tutta la durata dell'esperienza migratoria. La NELM sottintende l'approccio che si focalizza sulla strategia delle famiglie per assicurarsi "dei mezzi di sussistenza". Questo approccio non vede i migranti come vittime passive del sistema capitalista, ma tiene in considerazione la capacità di azione umana (human agency), e quindi la capacità di migliorare attivamente i 2
La struttura emerge dall'azione delle persone. È fattore e risultato, allo stesso tempo, della
riproduzione delle pratiche umane.
12 propri mezzi di sussistenza aggirando gli ostacoli strutturali. Le strategie del nucleo familiare che mirano ad assicurare i propri mezzi di sussistenza comprendono le capacità, le risorse (materiali e sociali), e le attività necessarie per raggiungerli. L'analisi di questi fattori non deve limitarsi a interessarsi alle attività della famiglia, ma deve anche prendere in considerazione le relazioni con le istituzioni e con le altre famiglie, senza dimenticare i meccanismi di accesso alle risorse (F. Ellis e S. Biggs 1998). Emigrare quindi è una scelta, non un obbligo imposto dal sistema capitalista (A. Bebbington, 1999). La presa in considerazione della famiglia, come unità d'analisi, aiuta anche nella descrizione dell'eterogeneità degli effetti delle migrazioni, poiché le caratteristiche variano in funzione del tempo (tra generazioni), dello spazio e dei gruppi sociali. Combinando la NELM e l'approccio dei mezzi di sussistenza, possiamo dire che la migrazione è una scelta deliberata dei gruppi sociali (ad esempio le famiglie) destinata a diminuire i rischi legati all'instabilità delle entrate, ma anche destinata a migliorare lo status socio-­‐economico e ad aggirare i vincoli legati al livello di sviluppo locale. Secondo De Haas (2010), questi concetti possono anche essere integrati all’approccio transnazionale alle migrazioni. Questo approccio teorizza il fatto che con l'evoluzione dei mezzi di comunicazione e di trasporto, tipici del mondo globalizzato, aumenta la possibilità per i migranti e per le loro famiglie di vivere in modo transnazionale e di adottare delle identità transnazionali (S. Vertovec 1999). Questo permette lo sviluppo di una doppia lealtà, poiché l'integrazione nel paese di accoglienza non implica più necessariamente la rinuncia all'impegno verso il paese d'origine. Questo impegno può perdurare anche attraverso le generazioni, permettendo la partecipazione dei migranti e delle loro famiglie alla vita culturale, politica e sociale del paese d'origine. In questo contesto, il problema del brain-­‐drain diventa secondario dato che i migranti investono spesso buona parte del loro guadagno nell’educazione dei figli rimasti in patria. Questi tre approcci sono quindi integrabili: la migrazione internazionale è parte integrante della strategia transnazionale per l'acquisizione di mezzi di sussistenza 13 per le famiglie e per altri gruppi sociali (H. De Haas, 2010). Limiti delle teorie e necessità di una riflessione sulla nozione di sviluppo De Haas (2010) propone un nuovo quadro teorico per l'analisi della relazione tra migrazioni e sviluppo che parta dagli approcci appena descritti oltrepassandone i limiti. Il primo limite è il rischio, nell'approccio NELM, di interpretare l'unità d'analisi "famiglia" come un’unità con obiettivi e strategie chiari e ben definiti. Al contrario: la famiglia è attraversata da differenze d'età e di genere che ne influenzano gli equilibri interni e che possono anche avere come risultato la diversificazione e l'incoerenza delle strategie dei suoi componenti. In secondo luogo, un difetto dell'approccio NELM è quello di non tener conto dell'influenza, nel processo decisionale della famiglia, della relazione con le altre famiglie e del contesto macro. Infine, è necessaria una migliore comprensione della circolarità della relazione tra cause ed effetti della migrazione. Se si considera che la migrazione abbia come scopo il miglioramento dei mezzi di sussistenza della famiglia, non possiamo dimenticare che alcuni fattori contrari possono verificarsi e influenzare la volontà di investimento del migrante. Ad esempio, il contesto politico ed economico del paese d'origine può diminuire la propensione all’investimento del migrante. Tale limite è anche presente negli approcci transnazionali, che spesso non tengono in considerazione il ruolo dei “conto-­‐fattori”, come ad esempio l'assimilazione nel paese di arrivo e l'allentamento dei legami tra migranti e paese d'origine (H. De Haas, 2010). Questo rimetterebbe in discussione l'esistenza di un legame automatico tra cause della migrazione e lo sviluppo del paese d'origine se valutiamo lo sviluppo solamente sulla base di un differenziale di entrate. Se invece, come propone De Haas, partiamo, da un’interpretazione più ampia e pluralista della nozione di sviluppo, il legame tra cause della migrazione e sviluppo rimane intatto. 14 In effetti l'assenza di riflessione sulla nozione stessa di sviluppo rappresenta un’importante mancanza degli studi precedentemente citati. La maggior parte dei lavori scientifici suggerisce implicitamente una valutazione del livello di sviluppo e delle entrate di un paese o di un gruppo sociale, secondo il metro della qualità e del livello di sviluppo dei paesi del Nord. Questa interpretazione dello sviluppo, specifico del processo storico dei paesi occidentali, non può essere applicato ai paesi del Sud senza venire, prima, problematizzato nuovamente. La nozione di sviluppo umano teorizzato dall'economista indiano e premio Nobel Amartya Sen, lasciando da parte i suoi utilizzi strumentali3, permetterebbe secondo De Haas, di uscire dalla dicotomia tra migrazione e crescita economica: il suo approccio si focalizza sulle capabilities (capacità) dell'individuo e permette di interpretare lo sviluppo umano come il processo di espansione delle libertà reali della persona. Tali libertà sono realizzate nella pratica nel concetto di “capacità” umana, vale a dire la possibilità di scegliere di condurre una vita ritenuta degna e di aumentare il numero di scelte potenziali reali. La capacità di controllare la propria vita ha, per quanto riguarda la valutazione del grado di sviluppo, una maggiore importanza rispetto al livello delle entrate. In questo contesto teorico, il legame tra migrazione e sviluppo esiste nella misura in cui la migrazione è interpretata come l'opportunità per un gruppo sociale di migliorare le proprie condizioni socio-­‐
politiche, e non solo economiche. Migrare permette di aumentare l'investimento nei settori dell'istruzione, della salute, dell'alimentazione, dell'alloggio, ma anche in progetti comuni. Inoltre, per una concettualizzazione della relazione tra migrazione e sviluppo più equa, bisogna anche sottolineare il fatto che la migrazione ha effetti positivi non solo sul paese d'origine, ma contribuisce anche allo sviluppo dei paesi d'accoglienza. Il lavoro dei migranti rafforza la competitività delle economie occidentali e il contatto con la società d'accoglienza può anche stimolare gli scambi e l'arricchimento culturali (N. Piper, 2009). In questo senso, secondo Piper, gli approcci che 3 La nozione di sviluppo elaborata da Amartya Sen è alla base dell’Indice di Sviluppo Umano utilizzato dalle Nazioni Unite per analizzare e mettere in relazione il grado di sviluppo dei diversi paesi del mondo. Questo è stato oggetto di numerose critiche, in particolare per il fatto che non tenesse conto dei fattori strutturali che influenzano la possibilità di sviluppo. 15 prevedono il trasferimento di sviluppo a senso unico, dai paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo, non sono realisti. Lo sviluppo si persegue contemporaneamente in vari luoghi connessi tra di loro da spazi migratori circolari. Lo spazio geografico da prendere in considerazione, quando si parla di relazioni tra migrazione e sviluppo, è quello in cui si sviluppa una catena globale: un insieme di relazioni di scambi economici, sociali e politici (N. Piper, 2009). La necessità di un’analisi multilivello per lo studio degli effetti della migrazione sul territorio d’origine Grazie agli studi teorici ed empirici sulla relazione tra migrazione e sviluppo, è possibile concludere che tale relazione ha un carattere eterogeneo, e che essa è fondamentalmente legate al contesto spaziale e temporale nel quale è inserita. Per meglio comprendere questa eterogeneità, suggerisce De Haas, bisogna tener conto del fatto che la migrazione non è una variabile indipendente che “provoca" lo sviluppo (o l'inverso), ma che si tratta di una variabile endogena, parte integrante del cambiamento e fattore che permette altri cambiamenti. Questo è il motivo per cui è più giusto parlare di relazione reciproca tra migrazione e processi più ampi di sviluppo, che di "impatto" a senso unico della migrazione sullo sviluppo (H. De Haas, 2010). Sempre all'interno dell’articolo "Migration and development: a theoretical prospective" (H. De Haas, 2010), De Haas suggerisce di fare una distinzione quando si analizzano i fattori che stanno alla base delle differenti relazioni tra migrazione e sviluppo, tra il contesto di sviluppo a livello nazionale o internazionale; il contesto di sviluppo a livello locale o regionale; e i fattori legati all'ambiente sociale ed economico delle famiglie dei migranti. Questi tre insiemi di variabili sarebbero collegati gli uni agli altri da differenti relazioni funzionali e da meccanismi di feedback. Il contesto di sviluppo delle strutture politiche, economiche e sociali, nazionali e internazionali, influenza lo sviluppo locale. Allo stesso tempo, il contesto macro determina la misura in cui esistono delle possibilità di migrazione (politiche migratorie, richiesta di manodopera) e ha un impatto sull'ampiezza, la natura (irregolare, regolare, 16 professionale, politica, famigliare) e la selettività iniziale della migrazione. A sua volta, il contesto locale determina in quale misura le persone sono in grado di condurre una vita che considerano rispettabile e stimabile, e di aumentare il numero e la qualità delle scelte potenziali. In tal modo, il contesto locale, inteso come la qualità e la quantità del capitale finanziario, sociale e umano di un gruppo sociale, influenza anche la propensione e la capacità a migrare. Questa propensione è considerata come il risultato delle aspirazioni e delle capacità di realizzare il progetto migratorio: può aumentare nella misura in cui le aspirazioni non aumentano più velocemente rispetto ai mezzi di sussistenza locali. L'effetto di feedback proviene dagli stessi processi migratori, che influiscono sul contesto dello sviluppo locale grazie al loro effetto sull'offerta di lavoro, sul consumo, sugli investimenti, sull'ineguaglianza, sulla stratificazione sociale, sulla cultura e sulle aspirazioni. I cambiamenti a livello di contesto locale legati alla migrazione possono, infine, influenzare lo sviluppo a livello macro, sebbene in misura ridotta, in ragione dell'ampiezza limitata delle migrazioni, ma anche in ragione del loro carattere spesso individuale, familiare (H. De Haas, 2010). Per includere gli elementi macro e micro in un quadro teorico generale, è utile adottare un approccio meso-­‐analitico. Gli studi teorici ed empirici precedenti si limitano alle prospettive analitiche macro o micro (S. Ammassari e R. Black, 2001). Questo significa che si focalizzano sugli effetti delle strutture socio-­‐economiche e politiche del paese d'origine o di accoglienza, oppure sui fattori normativi psico-­‐
sociali, che determinano i comportamenti individuali e influenzano la presa di decisione (percezioni, motivazioni, aspirazioni, attese, valori). Per colmare il vuoto teorico tra il livello di analisi micro e macro, si propone un approccio meso-­‐analitico. Tale approccio considera l’interazione tra caratteristiche individuali e vincoli strutturali. Questa interazione deve essere studiata tramite il modo in cui, per superare gli ostacoli strutturali, il soggetto utilizza le proprie risorse inserendosi all'interno di relazioni di interdipendenza. La rete sociale che si può mobilizzare per ottimizzare le risorse che si ha a disposizione, rappresenta quindi tale livello di analisi intermedio (D.S. Massey, 1993). Secondo questo approccio, è necessario 17 considerare che le decisioni del migrante non sono influenzate solo dai legami intra familiari o dai vincoli strutturali, ma anche dalle relazioni di solidarietà con altre reti sociali. La composizione, le caratteristiche e le opportunità di queste reti sono modellate dalle istituzioni economiche, politiche e culturali. La valutazione del capitale sociale è quindi un elemento fondamentale per l'analisi degli effetti dei fenomeni migratori. Infatti, se i lavori scientifici sulle migrazioni ne spiegano gli effetti, soprattutto grazie all'utilizzo dei concetti di capitale finanziario e umano, il capitale sociale che il migrante ottiene durante il proprio percorso è spesso ignorato. In generale si parla di capitale sociale come un presupposto alla partenza del migrante, il mezzo che permette la migrazione, ma raramente viene analizzato come un risultato dell’esperienza migratoria da reinvestire in altri campi che non siano la migrazione. Studi approfonditi sono stati svolti, da una parte, in merito agli effetti delle rimesse sugli investimenti al momento del ritorno del migrante e, d'altra parte, sul trasferimento al paese d'origine delle capacità acquisite durante l'esperienza migratoria (attraverso percorsi di formazione o di studio). In relazione al capitale sociale, la ricchezza potenziale che può essere dedotta dalle relazioni sociali realizzate dal migrante non è sistematicamente integrata negli approcci analitici. Il capitale sociale è l'insieme delle risorse, reali o virtuali, accumulate da un individuo o da un gruppo, grazie alla capacità di creare una rete più o meno istituzionalizzata e durevole di relazioni di solidarietà e di riconoscimento reciproco. Tali relazioni si basano su obblighi e attese reciproci, nonché sulle norme di reciprocità, di fiducia e di solidarietà (P. Bourdieu, 1979). Il capitale sociale del migrante consiste, ad esempio, nelle relazioni interpersonali e nei legami sociali rafforzati dalle nuove competenze linguistiche, nonché dal miglioramento delle sue capacità di interazione in un contesto sociale nuovo, grazie alla maggiore familiarità con le norme sociali straniere. Queste competenze sono trasferibili all'ambiente sociale d'origine e possono contribuire al processo di sviluppo definito da Amartya Sen. 18 1.1.4. Oggetto e problematica della ricerca: gli effetti della migrazione nella regione del Nord-­‐Est tunisino In questo lavoro di tesi terrò conto di queste teorie al fine di contribuire alla riflessione sulle interazioni tra migrazione e sviluppo nel contesto tunisino. Voglio anche contribuire, attraverso lo studio di un caso particolare, al dibattito scientifico più generale sulla relazione tra migrazione e sviluppo i cui gli studi non tengono in considerazione le diverse categorie socio-­‐professionali dei migranti, come ad esempio i lavoratori migranti non specializzati (N. Piper, 2009). Degli approcci pluralisti relativi alla relazione tra migrazione e sviluppo precedentemente menzionati, si manterrà la valutazione quale l’unità d'analisi non del migrante come individuo, ma della famiglia, oppure più generalmente del gruppo sociale. La migrazione internazionale sarà quindi intesa come parte integrante della strategia transnazionale delle famiglie e dei gruppi sociali dei migranti, miranti all'acquisizione di mezzi di sussistenza. Allo stesso tempo, prenderemo in considerazione tre livelli di analisi dei fattori che influenzano i mezzi di sussistenza del migrante, della sua famiglia e del suo gruppo sociale: il livello macro delle strutture economiche, politiche e sociali locali, nazionali e internazionali: il livello micro del processo di decisione e delle motivazioni del migrante e della sua famiglia; e il livello meso delle relazioni di solidarietà tra reti di persone e gruppi sociali (S. Ammassari e R. Black 2001). Nella maggior parte degli studi realizzati in passato, l'idea di sviluppo è basata sulla visione che ne hanno gli occidentali. Benché una ridefinizione meno eurocentrica della nozione di sviluppo sia necessaria, il presente lavoro non ha come scopo di rielaborarla. Tale ridefinizione meriterebbe un lavoro di tesi dottorale e un dibattito molto più ampi. SI prenderà in considerazione la definizione di sviluppo di Amartya Sen, che si allontana dalla definizione eurocentrica di questa nozione. Lo sviluppo sarà quindi interpretato come la capacità, la libertà di un individuo di influenzare, potenzialmente, il proprio ambiente per condurre una vita che considera di valore. 19 Questi approcci sono quindi contestualizzati nell'ambito del sistema migratorio Tunisia-­‐Francia, che esiste da lungo tempo e che comprende la maggioranza della migrazione tunisina. In particolare la ricerca sul campo si concentrerà sulla migrazione dei lavoratori non specializzati. La ricerca sarà dedicata ad analizzare come i fattori macro, micro e meso possono influenzare i percorsi migratori di lavoratori non specializzati originari delle zone rurali in Tunisia. Questo lavoro sarà anche dedicato a comprendere in quale misura questi fattori influenzino il processo di sviluppo, inteso come acquisizione di capitale economico ma anche umano e sociale, caratteristico dello spazio migratorio franco-­‐
tunisino. Più specificatamente, mi limiterò allo spazio migratorio che coinvolge Berre l’Etang (Marsiglia) e Ghardimaou (regione del Nord-­‐Est tunisino), due città rurali che fanno parte, dall'epoca della decolonizzazione, di un circuito migratorio di lavoratori non specializzati (soprattutto lavoratori agricoli). Grazie al lavoro sul campo, potrò entrare in contatto con diverse generazioni di migranti e comprendere se e come le differenti "epoche", legate ai cambiamenti economici, politici e sociali a livello macro, hanno influito sui percorsi migratori e sulla vita delle famiglie. L'influenza dei fattori macro sulla capacità dei migranti di accrescere il loro capitale finanziario, sociale e umano verrà anch'essa studiata. 20 1.2.
METODOLOGIA DELLA RICERCA A seguito delle ricerche bibliografiche destinate ad approfondire la mia conoscenza del contesto macro delle migrazioni tunisine, ho scelto il campo della mia ricerca in funzione della problematica, ma anche in funzione di criteri pragmatici di tempo e di fattibilità. Una volta individuate le differenti fasi della migrazione tunisina, nonché il contesto socio-­‐economico e politico che le ha caratterizzate, era necessario studiare le interazioni di questi elementi macro e i loro effetti a livello di scelte individuali e di gruppo (livello micro), nonché sulla socializzazione e la creazione di reti di migranti (livello meso). Tutto ciò tenendo anche in considerazione il fatto che la popolazione studiata è composta da lavoratori migranti non specializzati. Era necessario scegliere un'area toccata dai movimenti migratori da lungo tempo. L'obiettivo era incontrare migranti appartenenti a generazioni diverse. Si è voluto paragonare il percorso e le esperienze migratorie delle differenti generazioni al fine di comprendere meglio gli effetti di un contesto macro in continua evoluzione. D'altra parte, questo paragone poteva aiutare a delineare meglio l'influenza del contesto macro sulla capacità dei migranti di agire sul contesto d'origine in termini di sviluppo. La città di Ghardimaou, e le aree rurali che la circondano, rispondevano alla perfezione a questi criteri. Nota per essere una delle prime aree di partenza dei migranti verso l'estero dopo la colonizzazione, Ghardimaou è caratterizzata da un numero elevato di migranti stagionali che lavorano nell'agricoltura e nell'edilizia nel sud della Francia. Abbiamo realizzato delle indagini in questa zona durante il periodo di un anno, ad intervalli regolari4, a partire da ottobre 2011. A quell'epoca, le indagini erano realizzate nel quadro della redazione di una tesi di master di I livello relativa a una popolazione diversa: i migranti espulsi da Lampedusa nel 2011. Questo lavoro è servito da pre-­‐inchiesta, permettendomi di scoprire le caratteristiche del territorio e 4
La ricerca si è svolta durante sei missioni: dal 4 al 7 ottobre 2011; dal 12 al 17 febbraio 2012;
dall'8 al 12 maggio 2012; dal 17 al 19 maggio 2012; dal 9 al 7 giugno, dal 14 al 17 luglio 2012; a
novembre 2012.
21 di creare i primi contatti con i migranti e le istituzioni locali. Le missioni successive mi hanno permesso di incontrare la popolazione dello studio, di condurre delle visite periodiche e di instaurare delle relazioni di prossimità con i migranti e le loro famiglie. Durante queste ricerche, mi è parso evidente che esistesse un circuito migratorio importante tra la città di Ghardimaou e la zona agricola di Berre-­‐l’Étang, vicino a Marsiglia. Qui l'associazione Médecins du Monde (MdM) si occupa dell’assistenza sanitaria ai migranti irregolari che lavorano in questa regione, soprattutto nel settore agricolo, e che non hanno facile accesso al sistema sanitario pubblico. Secondo i dati raccolti da MdM, l'80% dei lavoratori clandestini che utilizzano i loro servizi medici a Berre-­‐l’Étang, proviene dal Comune di Ghardimaou. Appoggiandomi a questa organizzazione, ho potuto condurre una fase della ricerca anche in Francia, dal 9 al 17 giugno 2012. Questa opportunità è stata di importanza fondamentale per completare le mie conoscenze sul percorso dei migranti e per comprendere meglio le dinamiche alla base della creazione delle reti sociali esistenti tra migranti, e con la società locale. 1.2.1. Scelta della metodologia: una triangolazione di metodi L’obiettivo della ricerca è comprendere le ragioni delle variazioni di tendenze tra i diversi percorsi migratori, ma anche studiare l'impatto della migrazione sul miglioramento delle capacità di azione sul contesto origine. Ho quindi scelto una metodologia che combinava inchieste di tipo quantitativo e qualitativo. Un questionario a risposte chiuse è stato distribuito durante la ricerca, per identificare le tendenze generali della migrazione a Ghardimaou. In questo senso, era importante raccogliere un massimo di dati fattivi senza cercare di comprenderne il significato che veniva dato loro dagli attori. D'altra parte, la necessità di comprendere in modo più preciso la percezione che i migranti e le loro famiglie hanno del fenomeno migratorio, mi hanno spinto a realizzare delle interviste semi-­‐
direttive. Questa fase qualitativa della ricerca era anch'essa indispensabile per 22 affrontare la soggettività dei migranti, i loro sentimenti e le loro opinioni, comprendere le norme ed i valori che intervengono nelle scelte che essi fanno, e anche l'aspetto dinamico e diacronico della loro "carriera" (M. Martinello e A. Rea, 2011). Inoltre, per poter scoprire elementi importanti collegati alla mia problematica, che non avrei identificato se mi fossi limitata al ruolo ufficiale di ricercatrice, ho anche utilizzato metodi di osservazione diretta della popolazione di studio. Questa triangolazione di metodi serve a combinare le tecniche di raccolta di dati differenti. La combinazione di metodologie nello studio di uno stesso fenomeno ha come obiettivo di migliorare la comprensione del fenomeno studiato e di eliminare o almeno ridurre gli errori, aumentando così l'affidabilità e la validità dello studio. L'inchiesta quantitativa è basata su un questionario distribuito a 100 migranti. La scelta del campione è stata fatta secondo categorie di età e di ambiente sociale di appartenenza. L'obiettivo era di comprendere se queste categorie fossero legate a differenti tipi di percorsi migratori. Considerando che a Ghardimaou, la stratificazione sociale si riflette sulla divisione geografica in quartieri più o meno ricchi, ho definito il campione per il questionario suddividendo le inchieste in tre differenti tipi di quartiere all'interno del Comune di Ghardimaou. Per quanto riguarda la ricerca qualitativa, i metodi utilizzati sono stati l'intervista semi-­‐strutturata e l'osservazione diretta. Il primo metodo mi è sembrato più appropriato per affinare ed interpretare i dati raccolti dal questionario. Infatti l’intervista semi-­‐strutturata lascia, da una parte, l'intervistato libero di esprimere la sua opinione e di sottolineare, durante la discussione, i punti che sono, secondo lui, i più importanti. Dall'altra parte, fornisce all'intervistatore la possibilità di riorientare la conversazione ponendo domande sulle questioni collegate alla sua problematica, predefinita nella traccia dell'intervista. Le domande devono essere formulate abilmente in modo tale da inserirsi, senza un ordine preconcetto, all'interno del discorso dell'intervistato, senza interromperlo (A. Blanchet, 1995) e tenendo a mente i temi da affrontare per trovare una risposta alla problematica: le percezioni degli intervistati collegate alle difficoltà e ai vantaggi della loro esperienza migratoria, e la sensazione che quest'esperienza abbia potuto migliorare o meno le 23 capacità di influenzare lo sviluppo (inteso secondo il concetto espresso da Amartya Sen) della regione d’origine. Dopo aver condotto una trentina di interviste approfondite, tornando spesso dalla stessa persona, sono entrata in confidenza con i migranti e con le loro famiglie. Questo mi ha permesso di passare alla fase di osservazione partecipata, finalizzata a poter comprendere il mio soggetto di studio attraverso la condivisione di una situazione comune (W.W. Foote, 1943). Per uscire da una concezione eurocentrica di sviluppo assimilato alla crescita economica, era necessario immergersi totalmente nella realtà sociale di Ghardimaou e partecipare alla vita quotidiana della popolazione studiata. L'obiettivo era di riuscire a osservare le relazioni tra i vari attori "al naturale", senza il condizionamento causato dalla presenza di una persona estranea alla situazione. Alla fine della mia ricerca, avevo seguito regolarmente 10 migranti e sei famiglie, di cui ho incontrato i figli a Berre l’Étang nel mese di giugno. Ho alloggiato, alternativamente, presso due famiglie. La relazione di fiducia costruita con queste ultime ha facilitato la mia accettazione all'interno del loro ambiente sociale. Ho anche stabilito relazioni con visite a domicilio periodiche con quattro altre famiglie situate nelle montagne intorno a Ghardimaou. Un giovane migrante, tornato in vacanza a casa, mi ha fatto da guida e da interprete e mi ha aiutato a incontrare altre persone interessanti per il mio lavoro di ricerca. Alla terza visita a Ghardimaou, in città tutti sapevano chi ero e cosa facevo. Talvolta sono stati i migranti stessi a venire a cercarmi per raccontarmi la loro storia. Per meglio comprendere il contesto nel quale si inseriscono i migranti, ho anche condotto numerosi incontri e parlato con le autorità locali: il delegato municipale, i direttori di agenzia di alcune banche, i rappresentanti dell'Organizzazione dei Tunisini all'Estero e gli Omda5. 5
Capo-settore: figura amministrativa di quartiere che funge da intermediario tra il sindaco e la
popolazione, strumento del capillare controllo del regime.
24 1.2.2. Svolgimento della ricerca sul campo: approccio graduale a un contesto sensibile Il primo contatto sul campo è stato stabilito grazie a Swanie Potot, ricercatrice CNRS all’Urmis-­‐Università di Nizza, e Hassan Boubakri, professore all’Università di Sousse (Tunisia), impegnati in quel periodo nel progetto di ricerca "nuove migrazioni, globalizzazione e co-­‐sviluppo" (MICODEV) in collaborazione con l'Università di Sousse e l'Istituto di Ricerca per lo Sviluppo di Tunisi. Approfittando dei loro spostamenti nella regione per le loro ricerche, ho beneficiato di un primo approccio piuttosto facile alla popolazione dello studio. È stato stabilito un contatto con il delegato della città e con alcuni omda. Se questi contatti sono stati molto utili per ottenere informazioni generali sulle tendenze migratorie e sul contesto socio-­‐
economico locale, essi hanno anche costituito un freno, relativamente al contatti con altri migranti. Il delegato di Ghardimaou, che aveva appena sostituito l'ex delegato che rappresentava il regime di Z. A. Ben Ali, ha imposto il divieto di uscire dal centro città per far visita ai migranti e che abitavano sulle montagne che circondano Ghardimaou. Nonostante questo fosse giustificato come misura di sicurezza, vista la posizione frontaliera di Ghardimaou e l'allentamento del controllo dello Stato sulla regione a causa della rivoluzione, il divieto è sembrato motivato soprattutto dal desiderio di controllare le mie azioni e il mio lavoro. All'inizio dell'anno 2012, sono entrata in contatto con l'associazione Médecins du Monde (MdM) che si è interessata alle mie ricerche. Durante il lavoro volontario che l’équipe svolge à l’Etang de Berre, i medici si sono resi conto che una maggioranza di migranti che beneficiano dei loro servizi vengono dalla città di Ghardimaou. Grazie all'impegno dei partecipanti a questa missione, MdM ha deciso di rendere il proprio progetto transnazionale, includendo anche questa città. Hanno quindi stabilito dei contatti con i medici dell'ospedale di Ghardimaou, con l'obiettivo di collaborare per i controlli medici dei migranti e delle loro famiglie dal paese d'origine. La collaborazione con questa associazione ci ha permesso di condividere molte informazioni, nonché di ottenere i contatti telefonici di quindici famiglie dei 25 migranti di Berre-­‐l'Étang. Il primo contatto con queste famiglie è stato agevolato dai medici dell'ospedale di Ghardimaou. Sono stati necessari alcuni incontri con i medici per poter ottenere la loro fiducia. Questa diffidenza iniziale mi è sembrata totalmente comprensibile: la tematica migratoria, se comune e tradizionale in questa regione, comporta anche molti aspetti controversi. La partenza, spesso irregolare, delle nuove generazioni di migranti, ma anche la situazione di lavoro irregolare in Francia, possono essere motivi di reticenza da parte di qualche medico che, inizialmente, non osavano disturbare le famiglie con domande troppo personali. Abituati a un severo controllo amministrativo e poliziesco sotto il regime di Z. A. Ben Ali, le persone hanno sviluppato una diffidenza, diffusa anche tra abitanti di uno stesso quartiere, per timore che alcune informazioni potessero raggiungere le autorità e essere usate contro di loro. Inoltre i miei contatti telefonici appartenevano spesso alle mogli dei migranti rimaste in Tunisia. Per incontrarle, era necessario recarsi presso il loro domicilio, dove spesso le ritrovavo sole, oppure con le figlie. I luoghi domestici sono tradizionalmente dedicati alle donne, gli uomini della famiglia passano tutta la giornata fuori. Si è quindi presentato un altro problema dal momento in cui ho cominciato le mie inchieste in compagnia di medici uomini: non è, infatti, rispettabile per un uomo entrare in casa di qualcuno in assenza del marito o di un figlio maschio, in particolare nelle famiglie in cui le figlie non sono ancora sposate. Questa regola sociale è stata messa da parte per onorare un'altra regola ancora più importante, il dovere di accogliere uno straniero, ancora di più se europeo. Dopo i primi colloqui, una volta dimostrato che le interviste non ponevano problemi e che, al contrario, gli intervistati erano contenti di esprimersi, i medici mi hanno permesso di accompagnarli nelle loro visite quotidiane negli ambulatori situati nei villaggi situati nelle montagne intorno a Ghardimaou. Grazie alla loro presenza, ho potuto incontrare molte famiglie di migranti che abitano nelle zone più isolate della regione e conquistarne la fiducia. Questo mi ha anche permesso di ottenere molti contatti e ampliare il mio campo d’investigazione oltre la lista fornita da MdM, limitata alle famiglie di immigranti irregolari di Berre-­‐l’Étang. L’accesso privilegiato all'area di studio ha anche facilitato la compilazione di un centinaio di questionari 26 che mi sono serviti ad avere un'idea generale delle tipologie di percorsi migratori esistenti. Limitarmi alle persone presenti nella lista di MdM avrebbe creato una selezione arbitraria della popolazione del mio studio. A questo punto, soddisfatta delle informazioni ottenute tramite i questionari e i colloqui semi-­‐direttivi, avevo bisogno di approfondire alcune questioni e incrociare gli elementi sui quali non ero riuscita ad investigare durante le interviste realizzate insieme ai medici di Ghardimaou. Ho quindi tentato di avvicinarmi all'area di studio utilizzando il metodo dell'osservazione diretta. La mia conoscenza base della lingua tunisina mi ha comunque obbligato a farmi accompagnare da interpreti. In occasione degli incontri individuali, sono riuscita a conversare utilizzando la lingua francese, studiata in Tunisia fin dalla scuola elementare. Ma quando si è trattato di partecipare agli incontri nei caffè, la lingua utilizzata era esclusivamente il tunisino. Benché io comprenda a grandi linee la conversazione, ho spesso chiesto l'aiuto di un giovane appena rientrato da Berre, che traduceva le parti di conversazione che non riuscivo a seguire. Come risultato, questi incontri mi hanno offerto la possibilità di comprendere come si formano le relazioni sociali tra migranti nel luogo d'origine, e mi hanno anche permesso di ascoltare i racconti di vita nel paese di accoglienza. Ho anche potuto osservare da vicino gli investimenti e i miglioramenti economici dovuti alla migrazione, visitando le case di alcuni migranti, dove ho alloggiato la notte, e accompagnandoli qualche ora al giorno nelle loro attività. Non è stato facile stabilire una relazione rilassata e di fiducia con le donne. In occasione di una delle mie missioni, ho quindi deciso di farmi accompagnare da una studentessa tunisina di psicologia, un'amica incontrata a Tunisi, che si interessava alle questioni migratorie. È stato molto interessante ritrovarmi, con lei e altre mogli e figlie di migranti, in una situazione rilassata e conviviale. Questo mi ha permesso di comprendere un universo femminile che è, nella società tunisina tradizionale, lontano e separato dalla sfera pubblica, e che quindi è molto difficile da conoscere senza entrare nella sfera privata delle case e delle relazioni tra sole donne. Andando oltre i discorsi ufficiali fatti in pubblico da queste donne, ho percepito meglio quello che sentono e le loro opinioni in relazione alle migrazioni dei propri familiari. 27 Infine, la missione di una settimana in Francia è stata fondamentale per completare la comprensione del circuito migratorio tra Ghardimaou e Berre-­‐l’Étang. Lì sono stata presentata ai migranti tunisini dal team di MdM durante la giornata di visite mediche mensili. In questo modo, ho potuto incontrare una trentina di migranti irregolari, tra cui ho ritrovato i membri delle famiglie che avevo già intervistato a Ghardimaou, ed anche alcuni migranti regolari che avevo avuto la possibilità di incontrare in Tunisia durante le loro vacanze. Una volta entrati in contatto, ci siamo messi d'accordo per incontrarci prima o dopo il loro turno di lavoro. Non ho voluto accompagnarli sul luogo di lavoro, nei campi, per non mettere in pericolo la relazione con i loro superiori. Abbiamo quindi passato insieme il loro tempo libero, passeggiando nel parco oppure sedendoci al “loro caffè”. Questo caffè, gestito da un tunisino, è nel pieno centro del villaggio ed è frequentato solo da stranieri, in particolare tunisini e marocchini. Anche se non si tratta di una vera e propria inchiesta multi-­‐située (G. Marcus, 1995), poiché in Francia non ho realizzato una ricerca così approfondita come in Tunisia, alternando colloqui semi-­‐direttivi e osservazioni partecipate, ho potuto comunque verificare molte informazioni raccolte a Ghardimaou e scoprire elementi nuovi relativamente alla vita dei migranti e alle dinamiche sociali nel paese d'accoglienza. Le interviste con i membri del team di MdM, e l'osservazione delle loro azioni nella campagna marsigliese, mi hanno anche permesso di osservare la relazione stabilita con i migranti e approfondire la mia conoscenza del funzionamento del progetto transnazionale realizzato a Ghardimaou. Infatti, al momento del mio ritorno in Tunisia, mi sono concentrata sull'osservazione dell'attuazione del progetto che consiste, nel quadro di una collaborazione con i medici di Ghardimaou, nella realizzazione di controlli medici per i migranti e le loro famiglie, ma anche in un sostegno finanziario per sviluppare un'associazione di famiglie di immigranti irregolari. Lo scopo dell'associazione è di aiutare il collegamento tra famiglie di migranti, per poter poi agire presso il governo in relazione ai diritti dei migranti in Tunisia. Questa seconda parte del progetto è stata particolarmente interessante per me, nella misura in cui mi ha permesso di studiare 28 questi nuovi meccanismi di cambiamento nelle relazioni sociali collegati alla migrazione. Il contatto con Marwen, il dipendente a tempo parziale dell'associazione, mi ha aiutato ad incontrare le famiglie e i migranti. Insieme abbiamo visitato le famiglie dei migranti irregolari che si trovano a Berre l’Étang. Questi incontri sono stati utili per entrambi: Marwen ha osservato le mie interviste e si è avvicinato ai problemi dei migranti irregolari e delle loro famiglie che abitano nelle regioni più isolate sulle montagne, e io ho avuto la possibilità di essere presentata attraverso un concittadino e mi sono fatta aiutare da Marwen per quanto riguarda l'interpretazione e la facilitazione delle interviste. Inoltre, l'accoglienza nella sua famiglia, dove sono rimasta una settimana, anch'essa toccata dalla migrazione di due fratelli e del padre, mi ha permesso di conoscere approfonditamente molti aspetti relativi alla gestione familiare della migrazione, che non avrei potuto conoscere in altro modo. 1.2.3. Limiti della ricerca e osservazioni: difficoltà linguistiche e rapporti di forza Dall'inizio di questo lavoro sul campo, ho dovuto affrontare numerose difficoltà e ostacoli. Per cominciare, la compilazione di un numero significativo di questionari è stata un compito difficile. All'inizio dell'inchiesta, era prevista una collaborazione con alcuni omda locali al fine di potergli delegare la redazione dei questionari. Questa strategia si è però rilevata una scelta sbagliata. Gli omda sono i rappresentanti delle autorità nel quartiere, e durante il regime erano utilizzati dal governo per mantenere il controllo sulla popolazione a livello locale. Era dunque problematico per gli intervistati rispondere alle domande relative alla propria esperienza migratoria di fronte a queste persone, in quanto considerate come spie del governo. Ho dovuto dunque completare tutti i questionari in prima persona. Essendo una studentessa straniera, e quindi probabilmente poco legata al regime, gli abitanti di Ghardimaou nutrivano verso di me una maggiore fiducia. Inoltre, grazie ai contatti stabiliti con MdM, ero stata categorizzata come "medico", o comunque come qualcuno che era lì per aiutarli. 29 Altre difficoltà nella compilazione del questionario sorgevano in relazione ad alcune domande molto private, ad esempio il livello di stipendio o l'entrata e il soggiorno irregolare nel paese d'accoglienza. Spesso gli intervistati non volevano rispondere o mostravano imbarazzo. Tutto questo ha ribadito la necessità di colloqui e di osservazioni più approfondite per affrontare tutto ciò che non era stato detto durante la compilazione del questionario iniziale, ma che presuppone un certo livello di fiducia. È stato interessante per me imparare, durante le interviste, i codici del linguaggio non verbale, e comprendere quanto e come porre le domande più problematiche e che tipo di reazione avere. Anche l’utilizzo di un registratore è stato scartato. Dopo averlo sperimentato nelle prime interviste e aver notato una certa resistenza a parlare liberamente da parte dei migranti, ho deciso di limitarmi a prendere delle note su un quaderno, che completavo e rielaboravo in seguito all’intervista, cercando di ricavarmi dei momenti di tranquillità appena finita l’intervista. Per quanto riguarda l'osservazione diretta, se questa mi ha permesso di superare i limiti delle mie interviste semi-­‐direttive, essa è stata ostacolata dalla barriera linguistica, che mi ha impedito di sfruttare pienamente questo metodo. Benché io abbia seguito dei corsi di arabo tunisino, il mio livello non mi permetteva di andare oltre la fase dei semplici saluti e degli scambi di informazioni fondamentali, non riuscendo poi a realizzare delle vere e proprie conversazioni. Il fatto di ricorrere a un interprete esterno o interno alla famiglia6 ha sottolineato, in effetti, la mia non appartenenza al gruppo. Nonostante questo, il fatto di vivere in Tunisia e di essere immersa nella realtà di questo paese mi ha molto aiutato. Ad esempio, anche se la mia comprensione delle conversazioni era insufficiente, mi era comunque facile individuare nelle relazioni sociali molti elementi non verbali, e interpretare meglio la traduzione che mi veniva fatta. In occasione dei colloqui semi-­‐direttivi, che per la maggior parte si sono svolti in francese, il rapporto di forza che si crea naturalmente tra intervistatore e intervistato (S. Beaud, 1996) è stato facilmente indebolito da gesti di comprensione 6
Anche in assenza dei migranti, la conoscenza del francese è comune anche tra le famiglie più
modeste in Tunisia.
30 e da parole d'incoraggiamento. Questa tecnica è stata anche utile per andare oltre i discorsi di facciata causati dalla necessità, per l'intervistato, di farsi accettare o di giustificare un comportamento considerato come illegale. In particolare, quando si comincia a parlare di migrazione “clandestina”, bisogna fare attenzione a quella che Tripier chiama "l'arte di presentarsi agli altri" (P. Tripier, 1998, p. 25): l'obiettivo è di provocare reazioni favorevoli nell'altra persona utilizzando argomentazioni seducenti, spesso per legittimare comportamenti controversi. In effetti, questo tipo di discorso "ufficiale" è stato abbandonato dall'intervistato quando, alla fine del colloquio, io cessavo di essere “l'intervistatrice” e partecipavo personalmente alla conversazione. Mi mettevo allora in una posizione adatta ad uno scambio caratterizzato da una maggiore fiducia e confidenza. Impegnarmi in relazioni di amicizia con alcuni intervistati, mi ha anche permesso di partecipare alla vita quotidiana della popolazione dello studio e di osservarne le dinamiche sociali. All'inizio, gli ostacoli principali al mio lavoro sono stati il fatto di essere una donna e le mie origini. Queste due caratteristiche hanno fatto spesso pensare ai miei interlocutori che io potessi essere loro d'aiuto: un'aspettativa comprensibile se si considera che gli Europei presenti in Tunisia, se non sono imprenditori o turisti, offrono servizi umanitari. È stato quindi difficile spiegare e far capire il mio ruolo di ricercatrice alle prime armi. Il secondo rischio era di essere considerata come un mezzo, tramite il matrimonio en blanc, per ottenere un accesso privilegiato all'Europa. Se queste difficoltà hanno inizialmente falsato la mia relazione con gli interlocutori, impedendomi di raccogliere testimonianze non influenzate da interessi secondari, mi hanno anche spinto a trovare un approccio diverso che, oltre ad aggirare gli ostacoli, mi hanno molto avvicinato alla realtà quotidiana della popolazione studiata. Ad esempio, il fatto di presentarmi come sposata, ha permesso di modificare il modo in cui ero guardata. Se una giovane donna celibe che viaggia da sola, lontano dalla sua famiglia, avrebbe provocato perplessità, il fatto di essere sposata mi assicurava un giudizio più positivo. Inoltre, ho avuto l'occasione di instaurare relazioni più confidenziali con alcune persone, in particolar modo con 31 alcune donne, cosa che mi ha permesso di condividere informazioni personali. Questa condivisione ha facilitato il processo di avvicinamento e di conquista della fiducia. La relazione non si basava più sull'attesa di un aiuto, ma piuttosto su un sentimento di aiuto reciproco: gli intervistati contribuivano al mio lavoro e al mio percorso accademico, e in cambio io trasmettevo messaggi e piccoli regali ai loro parenti in Francia. Se il mio status continuava in parte a influenzare il loro comportamento, la mia presenza costante e la fiducia conquistata mi hanno permesso di giudicare meglio l'autenticità delle testimonianze e delle azioni dei miei interlocutori. 1.2.4. Analisi dei dati della ricerca sul campo: una rilettura costante delle ipotesi tramite le interviste La scelta di utilizzare differenti strumenti d'inchiesta ha come risultato la differenziazione del tipo di dati raccolti e delle fasi necessarie alla loro analisi. Le informazioni quantitative che emergono dal questionario sono state analizzate a più riprese durante il periodo dell'indagine, con l'obiettivo di reperire la distribuzione delle variabili, le relazioni tra queste, e identificare i dati incoerenti. Tutto questo è servito a formulare delle ipotesi che hanno successivamente orientato l'inchiesta qualitativa verso le tematiche più importanti. Vista la debole rappresentatività del campione studiato (solo 100 persone hanno risposto al questionario), il suo utilizzo finale non ha come obiettivo la formulazione di statistiche. Tuttavia, questi dati sono stati utili per migliorare la comprensione del fenomeno studiato e aumentare l'affidabilità dei risultati dello studio. Per quello che riguarda i dati raccolti con i due metodi qualitativi utilizzati, i colloqui semi-­‐direttivi e l'osservazione, ho seguito il modello suggerito da D. Bertaux (1997). Le narrazioni della fase di pre-­‐inchiesta esplorativa mi sono state utili per approfondire la mia conoscenza della realtà del campo, delineare l'obiettivo di ricerca e formulare domande più precise. Successivamente, le interviste realizzate sono state trascritte nella loro interezza e analizzate giorno dopo giorno, per evidenziare le tematiche ricorrenti e paragonarle ai risultati del questionario 32 quantitativo e delle interviste precedenti, continuando il processo di valutazione della correttezza delle ipotesi formulate. Le unità tematiche così svincolate hanno permesso di passare dal vissuto al concetto, vale a dire alla struttura tipica del fenomeno studiato. La fase di osservazione diretta è stata indispensabile per approfondire la comprensione del fenomeno, completando i dati mancanti e cercando di svelare il senso profondo di alcune esperienze, grazie alla conoscenza più approfondita della realtà esplorata. Una volta terminata la fase di raccolta dei dati, un’ultima rilettura delle trascrizioni è stata indispensabile al fine di comprendere il senso generale dell'insieme della descrizione, di ridefinire le differenti tematiche emergenti dai racconti e di confrontarle. Queste tematiche si riassumono come segue: da una parte la descrizione del percorso migratorio, suddiviso in cause e conseguenze, in relazione alla vita del migrante, della sua famiglia e del gruppo sociale al quale appartiene, nonché il ritorno nel paese d'origine; d'altra parte, il miglioramento del capitale economico, umano e sociale prima e dopo la migrazione. Dopo un'ultima osservazione sul campo realizzata con lo scopo ulteriore di chiarire gli aspetti che mi sembravano ancora oscuri, ho cominciato la fase di redazione del presente lavoro, sintetizzando e concettualizzando con l'obiettivo di descrivere in modo coerente e solido il fenomeno studiato. 33 2.
L’EVOLUZIONE DELLE MIGRAZIONI TUNISINE: L’INFLUENZA DEL CONTESTO SOCIO-­‐ECONOMICO E POLITICO NAZIONALE E INTERNAZIONALE 2.1.
DALLA COLONIZZAZIONE AGLI ANNI 1980: CRESCITA ECONOMICA IN EUROPA E LIBERTA’ DI MOVIMENTO La migrazione tunisina verso l'estero comincia a diventare un fenomeno importante dopo l'Indipendenza. Da questo momento, essa attraversa fasi differenti la cui ampiezza e composizione varieranno in funzione del contesto economico e politico tunisino e internazionale. In questo capitolo descriveremo queste fasi, tenendo conto delle cause economiche, sociali e politiche delle variazioni dei flussi migratori. Successivamente ci concentreremo, in particolare, sull'evoluzione del quadro giuridico nazionale e internazionale all'interno del quale si inseriscono tali fasi migratorie. Infine, il capitolo si conclude con una parte dedicata alla situazione attuale, considerando gli avvenimenti più significativi relativi alle migrazioni dalla rivoluzione tunisina. Questo ci permetterà di identificare gli elementi del contesto macro che hanno avuto, e hanno attualmente, un ruolo nelle migrazioni tunisine. 2.1.1. Il periodo coloniale e le migrazioni interne La Tunisia è uno degli ultimi paesi del bacino mediterraneo ad inserirsi nel sistema delle migrazioni internazionali. Durante la colonizzazione francese la mobilità dei tunisini veniva praticata soprattutto all'interno delle frontiere nazionali. Secondo Gildas Simon in "Etat et Perspectives de l’Émigration Tunisienne" (1977), tra il 1881 e il 1956 (durata del protettorato francese in Tunisia), si osserva un aumento della migrazione interna spinta dalla crescita demografica e dalla rottura dell'equilibrio dei rapporti tradizionali tra città e campagna. In effetti, nella prima metà del 20º secolo, La Tunisia conosce un raddoppiamento della sua popolazione, grazie alla diminuzione della mortalità dovuta all'arrivo di nuovi medicinali, ma anche al miglioramento dei trasporti e dell'alimentazione. L’esplosione demografica non è 34 equilibrata da uno sviluppo economico altrettanto rapido. Questo porta a una diminuzione del reddito per abitante e all'aumento dell'indebitamento. Nelle campagne, dove abita la maggioranza della popolazione, questo processo ha effetti significativi. Le manifestazioni contro le tasse, le espropriazioni, la trasformazione dei metodi di produzione, sono il risultato di un progressivo isolamento e declino causati dall'accelerazione della centralizzazione della vita economica, amministrativa e dei servizi nelle città costiere. L'aggravamento dello squilibrio tra città e campagne ha spinto un gran numero di persone all'esodo rurale, che abbandonavano le campagne per raggiungere i grossi centri abitati. La migrazione verso l'estero, invece, rimane esigua. Secondo le statistiche dell’INS7, nel 1954 il numero dei tunisini in Algeria è tra 10 000 e 12 000 (l'Algeria era ancora colonia francese) e 2 000 in medio oriente, seguendo l'antica tradizione commerciale tra paesi musulmani. In Francia, si conta solo qualche migliaio di tunisini, partiti per proseguire gli studi superiori oppure per rispondere all'appello di manodopera del governo francese durante le guerre mondiali. A quell'epoca, quindi, non vi era una vera e propria migrazione per lavoro, nonostante l'esistenza della libertà di circolazione e di soggiorno in Francia, sia per i tunisini che per i marocchini. La debole migrazione verso la Francia si spiega con il fatto che le migrazioni interne erano sufficienti, in quel momento storico, a ridurre gli squilibri socio-­‐economici interni al paese. Tuttavia, la meccanizzazione del lavoro, l'aumento dei servizi, le modalità di vita urbana e la scolarizzazione, diventano portatori di una disaffezione verso il lavoro manuale, della diminuzione della necessità di manodopera e dell'evoluzione della famiglia allargata verso la cellula coniugale. Questa trasformazione socio-­‐economica costituisce il primo passo verso l'espansione del fenomeno migratorio all'estero. 7
Istituto Nazionale di Statistica tunisino.
35 2.1.2. L'Indipendenza e l'aumento delle migrazioni verso l'estero Al momento dell'indipendenza, il saldo migratorio diventa negativo. A seguito della decolonizzazione, l'esodo dei capitali, la partenza dei dirigenti europei e la regressione della produzione portano a una disorganizzazione dell'economia e a una diminuzione della crescita industriale. Questa situazione è gestita da una politica di ristrutturazione di tipo dirigista e protezionista. Il contesto di crisi economica spinge 75 000 persone a lasciare la Tunisia tra il 1955 e il 1965 (G. Simon, 1979, pag. 54). In particolare, per quanto riguarda la Francia, la situazione amministrativa dei migranti si modifica rispetto al passato. Prima dell'indipendenza, i tunisini non dovevano seguire alcuna procedura amministrativo per soggiornare in Francia. Dal 1956, sono obbligati ad avere un titolo di soggiorno che permette loro di lavorare e di rimanere in Francia oltre i tre mesi previsti dal visto turistico, che viene automaticamente consegnato al loro arrivo sul territorio francese. In qualsiasi altro caso, la situazione dei migranti è definita irregolare dalla legge francese, la persona è quindi passibile di essere arrestata dalla polizia ed espulsa. Tuttavia, in questo periodo, le migrazioni nella pratica non sono ancora controllate dai governi in modo severo. Il vero aumento del flusso migratorio avviene tra il 1964 e il 1973. Le ragioni di questo fenomeno si ritrovano, da un lato, nella situazione di crisi socio-­‐economica della Tunisia, ma anche nella congiuntura economica favorevole di molti paesi europei, soprattutto Francia e Germania, ma anche della Libia, che attirano un gran numero di migranti tunisini. La crescita economica europea richiede un numero di lavoratori superiore alla disponibilità di manodopera nazionale. Il settore dell'edilizia è in crescita in Francia, grazie anche alla costruzione e ristrutturazione di alloggi destinati ai coloni che rientrano in madrepatria. In Libia, tra il 1961 e il 1971, l'aumento esponenziale dello sfruttamento del petrolio deve affrontare una mancanza di manodopera nazionale e deve quindi fare appello ai paesi vicini (G. Simon, 1979). 36 Nel 19698 trova applicazione il primo accordo di manodopera con la Francia . Una serie di istituzioni sono create in Tunisia per definire e gestire la selezione, la preparazione e l'accompagnamento dei migranti in Francia. Vengono forniti due tipi di contratti. Da una parte i contratti anonimi implicano una prerogativa dell'amministrazione tunisina per quanto riguarda la scelta dei candidati all'emigrazione. Questa scelta dipende dal tasso di disoccupazione regionale, da criteri di età, o ancora dalla corruzione (G. Simon, 1979). D'altra parte, per i contratti nominativi, il datore di lavoro in Francia assume direttamente un lavoratore conosciuto. Questo si realizza, generalmente, grazie ai legami famigliari, oppure durante il soggiorno di tre mesi previsto dal visto turistico. In generale, la maggioranza delle partenze continua a realizzarsi al di fuori dei canali ufficiali. I migranti occupano frequentemente posti di lavoro non dichiarati e ottengono il titolo di soggiorno grazie a successive regolarizzazioni. La circolazione tra i due paesi diventa, da questo momento, costante e intensa. Tale circolazione si organizza, in parte, con il controllo delle istituzioni dello Stato che si occupano della gestione delle migrazioni, ma soprattutto grazie all'aiuto delle reti sociali e familiari che già esistono in Francia. La solidarietà familiare tra persone rimaste in Tunisia e i migranti, e l'efficacia delle filiere migratorie hanno notevolmente influenzato l'intensificazione della circolazione verso l'Europa. L'appello di manodopera straniera trova quindi una forte risposta nei lavoratori tunisini, che cercavano una soluzione alla loro situazione precaria in un paese in crisi economica. Negli anni 1970, il fallimento della politica protezionista realizzata nel periodo della decolonizzazione, è seguito da un orientamento più liberale che avvantaggia le imprese straniere che vogliono collocarsi sul mercato del lavoro tunisino. Tale situazione ha aggravato lo squilibrio e il debole tasso di attività del paese portando a una crisi economica e finanziaria di notevoli proporzioni. Il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale offrono alla Tunisia un aiuto per 8
Accordo firmato nel 1963 ma ritirato in seguito alla nazionalizzazione delle terre e
all'espropriazione dei proprietari francesi in Tunisia. Sarà ripreso nel 1969 a seguito della
liberalizzazione della politica economica tunisina e la necessità di manodopera presente in
Francia in quegli anni.
37 sviluppare un Piano di Aggiustamento Strutturale, imponendo una politica economica di rigore, il cui obiettivo era la diminuzione del debito pubblico. Tale politica comprende importanti privatizzazioni, la deregolamentazione del mercato dell'occupazione, la diminuzione della capacità di occupazione da parte dello Stato e una precarizzazione del lavoro dipendente (G. Simon, 1979). L'avvio del Piano di Aggiustamento Strutturale corrisponde, oltre all'accordo di manodopera con la Francia, all'accordo d'associazione allo spazio economico europeo nel 1969. Nel 1973, una parte predominante della bilancia commerciale (59,8%) pende verso i paesi della CEE, mentre solo il 10% degli scambi commerciali si realizza con i paesi del Maghreb (G. Simon, 1979, pag. 103). La Tunisia esporta in Europa principalmente materie prime a basso costo e importa prodotti manifatturieri più costosi. La conseguente dipendenza viene in parte aumentata dalla migrazione, in quanto fattore di spinta della domanda di importazione di prodotti dai paesi di accoglienza. A quell'epoca, la Tunisia si trova in una nuova situazione di squilibrio e di dipendenza verso i paesi europei e verso la Francia in particolare. Le politiche sociali tunisine, applicate per ridurre le ineguaglianze e la crescita demografica, non riescono a fermare le partenze. La limitazione delle nascite, e la promulgazione del Code de Statut Personnel9non hanno avuto un effetto immediato. Inoltre, le autorità incoraggiano l'emigrazione considerandola come un "male necessario 10 ” per la gestione della disoccupazione e per l’entrata di valuta estera. Un altro fattore che intensifica i flussi migratori è lo sviluppo del turismo. Questo ha come risultato una crescita economica, il progresso dei trasporti marittimi e aerei e la diffusione di modi di vita occidentali. Gildas Simon lo definisce "l'apertura dello spazio geografico e mentale dei tunisini": la dipendenza economica e il contatto 9
Il Codice dello Statuto Personale, promulgato nel 1956 dal presidente della Tunisia, Habib
Bourguiba, comprende una serie di leggi progressiste per l'instaurazione della parità tra uomini e
donne in molti settori.
10
Dichiarazione del primo ministro tunisino, Hèdi Nouira, in “La Presse” del 23-24 agosto 1971.
38 culturale intensificano i legami con l'Europa ma anche la percezione delle disparità tra le due società (G. Simon, 1979). Oltre a questo, il turismo e l'istruzione di massa offrono dei mezzi di promozione sociale e spingono a una rivalutazione delle gerarchie tra gruppi sociali. Se il turismo si sviluppa unicamente sulle coste, la diffusione dei mass-­‐media si realizza su tutto il territorio e avvicina tutto il paese ai valori della società di consumo occidentale. I segni esterni di ricchezza diventano primari quando si tratta di redistribuzione dei ruoli sociali. Le inchieste realizzate negli anni 1970 (A. Bouaroui e S. Sahli, 1974), in merito ai motivi delle partenze dei tunisini, sono rivelatrici in questo senso. Una percentuale dell'82% di tunisini desiderano emigrare, di questi, il 73% giustifica la voglia di partire con ragioni economiche, tra cui la mancanza di lavoro (disoccupazione o sottoccupazione). Tuttavia, il 50% di coloro che parte, ha un lavoro stabile. Questo si spiega con il fatto che, anche chi lavora, subisce comunque un reddito basso, che non permette di assicurare i nuovi bisogni, come l'istruzione dei bambini, la modernizzazione della casa oppure l'ambizione di salire la scala sociale. L'emigrazione, in effetti, si situa, per tanti tunisini, in una logica di ricerca di miglioramento della propria posizione nella scala sociale, affrancandosi dalla tutela familiare o dalla pressione sociale diffusa. L'emigrazione è anche un mezzo per allargare i propri orizzonti e per soddisfare la volontà di autonomia e indipendenza in relazione alle strutture sociali tradizionali. Dal punto di vista dei bisogni e delle aspirazioni, la società tunisina tende ad allinearsi sempre di più alle società consumistiche dei paesi industrializzati, mentre i mezzi, i livelli di produzione e le entrate rimangono inferiori. 2.1.3. Gli anni 1970: il cambiamento del contesto economico internazionale e il tentativo di controllo dei flussi migratori nel Mediterraneo La crisi economica che ha colpito il mondo occidentale in seguito allo shock petrolifero del 1973, è la prima causa di cambiamento del contesto migratorio nel 39 Mediterraneo. L'Europa reagisce all'aumento della disoccupazione e all'abbassamento del tasso di crescita con politiche che, limitando le migrazioni, controllano le migrazioni spontanee e incoraggiano il ritorno dei migranti nel paese d'origine. Questo tentativo di rallentamento dei flussi migratori è accompagnato da importanti campagne di regolarizzazione di coloro che, arrivati in Europa, e avendo superato la validità del visto turistico, hanno però nel frattempo trovato un'occupazione (nel 1973, 16 500 tunisini sono stati regolarizzati11). Un'eccezione alla limitazione dell'immigrazione è rappresentata dai contratti stagionali, che sembrano sostituire i contratti di lunga durata nei settori in cui non si trova manodopera all'interno del territorio nazionale. I contratti stagionali realizzati in Tunisia tra il 1970 e il 1973 hanno subito un aumento da 252 a 2 21812. La politica migratoria dei paesi europei comincia quindi a concentrarsi sull'integrazione degli stranieri già presenti sul territorio, facilitando e incoraggiando la migrazione famigliare. In effetti, fino agli anni 2000, la percentuale d’immigrazione familiare cresce costantemente in relazione alla migrazione per lavoro (18,6% dell'immigrazione regolare nel 1973, 50,9% nel 1974, 93,2% nel 1993). In Francia, nel 1993, più del 90% di tunisini entrano nel paese nell'ambito del ricongiungimento familiare (H. Boubakri, 2010). Per quanto riguarda le politiche dei paesi europei, focalizzate sull'incoraggiamento al ritorno dei migranti, esse non sembrano essere efficaci: sono pochi i migranti che utilizzano i canali ufficiali predisposti per i rientri (J.-­‐P. Cassarino, 2008) . Dal punto di vista dell'accesso ai paesi europei da parte di stranieri, a partire da questo momento, si instaura progressivamente una maggiore severità dei controlli sull'immigrazione e le condizioni da adempiere per entrare in Europa diventano sempre più numerose. Nel 1986, la Francia introduce l'obbligo di richiesta del visto dalla Tunisia. Il visto turistico di tre mesi non è quindi più fornito automaticamente all'entrata sul territorio francese, ma una selezione viene fatta in Tunisia dall'ambasciata 11
12
Dati dell’ Agence Nationale d’Accueil des Étrangers et des Migrations
OMI publications, Entrée Des Travailleurs Saisonniers De 1946 À 2002, 2002
40 francese 13 . Questa scelta del governo francese è la diretta conseguenza degli attentati che il paese ha subito in quegli anni. È in questo momento che i ritorni forzati, in caso di entrata o di soggiorno irregolari sul territorio, cominciano a essere organizzati e realizzati dalle istituzioni, benché fossero previsti sin dall'accordo di manodopera del 1969. Inoltre, nello stesso periodo, i paesi europei si accordano per l’abolizione delle frontiere interne all’Unione Europea e per la creazione di uno spazio di libera circolazione dei prodotti, dei capitali e delle persone. Schengen entra pienamente in vigore nel 1995. Questo sistema prevede anche che tutti i paesi aderenti forniscano a chi non proviene dai paesi dell’Unione Europea un visto che permette di viaggiare liberamente nell'insieme dei paesi stessi. La difficoltà di ottenimento di un visto Schengen sconvolge i flussi migratori diretti in Europa, e ha come effetto l'aumento dell'immigrazione irregolare e l'inizio del fenomeno degli harraga 14 . Spinti dall'impossibilità di ottenere un visto per l'Europa, migliaia di migranti ogni anno decidono di attraversare il Mediterraneo su imbarcazioni di fortuna. Questo viaggio, al di fuori dei canali legali di arrivo in Europa, è molto rischioso e provoca ogni anno la morte di centinaia di persone. Dal 1988, è stato calcolato che il numero di morti dovuto a queste traversate è stato pari a 13 417 persone, di cui 6 226 nel Canale di Sicilia15. Nonostante l'aumento dei controlli sulle migrazioni da parte dei paesi europei, e un inasprimento dei criteri per l'ammissione degli stranieri, i flussi migratori verso l'Europa non sembrano diminuire. Il contesto politico internazionale influenza anche le migrazioni tunisine in Libia. Il progressivo degrado dei rapporti con i suoi primi paesi di esportazione culmina con 13
Nel 2012, le procedure di concessione dei visti in Tunisia è stata delegata a un'impresa privata
che collabora con l'ambasciata francese.
14 Questo termine in arabo significa “coloro che bruciano” e si riferisce all’azione di bruciare il passaporto e i documenti d’identità. Quest’azione compiuta prima del viaggio dei migranti che decidono di partire in barca attraverso il mediterraneo simboleggia il distacco dal paese d’origine e l’inizio di una nuova avventura altrove. 15
Stime aggiornate al 10 marzo 2011, basate sugli articoli della stampa internazionale pubblicati
sul blog del giornalista Gabriele del Grande, Fortress Europe :
http://fortresseurope.blogspot.com/2006/01/forteresse-europe.html
41 l'embargo della comunità internazionale nel 1992. Il colonnello Gheddafi reagisce alle conseguenze socio-­‐economiche dell'embargo con l'espulsione di 50 000 tunisini nel 1985 (H. Boubakri, 2010 pag. 8). Nonostante questa crisi, la realizzazione della libera circolazione con la Libia nel 198916, permette ai tunisini di effettuare dei viaggi di andata e ritorno per attività commerciali senza immigrare stabilmente nel paese. Contemporaneamente, la politica panafricana della Libia permette l'arrivo di lavoratori egiziani e subsahariani, che fanno concorrenza alla manodopera tunisina, scoraggiandola. A questo punto, l'Italia sostituisce la Libia come terzo paese di accoglienza dei tunisini. Il resto del mondo arabo, toccato da crisi economiche e da tensioni politiche, per tutto il periodo che va dal 1980 al 1990, cessa di essere la destinazione principale dell'immigrazione tunisina. 16
In seguito alla creazione dell'Union du Maghreb Arabe (UMA), l'organizzazione economica e
politica formata da Algeria, Libia, Marocco, Mauritania e Tunisia.
42 2.2.
GLI ANNI 1990: L’INTERNAZIONALIZZAZIONE E LA CRIMINALIZZAZIONE DELLE MIGRAZIONI Il contesto economico e politico internazionale, in particolare dopo la creazione dell'Unione Europea (UE) e dello spazio Schengen, nonché le relazioni diplomatiche tra Stati, hanno avuto una forte influenza sull'evoluzione delle politiche e delle leggi tunisine, ma anche sulle dinamiche migratorie. Come abbiamo spiegato in precedenza, prima dei primi accordi di manodopera, le migrazioni avvenivano al di fuori di qualsiasi quadro giuridico specifico. Dagli anni 1970, e in particolare dagli anni 1980, si comincia a dare reali strumenti alle istituzioni interessate per mettere in pratica i regolamenti nazionali e, successivamente, i regolamenti europei. I governi cominciano a esercitare un controllo effettivo sui flussi migratori, creando anche un sistema di accordi bilaterali per il controllo degli arrivi e degli eventuali rimpatri, coercitivi o volontari. In questo capitolo si ripercorrerà l'evoluzione del contesto legislativo europeo relativo alle migrazioni, per poi analizzare gli accordi bilaterali tra Tunisia e Francia e Italia, i due più importanti paesi di immigrazione tunisina. Infine si mostrerà come queste relazioni hanno influenzato la creazione e l'evoluzione della legislazione tunisina in materia di migrazioni. 2.2.1. L’evoluzione della politica migratoria europea verso una migrazione selezionata Il rafforzamento della coesione politica all'interno dell'Unione Europea porta alla creazione dello spazio di libera circolazione di Schengen nel 1985. A partire da questo momento, la politica migratoria, anche se rimane una prerogativa nazionale, è sempre di più soggetta a una gestione comune da parte dell'Unione. A partire dagli anni 90, i paesi membri dell'unione europea cercano di instaurare un dialogo diplomatico per concludere degli accordi con i paesi del Mediterraneo. Tali 43 accordi sono finalizzati a legare la cooperazione economica a una gestione congiunta della politica migratoria europea. Ne sono un esempio il dialogo 5+5 17 , la Dichiarazione di Barcellona del 1995, che instaura il processo di Barcellona18 (la cui più recente evoluzione è l'Unione per il Mediterraneo19 nel 2006), e il Dialogo sulle Migrazioni di Transito nel Mediterraneo20. Dal trattato di Amsterdam (1997), si decide che la politica migratoria e di asilo sia inserita nel quadro dello spazio "libertà, sicurezza e giustizia", che fa parte del primo pilastro, quello in cui gli Stati membri hanno trasferito una parte importante della propria sovranità. In questo momento comincia quindi la comunitarizzazione delle politiche migratorie. Dopo l'11 settembre 2011 però, l'immigrazione irregolare insieme al crimine organizzato e al terrorismo, diventano argomenti trattati in vari gruppi di lavoro all'interno del terzo pilastro, nello spazio "giustizia e affari interni", a carattere molto più intergovernativo. Con il Consiglio di Tampere nel 1999, il cui obiettivo era di programmare l'armonizzazione, in cinque anni, della politica d’immigrazione all'interno dell'Unione Europea, si comincia a parlare di accordi di riammissione, necessari per poter eseguire le espulsioni. Con l'accordo di Cotonou nel 2000, tra l'UE e gli ACP 17
Il Dialogue 5+5 (1990, Roma) rappresenta il primo incontro tra i paesi del Mediterraneo
occidentale. L'obiettivo era di avviare un processo di cooperazione regionale nel Mediterraneo
occidentale che coinvolgesse Italia, Francia, Spagna, Portogallo e Malta, per la riva nord, e
cinque paesi dell'unione del Maghreb arabo per la riva sud (Mauritania, Marocco, Algeria,
Tunisia, Libia).
18
Il processo di Barcellona o Euromed, lanciato nel 1995 con la Dichiarazione di Barcellona, ha
l'obiettivo di creare una partnership tra i paesi del Mediterraneo per costruire uno spazio di pace,
sicurezza e di prosperità condivise, grazie ad azioni nei settori politico, economico, finanziario,
culturale e sociale. Se a livello economico l'obiettivo è la creazione di un mercato di libero
scambio, la libera circolazione delle persone non è prevista. La cooperazione per il controllo
dell'immigrazione e per la lotta contro il terrorismo è diventata une dei settori prioritari della
partnership. I paesi membri sono l'Unione Europea, Algeria, Autorità Palestinese, Egitto, Israele,
Giordania, Libano, Marocco, Siria, Tunisia e Turchia, Albania e Mauritania (dal 2007). La Libia
ha lo statuto di osservatore.
19
L’Unione Per il Mediterraneo è uno dei progetti scaturiti dal processo di Barcellona. Fondata
nel 2008, si tratta di un'organizzazione internazionale intergovernativa a vocazione regionale. Gli
obiettivi principali sono di ordine energetico e ambientale.
20
Fondato nel 2002, il MTM è una struttura informale che riunisce i funzionari e gli esperti di
migrazione. L'obiettivo delle conferenze è scambiare informazioni per elaborare una strategia
contro le migrazioni irregolari e per il coordinamento delle migrazioni regolari. Le conferenze
accolgono i partner arabi ed europei e altri osservatori come FRONTEX, l'Organisation de
l’Union Africaine, ecc..
44 (79 paesi d'Africa, dei Caraibi e del Pacifico) si richiede per la prima volta l'introduzione degli accordi di riammissione nella legislazione interna di questi paesi. Le riammissioni non riguardano solo i cittadini aventi la nazionalità di uno dei paesi firmatari, ma anche i non-­‐cittadini che ne hanno attraversato il territorio per raggiungere l'Europa. In merito al riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento dei cittadini dei paesi terzi, una direttiva del consiglio del 28 maggio 200121 sancisce che una decisione di allontanamento formulata da uno Stato membro si applica automaticamente su tutto il territorio dell'Unione. Inoltre, la direttiva del 28 giugno 200122 prevede una sanzione per chi si rende responsabile del trasporto all'interno dell'Unione Europea di cittadini di paesi terzi non in possesso dei titoli o dei visti necessari. Nel 2002, il consiglio di Siviglia ribadisce l'importanza della lotta contro l'immigrazione clandestina e condiziona gli aiuti allo sviluppo alla volontà di cui faranno prova i paesi di emigrazione se vorranno collaborare a questa lotta. Nelle Conclusioni della Presidenza del Consiglio, vengono dichiarati i principi da seguire per favorire la prosperità economica dei paesi coinvolti e, grazie a questo, per ridurre le cause all'origine dei movimenti migratori23. I mezzi per arrivare a questi obiettivi sono l'intensificazione della cooperazione economica, lo sviluppo degli scambi commerciali, gli aiuti allo sviluppo e la prevenzione dei conflitti. Il consiglio richiede che negli accordi futuri con i paesi terzi venga inserita una clausola relativa alla gestione dei flussi migratori, ma anche alla riammissione obbligatoria in caso di immigrazione illegale. L'obbligo non è limitato alle persone che possiedono la nazionalità del paese terzo, ma include anche le persone che non hanno la nazionalità, il cui transito attraverso il paese in questione può però essere riscontrato. Questo è il principio chiave contenuto in tutti gli accordi bilaterali tra i paesi della riva nord e i paesi della riva sud del Mediterraneo, che lega la 21
22
23
Direttiva 2001/140/CE del Consiglio europeo, 28 maggio 2001.
Direttiva 2001/51/CE del Consiglio europeo, 28 giugno 2001.
Conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo di Siviglia, 21 e 22 giugno 2002.
45 cooperazione allo sviluppo alla collaborazione per la lotta contro l'immigrazione illegale. Il consiglio europeo del 4 e 5 novembre 2004 approva il programma dell'Aia (2005-­‐
2010) 24 e definisce le priorità relative al nuovo spazio di "giustizia, libertà e sicurezza": lottare contro l'immigrazione illegale, in particolare contro la tratta di donne e di bambini; favorire l'integrazione dei migranti nei paesi dell'Unione Europea. Insiste sull'attuazione del sistema informatico relativo ai visti, che deve essere applicato su larga scala e che sarà realizzato con il nome di Schengen Information System (SIS), insieme alla creazione di Frontex25 (agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa le frontiere esterne degli Stati membri)26 . Nel 2004 viene elaborata anche la Politica Europea di Vicinato per rinforzare il processo di Barcellona. Tale politica prevede che l'Unione firmi degli accordi di partenariato e di cooperazione economica e finanziaria con i paesi della riva sud del Mediterraneo, tra cui la Tunisia. Come contropartita si richiedono degli impegni in materia di garanzie dei diritti dell'uomo e una liberalizzazione dei movimenti di capitali e merci. Tale politica esige anche un impegno per quanto riguarda il controllo dei flussi migratori per la lotta all'immigrazione illegale. L'unione europea cerca in questo modo di spostare la gestione delle sue frontiere nel Nord d'Africa, spingendo i governi maghrebini a farsene garanti. Questo aspetto è sottolineato dalla prima Conferenza Euro-­‐Africana sulle Migrazioni e lo Sviluppo tenutasi a Rabat nel 2006, che riunì 60 paesi euro-­‐africani e l'Unione Europea. I ministri degli affari esteri e i ministri competenti in materia di migrazioni dei paesi partecipanti si incontrano per trovare un accordo sui principi fondamentali di una cooperazione che ha come obiettivo lo sviluppo dei paesi del sud, in cambio di un controllo più severo sulle migrazioni da questi paesi. Con il Trattato di Lisbona (2007), l'immigrazione entra nel diritto comunitario dell'Unione Europea, diventa quindi oggetto di co-­‐decisione tra la Commissione e il 24
http://europa.eu/legislation_summaries/justice_freedom_security/citizenship_of_the_union/l160
02_fr.htm
25
Agence de control des FROntières EXtérieures - agenzia di controllo delle frontiere esterne.
26
http://europa.eu/legislation_summaries/justice_freedom_security/free_movement_of_persons_a
sylum_immigration/l14509_fr.htm
46 Parlamento, attraverso l'approvazione a maggioranza qualificata. Questo viene considerato come un passo avanti perché comporta una maggiore democraticità nel processo decisionale riguardante l'argomento. Le decisioni relative all'entrata sul territorio e alla gestione delle migrazioni all'interno dello spazio nazionale rimangono comunque prerogative nazionali. La direttiva sui rimpatri del 16 dicembre 200827 definisce le condizioni della detenzione preventiva e l'allontanamento degli stranieri e fissa a 180 giorni la durata massima della detenzione di un immigrato clandestino dei centri di detenzione previsti. Questa direttiva fissa degli standard più bassi rispetto a quelli già previsti da molti Stati. Nel 2009, con il programma di Stoccolma28, la Commissione europea presenta il piano per lo sviluppo di un sistema di sorveglianza delle frontiere europee (EUROSUR29), che fino ad ora ha visto un'evoluzione importante a livello politico, ma anche tecnico. EUROSUR è considerato come l'iniziativa chiave della strategia di sicurezza interna dell'Unione Europea. La Tunisia è il primo Stato maghrebino ad avere ratificato l'accordo d'associazione euro-­‐mediterraneo e nel 2010 ha avviato i negoziati per ottenere lo "status avanzato"30 presso l'Unione Europea, ottenuto alla fine del 2012. La pressione europea, attraverso incontri diplomatici e accordi bilaterali ha influenzato notevolmente la formazione della politica e della legislazione migratoria in Tunisia. 27
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:32008L0115:fr:NOT
http://europa.eu/legislation_summaries/human_rights/fundamental_rights_within_european_uni
on/jl0034_fr.htm
29
Questo sistema attua un meccanismo grazie al quale le autorità degli Stati membri, che si
occupano della sorveglianza delle frontiere, possono cooperare e scambiare informazioni tra loro
e con Frontex.
30
Lo "status avanzato" consiste nell'attuazione di una zona di libero scambio e nell'accesso della
Tunisia alle prestazioni delle agenzie europee specializzate: Eurojust, Europol, Agenzia europea
per la sicurezza aerea o l'Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze. Lo statuto
di partner privilegiato comprende anche la promozione della cooperazione tra i due firmatari, nel
settore della formazione e della ricerca, la creazione di partnership che coinvolgano le istituzioni
di ricerca e l'attuazione di una serie di piattaforme tecnologiche in cui saranno coinvolte le
imprese.
28
47 2.2.2. Gli accordi bilaterali tra Tunisia e Italia e Francia: la cooperazione allo sviluppo e il controllo concertato delle migrazioni In effetti, anche negli accordi bilaterali con i paesi europei si osserva una tendenza a collegare gli aiuti economici e la cooperazione per la gestione delle migrazioni, per la lotta contro le migrazioni irregolari, e agli accordi di riammissione che permettono le espulsioni. È importante sottolineare che, benché la Francia sia il primo paese d'emigrazione per i tunisini, la maggioranza delle riammissioni è effettuata dall'Italia, che è diventata una tappa intermedia per chi parte irregolarmente e cerca di raggiungere la Francia (J.-­‐P. Cassarino, 2008, p 115). In effetti, gli accordi con l'Italia di riammissione di tutti i migranti provenienti dalla Tunisia sono firmati abbastanza presto rispetto a quelli firmati con altri paesi. Nel 1998 comincia lo scambio di informazioni relative all'entrata e alla riammissione delle persone in situazione irregolare. Questi accordi, divenuti ufficiali nel 2000, hanno come scopo la lotta contro l'immigrazione illegale in cambio di investimenti per migliorare la situazione economica delle regioni più povere della Tunisia. Il governo italiano stanzia 15 miliardi di lire (circa 7 747 000 euro) in tre anni per l'industria tunisina, di cui 500 milioni (circa 25 800 euro) per la costruzione di centri di detenzione per migranti. In Tunisia vengono costruiti 13 centri (P. Cuttitta, 2012) . Le riammissioni sono previste per i cittadini tunisini, ma anche per i cittadini di paesi terzi che sono passati per la Tunisia. L'Italia da parte sua introduce delle quote31 di entrata legale privilegiate per i tunisini: 3 000 persone nel 2000 e nel 2001; 2 000 nel 2002 e 600 nel 2003. Nel 2003 l'Italia e la Tunisia firmano un Accordo di Buon Vicinato e di Cooperazione. L'accordo prevede incontri e consultazioni periodiche tra i due governi per discutere delle tematiche relative alla cooperazione economica, finanziaria, militare, ma anche relative alla cooperazione allo sviluppo, ai livelli culturali, all'istruzione, ai settori scientifico e giudiziario, 31
In Italia, il sistema di introduzione dei lavoratori stranieri funziona secondo nazionalità, il cui n
numero viene deciso ogni anno dal ministero degli interni attraverso il "Decreto flussi",
48 consolare, nonché tematiche relative ad azioni comuni per la gestione del fenomeno migratorio. L'aiuto finanziario e pratico, per quanto riguarda la formazione della polizia tunisina e l'aumento delle quote d'entrata regolare dei tunisini a 3 000 persone, ne sono un esempio. Vediamo quindi come il numero dei tunisini accettati sul territorio italiano, nel quadro del sistema delle quote, risponde a logiche di sicurezza e non alle esigenze del mercato dell'occupazione italiano e tunisino. La stessa tendenza si ritrova nell'accordo quadro Francia-­‐Tunisia relativo alla gestione concertata delle migrazioni e allo sviluppo solidale, firmato dal 2008 come complemento dell'accordo del 198832. Tale accordo è anche caratterizzato dalla correlazione tra i criteri di circolazione delle persone (condizioni e regole per la concessione dei visti), la lotta contro l'immigrazione illegale (rimpatri, cooperazione della polizia per il controllo delle frontiere, lotta contro le reti criminali) e la cooperazione per lo sviluppo (lotta contro la povertà, creazione di occupazione). Per quanto riguarda i dispositivi relativi al soggiorno regolare dei migranti, questi si distinguono in numerose categorie (permessi di studio, visti per giovani professionisti, la carta “competenze e talenti”, visti di circolazione), che rispondono a differenti criteri e hanno differenti procedure per l'entrata e il soggiorno sul territorio. Questa situazione rende complessa e talvolta arbitraria la gestione dei dossier da parte delle istituzioni dei due paesi (H. Boubakri, 2010). 2.2.3. L’influenza del clima politico internazionale nella legislazione tunisina La prima legge sull'immigrazione è la legge n°68-­‐7 relativa alle condizioni di entrata degli stranieri in Tunisia, promulgata l'8 marzo 1968. Per la prima volta si inserisce la migrazione all'interno di un quadro giuridico. Questa legge viene completata da quella del 14 maggio 1975, che regolamenta le condizioni di concessione di passaporti e dei titoli di viaggio e stabilisce regole severe e pene altrettanto severe 32
Accordo franco-tunisino del 17 marzo 1988 in materia di soggiorno e di lavoro.
49 per chi contravviene a tali condizioni. È prevista una pena per coloro che entrano, ma anche che escono in modo irregolare dal territorio tunisino che va da 15 giorni a sei mesi di detenzione e/o una multa che va da 30 a 120 dinari (da 15 a 60 euro circa) per i tunisini. La pena di detenzione varia da un mese a un anno per gli stranieri. Per quanto riguarda la falsificazione di documenti, la pena prevista va da sei mesi a tre anni di detenzione e/o una multa che va da 20 a 240 dinari (da 10 a 120 euro circa). Nel 2004, la legge 2004-­‐3/4 aumenta le restrizioni e modifica il codice amministrativo della navigazione marittima e il codice del commercio marittimo. Questa legge sottomette la costruzione, il trasferimento di proprietà e l'immatricolazione di navi alla previa autorizzazione delle autorità tunisine secondo regole precise. La pena prevede un'ammenda molto pesante e il sequestro dei documenti di bordo. Queste leggi rappresentano la trascrizione, all'interno della giurisdizione nazionale, del protocollo di Palermo
33
contro la criminalità transnazionale organizzata, tra cui il traffico illegale di migranti. Questa legge mantiene le disposizioni delle leggi precedenti riguardanti i migranti clandestini, ma la sua applicazione si estende anche a chiunque abbia un rapporto diretto o indiretto con le azioni di emigrazione o immigrazione irregolare, sia che si tratti di tentativo o di azione preparatoria. Se l'atto è commesso da un gruppo organizzato, se vengono coinvolti dei minori o se si scopre un tentativo di corruzione, la pena prevista va da 12 a 20 anni di detenzione. L'articolo 45 estende queste disposizioni alle persone a conoscenza della preparazione di un tale atto e punisce la mancanza di denuncia, anche per coloro tenuti al segreto professionale. La Tunisia gestisce quindi la sua emigrazione nell'ambito di un quadro giuridico severo, che prevede punizioni rigide contro le migrazioni irregolari. L’evoluzione di questo quadro giuridico si svolge in parallelo all’inasprimento della legislazione europea e nega alcuni diritti fondamentali dei migranti. Ne sono un esempio il 33
La Convenzione dell'ONU contro la criminalità transnazionale organizzata (2000), detta
Convenzione di Palermo, costituisce il primo strumento di diritto penale internazionale destinato
a combattere i fenomeni di criminalità transnazionale organizzata e definisce un quadro
universale per l'attuazione di una cooperazione poliziesca e giudiziaria internazionale.
50 diritto di lasciare il proprio paese 34 , di effettuare una richiesta d'asilo 35 o di ricongiungimento familiare, di essere protetti dall'espulsione 36 , di fare ricorso contro le decisioni di cui si è oggetto37 . 2.2.4. Qualche dato sulle nuove mobilità tunisine Secondo le statistiche ufficiali dei paesi d'accoglienza e dell'Istituto Nazionale di Statistica tunisino, nel primo decennio del XXI° secolo l'emigrazione tunisina segue principalmente due tendenze. Essa si concentra fortemente sui paesi europei, diversificando allo stesso tempo i paesi di destinazione, in un contesto di globalizzazione che facilita l'accesso ai mezzi di comunicazione e di trasporto. Nel 2008, l'82,6% di tunisini, residenti legalmente all'estero, abita in Europa, più della metà di questi in Francia e il rimanente in Italia e in Germania. La Libia rimane comunque la terza destinazione dei tunisini, che cominciano anche a scegliere i paesi del Golfo come nuove destinazioni. In ultimo, gli Stati Uniti e il Canada, ricevono un’immigrazione giovane e sempre più istruita e formata. La continua presenza di una forte emigrazione dalla Tunisia ha le sue cause in un'economia che non riesce ad assorbire l'offerta di lavoro. La popolazione in età attiva aumenta a seguito del boom demografico degli anni precedenti (tra il 1966 e il 1994 la popolazione tunisina è raddoppiata, passando da 4,5 a 8,8 milioni38), così come è aumentato il tasso di scolarizzazione, in particolar modo delle donne. Questi fattori regolano la crescita della disoccupazione, che comprende sempre di più dei 34
Articolo 33 della Convenzione di Ginevra del 1952 relativo allo status di rifugiato.
La Tunisia non dispone di un sistema di protezione internazionale, nonostante la firma della
Convenzione di Ginevra del 1951 e la Carta dell'Organizzazione Africana che invece lo
prevedono.
36
Articolo 13 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo.
37
Articolo 8 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo.
38
F. Sandron, La Baisse De La Fécondité En Tunisie, I dossier di CEPED n° 49, Paris, 1998.
Secondo lo stesso studio, l'abbassamento del tasso di fecondità in Tunisia comincia nel 1967, a
seguito delle politiche di pianificazione familiare. Se nel 1966 l'indice sintetico di fecondità era
superiore a 7 figli per donna, il numero successivamente decresce fino a meno di 3 figli per
donna.
35
51 diplomati di livello superiore. Nel 2007 il tasso di disoccupazione in Tunisia (al 14% in un paese di 10 673 000 abitanti) è il più alto dell'Africa del Nord e del medio oriente. Aggiungendo ai disoccupati il numero di coloro che sono sottoccupati, hanno un impiego informale, temporaneo, precario o dequalificante, si arriva a 2 milioni di persone nel 2007, vale a dire il 20%39 della popolazione. Le migrazioni tunisine in Francia negli anni 2000 sono caratterizzate, nella loro composizione, da alcune particolarità. Secondo i dati raccolti dall’ANAEM40 e dal ministero degli interni, la composizione dei flussi migratori regolari vede aumentare il numero di giovani diplomati, e della manodopera qualificata femminile. Se, al confronto con la migrazione maschile, il numero di donne che emigrano rimane più basso (36% nel 2004) il tasso di emigrazione femminile è in aumento 41. Questo fenomeno è spiegabile in gran parte per i ricongiungimenti familiari. La migrazione tunisina di questo ultimo decennio non è più solo quella del lavoratore che emigra temporaneamente e da solo, ma è costituita da famiglie che si trasferiscono in modo duraturo. Per quanto riguarda le migrazioni femminili per motivi di lavoro, queste sono dovute in parte dall'aumento della scolarizzazione e del tasso di attività delle donne (27% della popolazione attiva nel 2007 secondo l’INS), ma anche grazie ad una evoluzione dello status e del ruolo della donna, e soprattutto grazie all'innalzamento dell'età del matrimonio 42 , fenomeno che incoraggia il lavoro, anche se la maggioranza lo abbandona una volta sposata. Secondo l'ultimo censimento generale della popolazione e dell'habitat, realizzato nel 2004, le ragioni dell'emigrazione delle donne sono per il 27% motivi di lavoro, per il 24% motivi di studio, mentre il 44,5% parte per seguire il marito o per sposarsi in Francia all'interno della propria rete sociale. 39
40
41
42
Dati dell’Institut Nationale de Statistique tunisino.
Agence Nationale d’Accueil des Étrangers et des Migrations, rinominato nel 2009 Office
Français pour l’Immigration et l’intégration, OFII.
Secondo le statistiche dell’ INS.
Nel 2007, il 55% delle donne tra 25 e 29 anni erano nubili, secondi i dati dell’INS del 2008.
52 Per quanto riguarda il fenomeno delle partenze via mare, né l'inasprimento progressivo della legislazione tunisina nel 200443 contro l'immigrazione illegale, né la direzione di chiusura presa dalle politiche europee, ne hanno impedito l'aumento. La migrazione “clandestina” dalla Tunisia Lo studio condotto da Mehdi Mabrouk, professore di sociologia all'università di Tunisi, spiega la realtà delle partenze irregolari dalla Tunisia e ci aiuta a comprendere meglio lo svolgimento di questo fenomeno. Secondo le ricerche realizzate, le tre zone identificate come aree di intensa attività migratoria irregolare in Tunisia sono il Cap Bon, scelto per la sua vicinanza alle coste italiane, e in particolare all'isola di Pantelleria (che dista 60 km da Klibia), il "grande Sahel", che comprende le città costiere di Sousse, Monastir, Mahdia e Sfax, vicino a Lampedusa, e la costa a sud di Gabès, in particolare i dintorni delle città di Djerba e Zarzis alla frontiera libica. Ci sono molti modi per organizzare il viaggio verso l'Italia. La partenza in container su navi mercantili è una tecnica riservata ai giovani che vivono nelle periferie delle città portuali, ed è anche una delle tecniche meno pericolose e meno care (300 o 600 dinari, circa 150-­‐300 euro). La maggioranza dei migranti decidono di organizzare il viaggio in modo indipendente, si uniscono ad altri candidati alla partenza, al massimo 5 o 10 persone, di cui almeno una con competenze tecniche, e acquistano una piccola barca (un gommone oppure piccole imbarcazioni di pattuglia). L'utilizzo di barche più grandi è una scelta tipica della regione del Sahel, e comprende essenzialmente persone che vengono dalle zone rurali interne. Questo viaggio è caratterizzato da una più grande organizzazione e il costo si aggira intorno ai 1 500-­‐
2 500 dinari, circa 750-­‐1 250 euro. Per quello che riguarda il passaggio dalla frontiera libica, questo metodo è caratteristico delle regioni del sud, e si realizza grazie all'aiuto delle stesse persone che dirigono il contrabbando di merci tra Libia e Tunisia. 43
Vedere par. 2.2.2. Gli accordi bilaterali.
53 Le reti organizzative dei viaggi clandestini si basano sulla fiducia e la solidarietà e comprendono una figura conosciuta per le sue competenze acquisite con l’esperienza diretta, e sono spesso costituite da persone dello stesso quartiere. Le organizzazioni non sembrano avere una gerarchia strutturata. Le reti di grandi dimensioni, che gestiscono le partenze di centinaia di persone instaurano una sorta di relazione commerciale con i migranti. Il passeur è a capo dell'organizzazione, non ha alcun contatto con i migranti e la sua posizione sociale gli permette di avere delle relazioni con le autorità locali, quali la guardia costiera, i doganieri e la polizia di frontiera. Il pilota e il copilota sono coloro che organizzano il viaggio, sono persone che hanno competenze tecniche, oppure migranti che si prendono la responsabilità dell'imbarcazione per non pagare il viaggio. L'individuazione di candidati alla partenza avviene principalmente nei caffè e tramite il passa parola (M. Mabrouk, 2010). Migrazioni, diaspora e sviluppo economico. Il contributo delle migrazioni allo sviluppo del paese d'origine interessa e mobilita molti attori nazionali e internazionali. La tendenza dell'invio delle rimesse dei migranti tunisini all'estero è in aumento nel paese (dal 2000 al 2009 il tasso di aumento delle rimesse in euro era del 5%). Il forte deprezzamento del dinaro rispetto alle valute straniere ha permesso alle famiglie dei migranti di vedere aumentare sensibilmente il beneficio proveniente dalle rimesse. Inoltre, questi contributi in valuta sono molto importanti per gli stati d'origine, in quanto permettono di ridurre il deficit commerciale e di alimentare il paese in valuta estera, contribuendo ad alleviare il peso sulla bilancia dei pagamenti. Inoltre esistono degli accordi tra varie reti bancarie dei paesi di origine e di accoglienza che hanno come obiettivo quello di mobilitare i risparmi dei migranti tunisini e indirizzarli verso attività di sviluppo e d’investimento nel paese d'origine, attraverso conti in dinari oppure in dinari convertibili, come la concessione di crediti per la creazione di imprese. 54 Il governo tunisino ha anche avviato una serie d’incentivi per facilitare l'investimento dei tunisini all'estero nel paese di partenza. In questo modo, i cittadini tunisini beneficiano degli stessi vantaggi ottenuti dagli investitori stranieri. Un esempio sono i vantaggi fiscali per i tunisini all'estero che decidono di investire in Tunisia, oppure i vantaggi doganali per chi, rientrando nel paese, importa beni personali o commerciali. Sono numerose le istituzioni che si occupano di promuovere e sostenere gli investimenti dei migranti tunisini e la creazione d’imprese. L'Agenzia per la Promozione dell'Industria (API) lavora nel settore dell'industria, dei servizi e dei trasporti, della comunicazione, dell'istruzione e della formazione professionale, della sanità, delle attività culturali, dell'ambiente, dei lavori pubblici, della promozione immobiliare e dell'informatica. Per quanto riguarda il settore dell'agricoltura e della pesca, i tunisini possono rivolgersi all'Agenzia per la Promozione degli Investimenti Agricoli (APIA), oppure, se interessati al settore turistico, all'Ufficio Nazionale del Turismo Tunisino (ONTT). Sono stati presi anche accordi con i paesi di accoglienza dei migranti al fine di sostenere lo sviluppo, in cambio della collaborazione nella gestione delle migrazioni e nella lotta contro le migrazioni clandestine. Ad esempio l’accordo quadro del 2008, nominato più in alto, contiene un protocollo per lo sviluppo solidale, e ha come obiettivo il supporto alla creazione di attività produttive, la cooperazione nel settore dell'occupazione e della formazione professionale e universitaria, in particolare per i giovani e per i più vulnerabili. I progetti settoriali di cooperazione francese in Tunisia sono dedicati alle regioni a forte emigrazione, e si occupano, ad esempio, del reinserimento dei migranti che ritornano grazie al meccanismo dei "rientri volontari". Altri obiettivi di questo protocollo sono, ad esempio, una maggiore facilità per il trasferimento dei fondi dei migranti, la mobilitazione delle competenze dei tunisini in Francia ai fini dello sviluppo tecnologico, scientifico ed economico in Tunisia. Tuttavia non esistono studi indipendenti che possano verificare l'efficacia di questi progetti analizzando l'impatto sullo sviluppo del territorio tunisino. Inoltre la crisi finanziaria europea e francese ha portato alla legge del 2009 che riduce del 50% i fondi destinati dalla Francia a questi progetti di cooperazione. 55 2.3.
2011: LA RIVOLUZIONE E LA CRISI DI LAMPEDUSA Il 17 dicembre 2010, Mohammed Bouazizi si suicida per protesta dandosi fuoco a Sidi Bouzid e avviando così il processo rivoluzionario che porta, il 14 gennaio 2011, alla caduta del regime di Zine el-­‐Abidine Ben Ali, al potere dal 1987. L'origine del movimento sociale alla base della rivoluzione tunisina può essere fatta risalire al 2008, con la rivolta del bacino minerario di Gafsa, una regione povera ed emarginata all'interno del paese. Questa rivolta viene repressa nel sangue dal governo. Le manifestazioni degli anni 2010 e 2011 presentano le stesse rivendicazioni: la popolazione protesta contro la disoccupazione, la corruzione e la repressione da parte della polizia. Una buona parte dei motivi alla base della rivoluzione sono gli stessi che spingono i migranti tunisini a partire. In effetti, dal momento in cui il governo e le istituzioni di controllo cadono e cessano di controllare le coste, decine di migliaia di tunisini decidono di prendere il mare verso l'Italia e, in particolare, verso l'isola di Lampedusa. La reazione tardiva del governo italiano di fronte all'aumento degli arrivi, ha causato una situazione insostenibile per i migranti detenuti nei centri di accoglienza sovraffollati di Lampedusa. Secondo alcuni analisti, il governo italiano avrebbe strumentalizzato questa crisi per ragioni elettorali e per potere richiedere l'aiuto dell'Unione Europea dimostrando che Lampedusa era la porta d'Europa e che la sua gestione doveva riguardare tutti gli Stati membri44 . Non c’è stato seguito a questo appello. Al contrario, la Francia e la Germania sono entrate in conflitto con l'Italia in merito all'interpretazione degli accordi di Schengen, e hanno riattivato i controlli alle frontiere a seguito dell'arrivo di numerosi tunisini sul loro territorio45. Nel frattempo, la pressione degli abitanti dell'isola e dei media nazionali e internazionali ha spinto il governo italiano a mettere in atto mezzi adeguati per controllare la situazione. I migranti sono stati spostati in diversi centri situati in altre regioni italiane. 44
45
http://viedelsud.comunita.unita.it/2012/08/13/lampedusa-terra-dinizio-e-non-di-fine/
Rapporto Gisti-Anafe, L’Europe Vacille Sous Le Fantasme De L’invasion Tunisienne, 2011.
56 Un nuovo accordo tra l'Italia e la Tunisia viene poi firmato il 4 e 5 aprile, a seguito della decisione italiana di concedere permessi di soggiorno temporanei per motivi umanitari di sei mesi (poi prolungati di altri sei mesi) a tutti i migranti arrivati prima della firma dell'accordo stesso (circa 25 000)46. In merito alle espulsioni, l'accordo prevede che i migranti arrivati dopo la firma dello stesso vengano rimpatriati. Le espulsioni devono essere eseguite a piccoli gruppi e in presenza delle autorità consolari tunisine, al fine di garantire il rispetto dei diritti umani e la dignità della persona. Le due delegazioni hanno anche annunciato una serie di impegni, di cui dalla parte italiana, nel settore dello sviluppo e degli investimenti. La Tunisia dichiara di preparare l'accoglienza di coloro che sono stati espulsi dall'Italia, vale a dire la non incarcerazione, altrimenti prevista secondo la legge, il trasporto verso i luoghi di residenza. Le ONG che hanno lavorato in quei mesi a supporto dei migranti a Lampedusa, hanno denunciato la violazione di questi accordi e descrivono le espulsioni di centinaia di persone con voli charter quotidiani dall'aeroporto di Palermo (G. Breda, G. Jerace Bio, 2011). La situazione rivela un forte disaccordo e la tensione tra i membri dell'Unione Europea sulla questione migratoria, e ha come conseguenza la messa in causa del trattato di libera circolazione di Schengen, da parte della Francia, durante il vertice europeo del 26 aprile 2011. Nel dicembre 2012, una delegazione dell'Unione Europea incontra in Tunisia le autorità competenti al fine di trovare un accordo sul "partenariato per la mobilità", nel quadro del rafforzamento della cooperazione tra Tunisia e Unione Europea nel settore delle migrazioni, della mobilità e della sicurezza. Tale accordo prosegue con la stessa logica, collegando le politiche di sicurezza alle promesse di ampliamento delle concessioni dei visti per soggiorni temporanei e, eventualmente, per l'accesso a nuove filiere di migrazione per motivi di lavoro47. 46
Stima del Ministero dell'Interno:
http://www.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/sala_stampa/notizie/immigraz
ione/000069_2011_04_07_informativa_Maroni_alla_Camera.html_1478334785.html
47
Rapporto del Forum tunisino dei diritti sociali ed economici, Partenariats Pour La Mobilité UE
– Tunisie : Mobilité Réduite Et Sans Droits ?, 5 dicembre 2012 : http://www.ftdes.tn/node/2006
57 Inoltre, la decisione del Consiglio Europeo del 23 e del 24 giugno 2011 di aumentare i mezzi di Frontex, testimonia un atteggiamento di chiusura piuttosto che di solidarietà verso la Tunisia. Quello che sembra cambiare in Tunisia è l'approccio del potere pubblico verso i tunisini all'estero e la volontà degli stessi di partecipare ai cambiamenti del paese. Come spiega Abderazak Bel Haj Zekri nel suo articolo “La dimensione sociopolitica attuale delle migrazioni in Tunisia” (2011), a seguito della rivoluzione, i responsabili dell'esecuzione dei programmi dedicati ai tunisini espatriati sono stati ritirati dal loro ruolo. Questi programmi intitolati "Inquadramento dei tunisini all'estero" avevano come primo obiettivo, sotto il regime, il controllo e la propaganda presso la popolazione tunisina espatriata. Il nuovo governo provvisorio tunisino48 ha poi fatto appello alle elites tunisine all'estero affinché partecipassero alla vita politica del paese e intervenissero nella sua ricostruzione. Oggi sei ministri dell’attuale governo hanno la doppia nazionalità. Le critiche di opportunismo non sono mancate, a causa della loro non partecipazione alla rivoluzione, e a causa del rapporto ambiguo di queste élites con il vecchio regime. Nel frattempo, le associazioni politiche tunisine nei paesi di accoglienza continuano ad aumentare, organizzando attività nelle città di residenza e in collegamento con la Tunisia. Un esempio è la richiesta, nel febbraio 2011, dell'Associazione dei Tunisini in Francia di assicurare il diritto di voto e l'eleggibilità ai tunisini residenti all'estero. 48
Rimasto al potere fino alle elezioni dell'assemblea costituente del 23 ottobre 2011
58 3.
ANALISI DEI DATI DELLA RICERCA L'evoluzione del contesto economico e delle politiche internazionali e nazionali ha quindi influito sulla variazione dei flussi migratori tunisini e sulla loro composizione. La "chiusura delle frontiere" europee degli anni 1970 e 1980 ha sconvolto le modalità di partenza, di installazione e di ritorno dei migranti. In questo capitolo si esporranno i risultati della ricerca svolta sul campo e finalizzata a rispondere alla problematica iniziale. Infatti, a seguito di una prima parte dedicata all'introduzione delle caratteristiche del fenomeno migratorio nella regione del nord-­‐ovest tunisino, e più particolarmente a Ghardimaou, si descriverà come i fattori macro, micro e meso influenzano i percorsi migratori dei lavoratori non specializzati di Ghardimaou e, infine, si analizzerà come questi fattori condizionano l'acquisizione di capitale economico, umano e sociale da parte dei migranti. La regione del nord-­‐ovest è stata scelta come area di ricerca perché si tratta di un'importante e antica area di emigrazione, ma anche per la diversità dei profili dei migranti che ne sono originari (stagionali, irregolari e regolari abitanti in Francia con permesso di soggiorno di lunga o corta durata). Per quanto riguarda la mobilità dei migranti stagionali e irregolari di Ghardimaou si è riscontrata l’esistenza di un circuito migratorio consolidato sin dagli anni 1960 tra l’Étang de Berre e Ghardimaou. Infatti, secondo i dati raccolti da Médecin du Monde, l'80% dei lavoratori irregolari a Berre l’Étang sono originari del Comune di Ghardimaou. Le interviste approfondite con sei migranti residenti in questa regione agricola vicino a Marsiglia, sono state utilizzate per completare le interviste svolte con le loro famiglie, incontrate a Ghardimaou, e per poterne contestualizzare le testimonianze. Prima della ricerca sul campo, è stata svolta una ricerca bibliografica relativa alla storia delle migrazioni tunisine e in particolare di quelle originarie della regione del nord-­‐ovest. Utile ci stato lo studio di Gildas Simon: "Lo spazio dei lavoratori tunisini in Francia. Strutture e funzionamento di un campo sociale internazionale", pubblicato nel 1985. Questo studio si basa su una serie d’inchieste relative ai 59 movimenti migratori, svolte sul territorio tunisino tra gli anni 1960 e 1970. Grazie a questo studio, è possibile constatare che Ghardimaou è una città con una tradizione migratoria piuttosto lunga, se la si confronta con il resto della delegazione di Jandouba. In effetti in questa zona si osserva un alto numero di partenze sin dall'inizio degli anni 1960. Per verificare l’esistenza di differenti tipi di percorsi migratori legati ai diversi periodi di partenza, le interviste sono state condotte con migranti partiti in epoche differenti. L'obiettivo della ricerca era confrontare questi percorsi concentrandosi sul loro impatto sulla situazione familiare, economica e sociale del migrante. La possibilità di visitare a intervalli regolari durante un anno i migranti della città di Ghardimaou mi ha permesso di intervistare diverse generazioni di migranti e di osservare i cambiamenti dovuti alla migrazione nel contesto d’origine. 3.1.
LE MIGRAZIONI NELLA REGIONE AGRICOLA DEL NORD-­‐
OVEST 3.1.1. La crisi delle campagne e l’esodo rurale Analizzando le regioni d'origine dei migranti che si trasferiscono all'estero, si osserva che il fenomeno dell'immigrazione non proviene da tutta la Tunisia in modo omogeneo. Secondo lo studio realizzato nel 1985 da Gildas Simon sulle principali aree di partenza, se il Cap Bon e le regioni dell'interno erano le meno toccate dall’emigrazione, il Sahel centrale, il sud e i paesi del Nord-­‐Ovest erano caratterizzati da una maggiore mobilità49. Tunisi è un caso particolare ed ha un ruolo di tappa intermedia. La capitale è infatti un polo d'arrivo delle migrazioni interne (nel 1975 accoglieva il 58% dei migranti interni), e rappresenta un punto di partenza importante (nel 1975, 1/4 dell'emigrazione verso la Francia partiva da Tunisi, di cui 2/3 dei migranti non originari di Tunisi50). Chi emigrava da Tunisi era, nella maggioranza dei casi, originario dalle campagne e, a causa delle cattive 49
50
Queste tendenze migratorie rimangono pressoché inalterate fino ad oggi.
Dati dell’INS
60 condizioni di occupazione e delle difficoltà di integrazione nella società urbana, decideva di proseguire il suo percorso migratorio verso l’estero. Infatti, se durante la colonizzazione, gli abitanti delle città beneficiarono di una certa crescita economica, la società rurale subiva un processo di espropriazione delle terre, che la privò del 15% -­‐ 30% delle terre coltivabili. I coloni approfittarono della debolezza del quadro giuridico che regolava la proprietà privata, e del fatto che lo sfruttamento delle terre era organizzato in modo collettivo dalle grandi famiglie della regione (G. Simon, 1979). Il processo di crisi della società rurale è inoltre aggravato dall'imposizione della trasformazione dei modi di produzione. In passato la prosperità agricola era basata sull'associazione delle colture tradizionali (orzo, grano) e dell'allevamento ovino, ma con l'installazione dei grandi possedimenti coloniali e l'introduzione della coltura cerealicola estensiva e della meccanizzazione, la popolazione agricola fu obbligata a spostarsi sul versante montano. L’emigrazione considerevole verso le città è stata dunque causata dall'estensione del sistema delle colture e dell'allevamento, con la conseguente riduzione della necessità di manodopera, che si confrontava con la pressione demografica crescente e la disaggregazione delle strutture sociali. Dopo l'indipendenza e con la nazionalizzazione delle terre nel 1964, la popolazione rurale ha potuto riappropriarsi dei raccolti. Tuttavia, le catastrofi climatiche, la siccità, le inondazioni e in particolare il fallimento della politica delle cooperative imposta in seguito alla decolonizzazione hanno contribuito alla destrutturazione socio-­‐economica delle campagne. Oggi, queste zone rurali continuano a essere caratterizzate da un forte flusso di partenze a causa del disinteresse dei giovani per i lavori agricoli, vista la bassa remunerazione (inferiore al salario minimo), l'assenza di possibilità d’investimento e la poca considerazione dello status sociale che ne deriva. In particolare, la regione del nord-­‐ovest è la seconda area di emigrazione rurale verso la Francia, dopo il sud-­‐est. In particolare il tasso di emigrazione del Nord-­‐
Ovest aumenta avvicinandosi alla frontiera con l'Algeria. La città di Ghardimaou, ad 61 esempio, è stata il primo punto di partenza verso l'estero della regione (G. Simon, 1979). 3.1.2. La zona rurale di Ghardimaou e le sue migrazioni Ghardimaou è un villaggio di 19 688 abitanti51nel Nord-­‐Ovest della Tunisia, vicino alla frontiera algerina. Il centro urbano è situato in una valle circondata da montagne, dove si trova una serie di piccoli villaggi che vivono di agricoltura, dell'allevamento e del commercio illegale con l'Algeria. La mancanza di occupazione e l'insufficienza degli investimenti in questa regione isolata e dimenticata dallo Stato sin dall'epoca dell'indipendenza, spinge molti giovani a partire, soprattutto uomini, verso le città della costa e all'estero. Questo contribuisce alla destrutturazione demografica e socio-­‐economica della regione. La principale attività economica è la coltivazione del grano, dell'orzo e dell'ulivo. Questa attività non è però redditizia, a causa dei metodi di cultura tradizionale, delle difficoltà di commercializzazione dei raccolti, dello smembramento delle terre e dell'assenza di irrigazione. La zona industriale vicina è di dimensioni ridotte e non risponde alle necessità dell'offerta di lavoro. Il contrabbando con l'Algeria è importante per l'economia di questo villaggio frontaliero. I prodotti importati sono principalmente la benzina e il bestiame, ma anche gli elettrodomestici e i materiali da costruzione. Secondo i dati di uno studio del ministero dello sviluppo regionale e della pianificazione del 2012, l'offerta di lavoro e il tasso di occupazione sono molto bassi e il numero di imprese è di 50 ogni 1000 abitanti. Il tasso di lavoro dipendente è del 51
Secondo il censimento generale della popolazione tunisina del 2004
62 10% della popolazione attiva, questo dimostra le piccole dimensioni delle imprese esistenti. La maggioranza delle persone non ha un'entrata fissa. Le ricchezze forestali non vengono sfruttate, a causa della mancanza di mezzi e di formazione adatta, ma anche a causa dei freni del dominio esclusivo dello Stato e la concessione limitata di autorizzazioni. Per quanto riguarda i dati legati alle migrazioni, secondo il direttore dell’OTE52 di Jandouba, nel 2010 la provincia ha visto la partenza di 30 000 persone, di cui 6 000 famiglie. La destinazione preferita dai migranti di questa regione è la Francia. Secondo l’OTE53, infatti, il 73,6% dei migranti si concentrano soprattutto nelle ville di Ajaccio, Nizza, Marsiglia e Lione. La mancanza si statistiche regionali sul profilo socio-­‐economico delle persone che partono e sulle condizioni delle loro partenze sono state in parte compensate dal presente studio attraverso una fase di ricerca quantitativa. Il campione di 100 persone è stato selezionato in funzione di criteri economici, scegliendo in numero equo migranti provenienti da quartieri più e meno agiati. Secondo i risultati del questionario i migranti che lavorano nell’agricoltura o come muratori in Francia sono l’81%. Questo dato è legato al fatto che la rete sociale dei migranti di Ghardimaou è installata soprattutto nella zona agricola di Berre l’Etang (Bouches-­‐
du-­‐Rhône, vicino a Marsiglia) e ad Ajaccio. Sulla base dei risultati del questionario si può constatare che il 21% dei migranti hanno avuto, o possiedono attualmente, un contratto stagionale in Francia (contratto OMI), 39% hanno avuto, o possiedono attualmente, dei permessi di soggiorno d’altro tipo, e che il 40% non hanno attualmente un permesso di soggiorno. Solo il 4% dell’insieme dei migranti intervistati a Ghardimaou non è mai stato in condizione irregolare, mentre il 31% delle persone non hanno mai avuto il permesso di soggiorno. Il 65% restante ha avuto, durante l’esperienza migratoria, 52
L’organizzazione dei Tunisini all’Estero è un organizzazione governamentale, nata nel 1988, il
cui obbiettivo è di fornire al governo i dati utili per le politiche d’inquadramento e di assistenza ai
tunisini che vivono all’estero e alle loro famiglie. Tuttavia dopo la rivoluzione quasta
organizzazione è stata oggetto di numerose accuse di rappresentare lo strumetno di sorveglianza
politica dei migranti da parte del regime dittatoriale.
53
I metodi statistici dell’OTE sono oggetto di numerose critiche. Sono ripresi qui per indicare
semplicemente delle tendenze.
63 dei periodi che vanno da qualche mese a una decina d’anni di situazione irregolare sul territorio francese alternati a periodi di regolarità. L’alta incidenza della condizione d’irregolarità che caratterizza i migranti di Ghardimaou è spiegabile in gran parte per il tipo di rete sociale che lega questa città all’Europa. Questa è infatti composta in maggioranza di lavoratori salariati e non di imprenditori (che sono solo l’8% 54 ) che possano assumere e quindi dare la possibilità alla famiglie o agli amici di entrare regolarmente in Francia. Le reti sociali di migranti installati all’estero stabilmente, più caratteristiche delle città della costa tunisina o del sud, come Tatawine, integrano i nuovi migranti nelle loro attività coinvolgendoli in una strategia collettiva di migrazione (H. Boubakri, 2006). 54
Secondo i risultati del nostro questionario.
64 3.2.
L’EVOLUZIONE DEL CONTESTO INTERNAZIONALE E GLI EFFETTI SUI PERCORSI MIGRATORI Il paragrafo che segue ha come obiettivo di rispondere alla prima parte della problematica. Si analizzerà quindi come l'interazione tra i fattori macro, micro e meso ha influenzato i percorsi dei migranti originari della città rurale di Ghardimaou. Nel corso della prima parte, si affronterà la questione dei motivi delle partenze, con l'obiettivo di individuare le differenze tra le generazioni di migranti. Secondo la stessa logica, i successivi due capitoli, destinati all'analisi dei percorsi migratori, sono divisi secondo il periodo di partenza dei migranti. In questo senso, durante le nostre inchieste, abbiamo osservato che il fenomeno più evidente sono i cambiamenti che caratterizzano i percorsi migratori tra le varie generazioni. Si può quindi distinguere tra i migranti partiti prima della metà degli anni 1980, le cui condizioni di partenza erano facilitate dalla forte richiesta di manodopera da parte dei paesi europei e da un minore controllo dei flussi migratori, e i migranti partiti in seguito, in un momento di congiuntura socio-­‐economica meno favorevole e nell'ambito di un quadro giuridico-­‐politico europeo che limita fortemente l'immigrazione. Un secondo sottogruppo è quello relativo ai diversi status riservati ai migranti nel paese di accoglienza. Per quanto riguarda la prima generazione di migranti l'esperienza di chi aveva un contratto stagionale, caratterizzata da continui viaggi di andata e ritorno tra la Francia e la Tunisia, si differenzia da quella di chi, al contrario, aveva un permesso di soggiorno di lunga durata e non era obbligato a rientrare alla fine della stagione agricola ed era quindi in grado di gestire liberamente i propri spostamenti. Tra i migranti più giovani, partiti dopo gli anni 1980, distingueremo invece tra chi ha regolarizzato la sua situazione amministrativa all'estero e chi, al contrario, non riesce, o non è ancora riuscito, ad avere un permesso di soggiorno, uscendo dallo status di "straniero irregolare". Per ogni categoria analizzeremo il tipo di mobilità, vale a dire la partenza, il periodo all'estero e le condizioni di ritorno. 65 3.2.1. Le ragioni delle partenze: effetto pull e causa cumulativa delle migrazioni. Se la situazione sociale, economica e politica della regione d'origine può influenzare la composizione e l'ampiezza dei flussi migratori, la decisione di partire è una decisione presa a livello familiare. Spesso per il candidato alla migrazione, l'accordo della famiglia è indispensabile. Il progetto migratorio è condiviso e organizzato insieme, con l'obiettivo di rafforzare l'economia familiare, colpita dalla crisi economica delle campagne. Per i primi flussi importanti di migranti verso l'estero (1960-­‐1970), “l’effetto pull” sembra essere alla base della decisione di partire. Ghardimaou è nota per essere una delle prime città tunisine la cui popolazione, in cerca di lavoro, è stata attirata dalla Francia. L'alto numero di contratti stagionali destinati a questa regione, gli stipendi più vantaggiosi (grazie al tasso di cambio più favorevole all’epoca), o anche semplicemente le voci che assicuravano la facilità di trovare un impiego, hanno spinto un gran numero di abitanti a saltare la tappa migratoria che normalmente li avrebbe portati a cercare lavoro nelle città costiere più ricche. Al contrario, l'effetto pull è più debole per le generazioni più recenti. Per queste, i motivi personali e la volontà di sostenere le famiglie sembrano essere più importanti al momento di prendere la decisione di partire. Infatti, sulla base delle interviste con questi giovani migranti, le motivazioni sono molto varie: il disoccupato che non riesce a trovare lavoro in Tunisia spera di avere più fortuna all'estero; chi ha un lavoro malpagato (lo stipendio medio in Tunisia è 300 Dinari Tunisini al mese, ovvero 150 euro) vuole migliorare la sua condizione; altri, per pagare la festa di matrimonio (circa 5000 euro) e riuscire ad acquistare una casa e una automobile, partono per guadagnare di più e più velocemente. Anche chi ha una situazione economica favorevole, spesso grazie alle migrazioni delle generazioni precedenti, cerca condizioni migliori altrove perché ha l'impressione che la realizzazione delle sue idee e progetti sia impedita da una burocrazia lenta, caratterizzata da una forte corruzione e dagli ostacoli tipici di un sistema dittatoriale che esercita un pesante controllo su tutte le attività dei cittadini. È 66 necessario osservare che, quasi due anni dopo la rivoluzione, non si vede ancora, a livello di amministrazione locale, un profondo cambiamento per quanto riguarda la corruzione (secondo la relazione annuale di Amnesty International la corruzione sarebbe aumentata nel 201155). Infine, un caso particolare è quello dei giovani partiti da bambini con i genitori, senza visto, negli anni 1970 e 1980, che non sono stati regolarizzati dai genitori (spesso per mancanza di informazioni). Al compimento del 18º anno di età sono dovuti rientrare in Tunisia e ora sognano di raggiungere il padre e il luogo in cui sono cresciuti56. L'esistenza di una rete migratoria stabile è molto importante come possibilità per i giovani di Ghardimaou di proiettarsi in un futuro in Francia. Anche se la sicurezza di trovare un lavoro è bassa, ed è accompagnata da una migliore consapevolezza, rispetto alle generazioni passate, delle condizioni di vita precarie all'arrivo nel nuovo paese, molti giovani sanno che saranno accolti, almeno durante i primi mesi, da membri della loro famiglia o da amici. Possono immaginare il luogo dove arriveranno grazie alle foto, ai racconti dei migranti che rientrano per le vacanze, e possono vedere delle immagini su Google Earth, oppure iscriversi sulla pagina Facebook del giornale locale, oppure al gruppo Facebook dei migranti già partiti da tempo. Il mantenimento dei legami sociali via Internet è una pratica che caratterizza soprattutto le giovani generazioni. I giovani di Ghardimaou utilizzano questi strumenti per informarsi regolarmente sulla disponibilità di lavoro, ma anche per mantenere i contatti con gli amici o con i genitori. Questo contatto permanente rafforza il legame virtuale con il potenziale paese di emigrazione e facilita la proiezione della propria vita in un altro luogo. Ritroviamo un'altra specificità per quanto riguarda le ultime generazioni di migranti, dovuta all'aumento del livello di studi e alla diffusione dei media di massa che trasmettono anche i canali europei: sempre più spesso i motivi che spingono a partire sono la volontà di proseguire gli studi superiori o per soddisfare la propria 55
Rapporto di Amnesty International, Tunisia 2011 :
http://www.amnesty.org/fr/region/tunisia/report-2011, consultato il 12 novembre 2012.
56 Al compimento dei 18 anni è obbligatorio richiedere il permesso di soggiorno, difficile da ottenere nonostante l’infanzia passata in Francia. 67 curiosità e vedere con i propri occhi quello che si conosce grazie alla televisione o a Internet. I giovani sono attirati dallo spirito d'avventura e dalla curiosità di scoprire e fare esperienza di un mondo basato su valori differenti. L'avvicinamento dell'Europa, incrementato dalla diffusione di Internet rappresenta dunque un fattore pull aggiuntivo dall’Europa. Tuttavia, i giovani sono più consapevoli, rispetto alle generazioni precedenti, anche degli ostacoli che dovranno affrontare. I racconti dei migranti che, nel momento in cui il progetto migratorio fallisce, sono più portati a parlare dei lati negativi del paese d’accoglienza, apre ai giovani gli occhi sul "paradiso" Europa. Questo aspetto è stato osservato nelle testimonianze raccolte a Ghardimaou, ma anche in altre parti della Tunisia, durante le ricerche precedenti. Si osserva una certa presa di coscienza delle difficoltà che un migrante regolare, e ancor più se irregolare, deve affrontare durante il suo percorso. Sono consapevoli che l'Europa non è un "paradiso" per tutti. La scelta di partire viene presa, quindi, in modo consapevole. Un esempio ne è il fatto che chi vuole emigrare illegalmente non cercherà di trasferirsi nei paesi del Golfo, perché tutti sanno che in questi paesi è ancora più difficile ottenere un visto di lavoro, e nel caso in cui lo si ottenga, le condizioni del contratto di lavoro per i migranti sono più dure rispetto all'Europa e la libertà è più limitata. Inoltre, è difficile emigrare in questi paesi poiché non vi è una rete di persone amiche o familiari che già vi abitano. La scelta di partire è quindi molto ponderata e, fondamentalmente, alimentata dalla speranza: «Se ci sono persone che riescono a lavorare e abitare in Europa, perché non io? Anche io voglio tentare la fortuna»57. -­‐Intervista con Abdullah, 18 maggio 2012 a Ghardimaou58-­‐ La decisione di partire sembra più combattuta che in passato, anche se i dubbi sono nascosti dietro a un discorso sicuro e coraggioso. I giovani esitano a correre i rischi di una partenza verso un paese che ha un atteggiamento di chiusura verso di loro. 57 58
Le interviste sono state tradotte il più fedelmente possibile dal francese. Abbiamo preferito cambiare i nomi delle persone intervistate per ragioni di privacy.
68 Ma allo stesso tempo sanno che c'è una possibilità di successo. Coloro che non riescono a proiettare il loro futuro in Tunisia, paese in crisi economica, sociale e identitaria, vivono un dilemma molto forte. Una parte di loro trova una consolazione identitaria nella tradizione e nelle pratiche religiose, che riscoprono, in questo periodo post-­‐rivoluzionario, quella libertà che era stata repressa fin dall'epoca del regime di Habib Bourguiba. Altri seguono dei percorsi deviati nella droga e nell'alcol, mentre alcuni corrono il rischio di partire. Un esempio è quello di una coppia di giovani che ha dovuto sposarsi dopo che la ragazza è rimasta incinta. Sono obbligati a vivere nella casa dei genitori della ragazza, poiché il marito è disoccupato. Al momento dell'intervista, stavano organizzando la loro partenza illegale, per nave, per sfuggire alla pressione delle due famiglie che esprimevano il loro disaccordo e il loro disprezzo per la loro condizione. Nel corso di altre testimonianze, i migranti, riflettendo sul loro percorso, hanno dichiarato che una componente importante del loro desiderio di lasciare la Tunisia, la loro città, la loro famiglia è la pressione nell'ambito sociale e familiare. La debole possibilità di trovare un lavoro stabile, o perlomeno sufficiente, per poter costruire il proprio futuro, gli impone di vivere nella casa dei genitori e non permette loro di raggiungere il livello di indipendenza necessario per potersi sposare. All'impossibilità di trovare un'indipendenza e di uscire dalle regole rigide della famiglia e della società tradizionale, si aggiunge l'insoddisfazione nella vita sentimentale: «Non è possibile trovare una ragazza qui. Sono innamorato di mia cugina. Ci inviamo messaggi tutti i giorni. È molto bella e rispettosa. Il problema è che i suoi genitori non ne vogliono sapere. Si sposerà con un migrante che ha appena costruito una casa. Anch'io ho tentato di partire clandestinamente per Lampedusa nel marzo 2011. Ma mi hanno espulso. Non riuscirò mai a sposarmi. Non lavoro regolarmente e quando lavoro guadagno cinque dinari al giorno nei campi oppure su un 69 banchetto al mercato. Come si fa a costruire una famiglia in queste condizioni?» -­‐Intervista con Ahmed, 17 maggio 2012 a Ghardimaou-­‐ Dalla rivoluzione, nei media e negli ambienti intellettuali ci si chiede perché molti giovani che hanno partecipato alla rivoluzione non hanno proseguito il lavoro di ricostruzione e trasformazione del loro paese, ma hanno preferito partire. La discussione con un giovane di Redeyef, una città del bacino minerario, al centro del paese, è stata rivelatrice. Il giovane è sempre stato molto attivo e impegnato politicamente. Ha partecipato alle manifestazioni che hanno portato alla caduta del regime e crede fortemente nel cambiamento. Era sempre stato contro la decisione di partire come harraga, perché crede che con la partecipazione dei giovani la situazione del paese possa cambiare. Dopo la caduta del regime, però, una volta rientrato alla vita di tutti i giorni e nella routine familiare, ha comunque cercato di partire per mare. Spiega che dopo aver passato settimane nella capitale, circondato da giovani come lui, liberi dal controllo familiare, passando la notte a discutere di politica, d'arte, di musica e scoprendo un rapporto più libero con le donne, non è stato più in grado di riadattarsi alla pressione sociale della piccola città di cui è originario. In conclusione, le motivazioni delle partenze non sembrano essere particolarmente cambiate con le generazioni. Si cerca di migliorare la propria condizione e quella della propria famiglia, lasciando un paese con poche possibilità economiche, per un altro paese, sperando nel miglioramento delle proprie condizioni di vita. La differenza generazionale è da ritrovarsi soprattutto nella prossimità virtuale dell'Europa, grazie ai social network che permettono contatti diretti tra persone sulle due sponde del Mediterraneo, e grazie alla diffusione della televisione. La vita all'europea entra quotidianamente in tutte le case tunisine grazie alle serie televisive e ai film, in un ambiente rurale che aveva conosciuto poco la cultura dei coloni, concentrati soprattutto nelle grandi città. Questo avvicinamento è talvolta accompagnato dall'allontanamento della possibilità di poterne fare esperienza 70 diretta. La causa è il nuovo quadro giuridico e politico che, dagli anni 80, ha creato una barriera nel Mediterraneo per molti tunisini, e in generale per i non europei: «Nel mio paese mi sento in prigione. La metà delle frontiere sono sul Mediterraneo e io non ho diritto di attraversarle. Gli europei hanno diritto di venire qui, ma noi no, siamo in prigione!» -­‐Intervista con Mohammed, 24 aprile 2012 a Tunisi -­‐ 3.2.2. Tipologie di mobilità prima degli anni 1980: una maggiore libertà di circolazione Assenza di controllo e partenze più facili Nel corso delle interviste realizzate con i migranti in pensione che sono partiti prima dell'instaurazione di criteri più severi per l'entrata in Europa, troviamo un discorso abbastanza omogeneo relativo al percorso migratorio. La partenza avveniva in modo semplice: si partiva in aereo ottenendo automaticamente un visto turistico della durata di tre mesi. Una volta arrivati in Europa, seguendo la propria rete migratoria, si trovava facilmente un alloggio e un lavoro, grazie alla necessità di manodopera e l'esistenza di un mercato del lavoro secondario, caratterizzato da stipendi bassi e condizioni difficili, riservato quasi esclusivamente agli stranieri (M. Piore, 1986). Nel caso in cui non si trovasse lavoro, o se le condizioni non fossero soddisfacenti, si rientrava in Tunisia. Anche se la data limite del visto era stata superata, non c'erano ripercussioni amministrative o giuridiche. Chi non è riuscito a installarsi all'estero racconta la sua esperienza come una specie di viaggio, grazie al quale aveva potuto far visita ad amici oppure alla famiglia all'estero, e aveva potuto scoprire un nuovo paese, raccontandone le novità agli amici una volta rientrato. Le loro interviste non sono caratterizzate da sentimenti di rimpianto o di fallimento. 71 Il soggiorno nel paese d’accoglienza: le diverse esperienze tra i permessi stagionali e a lunga durata Il periodo all'estero ha, in generale, la durata di più o meno 30 anni 59 . La maggioranza di questi migranti è partita tra i 18 e i 30 anni, ancora celibi. Dopo aver guadagnato abbastanza per poter pagare la festa di matrimonio e costruire una casa per una futura vita familiare, diveniva possibile per i migranti chiedere in matrimonio la fidanzata durante le vacanze. La durata tra la partenza e il matrimonio dipendeva dal tipo di occupazione e di contratto del migrante, e quindi dallo stipendio. A Ghardimaou, una buona parte di coloro che sono partiti prima della metà degli anni 1970 ha ottenuto un contratto stagionale 60 . Il lavoro degli stranieri in agricoltura è caratterizzato da questi contratti, che seguono le necessità di forza lavoro dei datori di lavoro, e che permettono di restare in Francia solo qualche mese all'anno, ma non danno diritto al ricongiungimento familiare. L'assunzione viene fatta dai datori di lavoro a condizione che non esista manodopera disponibile sul territorio francese. Il contratto stagionale, o OMI61, ha una durata da quattro a sei mesi all'anno, prolungabili dal datore di lavoro fino a otto mesi. Se il migrante rimane in Francia oltre il periodo consentito, non avrà la possibilità di firmare lo stesso tipo di contratto l'anno successivo. La posizione degli stagionali è quindi molto precaria e la minaccia di non riassunzione l'anno successivo li rende facili vittime di sfruttamento da parte del datore di lavoro e delle reti mafiose che gestiscono il traffico dei contratti (A. Morice, 2008). L'esperienza migratoria in questo caso è abbastanza particolare. Per garantirsi delle entrate durante tutto l'anno, il migrante riesce talvolta ad avere una seconda attività in patria, nell'agricoltura oppure nell'edilizia, oppure rimane in Francia irregolarmente trovando lavoro in nero. Ma questo non avviene facilmente, il migrante stagionale si ritrova spesso disoccupato per un buon periodo dell'anno, e 59
Informazione ricavata dall'elaborazione dei dati del nostro questionario.Le persone che si sono
definitivamente trasferite in Francia con le famiglie sono escluse dai dati.
60
Informazione ricavata dall'elaborazione dei dati del nostro questionario.
61
Dal precedente nome dell’OFII.
72 sopravvive grazie a quello che ha guadagnato durante la stagione agricola in Francia. Le sue entrate non sono regolari, e la pianificazione a lungo termine o la realizzazione di un progetto rimangono difficili e rare. Quanto si è guadagnato viene speso velocemente per sopravvivere in Francia, per le esigenze quotidiane della famiglia in Tunisia, per l'istruzione dei bambini e la ristrutturazione della casa. I contratti di lunga durata sono più caratteristici del lavoro nell'edilizia o nel commercio. Questi permettono una precarietà minore all'estero e sono fonte di entrate annuali più alte. Le case nei quartieri più ricchi e le attività commerciali più redditizie appartengono a coloro che sono riusciti a installarsi a lungo termine in Europa e a ottenere un'occupazione stabile. Il ritorno e le difficoltà di reinserimento Il ritorno del migrante nel territorio di origine è dovuto a varie ragioni e si realizza con differenti modalità: può avvenire alla fine del contratto di lavoro oppure alla pensione. In casi più rari il ritorno avviene quando il migrante guadagna abbastanza per riuscire a far partire il suo progetto al bled62, nel villaggio d’origine. Questa situazione è caratteristica di coloro che avevano un permesso di soggiorno di lunga durata e un contratto di lavoro non stagionale. La maggioranza dei migranti di ritorno dicono di essere felici di essere di nuovo con la famiglia e di passare la vecchiaia a casa loro. Tuttavia molti continuano a recarsi in Francia per mantenere i contatti con gli amici, per incassare la pensione63, e in certi casi per continuare a lavorare qualche mese all'anno. Talvolta, il migrante che si è ben inserito nel paese di accoglienza e che ha passato molti anni in un contesto totalmente differente da quello di partenza, ha delle difficoltà a riadattarsi alla vita in famiglia e nel villaggio d’origine. Durante le interviste realizzate separatamente con ciascun membro della famiglia, si osserva che a volte c'è una difficoltà a riadattarsi alla vita comune. In particolare, le donne e 62 63
La parole “bled” in arabo significa paese o stato, e nel linguaggio colloquiale è utilizzata per definire il luogo di provenienza di una persona. È possibile anche ricevere la pensione in Tunisia, ma i migranti preferiscono ritirarla in
Francia per evitare le tasse tunisine.
73 le ragazze risentono della privazione della loro indipendenza, che avevano acquisito in assenza del padre. Il padre, contemporaneamente, constata i cambiamenti che si sono verificati durante la sua assenza e deve fare un grande sforzo per adattarsi ed esercitare di nuovo la sua autorità. Queste difficoltà possono anche spingere i migranti a ritornare periodicamente in Francia, per ritrovare la loro libertà lontano dalle responsabilità familiari e sociali. 3.2.3. Tipologie di mobilità dopo gli anni 1980 e la “chiusura delle frontiere” Inasprimento delle leggi, controllo delle partenze e diffusione delle attività illegali legate alla migrazione. I migranti più giovani, il cui percorso migratorio comincia dopo la metà degli anni 1980, hanno incontrato maggiori difficoltà per quanto riguarda la partenza, ma anche per quanto riguarda il loro status di straniero in Europa. Le partenze intraprese all’interno dei percorsi ufficiali, stabiliti dagli accordi di manodopera firmati con la Francia, sono limitate a causa del numero ridotto di contratti disponibili e dell'aumento dei criteri necessari per ottenere un permesso di soggiorno. Per questo motivo una parte di migranti parte con il visto turistico per poi cercare lavoro sul posto. Tuttavia, non è semplice riuscire a partire in modo regolare dopo l'inasprimento delle condizioni di concessione dei visti in Francia a partire dal 1986 e in Europa dal 1995 dopo l'introduzione del visto Schengen. In generale, per comprendere e realizzare tutte le tappe richieste dalle ambasciate europee, è necessario recarsi diverse volte a Tunisi, dove si trovano gli uffici amministrativi. Inoltre, bisogna ricordare che in Tunisia, in alcune zone rurali, i bambini non sono registrati alla nascita. Si comprenderà quindi la difficoltà in certi casi di fornire i documenti richiesti. Infine, le condizioni poste per la concessione di visti turistici prevedono che il cittadino che lo richiede abbia validi motivi per rientrare, ad esempio un lavoro stabile, per diminuire il rischio che rimanga nel paese oltre alla data limite fissata dal visto. Questo criterio è spesso difficile da 74 soddisfare, perché in molti casi i candidati alla partenza lavorano senza contratto, o sono studenti (l'iscrizione all'università non è sufficiente per assicurare il ritorno alla scadenza del visto). Dall'imposizione dei visti per i tunisini nel 1986, un secondo criterio impone di dimostrare che si possiede una somma sufficiente di denaro per sopravvivere nel paese d'accoglienza attraverso l'inserimento nel fascicolo di richiesta del visto dell'estratto conto bancario. In Tunisia non tutti possiedono un conto bancario, nella maggioranza dei casi il pagamento dello stipendio si effettua in contanti in loco. La difficoltà della procedura, aggiunta al rischio di vedersi rifiutare il visto, spinge i migranti a cercare strade alternative. Sulla base delle conoscenze e delle reti all'estero e sul territorio tunisino, il migrante trova altri mezzi per partire a costi differenti. Nella maggioranza delle testimonianze, si parla di un intermediario che si occupa di definire il collegamento tra migranti e amministrazione in un contesto di corruzione. Alcuni pagherebbero tra 16 000 e 30 000 dinari (tra 8 000 e 15 000 euro) per un visto falso per un qualsiasi paese europeo. Questo permette loro di approfittare dello spazio di libera circolazione di Schengen per raggiungere il paese di destinazione. Altri acquistano un contratto di lavoro (10 000 o 20 000 euro), reale o finto, e riescono così ad ottenere un permesso di soggiorno. Altri ancora, avendo un parente prossimo che ha un contratto in Europa e che rientra per la pensione, prendono il suo posto. Un altro sistema per partire è via nave, dalla Libia o direttamente dalla Tunisia (il prezzo è tra i 500 e i 1000 euro da dopo la rivoluzione). Alcuni, grazie a un falso permesso di soggiorno riescono a fare delle andate-­‐ritorno e mantenere i contatti con la famiglia (200 euro). Durante la rivoluzione, con una diminuzione dei controlli da parte tunisina, la fine della paura delle ritorsioni della polizia, e il basso costo della traversata, c'è stato un aumento delle partenze via mare. L'approvazione della famiglia è importante per un giovane candidato alla partenza. In generale, tranne il rifiuto della partenza via mare, a causa della sua pericolosità, la famiglia sostiene il giovane nel suo progetto migratorio, e se un membro della famiglia è già all'estero, cercherà di ottenere un contratto o dei documenti falsi. 75 Per chi arriva nel paese scelto, è difficile rientrare nel caso in cui si renda conto che non trova lavoro o che la situazione non corrisponde a quello che si desiderava. Le aspettative create nel lungo periodo di preparazione del viaggio, il rischio di essere incarcerato in Tunisia64, i debiti contratti con amici e genitori e la famiglia sono anch'essi un ostacolo al ritorno. La persona sente una sorta di obbligo a rimanere nel paese d'accoglienza finché non li avrà rimborsati e avrà guadagnato abbastanza denaro per rientrare senza subire umiliazioni. Il migrante spera di regolarizzare, prima o dopo, la sua situazione. Nel frattempo sopravvive grazie ad amici e alla famiglia all'estero, e talvolta anche facendosi inviare del denaro dalla Tunisia. Il soggiorno nel paese d’accoglienza: la moltiplicazione e precarietà degli status giuridici Durante il periodo passato nel paese di accoglienza, lo statuto giuridico del migrante è spesso oggetto di cambiamenti. In Italia, ad esempio, i migranti irregolari possono approfittare di campagne periodiche di regolarizzazione di massa, oppure, se si trova un datore di lavoro disponibile all'assunzione, di una regolarizzazione tramite contratto di lavoro. In Francia, queste possibilità sono ridotte ma esistono. Una grossa campagna di regolarizzazione è stata effettuata nel 1998, a seguito di importanti manifestazioni dei lavoratori irregolari svoltesi nel 1996 (un'altra campagna nel 2006, era riservata ai bambini scolarizzati in Francia e ai loro genitori). Per quanto riguarda le regolarizzazioni tramite contratto di lavoro, esse si limitano a professioni definite dalla prefettura e sono possibili dalla legge del 2006 e, in particolare, con l'applicazione dei protocolli dell’"Accordo quadro relativo alla gestione concertata delle migrazioni e allo sviluppo solidale tra il governo della Repubblica francese e il governo della Repubblica tunisina", firmato a Tunisi il 28 aprile 2008. Allo scadere del contratto o del titolo di soggiorno, il migrante rientra nella categoria degli irregolari. Un'altra possibilità consiste nel mostrare di aver vissuto ininterrottamente in Francia e di essersi integrato abbastanza bene 64
Vedere paragrafo 2.2.3.
76 (esistenza di legami sociali e conoscenza base della lingua) per un periodo di 10 anni (la legge del 24 luglio 2006 ha abrogato questa possibilità) per poter portare il proprio file in prefettura e regolarizzare la situazione. Per i lavoratori irregolari, questo è possibile se riescono a procurarsi un permesso di soggiorno falso che permette loro di essere assunti, non in nero, e di ricevere i documenti legati allo stipendio e al sistema di previdenza sociale. Gli effetti di questa condizione di precarietà si riflettono sulla vita familiare del migrante. Come già detto, la durata del periodo tra la partenza e il matrimonio, nel caso in cui il migrante sia celibe, cambia in funzione dello status all’estero e dello stipendio del migrante. Il fatto di partire in modo irregolare comporta un ritorno tardivo, a causa del periodo più lungo necessario per ottenere la regolarizzazione e per guadagnare abbastanza denaro per sposarsi. Inoltre, le magre entrate dovute allo sfruttamento del lavoro nero e all’irregolarità dell'occupazione, nonché l'irregolarità di entrate stabili, impediscono al migrante di occuparsi delle necessità della sua famiglia, se non addirittura delle proprie. I migranti che riescono ad ottenere una regolarizzazione vengono visti come esempio di successo. Saranno in grado di occuparsi della famiglia, di costruire una casa moderna, di fornire una buona istruzione ai figli, e quindi di migliorare il proprio status sociale. Sono in una condizione invidiabile, perché nonostante le difficoltà del periodo di irregolarità, sono riusciti ad avere un permesso di soggiorno. Questi esempi di successo, poco importa quanti sono, aumentano la propensione alla partenza di altri migranti. Il ritorno: maggiori probabilità di fallimento del progetto migratorio Per quanto riguarda il ritorno definitivo, il caso degli irregolari è più problematico. Se si rientra volontariamente, si rischia che l'amministrazione tunisina alla dogana si renda conto della partenza illegale, a causa della mancanza del timbro di uscita dal paese. In casi come questo la legge tunisina prevede fino a sei mesi di 77 detenzione65. Nel caso in cui il ritorno sia forzato, il migrante è sottoposto a una doppia umiliazione. L'umiliazione della detenzione nel paese di accoglienza e la il ritorno forzato al paese d'origine sono vissuti come un fallimento. Durante le interviste, quando si chiedono informazioni sulla situazione dopo il rimpatrio, le risposte sono omogenee. Chi non lavorava prima di emigrare, continua a non trovare lavoro, e chi lavorava in una situazione precaria, ha perduto il diritto a quel lavoro. Il fallimento del progetto migratorio non permette un facile reinserimento nel paese d'origine. I debiti, le prese in giro degli amici, aggiunte alle umiliazioni ripetute e subite durante il viaggio, non permettono di riscattarsi dalla situazione di illegalità. Secondo gli studi realizzati a questo proposito da Mehdi Mabrouk (2010), all’epoca delle prime partenze irregolari gli harraga erano considerati negativamente dalla società. Erano stigmatizzati ed emarginati, specialmente da chi possedeva un permesso di soggiorno in Francia. Ma con la realizzazione, da parte dei paesi europei, di pratiche di regolarizzazione massicce, queste persone potevano ritornare nella città d'origine durante l'estate, portando con sé le tecnologie all'avanguardia, oppure organizzando matrimoni sontuosi, e quindi inducendo un cambiamento d'opinione degli abitanti verso di loro. Con le espulsioni e i rimpatri, questa fase di riscatto non esiste più. Rimangono solo i debiti e il desiderio di ripartire. Per molti, la seconda partenza è ancora più necessaria della prima. Vengono chiamati i "recidivi", e sono i primi nomi sulle liste delle organizzazioni che preparano i viaggi verso l'Europa. Dalla rivoluzione, e con l'affermazione di gruppi salafiti e l'indebolimento del controllo politico sui fenomeni di politicizzazione della religione, cominciano anche a vedersi casi di migranti che hanno visto fallire il loro progetto migratorio che vengono intercettati da questi gruppi per andare a combattere la jihad in Siria. Le espulsioni e l'impossibilità di ottenere un visto sono due delle ragioni che i giovani di Ghardimaou menzionano tra le cause della scelta di associarsi alla guerra di 65
Vedere paragrafo 2.2.3.
78 religione, che sembra essere molto redditizia (si promette un compenso di $ 100 al giorno). 3.2.4. Effetti della migrazione sulle famiglie nel paese d’origine secondo lo status giuridico dei migranti nel paese d’accoglienza. Per le famiglie rimaste nel paese d'origine, l'assenza del padre per decine di anni ha conseguenze profonde sull'equilibrio familiare. I contatti sono normalmente mantenuti per telefono e durante le vacanze trascorse a casa. Si osserva, tuttavia, una differenziazione dei problemi vissuti secondo lo status e la tipologia di reddito del migrante all'estero. Problematiche legate alle donne: emancipazione o emarginazione? Durante l'assenza del marito, la donna gestisce le attività della casa, si occupa dell'istruzione dei bambini e gestisce anche l'economia familiare. La donna assume quindi il ruolo di capofamiglia e aumenta il suo carico di lavoro. Tuttavia, non sembra beneficiare di un riconoscimento sociale maggiore corrispondente alle sue nuove responsabilità in ragione dei valori tradizionali di una società patriarcale. Gli uomini della famiglia allargata hanno sempre l'autorità di imporle decisioni in assenza del marito. Il marito stesso riprende il suo ruolo di capofamiglia ogni volta che ritorna a casa, nonostante la scarsa conoscenza del contesto a causa dell'assenza prolungata. Al tempo stesso, le donne intervistate sostengono di essersi abituate alle condizioni di vita senza i mariti. La migrazione è un fenomeno diffuso a Ghardimaou, così come l'assenza della figura maschile, che è considerata normale. D'altra parte, possiamo distinguere due tipi di situazioni collegate, in parte, al livello economico e alla posizione della casa di famiglia rispetto alla città e al contesto del quartiere. Se la famiglia abita in un quartiere intermedio o agiato, e magari vicino al 79 mercato, le mogli dei migranti godono della libertà di spostarsi e di avere una vita sociale maggiore rispetto a quando sono sotto il controllo del marito. Se l'ambiente sociale è meno agiato e la posizione geografica più isolata, queste donne rischiano di rimanere emarginate. Nel primo caso, le testimonianze mostrano la solidarietà che si crea tra le donne sole del quartiere. Le battute e le chiacchiere verso i mariti mostrano che esse riescono a gestire in modo adeguato la loro condizione. Ammettono qualche problema al momento del ritorno del marito durante le vacanze, dovuti al fatto che devono rinunciare al ruolo di capofamiglia e tornare sotto l'autorità del marito: «Quando rientra è in vacanza e non fa niente. Passa la giornata sul divano a dare ordini. Sono io che devo occuparmi di lui, con tutto quello che ho già da fare! Quando c'è ho meno possibilità e tempo per uscire.» -­‐Intervista con Arwa, 9 maggio 2012 a Ghardimaou-­‐ Un altro elemento importante è il tipo di relazione costruita con la famiglia acquisita. Se il controllo del marito è sostituito da quello della famiglia, la moglie rischia di essere meno libera che prima della sua partenza. È più difficile chiedere il permesso di uscire alla famiglia acquisita in quanto si teme un giudizio negativo e le possibili interferenze nella relazione, già difficile, con il coniuge lontano: «Quando mio marito non c'è, suo fratello viene spesso a controllarmi e a controllare i bambini. Se voglio uscire sono obbligata a chiedergli il permesso. Ma non lo faccio volentieri. Abbiamo avuto un problema con lui qualche mese fa: ha chiamato mio marito in Francia dicendo che io gli avevo rubato il cavo dello stereo e che non mi comporto dignitosamente e che esco troppo spesso. Quando mio marito c'è, non ci sono questi problemi.» -­‐Intervista con Ahlem, 11 maggio 2012 a Ghardimaou-­‐ 80 Al contrario, se le relazioni con la famiglia del marito sono migliori, la presenza di uno zio o di un nonno in casa può essere un grande aiuto, ad esempio per l'istruzione dei figli, mentre, se isolata, la moglie di un migrante è obbligata a ricoprire il ruolo di padre e di madre contemporaneamente. Problematiche legate ai figli: maggiore investimento nell’educazione in assenza della figura paterna. Si osserva che la migrazione del padre influisce sui risultati scolastici dei bambini, che variano anche secondo le condizioni socio-­‐culturali della famiglia. Un fenomeno interessante è l'importanza che i genitori emigrati danno all'istruzione dei figli, ma anche delle figlie. Questo si percepisce dai sacrifici, e dell'investimento materiale e psicologico che questi mettono nell'istruzione. La vedono come un mezzo di evitare ai figli le stesse sofferenze dovute alla condizione di migrante. In generale, la riuscita scolastica dei bambini dei migranti è legata ad un fattore di compensazione. Spesso i figli si rendono conto del sacrificio del padre e dei vantaggi economici per la famiglia che ne derivano. Saranno quindi più responsabili e più motivati nei loro studi. Inoltre, il fatto di avere entrate più alte, permette di pagare corsi di recupero e aumentare le opportunità di successo scolastico. Tuttavia, in un ambiente rurale, come quello di Ghardimaou, vi sono degli svantaggi rispetto a contesti più urbanizzati. Le madri sono generalmente meno istruite, e quindi meno in grado di seguire i figli nella carriera scolastica. Un altro fattore è la mancanza di professori, e le grandi dimensioni delle classi che raccolgono studenti di età differenti, diminuendo la qualità dell'istruzione. Inoltre, negli ambienti rurali, spesso i bambini aiutano la madre nel lavoro nei campi, dedicando meno tempo allo studio. È interessante osservare che le bambine incontrano meno difficoltà a scuola rispetto ai maschi. Secondo gli insegnanti intervistati i ragazzi hanno più tendenza ad abbandonare gli studi prima del diploma e a intraprendere percorsi devianti, come l'abuso di droghe o di alcol. Sulla base di alcune testimonianze raccolte durante le interviste con i figli e le figlie di migranti, si è potuto osservare che le bambine 81 soffrono meno dell'assenza del padre, approfittando di una maggiore libertà. In molte testimonianze, ci raccontano come l'assenza del padre non le abbia toccate tanto quanto i fratelli e che, al contrario, soffrono la severità del padre quando questo rientra durante le vacanze. Da alcune conversazioni con i figli dei migranti, invece, si percepiva chiaramente la sofferenza provocata dalla mancanza di una guida o di un esempio: «Mio padre non c'era quando avevo bisogno di lui. Io non farò mai mancare ai miei figli quello che mi è mancato. Mio fratello è clandestino in Francia e ha lasciato i suoi figli qui. Cerco di occuparmi di loro. Non sono d'accordo con la sua scelta.» -­‐Intervista con Maauia, 14 febbraio 2012 a El Khala-­‐ Sostengono che l'assenza di supporto da parte del padre sia la causa che li ha portati a non continuare gli studi, e dicono che pensano solo a raggiungerlo all'estero. Questo è spesso un desiderio contrario alle speranze dei genitori che dedicano del denaro e delle energie al successo scolastico dei figli, per permettere loro un futuro e una posizione sociale migliore senza dover ricorrere alle migrazioni. Tuttavia, i ragazzi vedono come esempio di successo quello dei migranti, e perdono interesse negli studi: «Studiare non serve a nulla in Tunisia. Per lavorare bene bisogna andare fuori. Io voglio partire e raggiungere mio padre.» -­‐Intervista con Ridha, 9 maggio 2012 a Dkhailia-­‐ Una soluzione per questi problemi è talvolta il ricongiungimento familiare, che eviterebbe gli squilibri dovuti all'assenza del padre. Tuttavia il tasso di partenze per ricongiungimento familiare rimane basso (12% secondo i dati del nostro studio quantitativo). Il fenomeno è spiegabile in parte se si guarda al grande numero di migranti irregolari, e di coloro che possiedono dei contratti stagionali e che quindi non hanno diritto al ricongiungimento. Tuttavia, spesso anche chi possiede un titolo 82 di soggiorno che permette il ricongiungimento familiare, non utilizza questa possibilità. Questa scelta è legata all'importanza di far crescere i figli al bled, circondati dagli stessi valori dei genitori, ma anche alla volontà di non obbligare la propria famiglia a vivere le stesse difficoltà che il migrante vive all'estero. Spesso i migranti nascondono ai famigliari i problemi di adattamento al contesto diverso, le condizioni di alloggio e di vita, generalmente meno buone di quelle in patria. Si preoccupano anche del fatto che le mogli e i figli possano essere vittime di razzismo e di isolamento, oppure, al contrario, che si integrino allontanandosi troppo dai valori arabo-­‐musulmani. Un discorso comune a numerose testimonianze descrive il cambiamento del comportamento dei bambini e delle mogli dei migranti che si trasferiscono in Europa. Secondo gli intervistati, il rischio per i bambini è di dimenticare le tradizioni, e di allontanarsi dai genitori e dalla religione. Per quanto riguarda le relazioni di coppia, queste saranno messe alla prova in un contesto caratterizzato da precarietà e da isolamento sociale. Un esempio citato spesso è quello delle mogli che sono talvolta obbligate a lavorare per contribuire all'economia familiare, o che diventano titolari di indennità familiari o di disoccupazione: «Lavorare apre loro gli occhi e cominciano a fare cose folli. Non ascoltano più il marito e hanno troppa iniziativa. La moglie di un algerino che abitava vicino a me a Marsiglia, nascondeva il denaro che guadagnava. Quando il marito l'ha scoperto, c'è stata una violenta discussione e lei non ha voluto dargli il denaro. Poi lei ha deciso di divorziare!» -­‐ Intervista con Ridha, 15 luglio 2012 a Ghardimaou, nel quartiere "cité de France" -­‐ Una possibilità più accettata è che la donna raggiunga il marito all'estero per occuparsi di lui, una volta che i figli sono grandi e sono divenuti indipendenti, a condizione che ci sia almeno un figlio maschio che possa rappresentare l'autorità paterna e occuparsi dei nonni. 83 Per quanto riguarda il ritorno dei migranti, intervistando le famiglie riunite dopo anni di separazione, è interessante osservare come dopo una prima dichiarazione di soddisfazione collegata al ritorno del migrante, i membri della famiglia svelano una serie di problemi e di preoccupazioni. Per la famiglia rimasta in patria, è difficile riabituarsi alla presenza del padre in casa. Soprattutto se la madre e le figlie avevano approfittato di una certa libertà durante l'assenza del padre, tornare sotto l'autorità di quest'ultimo comporta uno sforzo di adattazione importante. Le condizioni socio-­‐economiche dovute alla tipologia di mobilità e allo status del padre emigrante non sono le sole variabili che influenzano l'equilibrio familiare e l'istruzione dei figli, ma sono comunque un fattore importante. Le interviste con le famiglie dei migranti stagionali rivelano una situazione familiare meno problematica. Il fatto di rientrare per parecchi mesi ogni anno, permette di coltivare meglio le relazioni intra-­‐familiari e permette all'emigrante di conservare un posto importante nella soluzione dei vari problemi che incontra la famiglia. Inoltre, anche se il reddito non permette una vita particolarmente confortevole, si osserva un alto livello di solidarietà rispetto ad altre famiglie più agiate. Anche al momento del ritorno definitivo dell'emigrante, il processo di riadattamento sembra più facile per gli stagionali, che hanno avuto la possibilità di mantenere e coltivare le relazioni sociali ogni anno per parecchi mesi, e non hanno perduto i legami con il territorio d'origine. Per gli irregolari, al contrario, i figli trascorrono parecchi anni senza vedere il padre, che non ha la possibilità di rientrare periodicamente. Inoltre, nel caso in cui il migrante non trovi lavoro, la famiglia deve occuparsi di lui. L'elemento di compensazione economica che giustifica, agli occhi della famiglia, l'assenza del padre sparisce, e le relazioni familiari diventano spesso problematiche. In generale sono i genitori stessi che rivelano le loro preoccupazioni in riferimento comportamento dei figli. Temono che la mancanza di un modello di identificazione, soprattutto per i ragazzi, e la frustrazione dei figli verso l'impossibilità di raggiungere il padre, li spinga verso percorsi di devianza, come la droga e l'alcol, oppure verso il rifugio dato da valori tradizionali, come la fede e la pratica religiosa. 84 In una conversazione di gruppo su queste tematiche con alcuni giovani di Ghardimaou, candidati alla partenza per la Francia, il commento su cui molti si sono trovati d'accordo è stato: «Le nuove generazioni che partono hanno imparato. Non vogliono passare la vita lontano dalle mogli. Cercano di portarle con loro oppure si sposano in Francia. Io sono partito da solo, ma io e la mia famiglia stavamo troppo male a vivere separati. Mia moglie doveva arrangiarsi da sola con i bambini e loro mi chiedevano sempre di tornare. Appena ho trovato un buon lavoro nella ristorazione e una bella casa dove abitare, ho chiesto il ricongiungimento familiare.» -­‐ Intervista con Rafiq, 8 maggio 2012, Al Ghorra-­‐ 85 3.3. STATUS GIURIDICI DEI MIGRANTI E DIFFERENZE NELL’ACQUISIZIONE DEL CAPITALE ECONOMICO, UMANO E SOCIALE Nei paragrafi successivi cercheremo di mettere in relazione i dati raccolti relativi ai cambiamenti dei percorsi migratori e i loro effetti sulla società d'origine, in un'ottica non solo economica ma che tenga anche in considerazione l'aumento del capitale umano e sociale. 3.3.1. Capitale economico: scarse risorse, ostacoli agli investimenti e percezione sociale negativa I benefici tratti dell'emigrazione in Tunisia sono significativi. Dal punto di vista economico, l'emigrazione contribuisce alla diminuzione della disoccupazione, al riequilibrio del mercato del lavoro interno, e alla compensazione del deficit tra le transazioni finanziarie internazionali. Infatti, se gli investimenti diretti esteri (IDE) e i proventi del turismo sono ai primi posti nella composizione del Pil, le rimesse dei migranti sono al terzo posto e seguono una tendenza annuale di crescita (H. Boubakri, 2010). È difficile calcolare la quantità esatta di rimesse che arrivano in Tunisia in quanto, spesso, queste non passano per i canali bancari o postali, ma entrano nel paese in maniera non ufficiale, sotto forma di regali alla famiglia oppure attraverso il trasporto di denaro liquido durante i viaggi di ritorno. Tuttavia, è possibile constatare che più della metà delle rimesse che rientrano attraverso i canali ufficiali sono versate nelle regioni costiere, dove si trovano le città più importanti, e da dove parte la maggioranza dei migranti con un buon livello di studi, che in generale hanno, in Europa, una situazione occupazionale più favorevole dal punto di vista dello stipendio66. La rete migratoria che comprende Ghardimaou non è una rete di commercianti che si sono arricchiti nelle grandi città europee, ma piuttosto, e in maggioranza, si tratta di una rete di operai agricoli e di lavoratori edili. I modesti salari di questi migranti 66 Figura 5, vedere gli annessi. 86 sono investiti prioritariamente nella costruzione di case, nelle spese per la festa di matrimonio, nella sussistenza della famiglia, nell'istruzione dei figli o anche nella partecipazione alla costruzione di moschee. Quello che resta viene utilizzato per acquistare delle terre, delle macchine agricole, un gregge di pecore, dei camioncini per il trasporto commerciale, o dei piccoli negozi di beni alimentari: caffè, drogherie, macellerie. Questi ultimi appartengono soprattutto a chi ha soggiornato per lungo tempo all'estero e che ha un capitale da investire al momento della pensione. Un esempio è quello di Ridha, che prima di partire era un funzionario pubblico, e che a Marsiglia ha lavorato in un'impresa di costruzioni e di ristrutturazione di facciate di edifici. Ha instaurato una relazione d'amicizia col suo datore di lavoro, che gli ha insegnato i segreti del mestiere e l'ha aiutato a creare un'impresa di sua proprietà. Grazie al suo status di lavoratore autonomo, è riuscito a ottenere un permesso di soggiorno di lunga durata, che gli permette di rientrare regolarmente in Tunisia. Da una quindicina d'anni, durante l'inverno, lavora a Marsiglia nella sua azienda, mentre in estate rientra a Ghardimaou per lavorare in agricoltura sui terreni che ha potuto comprare grazie a quanto guadagnato dalla sua attività in Francia. Oggi, a cinquant'anni, vuole rientrare, sposarsi con una donna del bled, e sistemarsi a Ghardimaou, dove ha costruito una grande casa e una panetteria "di lusso" . Per quanto riguarda i lavoratori stagionali, invece, essi spendono la maggior parte dei loro guadagni in sussistenza, per i bisogni quotidiani della famiglia durante la loro assenza. Una volta rientrati, chi non ha avuto un'interruzione del contratto e ha raggiunto l'età della pensione, spesso può contare solo su qualche centinaio di euro al mese di pensione, sulla base dei contributi pagati durante le decine d'anni di lavoro. Le attività realizzate prima del ritorno dei migranti, si limitano a piccoli negozi, soprattutto di beni alimentari. Anche coloro che avrebbero la possibilità finanziarie di investire in progetti più importanti e contribuire allo sviluppo del villaggio, spesso non lo fanno, frenati dalla lenta burocrazia di un sistema dittatoriale che vuole avere il controllo, se non bloccare, qualsiasi iniziativa personale. Inoltre, c'è 87 una certa difficoltà a trovare le competenze necessarie per la gestione di progetti durante la propria assenza. Infatti, si preferisce, piuttosto che assumere uno specialista anonimo del settore, dare lavoro a un membro della famiglia allargata. Queste regole morali tradizionali non si inseriscono bene in una logica capitalista che ha come obiettivo il profitto e l'efficienza. Si basano sulla forza delle relazioni intra-­‐familiari, in un contesto di assenza del ruolo sociale dello Stato. Gli investimenti sono dunque circoscritti ai piccoli progetti gestiti dalla famiglia, più facili da controllare anche a distanza, e utili alla sussistenza della famiglia e all'uscita dei figli dalla condizione di disoccupazione. Per quanto riguarda i migranti in situazione irregolare, talvolta essi non hanno neanche i mezzi per sopravvivere e sono obbligati a dipendere dalla famiglia. La loro condizione viene riscattata nel momento in cui riescono a regolarizzare la loro situazione e diventano la principale fonte di guadagno della famiglia stessa. A Ghardimaou, i migranti non hanno contribuito ad uno sviluppo visibile. La percezione del fenomeno migratorio non è quindi sempre positiva per chi rimane. La migrazione non è sempre vista con comprensione e come esempio di successo, ma talvolta con gelosia e disprezzo. Gli abitanti testimoniano la frustrazione legata al fatto che le somme più significative sono investite nell'acquisto di visti o di contratti per partire all'estero, oppure per la costruzione di case moderne che vengono ingrandite ad intervalli regolari. Si arriva anche a rimproverare ai migranti il fatto di conservare molto denaro ("milioni di dinari") nelle banche invece di investirlo in attività utili per il villaggio o di prestarlo a chi vuole investirlo in progetti economici. Le interviste con i direttori dei due istituti bancari di Ghardimaou permettono di smentire questa informazione. I migranti non hanno molto denaro da parte, fermo nei conti bancari. Al contrario, questi chiedono spesso prestiti per costruire la loro casa. Questi commenti, però, ci fanno comprendere quali sono le idee collegate alle migrazioni: visto che si trovano all'interno di una logica di ostentazione, i migranti sono considerati come molto più fortunati di quanto siano in realtà. 88 La migrazione è vista come un problema anche da coloro che gestiscono delle imprese e che necessitano di mano d’opera. Questi risentono della mancanza di giovani disponibili a lavorare. Dicono che i giovani di Ghardimaou pensano solo a partire: «Vogliono guadagnare molto e velocemente, per questo partono. C'erano delle fabbriche che hanno chiuso perché non c'era nessuno che voleva lavorarci. I loro padri non sono presenti per dare il buon esempio. La città è vuota. Tutti gli uomini sono partiti e lavorano fuori. Non c'è l'esempio dei lavoratori. Per questo non facciamo niente qui. Vedono il padre solo quando rientra in vacanza e non fa niente tutto il giorno. Si annoiano. Ci sono molti giovani che si drogano e che bevono. Non hanno voglia di fare nulla. Non hanno la mentalità per creare dei progetti.» -­‐Intervista con Ahmed, 11 maggio 2012 a Jendouba-­‐ Questo fenomeno è anche spiegabile per il fatto che, con un salario inferiore a 10 dinari al giorno (cinque euro), i giovani che cercano di diventare indipendenti e di lasciare la casa familiare non possono farlo. Inoltre, se si considera che il salario minimo è di 286 DT al mese (141 euro), una cifra che in Tunisia non permette di assicurare una sussistenza degna a una famiglia, si comprende la mancanza di motivazione dei giovani verso il lavoro e la difficoltà a immaginarsi un futuro nel proprio paese. 3.3.2. Capitale umano: status giuridici precari, emarginazione e difficoltà di trasferimento delle nuove conoscenze e capacità nel paese d’origine Il livello di studi dei migranti appartenenti alle prime generazioni partite per l'estero non supera le scuole medie. A Ghardimaou i pionieri venivano da famiglie modeste, che non avevano i mezzi per offrire ai figli la prosecuzione degli studi. Queste generazioni furono le prime a beneficiare di programmi di istruzione di 89 massa, a un'epoca in cui, in Tunisia e soprattutto nelle regioni più isolate, l'istruzione non godeva di una grande considerazione sociale. I figli di questi migranti, al contrario, hanno spesso ottenuto il diploma, e talvolta continuato gli studi all’università o per ottenere dei diplomi professionali. Questo allungamento degli studi coincide con il rafforzamento delle politiche dell'istruzione nella Tunisia degli anni 1990, e con il cambiamento di mentalità della popolazione, che comincia a comprendere l'importanza sociale di una qualifica accademica. I figli dei migranti sono stati quindi spinti a studiare dai genitori, che disponendo di risorse economiche maggiori potevano farli beneficiare di corsi privati nel pomeriggio. La volontà dei genitori di evitare loro le difficoltà dell’esperienza migratoria, non ha tuttavia impedito il perpetuarsi di una concezione della migrazione come di un modello di successo. Nell'ambito della popolazione studiata, molti giovani diplomati cercano di lasciare il paese, anche in modo irregolare, anche se sono consapevoli che non troveranno lavoro se non nell'agricoltura o nell'edilizia. L'economia tunisina è caratterizzata da un alto livello di disoccupazione, anche tra i diplomati, che l'offerta di lavoro non riesce ad assorbire. La "fuga dei cervelli" è un fenomeno che caratterizza il paese: oltre ai lavoratori non qualificati che trovano lavoro nei settori non specializzati dell'economia europea, la Tunisia vede anche partire molti giovani altamente qualificati. A Ghardimaou, i giovani che hanno terminato gli studi non trovano lavoro corrispondente alla loro qualifica. Questo, da una parte a causa della mancanza di una politica di sviluppo realizzata dallo Stato in questa regione, e dall'altra, per la forte inerzia della burocrazia e a causa della corruzione. L'impressione di non poter creare nulla di redditizio in questa regione è molto diffusa e scoraggia qualsiasi volontà d’investimento. Allo stesso modo, chi ha lavorato nel settore agricolo a Berre-­‐l'Étang, e ha appreso le tecniche di coltura moderne che potrebbero essere utilizzate nella regione agricola nei dintorni di Ghardimaou, non riescono a implementarle. Qualsiasi innovazione è scoraggiata dalla mancanza di sovvenzioni statali e dalla mancanza di interesse dei proprietari delle terre, che traggono profitto dal basso costo della manodopera agricola e non sono quindi interessati alla modernizzazione delle colture. 90 In generale, nel paese d'accoglienza, i migranti, oltre ad apprendere nuove tecniche, possono anche entrare in contatto con un sistema di valori differente. I migranti che fanno parte del circuito migratorio Berre-­‐Ghardimaou che sono stati intervistati in Francia durante la loro esperienza migratoria, non hanno veramente avuto la possibilità di integrarsi nella società locale. I migranti regolari vivono in alloggi messi a disposizione dal comune oppure sono alloggiati dai datori di lavoro. Gli irregolari, che vivevano in un accampamento di roulotte costruito in mezzo ai campi finché non venne distrutto dalla polizia nel 2008 su ordine del prefetto, trovano oggi alloggi precari in capanne costruite vicino al luogo di lavoro. Il luogo d’incontro e di vita sociale è il caffè del centro di Berre-­‐l'Étang. Questo caffè è gestito da un tunisino e la clientela è composta esclusivamente da maghrebini. Il contatto con i locali è ridotto e si limita ai datori di lavoro e ai commercianti sul mercato. Gli orari di lavoro nei campi e l'emarginazione dei migranti non facilitano l'incontro con gli abitanti di Berre, che, da parte loro, tollerano la presenza pubblica dei lavoratori agricoli, ma non cercano un contatto. Non esistono associazioni locali di supporto a questi migranti che potrebbero permettere degli scambi sociali. La volontà di avvicinarsi alla società d'accoglienza tuttavia esiste da parte dei migranti. Molti si impegnano per riuscire a stabilire relazioni d'amicizia con i loro datori di lavoro, alcuni riescono anche a giocare nella squadra di calcio locale oppure a entrare in contatto con francesi grazie a internet, o a farsi degli amici durante i weekend passati a Marsiglia. Per i migranti irregolari il contatto è spesso più difficile. La paura di essere presi dalla polizia limita molto di spostamenti e aumenta la diffidenza, complicando le relazioni sociali. Tuttavia, rimane anche tra questi migranti la volontà di diventare parte della società d'accoglienza. I tentativi di molti di sposarsi con locali, che a prima vista possono sembrare solo una strategia per ottenere i documenti, si rivelano essere l'unica possibilità per integrarsi in Francia. Trovare una moglie, avere dei documenti, permetterebbe di vivere una vita normale e di investire in relazioni interpersonali con i locali: 91 «Se trovo una moglie qui, lascerò la mia. Continuerò a sostenerla, così come i miei figli. Ma mi sono sposato con lei troppo presto. Non ci conoscevamo bene. Ho voglia di scoprire come si vive una vita qui, avere degli amici francesi e uscire liberamente per strada. Voglio trovare una donna con cui condividere delle cose, che mi comprenda di più. (…) Mia figlia porta il niqab. Le dico tutti i giorni che non è obbligata a farlo; che può essere amica dei ragazzi. Deve fare attenzione a non fare cose inopportune in pubblico, ma deve anche fregarsene del giudizio degli altri. Sa, la gente a Ghardimaou è molto tradizionalista. Bisogna fare attenzione. Sono anche preoccupato per mio figlio. Ho paura che cada nella rete dei salafisti. Ci sono molti giovani qui che, non trovando lavoro, ora partono per la jihad in Siria! » -­‐Intervista con Mohammed, 13 luglio 2012 a Berre l’Étang-­‐ Al contrario, i discorsi dei migranti incontrati nella loro città d'origine sono meno espliciti. Infatti, sembra difficile per i migranti trasferire i valori della società d'arrivo di cui si sono appropriati, presso la famiglia rimasta al bled. Il controllo sociale sembra troppo forte per riuscire a vivere nello stesso modo in cui si vive in Francia. Il giudizio della società d'origine è molto importante nella vita quotidiana dei migranti e delle loro famiglie. Spesso il migrante preferisce non rendere problematiche le relazioni familiari, interrotte per lungo tempo, e non interviene quindi nelle questioni relative alla morale religiosa o tradizionale. Il rischio di rottura con la famiglia è molto alto per i giovani migranti, che rientrano dalle loro prime esperienze migratorie: «Mia madre e mia sorella non mi lasciano in pace con il fatto che devo fare la preghiera. So che mio padre mi capisce: ha vissuto in Francia a lungo. Ma preferisce non dire nulla.» -­‐Intervista con Ahmed, 6 giugno 2012 a Ghardimaou-­‐ 92 3.3.3. Capitale sociale: tramite per le partenze e supporto durante l’esperienza migratoria. Il fattore determinante per il successo di un progetto migratorio è il capitale sociale. Tale capitale è, secondo Bourdieu (1979), l'insieme delle risorse (reali o potenziali) che derivano dalla stabilità, dall'estensione e dal tipo di rete sociale nella quale si è inseriti. Per un migrante, il successo delle tappe del percorso migratorio (partenza, sistemazione, ritorno) è profondamente legato all'ampiezza e all'efficacia delle reti sociali in Tunisia e all'estero. Ad esempio, per quanto riguarda la partenza, questa sarà più semplice se si ha un amico in Francia che ha dei contatti con un datore di lavoro disponibile all'assunzione. Anche per chi parte in modo irregolare, è essenziale avere dei legami stretti con la famiglia allargata e con gli amici che possono avere fiducia in lui e prestare il denaro necessario per acquistare un contratto falso, o un visto falso. Una buona sistemazione nel paese d'accoglienza esige una buona rete che permetta il passaggio d’informazioni e un supporto in caso di bisogno. Infine, al momento del rientro, se il migrante è riuscito a mantenere buoni contatti ed è capace di crearne di nuovi grazie ad una migliore posizione sociale, è più facile reinserirsi nel paese d'origine e intraprendere progetti economici. Se le prime generazioni di migranti che partivano spesso non avevano una famiglia all'estero e si fidavano delle informazioni ricevute da amici o da conoscenti che li mettevano al corrente delle opportunità di lavoro, le generazioni di migranti più recenti beneficiano di una rete ampia, esistente da decine d'anni. I migranti conoscono le persone che possono fornire un contratto di lavoro o un visto per emigrare legalmente, ma sanno anche a chi rivolgersi per organizzare una partenza illegale. In ogni caso, prima di arrivare in Francia, i migranti hanno già contattato i membri della famiglia o gli amici che possono ospitarli o indicargli dove cercare lavoro. All'interno del circuito migratorio che comprende Berre-­‐l’Étang, gli stagionali che vanno in pensione cercano di passare il contratto stagionale ai figli. Questi ultimi arrivano spesso prima della fine del contratto del padre, e lavorano in nero per lo stesso datore di lavoro per prepararsi a prendere il posto del padre. In 93 ogni caso, la rete sociale non aiuta in modo indefinito il migrante appena arrivato. Se questo non riesce a trovare lavoro nei primi mesi dopo il suo arrivo, spesso non può più contare sull’appoggio incondizionato della sua rete sociale: la paura di essere scoperti dalle autorità francesi mentre si sta ospitando un migrante in situazione irregolare, spinge gli ospiti a interrompere il sostegno fornito. Questo comportamento è considerato come normale, ed è accettato senza recriminazioni dai nuovi arrivati. Esiste un codice informale di regole tra i migranti della rete di Berre-­‐l'Étang, che impone il rispetto della sicurezza di coloro che sono riusciti a regolarizzare la loro situazione, e impedisce di abusare della loro disponibilità. Per quello che riguarda le relazioni con i datori di lavoro, i migranti più anziani sembrano aver spesso creato dei legami di rispetto e di fiducia con i datori di lavoro, probabilmente in ragione di un rapporto di potere meno squilibrato di quello stabilito con i lavoratori irregolari. Se le reti sociali costruite all'estero dalle vecchie generazioni sono composte da migranti e dai loro datori di lavoro, per i migranti senza documenti la possibilità di tessere legami di solidarietà è inferiore. La situazione irregolare è un ostacolo alla costruzione di relazioni sociali strette con i datori di lavoro. La paura dei controlli di polizia limita anche la libertà di movimento verso i centri urbani e riduce l'opportunità di entrare in contatto con i locali. Tuttavia, queste limitazioni non hanno impedito totalmente un aumento del capitale sociale. Infatti, i migranti irregolari tunisini di Berre-­‐l’Étang, tra cui una maggioranza sono originari di Ghardimaou, sono in contatto regolare (una o due volte al mese) con la missione di Médecins du Monde che si occupa delle cure mediche per le persone che hanno difficile accesso alle strutture sanitarie pubbliche. Al fine di poter meglio assistere i migranti presenti in Francia, il team di MdM ha deciso di rendere il progetto transnazionale e di eseguire un controllo medico dei migranti e delle loro famiglie fin dal luogo d'origine: Ghardimaou. Si è quindi instaurata una relazione di fiducia tra il team e i migranti. A seguito di missioni sul campo, per entrare in contatto con le autorità e i medici della città di Ghardimaou e per valutare la fattibilità del progetto, il team ha scoperto che, anche se gli stagionali hanno teoricamente diritto a una copertura medica per le loro famiglie, la complessità delle procedure burocratiche impedisce loro spesso di approfittarne. 94 Inoltre, anche le famiglie dei migranti irregolari spesso non hanno accesso alla “carta bianca" che permetterebbe un accesso gratuito ai servizi sanitari in Tunisia: le autorità locali non concedono questa possibilità alle famiglie di cui un membro lavora all'estero, partendo dal principio che le famiglie di migranti dispongono di entrate significative. A volte, però, queste famiglie di migranti irregolari sono obbligate a inviare denaro in Francia per poter rispondere ai bisogni quotidiani dei migranti. Grazie al progetto, si è instaurata una stretta collaborazione con i medici della città di Ghardimaou. Anche nelle zone più isolate, è stato effettuato un sondaggio per definire le malattie ricorrenti tra le famiglie dei migranti. Il team di MdM ha poi contattato il responsabile regionale della sanità, con cui sono state organizzate una serie di lezioni di formazione per i medici locali concentrate sulle malattie che colpiscono maggiormente la popolazione interessata. Inoltre, MdM ha creato un posto di lavoro a tempo parziale remunerato per la fondazione di un'associazione di famiglie di migranti. L'obiettivo iniziale era di incoraggiare le famiglie di migranti a creare legami di solidarietà e di aiuto reciproco: la solidarietà è poco diffusa a causa della lontananza geografica delle famiglie, da una parte, e dall'altra per la tendenza tradizionale a utilizzare solo l'aiuto della famiglia allargata. Una sorta di divisione esiste tra le famiglie, dovuta anche alla diffidenza creatasi nella società tunisina sotto il sistema di controllo poliziesco del regime di Habib Bourguiba, divenuto ancora più feroce sotto Z. A. Ben Ali. La legge, in particolare, reprime con severità la migrazione irregolare, per cui la gente non osava parlarne apertamente prima della rivoluzione. Un altro obiettivo a lungo termine dell'associazione è agire in favore dei diritti dei migranti e delle loro famiglie presso le autorità e l'amministrazione. L'impiegato assunto da MdM, geologo di formazione, era già membro di un'associazione ambientalista ed ha delle competenze per quanto riguarda la comprensione delle leggi e dei meccanismi amministrativi. È anche molto attivo, si reca regolarmente in visita presso le famiglie dei migranti, e le sue proposte di azione sono spesso accettate da tutti. L'associazione conta già una decina di aderenti attivi, tra i quali delle donne, tra cui una è la tesoriera dell'associazione. In questo modo, un nuovo 95 legame di solidarietà si è creato grazie all'incontro con Fatima, la studentessa di psicologia che è stata la mia interprete durante una delle missioni. A Tunisi, Fatima lavora con un'associazione di giovani universitari nata dopo la rivoluzione, "Articolo 13"67, che è molto attiva nella difesa dei diritti dei migranti. Questa organizzazione fa parte di una rete internazionale di attivisti che le permette di beneficiare di contatti con altre associazioni nazionali ed europee. Grazie a questi contatti, Articolo 13 ha ottenuto il finanziamento di un info-­‐tour, che prepara il terreno per una carovana di sensibilizzazione sui diritti dei migranti e sulla libera circolazione, che sarà organizzata nel giugno 2013. Fatima si è detta molto interessata dalle storie e dalle testimonianze di Ghardimaou, e ha, come conseguenza, proposto alla sua associazione di includere questa città nelle tappe dell'info-­‐tour. Si è già tenuto un incontro a Jandouba tra l'associazione dei migranti di Ghardimaou e la rete di attivisti internazionali di Articolo 13. Questa iniziativa contribuisce all'aumento di consapevolezza da parte dei migranti del loro status e dei loro diritti, e permette loro di capire meglio le dinamiche politiche e economiche internazionali legate alla loro situazione. Questa presa di coscienza potrebbe, con il tempo, contribuire alla politicizzazione dell'associazione di Ghardimaou e all'organizzazione di azioni di advocacy a favore dei diritti dei migranti. In conclusione, si può dire che grazie ai contatti con la società francese, anche migranti irregolari e delle loro famiglie a Ghardimaou hanno beneficiato di un rinnovamento del loro capitale sociale. La partecipazione a una rete internazionale di associazioni, che lavora per i diritti dei migranti, ne è il primo risultato. Se è ancora troppo presto per valutare i benefici concreti, la presa di coscienza dello status e dei loro diritti da parte dei migranti è il punto di partenza fondamentale per raggiungere gli obiettivi dell'associazione. 67 Dall’articolo 13 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo delle Nazioni Unite che
stabilisce il diritto di entrare e uscire liberamente dal proprio paese.
96 CONCLUSIONI Il cambiamento del contesto strutturale internazionale negli anni 1970 ha portato ad un cambiamento nelle politiche migratorie verso un graduale inasprimento dei criteri di ingresso e di soggiorno dei migranti, complicando la regolamentazione dei flussi migratori. Questo ha portato a una diversificazione degli status giuridici ottenibili dai migranti, aumentando allo stesso tempo i vincoli al loro movimento e alla loro installazione. Dallo studio condotto nella regione di Ghardimaou si è rilevato che, rispetto alle vecchie generazioni di migranti, le nuove generazioni hanno la necessità di sviluppare maggiori competenze e strumenti per partire e che, in molti casi, esse hanno bisogno di un capitale economico significativamente più alto. In modo particolare nel caso dei lavoratori non qualificati, se le vecchie generazioni avevano più opportunità di lavoro grazie al boom economico in Europa e la riuscita del loro progetto migratorio era principalmente legata alla loro capacità e alla qualità delle loro reti sociali, per le ultime generazioni di migranti il contesto strutturale impone vincoli e difficoltà maggiori. La diminuzione dell'offerta di lavoro e la maggiore differenziazione degli status giuridici riservati ai migranti rappresentano un limite nella ricerca di un’occupazione. Le nuove generazione di migranti, se da un lato godono di una rete sociale più ampia e stabile rispetto ai pionieri, dall’altro vedono le loro possibilità di successo diminuire. La categorizzazione in status diversi imposta dall’alto, influenza profondamente le scelte individuali, i percorsi migratori, così come il modo in cui i migranti beneficiano della loro esperienza migratoria. Anche gli effetti sulla vita familiare dei migranti variano in rapporto al tipo di permesso di soggiorno ottenuto nel paese di accoglienza. Ad esempio, essere regolare in Francia permette di circolare liberamente, di rientrare nel paese d’origine più spesso e, quindi, di essere più presenti nella risoluzione dei problemi familiari e di poter rispondere meglio ai 97 bisogni della famiglia. Al contrario i migranti irregolari, che non possono rientrare, hanno meno opportunità di rimanere in contatto con il paese e la società d’origine. In questo caso, lo sviluppo di legami transnazionali è compromesso. Allo stesso modo, la ricerca a Ghardimaou evidenzia come lo status giuridico ottenuto dai migranti nel paese ospitante influenza l’acquisizione di capitale economico, umano e sociale e il loro effetto sul paese d’origine. In generale, l'afflusso di rimesse dei lavoratori migranti non qualificati del nord-­‐
ovest tunisino, pur non avendo contribuito ad uno sviluppo visibile della regione d’origine, è comunque alla base di una certa riduzione della povertà e di una più equa distribuzione della ricchezza. La maggior disponibilità di reddito per le famiglie dei migranti e il conseguente aumento del consumo di cibo, delle spese per i materiali per la costruzione delle case e per l'assunzione di lavoratori edili, contribuisce a rafforzare il mercato locale. Tuttavia, in particolare tra i lavoratori migranti non qualificati delle nuove generazioni soggetti a status giuridici precari, si riscontra un maggiore rischio di fallimento del progetto migratorio e l’impossibilità di pianificare la propria vita e gli investimenti a lungo termine. Va sottolineato che il livello di sviluppo locale dipende in gran parte dal contesto macro-­‐economico nazionale. La mancanza di programmi organizzati e finanziati dallo stato tunisino rappresenta un ostacolo alle possibilità di miglioramento legate alla migrazione del tessuto economico nella regione di Ghardimaou. Non è possibile far risalire la responsabilità dello sviluppo locale unicamente alle rimesse dei migranti, che sono naturalmente collocate nelle regioni in cui l’investimento in attività economiche è più redditizio. Se da un lato, un intervento da parte dello Stato potrebbe stimolare l’investimento dei risparmi dei migranti nelle loro aree di origine, dall’altro la diffidenza ancora molto forte nelle istituzioni pubbliche a causa della corruzione potrebbe ostacolare questo processo. Per quanto riguarda il capitale umano dei lavoratori non qualificati di Ghardimaou, questo consiste soprattutto nelle competenze acquisite nell’utilizzo di nuove 98 tecnologie nei settori dell'agricoltura e delle costruzioni. La rete di migranti che collega Ghardimaou alla Francia è composta principalmente da lavoratori salariati nell'edilizia e nell'agricoltura, settori in gran parte riservati ai migranti dal paese ospitante, che beneficia della manodopera straniera a basso costo ma non sviluppa politiche volte alla formazione o all'integrazione sociale di quest’ultima. Nel caso di Ghardimaou, le tecniche agricole più moderne utilizzate dai migranti in Francia potrebbero essere applicate nella regione di origine, ma non sono finanziate dallo Stato tunisino o dai proprietari terrieri locali. In più, la marginalizzazione sociale che i migranti vivono nel paese d’accoglienza li ostacola nella costruzione di forti legami sociali, nel processo d’interiorizzazione di nuovi valori o conoscenze e nella loro trasmissione alle loro famiglie o al loro gruppo sociale in Tunisia. In generale, anche le opportunità per i migranti di costruire delle relazioni sociali utili al loro progetto migratorio sono influenzate dallo status giuridico che essi riescono ad ottenere nel paese di accoglienza. I migranti irregolari sono ostacolati nelle loro possibilità di muoversi liberamente e hanno quindi maggiori difficoltà nell’intraprendere rapporti sociali stabili con la popolazione locale. Tuttavia, nel caso di Ghardimaou i benefici risultanti dall'acquisizione di un rinnovato capitale sociale durante l'esperienza migratoria, si sono rivelati importanti in particolare per i migranti irregolari. L'esistenza di associazioni e organizzazioni non governative che si occupano della protezione dei diritti dei migranti e che cercano di rispondere alle necessità di cui lo Stato non si fa carico, rappresentano una nuova opportunità per i migranti irregolari di costruire e di beneficiare di un rinnovamento del loro capitale sociale nel paese di accoglienza. Il contatto con queste associazioni contribuisce soprattutto alla presa di coscienza dei loro diritti e delle questioni politiche ed economiche che ruotano intorno alla loro condizione di migranti. In più, la transnazionalizzazione delle reti di attivisti aumenta i contatti e le collaborazioni per la creazione di progetti condivisi tra le strutture associative situate in paesi diversi. Questo permette ai migranti di Ghardimaou di beneficiare e di far beneficiare alle loro famiglie di un sostegno 99 associativo basato non solamente in Francia ma anche in altri paesi nei quali la rete di associazioni è presente, come la Tunisia, la Germania e il Belgio. In conclusione la ricerca a Ghardimaou evidenzia che, se si prende in considerazione una definizione di sviluppo non solamente economica, le ultime generazioni di migranti lavoratori non qualificati, vedono da un lato diminuire le loro opportunità di beneficiare di un aumento di capitale economico e umano in confronto ai pionieri, dall’altro possono però influenzare il loro contesto d’origine grazie all'acquisizione di nuovo capitale sociale nel paese d’accoglienza e in particolare al sostegno associativo internazionale. In più si nota come la durata della migrazione e la stabilità dello status giuridico all’estero sia importante per il migrante per mantenere dei legami trasnazionali con il paese d’origine e poter fare progetti d’investimento a lungo termine. A livello macro, sembra chiara la necessità di un cambiamento di prospettiva delle politiche migratorie europee. In effetti, se non viene data una maggiore attenzione alle necessità dei paesi d’origine dei migranti, è poco probabile che gli attuali programmi di migrazione temporanea di mano d’opera abbiano effetti significativi sullo sviluppo di questi ultimi. Se l’elaborazione delle politiche migratorie continuerà a essere sottomessa a delle priorità a breve termine, come la flessibilità dell'offerta di lavoro nei paese d’accoglienza, sarà difficile che queste politiche possano allo stesso tempo influenzare positivamente la stabilità a lungo termine e lo sviluppo dei paesi d’origine. 100 BIBLIOGRAFIA C. C. Almeida, Émigration, Espace et Sous-­‐Développement, International Migration XI(3):112–117, 1973. S. Ammassari, R. Black, Harnessing the potential of Migration and Return to Promote Development, IOM Migration Research Series, n°5, 2001. H. Attia, Problématique Du Développement Du Nord-­‐Ouest Tunisien, in Revue de l’Occident Musulman et de la Méditerranée, n° 41-­‐42, 1986, pp. 264-­‐280. B. 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migrants.
Enquête menée dans le cadre du projet de recherche Nouvelles migrations,
mondialisation et co-développement, encadré par l’IRD et l’Université de Sousse,
Faculté des lettres et des sciences humaines.
Nota : les données sont recueillies à seule fin d’étude, elles seront traitées de manière
anonyme et ne seront pas divulguées à d’autres institutions.
1. Age du migrant :………………………….
2. Sexe du migrant :
o Homme
oFemme
3. Adresse (Imada, douar,) :………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
……………
4. Groupe social [si pertinent] :…………………………………………….
5. Situation de famille : o Marié(e)
o Célibataire
o Divorcé(e) o
Veuf(ve)
Nombre d’enfants :…………………………..
6. Diplôme (spécialité) :……………………………………………
7. Profession(s) avant son départ :…………………………………………………
8. Où vit-il(elle) à l’étranger ? :…………………………………….
9. Pourquoi a-t-il(elle) choisi ce pays ?:………………………………………………
10. Regroupement familial à l’étranger :
o Oui o Non
11. Profession(s) à l’étranger :…………………………………………
12. Depuis quelle date vit-il(elle) à l’étranger ?.............................................
13. Situation actuelle à l’étranger o Saisonnier
o Résident
o Irrégulier
(Sans-papiers)
109 14. Comment est-il(elle) parti la première fois ?:
o Visa travail
o Visa
tourisme
o Illégal
o Regroupement familial
o Autre (précisez) :.................
15. A-t-il(elle) fait d’autres séjours pour travailler à l’étranger avant ?
o Oui. Combien et où ?
.............................................................................……………………………………
……………………………
o Non
16. A-t-il(elle) été sans-papiers pendant une période à l’étranger ?
o Oui (combien de temps) :………………
o Non
17. Retours en vacances en Tunisie : 1 fois par an o
2 fois par an o
3 fois par an o
4 ou plus o
-Période des retours : Eté o
Automne o
Hiver o
Printemps o
-Durée de chaque
séjour :……………………………………………………………………………………
………………
18. En Tunisie, gagne t-il(elle) de l’argent en participant à :
Un commerce
o Location d’un bien immobilier pour habitation o
Une entreprise
o Location d’un bien immobilier commercial
Une exploitation agricole (ou élevage) o Location de matériel agricole
Une affaire
o Location d’engins de chantier
19. Combien de personnes de sa famille proche vivent à l’étranger ?
-Dans quels pays / régions ?....................................
-Quelles sont leurs professions ?..................................
110 o
o
o
TRACCIA DELL’INTERVISTA SEMI-­‐STRUTTURATA: Date et lieu de l’enquête : Sexe ? Age ? Profession ? Niveau d’études ? Profession des parents ? Localisation (Imada) ? Groupe social ? Moyen par lequel l’enquêteur a trouvé cette personne ? NATURE DES MIGRATIONS 1. Retracer l’historique de sa migration (Quand est-­‐il parti pour la première fois, combien de séjours à l’étranger ? Combien de temps ? Où ? A faire quoi ?) 2. Par quelle(s) opportunité(s) est-­‐il (elle) parti(e) ? Par quel moyen (légal ou illégal) ? Qui l’a aidé ? 3. Combien a couté le départ ? Qui a aidé à payer ? 4. Quand il (elle) est parti savait-­‐il où travailler ? 5. Est-­‐il (elle) resté sans papiers en Europe, combien de temps ? Comment l’a-­‐t-­‐
il (elle) vécu ? Comment la situation s‘est-­‐elle terminée ? 6. Cumulait-­‐il (elle) plusieurs emplois à l’étranger (salarié + commerce ou autre petit boulot) ? 7. Quel(s) était son (ses) statut(s) à l’étranger (travailleur longue durée, sans-­‐
papiers…) ? 8. A-­‐t-­‐il (elle) des membres de sa famille à l’étranger ? Où ? L’ont-­‐il (elle) aidé lors de son (ses) séjour(s) ? 9. A-­‐t-­‐il (elle) aidé des membres de sa famille ou d’autres personnes à partir ? 10. Est-­‐ce qu’il (elle) travaillait avec des Tunisiens à l’étranger ? Si oui les connaissait-­‐il (elle) avant de partir ? Types de ces connaissances (amis, cousins, voisins….) 11. A-­‐t-­‐il (elle) l’intention de repartir ? Comment ? 12. Etes-­‐vous satisfait de votre propre situation ? NIVEAU DE VIE ACTUEL 13. Comment est sa maison (neuve, vieille, finie ou pas, architecture : villa ; maison traditionnelle (Dar Arbi), Houch…….), emplacement, superficie) ? 14. Combien de pièces, équipement ? 15. A-­‐t-­‐il (elle) une (des) voitures (Camionnette, utilitaire, voiture, camion) ? 16. A-­‐t-­‐il des animaux ici ? Des terres cultivées ? 111 DEVELOPPEMENT DE LIENS TRANSNATIONAUX 17. A-­‐t-­‐il de la famille qui vit à l’étranger à plein temps ? Où ? 18. Quelles sont ses relations avec ces tunisiens de l’étranger ? 19. Fait-­‐il régulièrement des allers-­‐retours entre la Tunisie et l’étranger ? Quelle est la fréquence ? quand ? et pourquoi ? 20. Quand il (elle) part vers l’Europe ou qu’il (elle) revient, est-­‐ce qu’il ramène des choses ? Si oui quoi ? Qu’a-­‐t-­‐il (elle) ramené la dernière fois et pour qui (petits cadeaux et gros achats) ? 21. Est-­‐ce qu’il (elle) profite de ces voyages pour faire du commerce ? Si oui, de quoi et qui est impliqué ? Où cela se passe t-­‐il ? 22. En Tunisie, est-­‐ce qu’il travaille (à temps plein ou occasionnellement) ? Dans quels domaines ? Est-­‐ce le même type de travail qu’à l’étranger ? 23. Avec qui travaille-­‐t-­‐il (elle)en Tunisie ? Qui prend le relais de ses affaires lorsqu’il (elle)n’est pas là ? 24. A l’étranger, a-­‐t-­‐il subit des pressions du régime de Ben Ali avant la Révolution ? RELATIONS DE GENRE et FAMILIALES 25. Marié ? En quelle année (à quel age) ? Où ? 26. Est-­‐ce un premier mariage ? 27. Existe-­‐t-­‐il un lien de parenté avec son conjoint (parenté du côté du père / mère)? 28. Où a-­‐t-­‐il (elle) rencontré sa femme/ son mari ? Qui la/le lui a présentée() ? Etait-­‐ce un accord entre familles ? 29. Combien d’enfants, âge ? Si c’est un homme : 30. Combien de personnes dans la maison familiale ? Quels sont les membres de la famille qui vivent à la maison ? 31. Quand il part, est-­‐ce que sa femme et ses enfants déménagent ou est-­‐ce que quelqu’un d’autre vient habiter à la maison ? Sa femme travaille-­‐t-­‐elle (même de façon informelle) ? A quoi ? 32. Que pense-­‐t-­‐il (elle) de l’égalité homme-­‐femme ? 33. Comment perçoit-­‐il (elle) la situation des femmes en France et en Tunisie ? 34. Se trouve-­‐t-­‐il (elle) plus ou moins permissif vis-­‐à-­‐vis de sa femme que les autres hommes de sa famille ? (est-­‐ce qu’elle peut partir seule dans un autre village ? A Tunis ? A l’étranger ?) 35. Quand il (elle) est là, participe-­‐t-­‐il (elle) à des travaux ménager (préparation des repas, s’occuper des enfants…) ? Si c’est une femme : 112 36. Quand elle part, qui s’occupe des enfants ? Qui fait à manger à sa famille ? 37. Comment son mari perçoit-­‐il son/ses départs ? 38. Son départ a-­‐t-­‐il été négocié avec les autres membres de la famille ? Qui y était favorable, qui était contre ? 39. Pour les deux : 40. Quand il (elle) n’est pas là, est-­‐ce qu’il (elle) téléphone ? Combien de fois par semaine/mois ? A qui (seulement sa femme ?) ? 41. Combien d’enfants vont à l’école, en quelles classes ? Parcours scolaire des enfants entre garçons et filles (brillants, moyens, faibles). Quelles sont les raisons ? 42. Y a-­‐t-­‐il (elle) des enfants qui font des études supérieures, où ? Quelles filières ? 43. Combien de personnes aide-­‐t-­‐il (elle) financièrement (parents, belle-­‐famille, frères-­‐sœurs, etc.) ? ECONOMIE / DEVELOPPEMENT LOCAL 44. Envoie-­‐t-­‐il (elle) de l’argent depuis la France (par quel moyen) ou bien est-­‐
ce qu’il (elle) revient avec son argent en liquide ? 45. Combien réussi-­‐t-­‐il (elle) à ramener par an ? 46. S’il (elle) envoie de l’argent depuis la France, qui réceptionne ? Est-­‐ce sur un compte joint ? 47. Est-­‐ce qu’il (elle) a un compte en banque ? Qui a procuration ? 48. Est-­‐ce qu’il (elle) est partie avec un projet d’investissement précis ? 49. Est-­‐ce que quelqu’un (sa femme, ses frères ?) peuvent investir cet argent avant son retour (achat tracteur par exemple) ? 50. Est-­‐ce qu’il (elle) discute avec quelqu’un (femme, mari, frères, père…) de ce que l’on fait avec l’argent qu’il (elle) ramène de l’étranger ? 51. A quoi sert cet argent (études, ferme, entreprise…) ? 52. Qu’est-­‐ce qu’il (elle) a déjà réalisé avec cet argent ? Où ? 53. Est-­‐ce qu’il (elle) possède d’autres bâtiments que sa maison ? Pour quel(s) usage(s) ? 54. S’il (elle) a un commerce, qui s’en occupe en son absence ? 55. A-­‐t-­‐il (elle) déjà aidé quelqu’un pour monter une entreprise ? Qu’est devenue cette entreprise ? Qui est cette personne ? 56. A-­‐t-­‐il (elle) des projets économiques pour le futur ? Qui est impliqué ? Y a-­‐t-­‐il (elle) un lien avec l’étranger ? 57. Est-­‐ce qu’il (elle) fait travailler des personnes qu’il (elle) paie dans une entreprise/ une ferme, à la maison, pour l’éducation des enfants ? Qui sont-­‐ils ces personnes ? 113 58. Est-­‐ce qu’il (elle) met de l’argent de coté ou bien est-­‐ce que tout est investi au fur et à mesure ? 59. A-­‐t-­‐il déjà participé aux collectes de solidarité publique (type 26/26 ou autre) ? Etait-­‐il obligé ? POSITIONNEMENT DANS LA VIE POLITIQUE ET SOCIALE LOCALE 60. Avant la révolution, quelles sont les personnalités politiques qu’il connaît au niveau local, régional et national ? ; est-­‐ce qu’il (elle) votait aux élections ? S’il (elle) n’était pas là, quelqu’un votait pour lui ? 61. Est-­‐ce qu’il (elle) connaît personnellement le maire ou des membres du conseil (elle) ? 62. Est-­‐ce qu’il (elle) participe au conseil (elle) municipal (en est-­‐il (elle) membre) ? 63. Est-­‐ce qu’il (elle) donne son avis sur des projets de route, de canalisation, de développement local ? 64. Est-­‐ce qu’il (elle) fait partie d’un club, d’une ONG ? Objet de ce groupe ? 65. Est-­‐ce qu’il (elle) va au café ? Quelle fréquence ? Avec qui ? Quels sont les sujets de discussion ? 66. Est-­‐ce qu’il va à la mosquée ? Quelle fréquence ? Se dit-­‐il lui-­‐même très /peu religieux ? 67. Est-­‐ce qu’il (elle) a déjà donné de l’argent pour des projets collectifs (canalisation, puits, route…) ? Comment on décide d’un projet collectif ? 68. Est-­‐ce qu’il (elle) est sollicité pour aider des personnes, pour faire des crédits ? Comment répond-­‐il (elle) ? 69. Quelle est la profession de ces 5 amis les plus proches ? REGARD SUR LA REVOLUTION 70. Etait-­‐il (elle) présent au moment de la révolution ? 71. Comment a-­‐t-­‐il (elle) vécu ces moments ? 72. A-­‐t-­‐il (elle) participé à des manifestations ? Quelle fréquence ? Quel type de manifestation (spontanée, organisée par l’UGTT, violence ou pas) ? A partir de quelle date ? 73. Ses proches ont-­‐ils participé ? De quelle façon ? 74. A-­‐t-­‐il (elle) eu peur pour ses proches au moment des troubles sécuritaires ? A-­‐t-­‐il (elle) subi des dégâts ? 75. A-­‐t-­‐il (elle) hébergé des personnes ou bien sa famille s’est-­‐elle fait héberger par d’autres ? 76. A-­‐t-­‐il (elle) participé au comité de quartier ? Quel souvenir en a-­‐t-­‐il (elle) ? 114 77. Y a-­‐t-­‐il (elle) eu des changements dans ses sociabilités (ses amis) depuis ce moment ? 78. Adhère-­‐t-­‐il (elle) ou bien va-­‐t-­‐il (elle) adhérer à un parti ? Lequel ? 79. Pour qui pense-­‐t-­‐il (elle) voter ? 80. Combien de partis politiques connaît-­‐il (elle) ? 81. La révolution va-­‐t-­‐elle avoir une influence sur ses migrations ? 82. La révolution va-­‐t-­‐elle avoir une influence sur ses projets économiques ? 83. Avant la révolution, a-­‐t-­‐il (elle) subi des pressions du pouvoir ? Si oui dans quel domaine ? Cela a-­‐t-­‐il changé maintenant ? 84. Quel avenir politique voit-­‐il (elle) pour son pays (démocratie stable, role des différents partis, poids de l’islam) ? 115 I QUADERNI DELLA RICERCA SUL CAMPO: UNA SELEZIONE DELLE INTERVISTE PIÙ SIGNIFICATIVE TERRAIN GHARDIMAOU DU 12 AU 17 FÉVRIER 2012 -­‐12 Février-­‐ centre ville 14 h on part en tourné avec Thia (pharmacien hôpital Ghardimaou) sur la base de la liste
CODETRAS à cité Ezzouhour .
Après plusieurs refus, rencontre avec 4 jeunes filles et une femme :
Quartier non goudronné avec beaucoup de belles maisons ; les filles ont toutes internet à
la maison (ADSL). Nous sommes invités à rentrer (Thia il parte après 10 minutes pour
une urgence) dans une maison très grande toute carrelée, habitée par une femme et sa fille
(mais beaucoup de monde). Le père en France.
MÈRE DE FAMILLE, très sympa avec une fille voilée de 28 ans, très belle maison.
Son mari a travaillé en France pendant 30 ans dans l’agriculture en Corse et ensuite à
Marseille dans le bâtiment. Il est à la retraite maintenant. Vit ici mais passe une semaine,
de temps en temps, en France pour question de santé ou de retraite (?). Au début, quand il
est revenu au moment de la retraite c’était difficile pour la maman et pour la fille.
Apparemment maman n’a jamais regretté l’absence de son mari. Elle nous dit qu’elle
peut aller à des fêtes sans lui. Quand on insiste elle répète que
“n’a pas été facile de rester seule”, mais ça fait rire tout le monde.
Elle a élevé deux garçons et trois filles. Elle aimerait aller en France mais le père n’a
jamais voulu faire le regroupement. Elle a passé 15 jours en vacance en Belgique. Sa fille
est mariée en Belgique. Son fis a passé 2 ans en France avec papier puis il est parti en
Belgique sans papier, chômage, expulsion en 2009. Vive maintenant avec maman. En
plaisantant maman dit qu’elle va prendre le bateau pour Lampedusa (rire tout le monde).
FILLE N°1 SAYDA: Sayda est fiancée, elle doit se marier et aller habiter à Tunis avant
l’été. Elle n’a jamais été en France et ne veut pas y habiter.
FILLE N°2 NIQABBÉE: (sympa elle me l’a fait essayer) : Niveaux d’études 5éme
secondaire. Elle a eu besoin de temps pour s’adapter lors du retour du père car
« la mentalité n’était pas la même ».
Son père il a travaillé 35 ans dans l’agriculture. Un frère marié en France avec une
française à Valence. Un autre frère est en Allemagne. Et une sœur est mariée ici.
JEUNE FILLE N°3 : père à Nice (Férjus) depuis 15 ans, il travaille dans le bâtiment.
Son père prépare le regroupement familial mais ils lui manquent encore des papiers. Ça
116 serait valide pour son frère qui a 14 ans, elle no car 18 ans (pas d’autres frères et sœurs) ;
Elle rêve d’aller en France, elle cherche un contracte ou un visa pour ça, elle dit que ses
parents sont d’accord mais son copain no. Son fiancé (elle doit se marier cette été) est
parti harraga, après janvier 2011 par Lampedusa, il a été voir le père à Nice, mais celui-ci
ne voulait pas le loger car beaucoup de contrôle à cette période. Il est alors parti en
Allemagne car trop de Tunisiens en France. Il c’est fait arrêter à la frontière francoallemande, puis expulsé. Depuis il travail dans un restaurant à Tunis centre. Elle dise que
ça ne lui pèse pas que son père ne soit pas là car il est sévère. Elle ne porte pas le voile
mais jogging avec foulard sur les cheveux.
JEUNE FILLE N° 4 EN JOGGING AHLEM : Papa travaille dans l’agriculture à plain
temps à Berre l’Etang. Elle a 18 ans environ, elle vive dans une belle maison avec
maman, son papa ne lui manque pas, elle est “habituée”. Elle a deux frères et deux sœurs.
Un frère 25 ans parti en France en 2003 pour rejoindre papa. Mais il n’a pas réussi à
travailler dans l’agriculture. Le patron de papà n’a pas voulu faire de contrat pour lui. Il a
été expulsé après deux ans. Maintenant il ne travaille toujours pas « il dort », il n’est pas
marié.
Nous sommes partis se promener dans le quartier. Nous avons rencontré la mère et le
tante de l’une d’elles (jogging voilé), tout le monde s’interpelle et plaisent. Une maison
n’est pas terminée et fait tache au milieu des autres belles maisons des émigrés. Une fille
explique que c’est parce que ça fait que un an qu’il est parti et les travaux ils ne sont pas
terminés. Les filles racontent qu’elles vont souvent à la mer à Tabarca en voiture.
Deuxiéme visite: 9 Mai 2012 Elle parle de son mari: «(…) Quand il rentre il est en vacances et il fait rien. Il passe la journée sur le canapé en donnant des ordres. C’est moi qui dois m’occuper de lui, avec tous que j’ai à faire déjà ! Quand il est là j’ai moins de possibilités et de temps pour sortir. Normallement je passe moitié de la journée au marché en discoutant avec mes amies. Quand lui est là je dois sortir le moins possible. (…)» Troisieme visite le 22 Novembre 2012: Je reviens chez cette famille 3 fois. La troisième je trouve dans la maison a droite mère soeur et le frère qui est illégale en France. La mère elle est pas contente de me voire (elle sait que je sais). Elles me parlent même pas elle vont directement dans la cousine. Le frère très sympa parle très bien le français avec accent marseillaise. Il été 117 clandestin 9 ans, un peu à Berre un peu près de Lion. Il était bien en France il avait des amis et sortait avec eaux. Il dit qu'il comprends pas pourquoi les autre migrant ne essayent pas de connaitre de français. Il a été arrêté 3 fois. Troisième expulsé. Il mer econte l’histoire comme si c’etait une adventure ! Il cherche de repartir. A Ghardimou il trouve du travail comme maçon, il est assez content, personne positive et très active. Il été en train de repeindre la maison quand je suis arrivée. DISCUSSION AVEC THIA: En revenant Thia s’arrête dans la petite épicerie de sa
tante. Il dit que son fis a dit à la mer de ne pas parler avec nous. Il a rempli le
questionnaire médicale. Il nous raconte lui même l’histoire de cette famille : le père a
travaillé 15 ans dans l’agriculture à Berre l’Etang. Au début du 2011 ils s’est retrouvé
sans contrat. Il s’est fait arrêter durant la vague de contrôles due aux arrivés de
Lampedusa. Depuis il est reparti comme harraga, a rejoint la France où il espère obtenir
une régularisation. Son problème est qu’il n’a de preuve que pour 10 ans de séjour sur
place, lui manque 5 ans. Sa femme tiens l’épicerie qui a été ouverte avec l’argent de la
migration avec ses filles (et son fils).
“je trouve regrettable que les immigrés investissent énormément d’argent dans les
maisons et pas dans des affaires. Par exemple ma tante chaque été casse une partie de la
maison pour la reconstruire plus belle. Tous les immigrés font ça et ils font de très belles
maison qu’ils habitent jamais . (…) Les jeunes qui rêvent de partir ne connaissent pas les
conditions de vie et de travail en France. Un couple d’amie où la femme a rejoint
l’homme qui travaillait dans le bâtiment, seule et isolée dans son petit appartement, elle
est devenue muette.”
-­‐Mardi 13 mars-­‐ village DKhailia 11h rdv avec Dr Karoui au dispensaire de Dkhaila où il y a plein de monde. On part vers
midi accompagnés d’une jeune femme, ancien employée du dispensaire, qui s’est chargée
de prendre contact avec plusieurs familles que nous devons rencontrer.
VIEUX MONSIEUR: dans fauteuil roulant, deux jambes amputées cause diabète
(présents : sa femme, 2 fils, une autre vieille dame). Nous demande si possibilité de prise
en charge pour hépatite C ( ?). A passé 25 ans en France et est revenu pour la retraite en
1995, à 65 ans. La première fois il est parti le 12 août 1972 en touriste à Marseille où il a
travaillé au jour le jour, dans l’agriculture et comme ouvrier du bâtiment. Son voyage lui
a couté 30 dinars, soit plus que le salaire d’un instituteur à l’époque. Il avait emprunté cet
argent autour de lui. Très motivé car il était pauvre, sans espoir en Tunisie, et voyait ses
amis revenir de France avec des voitures. Après un an, un ami l’a appelé pour le rejoindre
118 en Corse pour travailler dans le bâtiment. Il a passé comme ça 3 ans au noir puis encore 6
ans avec des papiers. Ensuite s’est fait embauché pour l’entretien dans une mairie de
Corse. Quand il était en France téléphonait 1 fois par semaine pour parler à sa femme. En
son absence, Md prenait soin de la famille seule, avec l’aide de son plus grand fils (10
ans au moment du départ du père), pas d’autre hommes intervenait. Il envoyait de
l’argent selon les besoins du ménage (irrégulièrement) par la Poste au nom de son fils
ainé. Elle a trouvé que c’était dur d’être sans mari mais s’est bien habituée ;
« il n’y avait pas d’autres choix ».
Ils ont obtenu une maison avec l’aide de l’Etat puis ils l’ont amélioré avec l’argent de
l’émigration (pas grandiose mais ok). A la retraite, il a ramené une camionnette avec
laquelle un des fils fait du transport de marchandise rémunéré. Avant pas de voiture.
Quand il revenait, un mois en été ou automne, il ramenait des cadeaux pour la famille
(électroménagé, etc.) mais rien pour le commerce. Elle dit que l’émigration a permis de
maintenir un niveau de vie décent, impossible autrement, notamment au niveau santé,
maison et alimentation, vie quotidienne. Ils n’ont pas de terres agricoles.
Il a 4 fils (24,27, 35, 45 ans) et 2 filles (40, 44 ans) ; le niveau scolaire le plus haut est
9ème année de base pour le premier garçon. Chaque fille a 3 enfants, Mohsen a un enfant
Le père n’a jamais voulu faire de regroupement familial pour que ses enfants restent dans
la culture arabo-musulmane. Le fils de 27 ans, Mohsen, est ouvrier dans un resto en
Corse ; il est parti après le retour définitif de son père, réglo. Le visa de tourisme a couté
30.000 dinars au père à payer à la mafia tunisienne puis il a trouvé un patron en Corse.
C’était avant la révolution et, étant donné la corruption,
“il valait mieux alors investir 20 ou 30 mille dinars pour aller à l’extérieur que de les
investir dans un projet en Tunisie qui souffrira de la mafia de B.A”.
Les autres fils voudraient partir aussi mais ne veulent pas être harragas et ils n’ont pas
l’argent pour payer une sortie. Le père a ouvert un café tenu par son fils plus jeune, ça
marche. Un autre fils, présent à l’entretien, est au chômage. Les deux filles sont mariées,
à la maison, ici.
Les deux fils présents disent que ça a été dur de ne pas avoir de père à la maison,
sentiment de manque d’un guide,
« quand on avait besoin de lui, il n’était pas là »,
ne donne pas d’exemples précis mais larmes aux yeux. Disent
“on a quitté les études trop tôt car notre père n’était pas là pour nous soutenir.”
La mère dit : “c’était surtout un problème pour les garçons, pas trop pour les filles”
On demande s’ils étaient aussi conscients, étant enfants, qu’ils bénéficiaient d’un niveau
de vie supérieur
119 « Non, car tout le monde à l’école avait un parent à l’étranger, donc c’était pas un plus
par rapport aux autres ».
L’oncle maternel a tenté d’intervenir auprès des garçons mais ça ne marchait pas
car il aurait fallu un homme à la maison, pas une intervention ponctuelle.
Personne ne fait de politique dans la famille ; ont participé aux comités de
quartiers après 14 janvier. Lui n’avait pas de pb avec BA car ne parlait pas, se
faisait discret.
MONSIEUR TRÈS VIEUX DANS SON LIT ; atteint de diabète. On discute avec MD.
Il ont une maison moyenne, pas prétentieuse où ils vivent tous les deux. N’ont qu’un fils
(50 ans, 2ème année secondaire), le père est fils unique et Md a quatre sœurs. Son mari a
passé 20 ans en France, parti en 1973 ; elle l’a rejoint les deux dernières années mais ça
ne semble pas avoir été une bonne expérience :
“j’étais enfermée dans la maison, je ne parlais à personne”.
Ils sont rentrés en Tunisie à la retraite de Mr. Il travaillait dans le bâtiment en Corse,
Ajaccio. Le fils est parti en Corse avec visa tourisme deux fois mais à chaque fois est
revenu de son plein grès après quelques mois. Il a deux enfants et est au chômage, avant
il travaillait ici ds une épicerie mais c’est fini. Les deux familles vivent de la retraite du
père malade (récupérée par le fils qui a une procuration). L’argent de l’émigration a servi
à rénover la maison et au quotidien ; ils n’ont pas d’agriculture et pas d’autres affaires. Ils
ont une voiture qui a été achetée ici après le retour retraite uniquement pour usage
familial.
Quand Mr en France, Md élevait toute seule son fils dans la maison. Elle n’avait pas de
difficultés particulières, son fils était gentil et plutôt bon à l’école, ses voisins étaient
gentils. Je pouvait sortir, aller aux fêtes ; mon mari me faisait confiance.
“C’est plutôt quand il est revenu et maintenant que c’est difficile ; il a commencé
à lui restreindre ma liberté ; en plus il est malade, la vie est chère. J’aurais
préféré qu’il reste en France à la retraite ».
Mr envoyait de l’argent par mandat postal au nom du fils ou par des tiers qui revenaient.
C’est elle qui gérait ensuite l’argent ici.
-­‐14 fevrier-­‐ El Ghorra dans le jbel Nous partons derrière dr. Inès, qui va ou dispensaire de Ghora. A Ein Jebel (30 mn de
Ghardimaou par piste) on contact avec l’instituteur de l’école primaire (120 enfants 7
instituteurs) le gardien et le directeur. L’instituteur (Nisar) est libéré pour nous
accompagner.
120 1 – OMI. Mr, 50/60 ans, habite une villa de 1 étage, son père à travaillé en France pou 30
ans depuis les années ’70, 8 mois par ans le reste ici dans l’agriculture dans la région de
Marseille. Il a 3 garçons et 3 filles. Aucun est en France. Un est enfermer en Italie. Les
autre ont un niveaux d'études de fin d'école primaire. Avec l’argent du père ils ont fait un
café tenu par le Mr, un moulin tenu par son frère et ils ont un tracteur. En l’absence du
père s’est la mère qui s’occupait de la famille. Elle pouvait aller au souk (Ghardimaou) et
aller aux fêtes. Il est revenu vivre ici à la retraite. Les enfantes était trop petit pour partir
et maintenant se n'est plus possible. La femme n’a jamais pu partir parce que elle avait la
charge de grand parents. En partent à la retraite il n'a pas réussi à faire emboucher un de
ses enfantes à sa place. Pour les enfantes l’absence du père c’était pas trop dure parce que
ils se sentait privilégiais. Le père il revenait souvent, avec des cadeaux (vêtements). Le
père n’a jamais fait du commerce d’import export. Pas d’implication en politique.
3- OMI. Maison avec un étage grande avec animaux. Un Mr à la retraite qui retourne de
temps en temps en France. Saisonnier 8 mois par ans dans la région de Marseille, pendant
37 ans. Passait 3/4 mois par ans ici. Il a pris sa retraite le 1 Octobre 2010. Son premier
contrat remonte à 1973, à l’époque déjà des gents de la génération précédente
travaillaient à Marseille. C’est pour ça qu’il est parti et c’était facile. Il a 5 enfants 3
garçons 3 filles(?). Niveaux max 2éme année secondaire, sauf un diplômé de tourisme à
Ein Dram, maintenant cuisinier à Biserte. Ils ont 7 ha irrigués, céréales et olives. Pas de
tracteur une voiture exploitée commercialement. Un fis travaille comme maçon à Tunis.
Les filles sont mariées. Ils n’ont pas vécu l’absence du père comme un problème. En son
absence il avait maman et grand père à la maison. Il envoyait de l’argent pour mandat
poste au grand père qui gérait l’argent. Il ne faisait pas d’import/export (c’est très peut
développé à la campagne, plus à Ghardimaou). Il ramenait en cadeau de vêtements. La
famille elle est jamais allée en France.
Elle dit: “Il fallait que les enfants grandissent ici car en France il y a des
problèmes dans l’éducation de jeunes. Ici c’est mieux.(…)Mon mari retourne
regulierement en France pour chercher la retraite. Moi je veux pas y aller, parce
que je suis bien chez moi, la vie là bas est difficile”
Le mardi tous vont au souk de Ghardimaou et sa femme aussi. Pas de conflit autour le
départ de Mr. Ils ne font pas de politique dans la famille.
4-OMI. Mr à l’accent marseillais. Depuis 1972 travail à Berre l’Etang. 9/10 mois par ans
puis il reviens. 5 enfants une fille 4 garçons.
“J’ai voulu rapatrier ma famille en France quand les enfants étaient petits, j’ai fait les
passeports, mais grand père s’est opposé. Il fallait qu’ils granidissent en Tunisie, vous
savez mon père est à l’ancienne”
2 fis bac, 1 encore au lycée, 1 infirmier au dispensaire. N’a pas de projet d’investissement
ici. Il a juste refait la maison et acheté 5 ha irrigués, céréales. Il a ramené une voiture de
France en 1987, c’est son fis qui l’utilise, pas sa femme.
121 Madame parle. “Les enfantes voudraient venir en France mais leurs père n’a pas trouvé
l’opportunité. Il refuse catégoriquement de les laisser partir comme harraga!”
En son absence sa femme restait à la maison, mais le reste de la famille vit dans le
hameau. Avant il envoyait des mandat postaux mais maintenant plutôt par de tiers et lui il
amène aussi quand il revient. C’est elle qui gère l’argent ici mais lui il donne les ordres.
En son absence elle peut sortir aller au souk aux fêtes. Retraite dans 6 mois. La vie la bas
elle est pas dure, même patron depuis 1978, il habite sur l’exploitation avec des amis du
village. La première fois qu’il est parti il avait 18 ans, c’est son père qui travaillait là bas
qui l’a placé, il est le seul de la fratrie, il est le fis majeur. Un frère est à l’armé. L’autre
est chômeur et lui il aide financièrement. Il a fait agrandir sa maison c’est son frère et
beau frère qui ont fait les travaux, pas besoin d’être supervisés.
Le fis: « La révolution c’est pas bien pour nous (…) Étudier ça sert à rien ici en Tunisie. Pour travailler bien il faut aller ailleurs. Moi je veux partir et rejoindre mon père. » ».
Madame aimerait voire la France et lui il serait prête tout suit à l’amener si elle avait de
papier. Quand les enfant était petits il était difficile pour l'éducation mais maintenant
c’est mieux. Sa famille bénéficie de la CNSS car il paye pour ça. Ne fait pas d’imp/exp
mais il ramène de vêtements en cadeau pour la famille. Il connaît beaucoup des
clandestins sur place. Il leur donne un peut d’argent mais il peut pas les loger et lui
trouver du travail parce que il a pas de temps il travaille même le samedi et son patron il
est pas d’accord pour loger des clandestins. Il a beaucoup de peine pour eaux ; S’il
entende qu'il y a du travail il lui communique. Pour lui c’est un grand problème car les
jeunes qui partent n’ont pas conscience des difficultés qui les attendent en France sans
papier :
« Pour nous c’était facile mais maintenant c’est différent ».
5-HaRraGa : Carlos, 41 ans, connait Christine et MDM à Berre. Il était sans papier
pendant 3 ans en France, parti par bateau en 2005 par la Libye, payé 2 500 dinars. Le
voyage est duré de minuit du samedi à 10 h du lundi dans un bateau avec 180 personnes
sur un bateau de pèche de 14 mètres. Il est allé directement chez son frère qui est en
France à Berre et travaillait dans l’agriculture avec contrat, lui il l'a rejoint comme
clandestin. Le père a travaillé pendant plusieurs années en France il a aidé l'ainé à le
rejoindre. Le père est mort maintenant. Le fis a passé 1 mois en garde à vue à Nîmes puis
relâché avec OQTF, non respecté. Il a habité dans un gourbi et il avait un patron à Gravos
des oliviers. Plus tard en 2010 il s’est fait arrêter lors d’un ratissage dans un gourbi à
Berre : 15 jours de guard à vue est puis à l'hôpital. Il se remets à travailler dans la région
et rentre en Tunisie le 15 oct 2011 avec son camion. Il ne trouvait plus de travail en
France et il avait réussi d'acheter ce camion donc il a décidé de rentrer. Il était sorti
régulièrement de Tunisie (vers la Libye) et donc il est rentré reglo. Pas de représailles par
le police.
122 Il est revenu reglo et a ramené un camion frigo de France. Il a aussi une petite un
pellettose. Maintenant il veut vendre le camion parce que il est difficile à exploiter car la
route elle est mauvaise. Il connais beaucoup de clando, il est une figure parmi les clando.
Depuis qu’il est rentré il trouve plus de travail ici. Il pense d’aller chercher du travail à
Tunis. Père de 3 enfantes entre 2 et 17 ans tous à l’école encore. Il a un deuxième frère
qui est clandestin depuis 2009 dans l'agriculture à Berre. Il est parti lui aussi par la Libye
avec quelque personne de Ghardimaou
« quand il y a une possibilité de départ, on prévient d'autres personnes du village pour
compléter le bateau ».
Parmi les amis qui sont partis avec lui certains ont maintenant des papiers surtout grâce
au mariage. Il a des difficultés à travailler comme tous ces qui sont sans papier.
Certains utilisent de fausses papiers et les patrons son complices pour en tirer meilleurs
profit. Ce frère n'a pas de famille. Il n'envoie pas d'argent ici.
« Par fois ce sont les familles d'ici qui envoient l'argent la bas pour faire manger les
enfantes. Se la merde en France, moi je le sais, les autres ne le savent pas »,
pourtant il et prêt à repartir. Ca femme l'encourage à partir parce que ici il y a rien à faire.
Lui même avant de partir était chauffeur de taxi et camion. Il a un problème à la jambe
qui lui empêche de faire des travaux physiques. Il a un peut de terres agricoles c'est ça
femme qui s'en occupe : elles ne sont pas rentables parce que pas mécanisées (terrain en
pante). Il a des contactes toutes les semaines avec les frères par téléphone. Il nous montre
un lieu dit sur une colline en face d'où seront originaires 200 sans papier dans la région de
Marseille. Il demande si ont peut faire quelque chose pour prendre soin du diabète de sa
mère qui a des problèmes aux yeux (téléphone 95127149).
Nous partons à Elkhala
7- OMI. Fis d'un immigré (35-40) qui a un dépôt de matériaux de construction. Lui
même a passé plusieurs séjours de 15 jours en France depuis 2000 mais jamais
d'émigration. Son père a travaillé à Marseille dans l'agriculture de 1969 à 2008. il
revenait environ 1 mois par an. Lui a 4 seours et 1 frère. Il est le seule à avoir fait des
études supérieures : diplôme de tourisme à Tunis. Il a travaillé à Hamamet comme agent
touristique, puis chef d'agence. Ensuite son père l'a aidé à ouvrir un atelier de cuir à Tunis
où il a employé 25 personnes. Il a arrêté cette entreprise en 2005 et a ouvert ensuit ce
dépôt de matériaux avec l'aide de son père. Il a 3 enfants entre 2 et 10 ans et sa femme à
la maison. Il dis
« Avant mon père était analphabète ce qui a changé c'est que mes enfants ont 16-17 sur
20 ».
L'émigration du père a permis de bien vivre mais c'est très difficile de ne pas avoir de
père à la maison.
123 « Ma mère seule ne peut pas tout faire, elle ne peut pas suivre ce qu'on fait à l'école, elle
ne peut pas aller parler au prof. (…) Un mois par ans ça fait peut ».
Il était très ému en disent ça. Lui il veut surtout pas reproduit ce modèle. Il veut être près
de ses enfants. Il a un frère qui vit en Fr : il est parti en 2000 avec un visa de tourisme, il
est resté 5 ans, puis il est revenu. Il est reparti en 2009 avec un visa de tourisme et est
aujourd'hui sans papier. Il a réussi à travailler là bas et il a fait construire une maison ici
mais c'est pas bien car il ne voit pas grandir ses enfants (2 filles et 1 garçon ici). Il a un
confort matérielle mais aussi un problème d'absence. Lui (le frère avec qui on parle) il est
contre, il interviens dans l'éducation des ses deux nièces, c'est lui qui vas voir les prof
parce que sait qui s'est difficile sans père :
« Mon père n’était pas là quand j’avais besoin de lui. Moi je ne vais jamais faire manquer à mes enfants ce qui m’a manqué à moi. Mon frère est clandestin en France et il a laissé ses enfants ici. J’essaye de m’occuper d’eux. Je ne suis pas d’accord avec son choix (…) Les jeunes
qui n'ont pas fait d'études courent derrière le matérielle. Moi c'est diffèrent
car j'ai étudié et je n'ai pas le mêmes priorités ».
Il a 1 ha de terres cultivées ici dont les bénéfices sont partagés avec les frères. Il
est en contact avec le frère régulièrement. -­‐15 fevrier-­‐ Dkhailia Matin: on met au propre nos notes; un OMI vient échanger quelques mots. On veut voir
le surveillant de l'hôpital dont le fils est clando en France mais pas disponible aujourd'hui.
On appelle Radhia qui a des personnes à nous présenter à Dkhailia.
2 OMI - Mr policier en retraite qui réponde par son beau frère. Le b-f (né 1941)
travaillait à Berre dans l'agriculture. Il a une très petite maison, pas de salle de bain. Un
enfant de 40 ans qui travail à Tunis et depuis qu'il est à la retraite sa femme vit avec lui à
Tunis. Il serait alcoolique, il passe son temps à boire et dormir. Remarque du policier
"se sont les plus ignorant qui partait car c'était très facile de partir à l'époque".
Lui aussi est parti en 1972 mais il est revenu pour prendre soin de sa mère. Il a un frère
agriculteur, un autre retraité de la police.
"Gaspille son argent et garde le reste en banque sans vouloir l'investir. Le malheur c'est
que les émigrés n'investissent pas, tout est dans le banques".
124 8-­‐12 mai 2012 GHARDIMAOU -­‐9 mai-­‐ centre ville La ville est plus vide par rapport a février/mars. Beaucoup de magasins sont fermés.
Beaucoup moins de mouvement. Il y a plus le suq dans la place en face de Kamel. Kamel
me raconte que la crise a augmenté, que même dans le suq il y a plus personne qui viens
vendre parce que les gens n'achètent plus, il y a plus d'argent. Il est dégouté. Il veux
transformer son restaurant en une charcuterie parce que personne y va manger. J'assiste
tous le jours à des scènes où des jeunes dans la rue se comportent entre eux de façon
agressive. Kamel commente qu'ils ont rien à faire et se moque d'eux.
MARWEN: Collabore avec MdM et Dr Marwani pour la création de l'Association de
Familles, qui pour l'instant conte 6 personne qui se sont impliquée. Père, un oncle, un cousin, et 2 frères en France. Enorme maison avant El Galaa. 2 Etages,
grandes chambres, meubles riches, un château. C'est la maison du père et des 2 oncles.
Pour l'instant est assez vide. Y habitent la mère, le frère avec sa femme et 2 enfants (le
petit de 3 ans passe la journée avec l'oncle et une 15enne de chèvres) et l'oncle. Ils ont un
jardin, une petite terre avec peu d'olivier, et des chevres.
PERE DE MARWEN: Son père est parti avent le mariage en '70. A les papiers. Travaille
comme chef cousiner à Ajaccio. Avant de partir il était agriculteur à Ghardimaou. Après il est parti et s'est installé à
Toulon, a pris un diplôme de chef cousiner là bas. Il est resté la bas pour 20 ans. Et après
il a trouvé du travail comme chef cousiner à Ajaccio où il habite maintenant.
Il est parti avant le mariage. Ses enfants le voyaient 1 mois par ans normalement en
janvier. Maintenant qu'il a un poste de chef cousiner il rentre 3 mois de suite par an.
Sa mère elle se débrouillait bien. Elle se planté parce que elle disait que c'est difficile de
faire le rôle de la mère et du père au même temps. Mais heureusement l'oncle (le frère du
père) l'aidait beaucoup et
« nous aimait plus que ses enfantes. Il était très gentil. Beaucoup en
contact avec son frère. Il gérait l'argent. Mais c'est trop difficile. Nous on
a eu de la chance mais il y a des familles où l'oncle il est pas gentil. Il
profite que la femme il ne sait pas lire et il vole de l'argent. Il y a aussi qui
appelle le migrant et il lui di que sa femme il fait de problèmes, qu'elle se
comporte pas bien. Il fait ça pour créer de problèmes entre le mari et la
femme et être légitimé à avoir plus d'autorité. Mais les nouvelles
génération qui partent ils ont appris. Il ne veulent pas passer la vie divisé de leur femmes. Soi ils essayent d'amener la femme avec eaux soi il se marient en France. Il choisissent leur femme,il discutent avec elle il se met d'accord. Pas comme avant quand c'était les parent qui choisissaient pour eaux. 125 Il appelait son père 3 fois par semaine. “Mais c'était pas assez”. Son frère ainé est agriculteur à Ghardimaou, marié deux enfantes. Il vende les mouton qu'il achète en Algérie. FRERES: Ses 2 frères ils sont partis il y à 5 mois, un en décembre et l'autre en février. Ils ont payé un visa touristique fausse. -­‐Un travaille à Nice (28 ans) dans le bâtiment chez l'oncle qui a une petite société de construction. Diplôme en informatique, après chômeur, il a travaillé dans une société que fais des cahiers qui l'a embouché pendant 4 ans avec des contrats de 1 ans et au 5eme année il lui a plus renouvelé le contrat parce que la lois impose de faire un CDI après la 4eme contrat annuel. Il a acheté de terres à Hamamet et à Tabarca pour construire une maison en future. -­‐L'autre travaille à Ajaccio (24 ans) dans un restaurant d'un cousin qui est marié avec une française. Diplôme de électromécanique, après chômage, travaillé un peut comme serveur. Je decouvre à Berre le 9 juin que il etudié à Tunis et travaillé au meme temps (bac plus deux) mais il gagné 250 dinars, il loué une maison à 200 dinars… « Impossible vivre avec 25 dinars. Les salaires ils sont trop bas » Rétour chez marwen 15 juillet 2012: MARWEN: Lui (32 ans) en '91 est allé visiter le père à Toulon, il a bien aimé la ville. Il est le deuxième. Il a un master en géologie. Il est chômeur. Il est impliqué dans une association environnementaliste à Jandouba financé par le Japon et la Belgique, et il commence avec l'association de familles des migrants à Ghardimaou. Christine m'a dit que probablement le post de salarié part-­‐
time va être occupé par lui. « On va pas chercher un travail dans des autres pays arabe (Golfe ou Arabie Saudite) parce que c'est encore plus difficile d'avoir que pour Europe. Soi tu part avec un contrat de travail soi le visa s'est impossible parce que il y a pas des accordes diplomatiques entre la Tunisie et ces pays. Ben Ali il travaillait pas pour le peuple, il travaillait que pour lui même, pour gagner de l'argent pour lui.” Un business ici s'est très difficile. Il y a une lois du 2007 faite avec l'UE pour aider dans la création de petit business et entreprises, mais elle est restée sur papier. Le gouvernorat en plus ne donne l'accord que pour les petit projet dans agriculture. A Jandouba ils viennent d'ouvrir deux usines (spaghetti et câbles pour les voitures), mais se sont des 126 étrangères qui les gèrent, et qui financent. Quand tu dépose une demande pour le financement d'un projet ils te demandent de l'expérience: Pourquoi dans les accordes pour ouvrir de fermes ici pour les étrangères ne mettent pas un article qui oblige les étranger à former un deux cadres qui peuvent après ouvrir un truk a eaux?.” Retour chez Marwen le 13 novembre 2012. Discoussion de groupe au café: 1-­‐La ville elle est vide. Tous les hommes sont partis et travaillent ailleurs. On a pas l'example des travailleurs. C'est pour ça qu'on fait rien ici. On voit juste le père qui rentre et il est en vacance et il fait rien. On s'ennuie. Il y a beaucoup de jeunes qui se droguent (hachis de l'Algérie) et qui boivent. Les jeunes ont envie de rien faire. Ils n'ont pas la mentalité de créer des projets. » 2-­‐«C’est pas vrais. Moi je me drogue pas, j’ai étudié et j’ai un dyplome…mais étudier ça sert à rien ici en Tunisie. Pour travailler bien il faut aller ailleurs. Moi je veux partir et rejoindre mon père. » -­‐10 mai-­‐ Jbel MADAME FILLE DE MIGANT: On parle avec la sœur qui fait un master en tourisme culturel à Tunis, elle habite en foyer. En octobre elle va partir en Arabie Saoudite avec son bien-­‐tôt-­‐mari qui travaille là-­‐bas. Elle est pas voilée, elle dit qu'elle va s'habituer. Que au lycée elle était amoureuse d'un jeune dans sa classe, mais que s'a pas marché. Après à Tunis, par hasard elle à connu son futur mari et elle a pensé qu'il est une bonne personne et donc pourquoi pas le marier. Elle espère travailler comme prof au lycée en Arabie Saoudite. Elle parle peu français. “L'absence de mon père? C’étai dure pour ma mère surtout, ella a souffert pour le fait que le père n'était pas là. (…) En plus c’est grâce a mon père que ‘ai pu étudier. J’espère de pouvoir redonner à mon père ce qu'il lui m’a donné. (…)Dans ces jours je suis rentrée à la maison de Tunis pour faire compagnie à ma mère parce que mon père est parti chercher la retraite en France. Mais j’ai envie de rentrer à Tunis.” Il aime rentrer en France une fois par ans et en plus il touche plus quand il la va chercher lui même. elle ne connais pas le salaire de son père. 127 On a beaucoup parlé d'éducation avec les femmes. Etudier est important pour trouver un travail stable, la culture elle a pas u valeur propre, elle est fonctionnelle au travail stable. Je découvre que les gens du Sahel appellent KJB (Kef, Jandouba et Beja) les gens de cette région de façon péjoratif surtout en relation à leur niveau d'éducation. Il se sentent culturellement supérieur. Syrine (l'amie de Sousse qui étudie psychologie à Tunis) me raconte qu'il y a une forte discrimination entre les zones de la cote et de l'intérieur et donc même dans la chois de professeurs les écoles de l'intérieur sont pénalisée. Une de femme nous raconte que le prof de français de l'école de son fis n'est pas capable de construire correctement une phrase. Une autre femme en parlant toujours avec Syrine lui dit qu'elle est pénalisé par rapport à elle, parce qu'elle ne parle que arabe. Syrine par contre a la possibilité de m'accompagner et parler avec moi et peut être me suivre en France. Plusieurs lui demandent si elle va venir en France avec moi. Elle réponde que no elle veux terminer ses études et travailler en Tunisie parce que la Tunisie est son pays. Apparement ici tous les enfants font de cours en plus de l'école, cours de soutien parce que les prof ne sont pas assez bien formés et le mères n'ont pas étudié et peuvent pas aider les enfantes. Il faut beaucoup d'argent 30 dinars par 4 h en plus la semaine. -­‐10 mai-­‐ Ghardiamou FILLE TRAVAILLEUSE: Soiré sur le toit pour écouter le mariage du voisin. Ils ont déménagé dans cette maison depuis 10 ans. La maison a été construite par le fis pour économiser l'argent des massons. La mère est très contente de la maison par rapport à la précédente qui été partagé avec la famille du mari. Le grand oncle prenait l'argent que le père envoyait puis quand le frère a grandi c'est lui qui prenait l'argent. L'oncle (le plus petit) est plus gentil. Il y avait toujours des conflits entre la mère et l'oncles plus grand qui habite à coté. « Quand mon mari n’est pas là son frère vient souvent contrôler moi et mes enfants. Si je veux sortir je suis obligée de lui demander une permission. Mais je ne le fais pas volontiers. On a eu un problème avec lui il y a quelque mois : il a appelé mon mari en France en lui disant que je lui avais volé le câble du stéréo et que je ne me comporte pas dignement et que je sorte trop souvent. Quand mon mari est là il n’ y a pas ce type de problèmes. » Les oncles maternels étaient gentils et rendaient visite à la famille quand le père est absent. 128 Retour le 14 novembre 2012: Elle nous dit. “Mon père est très stricte, il voulait pas que je sort même quand il étais là. Je était contrôlée par les oncles. De que mon père est rentrée je peux sortir seulement accompagnée. J’ai essayé deux fois le baccalauréat mais je n'ai pas réussi et après j’ai a postulé pour plusieurs postes et ils m’ont prise comme surveillante dans un lycée a Ghardimaou (pour 2 semaines) puis j’ai a change a Werghech (El Galaa) par ce que c'est pus proche de chez elle. J’ai travaillé deux ans au lycée après ils m’ont licenciée et maintenant quand je cherche du travail on me demande de payer de l'argent (5 milles dinars). J’ai a déjà payé quelqu'un pour qu'il me trouve du travail (100 dinars) mais il n'a rien fait pour. Je me sentais plus libre quand je travaillais, je pouvait sortir avec mes amis du travail et et j’étais très bien dans mon travail. Tout le monde m'aimait même un prof qui été méchant avec tout le monde. “ La famille est active, les femmes travaillent tout le temps dans la maison. Ils ont payé le visa de leur frère avec tout l'argent qu'ils avaient (20 000 dinars) Quand le père est absent elle sent qu'il y a quelque chose qui manque à la maison même s'ils n ont pas de très bonne relations avec lui. Les 4 soeurs ne sont pas mariées. Elles ne connaissent pas les voisins et ne sortent pas de chez elles. -­‐11 mai-­‐ el Khala fi jbel On part vers Khala (rond point tout droit, à ain sultan a droite), petite rassemblement de maison avec piste petite qui remonte sur la montagne (Salsila jbel khir 1205 mt).Il y a une source à coté. On rencontre Mr qui parle pas français. Il nous amène chez son oncle. Maison petite et pauvre. A moitié détruite par la neige Les maison autour se son toutes de la même famille. Il nous raconte des problèmes de cet hiver, un mois isolé, pas de moyen pour se déplacer, 1 mt et demi de neige. Le gouv n'a pas les moyens pour nous aider. Des morts. La nourriture envoyé par hélicoptère n'a pas été partagée. Il y a pas de médecin ici, il faut faire 7 km. Comme l'école. “La route il y avait les Trabelsi qui pour gagner plus d'argent ont épargné en mètres de largeur. Il faut refaire la route. Il faut payer 20 dinar au fonctionnaire pour travailler.” Projet pour légaliser des hectares entre Tunisie et Algérie pour permettre le commerce légale. 129 Il dit qu'il fait pas de commerce avec l'Algerie...il habite a 5 km de la frontière. Il me raconte que pour le commerce d'essence l'aine passe tout seule d'un coté à l'autre. Rétour le 3 Novemnbre 2012, conversation de groupe au café: “La vie est dure ici. Il faut être riches pour survivre, pour avoir un voiture et se déplacer à Ghardimou. Il y a rien à faire pas de café pas de truk pour s'amuser c'est pour ça que les jeunes partent. Dans chaque famille il y en a un ou 2 en France. Pui c’est ça. Et je sais que c’est pas facile en France, mais si il y a des personnes qui arrivent à travailler et s’installer en Europe pourquoi pas moi ? Je vais, moi aussi, tenter ma chance ». Et en plus ce n’est pas possible de trouver une femme ici. Je suis amoureux de ma cousine. On s’envoyait des messages tous les jours. Elle est très belle et respectueuse. Le problème c’est que ses parents ne veulent rien savoir. Elle va se marier avec un migrant, qui vient de construire une maison. J’ai essayé moi aussi de partir clandestinement à Lampedusa en mars 2011. Mais je me suis fait expulser. Je ne vais jamais réussir à me marier. Je ne travail pas régulièrement, et quand je travail je gagne 5 dinars la journée dans les champs ou dans une boutique au marché. Comment on peut construire une famille dans ces conditions ? -­‐12 mai-­‐ el Ghorra fi jbel MR DE VESTE NOIRE: Né en '76, 8 ans et demi en France. Parti avec visa portugais de 6 jours. Travaillait dans le bâtiment à Ajaccio, après Berre. Ils sont potes avec Ramzi. Il a essayé d'avoir les papier. Il me montre tout le dossier avec les fiches de paye faites avec fausses document. Il lui ont refusé (parce que ils ont fait u erreur: à la place de donner le dossier au juge l'ont donné à a préfecture qui l'a expulsé??). Il avait déjà été expulsé en Algérie: arrête, il a dit qu'il est Algérien, 2 mois en centre de rétention à Marseille, l'ambassade Algérienne le reconnaît, 4 mois en centre de rétention en Algérie, découvrent qu'il n'est pas Algérien, il le re-­‐amènent en France où il passe encore 2 mois en centre de rétention. Ensuite libère. La zone est très pauvre, il a rien, que des montages et la moqué. Il passe la journée dans la foret et me montre les photos qu'il fait. Il aime bien les pierres apparemment. Tout ses frères cherchent à partir. 130 9-­‐17 jUIN 2012 BERRE L’ETANG 12h et à 13 h on est dejà à Berre. On descende des colline et on voit l’Etang (stagno enorme) à goche il y à les usines et a goche les serres et les vignes (apparement très riches qui n’imbochent pas des clandestins). On rentre dans les petites ruelles entre le champs, il y a des super propietès à coté de masons abbandonées. Beaucup d’agriculteurs ont fait faillite. Il y a des serres vides. Dernierement il y a beaucoup de controlles et le patron il veulent plus beaucoup imbocher de clandestins. Le mere de Berre est un socialiste. Le medecin: “il est un populiste. Depuis le debut de Sarkosy il fallé cacher les clandestin. » Destruction du Gourbi. Il été assez visible dans une zone entre les proprieté des patron qui étaient contents d’avoir de la main d’heuvre à cotè et toute reunis. Les consultations commencent. Il y en a une chaque 2-­‐3 semaines. Un camion arrive de marseille, c’est là dedans qu’on fait les consultes. Avant on passe par le pretre ouvriere qui travaille dans une cooperative comme agriculteur et qui est chef sindacaliste, qui remplit le dossier et qui en fait des nouveux pour qui arrive pour la premiere fois. Beaucoup arrivent avec le velo, autres avec le taxi (un immigré avec papier fait le service). Il y a une trentaine de personne. Il fait beaux. L’athmosphere est dympa. Les geunes salameleccano les agée. Il discoutent un peu entre eaux ils s’attendent à petit groupes pour que les autres terminent la consultation. Je discoute un peu vec tout le monde, après etre presenté par Christine, ils sont très contente de me parler. MISTER : « J’avais un petit café à Ghard, j’ai 3 filles et 1 garçon la bas. Je vive pour mes fis. Mon pere est retraité depuis 1968 à berre. Il avait les papiers, il rentré en 2002. On habitait tous dans la meme maison, il y avait pas d’argent pour construire une autre. (…) Moi j’etais parti en 1996 avec un visa de 18 jours pour le business en alemagne pour le café (et je suis resté 2 ans), j’ai achete une voiture, mais j’a pas beaucoup travaillé et en plus je douvait payerle le loyer à mon pere de 80 dinars. En 2004 je suis venu à Berre. Je ne suis plus rentré depuis 2004.J’ai fait une croix sur sa vie. Je veux que mes fis etudient. La plus grande étusie à l’université gestion et economie. Elle va faire le permi si elle serusisse à l’université. Le deuxieme est au lycée et l’autre travaille dans une boulangerie. Je vive pour eux. En 2008 j’ai divorcé…c’est pour ça que ja’i fait une croix sur ma vie. J’ai essayé de me reconstruire une vie à Berre con une algerienne française, et j’ai depensé tous mon argent pour construire une maison pour les deux, mais elle a pris l’argent et elle est partie. Ma femme m’a quitté. Je la comprends. (…) J’aurai pas laissé mes enfants, j’en avais mare d’etre irregulier et j’avais envie d’essayer la vie d’ici comme une personne normale. J’aime bien ici, reguarde les femme sont tranquille, on peut avoir des relations relaxées. On laisse tomber les traditions ici. Les jeunes ont la possibilité de se 131 detacher des parents parce qu’il y a plus d’argent et de travail. Et ils arrivent mieux à devellopper des idée a eux, differents. Ils ont pas le contole de voisin !!C’est geniale ! » MR JOUEUR DE FOOTBALL : « On travail sens papier 5 euro par heure, Moi j’ai plus de chanche : 8 par heure. De 6 h à 14 h. C’est mieux comme ça après on peut faire une siesta. Les derniers arivé font de 5h à 21h : l’heure des clandestins. (…). On travil 5 ans on fait un pe d’argent pour un mariage blanc, si je trouve un mariage vrais je reste ici. Si je trouve une femme ici, je vais quitter la mienne. Je vais continuer à la soutenir, et mes enfant aussi. Mais je me suis marié trop tôt avec elle. On ne se connaissait pas bien. Moi j’ai envie de découvrir comment on vive une vie ici, d’avoir des amis français et de sortir librement dans la rue. Je veux trouver une femme avec laquelle partager des choses, qui me comprenne plus. (…) Ma fille porte le niqab. Je lui dis tous les jours qu’elle n’est pas obligée de le faire ; qu’elle peut avoir des relations d’amitié avec des garçons. Qu’elle fasse attention à ne pas faire de choses inadaptées en public, mais elle doit aussi se foutre du jugement des autres. Vous savez, les gens à Ghardimaou sont très traditionnels. Il faut faire attention. Je suis aussi très préoccupé par mon fils. Il n’étudie plus, et je ne sais pas à quoi il passe ses journées. J’ai très peur qu’il tombe dans des réseaux de salafistes. Il y a beaucoup de jeunes qui, ne trouvant pas de travail, partent pour le jihad en Syrie en ce moment ! (…) J’ai rencontré une marocaine très belle, elle est separé mais elle ne veux pas devorcer, je l’ai ammené au restaurant. Mais si non on rencontre pas beaucoup de fille ici a Berre. C’etait une desillusion. Mais quand meme la vie ici est mieux ici. En tunisie on gagne rien. Pour se relaxer on se retrouvent entre nous pour les match de foot. Chez Mahmoud oltre un champ des olivier il y a une petite cabane en beton, il y en a 8 qui dorment là bas. Lui il est depuis 25 ans la bas, il teavaillle plus et il est en train de faire les papiers, il pense rentrer en Tunisie en septembre finallement. Il est jamais rentré. Je pense qu’il a onte parce que il a pas beaucoup gagné. (…) Les marocaines sont devenues des patrons et eux aussi paient 5 euros l’heure. (…) Nous gagnons 1 200 euros par mois, 400 pour la famille 200 pour nous et 600 a coté. Mai qui a les piers gagne 2 300 par moi !!!Tu t’immagine ! » 132 14-­‐17/07/2012 Ghardimaou -­‐15 juillet-­‐ ghardimaou, cite de France, quartier riche MR ENTREPRENEUR : On s’arrête en face d’une maison énorme et bien décorée. A coté il a des travaux. Le propriétaire est en tenue de travail. Il aide l’ouvrier dans la construction du local d’une boulangerie. Il a 30 ans. Avant de partir il travaillait pour e chemin de fer pour 700 dinars par mois. Il est parti sens connaître personne à l’étrangère, il voulait gagner plus, il avais envie de faire. Parti pour Marseille Il a eu fortune avec un patron (société qui fait façade à Marseille) Qui l’hébergeait il lui a donné un travail comme gardinier, il est devenu partie de la famille, ils l’appellent frère. Le patron l’a formé et après il lui faisait faire de travaux en soutenance (50/50). « Histoire de adjudications de la mairie de Marseille, mafia, avant un Cous-­‐cous étais suffisant maintenant il veulent de l’ragent. » Il rentre chaque année pour faire la saison de l’agriculture au pays, il ferme la société à chaque fois : Africafacades, il embauche pas des clandestins mais que de gens avec contrats régulière pour peur accidents et en plus en travaillant en ville plain de control. Il leur donnait de l’argent. Il embauche de Turks pare que spécialistes. Pour amener un taille pierres à du bloquer 10 000 euro sur le conte pendant 1 an par la préfecture et à la fin du contrat de quelque mois retourner avec le travailleur là la préfecture. Supercontrollé. Il est pas marié, il veux trouver une femme tunisienne, et rester en Tunisie (il dit que c’est ça dernière année en France, comme tous le monde), parce que le femme en France ouvrent les yeux et il commencent à faire de chose folles. Elles commencent à avoir de l’argent pour les allocations familiales et les aides Travailler leurs ouvre les yeux et elles commencent à faire des choses folles. Elle n’écoutent plus le mari et prennent trop d’initiatives. La femme d’un Algérien qui habitait à coté de mois à Marseille, cachait l’argent qu’elle gagnait. Quand le mari l’a découvert il y eu une grande dispute et elle n’a pas voulu lui donner l’argent. Plus tard elle a décidé de divorcer ! I est en train d’ouvrir une boulangerie. Il a du passer pour la corruption (il indique vers Tunis) parce que la délégation lui nié la licence en disent qu’il en a beaucoup déjà sur la même route, c’est son frère qui s’en occupera, il gère aussi les terres et les 5 ouvrières, 1 tracteur qui est pas loué à d’autres gens. Il critique ouvertement Ennahda, les pauvres ils ne sont pas aidés. Il nous invite à diner parce que il a remmené de l’argent ici de France et donc il sent qu’il doive nous redonner. 133 JEUNE MARIÉ AVEC FRANÇAISE : Jeune, parti clandestin régularisé par mariage, la police ne lui croyait pas parce que ça femme est plus agé que lui, il a eu le permis de séjours que quand il a eu la petite. Il est en France depuis 8 ans il est rentré 2 fois. Il été en Fr avec ses parents de 10 à 14 ans a fait les écoles là bas, toute la famille était irrégulière (ils sont rentré parce que la mère n’aimé pas). Il est reparti à 20 ans avec visa Suisse, 1 an illégale. « (…) J’ai a 9 000 euros de dette envers la santé française. Je me suis jeté d’une fenêtre pour échapper la police. Après ils sont partis et n’ont même pas appelé les secours. Maintenant j’ai des problèmes à travailler, il faut qu’il cache ses chevilles. » Il est énervé envers sa famille qui le pousse à divorcer sa femme qui fume et sort en short. Elle est convertie (?), elle a un fis d’un mariage précédente avec un algérien, elle aime bien le Maghreb, elle adore passer les vacances au bled et voudrait construire une maison mais pas d’argent (elle travaille de temps en temps en France et fait du bénévolat à la croix rouge), elle a l’aire de faire la médiation entre lui et la famille elle comprend, elle essaye de apprendre à ses infant l’islam, le pudeur, il pousse à faire la prière. « Je croit en dieux mais pas à la religion. Je déteste le bled je viens juste pour le grands occasions et mais je vais plus jamais revenir. On dort chez la grande mère. J’en peut plus de la rpession de ma mere. J’ai la mentalité française. Ma mère et ma sœur ne me laissent pas tranquille avec le fait que je dois faire ma prière. Je sais que mon père me comprend : il a vécu en France longtemps. Mais il préfère ne rien dire.» Son père est en France avec papiers, ils ne se voient pas souvent, il lui donne raison s’il a du conflit avec la mère et la sœur que après la révolution est devenue plus chiante avec la religion. Le père est plus respectes des traditions même si il les pratique pas en France. JEUNE MERE : Grande maison construite en 2002, deux étages, travaux en cours. 6 mois pour une remise à nouveaux, et ajouter un étage. « Je trouve personne pour travailler, personne veux travailler, i faut qu’ils travaillent même si pour pas beaucoup. » Il y a que la mère de famille qui control et gère les ouvriers. Voilée. 7ans d’éducation, arrêté au Ier année du Lycée, avec 8 frères elle a du se sacrifier parce que la plus grande, elle devait aider. Autres frères diplômés : infermière, anesthésiste, keno thérapeute. Sœur mariée avec 2 fis. Habite à Montélimar avec mari et 3 enfants.2 garçons 14 IIIème publique Et 18, fait le bac dans une école privé 100 euro par mois, 1 fille 15 ans VIème. Marié en 1992. Elle a vécu un an avec le mari et 13 ans seule avec les enfants. Elle faisait tous à la maison, travaux, gérait l’argent. 134 « J’avais pas de liberté, besoin que je fais attention, ça mère pas contente, me contrôlait, les gents qui venais me visiter où j’allais, quand mon mari est là e m’en fout, lui il est gentil. Si j’étais malade je pouvais compter sur personne. » Son mari travaillait en Corse au début, marié avant de partir, « mon mari est gentil ». Il travaillait comme Masson, coupeur de pierres. « Je suis partie en 2006 avec le regroupement familiale. Mon mari ne voulait pas au début, mais j’ai insisté, il est difficile vivre seule ici. Il voulait que les enfants étudient en Tunisie, mais les enfants, surtout ma fille sentaient la manque du père. Ma fille une fois qu’il est reparti n’a plus mangé pour 5/6 jours. Ça l’a convaincu. Je suis restée 4 mois avec les enfants, mais il y avait trop de racisme, c’est pas bien pour les enfants, moi je suis resté à la maison tout le temps. On s’est déplacés à Montélimar, on gagne moins d’argent mais gens gentilés. (…) Au début c’était difficile, j’ai pris le permis de conduire, je me prend soin des enfants, mais je suis contente d’avoir plus d’independence. (Ça se voit qu’elle est fière). Le fis au début voulait rentrer, c’etait difficile de s’adapter, ils avaient beaucoup de difficultés à l’école. Moi j’avais a quelques amis. Mon père est à la retraite en France, il faisait le gardinier à Montélimar pour 40 ans.,Mes tantes sont aussi en France, mais aussi les voisins français étaient très gentils. » Ils rentrent 1 fois par an pendant 2 mois, parfois elle ne rentre pas parce qu’elle travaille dans l’agriculture pendant la saison d’été, et après 5 mois de chômage en France pour aider le mari. Elle n’arrive pas à trouver d’autres boulot, le voile lui empêche de travailler dans l’ASM publique, comme nettoyage dans les hôpitaux. Les enfants sont avec son frère à la mère à Nabeul, elle y va le week-­‐ends quand il y a pas les travaux à gérer. Quand elle est pas là elle laisse à la maison à une veuve pauvre et son fis pour la Controller. « Je veux rentrer à la retraite. Il faut rentrer. Il faut laisser la place aux autres. On a pas commencé de business ici, si on n’est pas là à Controller rien ne marche.(…) Mais je veux que mes enfants continuent avec leurs études, même ma fille, il n’y a pas de différence entre garçons et filles pour moi. Tous ils font ce qu’ils veulent. Mais la fille ne doit pas marier un étranger no, l’Islam dit non ! Quand j’en parle ace ma fille elle me dit: on en parlera après. Moi je dis comme ça mais après on va voir…le problème c’est que après toute ma famille va plus parler avec elle. Je connais une fille qui s’est marié avec un étranger et maintenant sa mère est obligée de lui parler en cachette par téléphone. Pour l’instant mes fis sont contents de rentrer pour revoir la famille et aller à la mer avec les cousins.(…) Il a plain de jeunes qui frappent la porte pour demander le mariage de ma fille, les mères viens me parler, mais moi je réponde qu’ils la confissent même pas ! 135 II) DATI SULLA TUNISIA Foto 1. Distribuzione geografica della comunità tunisina all’estero (primi 8 paesi) Fonte: Ministero geli Affari Esteri -­‐ Direzione Generale degli affari Consolari -­‐ Cancellerie Tunisine all’estero. Foto 2. Tasso per abitante di rimesse via posta secondo la provincia (2007). Fonte: La Poste – Istituto Nazionale di Statistica Fig 3. Evoluzione delle rimesse tra il 1970 e il 2009 (in milioni di Dinari Tunisini). 136 Fonte: Banca Centrale di Tunisia 137 Fig 4. Bonifici contabilizzati dalla Banca Centrale di Tunisia, convertiti in euro secondo il tasso di cambio rispettivo di ogni anno (in milioni di Euro) Fonte: Banca Centrale di Tunisia 138 Fig 5. Valore delle rimesse via posta nel 2007 (in milioni di Dinari Tunisini) Fonte: La Posta 139 140 RINGRAZIAMENTI Ringrazio la mia relatrice Emanuela Trevisan Semi per la sua disponibilità e sostegno. Un ringraziamento speciale va a Swanie Potot, che mi ha seguito dai miei primi passi di ricercatrice inesperta fino alla stesura della tesi. La ringrazio per tutto quello che mi ha insegnato, non solo nella ricerca. Ringrazio Hassan Boubakri per avermi seguito durante il mio stage e aver avuto fiducia in me affidandomi responsabilità importanti. Ringrazio i miei genitori e tutta la famiglia che mi ha aiutato e incoraggiato in ogni momento. Grazie a Christine Larpin e a tutta l’equipe de Médecin du Monde che mi ha stimolato con i racconti e i punti di vista diversi. Un grazie speciale va a tutti gli abitanti di Ghardiamaou che mi hanno sempre accolto con affetto e generosità. Ringrazio gli amici che hanno riletto e corretto infinite volte: Gael, Nicanor e Aurore. Un grazie alle persone speciali che ho avuto la fortuna di incontrare nel mio soggiorno tunisino. L’esperienza di vita che abbiamo trascorso insieme ci ha unito profondamente. Ringrazio Maggy per la sua profondità e intelligenza non convenzionale, Francesca per l’affetto e gli stimoli di riflessione, Nausicaa per il suo sorriso, Debora per le energie positive, Samuel per i silenzi, Sarah per le risate, Anna per l’ascolto. Arwa e Foued per le discussioni di politica, Wassim per la dolcezza, Mara per l’aiuto importante, Marvin per la sua onestà, Slim per la mediazione culturale. Ringrazio anche gli amici che mi hanno fatto sentire presente anche se lontana con le infinite conversazioni su Skype…Claudia, Raffaella, Valeria, Matilde. Grazie davvero! 141