laRIVISTAdelTURISMO - Alps Know-How

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laRIVISTAdelTURISMO - Alps Know-How
Anno IV, N° 2 - 2002
la
RIVISTA delTURISMO
a
C E N T R O
S T U D I
D E L
Editoriale
T O U R I N G
C L U B
I TA L I A N O
3
Touring Club Italiano
Presidente: Roberto Ruozi
Direttore generale: Guido Venturini
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
Il turismo montano in Italia
5
Un’analisi regionale
1/ Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste
2/ Piemonte
3/ Liguria
4/ Lombardia
5/ Trentino-Alto Adige/Südtirol
6/ Veneto
7/ Friuli-Venezia Giulia
8/ Emilia-Romagna
9/ Toscana
10/ Umbria
11/ Marche
12/ Lazio
13/ Abruzzo
14/ Molise
15/ Campania
16/ Puglia
17/ Basilicata
18/ Calabria
19/ Sicilia
20/ Sardegna
Forum
Interventi di Enrico La Loggia, Franco Frattini,
Enrico Borghi, Giuseppe Gentile, Floriano Pra,
Luciano Caveri
23
27
32
35
38
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49
52
54
la RIVISTA del TURISMO
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Direttore artistico: Federica Neeff
Coordinamento editoriale: Massimiliano Vavassori
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© 2001 Touring Editore, Milano
Codice NKQ
ISBN 8836527132
Finito di stampare nel mese di aprile 2002
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la
RIVISTA delTURISMO
a
C E N T R O
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C L U B
Analisi e commenti
sull’economia
del turismo
✁
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I TA L I A N O
Editoriale
2002: Anno Internazionale delle Montagne
A
bbiamo scelto di legare i primi numeri della Rivista di quest’anno a un filo conduttore comune: la montagna. Come già anticipato nello scorso numero, il 2002 è stato infatti proclamato
dalla Onu e dalla Fao Anno Internazionale delle Montagne e le iniziative per animare il dibattito e sensibilizzare opinione pubblica e governi sui relativi temi proseguiranno senz’altro a
livello mondiale anche nei prossimi mesi.
Anche la Rivista del Turismo ha voluto quindi dare il suo contributo dedicando ampio spazio all’argomento: già nella prima uscita di quest’anno abbiamo proposto un articolo del presidente del Comitato Italiano per il 2002 Anno Internazionale delle Montagne, on. Luciano Caveri in cui si portava all’attenzione l’importante ruolo delle montagne e i motivi, di ordine economico, sociale e culturale, che ne hanno
fatto una priorità per il nuovo secolo.
La montagna, infatti, non deve più essere soltanto un luogo della memoria, custode di tradizioni e stili di
vita ormai lontani, ma anche una ricchezza per il futuro, futuro che sempre più spesso guarda verso lo sviluppo sostenibile e la salvaguardia ambientale.
Le montagne, insieme ai loro abitanti, saranno chiamate ad affrontare nuove sfide per il rilancio economico, sociale e ambientale di porzioni di territori che rappresentano più di un quinto delle terre emerse e
che ospitano circa il 10% della popolazione mondiale.
La scelta internazionale di puntare sulla montagna non è stata, dunque, né improvvisa, né rituale, piuttosto il risultato di un lungo processo di riflessione portato avanti da gruppi e organizzazioni di origini e culture diverse, che ha permesso una progressiva sensibilizzazione dei governi sulle tematiche ambientali e
montane in particolare.
L’origine di questo percorso potremmo rintracciarlo nel 1992, con la grande assise di Rio de Janeiro, la Conferenza sull’ambiente e lo sviluppo: in quell’occasione fu sottoscritto da 181 paesi delle Nazioni Unite il documento Agenda 21 all’interno del quale si faceva esplicito riferimento ai problemi della montagna.
Oggi, dunque, le montagne occupano una posizione non marginale nell’agenda politica: un esempio è costituito dal Secondo rapporto sulla coesione economica e sociale (“Unità, solidarietà, diversità per l’Europa, la sua popolazione e il suo territorio”) presentato dal commissario europeo Michel Barnier e adottato
dalla Commissione il 31 gennaio 2001, in cui vengono portate all’attenzione dell’Unione le aree montane, le loro peculiarità e il ruolo del turismo per lo sviluppo socioeconomico locale dei prossimi anni.
Per approfondire il dibattito, indagando in particolare le relazioni tra turismo e montagne, questo numero
monografico della Rivista raccoglie integralmente il testo del primo Rapporto sul turismo montano in Italia, redatto da Tci e Comitato Italiano per il 2002 Anno Internazionale delle Montagne e presentato a Milano lo scorso febbraio in occasione della Borsa Internazionale del Turismo. Si tratta di uno studio importante, e per certi versi sorprendente in alcuni suoi risultati, che ha inteso cogliere le componenti del
turismo montano (alpino e appenninico) e il suo grado di sviluppo nelle regioni italiane. Sicuri di fare cosa gradita ai nostri lettori abbiamo voluto arricchire l’impaginazione della ricerca con un repertorio di fotografie d’epoca delle nostre montagne tratte dall’archivio Tci.
Le prove del cambiamento non risiedono, infatti, soltanto nei numeri e nelle serie storiche ma sono altrettanto chiare e comprensibili attraverso le immagini che illustrano l’evoluzione dei paesaggi, del turismo e dei turisti montani attraverso il Novecento.
Centro Studi TCI
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
3
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
PRIMA PARTE
Il turismo montano
in Italia
Il Touring Club Italiano ha prodotto, in occasione dell’Anno Internazionale delle Montagne e
in collaborazione con il Comitato Italiano per l’AIM 2002, il primo Rapporto sul turismo
montano in Italia. Il lavoro è stato coordinato dal prof. Fabrizio Bartaletti, geografo
dell’Università di Genova, e dal Centro Studi del Touring club Italiano.
L’analisi, impostata a livello regionale, ha approfondito per ciascuna area, nessuna esclusa, le
principali caratteristiche dell’offerta turistica: posti letto, presenze alberghiere ed extraalberghiere, impianti di risalita e così via. Una fotografia dello stato di salute della montagna
italiana che ha cercato di mettere in evidenza punti di forza e di debolezza dei sistemi locali e, a
più ampio respiro, del prodotto turistico montagna.
L’Italia dispone di grandi risorse e potenzialità in questo segmento: le Alpi hanno una
superficie di 46.900 kmq e una popolazione di 3.770.000 abitanti, gli Appennini –
comprese le Isole – rispettivamente di 77.200 kmq e di 4.650.000 abitanti. Praticamente
metà del nostro territorio è montano.
Quali allora le considerazioni emerse dalla ricerca? Tra luci e ombre che caratterizzano le
diverse realtà locali, le difficoltà del prodotto-montagna, generalizzando, dipendono
essenzialmente da tre fattori: la forte concorrenza di altre destinazioni-prodotti, l’aumento
della temperatura media combinato con la ricorrente scarsità di precipitazioni nevose e un
appannamento d’immagine della montagna estiva. Il Rapporto propone, infine, un indice di
turisticità montana (ITM) calcolato su base regionale.
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
5
IL TURISMO MONTANO IN ITALIA
T
ourism as a way of life – il turismo come modo di vita –
è un’espressione che sintetizza in modo efficace l’attuale “filosofia di vita” di un miliardo
e trecento milioni di Europei, Nordamericani e Giapponesi, destinata a
diffondersi, nei prossimi anni, anche
nei paesi a minor grado di sviluppo. Se
è vero infatti che nel 2000 sono stati
registrati 698 milioni di arrivi internazionali (diretti o generati per circa il
70% da Europa e Usa-Canada), è altrettanto vero che le stime dell’Organizzazione Mondiale del Turismo
(OMT) si limitano al solo movimento
incoming e trascurano i flussi turistici
interni ai singoli Stati, che nella media europea si aggirano attorno al 60%
del movimento complessivo e negli
Stati Uniti non dovrebbero allonta-
6
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
narsi molto da questa soglia. Nei paesi
più sviluppati, superata ormai la fase
della vacanza come periodo di riposo
dal lavoro, oggi si lavora per potersi
permettere vacanze sempre più numerose, comode e diversificate, proiettando il turismo al primo posto tra i
settori di attività economica nel mondo: nel 1998, il solo turismo internazionale ha inciso infatti per il 7,9% sul
totale dell’export di servizi e merci, seguito dall’industria automobilistica
(7,8%), chimica (7,5%) e alimentare
(6,6%).
Il turismo, dunque, fa già parte del nostro modo di essere, e tende a orientare verso di sé scelte un tempo attratte
da altre opportunità: basti pensare al
crescente numero di persone che trascorrono il week-end a Parigi, Londra,
magari Istanbul o – d’inverno – in Al-
ta Val di Susa pur abitando a Genova
e, d’estate, in località marine pur vivendo nell’Europa centrale: il venerdì
e la domenica pomeriggio, da giugno
a settembre, l’autostrada Genova-Livorno-Rosignano è percorsa nei due
sensi da un gran numero veicoli con
targa svizzera (non solo Ticino, ma
anche Vaud, Ginevra, Berna, Zurigo..), diretti lungo la costa toscana a
sud di Livorno e all’Isola d’Elba, coprendo distanze che variano 450 a
700 km e più!
Tipologie, dati e tendenze
L’Italia, com’è noto, è una meta turistica di prim’ordine, collocandosi al
quarto o al terzo posto nel mondo – a
seconda della credibilità che si vuole
concedere alle statistiche francesi –
per gli arrivi internazionali, e al primo
in Europa se si considerano le presenze
nazionali e internazionali in alberghi e
campeggi. Questa collocazione prestigiosa si deve più alle località marine e
alle città d’arte che non al turismo
montano, ma prima di scendere nei
dettagli è opportuno fare alcune considerazioni sulle diverse tipologie turistiche. Tralasciamo qui la distinzione fra
turismo proprio, che si realizza per mero svago e arricchimento culturale, e
improprio, generato da motivi di salute (terme, beauty farms, cliniche geriatriche), ricerca, congressi, affari,
attività sportiva e politica, ecc., considerando per praticità come presenza
turistica qualunque pernottamento in
comuni diversi da quello di residenza,
indipendentemente dalle motivazioni
che lo hanno generato. Anche con
questa semplificazione, però, si deve
riconoscere l’esistenza di molti “turismi”. La principale classificazione
si effettua in base alle “vocazioni”
manifestate dalle località e dai siti (località marine, montane, lacuali, termali, città d’arte e cultura…), ma a
questi tipi principali si deve aggiungere almeno il turismo ludico, con le
componenti principali dei grandi parchi a tema (Disneyland, Disneyworld,
Legoland, Gardaland…) e delle città
del gioco d’azzardo (Las Vegas, Reno,
Macao).
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
Il turismo dei grandi fenomeni naturali (geyser, cascate, canyon, vulcani…)
e quello venatorio. In base all’articolazione temporale della vacanza, si distingue fra turismo di alta e bassa stagione, di durata breve (al massimo
quattro pernottamenti consecutivi) o
medio-lunga.
Un carattere particolare assume poi
quel turismo che per il pernottamento
si avvale di mezzi di trasporto come
camper e imbarcazioni (turismo nautico e crocieristico). Altre forme sono
legate alla pratica di certe attività
sportive come il canyoning, il rafting
o il parapendio, che attirano un crescente numero di appassionati per
escursioni giornaliere o brevissimi
soggiorni.
Le nostre statistiche ufficiali distinguono fra “località di interesse turi-
stico” e “altre località”; le prime, a
loro volta, sono ripartite in sei tipologie, e cioè città di interesse storico
e artistico, località montane, lacuali,
marine, termali e collinari o di interesse vario, mentre tra le seconde si
separano i capoluoghi di provincia
dal resto delle località. Tuttavia, non
sempre è agevole attribuire una data
località alla tipologia più appropriata, poiché nel caso di più “vocazioni”, dovrà essere prescelta quella legata alla motivazione prevalente dei
vacanzieri, a sua volta influenzata
dalla connotazione geografica complessiva dei siti: l’Istat-Enit, ad esempio, classifica Bormio fra le località
termali, nonostante si tratti in realtà
di una stazione montana estivo-invernale, che offre anche l’opportunità delle cure termali.
Nel 1999, sono state ufficialmente registrate in Italia 308 milioni di presenze, delle quali 218 milioni in esercizi
alberghieri e il resto in quelli complementari, che escludono la grande
maggioranza degli appartamenti in affitto e la totalità delle seconde case. Le
località marine hanno attirato 106 milioni di presenze, pari al 34% del movimento complessivo, confermando
una leadership detenuta da tempo immemorabile, mentre quelle montane,
con 38,3 milioni di presenze, incidono
per il 12,4%.
Negli anni 90, il periodo più favorevole per tutte le tipologie (tranne le
“altre località”) è stato il triennio
‘93/’96, nel quale le località collinari,
montane e lacuali hanno registrato
incrementi superiori al 30% (Tab.
1b), mentre nel triennio successivo i
Tabella 1a
Andamento delle presenze ufficiali negli anni 90 nel complesso degli esercizi ricettivi per tipologia di località (valori assoluti, in migliaia)
Località
Città d’arte
Montane
Lacuali
Marine
Termali
Collinari
Capoluoghi
Altre
Totale
1990
43.077
25.454
14.950
76.724
13.573
6.631
17.401
54.407
252.217
1991
43.251
27.276
15.670
83.772
13.936
6.819
15.626
53.574
259.924
1992
46.372
27.283
14.479
84.483
13.417
8.113
13.697
49.520
257.364
1993
47.494
27.514
14.185
85.891
12.159
7.069
12.634
46.668
253.614
1994
50.548
29.898
15.808
93.133
12.525
8.759
14.524
49.563
274.758
1995
53.788
31.202
17.144
99.169
12.975
7.489
14.974
49.753
286.494
1996
54.964
37.097
18.687
98.526
14.062
9.607
n.d.
n.d.
291.370
1997
54.978
37.951
18.551
97.573
13.623
9.664
15.110
44.826
292.276
1998
56.294
38.361
18.659
102.338
13.944
9.860
14.739
45.313
299.508
1999
59.109
38.295
19.461
106.333
14.415
10.332
15.526
44.843
308.314
Tabella 1b
Variazioni percentuali delle presenze ufficiali nel complesso degli esercizi ricettivi per periodi triennali, tra ‘99 e ‘98 e tra ‘99 e ‘90
Località
Città d’arte
Montane
Lacuali
Marine
Termali
Collinari
Capoluoghi
Altre
Totale
* 97/93; ** 99/97
93/90
10,3
8,1
-5,1
11,9
-10,4
6,6
-27,4
-14,2
0,6
96/93
15,7
34,8
31,7
14,7
15,7
35,9
19,6 *
-3,9 *
14,9
99/96
7,5
3,2
4,1
7,9
2,5
7,5
2,7 **
0,0 **
5,8
99/98
5,0
-0,2
4,3
3,9
3,4
4,8
5,3
-1,0
2,9
99/90
37,2
50,4
30,2
38,6
6,2
55,8
-10,8
-17,6
22,2
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
7
IL TURISMO MONTANO IN ITALIA
Tabella 2
Variazione dell’incidenza delle presenze nelle diverse tipologie di località (1990-1999)
Località
Città d’arte
Montane
Lacuali
Marine
Termali
Collinari
Capoluoghi
Altre
Totale
1990
17,1
10,1
5,9
30,4
5,4
2,6
6,9
21,6
100,0
1991
16,7
10,5
6,0
32,2
5,4
2,6
6,0
20,6
100,0
tassi si sono alquanto ridotti; significativo comunque il fatto che le località marine nel triennio ’96/’99 registrino nuovamente il maggior tasso di
incremento, nonostante il turismo
balneare sia considerato un prodotto
“maturo”. Nell’ultimo anno disponibile (’98/’99), infine, città d’arte e
capoluoghi si sono mostrate le tipologie più vitali, mentre la montagna
ha registrato una battuta d’arresto,
legata anche al mediocre andamento
della stagione invernale. Nel medio
periodo (’90/’99), la montagna manifesta comunque una tendenza molto
positiva (+50%), di poco inferiore a
quella delle località collinari, sempre
più ambite – anche dagli stranieri –
per il revival della campagna e per
l’immagine del paesaggio culturale
italiano.
La Tab.2 illustra l’evoluzione dell’incidenza delle singole tipologie di località sul movimento turistico complessivo, mettendo in luce la reale
traiettoria seguita dalle diverse destinazioni, il cui peso varia in relazione a
quello delle altre.
Vediamo allora che le località di mare,
dopo la flessione registrata fra ’95 e
’97, si sono subito riportate sui livelli
del 1995, consolidando la netta supremazia sulle altre mete. Le città d’arte
seguono una traiettoria di lenta ma
continua ascesa, in contrapposizione
al declino delle località termali, mentre la montagna, dopo una fase di stagnazione e il forte incremento del
8
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
1992
18,0
10,6
5,6
32,8
5,2
3,2
5,3
19,3
100,0
1993
18,7
10,8
5,6
33,9
4,8
2,8
5,0
18,4
100,0
1994
18,4
10,9
5,7
33,9
4,6
3,2
5,3
18,0
100,0
1995
18,8
10,9
6,0
34,6
4,5
2,6
5,2
17,4
100,0
’96/’97, negli ultimi due anni entra in
declino.
Definizioni, peculiarità, fragilità
Che cosa si deve intendere per turismo montano? La risposta a un quesito in apparenza così ozioso sembra
scontata, e cioè: “il movimento turistico registrato nelle località di montagna”. Ma, come si è visto, nelle
statistiche ufficiali alcune stazioni
montane sono classificate tra i centri
termali e moltissime altre, non godendo del riconoscimento di “località di interesse turistico”, sono relegate nel mare magnum delle “altre
località”. Dunque, si deve procedere
in primo luogo alla delimitazione
della montagna alpina e appenninica e quindi allo studio del movimento turistico che si registra all’interno
del territorio in questione. Premesso
che non esiste una definizione della
montagna universalmente accettata,
date le incertezze esistenti sui comuni “di frangia”, sulle enclaves e sull’altitudine-soglia del capoluogo comunale, abbiamo individuato i
comuni montani – alpini, appenninici e delle Isole – in base a criteri
morfologico-demografici abbastanza
restrittivi, connessi con la quota del
capoluogo e delle frazioni e con quella massima del comune. Il limite Alpi-Appennini è stato posto lungo
l’asse Savona-Cadibona-Sella di
Montezemolo, attribuendo le Langhe agli Appennini, mentre quello
1996
18,9
12,7
6,4
33,8
4,8
3,3
n.d.
n.d.
100,0
1997
18,8
13,0
6,3
33,4
4,7
3,3
5,2
15,3
100,0
1998
18,8
12,8
6,2
34,2
4,7
3,3
4,9
15,1
100,0
1999
19,2
12,4
6,3
34,5
4,7
3,4
5,0
14,5
100,0
orientale alpino si colloca in corrispondenza della confluenza del Vipacco nell’Isonzo, escludendo il Carso. In base alla nostra delimitazione
(i cui criteri sono esposti in dettaglio
nelle note metodologiche), le Alpi
hanno una superficie di 46.900 kmq
e una popolazione (1998) di
3.770.000 abitanti, gli Appennini –
comprese le Isole – rispettivamente
77.200 kmq e 4.650.000 abitanti.
Una volta delimitata la montagna, occorre distinguere fra il movimento
turistico delle località propriamente
“montane” e quello delle località lacuali, termali e delle città d’arte. Si
tratta di un problema che non è stato
ancora risolto in modo chiaro e lineare, anche perché non è facile, come si
diceva, attribuire all’una o all’altra tipologia comuni turistici polivalenti:
Malcesine è certo una stazione lacuale, ma è collegata da una funivia all’incombente Monte Baldo (2.200 m),
che è un piccolo, panoramico centro
di sport invernali e di escursionismo
estivo; Merano offre alcune sorgenti
termali ed è centro artistico-culturale,
ma chi vi soggiorna, soprattutto in primavera e in autunno, lo fa per godere
delle sue condizioni climatiche e delle
opportunità offerte dal contesto montano nel quale è inserita e – d’inverno
– dal collegamento funiviario con la
stazione sciistica di Merano 2000. Anche in questo caso, dunque, è indispensabile fissare alcuni criteri operativi, esposti in dettaglio nelle note
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
metodologiche. Date le particolari caratteristiche del territorio, si considera
comunque interamente “montano” il
movimento turistico registrato in Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste, TrentinoAlto Adige/Südtirol e nelle province
di Sondrio e Belluno, anche se una
piccola parte delle presenze è legata al
turismo culturale e d’affari (Trento,
Bolzano, Feltre, Aosta) o lacuale (Riva del Garda, Torbole).
Il terzo passo è quello di risolvere le
difficoltà legate alla assenza di dati
disaggregati a livello comunale o
quanto meno per gruppi di comuni fisicamente omogenei: in molti casi, si
riescono infatti a ottenere solo informazioni relative a intere province
(es. Nuoro), magari con la distinzione fra capoluogo e qualche importante circoscrizione turistica (es. Salice
Terme per il Pavese, Luino per il Varesotto). Basti dire che solo le Province Autonome di Trento e Bolzano
(e di recente quella di Bologna) pubblicano regolarmente annuari turistici con dati su ricettività e presenze
disaggregati a livello comunale. Valle
d’Aosta-Vallée d’Aoste, Abruzzo (in
modo incompleto), alcune province
(es. Parma, Reggio, Forlì-Cesena, Pistoia) e qualche efficiente APT forniscono su richiesta dati comunali su
tabulato o li diffondono via internet
(Lucca). Per il resto, tutto è avvolto
nel mistero, per cui si rende necessario instaurare contatti diretti ed effettuare ricerche sul campo.
Last but not least, la questione della qualità dei dati, non di rado anche
di quelli alberghieri, per l’inveterata
abitudine di molti albergatori (non
solo italiani) a denunciare per motivi
fiscali un movimento inferiore a
quello reale. E’ evidente che in alcune località i dati si discostano dal vero ben più che in altre, ma per non
rinunciare al lavoro dovremo assumere come “uniformemente sottostimate”, dunque ininfluenti sulla valutazione di massima del movimento
turistico, le presenze ufficialmente
registrate negli esercizi alberghieri.
Quanto alla ricettività e alle presenze extra-alberghiere, da alcuni anni
Istat e Enit registrano solo il movimento negli appartamenti e nelle
camere in affitto iscritte al Registro
Esercenti il Commercio (R.E.C.),
onde evitare squilibri fra le stazioni
in grado di fornire valutazioni accurate e quelle che in pratica trascurano il fenomeno.
Resta il fatto che se ci atteniamo ai
dati ufficiali, ricettività e presenze
negli appartamenti sono di modestissima entità (Marche escluse),
costituendo dunque la punta di un
iceberg le cui reali dimensioni restano ignote, senza contare il fatto che
il movimento generato dalle secon-
de case resta comunque escluso da
ogni valutazione. Alcuni studiosi,
come Gismondi, si sono recentemente cimentati nell’ardua impresa
di stimare il movimento turistico
“non rilevato” nelle singole province, ottenendo buoni risultati. Qui
abbiamo tuttavia utilizzato i principi introdotti in un volume sulle
grandi stazioni delle Alpi italiane
(1994), perfezionati nel ‘97 e nel
2000, per i quali si rimanda alle note metodologiche.
In tal modo, si è potuto rilevare che
nella montagna alpina, a fronte di
350.000 letti alberghieri, se ne con-
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
9
IL TURISMO MONTANO IN ITALIA
Note metodologiche
È opportuno qui descrivere brevemente i principi utilizzati per la delimitazione del territorio montano, l’individuazione delle località di turismo montano e il significato di alcuni parametri. Si è preferito infatti
procedere a una propria delimitazione, anziché considerare sic et simpliciter il territorio delle singole Comunità Montane, perché in non pochi casi ciò avrebbe comportato situazioni assurde: a titolo di esempio, sono incluse in Comunità Montane Formia e Gaeta, Lucca (ma
non Pistoia), numerosi comuni costieri della Liguria di Ponente e addirittura Roma.
Premesso che il limite Alpi-Appennini è stato posto, come da tradizione,
lungo l’asse Savona-Cadibona-Ceva, nelle Alpi si considerano
montani i comuni il cui capoluogo è situato ad almeno 500 m
di altitudine. Nel caso di quote inferiori, si richiedono quote massime
piuttosto elevate del territorio comunale (fino a oltre 1.200 m), oppure
località abitate ad almeno 400 m di quota (500 m per i capoluoghi siti a
meno di 100 m). Date le particolari condizioni morfologico-climatiche,
le soglie si attenuano un po’ per la Liguria e il Monte Isola (Lago d’Iseo)
e praticamente si annullano per i comuni incastonati a guisa di enclave
nel territorio alpino, o facenti parte di strette protuberanze incuneate tra
comuni montani, o situati in valli e conche particolarmente anguste, così definite in base ad appositi parametri. Per quanto riguarda gli Appennini, fermo restando lo schema metodologico di base, si è elevata a
600 m per il settore settentrionale (a nord di Bocca Serriola), a 700 m
per quello centro-meridionale, la soglia minima altimetrica dei capoluoghi dei comuni considerati montani, e a 600 m la quota delle località
abitate più elevate, richiesta nel caso in cui la quota massima del territorio comunale non sia abbastanza elevata. Condizioni di ammissione più
severe sono previste per i comuni costieri e per le città pedemontane
con popolazione superiore a 25.000 ab., mentre i comuni con meno di
5.000 ab. nei quali si sfiorino, senza raggiungerle, le soglie altimetriche
del territorio municipale o delle località abitate in quota, sono conside-
tano tre milioni negli esercizi extraalberghieri, in gran parte costituiti
da seconde case e appartamenti in affitto, e in quella appenninica – Isole
comprese – rispettivamente 80.000
e 2.300.000.
Evoluzione del turismo montano. Il
turismo montano nasce all’inizio del
XIX secolo in Svizzera, anticipato
dalle suggestioni suscitate da alcuni
passi della Nouvelle Eloïse di Rousseau (1761) che celebrano le montagne e la popolazione del Vallese,
da sporadici soggiorni di “pionieri”
britannici a Grindelwald e dintorni
(1748-1771), da imprese alpinistiche
come la conquista del Monte Bianco
(1786). E’ un turismo di belvederi,
10
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
rati montani in presenza di un minimo di ricettività alberghiera (almeno
100 letti).
Quanto alla tipologia delle località turistiche, sono state considerate località di interesse storico-artistico i comuni con popolazione
≥10.000 abitanti segnalati come tali (sottolineatura o riquadro blu) nella
Carta turistica 1:400.000 del TCI, purché situati a meno di 800 m di quota, privi di collegamento funiviario con un bacino sciabile e dotati di almeno 500 letti alberghieri; località di affari-transito i comuni con popolazione
≥10.000 ab. e con le stesse caratteristiche dei precedenti, ma con minore
ricettività alberghiera e/o senza alcuna segnalazione nella carta del TCI;
località lacuali i comuni in riva a un lago con superficie ≥10 kmq; località
termali i comuni dotati di stabilimenti termali, purché tale funzione prevalga rispetto a quella di villeggiatura montana (fa testo la descrizione della
“guida rossa” del TCI); località montane i restanti comuni, compresi quelli con oltre 10.000 ab. segnalati come località di soggiorno (sottolineatura
o riquadro verde) nella Carta turistica 1:400.000 del TCI, o situati ad almeno 800 m di quota e dotati di almeno 500 letti alberghieri. In caso di località lacuali o città d’arte con importanti frazioni montane, la qualifica dipenderà dalla localizzazione prevalente degli esercizi ricettivi.
N. stanze per alloggio
n. < 2,74
2,75 < n. < 2,99
3 < n. < 3,49
3,5 < n. < 3,99
4 < n. < 4,49
4,5 < n. < 4,99
5 < n. < 5,99
n. ≥ 6
come quello celeberrimo del Rigi sopra Lucerna, di villaggi dai quali si
gode la vista di ghiacciai e di vette
che acquistano celebrità per le gesta
degli scalatori, di sorgenti termali e
di climatismo medico, promosso dal
medico tedesco Alexander Spengler
a Davos (1867). Nelle Alpi italiane
il turismo montano si sviluppa più
tardi, generalmente non prima del
1880-90 o all’inizio del Novecento, e
negli Appennini verso la fine del primo conflitto mondiale. Tra le rare
eccezioni ricordiamo Courmayeur,
che anche a prescindere dalle fonti
termali, sfruttate da antica data come del resto anche in altre località
alpine, era frequentata da una ristretta élite già attorno alla metà dell’Ot-
N. letti turistici
4,00
4,25
4,50
4,75
5,00
5,25
5,50
6,00
tocento, e Cortina d’Ampezzo, il cui
“decollo” risale agli anni 70 del sec.
XIX; ma Cortina, assieme ad altre località sudtirolesi sviluppatesi ben
prima della fine dell’Ottocento, come Ortisei, Merano, Gossensass
(“Colle Isarco”) e Sulden, apparteneva allora all’Austria. Sin dai primi
del Novecento, comunque, le più celebri stazioni alpinistiche diventano
ancor più famose località di villeggiatura estiva, nelle quali i turisti
amano godere il naturale scenario di
monti e la frescura estiva offerta da
questi luoghi insoliti, ove la popolazione mantiene antiche usanze. Lo
sci fa la sua comparsa a cavallo fra
Ottocento e Novecento, ma fino al
periodo fra le due guerre, quando si
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
Per quanto riguarda la stima della ricettività in seconde case
e appartamenti, è stata assunta una capacità minima teorica di 4 letti
per alloggio e una massima di 6 letti, calibrata sulla media comunale di
stanze nelle abitazioni “utilizzate per vacanza” rilevate all’ultimo censimento della popolazione, secondo la seguente progressione.
L’esistenza di comuni con una media di stanze uguale o superiore a 6 in
abitazioni utilizzate per vacanza, finora, si è rivelata solo teorica, e nella
stragrande maggioranza dei casi si oscilla fra 4 e 5 letti per alloggio.
Qualora l’entità delle abitazioni “utilizzate per vacanza” sia palesemente
sottostimata, o si intendano considerare anche gli appartamenti per ferie
disponibili per l’affitto, si sommano le abitazioni disponibili “né per la
vendita né per l’affitto” (che in linea di massima corrispondono alle seconde case) e quelle disponibili “solo per l’affitto” (per lo più appartamenti per ferie).Per la stima delle presenze, ci si è basati su un’accurata
ricerca condotta negli anni 80 su Bardonecchia, nella quale si stabiliva
che ciascun letto in seconda casa era in grado di generare 48 pernottamenti l’anno. Partendo da questo punto fermo, si è ponderato il numero
delle presenze/letto in base alle caratteristiche delle stazioni, applicando
empiricamente valori più bassi (fino a 36 presenze/ letto) per comuni di
fondovalle a frequentazione quasi esclusivamente estiva e per le località
– particolarmente numerose al Centro-Sud – in cui il turismo estivo si
configura piuttosto come flusso di ritorno degli emigrati, e valori più alti (fino a 56 presenze/letto) per grandi stazioni polivalenti di rango internazionale (Cortina d’Ampezzo).
I dati sulle presenze alberghiere sono stati forniti dalle singole APT o
dagli uffici statistici delle singole Province (es. Piemonte, Emilia-Romagna,
Toscana) o Regioni (es. Umbria, Abruzzo). In caso di totale indisponibilità
di dati disaggregati per le località montane (es. Nuoro e varie province degli Appennini meridionali, Varese, ecc.), le presenze sono state stimate, utilizzando prudenzialmente bassi valori di occupazione media per letto (da
45 a 70 giorni, a seconda del grado di turisticità dei comuni montani).
costruiscono le prime funivie e sciovie, non è in grado di generare apprezzabili flussi turistici.
Gli anni 60 segnano forse il “periodo
d’oro” del turismo montano, sia perché un crescente numero di famiglie
con figli prende l’abitudine di trascorrere d’estate, soprattutto ad agosto,
lunghi periodi di vacanza in montagna, anche in appartamenti affittati
per un mese intero, sia perché lo sci da
discesa diventa uno sport relativamente popolare e contribuisce in maniera
cospicua a consolidare la riuscita turistica delle stazioni.
Questa situazione si protrae grosso
modo fino alla metà degli anni 70, dopo di che inizia il declino della villeggiatura estiva e si avvertono i primi
Il “censimento” degli impianti di risalita in attività e della loro
portata oraria è stato effettuato presso gli U.S.T.I.F. (Ufficio Speciale
Trasporti Impianti Fissi) regionali o interregionali o presso uffici assimilabili della Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste e del Friuli, giacché solo la
Provincia Autonoma di Bolzano pubblica con cadenza annuale un apposito volume, e quella di Trento fornisce su richiesta un dettagliato
rapporto annuale. Si tratta di un’opera improba, che in qualche caso
(es. Lombardia, Piemonte) deve essere integrata con pubblicazioni turistiche provinciali o di singole APT, o con dati direttamente forniti
dalle Società funiviarie o altre fonti; ma questo è purtroppo l’unico modo di fare chiarezza su un settore di grande rilevanza per il turismo
montano. Le grandi stazioni di sport invernali sono state classificate in
base all’entità del “p/h/m”, indicatore ormai di largo impiego internazionale, dato dalla sommatoria del prodotto della portata oraria di ciascun impianto (esclusi quelli di puro arroccamento) per il dislivello
superato.
Infine, l’Indice di Turisticità Montana – ITM delle singole regioni
(Tab.6) è stato ricavato calcolando la media aritmetica dei valori standardizzati (e dunque resi “omogenei”) di alcuni indicatori considerati
significativi. A questo scopo, si calcola il valore della deviazione standard (o scarto quadratico medio) all’interno di una distribuzione di dati
e si ricavano quindi i valori z (cioè il numero di deviazioni standard dalla media) di ciascun dato dividendo per la deviazione standard la differenza fra i singoli dati e la media. Il valore standardizzato dell’indicatore dei letti extra-alberghieri è stato diviso per tre, per non attribuire
un’importanza eccessiva alle seconde case, che esercitano un ruolo invero molto variabile a seconda degli anni, delle stagioni e delle mode e
hanno ripercussioni sull’economia locale inferiori al peso esercitato sul
territorio. Pertanto, l’indicatore sintetico ITM non rispecchia rigorosamente la media dei valori standardizzati, in quanto uno di essi è stato in
via preliminare ridotto.
sintomi di crisi delle vacanze invernali legate allo sci, a causa della recessione economica, delle condizioni climatiche sfavorevoli di alcune annate, dei
prezzi tutt’altro che concorrenziali rispetto ad altre mete. Nella prima metà
degli anni 80 inizia un processo di rinnovamento degli impianti di risalita e
di perfezionamento (o creazione) di
collegamenti “sci ai piedi” fra bacini
sciabili contigui, attrezzando i punti
più critici con sistemi di innevamento
artificiale, in forte espansione sul finire della decade. Queste innovazioni
mettono fuori gioco una miriade di
stazioni medio-piccole, che non possono far fronte agli ingentissimi costi
richiesti da tali attrezzature, e mettono
in crisi anche qualche importante lo-
calità, che non può avvalersi dei finanziamenti di Regioni e Province
Autonome.
Inverni “caldi” e con poche precipitazioni si ripetono soprattutto nei
periodi 1980-81, 1988-1990 e 19971999 e si ripercuotono negativamente sull’intera annata, perché l’estate,
nelle stazioni medio-grandi, è ormai
largamente subordinata all’inverno e,
semmai, è da questo “trainata”, mentre nelle piccole località, ove riveste
ancora una certa importanza, contribuisce poco a rivitalizzane l’economia: una sola stagione, infatti, non
può essere sufficiente nel deserto di
uomini e di attività che ormai caratterizza una larga fetta delle Alpi occidentali, specialmente se il turista sogla RIVISTA del TURISMO 2/2002
11
IL TURISMO MONTANO IN ITALIA
giorna in una seconda casa e non in
alberghi o strutture gestite dalla popolazione locale.
Le difficoltà del prodotto-montagna,
intrinsecamente fragile, dipendono
dunque essenzialmente da tre fattori,
e cioè dagli alti costi rispetto alla
concorrenza di altre mete, dall’aumento della temperatura media combinato con la ricorrente scarsità di
precipitazioni nevose e da un appannamento di “immagine” nella stagione estiva. D’estate, la voglia di mare
sembra ormai generalizzata e inarrestabile e, nel caso di ulteriore disponibilità di giorni di ferie, si tenderà a privilegiare piuttosto un viaggio, spesso a
buon mercato, in mete esotiche a
sfondo marino o a un più dispendioso,
ma alla moda, giro per metropoli e capitali straniere, che non una vacanza
in montagna cui ormai si associa l’immagine di un’interminabile attesa –
ingannata da comode passeggiate in
prossimità del centro e in un contesto
12
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
di popolazione anziana o di famiglie
con bambini piccoli – del pranzo o
della cena in albergo. Se a questo quadro di fondo si aggiunge il possibile
susseguirsi di qualche giornata di pioggia, lo spettro di una noia mortale,
nell’immaginario collettivo, tende a
ingigantire…
Questa situazione di fondo non è priva di eccezioni: l’estate è ancora una
stagione ambita per una breve vacanza in località mondane, con un buon
quadro urbanistico e inserite in un
contesto paesaggistico di pregio (es.
Cortina) e in alcune stazioni dell’Alto Adige/Südtirol e del Trentino; ma
la difficoltà di salvare con una stagione estiva da “tutto esaurito” una invernale deludente per carenza di neve, resta.
D’inverno, la situazione cambia radicalmente, e, in presenza di buone
condizioni di innevamento, le Alpi,
assieme ad alcuni bacini sciabili dell’Appennino tosco-emiliano e abruz-
zese, diventano la principale meta
turistica del paese, scalfita solo a Pasqua dalle città d’arte, dai centri religiosi e dai viaggi internazionali. Ma i
prezzi sempre più alti degli skipass,
dell’abbigliamento sportivo, di materiali da sci che si deteriorano con
preoccupante rapidità, e naturalmente delle settimane bianche (per
gli week-end non c’è di solito disponibilità di camere d’albergo, anche
per l’attesa di prenotazioni più lunghe all’ultimo minuto) e degli appartamenti affittati per la stagione o per
le vacanze di Natale, pongono un
crescente numero di famiglie della
piccola e media borghesia dinanzi al
dubbio se perseverare in una vacanza
“di moda” finché si vuole, ma dispendiosa, incerta negli esiti per il riscaldamento del clima, che richiede
spesso lunghi trasferimenti in auto
nella stagione del ghiaccio e della
nebbia e può comportare rischi all’incolumità fisica, dato il grado di
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
affollamento delle piste nelle stazioni più famose e attrezzate. Il problema della scarsità di neve ha comunque un’importanza fondamentale nel
determinare la cattiva riuscita di una
stagione e a esso riescono a far fronte
– temperatura permettendo – solo
stazioni come il Kronplatz, Obereggen e poche altre, che riescono a innevare coi “cannoni” il 70-80% (o
più) delle piste; ma in talune località, oltre alle minori disponibilità finanziarie, si deve far fronte alla scarsa disponibilità di acqua, anche per il
forte emungimento dovuto alla notevole pressione della seconda casa (es.
Alta Val di Susa). Certo è che l’andamento del clima, allo stato attuale,
è poco prevedibile, e lasciano perplessi previsioni come quelle del
Centre d’Etudes de la Neige, che ha
stimato per il 2030 un incremento
medio della temperatura di 1,8 °C e
una diminuzione del 25% delle giornate con neve al suolo per le località
situate a 1.500 m di altitudine. Se la
finalità di tali dossier è infatti quella
di indurre a potenziare o a promuovere la realizzazione di nuove stazio-
ni ad alta quota, è bene dire con
chiarezza che non può esservi spazio
per simili interventi, e che questa
politica dei “non-luoghi” ha anzi
contribuito, alla lunga, ad appannare l’immagine della montagna.
Riconosciuta al clima tutta la sua
aleatorietà, insita del resto nel significato intrinseco del termine (`, in
greco, significa “inclinazione”), bisognerà intervenire dal lato dei costi, sia
nella stagione invernale, per evitare
brevi “fughe” verso mete esotiche o
città d’arte o semplicemente la rinuncia al prodotto pur in assenza di valide
alternative, sia in quella estiva, quando la concorrenza di altre mete sembra farsi talora insostenibile, a parte i
pochi giorni d’agosto o fine luglio in
cui si cerca un posto al fresco per sfuggire all’afa e all’ozono.
Ma è opportuno agire anche dal lato
dell’immagine, soprattutto per
quanto concerne il turismo estivo.
D’estate occorrono infrastrutture di
svago e sportive come piscine, campi da tennis e di golf, sentieri ben
curati, segnalati, con indicazioni
precise sui tempi per raggiungere
mete vicine, intermedie e lontane; e
ancora rifugi, posti tappa, percorsivita nei quali si illustrino le caratteristiche della vegetazione, della fauna, della cultura e della storia del
luogo, locali ove consumare spuntini semplici con prodotti genuini e a
prezzi ragionevoli. Occorre invogliare all’escursionismo, al trekking,
a giochi di società all’aperto che
consentano di intessere relazioni fra
giovani villeggianti, a un turismo
attivo, in contrapposizione al rassegnato far niente, alla piatta lettura
del giornale in un cantuccio al sole,
in attesa del pranzo. Vero è che il
turismo estivo in montagna è in
crisi anche laddove i sentieri sono
solitamente ben frequentati da
escursionisti, come in Francia, in
Svizzera o nelle Dolomiti, e che il
turista che si reca in montagna, d’estate, è relativamente anziano, il
che obbliga a ripensare il “paniere”
dei servizi offerti; ma proprio questa
considerazione dovrebbe indurre ad
attirare altre fasce d’età, promuovendo della vacanza estiva in montagna un’immagine più giovanile:
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
13
IL TURISMO MONTANO IN ITALIA
buona forma fisica favorita da un clima stimolante, varie opportunità di
svago con possibilità di intrecciare
amicizie (piscine coperte e scoperte,
palazzi del ghiaccio, piste estive per
slittino, caccie al tesoro organizzate,
pranzi in rifugi e chalets in quota a
prezzo scontato), nonché la raccolta
di timbri che attestino il raggiungimento di rifugi e posti-tappa, con
conseguenti agevolazioni per determinati servizi o piccoli premi. Nelle
Alpi centro-occidentali – a eccezione di Cogne e di pochissime altre località – l’escursionismo su sentieri
attende ancora di decollare e potrebbe produrre interessanti ricadute.
D’inverno, invece, ferma restando la
necessità di offrire infrastrutture sportive per chi non scia e meeting points
per il “dopo sci”, si potrebbe provvedere a una perfetta manutenzione di
sentieri segnalati, battuti e innevati,
adatti a lunghe e rilassanti passeggiate
nella natura da parte dei turisti “contemplativi”, percorribili anche con
slitte trainate da cavalli. Ma occorrerà
anche avere la massima cura per il
paesaggio, perché senza paesaggio non
14
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
può esservi turismo, quanto meno un
turismo duraturo e non effimero, che
si rivolga ai più ampi mercati e non alle mere esigenze di fine settimana della vicina metropoli.
Un turismo, dunque, nel segno della
sostenibilità ambientale, ben integrato con l’agricoltura di montagna, senza però trascurare l’ammodernamento
e la razionalizzazione delle infrastrutture per lo sci da discesa, poiché d’inverno i “percorsi-natura” o lo sci di
fondo non si sono rivelati ancora in
grado di generare, da soli, importanti
flussi turistici stanziali in esercizi ricettivi aperti al pubblico, ma solo
escursionismo di giornata o presenze
in seconde case e appartamenti affittati per lunghi periodi, che producono ricadute molto limitate sulla società montanara locale. Purtroppo, è
un dato di fatto che lo sviluppo di
un’edilizia scriteriata e di rapina, soprattutto negli anni 60 e 70 (ma non
solo), ha sfregiato il quadro urbanistico e la simbiosi architettonico-ambientale di molte stazioni, a cominciare da Cervinia per proseguire con
Bardonecchia, Sauze d’Oulx – cui la
Rivista del Touring le Vie d’Italia dedicò nel 1964 un celebre articolodossier, “Come si distrugge un centro
turistico” – Limone, Prato Nevoso,
Fòppolo, il Tonale, Folgàrida, Kurzras
in Val di Schnals, ecc., senza dimenticare stazioni minori (Sampeyre e
Pontechianale in Val Varaita, Cantoira nelle Valli di Lanzo, Barzio in
Valsàssina, Fòppolo) e Sestrières, sviluppatasi con architetture razionaliste già negli anni 30. Nell’impossibilità di radere al suolo le peggiori
brutture (ma a Val d’Isère è stato fatto...), si dovrà dedicare il massimo
sforzo per promuovere la rinascita
dell’immagine architettonico-ambientale delle località più provate e a
valorizzare con interventi di restauro
quelle che hanno mantenuto quasi
intatto il proprio carattere, tanto più
se si tratta di grandi stazioni invernali (ad es. Zoldo Alto e Ayas).
La stagione invernale 2001-2002 e la
successiva estate daranno un responso significativo sul ruolo della montagna nel prossimo futuro, data la caduta a picco, dopo i fatti dell’11
settembre, delle prenotazioni per
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
viaggi esotici e in generale per mete
raggiungibili in aereo. Certo è che la
mancanza pressoché assoluta di neve
naturale su tutto l’arco alpino a fine
gennaio, al di là del “tutto esaurito”
delle vacanze natalizie, ha un po’ raffreddato l’iniziale ottimismo. Il buon
innevamento delle località appenniniche consola in parte, dato che il loro contributo al totale delle presenze
alberghiere in montagna è pari solo al
12 percento.
Sostenibilità dello sviluppo turistico.
Secondo la Relazione della Commissione delle Nazioni Unite per l’Ambiente e lo Sviluppo (Rapporto Brundtland, 1987), “lo sviluppo è
sostenibile se soddisfa i bisogni delle
generazioni presenti senza compromettere per le generazioni future la
possibilità di soddisfare le proprie
esigenze”. Nello stesso Rapporto, la
World Commission on the Environment and Development ha poi così
adattato al turismo questa definizione di carattere generale: “Le attività
turistiche sono sostenibili quando si
sviluppano in modo tale da mantenersi vitali in un’area turistica per
un tempo illimitato, non alterano
l’ambiente (naturale, sociale e artistico) e non ostacolano o inibiscono
lo sviluppo di altre attività sociali ed
economiche”. Queste definizioni sono però ambigue: una delle aree più
“vitali” del turismo italiano è la Riviera romagnola, ma la pressione turistica è tale da aver superato ampiamente qualunque ragionevole
parametro di sostenibilità, sia dal
punto di vista urbanistico, che da
quello del traffico e della densità di
turisti per chilometro quadrato (o, se
vogliamo, per chilometro di spiaggia). Quanto al fatto che le attività
turistiche “sono sostenibili quando… non alterano l’ambiente”, tutti
sanno che qualunque tipo di sviluppo turistico altera l’ambiente, a me-
no che non si ritenga che le infrastrutture ricettive in montagna debbano limitarsi a qualche rifugio,
bivacco od ostello, e che venga bandito ogni impianto di risalita (ma lo
sci-alpinismo e lo sci fuori pista
nuocciono gravemente all’ambiente,
spaventando gli animali e rovinando
la cotica erbosa…).
Questa situazione di incertezza e di
scarso rigore scientifico ha portato
uno studioso attento e controcorrente
come Rémy Knafou ad affermare che
non è scientificamente provato che
l’eccesso di turismo provochi il declino del luogo turistico, e che al contrario proprio l’intensa frequentazione sia
una delle condizioni per una buona
riuscita turistica. Secondo il geografo
francese, l’idea di un turismo sostenibile, o durevole, si basa sul concetto di
“accettabilità”, che però è altamente
relativo, perché rimanda a un sistema
di valori che non è lo stesso per tutti i
gruppi e neppure per tutti gli individui
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
15
IL TURISMO MONTANO IN ITALIA
Tabella 3
Presenze complessive nella montagna italiana per Regione (Istat, 1999)
Regione
Piemonte
Valle d’Aosta
Lombardia
Liguria
Nord-Ovest
Veneto
Trentino-Alto Adige/Südtirol
Friuli-Venezia Giulia
Emilia-Romagna
Nord-Est
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Centro
Abruzzo
Calabria
Sicilia
Altre regioni del Sud e Isole
Sud e Isole
ITALIA
che li compongono: il turista vorrebbe
avere il luogo turistico a sua completa
disposizione, dimenticando che se così
fosse, il luogo non sarebbe “turistico”,
cioè non sarebbe né conosciuto né accessibile. Ora, riconosciuto a Knafou il
merito di aver sollevato il problema, in
contrasto col pensiero dominante, si
deve però riconoscere che, se si accettano le sue conclusioni “agnostiche”, si
finisce col dar libero sfogo a un completo laissez-faire economico e urbanistico, recando di fatto al paesaggio
danni irreparabili. Pur riconoscendo
l’impossibilità di stabilire in modo oggettivo la capacità di carico di un sito,
è lecito e opportuno individuare una
serie di parametri e calibrare delle soglie partendo da alcune realtà ben note
e inoppugnabili, per poi estenderle ad
aree più vaste. In una ricerca sulla “saturazione turistica” nel Ponente ligure,
ad esempio, si è giunti alla conclusione
che, tra le località a forte vocazione turistica, solo Noli rientra nelle condizioni di sostenibilità, mentre Borghet16
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
Italiani
378.400
1.830.200
1.204.400
20.200
3.433.200
2.982.300
13.960.900
685.900
707.600
18.336.700
619.600
733.000
133.200
1.485.800
711.900
69.000
34.300
815.200
24.070.800
Stranieri
188.300
585.100
509.700
500
1.283.600
562.300
11.622.600
311.100
53.700
12.549.700
249.100
72.900
12.900
334.900
37.900
6.200
12.100
56.200
14.224.500
to S. Spirito, Ceriale, Andora e Pietra
Ligure sono assai compromesse. Per
quanto riguarda le Alpi, un approfondimento sul case-study di Adelboden
ha permesso di desumere che la nota
stazione dell’Oberland Bernese, pur
“sforando” in un parametro la soglia di
saturazione, è riuscita finora a conciliare lo sviluppo turistico con un quadro
ambientale accettabile, grazie alla vitalità dell’agricoltura di montagna, a
un’urbanizzazione che ha limitato gli
aspetti esteticamente più criticabili al
centro urbano principale, e all’attaccamento della popolazione locale alle
tradizioni. Sembra dunque più opportuno mirare a soluzioni di compromesso, ma accettabili da larga parte della
popolazione, che non a “paradisi” che
tali sarebbero solo per una ricca e colta
élite cittadina, molto meno per la popolazione locale.
Dati regionali e stime del fatturato.
Come abbiamo visto, in base alle statistiche ufficiali il movimento turisti-
Totale
566.700
2.415.300
1.714.100
20.700
4.716.800
3.544.600
25.583.500
997.000
761.300
30.886.400
868.700
805.900
146.100
1.820.700
749.800
75.200
46.400
871.400
38.295.300
co (alberghiero ed extra-alberghiero)
nella montagna italiana è pari a 38,3
milioni di presenze annue, delle quali
il 63% è dovuto agli Italiani e la parte
restante agli stranieri (Tab.3). In questo contesto, è decisivo il ruolo del
Nord-Est e in particolare del Trentino-Alto Adige/Südtirol, che da solo
concentra il 67% delle presenze totali
(81 % l’intero Nord-Est).
Ma i dati ufficiali sottovalutano fortemente l’effettivo movimento registrato in Piemonte, in Liguria e nelle regioni dell’Italia centro-meridionale,
sia per la mancanza di principi rigorosi e uniformi alla base della ripartizione delle località per tipologie di interesse turistico, sia perché gran parte
delle presenze si registrano in strutture informali che sfuggono a ogni rilevamento: il Molise, che è regione
quasi tutta montuosa e conta una stazione estivo-invernale di un certo rilievo come Campitello risulta privo di
presenze turistiche in montagna, così
come la Sardegna, che conta almeno
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
in Aritzo un centro turistico attrezzato e con vari esercizi alberghieri e nei
limitrofi comuni del Gennargentu località in grado di generare apprezzabili flussi.
Le presenze del Piemonte, poi, risultano inferiori a quelle di Friuli, Toscana
e Umbria, nonostante la regione possieda nel comprensorio dell’Alta Val
di Susa uno dei poli turistici più importanti delle Alpi italiane, e conti
numerose stazioni medio-piccole, oltre a Limone che pure è di grosse dimensioni.
Per fornire un’immagine più realistica
del turismo montano italiano, è stata
dunque effettuata un’indagine capillare su ricettività e presenze alberghiere
ed extra-alberghiere ufficiali per singoli comuni e APT o enti assimilati,
provvedendo anche a stimare ricettività e presenze generate dal comparto
ricettivo sommerso, legato alle seconde case e agli appartamenti in affitto
(vedi note metodologiche).
Dalla nostra ricerca, risulta dunque
che la reale consistenza delle presenze extra-alberghiere nelle località montane delle Alpi è di oltre
120 milioni, a fronte di circa 38
milioni di presenze alberghiere) e
negli Appennini – comprese le Isole
– di circa 85 milioni, contro meno
di 6 milioni di presenze alberghiere.
Dunque, l’enorme sproporzione esistente fra Alpi e Appennini in fatto
di ricettività e presenze alberghiere,
si attenua alquanto nel comparto extra-alberghiero, per la massiccia presenza di seconde case in regioni come l’Emilia-Romagna, l’Abruzzo, la
Toscana e il Lazio.
Nella Tab. 4 si presenta un quadro del
turismo montano nelle singole regio-
ni, in relazione alla superficie e alla
popolazione del territorio qui classificato come montano. Vediamo dunque che le sole regioni in cui la montagna occupa più della metà della
superficie – a parte Valle d’AostaVallée d’Aoste e Trentino-Alto Adige/Südtirol – sono al Nord Liguria e
Piemonte, al Sud Abruzzo e Molise, e
che in generale il peso della popolazione montana sul totale regionale è
sensibilmente inferiore a quello del
territorio montano, Molise escluso. I
letti alberghieri rappresentano circa
il 24% del totale dell’offerta italiana,
con valori minimi in Puglia, Sardegna, Campania, Sicilia e Lazio (da
0,4% a 4,1%) e massimi in Basilicata,
Piemonte, Molise e Abruzzo, oltre
che ovviamente in Valle d’AostaVallée d’Aoste e Trentino-Alto Adige/Südtirol.
Tabella 4
Dati regionali sul turismo montano: i risultati della ricerca
Val d’Aosta
Piemonte
Liguria
Lombardia
Pr. Bolzano
Pr. Trento
Veneto
Friuli
Emilia
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
ITALIA
Kmq 1
%2
3264 100,0
12.997 51,2
3300 60,9
6610 27,7
7400 100,0
6207 100,0
6341 34,5
3832 48,8
6647 30,0
7871 34,2
4205 49,7
3886 40,1
4404 25,6
7329 67,9
2878 64,8
5567 40,9
1482
7,7
6321 63,3
6496 43,1
11.304 44,0
5765 23,9
124.106 41,2
Pop. 3
%2
119.993 100,0
869.304 20,3
165.770 10,2
1.070.493 11,9
459.687 100,0
469.887 100,0
621.250 13,8
133.746 11,3
241.665
6,1
473.792 13,0
282.243 33,9
172.396 11,8
281.794
5,4
407.071 31,9
202.061 61,4
414.824
7,2
85.428
2,1
363.900 59,9
576.589 27,9
839.572 16,5
170.491 10,3
8.421.956 14,6
Pl.alb. 4
22.902
25.752
4.252
26.000
145.196
94.355
26.762
7.040
16.979
13.835
3.575
4.448
5.095
14.000
1.890
3.330
205
4.505
3.950
3.100
2.660
429.831
%2
100,0
38,7
5,5
17,4
100,0
100,0
14,7
19,8
6,5
8,8
14,9
7,6
4,1
30,3
37,2
3,8
0,4
40,6
6,3
4,1
3,6
23,8
Pr.alb. 5
%2
2.414.906 100,0
1.185.000 23,8
185.000
1,5
2.900.000 15,5
18.558.601 100,0
10.165.974 100,0
2.770.000 10,7
623.934 16,9
960.000
3,4
700.000
3,3
360.000 14,4
320.000
5,5
335.000
1,8
1.507.359 35,6
120.000 32,0
180.000
1,3
11.000
0,3
280.000 41,5
220.000
5,1
170.000
1,6
140.000
2,2
44.106.774 20,2
Pr.ex.alb. 6
Imp. 7
P/h 8
8.475.000
182
177.886
35.510.000
336
275.612
8.378.000
5
3.300
32.500.000
298
290.022
6.700.000
392
444.345
16.981.480
267
312.674
16.909.000
321
263.520
4.500.000
70
58.704
16.000.000
78
69.860
11.680.000
64
44.117
2.235.000
3
1.700
4.350.000
40
25.444
10.320.000
45
32.025
14.000.000
104
97.000
2.200.000
9
6.717
3.500.000
6
3.638
810.000
0
0
2.450.000
12
8.345
5.500.000
15
11.000
7.500.000
7
3.200
600.000
1
700
208.098.480 2.256 2.101.189
1
Superficie (solo la parte montana); 2 Percentuale rispetto al totale regionale; 3 Popolazione (solo la parte montana, 1998); 4 Letti alberghieri (solo la parte montana);
Presenze alberghiere (solo la parte montana, 1999-2000); 6 Presenze extra-alberghiere (solo la parte montana, stima); 7 Numero degli impianti di risalita (1999-2000);
8
Portata oraria degli impianti di risalita.
5
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
17
IL TURISMO MONTANO IN ITALIA
Il peso delle presenze alberghiere
montane – circa 44 milioni – sul totale nazionale è generalmente inferiore a quello dei letti alberghieri, a
conferma del basso indice di utilizzazione dei letti (vero o presunto) che
tradizionalmente penalizza le località
montane: in effetti, se i dati di molte
stazioni non sembrano realistici e sono probabilmente frutto di registrazioni sommarie della clientela, è altrettanto vero che in parecchie
località minori gli esercizi restano semivuoti per lunghi periodi, per cui
occorrerà promuovere la montagna
anche al di là dei consueti periodi di
punta, facendo leva su vari fattori di
attrazione, non ultima l’opportunità
di trascorrere in autunno piacevoli
week-end nella natura, sopra la coltre
di smog che sempre più spesso affligge
le nostre maggiori città.
Infine, si può osservare che la netta
supremazia di Trento e Bolzano per le
presenze alberghiere scompare se si
considera anche il complesso del movimento extra-alberghiero, nel qual
18
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
caso emerge il ruolo di Piemonte e
Lombardia, che da sole concentrano
quasi 1/3 di tutte le presenze del settore. Negli Appennini, punte di diamante del turismo montano sono
l’Abruzzo, l’Emilia-Romagna e la Toscana, ove si registrano i 2/3 delle
presenze alberghiere e una quota ancora maggiore di quelle extra-alberghiere. Nel complesso delle strutture ricettive – formali e informali – le
località montane registrano comunque oltre 250 milioni di presenze, a
testimonianza del fatto che la montagna costituisce in realtà un elemento
di attrazione turistica forte, certo inferiore al mare ma largamente superiore alle città d’arte, che dispongono
di una ricettività extra-alberghiera limitata. Infine, è il caso di sottolineare che in quasi tutte le regioni la
maggior parte delle presenze si registra nel semestre estivo, mentre nelle
grandi stazioni prevale quasi sempre
quello invernale ed è in genere più
consistente l’incidenza dei turisti
stranieri.
Da questa regola si discostano la Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste e le subregioni montane della Valtellina e
del Bellunese, in cui per la ridotta
superficie territoriale (circa 3.200
kmq) aumenta il peso delle grandi
stazioni, tutte a forte componente
invernale. A questo proposito, può
essere utile fornire qualche dato: in
Alto Adige/Südtirol, nel 1999 le
presenze alberghiere registrate da
maggio a ottobre hanno rappresentato il 61% del totale e nel Trentino il
58%, ma nel Bellunese il 49,5%, in
Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste il 42%
(1996) e in Valtellina appena il
39%. Tra le grandi stazioni montane
in cui le presenze del semestre estivo
prevalgono su quello invernale, ricordiamo solo Castelrotto (56%),
che è anche una delle pochissime località in cui negli ultimi anni la stagione estiva ha mostrato un certo dinamismo.
Per il resto, le presenze estive rappresentano in genere dal 30% al 40% del
totale delle presenze alberghiere, con
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
minimi in stazioni “ski-total” come
Cervinia (19%) o Sestrières (meno
del 10%).
Proponiamo infine alcune stime del
valore economico prodotto dal turismo montano in Italia, partendo dai
risultati fin qui ottenuti dalla ricerca
relativi ai flussi. I dati reali sul fenomeno turistico montano hanno permesso di stimare il fatturato diretto
attuale del turismo montano in circa 8,5 miliardi di euro (3,1 per il
turismo montano estivo e 5,4 per
quello invernale), pari all’11,8%
dei 72,2 miliardi di euro (139.800
miliardi di lire) del fatturato turistico in Italia.
In primo luogo si è valutato il peso
delle presenze alberghiere e extra-alberghiere durante la stagione estiva
(60% sul totale) e invernale (40%):
tale analisi si è rivelata necessaria
perché a seconda della stagione cambia considerevolmente la spesa media giornaliera del turista. In inverno, infatti, sulla spesa turistica
incidono fortemente le attrezzature
sportive e il costo dei servizi connessi alla pratica dello sci.
L’altra variabile decisiva, che si incrocia con la precedente, è costituita dalla tipologia di struttura ricettiva scelta dal turista: la spesa
media pro capite, infatti, varia a seconda che si soggiorni in albergo o
in esercizi extralberghieri. L’esigenza di tale differenziazione è confermata anche dall’ampia diffusione
delle seconde case di proprietà nelle aree alpine e appenniniche che
contribuiscono a ridurre notevolmente il costo complessivo della
vacanza.
Infine, si è quantificata la spesa media dei turisti durante il loro soggiorno, tenendo conto delle variabili sopra espresse che incidono sulla
definizione della cifra. Come si può
vedere in Tabella 5 esiste una differenziazione tanto in relazione alla
stagione dell’anno quanto alla tipologia di struttura ricettiva. In quest’ultimo caso la spesa pro capite è
stata ridotta a un terzo, coerente-
mente con quanto avvenuto ponderando il peso del numero di letti extra-alberghieri nell’indice di turisticità montana.
In conclusione si può facilmente
verificare che, nonostante le presenze estive pesino sul totale più di quelle invernali, il fatturato derivante
dalle prime è di molto inferiore a
quello generato dal turismo montano
invernale.
Un indice di turisticità montana
I risultati di sintesi della ricerca, al
di là delle singole realtà e delle diverse problematiche relative ai
contesti locali, possono essere riassunti con una certa efficacia dall’elaborazione di un indice di turisticità montano (ITM) delle singole
regioni, equivalente alla media aritmetica dei valori standardizzati
di cinque indicatori ritenuti significativi. Questo indice tenta di rispecchiare, attraverso l’analisi di
parametri differenti, il peso socioeconomico e la capacità attrattiva
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
19
IL TURISMO MONTANO IN ITALIA
del turismo montano nelle diverse
regioni italiane, senza tuttavia dare
giudizi sulla qualità dell’offerta locale (Tab. 6):
1. Ricettività alberghiera;
2. Ricettività extra-alberghiera;
3. Presenze alberghiere su superficie
regionale;
4. Totale Presenze su popolazione regionale;
5. Portata oraria degli impianti di risalita.
Gli indicatori sono calibrati in modo da temperare i valori assoluti di
capacità e flusso turistico (ricettività alberghiera ed extra-alberghie-
ra) comunque importanti perché
esprimono il peso effettivo della regione sul mercato turistico, con valori relativi (presenze alberghiere e
complessive in rapporto alla popolazione e alla superficie), che mostrano il ruolo del turismo nell’economia e nella società locale. L’altro
Tabella 5
Una stima del fatturato diretto del turismo montano in Italia
Totali
Extralberghiero 208.098.480
Alberghiero
44.106.774
252.205.254
PRESENZE
Estive
(60%)
124.859.088
26.464.064
151.323.152
Invernali
(40%)
83.239.392
17.642.710
100.882.102
Spesa
media
estate (€)
15
45
FATTURATO (€)
Spesa
media
Fatturato
Fatturato
Totale
inverno (€)
estate
inverno
40
1.872.886.320 3.329.575.680 5.202.462.000
120
1.190.882.898 2.117.125.152 3.308.008.050
3.063.769.218 5.446.700.832 8.510.470.050
Tabella 6
Indice di Turisticità Montana delle regioni italiane – ITM (valori standardizzati)
REGIONI
Alto Adige/Südtirol
Trentino
Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste
Lombardia
Veneto
Piemonte
Emilia-Romagna
Abruzzo
Friuli
Lazio
Toscana
Liguria
Marche
Calabria
Sicilia
Molise
Umbria
Campania
Basilicata
Puglia
Sardegna
1
Posti letto
alberghieri
3,64
2,15
0,07
0,16
0,18
0,15
-0,10
-0,18
-0,38
-0,44
-0,20
-0,47
-0,47
-0,47
-0,50
-0,53
-0,49
-0,49
-0,46
-0,58
-0,52
Posti letto
Presenze alb.
extralberghieri 1
/Kmq
-0,20
3,57
0,29
1,65
-0,07
1,52
0,79
-0,27
0,23
-0,09
0,91
-0,41
0,24
-0,14
0,13
-0,17
-0,20
-0,04
0,01
-0,43
0,06
-0,40
-0,05
-0,44
-0,19
-0,36
-0,15
-0,51
-0,06
-0,53
-0,28
-0,49
-0,28
-0,42
-0,23
-0,51
-0,27
-0,47
-0,33
-0,54
-0,33
-0,47
1/3 dei valori standardizzati; 2 Presenze alberghiere più 1/3 di quelle extra-alberghiere
Legenda: ITM = media aritmetica dei cinque indicatori standardizzati
Totale presenze/kmq = Presenze totali/superficie montana
P/h/kmq = Persone/ora/superficie montana
20
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
Presenze tot.
/Residenti2
2,50
2,16
0,94
1,55
0,58
0,16
0,09
-0,04
-0,33
-0,02
-0,36
0,03
-0,52
-0,72
-0,82
-0,75
-0,79
-0,82
-0,90
-0,88
-1,04
P/h/kmq
ITM
2,16
1,68
1,89
1,46
1,25
0,31
-0,28
-0,15
-0,08
-0,44
-0,52
-0,75
-0,42
-0,72
-0,79
-0,69
-0,78
-0,77
-0,74
-0,80
-0,79
2,33
1,59
0,87
0,74
0,43
0,22
-0,04
-0,08
-0,21
-0,26
-0,28
-0,34
-0,39
-0,51
-0,54
-0,55
-0,55
-0,56
-0,57
-0,63
-0,63
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
indicatore è la portata oraria degli
impianti di risalita.
La standardizzazione dei dati offre il
vantaggio di sommare grandezze non
omogenee e di ricavare dunque un indicatore sintetico (ITM), in base al
quale le singole regioni sono ordinate
per grado di “turisticità” montana.
La Tab. 6 fornisce dunque una conferma scientifica del ruolo fondamentale che nel turismo montano
esercitano il Trentino e soprattutto
l’Alto Adige/Südtirol, il quale presenta deviazioni standard fortemente
superiori alla media in tutti gli indicatori, eccettuato quello della ricettività extra-alberghiera, il che, tutto
sommato, è da considerare un fatto
positivo. Ma la classifica presentata
nella tabella mette anche in evidenza realtà che gli strumenti di analisi
abitualmente usati pongono in secondo piano: terza forza del turismo
montano – a notevole distanza dal
Trentino –, infatti, è la Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste che supera di misura la Lombardia per l’elevato rapporto tra presenze alberghiere e
popolazione residente. Alla Lombardia, che non riesce a compensare il
gap nel rapporto presenze alberghiere/residenti con la grande offerta di
ricettività extra-alberghiera (per la
scelta di considerare il relativo indice per 1/3 del suo valore), segue a distanza il Veneto, polarizzato su poche
località-chiave delle Dolomiti, e
quindi il Piemonte, il cui esteso territorio montano presenta per altro notevoli margini di sviluppo, purché si
riesca a intervenire su alcuni fattori
di debolezza (scarsa ricettività alberghiera, bassa diffusione di una cultura dell’accoglienza, parco impianti
invecchiato).
Non deve invece sorprendere che
Emilia-Romagna e Abruzzo si configurano come le realtà di gran lunga
più importanti degli Appennini, anche se il ruolo di centrale importanza
svolto dall’Abruzzo nel contesto dell’Italia centro-meridionale dovrebbe
indurre a una maggior cura della promozione e dell’accoglienza. Nella fascia intermedia – e non potrebbe es-
sere altrimenti – si collocano regioni
come Friuli, Toscana, Lazio e Marche, ove il turismo montano presenta margini di espansione, nonché la
Liguria, che potrebbe trarre giovamento dalla valorizzazione della sua
porzione schiettamente alpina, a
ovest di Nava, e della Val d’Aveto,
nell’entroterra chiavarese. Tra le regioni del Sud, quelle con maggiori
potenzialità di sviluppo, oltre alla
Calabria, sembrano la Sicilia (Etna
soprattutto, e Madonìe) e la Basilicata, mentre in Campania la valorizzazione del Terminio-Cervialto stenta a decollare.
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
21
IL TURISMO MONTANO IN ITALIA
I punteggi più bassi – come era largamente atteso – si registrano in Sardegna e Puglia: in effetti, se è vero che
in Puglia qualcosa si sta muovendo
per valorizzare il Subappennino Dauno, non è pensabile che queste iniziative – sicuramente importanti a
livello locale – possano avere riper-
cussioni sensibili sul ruolo della regione nel turismo montano nazionale; viceversa, il Gennargentu e i rilievi limitrofi potrebbero essere
“venduti” al turista come unico modo di “scoprire” la vera Sardegna e
come luoghi adatti a escursioni-avventura in paesaggi di sorprendente e
angosciosa bellezza, anche nel contesto di una vacanza a prevalente sfondo balneare, purché ci si impegni in
una capillare promozione del territorio, anche tramite l’apertura di uffici
turistici locali, punti di riferimento
indispensabili per un approccio non
casuale al territorio.a
Alcune proposte per rilanciare la destinazione montagna
• Valorizzare la qualità del paesaggio e l’immagine delle stazioni
Il turismo montano, dunque, presenta alcuni elementi di criticità che abmontane, attraverso interventi di riqualificazione urbanistica delle lobiamo individuato nella prima parte del presente lavoro. Una situazione
calità più compromesse, la manutenzione dei sentieri (segnaletica,
certamente non grave, ma che richiede qualche attenzione e alcune ritempi di percorrenza, quadri di orientamento, posti-tappa, ecc.), la
flessioni. Difficile infatti proporre una ricetta unica ed efficace per rendesistematica rimozione dei rifiuti dai boschi e dai pendii attraversati
re la montagna un prodotto turistico più competitivo d’estate, e meno ledalle piste da sci;
gato a condizioni di innevamento quanto mai aleatorie d’inverno; anche
• Incentivare il recupero dell’agricoltura di montagna e promuoperché le attuali difficoltà sono prodotte da una serie di concause, nesverne l’integrazione con il turismo, sia per quanto riguarda la ricettisuna delle quali – in sé – probabilmente è determinante.
vità (agriturismo), sia per la fornitura di prodotti genuini al turista e
Il problema di fondo consiste nel conciliare il rispetto del paesaggio e delad alberghi e ristoratori locali;
la natura – senza cui la montagna perde gran parte della propria capacità
• Rendere d’inverno le stazioni appetibili anche a chi non scia,
attrattive – con la necessità di assicurare infrastrutture moderne, sicure ed
sia con strutture sportive diversificate di qualità (es. stadi del ghiacefficienti per lo sci alpino, attività che esercita un ruolo determinante per
cio e piscine coperte), sia con la sistemazione di percorsi pedonali
“trainare” l’intero turismo montano, e occasioni di svago per la stagione
innevati e battuti, attrezzati con panchine, eventualmente percorribili
estiva, la cui immagine si è progressivamente deteriorata. Tuttavia, è neanche con slitte a cavalli;
cessario anche praticare una politica dei prezzi che renda la montagna una
• Incrementare l’offerta di ricettività, favorendo lo sviluppo di picmeta interessante rispetto alle altre destinazioni/prodotti (mare, paesi esocole e medie aziende a conduzione familiare, sia alberghiere, sia extici) che a parità di costo sono tendenzialmente privilegiate dal turista.
tra-alberghiere low price (bed & breakfast, ostelli e case per ferie
Vediamo dunque di riassumere i punti sui quali crediamo opportuno si
“multiuso” sul tipo degli “alloggi collettivi” svizzeri, appartamenti in
debba intervenire, pur a differenti livelli (normativo, gestionale, di proaffitto per brevi periodi, ecc.), sufficientemente duttili da adattarsi aldotto), per garantire un futuro sostenibile dal punto di vista ambientale e
la variegata e variabile domanda dei turisti, anche se limitata al solo
socioeconomico ai territori montani interessati dal, e al, turismo:
week-end;
• Proseguire il lavoro avviato in Italia per una classificazione nuova
• Promuovere il prodotto montagna in modo coordinato e sinergico
dei territori montani e ciò in accordo con l’Unione europea
fra i soggetti interessati e competenti, istituzionali e privati, magari in
che ha in corso un’analoga iniziativa. Questa è la premessa indispenuna logica di marchi o diper
macrodestinazioni
(es. Nord-Ovest,
sabile per una arancioni
nuova “legge sullamarchio
montagna” in Italia
e per una poli-turistico-ambientale
Bandiere
di qualità
l’entroterra
Nord-Est, Appennini settentrionali, Appennini centro-meridionali) o
tica europea in favore della montagna nel quadro soprattutto della
ancheLe
di macroaree
“vendita” delle
Alpidiinvalutazione
una crescente
logica
transfrontaliera.
nuova Politica
di Coesione;
nazione.
oggetto
sono
l’informazione
e acIntervento
di Marco
L. Girolami - Centro Studi TCI
Questo ianche
informative
dedicate,
localizzate
nei
• Definire, nelle politiche nazionali, europee e regionali, misure di socoglienza,
serviziattraverso
ricettivi estrutture
complementari,
i fattori
di attrazione
turististegno per
il turismo
montano,
immaginando
regole per
diffeLa bandiera
arancione
è un marchio
di qualità
turisticoanche
ambientale
le
ca. principali centri urbani nazionali e nelle capitali nord-europee vicine
ai grandi bacinivengono
di domanda;
renziate
rispetto alleuno
rigidità
della politica
di concorrenza,
tenga
località
dell’entroterra,
strumento
per la valorizzazione
delche
territorio
Successivamente
effettuate verifiche periodiche per il manteni•
Promuovere
– con
offerte
speciali dello
e pacchetti
a teappunto delle
particolarità
del comparto
turistico.
e laconto
comunicazione
ai mercati.
Destinatari
del marchio
sono iCentrale
comuni,rile
mento
del marchio
o per
l’assegnazione
stesso a integrati
seguito dell’apma (scuole
di cucina,
corsi di vario genere – la frequentazione della
sulta il ruolo
del sistema
degli impianti
a fune
e dei
sistemi di del
impianassociazioni
di comuni,
i sistemi
territoriali
mentre
i promotori
proplicazione
del piano
di miglioramento.
montagna
nella stagione
solitamente
menoarancione
desideratasono:
(ottobre
e noti dicon
risalita,
auspicando
che per
l’imprenditoria
siano
previste condigetto
il Touring
Club Italiano
sono
gli enti locali,
gli assessorati
e le
I Comuni
attualmente
certificati
con bandiera
Sassello
vembre),
ai fine
settimana,
come
valvola di(CS),
sfozioni nelle
regioni a statuto ordinario analoghe a quelle previste dalle
(SV),
Santo anche
Stefanolimitatamente
d’Aveto (GE),
Dolceacqua
(IM),
Altomonte
comunità
montane.
go dal
crescente
delle nostre(AP).
città La
e delle
fasce costiecomunque,
un maggior coinvolgiGenga
(AN),
Sarnanoinquinamento
(MC) e Monterubbiano
certificazione
è in
Gli autonomie
obiettivi: lospeciali,
sviluppoauspicando,
economico-sociale,
la valorizzazione
delle rire sempre
più urbanizzate;
mento
nellosistema
di finanziamento
operatori
locali;
sorse
locali,
sviluppo
sostenibile deidegli
sistemi
turisticieconomici
e la crescita
delcorso
nella provincia
di Modena e in altri territori italiani.
•
Migliorare lasirete
uffici turistici locali,
conl’analisi
il coordina•
Costruireturistica.
un’immagine positiva, giovane e attiva, del turismo
L’assegnazione
basadisull’autocandidatura
dei anche
comuni,
delle
l’economia
mentol’attribuzione
dei siti web di
giàunesistenti,
in grado
fornire sul posto
o attramontano estivo,
lavorando
sui prodotti e promuovendo
quindi escurlocalità,
punteggio
finale edil’assegnazione
della
banL’assegnazione
si basa
sull’autocandidatura
dei comuni, l’analisi
delle
verso
Interneto informazioni
dettagliate sui vari aspetti del territorio e
sionismo,
attività sportive
leggere (piscine
all’aperto eventualmente
località,
l’attribuzione
di un punteggio
finale e l’assegnazione
della bandiera
arancione
del piano miglioramento.
della cultura silocale,
sulla percorribilità didei
strade
e mulattiere,
riscaldate,
strutture artificiali, pattinaggio su ghiaccio
L’assegnazione
basa sull’autocandidatura
comuni,
l’analisi sulle
delle
diera
arancionebob/slittino
o del pianosumiglioramento.
condizioni
meteorologiche
e di distribuire
pubblicazioni di
qualità,
al coperto),
spettacoli
all’aperto
e animazione
che favoriscano
la colocalità,
l’attribuzione
di un punteggio
finale e l’assegnazione
della
banLa fase
di valutazione
simula
l’esperienza
del visitatore
e il suo percorso
carte
topografiche
e dei sentieri.
noscenza turistico
tra i turisti,
specialmente
quelli giovani;
di consumo
dalla
ricerca di informazioni
alla visita nella destidiera
arancione
o del piano
miglioramento.
22
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
SECONDA PARTE
Un’analisi regionale
La seconda parte del Rapporto approfondisce la componente turistica montana di
ogni regione, analizzando alcuni parametri chiave per comprenderne potenzialità
e performance. I dati sulle presenze reali sono stati stimati sulla base di
informazioni raccolte in loco presso attori rilevanti dell’offerta turistica locale,
pubblica e privata. Per ulteriori informazioni sugli aspetti più tecnici della ricerca
si rimanda alle note metodologiche presentate nelle pagine precedenti
VALLE D’AOSTA/VALLEE D’AOSTE
Caratteristiche del territorio
La più piccola tra le regioni italiane (3.260 kmq) è
da considerarsi totalmente montana e turistica,
poiché la stessa Valle centrale, solcata dalla Dora
Baltea, conta nel tratto inferiore – da Aosta (583
m) a Pont St. Martin (345 m) – località adatte al
soggiorno estivo e autunnale. L’aspetto del fondovalle della Dora Baltea, tuttavia, è severo, rinserrato com’è tra scuri roccioni, estrema propaggine di
montagne la cui altitudine supera di regola i 3.000
m. Fanno eccezione la conca di Aosta, aperta a
nord verso la Valle del Gran S. Bernardo, e il bacino di Courmayeur, ai piedi del Bianco. La struttura
oro-idrografica della regione è abbastanza semplice,
con la valle centrale nella quale confluiscono a
pettine, da nord, le valli che nascono dallo spartiacque delle Alpi Pennine o Vallesane, e cioè
quella del Gran S. Bernardo, la Valpelline, la Valtournenche, le Valli d’Ayas e di Gressoney, da sud
quelle che si diramano dallo spartiacque con la Val
d’Isère e dal gruppo del Gran Paradiso (Grisenche,
Rhêmes, Savarenche, Cogne, Champorcher e altre
minori, non risalite da strada carrozzabile). A Pré
1
St. Didier, la valle della Dora si biforca: a nord-ovest il ramo principale, che scaturisce dal Massiccio
del Bianco (Val Veny e Val Ferret), a sud-ovest la
Dora della Thuile, che nasce dal Piccolo S. Bernardo, l’unico valico carrozzabile che metta in comunicazione, d’estate, la Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste
con la Francia (Bourg St. Maurice). La Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste conta 13 cime principali con altitudine superiore a 4.000 m, tutte situate nel Massiccio del Bianco e nelle Pennine a eccezione del
Gran Paradiso. La copertura glaciale è notevole
(circa 160 kmq), nonostante il forte ritiro degli ultimi decenni, e numerosi i ghiacciai estesi e imponenti, dal Lys e dal Verra nel gruppo del Rosa, alla
Tribolazione (Gran Paradiso), al Rutor, al Miage e
alla Brenva (Bianco). Il clima è in genere asciutto e
salubre, soprattutto nelle valli alla sinistra della
Dora, e le precipitazioni non molto abbondanti, generalmente inferiori a 1.000 mm (meno di 500 mm
a St. Marcel, fra Aosta e St. Vincent, in condizioni
di semi-aridità). L’idea diffusa di un territorio scarsamente popolato è smentita in modo clamoroso
dalla sezione della valle centrale fra St. Pierre, al
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
23
UN’ANALISI REGIONALE
margine occidentale dell’agglomerato aostano, e
Châtillon-St. Vincent: qui risiedono oltre 71.000
abitanti, cioè il 60% della popolazione regionale su
una superficie pari a 1/6, con una densità di 140
ab/kmq. A parte Aosta (oltre 35.000 ab.) col comune-sobborgo di St. Cristophe e Courmayeur
(3.000), non vi sono altri centri con funzioni urbane, anche se St. Vincent, Châtillon (4.800 ab. ciascuno) e Pont St. Martin (3.800) si avvicinano alquanto alla soglia.
Risorse e pianificazione territoriale
La Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste è legata a doppio
filo al turismo montano, anche se non mancano risorse culturali e altre fonti di attrazione (termalismo, turismo ludico). Aosta possiede in effetti un
pregevole centro storico con importanti vestigia romane e medioevali, ma le presenze alberghiere che
registra – oltre 230.000 – non sono dovute alla visita della città in sé e per sé, ma a motivi di lavoro-affari, al transito di turisti da e per l’estero e al suo
24
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
ruolo di carrefour, che consente di abbinare la visita
del centro storico a escursioni in giornata a Cogne
o al Gran San Bernardo. E’ da tener presente, d’inverno, l’esistenza di un collegamento funiviario con
la stazione di Pila (1.800 m), in grado di attirare turisti che non sanno fare a meno della vita di città.
Altre vestigia dell’antichità sono presenti a Donnas
(strada consolare romana) e Pont St. Martin (ponte romano), ma le prime si trovano in un sito angusto e a intenso traffico locale, il secondo attira al
massimo uno sguardo o qualche foto da parte di turisti diretti a Gressoney. St. Vincent è una stazione
polivalente di bassa montagna (575 m), con clima
mite per l’esposizione a sud e la protezione del retrostante Monte Zerbion, le terme, il Casino (largamente frequentato da “pendolari” torinesi) e il
Grand Hotel Billia, nota sede di congressi e manifestazioni varie; ma la maggior parte dei 3.000 letti in
seconde case si devono alla posizione strategica della cittadina, a quaranta minuti dalle piste di Cervinia e a un quarto d’ora dai prati e boschi del Col de
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
Joux (1.600 m). Altre risorse culturali della regione
sono i numerosi villaggi a struttura medievale ben
conservata, i ru – antichi canali di irrigazione derivati da torrenti montani – le miniere abbandonate
di Cogne coi loro lunghi percorsi in galleria, fenomeni naturali come le piramidi di erosione di St.
Nicolas e Vetan. Il turismo montano, però, è la vera risorsa della regione, e non potrebbe essere diversamente. La Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste, come si
diceva, è largamente interessata da fenomeni glaciali, e questi esercitano un indubbio fascino nella
stagione estiva. La vista del Ghiacciaio del Rutor
dal rif. Deffeyes (La Thuile), o di quelli del Gran
Paradiso dal rif. Vittorio Emanuele sono ormai dei
must per gli appassionati di escursionismo e
trekking; ma esistono ampie opportunità anche per
semplici gitanti e per chi non sa staccarsi troppo
dall’automobile, poiché i seracchi della Brenva in
Val Veny o la vista del Ghiacciaio della Tribolazione da Valnontey sono anche alla portata dei più pigri. Le maggiori attrattive turistiche e il maggior
numero di presenze si registrano a Courmayeur e
nelle valli alla sinistra orografica della Dora (Valtournenche, Ayas, Gressoney), mentre le valli di
destra, esposte a nord, hanno avuto un minore sviluppo turistico, a parte Cogne. In effetti, l’idillica
Val di Rhêmes, contraddistinta dalla singolare e inquietante bellezza della Granta Parei, o la Valsavarenche con lo scenografico pianoro di Pont (1.900
m), sono rinserrate fra altissime pareti che proiettano ampi coni d’ombra, e un po’ troppo solitarie per
invogliare, d’estate, a soggiorni prolungati, mentre
d’inverno sono quasi deserte, non offrendo suffi-
ciente soleggiamento e apprezzabili opportunità per
lo sci alpino. La stessa Val di Cogne è alquanto cupa e angusta, prima di aprirsi un po’ nella conca
ove, al margine del celebre Prato di Sant’Orso, si situa l’omonima stazione, che ha ricevuto grandi benefici e un’immagine di marca dalla presenza del
Parco nazionale. La Valtournenche e ancor più
quelle di Gressoney e d’Ayas, invece, superata la
forra iniziale, presentano scenari montani ridenti
punteggiati di villaggi pittoreschi, e alla testata non
solo offrono alla vista impressionanti ghiacciai, ma
dispongono anche di vasti bacini sciabili intervallivi. Il comune di Ayas, in particolare, ha nel pianoro
di Periasc uno dei siti più belli delle Alpi occidentali, e si compone di numerose frazioni che hanno
conservato intatta l’unità architettonico-ambientale di un tempo, con largo uso del legno, che già rivela tracce del popolamento walser. Queste, com’è
noto, sono ben più importanti nell’alta Valle di
Gressoney, molto pittoresca ma meno aperta della
Val d’Ayas. La Valtournenche si fregia del marchio
della montagna-regina della Valle d’Aosta-Vallée
d’Aoste, il Cervino e delle piste forse più ampie, comode e panoramiche delle Alpi occidentali, che attirano turisti da ogni parte d’Italia e dall’estero, anche se la massiccia urbanizzazione del Breuil ha
deteriorato l’immagine del paesaggio. Il villaggio di
Chamois, in Valtournenche (1.800 m), è l’unico
comune italiano accessibile solo per funivia, sull’esempio di famose stazioni svizzere e austriache (i residenti possono però usufruire di un tronco di strada
sterrata per La Magdeleine). Un certo impulso turistico estivo-invernale ha ricevuto a partire dagli an-
Tabella 1.1
Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale
Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998
Popolazione nel territorio montano. Anno 1998
Letti alberghieri. Anno 2000
Letti extra-alberghieri (stima, inclusi appartamenti e seconde case)
Presenze alberghiere. Anni 1999-2000
Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case)
Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓)
1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante)
2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq)
3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%)
Numero impianti di risalita
Portata degli impianti (persone/ora)
Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq)
3.264
119.993
22.902 (99)
203.000
2.414.906
8.475.000
↓
20,2
739,9
3.338
36.801
11,3
182
177.886
54,5
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
25
UN’ANALISI REGIONALE
Tabella 1.2
Principali stazioni montane (in base a presenze alberghiere e complessive, 1999)
Comune
Pres.alb.
% str.
Valtournenche
397.821
45,7
Courmayeur
377.321
32,3
Aosta
225.951
35,9
Gressan-Pila
203.454
15,4
La Thuile
186.892
29,1
Saint Vincent
165.058
7,4
Gressoney (Trin. e St.J)
156.806
26,7
Cogne
117.214
14,1
* Valori stimati; % str.: percentuale di presenze straniere
Letti alb.
3.450
3.000
1.900
1.240
2.000
1.300
1.250
1.000
Comune
Valtournenche
Courmayeur
Ayas
Gressoney (St.J e L Tr.)
La Thuile
Cogne
Gressan-Pila
Brusson
Tot.Pres.*
1.365.000
1.335.000
875.000
798.000
565.000
554.000
490.000
460.000
Tot.letti *
22.500
17.300
16.450
13.600
10.800
9.700
7.750
9.500
Tabella 1.3
Principali bacini sciabili (in base alla capacità di elevazione degli impianti di risalita, in persone/ora per metro di dislivello)
Comprensori e stazioni
(Cervinia-Zermatt) (I-CH)
La Thuile-La Rosière (I-F)
Cervinia-Valtournenche
Champoluc-Gressoney (Monterosaski)
Courmayeur
Pila
P/h/m (in 1000)
19.794
14.391
12.721
10.490
7.400
5.600
ni 80 la breve valle di Champorcher, all’estremità
sud-orientale della regione, mentre quella del Gran
San Bernardo, aperta e soleggiata ma poco adatta
allo sci alpino, non è mai riuscita a decollare, nonostante il valico costituisca già una meta turistica di
pregio.
Nella seconda metà degli anni 60, la Regione Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste ha preso parte alla pianificazione della nuova stazione di Pila e ne ha
mantenuto il controllo, in qualità di azionista di
maggioranza. Il Piano territoriale paesistico (Ptp),
entrato in vigore nel 1998, dedica un’attenzione
particolare al principio dello sviluppo sostenibile
e alla limitazione del traffico pesante di attraversamento della regione.
Ricettività, presenze, impianti di risalita
La Tab.1.1 fornisce un quadro d’insieme delle caratteristiche quantitative dell’offerta turistica della regione, che per quanto concerne ricettività e
presenze alberghiere si configura come la terza
forza del turismo montano italiano, dopo le Province Autonome di Bolzano e di Trento. Valori
elevati presentano anche gli indicatori di intensità e densità turistica e la pressione territoriale
26
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
P/h
62.359
44.449
39.029
29.190
22.770
17.511
Impianti
57
35
34
21
21
13
P/h/imp.
1.094
1.270
1.148
1.390
1.084
1.347
degli impianti di risalita, seconda solo alla Provincia Autonoma di Bolzano.
Le presenze hanno però mostrato la tendenza a una
leggera flessione. I principali comuni turistici sono
Valtournenche – che deve l’80% del movimento
alla frazione di Breuil-Cervinia – e Courmayeur, sia
per quanto concerne le presenze alberghiere che
per quelle complessive (valori stimati). Il terzo polo
è costituito da Ayas-Champoluc e dalle due Gressoney, stazioni vicine e complementari: La Trinité
con forte vocazione per il turismo invernale, St.
Jean per quello estivo. La posizione di preminenza
dei tre comuni si deve in gran parte al settore extraalberghiero (seconde case, appartamenti), anche se
il turismo alberghiero è in continuo incremento ed
è alimentato da crescenti flussi di stranieri. Il ruolo
della seconda casa è rilevante anche a Cogne e a
Brusson, mentre La Thuile, Pila (Gressan) e St.
Vincent si distinguono per l’entità del movimento
alberghiero, nel primo caso in gran parte concentrato nel grande complesso del “Planibel”.
Se consideriamo i bacini sciabili, la Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste è caratterizzata dalla presenza
di poche grandi stazioni, che concentrano in sé
gran parte dell’offerta regionale (Tab.1.2).
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
Le loro dimensioni si misurano con l’indicatore
della capacità di elevazione (in persone/ora/metro,
o p/h/m), e la loro efficienza e modernità in base
alla portata oraria media per impianto, che penalizza Courmayeur – il cui bacino sciabile ha lo
svantaggio di essere separato dal centro della stazione – e Cervinia-Zermatt, per la presenza di vari
impianti antiquati nella stazione elvetica. La Valle
d’Aosta-Vallée d’Aoste è l’unica regione italiana
che conti due comprensori internazionali – La
Thuile/La Rosière e Cervinia/Zermatt – il primo –
con piste facili e panoramiche, di solito ben innevate anche per il clima rigido – usufruibile con il
normale skipass “La Thuile Valrutor”, il secondo
con un’integrazione tariffaria del 20% (33% per
chi intenda avvalersi anche degli impianti del
Gornergrat-Sunnegga). Il Monterosa Ski offre migliori opportunità dal lato della Val d’Ayas che
non da quello di Gressoney, almeno finché non
verrà perfezionato il collegamento con Alagna,
attualmente riservato a sciatori molto esperti, e
creato un collegamento diretto fra La Trinité e gli
impianti del Ghiacciaio d’Indren, amministrativamente valdostani ma accessibili solo dal Piemonte. La recente diminuzione della forbice fra il costo
del forfait giornaliero italiano e internazionale e il
parallelo rincaro di quello di stazioni concorrenti
(Courmayeur 60.000 lire, Cervinia 55.000, Cervinia-Zermatt 66.000), rendono di fatto l’opportunità italo-svizzera sempre più interessante, facendo
di Cervinia la principale concorrente del comprensorio piemontese della Via Lattea.
Quanto allo sci di fondo, esistono importanti
anelli a Cogne, in Val Ferret e in Val d’Ayas, ma
solo nella prima stazione tale specialità è in grado
di generare da sola un buon numero di presenze
alberghiere.
Trasporti, accessibilità e sentieristica
Dal punto di vista delle comunicazioni, la Valle
d’Aosta-Vallée d’Aoste è ben collegata a Milano e
Torino via autostrada, anche se due corsie per
senso di marcia non sono sufficienti a garantirne
la scorrevolezza al rientro dai week-end, specie in
corrispondenza della confluenza della Valtournenche e delle valli di Ayas e Gressoney. Si avverte la mancanza di un collegamento ferroviario
scorrevole e a doppio binario fra Torino (Chivasso) e Ivrea-Aosta, che le Ferrovie dello Stato non
hanno ritenuto di varare neppure dopo le distruzioni causate dall’alluvione dell’autunno 2000, e a
maggior ragione di una nuova linea Aosta-Martigny, che alleggerirebbe il Traforo del Bianco dal
traffico pesante, destinandolo a un uso quasi
esclusivamente turistico.
Buona la situazione della viabilità interna, con
tutte le strade vicinali d’alta quota chiuse al traffico privato dei non residenti, e buoni i collegamenti per autolinea col fondovalle, mentre quasi
inesistenti – date le caratteristiche morfologiche –
sono le comunicazioni intervallive, eccettuata la
strada St. Vincent-Brusson via Col de Joux, che
potrebbe proseguire verso Gressoney St. Jean se si
realizzasse il completamento della carrozzabile del
Colle della Ranzola.
Nel campo della sentieristica, meritano una menzione i grandi tours del Monte Bianco, del Grand
Combin, del Gran Paradiso, ovviamente possibili
per sezioni o per l’intero percorso, i primi due con
pernottamenti in Francia e/o in Svizzera. Crescente successo sta riscuotendo il Parco regionale
del Mont Avic (3.521 ha), istituito nel 1993 e attrezzato a tempi di record con la strada d’accesso
da Champdepraz al centro visitatori, localizzato
nel villaggio di Barbusté.
PIEMONTE
Caratteristiche del territorio
Il Piemonte è la regione del Norditalia che dopo il
Trentino-Alto Adige/Südtirol possiede la parte
più cospicua del territorio alpino (12.100 kmq),
esteso dalla regione del Gottardo (alta Val Formazza) alle Alpi liguri, donde in più punti è ben
visibile, e ormai prossimo, il mare. Insieme alla
porzione di Appennino che gli compete (province
di Cuneo, Asti, Alessandria), la regione è interessata dalla montagna per una superficie di 13.000
2
kmq. Si tratta di una montagna quanto mai varia
– dato lo sviluppo in latitudine – per caratteristiche morfologiche e climatiche, poiché nello stesso
arco alpino si passa da forme morbide e poco elevate, a sud, a massicci granitici con estesa copertura glaciale (Gran Paradiso, Monte Rosa) nella
parte centro-settentrionale. La montagna non alpina – meno del 2% della superficie montana
complessiva – comprende le Langhe cuneesi e
astigiane e la porzione dell’Appennino ligure fra
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
27
UN’ANALISI REGIONALE
Val Bormida e Val Borbera, nell’alessandrino. Essa
raggiunge la massima elevazione (1.700 m) in
prossimità del nodo orografico del Lésima, alle cui
falde si situa Caldirola, unica stazione invernale
appenninica della regione. Nell’immaginario collettivo, le Alpi piemontesi sono un’alta bastionata
che si erge all’improvviso dalla pianura, ma ciò è
vero per la sezione a sud di Biella, dove manca in
pratica una fascia prealpina e si raggiungono in
breve gli alti crestoni dello spartiacque: il Monviso, coi suoi 3.841 m, dista appena 21 km dalla pianura saluzzese. Nel Vercellese e nel Cusio-Ossola,
invece, il passaggio dalla pianura alla montagna è
molto più progressivo. Le precipitazioni sono abbondanti all’estremità settentrionale (Val Formazza) e meridionale (Val Vermenagna e Pesio) della
regione, nonché in Valsesia (soprattutto d’estate)
e in Valle Orco (Gran Paradiso). Nelle Alpi Graie
e Cozie le valli si dispongono a pettine, per lo più
senza collegamenti stradali con la Francia o con
vallate contigue. Forti sono comunque i legami di
ordine culturale, costituiti dai dialetti franco-provenzali (Valle Orco-Moncenisio) e dalla lingua
occitana (dal Moncenisio al Colle di Tenda). A
sud del Moncenisio i ghiacciai sono rari e molto
piccoli, vantando nel Massiccio dell’Argentera il
loro avamposto meridionale. Più numerosa (e pittoresca) la loro presenza nelle Valli di Lanzo
(Gruppo delle Levanne), nel Gran Paradiso, nel
Monte Rosa e nella cuspide ossolana. Una certa
unità fisico-geografica, oltreché culturale, si osserva nelle vallate che fanno capo alla Comunità
montana della Valsesia, che ha l’estensione di una
piccola provincia, nell’Ossola e nelle Langhe,
queste ultime montane per quota e clima, ma collinari per aspetto e fattori di attrazione (vendemmia, tartufi, buona cucina). Il ventaglio di vallate
appenniniche dal Bormida al Borbera, infine, è
molto legato a Genova, cui deve in gran parte la
frequentazione nella stagione estiva. Massimi centri turistici sono Ponzone, con circa 8.000 letti extra-alberghieri e 200 alberghieri, e Fabbrica Curone, nel cui territorio si situa Caldirola.
Risorse e pianificazione territoriale
La montagna piemontese è turisticamente meno
sviluppata della Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste,
per vari motivi: l’aspra morfologia di molte vallate, adatte solo al turismo estivo, la scarsa dimestichezza dei valligiani con l’accoglienza del forestiero, l’eccessivo squilibrio fra un settore
extra-alberghiero ipertrofico e una limitata ricettività alberghiera, l’attrazione esercitata sulla popolazione locale dalla grande industria, spazialmente e psicologicamente più “vicina” che in
altre regioni. Significativo il contrasto fra il versante piemontese e valdostano del Parco del
Gran Paradiso: sviluppo e paesaggio ordinato a
nord, favorito anche dai finanziamenti della Regione autonoma, spopolamento e abbandono a
sud, con situazioni drammatiche nella bella e dimenticata Val Soana. Le maggiori stazioni si concentrano in Alta Val di Susa e nel cuneese, col
polo di Limone e le new towns di Prato Nevoso e
Artesina. A nord, il ruolo di Macugnaga si è molto ridimensionato nel corso degli ultimi vent’an-
Tabella 2.1
Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale
Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998
Popolazione nel territorio montano. Anno 1998
Letti alberghieri. Anno 2000
Letti extra-alberghieri (stima, inclusi appartamenti e seconde case)
Presenze alberghiere. Anni 1999-2000
Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case)
Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓)
1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante)
2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq)
3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%)
Numero impianti di risalita
Portata degli impianti (persone/ora)
Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq)
28
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
12.997
869.304
25.752
895.000
1.185.000
35.510.000
↓
1,4
97,9
2.934
223.761
17,2
336
275.612
22,7
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
ni, mentre Alagna non decolla, pur annoverando
una qualificata élite di affezionati: colpevole, in
entrambi i casi, una morfologia “difficile”, che
rende le stazioni poco appetibili per la stagione
invernale, anche per la presenza di un parco-impianti antiquato. Le risorse turistiche della montagna piemontese sono tra le maggiori delle Alpi
italiane: stupendi ghiacciai come quello dell’Hohsand/Sabbione (Formazza), cascate grandiose come quella della Frua in Val Formazza, incredibilmente “liberata” dall’Enel solo per una
ventina di giorni l’anno, montagne-simbolo come il Monviso – il “Re di Pietra” – e scenari montani tra i più belli delle Alpi occidentali, come la
parete est del Rosa, a Macugnaga, o il circo glaciale di Pian della Mussa, nelle Valli di Lanzo. Essenzialmente costituite da rocce cristalline, le
Alpi piemontesi offrono anche grandi massicci
calcarei come il Marguareis e il Mongioie, che
celano al loro interno sistemi di grotte tra i più
lunghi e complessi delle Alpi. Importante risorsa
è costituita dai numerosi parchi regionali e nazionali, tra i quali quello della Val Grande, presso il
Lago Maggiore, è una delle aree wilderness meglio
conservate d’Europa. In ambito alpino, circa due
milioni di presenze alberghiere si registrano nelle
stazioni rivierasche dei Laghi Maggiore e d’Orta,
non computabili ai fini del turismo propriamente
montano; Stresa è però collegata da una funivia
alla stazione estivo-invernale del Mottarone, che
è anche un celebre belvedere con panorama mozzafiato sui due laghi. Altre risorse sono costituite
dalle fonti termali di Lurisia (che è anche stazione estivo-invernale), Vinadio e Valdieri nelle
Valli di Cuneo e Bognanco nell’Ossola; dai Laghi
di Avigliana, dalle pievi romaniche dell’Ossola,
dai numerosi santuari, come quelli celeberrimi
del Sacro Monte di Varallo e della Madonna nera
di Oropa (Biella), dalla cultura e architettura
walser di Alagna, Macugnaga e Formazza. Progetti di valorizzazione finanziati dalla Cee interessano le valli di Cuneo e Saluzzo (arte e cultura nell’ex Marchesato di Saluzzo, Gal “Espaci
Occitan”, “Terre d’Oc”, “Valli del Viso”), tra le
quali la Val Maira si mostra particolarmente attiva nella promozione di un turismo “morbido” e
nel recupero dell’identità culturale, e a questo riguardo è frequentata da un crescente numero di
turisti germanici, solitamente rari nelle Alpi occidentali. L’alta Val di Susa, dopo gli investimenti e le opere realizzate in occasione dei mondiali
di Sestrières 97, ha ricevuto ulteriori, cospicui finanziamenti per le Olimpiadi del 2006. Più difficile sembra la promozione del versante piemontese del Gran Paradiso, sia per la sua asprezza, sia
per il grado di spopolamento del territorio. Poco
si muove anche nell’Ossola, duramente colpita
da una nuova alluvione nell’autunno del 2000.
Ricettività, presenze, impianti di risalita
La ricettività alberghiera supera quella valdostana
di quasi 3.000 letti, ma data la ben diversa estensione dei due territori, gli indicatori di intensità
turistica sono molto più bassi rispetto alla Vallée.
Fanno eccezione quello delle superfici a parco,
che è molto soddisfacente, e la pressione sul territorio del totale delle presenze, dato l’enorme numero di seconde case. Particolarmente bassa è la
ricettività della Valsesia, un bacino turistico con
elevate potenzialità per la stagione estiva, e delle
Valli di Lanzo, ove l’incidenza della seconda casa
è tale da renderle una classica meta del turismo di
prossimità, poco ambita per soggiorni alberghieri
prolungati. L’andamento complessivo delle presenze negli ultimi anni è stato negativo, a causa
della marcata flessione registrata in Alta Val di
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
29
UN’ANALISI REGIONALE
Tabella 2.2
Principali stazioni montane (in base a presenze alberghiere e complessive, 1999)
Comune
Pres.alb.
% str.
Sestrières
136.597
39,6
Sauze d’Oulx
85.470
57,2
Bardonecchia
77.564
30,1
Limone Piemonte
69.571
22,6
Frabosa Sottana
36.013
31,4
* Valori stimati; % str.: percentuale di presenze straniere
Letti alb.
2.465
1.925
1.391
919
579
Comune
Bardonecchia
Limone Piemonte
Sauze d’Oulx
Frabosa Sottana
Sestrières
Tot.Pres.*
1.470.000
1.145.000
1.061.022
995.000
805.000
Tot.letti *
32.000
24.900
22.500
24.000
17.500
Tabella 2.3
Principali bacini sciabili (in base alla capacità di elevazione degli impianti di risalita, in persone/ora per metro di dislivello)
Comprensori e stazioni
Sestrières
Sauze d’Oulx
Totale Via Lattea*
Bardonecchia
Limone Piemonte
Mondolé Ski
* comprese Cesana-Clavières e Sansicario
P/h/m (in 1000)
8.559.095
7.665.722
22.558.539
6.941.900
6.036.440
4.709.496
Susa, per la scarsità di innevamento e le temperature per lunghi periodi elevate che hanno condizionato più di una stagione invernale, oltreché
nell’Ossola e in Valsesia, mentre il cuneese ha
mostrato un trend più soddisfacente.
Molto bassa, rispetto alla Valle d’Aosta-Vallée
d’Aoste, è la pressione degli impianti di risalita sul
territorio (22 p/h/kmq), come pure la portata oraria media per impianto (820 p/h, contro 977 per
la Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste), il che significa
che buona parte delle infrastrutture sono obsolete
e inadeguate alle esigenze attuali.
Forte è la riduzione del parco-impianti (-20% rispetto a una decina di anni fa), ma più per la scomparsa di numerose piccole stazioni che non in conseguenza di un processo di ammodernamento e
razionalizzazione: sono infatti uscite di scena stazioni come Viola-St. Gree, Argentera, Vinadio, e
da un paio di anni è ferma Paesana-Pian Muné,
mentre a più antica data risale lo smantellamento
di località allora di una certa importanza come Locana-Alpe Cialma e Pian Gelassa; per converso,
Oropa e Crissolo sono riemerse dopo diversi anni
di chiusura, anche se con gravi difficoltà. Sestrières, Sauze e Bardonecchia sono caratterizzate da
un’elevata incidenza di presenze straniere (soprattutto inglesi) nell’alberghiero, con valori massimi a
30
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
P/h
24.565
24.899
74.619
23.308
22.940
21.770
Impianti
20
22
67
23
28
25
P/h/imp.
1.228
1.132
1.114
1.013
819
871
Sauze d’Oulx. Esse sono le uniche stazioni piemontesi con una ricettività superiore a 1.000 letti alberghieri (soglia, in sé, già non eccelsa), ma si collocano tra le maggiori località alpine per ricettività
complessiva (Bardonecchia occupa anzi il primo
posto in assoluto), per l’elevatissima presenza di seconde case, al cui impatto sul territorio non corrisponde però un adeguato sfruttamento ai fini delle
presenze turistiche. L’eccessiva pressione della seconda casa, l’invecchiamento del parco-impianti e
la separazione del bacino sciabile in due tronconi
non collegabili fra loro (Colomion e Jafferau) hanno prodotto un certo appannamento dell’immagine di Bardonecchia, non a torto considerata una
“nobile decaduta” tra le grandi stazioni alpine.
Le cinque stazioni col maggior numero di presenze alberghiere e complessive sono anche quelle
che dispongono dei maggiori bacini sciabili, il che
testimonia il ruolo trainante che gli sport invernali svolgono da tempo su tutto il turismo montano, soprattutto nelle Alpi occidentali. Enorme è il
divario che separa questi comprensori dalle altre
stazioni, alcune delle quali – come Macugnaga,
Alagna, Crissolo – occupavano una posizione di
rilievo nel panorama sciistico delle Alpi occidentali; ma oggi una stazione invernale è quasi fuori
mercato se il suo parco impianti e piste ha una ca-
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
pacità di elevazione (il moment-puissance dei francesi) inferiore a 3-3,5 milioni di p/h/m (persone/
ora/metro), e anzi talvolta possono non bastare
valori compresi fra 4 e 5 milioni, se mancano servizi adeguati o un’immagine di qualità. Stazioni
estive di classe e in siti superbi sono anche Ceresole Reale nel Parco del Gran Paradiso, Riva Valdobbia in Valsesia e Groscavallo-Pialpetta nelle
Valli di Lanzo; ma – paradossalmente – Riva e
Groscavallo sono pressoché prive di ricettività alberghiera. Macugnaga ha registrato, negli ultimi
anni, un forte decremento delle presenze alberghiere, solo in parte spiegabile con la contrazione
della capacità ricettiva.
Tra le grandi stazioni dell’Alta Val di Susa, Sauze
d’Oulx è forse quella suscettibile di maggiore sviluppo, per la favorevole situazione topografica, la
presenza di un centro storico ben conservato e di
un bacino sciabile esteso e multiforme, a patto
che vengano potenziati alcuni servizi e infrastrutture e migliorato il colegamento con Sansicario.
Trasporti, accessibilità e sentieristica
Ottime condizioni di accessibilità presenta la Val
di Susa, collegata anche per autostrada e ferrovia
internazionale, e buone Limone, servita dalla statale n. 20, abbastanza scorrevole, e dalla ferrovia
Cuneo-Nizza, a binario unico; ma Ventimiglia e la
Costa Azzurra si raggiungono con difficoltà, per la
tortuosità della strada e l’angustia della canna del
Traforo del Tenda. La Valsesia è percorsa da
un’ampia strada di fondovalle con scarsa pendenza (ma con qualche strettoia) e l’Ossola da una superstrada fino a Domo; da qui, si può raggiungere
Locarno attraverso la pittoresca Val Vigezzo con
una ferrovia a scartamento ridotto, che costituisce
di per sé un’attrazione turistica. Sicuramente da
potenziare sono i collegamenti intervallivi, non
tanto per arrestare il naturale deflusso della popolazione verso la pianura, quanto per favorire un
interscambio turistico nella stagione estiva e migliorare l’accessibilità dei siti più impervi: un ottimo esempio è costituito dal collegamento fra Val
Varaita e Val Maira attraverso il Colle di Sampeyre, realizzato da una ventina di anni.
In molte vallate si avverte la carenza (o la mancanza assoluta, la domenica) di collegamenti cadenzati
tramite autolinee con la zona pedemontana o il
fondovalle principale (es. Antronapiana-Villadossola), il che penalizza la possibilità di effettuare circuiti escursionistici.
I sentieri rivelano non di rado carenza di manutenzione e di segnaletica, soprattutto nelle Valli
di Lanzo e fra Bardonecchia ed Exilles.
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
31
UN’ANALISI REGIONALE
3
LIGURIA
Caratteristiche del territorio
Se si escludono le brevi Piane di Albenga e Sarzana, la Liguria è una stretta striscia di territorio
aspro disposto ad arco attorno al Golfo di Genova, nel quale mare e montagna vivono quasi
in simbiosi, tanto che svariati comuni costieri
sono stati inclusi in Comunità montane. Tuttavia, al di là dell’aspetto esteriore del paesaggio,
c’è una macroscopica differenza di clima, accessibilità e tenore di vita fra città litoranee come
Ventimiglia e Finale e villaggi arroccati come
Triora e Baiardo. L’unico comune costiero che
in base ai nostri parametri rientra a pieno titolo
nel territorio “alpino” è Sanremo, che include
le località montane di San Romolo e Monte Bignone, mete di turismo estivo; ma il movimento turistico che la città attira ha poco a che fare
con la montagna, donde la sua esclusione da
questa indagine. La sezione alpina della Liguria
occupa il 42% del territorio montano ed è costituita, all’estremità occidentale, da una serie di
brevi vallate (Nervia, Argentina, Arroscia, Neva) che dallo spartiacque col Piemonte scendono a pettine verso il mare, drenando un territorio impervio, con cime che superano anche i
2.000 m (Saccarello, Pietravecchia). Più a est,
avvicinandosi a Cadibona, prevalgono invece
rilievi boscosi e dalle forme più tondeggianti.
Nella sezione appenninica, tra Cadibona e il
Turchino, i comuni montani insistono sugli alti
bacini della Bormida di Spigno, dell’Erro e dell’Orba, che afferiscono al versante padano. Oltre il facile Passo dei Giovi, i contrafforti che
chiudono i bacini dello Scrivia, della Trebbia,
dell’Aveto e del Taro si intersecano in modo
complesso e la presenza di due lunghe valli parallele alla linea di costa – Fontanabuona e Vara – non facilita le comunicazioni col Parmense
e la parte orientale del Piacentino, verso i quali
si avverte la mancanza di comodi valichi. Il clima risente quasi ovunque della vicinanza del
mare, ma non sono rare minime invernali anche piuttosto basse, nell’estremo Ponente (Nava, Colla Melosa), in alta Val Bormida (Calizzano) e nell’entroterra chiavarese (Rezzoaglio,
S. Stefano d’Aveto).
Risorse e pianificazione territoriale
Non è facile estrapolare i flussi del turismo
montano dal contesto statistico di una regione
come la Liguria, legata a doppio filo al turismo
balneare e al climatismo marino autunnale-invernale; ed è ugualmente difficile offrire al turista in Liguria un “prodotto” come la montagna,
che in altre regioni è disponibile in misura più
varia e pittoresca. Eppure non mancano risorse
per un turismo estivo di qualità, legato alla cultura dei luoghi, alla gastronomia, alle vicende
Tabella 3.1
Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale
Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998
Popolazione nel territorio montano. Anno 1998
Letti alberghieri. Anno 2000
Letti extra-alberghieri (stima, inclusi appartamenti e seconde case)
Presenze alberghiere. Anni 1999-2000
Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case)
Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓)
1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante)
2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq)
3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%)
Numero impianti di risalita
Portata degli impianti (persone/ora)
Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq)
32
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
3.300
165.770
4.252
220.000
185.000
8.378.000
=
1,1
56,1
2.597
37.518
11,4
5
3.300
1
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
del passato (ad es. la stregoneria a Triora), con
possibilità di lunghe escursioni e trekking in
ambienti solitari e insoliti. Il Monte Beigua
(1.287 m), ad appena 8 km dal mare tra Genova
e Savona, attrae per le particolarità geologiche
e vegetazionali e per il brusco passaggio dal clima mediterraneo a quello semi-continentale,
mentre nell’estremo Ponente, fra Nava e il confine francese, si aprono scorci alpini anche
grandiosi, con vista sui massicci calcarei del
Mongioie, del Marguareis e del Pietravecchia.
Altra risorsa è costituita dalla presenza di villaggi medioevali incastonati fra le montagne e ancora pressoché intatti, come Pigna – che dispone anche di un rinnovato stabilimento termale
– Apricale, Triora (Imperia), Castelvecchio di
Rocca Barbena (Savona), Varese Ligure (La
Spezia); di singolari testimonianze della cultura
celto-ligure, come i menhir del Passo della Mezzaluna presso Rezzo o i “nidi d’aquila” di Realdo
e Verdeggia nel comune di Triora (Imperia),
centri della cultura brigasca. La maggiore risorsa
della montagna ligure è dunque costituita da un
mix di cultura, prodotti tipici, clima, paesaggio,
villaggi medioevali, nel quadro di un processo
di ripopolamento basato sulla rivalorizzazione
dell’agricoltura e sulla sua integrazione col turismo. Lo hanno compreso molti cittadini germanici ed elvetici, che hanno acquistato rustici
nell’imperiese e nell’albenganese, avviando talora attività di tipo agrituristico.
Ricettività, presenze, impianti di risalita
La Tab. 3.1 permette di rilevare i modesti valori
di intensità turistica riferiti alla ricettività e al
movimento alberghiero, mentre per quanto concerne le presenze complessive il valore dell’indicatore è solo del 22% più basso rispetto alla Valle
d’Aosta-Vallée d’Aoste e del 11% rispetto al Piemonte: ciò a riprova del fatto che gran parte del
turismo montano della Liguria è alimentato da liguri che a Ferragosto, in autunno e nelle vacanze
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
33
UN’ANALISI REGIONALE
Tabella 3.2
Principali stazioni montane (in base a presenze alberghiere e complessive, 2000)
Comune
Pres.alb.
% str.
S. Stefano d’Aveto
14.383
1,4
Rocchetta Nervina
11.290
24,1
Sassello
9.487
28,8
Calizzano
9.245
6,2
Bardineto
8.144
22,0
Urbe
7.331
5,9
* Valori stimati; % str.: percentuale di presenze straniere
Letti alb.
384
55
224
267
217
251
di Natale si riversano nel proprio retroterra, utilizzando seconde case e appartamenti affittati per
lunghi periodi. Per quanto modesta, la ricettività
alberghiera non è comunque irrisoria (si confrontino i 4.200 letti e le 185.000 presenze da noi rilevate col dato ufficiale di 20.000 presenze e meno di 500 letti!).
In base alle presenze alberghiere – ovunque di
modesta entità – prevalgono le stazioni di S. Stefano d’Aveto (Genova) e Rocchetta Nervina
(Imperia), quest’ultima con un coefficiente lordo di utilizzazione dei letti estremamente elevato
e, come Sassello, con un’alta percentuale di stranieri. Se si considerano invece le presenze complessive, la località di gran lunga più importante
è Torriglia (769 m), tradizionale villeggiatura dei
genovesi tra il Passo della Scoffèra e la Val Trebbia; a essa seguono Sassello (385 m), in un’amena conca della Valle Erro, Urbe, sparso sulle
pendici settentrionali del Beigua, e S. Stefano
d’Aveto (1.017 m), la stazione montana di maggior classe e tradizione. Discreta importanza locale hanno anche Calizzano e Bardineto, su un
pianoro a 700 m in alta Valle Bormida, Pornassio-Colle di Nava e le non lontane Triora e
Mendàtica, nel cui territorio si estende la stazione invernale di Mònesi.
Quest’ultima è in procinto di essere rivalorizzata, dopo lo stato di semi-abbandono in cui è
stata lasciata dalla fine degli anni 80, anche in
seguito ad alcuni inverni sfavorevoli. Vi funzionano due sciovie, in attesa della ricostruzione della lunga seggiovia del Redentore, che salirà fino a oltre 2.000 m di quota. Altri due
impianti sono in attività ad Alberola di Sassello, mentre S. Stefano d’Aveto – da cui un tempo si raggiungeva in cestovia il Monte Bue
(1.800 m) – possiede ormai solo una piccola
sciovia e non svolge più alcun ruolo per il turismo invernale.
34
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
Comune
Torriglia
Sassello
Urbe
S. Stefano d’Aveto
Savignone
Montoggio
Tot.Pres.*
516.000
385.000
320.000
255.000
235.000
220.000
Tot.letti *
12.500
9.300
7.700
6.100
5.700
5.300
Trasporti, accessibilità e sentieristica
La complessa morfologia del territorio rende
lente e difficili le comunicazioni fra la costa e
l’entroterra, e ancor più quelle trasversali fra le
diverse vallate, collegate da passi elevati e di
non facile percorribilità, come la Colla Langan
fra Pigna e Molini di Triora, o – peggio – il Passo della Teglia fra Molini e Pieve di Teco
(1.387 m), ancora a fondo sterrato sul versante
della Valle Argentina. Manca una strada a
scorrimento veloce fra Imperia e la Val Tanaro,
fra Torriglia e Bobbio in Val Trebbia, fra Chiavari e Borgo Taro o la Val Nure. L’asfaltatura
della strada di valico della Colla di Sanson
(1.696 m), fra Triora e Briga in Val Roja, servirebbe a riallacciare i legami tra i villaggi della
cultura brigasca, interrotti da un assurdo confine, con evidenti ripercussioni positive sul turismo. La sentieristica è ben curata nella zona
dei Parchi del Béigua (nel retroterra di Varazze) e dell’Aveto, attorno al Monte Carmo (Calizzano-Bardineto) e nell’area del progettato
Parco delle Alpi liguri, presso il confine con la
Francia e la Val Roja. Questa, forse ancor più
della Val d’Aveto e dell’alta Val di Vara, è l’area suscettibile del maggior sviluppo turistico,
per la compresenza di diversi fattori di attrazione: terme e borghi medioevali (Pigna, Triora),
cucina e prodotti locali (es. fagioli di Pigna,
olio d’oliva), peculiarità culturali (i Brigaschi),
scenari montani suggestivi e foreste di conifere
incontaminate (Val Tanarello, Gouta), sci da
discesa (Mònesi) e di fondo (Colla Melosa),
escursionismo. Suscita infine interesse la rivalorizzazione dell’agricoltura di montagna a
S. Stefano d’Aveto, che rende più gradevole la
cornice paesaggistica e attira turisti nei fine
settimana (anche dalla Lombardia) per la vendita di carne bovina locale proveniente da allevamenti biologici.
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
LOMBARDIA
4
Caratteristiche del territorio
Risorse e pianificazione territoriale
La montagna lombarda, se si escludono i modesti
rilievi a nord-est del Lago Maggiore (Val Veddasca) e l’Appennino pavese (Valle Stàffora), corrisponde alla sezione delle Alpi Retiche compresa fra il Lago di Como e i Passi dello Stelvio e del
Tonale, con le appendici delle Prealpi bergamasche e bresciane. Bagnata da due fiumi principali – l’Adda e l’Oglio – che attraversano grandi
valli longitudinali (Valtellina) e trasversali (Valcamonica), comprende massicci e cime prestigiose come il Bernina – il più orientale dei
“quattromila” alpini – l’Ortles-Cevedale, l’Adamello, il Disgrazia, tutte con abbondante copertura glaciale, e varie altre meno elevate ma non
meno pittoresche, come la Presolana, la Concarena o il Badile camuno. Include cinque grandi
laghi prealpini (Maggiore, Lugano, Como, Iseo,
Garda) e il Lago d’Idro, che generano importanti flussi turistici (soprattutto il Garda: Limone)
non direttamente legati al turismo montano. Il
clima della Valtellina rispecchia quello delle
grandi valli longitudinali alpine, con il fondovalle sensibilmente meno piovoso dei sovrastanti rilievi; rispetto alla Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste, comunque, le temperature sono in genere
più basse e le precipitazioni più abbondanti, specialmente a Livigno, in Valle Spluga (Madesimo) e in Valfurva (S. Caterina).
Le maggiori risorse naturali della montagna lombarda si concentrano in Valtellina e in alta Valcamonica, ove si situano il Parco nazionale dello
Stelvio, il Parco interregionale dell’AdamelloBrenta, vaste coperture glaciali, valichi fra i più
alti e suggestivi di tutte le Alpi (Stelvio, Gavia) e
le maggiori stazioni di sport invernali e di villeggiatura estiva (Livigno, Bormio, Ponte di LegnoTonale, Aprica, Madésimo). Altri fattori di attrazione sono costituiti dalle terme di Bormio, dai
Parchi delle incisioni rupestri di Capo di Ponte
(Bs) e di Grosio (So), dalla Ferrovia Retica (Tirano-Bernina-St.Moritz) e dalla zona franca di Livigno. Minore importanza turistica – per lo meno
per quanto concerne l’attrazione da altre regioni
e dall’estero – rivestono le Alpi bergamasche
(Brembana, Seriana, di Scalve), la bassa Val Camonica, i monti che incorniciano il Lario (Valsàssina – con l’imponente gruppo calcareo della Grigna – e Val d’Intelvi) e la Val Trompia, anche se
non mancano stazioni estivo-invernali di rilevante importanza regionale come Foppolo in alta Val
Brembana, Castione della Presolana in Val Seriana, Borno e la “new town” di Montecampione
nella media e bassa Val Camonica e Barzio-Piani
di Bobbio nel lecchese, collegato con la bergamasca Valtorta. Altri elementi di attrazione sono costituiti dalle Terme di Boario (che attirano flussi
Tabella 4.1
Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale
Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998
Popolazione nel territorio montano. Anno 1998
Letti alberghieri. Anno 2000
Letti extra-alberghieri (stima, inclusi appartamenti e seconde case)
Presenze alberghiere. Anni 1999-2000
Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case)
Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓)
1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante)
2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq)
3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%)
Numero impianti di risalita
Portata degli impianti (persone/ora)
Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq)
6.610
1.070.493
26.000
810.000
2.900.000
32.500.000
↑
2,7
438,7
5.355
265.427
40,2
298
290.022
43,9
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
35
UN’ANALISI REGIONALE
non propriamente montani), dal folklore e dalle
tradizioni di Bagolino (Bs), dalle attrattive naturalistiche del Parco regionale delle Orobie, della
gola della Via Mala all’imbocco della Val di Scalve, dei belvedere dell’altopiano d’Intelvi. Mancano però attrezzature e servizi adeguati ad attrarre
turisti da ambiti meno provinciali. Emblematico è
il caso di Schilpario, in Val di Scalve, forse la più
bella stazione montana della Bergamasca e una di
quelle di più antica tradizione, che non ha mai
goduto di un’adeguata promozione turistica, e che
dopo la chiusura degli impianti di risalita di Malga Epolo, d’inverno riduce la sua offerta a un anello di fondo di frequentazione locale.
Ottima è la dotazione di parchi, la cui incidenza
sul totale del territorio montano è la più alta di
tutte le regioni italiane. Tutte valtellinesi sono le
principali stazioni turistiche computate in base alle presenze alberghiere, con Livigno e Bormio che
si posizionano su valori riscontrabili, nelle Alpi,
solo in Trentino-Alto Adige/Südtirol. Tenendo
conto invece anche del movimento extra-alberghiero (ufficiale e non) scompare dalla classifica
Valfurva, che registra poco più di 100.000 presenze in appartamenti e seconde case, e si inserisce al
primo posto il centro di villeggiatura estiva di Castione della Presolana, in Val Seriana, con una
miriade di appartamenti e villini nelle frazioni di
Bratto e Dorga, e cospicui insediamenti residenziali di tipo lineare nella nuova stazione in quota
di Monte Pora.
Forte squilibrio fra ricettività extra-alberghiera e
alberghiera si osserva anche a Ponte di Legno, all’Aprica – cui dovrebbero essere aggiunti anche i
6.000 letti situati nella porzione dell’abitato che
ricade in provincia di Brescia (S. Pietro Aprica,
comune di Còrteno) – e a Madesimo, Selvino e
Serina (Bg). Livigno prevale nettamente per
quanto concerne le dimensioni e l’attrezzatura dei
bacini sciabili e per l’incidenza delle presenze stra-
Ricettività, presenze, impianti di risalita
La ricettività alberghiera della montagna lombarda, pur non particolarmente elevata, supera nettamente quella del Piemonte, soprattutto se si mette in relazione con la più ridotta superficie del
territorio montano. Elevatissima è anche in Lombardia la ricettività in seconde case e appartamenti in affitto, non di molto inferiore a quella del
Piemonte: il movimento turistico prodotto da
questo comparto si può stimare in una decina di
volte quello alberghiero.
Tabella 4.2
Principali stazioni montane (in base a presenze alberghiere e complessive, 1999)
Comune
Pres.alb.
% str.
Livigno
602.035
42,5
Bormio
378.214
18,8
Valfurva
196.768
17,3
Aprica
138.802
20,6
Ponte di Legno
131.256
26,1
Madesimo
101.477
17,3
* Valori stimati; % str.: percentuale di presenze straniere
Letti alb.
4.800
3.454
1.608
1.200
1.134
990
Comune
Castione d. Presolana
Livigno
Bormio
Ponte di Legno
Aprica
Chiesa in Valmalenco
Tot.Pres.*
1.200.000
940.000
880.000
830.000
770.000
600.000
Tot.letti *
27.000
12.200
14.000
15.500
14.000
13.000
Tabella 4.3
Principali bacini sciabili (in base alla capacità di elevazione degli impianti di risalita, in persone/ora per metro di dislivello)
Comprensori e stazioni
Livigno
Passo del Tonale*
Bormio
Madesimo
Aprica
S. Colombano (Valdidentro-Valdisotto)
* Spartito con la Provincia di Trento
36
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
P/h/m (in 1000)
13.878.380
6.998.595
5.894.750
4.962.000
4.403.371
4.344.600
P/h
44.060
28.848
15.684
20.820
18.667
13.576
Impianti
32
21
15
15
21
12
P/h/imp.
1.377
1.374
1.046
1.388
889
1.131
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
niere, collocandosi in una posizione di primo piano a livello nazionale.
Per il Tonale – spartito fra Lombardia e TrentinoAlto Adige/Südtirol – si deve invece distinguere
fra la qualità del sito e delle piste (alcune delle quali su ghiacciaio) e la scadente immagine del complesso urbanistico, sviluppatosi nel più completo
disordine a partire dagli anni 70. Ponte di Legno –
pur disponendo del piccolo bacino di ValbioneCorno d’Aola – gravita per lo sci alpino sul Tonale,
da cui dista 11 km. Un po’ asfittico per la ridotta
estensione, e impegnativo per le caratteristiche
tecniche dei tracciati, è il bacino sciabile di Bormio, cui gioverebbe molto un collegamento con
S. Caterina Valfurva, in conflitto però con le esigenze del Parco dello Stelvio, o almeno un servizio
cadenzato di bus-navetta per il vicino comprensorio di Oga-Isolaccia (S. Colombano). Aprica e Madesimo hanno importanza regionale, ma attirano
anche un discreto contingente di inglesi. La Val
Malenco stenta ad affermarsi come meta di turismo
invernale per la separazione dei bacini di ChiesaPalù (accessibile con impianto di puro arroccamento) e Caspoggio e per le loro non grandi dimensioni, anche se la spettacolare funivia “Snow
Eagle” ha un po’ ridotto le code di accesso al Palù.
La nuova stazione di Montecampione (1.200 m),
spartita fra i comuni di Artogne e Pian Camuno,
dopo il successo degli anni 80 ha un po’ ridimensionato le proprie ambizioni, per la modesta quota del
bacino (1.300-1.900 m) e un certo invecchiamento del parco-impianti. Quanto allo sci di fondo, le
migliori opportunità sono offerte dalla Valtellina
(220 km) e dalle Alpi Bergamasche (200 km).
Trasporti, accessibilità e sentieristica
Il grosso problema da risolvere è la distanza – in
termini temporali, ancor più che chilometrici –
della Valtellina dai grandi bacini di utenza. La recente inaugurazione del Traforo del Barro ha certo liberato gli automobilisti dal calvario dell’attraversamento di Lecco (e i lecchesi dai gas di
scarico), ma la manutenzione di alcuni viadotti e
gallerie dell’autostrada gratuita Lecco-Colico
stanno creando nuovi problemi. Cruciale è poi la
“strozzatura” della statale n.38 da Colico a Tirano,
stretta e con molti attraversamenti di centri abitati (Morbegno, Delebio, Cosio), che provocano
code interminabili in qualunque giorno della settimana. Anche Ponte di Legno non è facilmente
raggiungibile da Milano-Bergamo e da Brescia,
per l’inadeguatezza delle statali 42 e 510 soprattutto tra Bergamo a Lovere e lungo il Lago d’Iseo.
La mancata realizzazione di un tratto a scorrimento veloce fra Breno e Malonno, in Valcamonica
(emblematico un viadotto che termina nel nulla,
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
37
UN’ANALISI REGIONALE
a Capo di Ponte) è il segno di un certo disinteresse dello Stato per quest’area. Anche i collegamenti ferroviari tra Sondrio-Tirano-Chiavenna e
Lecco-Milano sono palesemente inadeguati a supportare le attuali esigenze del turismo. La sentieristica è ben sviluppata e segnalata a Livigno e nei
Parchi dello Stelvio e dell’Adamello. Da segnala-
5
TRENTINO-ALTO ADIGE/SÜDTIROL
5A. PROVINCIA AUTONOMA
DI TRENTO
Caratteristiche del territorio
L’asse centrale del Trentino è la Valle dell’Adige,
stretta e profondamente incassata da Ala a Trento
(Val Lagarina), più ampia dal capoluogo alla Piana
Rotaliana (Mezzolombardo-Mezzocorona), intensamente coltivata a vigneti e frutteti. Qui confluisce da nord la Val di Non, che dopo la stretta iniziale si fa così ampia da assumere le caratteristiche
di una conca dagli orizzonti sconfinati. A ovest,
sempre con andamento nord-sud, si sviluppa il solco delle Giudicarie e della Val Rendena, che si
collega col Lago di Garda attraverso le profonde
gole della Scaletta e del Limarò, percorse dal Sarca. A nord-ovest e a sud-est, i solchi longitudinali
della Val di Sole e della Valsugana sono percorsi
da importanti vie di comunicazione rispettivamente per la Valtellina e la pianura veneta (Bassano). I principali massicci montuosi sono a ovest il
complesso cristallino dell’Adamello-Presanella
(3.558 m) e il dolomitico Gruppo di Brenta, separati dalla Val Rendena, e a nord-ovest il gruppo
del Cevedale (3.769 m), che come l’Adamello è
ammantato di importanti ghiacciai; a est la tozza
catena dei Lagorai (2.754 m), di natura porfirica, e
le Dolomiti trentine, coi gruppi delle Pale di San
Martino, del Catinaccio/Rosengarten, del Sella e
della Marmolada (3.342 m), che sul versante nord
ha un ghiacciaio di 300 ha sfruttato anche per lo
sci estivo. Qui si localizzano anche quasi tutti i
passi di rilevante importanza turistica, e cioè il
Rolle (1970 m), interamente in Trentino, il Costalunga, il Pordoi (2.239 m) e il Sella (2.244 m),
spartiti con la provincia di Bolzano, e il Fedaia,
aperto da pochi decenni, che immette nella Valle
del Cordevole (Belluno). Nel Trentino si situano
alcuni laghi di dimensioni ragguardevoli e ad alta
valenza turistica, e cioè la porzione settentrionale
38
re il percorso didattico dell’Alto Serio e quello
che da Chiareggio, in Val Malenco, porta alla lingua del Ghiacciaio del Ventina, permettendo di
ricostruire le fasi del ritiro. In complesso, la montagna lombarda conta 2.600 km di sentieri segnalati, dei quali 1.100 in Valtellina e 400 sia nel bresciano che nel comasco.
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
del Garda (Riva-Torbole), il Lago di Molveno, originatosi da un’antica frana, il Lago di Ledro e quelli di Levico e Caldonazzo, in alta Valsugana, presso
lo spartiacque con la Val d’Adige. Le maggiori precipitazioni nevose interessano solitamente la zona
del Passo del Tonale e di Passo Valles (comprensorio di S. Pellegrino-Falcade).
Risorse e pianificazione territoriale
Il Trentino è regione di primaria importanza turistica, anche se ovviamente non tutte le vallate e comprensori hanno raggiunto lo stesso livello di sviluppo. Al primo posto si colloca la Val di Fassa, nella
quale Canazei, ai piedi dei Passi Pordoi e Fedaia, è
solo una prima inter pares, affiancata nell’offerta turistica da stazioni come Campitello (collegata allo
stesso bacino sciabile), Vigo-Pozza e Moena, un
tempo regina delle Dolomiti trentine ma oggi penalizzata dal fatto di possedere un bacino sciabile –
l’Alpe Lusia – distante alcuni chilometri dal centro.
Secondo polo è Madonna di Campiglio, che col capoluogo comunale Pinzolo – pure dotato di attrezzature molto qualificate (Palazzo del ghiaccio, Palazzo
dei congressi) – raggiunge il più alto numero di presenze della provincia, precedendo Canazei. Seguono i comuni della Val di Sole che afferiscono ai bacini sciabili di Folgàrida e Marilleva (Mezzana,
Dimaro, Commezzadura e il centro di servizi di
Malé); S. Martino di Castrozza – con la dependance
del bacino di Primiero, situato 700 m più in basso –
che ha riconquistato varie posizioni dopo il recente
ammodernamento del bacino sciabile; Andalo e il
comprensorio della Paganella (comprendente anche Molveno e Fai) e Folgarìa, sugli altipiani fra Rovereto e la Val d’Astico. Carattere particolare ha la
stazione polivalente di Levico (lago, terme e sport
invernali alla Panarotta). Sette poli principali, dunque, cui seguono numerosi e non meno interessanti
distretti turistici minori, come la Val di Non, il Tesino (bassa Valsugana) e le valli di Pejo e Rabbi, tri-
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
Tabella 5a.1
Quadro sintetico dell’offerta turistica della Provincia Autonoma
Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1999
Popolazione nel territorio montano. Anno 1999
Letti alberghieri. Anno 1999
Letti extra-alberghieri (inclusi appartamenti e seconde case)
Presenze alberghiere. Anno 1999
Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case)
Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓)
1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante)
2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq)
3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%)
Numero impianti di risalita
Portata degli impianti (persone/ora)
Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq)
butarie di sinistra della Val di Sole, con le loro fonti
termali di antica tradizione.
Altri importanti elementi di attrazione sono costituiti dai numerosi castelli, dal singolare santuario
di San Romèdio in Val di Non, dal centro climatico di Arco (la “Riviera” degli Asburgo), dalla Cascata del Ponale presso Riva e da quella del Nardis
nella selvaggia Val di Genova, inclusa nel Parco
Adamello-Brenta. Sul versante orientale del Parco, nell’area del Lago di Tòvel e della Val Sporeggio, sopravvive una popolazione residua di orsi autoctoni. Le valenze di Trento come città d’arte
non sono ancora adeguatamente valorizzate, anche se l’iniziativa dei mercatini di Natale, sull’esempio di Bolzano, attira un crescente numero di
turisti nel mese di dicembre.Tra la fine degli anni
60 e i primi anni 70, la Provincia di Trento – nella persona dell’arch. Giovanazzi – ha pianificato le
nuove stazioni in quota di Folgarida e Marilleva,
fatto in sé positivo e quasi unico in Italia, anche se
il prodotto urbanistico non è stato tale da soddisfare i palati più esigenti. Il comune di Vermiglio,
in alta Val di Sole, ha invece consentito un’urbanizzazione scadente e disordinata al passo del Tonale a partire dagli anni 70, e quello di Mazzin la
realizzazione del complesso immobiliare “Regina e
Fassa”, fuori scala e avulso dal contesto culturalepaesaggistico della Val di Fassa.
Per il resto, le stazioni trentine presentano un
quadro urbanistico gradevole e ben inserito nel
paesaggio, anche se in qualche caso (Madonna di
Campiglio, Canazei, Andalo…) si è prossimi alla
soglia di saturazione.
6.207
473.714
94.355
460.275
10.165.974
16.981.480
=
21,5
1637,8
4.374
98.961
15,9
267
312.674
50,4
Ricettività, presenze, impianti di risalita
La ricettività alberghiera del Trentino è seconda,
nella montagna italiana, soltanto a quella dell’Alto Adige-Südtirol, mentre la supera di molto per
quanto riguarda la ricettività extra-alberghiera,
dato il gran numero di seconde case e appartamenti in affitto. Da queste premesse, è facile dedurre come la regione Trentino-Alto Adige/Südtirol sia di gran lunga la principale destinazione
montana del paese. Gli indicatori di intensità turistica presentano valori paragonabili a quelli della Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste, eccettuata la
densità delle presenze per unità di superficie, che
in Trentino-Alto Adige/Südtirol è superiore.
La ricettività è diffusa in tutto il territorio e raggiunge soglie accettabili anche in ambiti che si
collocano al di fuori dei grandi flussi turistici, come la Val di Non e le Giudicarie. Ben otto comuni
vantano una ricettività alberghiera compresa fra
circa 3.000 e oltre 5.000 letti, valori questi riscontrabili, in Lombardia, solo a Livigno e Bormio, in
Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste a Valtournenche e
Courmayeur, e in Piemonte in nessuna località
montana. La pressione della seconda casa è forte
solo a Pinzolo-Madonna di Campiglio e Folgarìa,
ma in entrambi i casi i letti in appartamenti regolarmente affittabili per vacanza è quasi pari a quelli a esclusiva disposizione del proprietario, producendo un salutare ricambio turistico e un elevato
coefficiente di utilizzazione dei letti.
I principali comuni turistici in termini di presenze
alberghiere (Tab. 5a.2) sono Pinzolo, Andalo e Canazei, tutti con valori superiori a 550.000; a esse sela RIVISTA del TURISMO 2/2002
39
UN’ANALISI REGIONALE
guono Levico, che non è solo stazione montana, ma
anche termale e lacuale e molto frequentata da tedeschi; Moena, secondo polo della Val di Fassa, SirorS. Martino di Castrozza, Mezzana e Pozza di Fassa,
tutte con oltre 300.000 presenze; se si considerano
invece le presenze registrate nel complesso degli
esercizi (comprese le seconde case), accuratamente
rilevate dalla Provincia, Pinzolo-Madonna di Campiglio accentua la sua supremazia, seguita dalla stazione estivo-invernale di Folgarìa, composta da varie
frazioni ad alta intensità di seconde case ma senza
episodi di cattiva urbanistica, e da Mezzana in Val di
Sole, con l’appendice in quota di Marilleva.
Per quanto riguarda l’attrezzatura e le dimensioni
dei bacini sciabili, primeggia quello di Madonna
di Campiglio, che oltre a offrire scenari montani
di grande bellezza e piste di buon livello tecnico,
raggiunge notevoli dimensioni grazie al collegamento con la Val di Sole, possibile tramite un particolare forfait tariffario. Canazei offre in realtà un
bacino di dimensioni molto superiori a quanto indicato nella Tab. 5a.3, perché il collegamento con
la Val Gardena e con Arabba, accessibile col Super-skipass “Dolomiti” (65.800 lire al giorno, in
alta stagione), permette di accedere a un comprensorio di dimensioni smisurate. S. Martino di
Castrozza ha dalla sua uno scenario montano di
incomparabile bellezza, e dispone di un bacino
sciabile che potrebbe porsi in concorrenza con
Madonna di Campiglio e Canazei, se fosse realizzato un collegamento con le piste di Passo Rolle.
Trasporti, accessibilità e sentieristica
Molto buona l’accessibilità per ferrovia e autostrada da Verona, Padova e Innsbruck, che potrebbe
migliorare col completamento della trasformazione in arteria a 4 corsie della statale della Valsugana, mentre è più lento il collegamento con Milano-Brescia attraverso le Giudicarie, suscettibile di
essere migliorato in più punti. Ottima e capillare
la rete di autolinee, che permette di raggiungere
comodamente tutte le principali stazioni turistiche. Curati e ben segnalati i sentieri, anche se alcuni percorsi celeberrimi – come ad esempio la
traccia scoscesa che dal Rif. Gardeccia conduce
sotto le Torri del Vajolet – d’estate sono talmente
affollati da rendere l’esperienza poco rilassante.
Molto suggestivo e vertiginoso è poi il celebre
sentiero delle Bocchette, intagliato nella roccia
delle Dolomiti del Brenta, che richiede peraltro
molta attenzione nel caso di repentini cambiamenti delle condizioni meteorologiche.
Tabella 5a.2
Principali stazioni montane (in base a presenze alberghiere e complessive, 1999)
Comune
Pinzolo
Andalo
Canazei
Levico T.
Moena
Dimaro
Pres.alb.
589.201
568.550
566.851
410.838
369.186
357.892
% str.
12,9
19,3
18,9
35,5
18,9
21,2
Letti alb.
5.631
4.102
4.705
4.301
3.242
2.969
Comune
Pinzolo
Folgarìa
Mezzana
Canazei
Dimaro
Andalo
Tot.Pres.
1.630.825
1.163.025
1.037.101
957.314
823.248
795.228
Tot.letti
28.287
18.962
11.005
11.415
10.496
8.316
Tabella 5a.3
Principali bacini sciabili (in base alla capacità di elevazione degli impianti di risalita, in persone/ora per metro di dislivello)
Comprensori e stazioni
P/h/m
P/h
Madonna di Campiglio-Folgarida-Marilleva
17.884.302 *
64.533
Canazei-Campitello-Alba
8.118.812
28.660
Passo del Tonale**
6.998.595
28.848
S. Martino di Castrozza***
6.876.020
19.907
Andalo/Paganella
6.152.556
21.203
Moena-Alpe Lusia
4.557.920
13.746
Cavalese-Alpe Cermìs
3.881.820
12.960
* di cui 11.018.068 nella sola Madonna di Campiglio; ** spartito con la Provincia di Brescia; *** escluso Passo Rolle
40
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
Impianti
50
22
21
15
17
9
10
P/h/imp.
1.291
1.303
1.374
1.327
1.247
1.527
1.296
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
5B. PROVINCIA AUTONOMA
DI BOLZANO
Caratteristiche del territorio
Più vasta rispetto al Trentino, col fondovalle dell’Adige sensibilmente più ampio rispetto al tratto
Trento-Ala, la Provincia Autonoma di Bolzano, o
Alto Adige/Südtirol, è caratterizzata da un paesaggio culturale plasmato dal popolamento germanico, con evidenti riflessi nel tipo di utilizzazione del
suolo (legato anche all’istituzione del maso chiuso) e nella struttura degli insediamenti. In corrispondenza della conca di Bolzano, il fondovalle
principale si biforca “a ypsilon”: a nord-ovest l’ampia vallata percorsa dall’Adige, che a Merano assume un andamento longitudinale (Val Venosta), a
nord-est quella più stretta e incassata dell’Isarco,
in cui a Bressanone confluisce il solco longitudinale della Pusteria. Alle grandi catene cristalline che
fanno da spartiacque con l’Austria, dotate di vaste
coperture glaciali soprattutto fra il Brennero e la
Val di Schnals (Senales) e nel massiccio dell’Ortles-Cevedale, fanno riscontro i gruppi dolomitici
della sezione orientale, estesi fra la Pusteria a nord
e la Val d’Eggen (Ega) a sud. A occidente di questa
si sviluppa il vasto complesso porfirico, che si continua a nord-ovest di Bolzano e, a sud, nel Trentino. L’unico lago naturale di una certa ampiezza è
quello di Caldaro, tra l’Adige e la catena del Penegal-Roen, sfruttato per la nautica e per la balneazione. Il clima di Bolzano e soprattutto di Merano
è sensibilmente più mite di quanto sarebbe lecito
attendersi per la latitudine, la posizione e il sito. A
parità di quota, comunque, le temperature medie
più basse si riscontrano nell’alta Venosta, che ha
un clima molto asciutto, e nella Pusteria.
Risorse e pianificazione territoriale
L’intero territorio sudtirolese possiede un’alta valenza turistica per il turismo montano estivo-invernale, per il quale offre scenari ampiamente celebrati nella letteratura specializzata e non, villaggi
lindi e pittoreschi, boschi e praterie ben curate, infrastrutture alberghiere e para-alberghiere capillari, spesso a conduzione familiare ma gestite con alto grado di professionalità, impianti di risalita
moderni ed efficienti, un quadro urbanistico che,
nonostante il forte sviluppo demografico e la proliferazione di infrastrutture e servizi per il turismo, è
in genere ben armonizzato col paesaggio, anche
perché è rimasto praticamente immune dal dilagante fenomeno della seconda casa: l’immagine
del campanile di Colfosco incorniciato dalle pareti della Val Mesdì e del Gruppo del Sella, di Ortisei con lo sfondo del Saslong o del Latemar che si
specchia nel Lago di Carezza, sono diventate un
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
41
UN’ANALISI REGIONALE
Tabella 5b.1
Quadro sintetico dell’offerta turistica della Provincia Autonoma
Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998
Popolazione nel territorio montano. Anno 1998
Letti alberghieri. Anno 1999
Letti extra-alberghieri (inclusi appartamenti e seconde case)
Presenze alberghiere. Anno 1999
Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case)
Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓)
1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante)
2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq)
3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%)
Numero impianti di risalita
Portata degli impianti (persone/ora)
Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq)
classico nella letteratura turistica di montagna. Altre attrazioni sono costituite dagli innumerevoli
castelli, da celebri abbazie (Novacella, Sabiona,
Marienberg…), dai bei centri storici di Bressanone, Merano, Brunico e della stessa Bolzano, dal
borgo medioevale murato di Glurns/Glorenza, dalla cura dell’uva e del fieno praticate in numerose
località. Ma l’attrazione principale resta il paesaggio, dunque la villeggiatura estivo-autunnale e gli
sport invernali, con le valli ladine di Gardena e
Badia, il Plan de Corones con l’alta Pusteria e la fascia collinare da Merano a Caldaro che assumono
una posizione di preminenza rispetto ad altre mete.
In questo contesto, una meta turistica estiva privilegiata per escursioni giornaliere è costituita anche
dai passi dolomitici di Sella e Gardena e da quello
dello Stelvio (2.757 m), che dà luogo a un buon
numero di presenze legate allo sci estivo. Un’accorta pianificazione turistica ha saputo opporsi sin
dagli anni 70 alla realizzazione di stazioni ex nihilo
ad alta quota, mirando da un lato a limitare l’impatto ambientale degli impianti per lo sci alpino e
a dare la precedenza “a una migliore utilizzazione
di zone turistiche ricche di neve già esistenti ed
eventualmente a un collegamento fra zone sciistiche diverse, piuttosto che alla realizzazione di zone
singole di grandezza limitata” (Piano turistico dell’Alto Adige/Südtirol, 1982); dall’altro a prolungare la stagione turistica e a coinvolgere anche i comuni di fondovalle. In effetti, in primavera
inoltrata e in autunno è spesso difficile trovare un
letto d’albergo attorno a Merano o nella Bassa
Atesina, e la stessa Bolzano è sempre più visitata
42
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
7.400
462.542
145.196
111.000
18.558.601
6.700.000
=
40,1
2.507,9
3.413
177.417
24,0
392
444.345
60
non solo da uomini d’affari e politici, ma anche da
veri turisti, per le sue mostre, il Museo di storia naturale con la celebre mummia di Ötzi, il Mercatino
di Natale o Christkindlmarkt, che già comincia a
provocare problemi d’inquinamento e congestione
del traffico. Bolzano è stata inoltre interessata negli ultimi anni da importanti realizzazioni urbanistiche legate alla funzione di piccola “capitale”
(ancor più che di “capoluogo”) di Provincia Autonoma, in buona parte strutturata come Land di
una Repubblica Federale. E’ in progetto l’interramento della stazione ferroviaria e la liberazione di
una vasta area a est del centro dal fascio dei binari
e da grigi magazzini, da riqualificare con residenze,
servizi e aree verdi.
Ricettività, presenze, impianti di risalita
Un rapido sguardo alla Tab. 5b.1 permette di quantificare il netto predominio della provincia sudtirolese sulle altre regioni turistiche della montagna
italiana: i letti alberghieri superano di oltre il 50%
quelli già numerosissimi del Trentino, e le presenze
alberghiere sono superiori del 80 per cento. Gli indicatori di intensità turistica e la pressione sul territorio degli impianti di risalita sono più elevati rispetto a Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste e Trentino,
ove si eccettuino ricettività e presenze extra-alberghiere per lo scarsissimo numero di seconde case,
presenti in misura un po’ più consistente solo a
Merano, Ritten (Renon), Welschnofen (Nova Levante) e in pochissime altre località.
Abbastanza numerosi invece sono gli appartamenti in affitto, quasi tutti posseduti e gestiti dalla po-
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
polazione locale e regolarmente immessi sul mercato, ma non per lunghi periodi (stagione o anno).
L’andamento delle presenze negli ultimi anni ha
registrato una sostanziale stagnazione, per la raggiunta maturità turistica del prodotto e per un progressivo avvicinamento dei prezzi – decisamente a
buon mercato ancora una decina di anni fa – attorno ai valori medi delle Alpi italiane. Molto
buono, come nel Trentino, il valore della portata
oraria media per impianto, che denota l’esistenza
di infrastrutture moderne e funzionali, e molto elevato il rapporto fra la portata oraria degli impianti
e la superficie territoriale. In compenso, la percentuale della superficie protetta (oltre al Parco nazionale dello Stelvio, vi sono sette Parchi provinciali) è tra le più alte della montagna italiana.
Le presenze alberghiere vedono primeggiare
Schenna (Scena) e Castelrotto, cioè un comune
della “cintura” collinare meranese, molto frequentato in primavera e in autunno da una clientela essenzialmente tedesca, e un’amena stazione
estivo-invernale che si avvale della presenza nel
suo territorio della celeberrima Seiseralm (o Alpe
di Siusi). Le altre stazioni più frequentate, a parte
Merano, sono le principali stazioni invernali-estive della provincia assieme al complesso del Kronplatz, che nei tre “poli” di San Vigilio di Marebbe,
Olang (Valdaora) e Bruneck (Brunico) dispone
complessivamente di 6.100 letti alberghieri e registra 909.000 presenze. Ortisei e Toblach/Dobbiaco superano la soglia significativa delle 300.000
presenze alberghiere, ma non rivestono più un
ruolo fondamentale nel contesto del turismo altoatesino, in quanto non hanno bacini sciabili
che possano competere con l’alta Badia, l’alta
Gardena e il Kronplatz.
Tenendo conto anche del movimento extra-alberghiero, si rivaluta molto il ruolo di Merano, preceduta comunque da Castelrotto. Uno sguardo alla
Tab. 5b.3 – ove compaiono i principali bacini sciabili, ordinati in base all’intensità del P/h/ – permette di rilevare la netta prevalenza del Kronplatz per
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
43
UN’ANALISI REGIONALE
Tabella 5b.2
Principali stazioni montane (in base a presenze alberghiere e complessive, 1999)
Comune
Pres.alb.
% str.
Schenna (Scena)
788.306
97,0
Kastelruth/Castelrotto
788.227
57,7
Selva/Wolkenstein Gr.
773.264
47,1
Meran/Merano
725.663
72,7
Corvara
660.635
34,6
Badia/Abtei
577.964
32,6
* Valori stimati; % str.: percentuale di presenze straniere
Letti alb.
4.695
5.457
6.004
5.658
5.200
4.900
Comune
Kastelruth/Castelrotto
Meran/Merano
Selva/Wolkenstein
Schenna
Badia/Abtei
Corvara
Tot.Pres.*
1.025.000
1.015.000
985.000
855.000
840.000
805.000
Tot.letti *
10.000
11.000
9.000
5.550
9.600
7.300
Tabella 5b.3
Principali bacini sciabili (in base alla capacità di elevazione degli impianti di risalita, in persone/ora per metro di dislivello)
Comprensori e stazioni
P/h/m
Kronplatz/Plan de Corones
17.500.738
Alta Badia (Corvara-Colfosco-La Villa-Pedraces)
13.826.358
Selva-Santa Cristina (alta Val Gardena)
11.428.212
Ortisei-Seiseralm/Alpe di Siusi
8.234.130
Obereggen*
7.580.000
Sexten/Sesto
4.970.610
Plose
4.865.523
Ratchings
4.487.977
* Si estende anche in provincia di Trento (Alpe Pampeago)
intensità ed efficienza delle attrezzature, in grado di
assicurare la quasi totale copertura delle piste con
innevamento artificiale; ma lo sviluppo delle piste
– una sessantina di km – è decisamente inferiore rispetto all’Alta Badia e a Selva-Santa Cristina, anche se la bellezza di alcuni tracciati (Sylvester, Pre
da Peres) attira turisti a scatola chiusa. Ortisei si
avvale delle piste del Seceda e, sul versante opposto, dell’altopiano della Seiseralm, cui si accede
con una funivia, mentre il collegamento fra i due
settori è facilitato da un tunnel con tappeto mobile; ma il collegamento tra il Seceda e Santa Cristina e dunque col circuito che si sviluppa attorno al
Massiccio del Sella presenta ancora un hiatus, che
non consente di sfruttarlo appieno. La Plose, infine, è un “panettone” simile al Kronplatz che domina Bressanone, ma con minori infrastrutture e piste
e un innevamento di solito più contenuto.
Trasporti, accessibilità e sentieristica
Molto buona, come nel vicino Trentino, l’accessibilità stradale e ferroviaria, specialmente dopo la recente realizzazione dell’autostrada gratuita BolzanoMerano e della circonvallazione di Brunico, mentre
44
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
P/h
48.270
63.441
49.421
35.520
15.145
16.374
13.080
14.323
Impianti
23
48
41
29
18
18
9
8
P/h/imp.
2.099
1.322
1.205
1.225
1.808
910
1.453
1.790
sono in corso importanti lavori di ammodernamento della ferrovia della Val Venosta. Restano difficili
da raggiungere, d’inverno e dall’Italia, Trafoi e Sulden ai piedi dell’Ortles, per la chiusura del Passo
dello Stelvio. Crescenti problemi di inquinamento
da traffico presenta la Pusteria, attraversata da intensi flussi sia di carattere turistico che commerciale (autoarticolati), per ovviare ai quali occorrerebbe
raddoppiare e rettificare la ferrovia Lienz-Fortezza.
In compenso, sta per essere realizzato un progetto
per la costruzione di un lungo tunnel ferroviario di
base sotto il Brennero, da Bressanone a Innsbruck,
che risolverebbe molti problemi per i comuni della
media Valle Isarco. I sentieri hanno uno sviluppo
capillare e sono generalmente ben curati e segnalati, in particolar modo nell’area dolomitica e nella
Venosta, meno attorno a Bolzano (ad es. la zona del
Monte Titschen). Per quanto riguarda la segnaletica, i sentieri curati dal Cai utilizzano una doppia toponomastica, dando la precedenza ai toponimi italianizzati introdotti dal Tolomei col Prontuario del
1935 e ufficializzati nel 1940, quelli di competenza
dell’Avs (Alpenverein Südtirol) utilizzano i soli toponimi germanici tradizionali.
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
VENETO
Caratteristiche del territorio
Nella montagna veneta si può distinguere una fascia esterna, prealpina, estesa dal veronese al trevigiano e comprendente il Baldo (2.218 m), i Lessini (1.975 m), l’Altopiano di Asiago o dei Sette
Comuni, il Grappa e l’Altopiano del Cansiglio; e
una più interna, coestensiva con la Provincia di
Belluno, estesa all’incirca come la Valle d’AostaVallée d’Aoste e la Valtellina e comprendente le
Dolomiti orientali e le Vette Feltrine. L’Altopiano
di Asiago è ben delimitato dai corsi del Brenta e
dell’Àstico, mentre i Lessini sono solcati da vari
corsi d’acqua grosso modo paralleli e con direzione
nord-sud, detti progni o vai, che scorrono profondamente incassati. La Provincia di Belluno è attraversata in tutta la sua lunghezza dal Piave, le cui
sorgenti si situano presso Sappada, suggestiva stazione allungata sul fondovalle prativo come una
piccola Livigno. Si suddivide in quattro principali
regioni turistiche, e cioè l’Agordino-Zoldano, corrispondente ai bacini del Cordevole e del Maé, il
Cadore con l’Ampezzano, solcati dal Piave e dal
Boite, il Comèlico (con Sappada), nell’alto bacino
del Piave e dell’affluente Pàdola, e il feltrino, che
con la Val Belluna è la parte turisticamente meno
sviluppata (ma non per questo meno suggestiva).
Il bellunese conta alcuni “3000” tra i più fotografati delle Dolomiti, come il Pelmo, simile a un gigantesco trono di pietra, il Civetta, scenografica
6
quinta a canne d’organo, il Cristallo, il Sorapis
(inscindibile dal Lago di Misurina) e le Tre Cime
di Lavaredo. I principali laghi naturali, oltre alla
porzione veronese del Garda (interessata però da
un turismo solo in piccola parte montano) sono
quello di Alleghe, sovrastato dalla mole gigantesca
del Civetta, e quelli pedemontani di Revine, nel
trevigiano. Il clima, particolarmente asciutto e salubre nell’Altopiano di Asiago e nella conca di
Cortina (che però risente ormai dei problemi del
traffico urbano) è più freddo all’estremità nordorientale della provincia (Sappada e Comelico).
Risorse e pianificazione territoriale
La maggiore risorsa della montagna veneta è costituita dall’incomparabile conca di Cortina
d’Ampezzo (1.230 m), che presenta condizioni
ideali per la villeggiatura estiva e molto buone per
gli sport invernali: i maestosi massicci dolomitici
che la incorniciano (Tofane, Pomagagnòn, Cristallo, Croda da Lago, Nuvolau) sono infatti sufficientemente distanziati dal centro abitato da non
sminuirne il soleggiamento. Tutta la parte settentrionale del comune è ammantata da fitti boschi
di conifere, rimasti immuni dalla speculazione
edilizia grazie all’istituzione delle Regole di Ampezzo, consorzio di tipo privato costituito da famiglie originarie del luogo. Il centro urbano ha assunto dimensioni ragguardevoli e conta 6.500
Tabella 6.1
Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale
Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998
Popolazione nel territorio montano. Anno 1998
Letti alberghieri. Anno 1999
Letti extra-alberghieri (inclusi appartamenti e seconde case)
Presenze alberghiere. Anno 1999
Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case)
Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓)
1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante)
2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq)
3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%)
Numero impianti di risalita
Portata degli impianti (persone/ora)
Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq)
6.341
621.250
26.762
415.000
2.770.000
16.909.000
=
4,5
436,8
3.103
53.071
8,4
321
263.520
41,5
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
45
UN’ANALISI REGIONALE
Tabella 6.2
Principali stazioni montane (in base a presenze alberghiere e complessive, 1999)
Comune
Pres.alb.
% str.
Cortina d’Ampezzo
552.099
20
Livinallongo (Arabba)
205.326
45
Falcade
166.715
7
Borca di Cadore
134.662
..
Rocca Pietore
131.279
15
Alleghe
129.119
..
*Valori stimati; % str.: percentuale di presenze straniere
Letti alb.
4.834
1.421
1.340
1.493
1.180
911
Comune
Cortina d’Ampezzo
Roana
Asiago
Gallio
Bosco Chiesanuova
Auronzo di Cadore
Tot.Pres.*
1.770.000
1.100.000
800.000
740.000
650.000
510.000
Tot.letti *
25.000
24.500
17.000
16.000
14.500
10.000
Tabella 6.3
Principali bacini sciabili (in base alla capacità di elevazione degli impianti di risalita, in persone/ora per metro di dislivello)
Comprensori e stazioni
Arabba-Malga Ciapela
Cortina d’Ampezzo
Alleghe-Valzoldana (“Civetta”)
Falcade-Valles-S. Pellegrino (“Tre Valli”)
P/h/m
12.852.551
10.195.533
8.329.885
7.643.360
residenti (contro 8.500 di vent’anni fa), ma – a
parte qualche brutto episodio di urbanistica presso l’ex stazione ferroviaria – presenta nel complesso un aspetto gradevole, con costruzioni poco sviluppate in altezza anche nella zona centrale, tetti
a spioventi ben inclinati e largo uso del legno.
Il secondo, importante polo di attrazione invernale è Arabba, che assieme a Corvara è l’anello privilegiato dello ski-tour del Sella Ronda. Ma la provincia di Belluno conta soprattutto un gran
numero di stazioni a prevalente frequentazione
estiva, come Auronzo, con la frazione di Misurina
e la bella Foresta di Somadida, la fascia del Centro Cadore da Pieve a Lozzo, il Comelico, Sappada e la stessa Falcade, senza contare poi Cortina e
la teoria dei comuni cadorini lungo la Valle del
Boite, da San Vito a Borca e a Vodo. Belluno ha
nel Nevegàl, a 13 km dal centro cittadino, un’importante frazione frequentata per villeggiatura e
sport invernali. La Val Visdende, tra Sappada e
S. Stefano di Cadore, è uno dei siti naturalistici
più intatti e affascinanti di tutte le Alpi orientali
e il paese di Zoppé, nello Zoldano, ai piedi del
Pelmo, è forse il più fotografato nella pubblicistica
turistica della montagna veneta, ma – incredibilmente – è del tutto privo di alberghi. Nel vicentino, l’Altopiano dei Sette Comuni ha assunto rinomanza internazionale per lo sci nordico, con
circa 500 km di piste battute, ed è ben attrezzato
46
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
P/h
33.908
41.234
29.030
28.401
Impianti
29
34
27
25
P/h/imp.
1.169
1.213
1.075
1.136
anche per lo sci alpino, ma deve fare i conti con
un’eccessiva urbanizzazione legata alla seconda
casa, che ha interessato Asiago, Roana e Gallio;
più a ovest, nei Lessini, si situa la stazione estivoinvernale di Bosco Chiesanuova, pure ad alta intensità di seconde case.
Altri motivi di attrazione della montagna veneta
sono costituiti dalle terme di Recoaro, dai centri
storici di Belluno, Feltre Vittorio Veneto e dalla
città pedemontana di Bassano, da monumenti e
memoriali della prima guerra mondiale (Grappa,
Asiago, Ortigara, Pasubio), dalla mole sinistra
della diga del Vajont, dai tornanti e dalle gallerie
di quel miracolo di ingegneria che è la strada del
Passo di San Boldo, nel trevigiano, dai fossili dei
Lessini, ove si localizza anche la minoranza linguistica dei Cimbri. Nell’aprile del 1990, la regione
Veneto ha pubblicato il Piano Neve, interessante
lavoro condotto con scrupolo scientifico nel quale si stabiliscono soglie massime di carico dei bacini sciabili, si censiscono gli impianti di risalita esistenti, si passano al vaglio ipotesi di collegamenti
intervallivi e si auspica la valorizzazione della
conca di Sappada, che presenta gruppi di impianti fra loro non collegati. Anche alcuni laghi artificiali hanno ormai un certo peso turistico: ad es.
quello di S. Caterina sul Torrente Ansiei, ormai
inseparabile dall’immagine di Auronzo e frequentato per bagni e sport nautici, che hanno valso ad
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
Auronzo l’appellativo di “spiaggia delle Alpi”; il
Lago di Pieve di Cadore e quello molto esteso di
Santa Croce, presso la Sella di Fadalto, pure frequentato per gli sport nautici.
Ricettività, presenze, impianti di risalita
Il Veneto si colloca al secondo posto, dopo il
Trentino-Alto Adige/Südtirol, per ricettività e
presenze alberghiere nelle località montane,
al terzo – preceduto dalla Valle d’Aosta-Vallée
d’Aoste – per gli indicatori di intensità turistica, e
al quarto per quanto concerne il movimento complessivo, dopo Trentino-Alto Adige Südtirol, Piemonte e Lombardia, le ultime due proiettate al
vertice dalla massiccia presenza di seconde case.
Pur se lontano dal poco invidiabile primato di
Piemonte e Lombardia, comunque, il Veneto non
è stato certo risparmiato dalla speculazione edilizia, poiché i 415.000 letti extra-alberghieri costituiscono comunque un apparato ricettivo di notevole entità.
Va detto però che il fenomeno della seconda casa
è molto più concentrato, interessando soprattutto
l’Altopiano di Asiago, Bosco Chiesanuova, Cortina e Auronzo e risparmiando gran parte del bellu-
nese, che costituisce l’ossatura del turismo montano regionale. L’andamento delle presenze per lo
più ristagna negli ultimi anni, con qualche buona
performance locale (Asiago). La superficie destinata a parchi ha un’incidenza minore rispetto alle
altre regioni alpine finora analizzate, compresa la
Liguria, e la modesta portata oraria per impianto
(821 p/h) riflette lo squilibrio esistente fra le principali stazioni e le altre località, rimaste ferme alle esigenze dello sciatore “fine anni 70” e poco
concorrenziali sull’attuale mercato turistico invernale.
Cortina d’Ampezzo è di gran lunga il comune più
frequentato per presenze alberghiere e non, ma da
diversi anni il secondo posto per il movimento alberghiero è stabilmente occupato da Livinallongo
grazie alla frazione Arabba, che ha saputo capovolgere a proprio vantaggio condizioni geografiche un tempo considerate sfavorevoli (clima freddo, scarsa vegetazione arborea, posizione ai piedi
di valichi soggetti a temporanea chiusura invernale o comunque percorribili con difficoltà) in
prerogative ottimali per lo sci moderno. Un discreto sviluppo ha recentemente interessato anche Falcade e Rocca Piètore, che si sono inserite
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
47
UN’ANALISI REGIONALE
per sfruttare il “carosello” del Sella Ronda, e che
ha ricevuto nuovo impulso dalla recente unione
tariffaria con il comprensorio di Malga CiapelaMarmolada, col quale era da tempo collegata. Il
comprensorio del Civetta raggruppa i comuni di
Alleghe, Zoldo Alto e Selva di Cadore e offre
panorami suggestivi e belle piste, ma anche un
collegamento faticoso fra Pecol di Zoldo e Alleghe. Il comprensorio delle “Tre Valli” (FalcadePasso San Pellegrino-Passo Valles) si sviluppa fino a quote piuttosto elevate per le Dolomiti
(circa 2.600 m) e ha in Falcade (1.150 m) una
stazione estivo-invernale molto gradevole, in
una conca soleggiata e ammantata di boschi di
conifere. Cortina d’Ampezzo, comunque, al di là
delle minori opportunità che offre rispetto ad
Arabba e dello spezzettamento del comprensorio
in due o tre segmenti, è l’indiscussa “regina delle
Dolomiti”, per gli scenari montani, la qualità
delle piste, l’atmosfera a un tempo cosmopolita e
sfarzosa che si respira negli chalet in quota e nelle ore del “dopo sci”, scandite da irrinunciabili
“pellegrinaggi” in caffè e punti di incontro di antica tradizione.
Trasporti, accessibilità e sentieristica
davanti a una stazione tradizionale a prevalente
frequentazione estiva come Auronzo (124.000
presenze alberghiere), mentre Borca deve l’elevato numero di presenze al complesso residenzialealberghiero di Corte, promosso negli anni 60 dall’Eni. Asiago (107.000 presenze nel 2000) e i
comuni dell’altopiano hanno recentemente invertito la tendenza al lento declino delle presenze,
mentre Sappada e Zoldo Alto registrano un numero di presenze – circa 61.000 – inferiore alle effettive potenzialità. Per quanto concerne ricettività e presenze extra-alberghiere (stimate),
Cortina è seguita da tre comuni dell’Altopiano di
Asiago, e cioè Roana – che con le frazioni di Cesuna, Canove, Tresché Conca conta oltre 20.000
letti in seconde case – la stessa Asiago e Gallio,
nonché Bosco Chiesanuova, molto frequentata
dai veronesi nei fine settimana.
La principale stazione di sport invernali, come si
è detto, non è Cortina ma Arabba, che assieme a
Corvara è situata nella posizione più favorevole
48
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
I problemi al centro dei dibattiti su viabilità e trasporti sono il completamento dell’Autostrada
della Valdastico fino a Trento, la realizzazione di
una pedemontana da Vicenza a Conegliano-Treviso e il proseguimento dell’Autostrada di Alemagna da Ponte nelle Alpi alla Pusteria attraverso Cortina. Di tali progetti, solo l’ultimo
contribuirebbe a migliorare l’accessibilità di parte
delle Dolomiti bellunesi, ma a danno di un paesaggio che è uno dei punti di forza della montagna veneta, onde la ferma opposizione del Comune di Cortina. Certo è che non si rimpiangerà
mai abbastanza la ferrovia Calalzo-Cortina-Dobbiaco, dismessa negli anni 60 e poi assurdamente
smantellata, che oggi costituirebbe una valida alternativa alle code che ogni fine settimana trasformano in un calvario la Valle del Boite. Quanto ai sentieri, interessanti percorsi in ambiente
grandioso si sviluppano nel Parco nazionale delle
Dolomiti bellunesi, nel versante agordino delle
Pale di S. Martino, nella selvaggia Val Travenanzes presso Cortina e tra gli spazi luminosi e sconfinati dell’Altopiano di Asiago, sempre più frequentati dagli appassionati della mountain bike
per il gran numero di strade militari ad alta quota;
ma non vanno sottovalutate le suggestioni di alcuni siti meno noti ai più, come la Val Visdende e
più in generale il Comelico o la conca di Campogrosso, fra Pasubio e Lessini.
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
FRIULI-VENEZIA GIULIA
Caratteristiche del territorio
Nonostante l’altitudine non particolarmente
elevata (Cogliàns 2.780 m, Montasio 2.753 m),
le Alpi Carniche e Giulie hanno una morfologia molto aspra, un clima freddo e piovoso, una
vegetazione che anche a quote inferiori a 1.000
m può presentare i caratteri tipici della media e
alta montagna. Le Prealpi pordenonesi, dalla
confluenza del Torrente Arzino nel Tagliamento allo spartiacque col Piave, possiedono se
possibile un aspetto ancora più aspro e selvaggio, con valloni profondamente incassati fra
ghiaioni calcarei e comunicazioni difficili: gli
unici valichi sono costituiti dal S. Osvaldo,
nella zona del Vajont, e dal Rest, fra Val Tramontina e Valle del Tagliamento, generalmente chiuso d’inverno nonostante superi appena i
1.000 m.
I principali assi di comunicazione della montagna
friulana si diramano a ventaglio da Tolmezzo: a
nord-ovest la Valle del Fella (o Canale del Ferro), che conduce al valico di Camporosso (817
m), tra praterie e magnifiche foreste di conifere,
oltre il quale Tarvis/Tarvisio è già nel bacino della Drava; a nord la Valle del But (o Canale di
S. Pietro), che attraverso l’alpestre Passo di Monte Croce Carnico (1.380 m) comunica con
Mauthen e quindi con Lienz; a ovest la più ampia
Valle del Tagliamento, che attraverso il Passo
7
della Màuria (1.295 m) si collega al bacino del
Piave (Centro Cadore).
La Carnia è ricca di paesaggi montani molto suggestivi, con massicci calcarei come la Crìdola, il
Canìn, il Màngart, che nulla hanno da invidiare
a più celebri vette dolomitiche, e lo stesso pordenonese ha nel Campanile di Val Montanaia una
delle vette più ardite e spettacolari delle Alpi
orientali; ma i pendii sono troppo acclivi per un
adeguato sviluppo dello sci alpino e l’estate è
spesso troppo piovosa per uno sviluppo in grande
stile della villeggiatura, mentre solo il tarvisiano
sembra in grado di attrarre consistenti flussi di
fondisti.
Risorse e pianificazione territoriale
Le risorse turistiche della montagna friulana si
concentrano nella Càrnia e al Piancavallo,
presso Aviano: qui si localizzano le maggiori località invernali ed estive (lo stesso Piancavallo,
Forni di Sopra, Ravascletto, Tarvisio), la stazione termale e montana di Arta, alcuni siti di eccezionale interesse naturalistico e paesaggistico
come i Laghi di Weissenfels (o Fusìne) e le foreste del tarvisiano, che albergano alcune decine
di orsi. Le attrattive di ordine culturale – peraltro difficilmente scindibili dal contesto del turismo montano – sono costituite dalle architetture rurali della Val Pesarina e quelle del comune
Tabella 7.1
Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale
Superficie del territorio montano (kmq). Anno 2000
Popolazione nel territorio montano. Anno 2000
Letti alberghieri. Anno 1999
Letti extra-alberghieri (inclusi appartamenti e seconde case)
Presenze alberghiere. Anno 2000
Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case)
Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓)
1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante)
2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq)
3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%)
Numero impianti di risalita
Portata degli impianti (persone/ora)
Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq)
3.832
133.746
7.040
111.000
623.934
4.500.000
↑
5,0
162,8
1.337
48.300
12,6
62
55.391
14,5
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
49
UN’ANALISI REGIONALE
di Sauris, abitato da una minoranza di lingua e
cultura tedesca, le rovine romane di Zuglio, il
centro storico di Gemona e il borgo medievale
di Venzone, semidistrutti però dal terremoto del
1976 e successivamente ricostruiti; più in generale, è il connubio fra praterie e boschi smeraldini e lindi villaggi dalle architetture insolite a
esercitare particolare fascino e attrazione. La
Regione Friuli, attraverso la Promotour, mantiene il controllo degli impianti di risalita e pianifica lo sviluppo del turismo: ci si propone ad
es. di promuovere il tarvisiano non come area a
se stante, ma in associazione con la slovena
Kranjska Gora e l’austriaca Arnoldstein, sfruttando la singolare combinazione del contatto
fra tre paesi di diversa lingua e cultura, ove potrebbero svilupparsi soprattutto lo sci nordico e
il salto dal trampolino, ma anche lo sci alpino
purché si provveda a completare il circuito del
Lussari. Il vecchio progetto di collegare Pontebba – che intanto è stata dotata di un Palazzo
del ghiaccio – col Passo del Pramollo e le piste
della stazione austriaca di Naßfeld sembra invece di difficile attuazione, anche perché finirebbe con lo svantaggiare le stazioni friulane.
con le altre regioni del Norditalia, esclusa ovviamente la Liguria; ma mostra anche che con
circa 6.500 letti e 700.000 presenze alberghiere
il turismo montano sia tutt’altro che irrilevante, tanto più che le presenze generate dai
110.000 letti extra-alberghieri sono oltre 4 milioni. I parchi regionali delle Dolomiti friulane
(Val Cellina, Val Tramontina, alto Tagliamento) e delle Prealpi Giulie assicurano già un
buon valore dell’indicatore delle aree montane
protette, cui si potrebbero aggiungere l’areaparco demaniale del Prescùdin (1.650 ha) e le
Foreste di Tarvisio e Weissenfels-Fusìne, per
molti aspetti assimilabili a parchi attrezzati. Gli
impianti di risalita sono una settantina, con un
indicatore di intensità per kmq decisamente
moderato.
La principale stazione montana del Friuli è Tarvisio, l’unica a superare la soglia delle 100.000
presenze alberghiere, in uno scenario di praterie
e fitte foreste di abete rosso. Ad essa segue Piancavallo (1.100 m), caratterizzata da una maggiore incidenza del turismo straniero e prima per
importanza se si considera il complesso degli
esercizi ricettivi, comprendenti anche le seconde
case.
Tutte le località sono comunque ancora lontane dalla soglia non eccelsa dei 1.000 letti alberghieri, anche se negli ultimi anni Forni di So-
Ricettività, presenze, impianti di risalita
La Tab. 7.1 rivela chiaramente come il Friuli
non possa competere per il turismo montano
Tabella 7.2
Principali stazioni montane (in base a presenze alberghiere e complessive, 2000)
Comune
Pres.alb.
% str.
Tarvisio/Tarvis
108.316
19,0
Aviano (Piancavallo)
92.491
37,3
Arta Terme
62.858
17,4
Forni di Sopra
53.746
5,9
Ravascletto
30.845
25,0
* Valori stimati; % str.: percentuale di presenze straniere
Letti alb.
748
716
794
724
374
Comune
Aviano (Piancavallo)
Tarvisio/Tarvis
Forni di Sopra
Arta Terme
Chiusaforte (Sella Nevea)
Tot.Pres.*
556.000
360.000
260.000
180.000
180.000
Tot.letti *
11.300
4.900
5.400
3.700
3.600
Tabella 7.3
Principali bacini sciabili (in base alla capacità di elevazione degli impianti di risalita, in persone/ora per metro di dislivello)
Comprensori e stazioni
Ravascletto-Zoncolan
Piancavallo
Forni di Sopra
Camporosso-M. Lussari
Tarvisio/Tarvis
50
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
P/h/m
2.660.731
2.531.485
1.706.702
1.684.800
1.057.657
P/h
10.707
12.368
6.868
1.800
5.687
Impianti
11
12
7
1
6
P/h/imp.
973
1.031
981
1.800
948
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
pra ha registrato un considerevole incremento
della capacità ricettiva (+55%). L’andamento
delle presenze dal ‘98 al 2000 è comunque di
segno positivo un po’ ovunque, a eccezione del
Piancavallo con la Val Cellina. Le maggiori
stazioni sciistiche, come si può desumere dai
bassi valori del P/h/m, hanno una mera importanza regionale.
Su tutte prevale Ravascletto con il bacino di
Monte Zoncolan, i cui impianti sono stati di recente in parte rinnovati, ma si deve osservare
che Tarvisio assumerebbe un ruolo preminente
se fosse collegata “sci-ai-piedi” col Monte Lussàri, attualmente accessibile da Camporosso
con la nuova telecabina a 8 posti, che serve la
lunga pista “del Prampero” e sostituisce la funivia di arroccamento da Valbruna, attiva in estate. Piancavallo, sorta negli anni 70 su un altopiano carsico e dotata di notevoli attrezzature
(ad es. un Palazzo del ghiaccio), è la più importante stazione di sport invernali per numero di
impianti e portata oraria e perché sede frequente di competizioni internazionali, anche se il dislivello moderato la penalizza rispetto ad altre
località.
La nuova stazione di Sella Nevèa, nel comune di
Chiusaforte, sembrava destinata a un notevole
sviluppo, potendo contare sul piccolo ghiacciaio
del Prevàla per lo sci estivo, ma la valanga caduta
nel 1975-76 in prossimità del complesso alberghiero sembra aver frenato ogni ambizione.
Trasporti, accessibilità e sentieristica
Buona è l’accessibilità di Piancavallo, vicinissimo alla pianura pordenonese, e ottima quella di
Tarvisio, raggiungibile per autostrada e ferrovia
internazionale. Per il resto, le località montane
del Friuli, distanti dai grandi bacini italiani di
domanda, possono attrarre turisti dall’Austria e
dall’Est europeo o da regioni italiane lontane
(es.Lazio), offrendo un paesaggio e costumi insoliti. Buoni risultati si potrebbero peraltro raggiungere valorizzando l’inconsueta bellezza di
certi scenari montani (Forni di Sopra con la Cridola, i laghi di Weissenfels/ Fusine con il Màngart) o i sentieri del tarvisiano, preparando il turista/escursionista a un possibile incontro con
l’orso, anziché perseverare nella linea seguita
dall’Azienda Forestale, che quasi tiene sotto silenzio la sua presenza.
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
51
UN’ANALISI REGIONALE
8
EMILIA-ROMAGNA
Caratteristiche del territorio
L’Appennino emiliano si allunga per circa 250 km
da nord-ovest a sud-est ed è solcato a pettine da
numerose vallate parallele e grosso modo perpendicolari alla linea di displuvio con la Liguria e la
Toscana. I terreni argillosi sono spesso interessati
da forme di erosione (calanchi) e il paesaggio, per
le forme arrotondate del rilievo e la scarsa copertura boschiva della parte medio-bassa delle valli,
assume una certa monotonia, qua e là interrotta
da cime singolari, come il trapezio roccioso della
Pietra di Bismàntova (Reggio Emilia). Numerosi,
ma relativamente elevati (1.000-1.500 m: Abetone, Radici, Cerreto, Cisa) e faticosi i valichi che
superano lo spartiacque ligure-tirrenico nella se-
zione nord-occidentale. Le quote dei passi si abbassano nel bolognese, ma superano di nuovo i
1.000 m nel forlivese (La Calla, Mandrioli); anche nelle sezioni più depresse, del resto, mancano
strade di valico che seguano itinerari poco tortuosi e utilizzino comodi solchi vallivi, ad eccezione
della Porrettana fra Bologna e Pistoia e ovviamente delle autostrade del Sole e della Cisa.
L’Appennino emiliano conta tre cime superiori ai
2.000 m (Cimone – 2.163 m – Cusna, Alpe di
Succiso) e qualche piccolo, pittoresco specchio
d’acqua di origine glaciale, come il Lago Santo
modenese e parmense, il Lago del Cerreto e il Lago Scaffaiolo, quest’ultimo a 1.800 m di quota, ai
piedi del Corno alle Scale.
Tabella 8.1
Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale
Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998
Popolazione nel territorio montano. Anno 1998
Letti alberghieri. Anno 1999
Letti extra-alberghieri (inclusi appartamenti e seconde case)
Presenze alberghiere. Anno 1999
Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case)
Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓)
1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante)
2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq)
3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%)
Numero impianti di risalita
Portata degli impianti (persone/ora)
Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq)
6.647
241.665
16.979
428.000
960.000
16.000.000
=
4
144,4
2.552
82.920
12,9
84
70.092
10,5
Tabella 8.2
Principali stazioni montane (in base a presenze alberghiere e complessive, 1999)
Comune
Pres.alb.
% str.
Porretta Terme
122.026
4,0
Lizzano in Belvedere
85.607
4,2
Sestola
81.160
4,5
Fiumalbo
45.427
4,5
Fanano
40.000 *
..
Collagna
38.628
7,0
* Valori stimati; % str.: percentuale di presenze straniere
52
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
Letti alb.
1.436
1.433
1.048
595
590
381
Comune
Lizzano in Belvedere
Sestola
Serramazzoni
Zocca
Fanano
Pievepelago
Tot.Pres.*
670.000
540.000
480.000
425.000
410.000
370.000
Tot.letti *
16.000
12.000
12.300
11.500
10.000
9.800
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
Tabella 8.3
Principali bacini sciabili (in base alla capacità di elevazione degli impianti di risalita, in persone/ora per metro di dislivello)
Comprensori e stazioni
P/h/m
Cimone
4.642.904 *
Corno alle Scale
2.010.446
Cerreto Laghi
1.305.532
Febbio-Cusna 2000
1.248.033
* Compresa la seggiovia Sestola-Pian del Falco, separata dal resto del comprensorio
Risorse e pianificazione territoriale
Villeggiatura estiva – tradizionale o in strutture
agrituristiche – e sport invernali costituiscono le
principali risorse della montagna emiliano-romagnola, cui si può aggiungere l’opportunità di usufruire delle fonti termali di Porretta e Bagno di Romagna. Le risorse di tipo naturalistico hanno la
loro punta di diamante nella Foresta di Campigna,
nell’alta valle del Bidente, inclusa nel Parco nazionale delle Foreste Casentinesi. Vari Parchi regionali sono stati istituiti nell’Alto Appennino Reggiano e Modenese, al Corno alle Scale e in Alta
Val Parma e Cedra, quest’ultimo con ben 19 laghi
di origine glaciale e cime come il Sillara e l’Orsaro.
La cittadina di Bobbio (272 m) offre qualche possibilità di turismo invernale al Passo del Pénice
(1.143 m) e possiede interessanti monumenti come lo storico Monastero di S. Colombano, il duomo e il ponte romano sul Trebbia. Altri fattori di
attrazione culturale (peraltro non numerosi) sono
le rovine romane di Velleia, ancora nel Piacentino, e alcuni castelli (Bardi, Canossa). L’Appennino piacentino attende ancora di essere valorizzato
da un turismo non legato alla seconda casa e può
offrire inaspettate suggestioni, come il nido d’aquila di Brugnello, antico borgo a picco sul Trebbia, e
il villaggio di Tartago in Val Borreca, tra Ottone e
Zerba. La nuova stazione sorta alla fine degli anni
60 al Lago del Cerreto, presso il passo omonimo
(comune di Collegna), si è sviluppata al di fuori di
ogni pianificazione, con immobili di vario stile e
qualità, talora fuori scala rispetto al contesto montano nel quale sono inseriti.
Ricettività, presenze, impianti di risalita
La montagna emiliana ha un’estensione ragguardevole (6.400 kmq), paragonabile a quella del Veneto e della Lombardia, ma conta una popolazione decisamente inferiore, anche perché non
comprende comuni pedemontani. La ricettività
alberghiera – 16.600 letti – può definirsi consistente per una regione appenninica, ma quella ex-
P/h
24.932
10.630
5.149
3.828
Impianti
23
8
6
5
P/h/imp.
1.084
1.329
858
766
tra-alberghiera è di ben 25 volte superiore, dato il
gran numero di seconde case esistenti soprattutto
nel modenese e nel bolognese.
Per quanto concerne le presenze, fra l’altro, l’Emilia è preceduta negli Appennini soltanto dall’Abruzzo. Gli indicatori di intensità turistica sono
un po’ meno elevati rispetto al Veneto, ad eccezione del rapporto fra presenze alberghiere e popolazione residente. Le maggiori stazioni montane
dell’Emilia – a parte Porretta e Bagno di Romagna, in cui la funzione termale prevale su quella di
villeggiatura montana – sono Lizzano in Belvedere e Sestola, cioè le principali stazioni di sport invernali, la prima col complesso del Corno alle
Scale, la seconda con quello del Cimone.
Anche le altre località si avvalgono di importanti
bacini sciabili: Fiumalbo è una dependance dell’Abetone, Fanano afferisce al comprensorio del Cimone e Collagna include nel proprio territorio il
Passo e il Lago del Cerreto. In tutte queste località,
comunque, il semestre estivo prevale ancora su
quello invernale. Per quanto riguarda la capacità
ricettiva e le presenze alberghiere ed extra-alberghiere, Lizzano prevale nettamente, con migliaia
di letti in seconde case distribuiti anche nelle frazioni di Vidiciatico, Monteacuto e Madonna dell’Acero, quest’ultima in prossimità del Corno alle
Scale; ma tra le primissime località si inseriscono
anche centri di villeggiatura estiva come Serramazzoni e Zocca, molto vicini a Modena, e Pievepelago frequentata d’estate per l’amenità del sito e
la qualità dei servizi, d’inverno per la vicinanza alle stazioni del Cimone e dell’Abetone e perché include nel proprio territorio la piccola stazione di
Sant’Anna Pelago. Principale bacino sciabile è di
gran lunga il Cimone, massiccio spartito fra i comuni di Sestola, Fanano, Montecreto e Riolunato,
che assieme all’Abetone offre le migliori opportunità sciistiche dell’Appennino dopo il comprensorio abruzzese di Roccaraso-Rivisondoli.
Difettoso è però il collegamento di Sèstola col fulcro del bacino sciabile, che – chiusa al traffico la
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
53
UN’ANALISI REGIONALE
carrozzabile per motivi ambientali – si effettua con
skibus da Pian del Falco a Pian Cavallaro. Buono è
il grado di modernità degli impianti, la cui portata
media supererebbe le 1.000 p/h se si escludesse dal
computo la vecchia funivia di arroccamento di
Pian del Lupo. Il Corno alle Scale, già palestra di
Alberto Tomba, ha una portata media per impianto ancora più elevata e piste che si dipanano attorno al suggestivo e alpestre Lago Scaffaiolo, e a
montagne come il Cupolino, che sembrano più
elevate dei 1.853 m di quota reale. Cerreto-Laghi
– dotata di un Palazzo del ghiaccio – conta vari
impianti paralleli che risalgono lo stesso pendio e
poche piste, per lo più impegnative, che danno la
suggestiva sensazione di finire a picco nel lago
spesso ghiacciato, mentre alla stazione del Cusna
(Febbio) spetta il primato dell’impianto più alto
dell’Appennino settentrionale (2.063 m).
Trasporti, accessibilità e sentieristica
L’accessibilità dell’Appennino emiliano, come si
diceva, è in sostanza mediocre e le sue località
montane si prestano ad attrarre turisti soprattutto
dalla sottostante pianura e da qualche provincia limitrofa della Lombardia (Cremona, Mantova) e
9
TOSCANA
Caratteristiche del territorio
Il crinale che separa la Toscana dall’Emilia si
mantiene a quote relativamente elevate (1.700
m o più) dal Passo della Cisa all’alta Valle del Reno, superando anche la soglia dei 2.000 m col
Monte Prato, in alta Garfagnana. A est del Reno,
invece, i 1.500 m sono superati solo dai massicci
del Pratomagno e del Falterona. A sud-est si erge
isolato l’antico cono vulcanico dell’Amiata
(1.738 m), e a nord-ovest, parallela allo spartiacque tirrenico-padano, si staglia l’aspra catena
delle Alpi Apuane (M. Pisanino, 1.945 m), nota
per l’elevata piovosità, con pareti dirupate sul
versante marittimo e pendii un po’ meno acclivi
e più boscosi su quello della Garfagnana. Questa
regione storica, corrispondente all’alta Valle del
Serchio, è con la Lunigiana, il Mugello e il Casentino una delle caratteristiche conche intermontane della Toscana, che presentano prerogative favorevoli per il turismo estivo. Il clima è
quasi ovunque meno freddo, a parità di quota, rispetto alle limitrofe zone dell’Emilia, anche se
54
dalla Toscana. La località meglio servita è Berceto,
animato centro di turismo estivo del parmense a
800 m di quota, dotato di apposito casello lungo
l’autostrada della Cisa. Condizioni simili presenta
Castiglione de’ Pepoli (Bologna), servito dall’Autostrada del Sole (Pian del Voglio), mentre l’accessibilità di Bobbio è buona solo da Piacenza. Di notevole interesse naturalistico e paesaggistico sono i
sentieri che si sviluppano nel Parco di CampignaMonte Falterona (Comune di S. Sofia), in alta Valle Nure (Monte Ragola) e sul crinale dal Libro
Aperto al Lago Scaffaiolo, immortalato da alcune
scene indimenticabili del film di Pupi Avati Una
gita scolastica. Da segnalare la recente valorizzazione
ad opera della Provincia di Forlì-Cesena della “Via
dei Romei” attraverso il Valico di Verghereto e di
altre attrattive localizzate nel medesimo comune
(sorgenti del Tevere, Eremo di San Alberico, praterie delle Balze). Alcuni comuni dell’Appennino
bolognese (Loiano, Monzuno, Monghidoro – il più
alto della provincia –), tradizionali stazioni estive a
carattere familiare, stanno assumendo crescente
importanza come centri residenziali al margine dell’area metropolitana di Bologna e registrano negli
ultimi anni cospicui incrementi di popolazione.
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
nei fondovalle delle conche intermontane, specialmente nel Casentino, si possono raggiungere
d’inverno minime molto basse. In compenso, località site a 600 m di quota nel sud della regione,
se in zone poco boscate, presentano d’estate temperature già troppo elevate per qualificarsi come
centri di villeggiatura montana.
Risorse e pianificazione territoriale
Il turismo montano della Toscana – eccettuata la
stazione invernale ed estiva dell’Abetone e in
parte Montepiano, in alta Val Bisenzio – non si
può scindere dal fattore di attrazione costituito
dalla cultura, elemento-cardine dell’immagine
turistica della regione in Italia e nel mondo intero. Bagni di Lucca, Barga e gli innumerevoli villaggi della Garfagnana, Cutigliano e Gavinana
nel pistoiese, Scarperìa e San Godenzo nel Mugello, Vallombrosa-Saltino e la Consuma nel Pratomagno, Poppi, Bibbiena e Badia Prataglia nel
Casentino, Santa Fiora, Abbadia S. Salvatore e
Piancastagnaio nell’Amiata, sono tutte località
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
Tabella 9.1
Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale
Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998
Popolazione nel territorio montano. Anno 1998
Letti alberghieri. Anno 1999
Letti extra-alberghieri (inclusi appartamenti e seconde case)
Presenze alberghiere. Anno 1999
Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case)
Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓)
1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante)
2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq)
3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%)
Numero impianti di risalita
Portata degli impianti (persone/ora)
Indicatore di intensità degli impianti di risalita (persone/ora/kmq)
che possiedono vari elementi di interesse artistico-culturale o che possono essere scelte come base – approfittando del sito, delle condizioni climatiche e della cornice montana – per visitare
altri centri storici situati nei dintorni. Difetta qua
e là – ad es. in Lunigiana, in alta Garfagnana e
nella cosiddetta “Svizzera Pesciatina”, a nord di
Pescia – la ricettività alberghiera ed extra-alberghiera commerciabile, il che non permette di valorizzare appieno le potenzialità del territorio.
Alcune stazioni estive di antica tradizione – come Pracchia e il Passo della Collina nel comune
di Pistoia, o Vallombrosa-Saltino nel Pratomagno – sono un po’ decadute negli ultimi decenni,
di pari passo col declino della villeggiatura estiva
in siti troppo appartati dalle principali vie di comunicazione, poco animati e senza possibilità di
attrarre nella stagione invernale. Per quanto riguarda lo sci alpino, le migliori opportunità si
concentrano all’Abetone e in minor misura all’Amiata (più esposto però a venti marini e sciroccali). Altri motivi di attrazione sono offerti
dalle fonti termali di Bagni di Lucca, Equi (Massa) e Bagni San Filippo (Siena) e dai fenomeni
ipogei della Grotta del Vento, sul versante garfagnino delle Apuane. Il movimento registrato da
alcuni comuni fisicamente montani ma con caratteristiche di città d’arte, come Cortona, Montepulciano o Sansepolcro, non è stato computato
tra le località montane; in compenso, sfuggono al
rilevamento minuscole stazioni come Castelpoggio (Carrara), Antona (Massa) e l’Alpe di Poti
(Arezzo), frazioni di comuni non montani.
7.871
473.792
13.835
300.000
700.000
11.980.000
↑
1,5
88,9
1.611
40.368
5,3
64
44.117
5,6
Ricettività, presenze, impianti di risalita
La montagna toscana ha un’estensione superiore
a quella dell’Emilia-Romagna e una popolazione
quasi doppia, anche a causa dell’inclusione di popolosi comuni pedemontani come Pistoia e Pescia. Tuttavia, la loro ricettività e quella di altre
città d’arte e cultura situate nell’interno (es.
Montepulciano) non è qui computata ai fini del
turismo montano, ad eccezione dei letti eventualmente esistenti in frazioni propriamente
montane situate nel territorio comunale (es. Pòrtole per Cortona, Pracchia per Pistoia).
Rispetto alla vicina Emilia – con la quale esiste
una certa concorrenza per quanto concerne il
campo di attrazione dei bacini sciabili – la ricettività alberghiera è inferiore del 20% e quella
extra-alberghiera del 30 per cento. Di conseguenza, è meno importante anche il movimento
turistico complessivamente registrato, così come sono inferiori gli indicatori di intensità turistica e l’attrezzatura per lo sci alpino (molto bassa, in particolare, è la portata oraria media per
impianto). La stazione col maggior numero di
presenze (e l’unica tra quelli montani a superare
la soglia delle 100.000) è Reggello, cittadina
commerciale e industriale che include nel proprio territorio la nota stazione di VallombrosaSaltino, immersa nella celebre foresta di abete
bianco e faggio. Segue Barga, che include il centro turistico del Ciocco, ma attrae anche per arte e affari; per cui la principale località montana
è senz’altro l’Abetone, su un valico a 1.388 m di
quota, con circa 82.000 presenze alberghiere in
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
55
UN’ANALISI REGIONALE
aumento dal ‘97, dopo una crisi decennale dovuta allo scarso innevamento e all’inadeguatezza
del parco-impianti.
Altre importanti località montane sono Abbadia
S. Salvatore, frequentata d’inverno per le piste
dell’Amiata e d’estate per villeggiatura estiva e
turismo culturale, con forte incidenza di stranieri;
Cutigliano e S. Marcello, stazioni estive di antica
tradizione, la prima con qualche attrezzatura per
gli sport invernali (ormai solo alla Doganaccia,
dopo la chiusura per fallimento della stazione di
Pian di Novello). Il movimento nel complesso
degli esercizi vede primeggiare il vasto comune di
Firenzuola, nel Mugello, comprendente varie frazioni lungo le strade della Futa (es. Covigliaio) e
del Giogo di Scarperia (Rifredo), meta tradizionale di un turismo estivo che si appoggia essenzialmente sulla seconda casa. Lo stesso discorso
vale per Marliana, comune disteso sui rilievi fra
Montecatini e Pistoia, con numerosi appartamenti e villette nel centro e in alcune frazioni
(es. Femminamorta).
L’offerta sciistica si riduce in pratica alle stazioni
dell’Abetone e dell’Amiata, giacché la già citata
Doganaccia ha solo un’antiquata funivia e un
paio di sciovie e le altre località – come Zum Zeri in Lunigiana, Caréggine e il Passo delle Radici
in Garfagnana – sono solo dei “punti-neve” di rilevanza infraprovinciale. All’Abetone è entrata
in funzione da due anni una telecabina a 8 posti
ad agganciamento automatico, primo impianto
del genere nell’Appennino settentrionale, ma il
parco-impianti è ancora inferiore alla fama e ai
trascorsi della stazione e i collegamenti fra i tre
bacini tra i quali si ripartisce il piccolo comprensorio (Abetone-Regine-Faidello, Val di Luce –
ove è sorto in modo più o meno spontaneo un
nuovo centro residenziale – e Campolino) sono
lenti e talora poco razionali. L’Amiata attrae molti turisti dal Lazio e dall’Umbria, ed è caratterizzata dal fatto di concentrare quasi tutta la capacità ricettiva in un rosario di comuni situati a
corona attorno al massiccio.
Trasporti, accessibilità e sentieristica
Mediocre è l’accessibilità delle stazioni montane
della Toscana: l’Amiata è lontano da Firenze e
ancor più da Livorno, Badia Prataglia e Camàldoli (Arezzo) sono in capo al mondo per quasi
tutti i capoluoghi toscani, l’Abetone è raggiunto
da una strada tortuosa e per chi proviene da Viareggio, Pisa o Livorno comporta il totale attraversamento di Lucca, proverbialmente molto
lento. Tutto il fondovalle della Garfagnana fino
a Piazza al Serchio è raggiungibile da Lucca e
Aulla anche a mezzo di una ferrovia a binario
unico, mentre è stata smantellata negli anni 60
quella a scartamento ridotto che raggiungeva
Gavinana e S. Marcello Pistoiese. Interessanti
sentieri anche in ambiente di alta montagna si
Tabella 9.2
Principali stazioni montane (in base a presenze alberghiere e complessive, 1999)
Comune
Reggello-Vallombrosa
Barga
Abetone
Abbadia S. Salvatore
Cutigliano
S. Marcello Pistoiese
Poppi-Badia Prataglia
* Valori stimati
Pres.alb.
146.638
93.000
81.953
50.000 *
38.507
35.500
32.591
% str.
..
27,6
5,3
..
4,5
28,8
8,1
Letti alb.
1.078
629
826
764
560
699
601
Comune
Firenzuola
Abetone
Marliana
Bagni di Lucca
Arcidosso
Cutigliano
Sambuca Pistoiese
Tot.Pres.*
440.000
430.000
380.000
360.000
330.000
325.000
310.000
Tot.letti *
11.000
8.400
9.000
8.700
8.000
7.000
7.800
Tabella 9.3
Principali bacini sciabili (in base alla capacità di elevazione degli impianti di risalita, in persone/ora per metro di dislivello)
Comprensori e stazioni
Abetone
Amiata
56
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
P/h/m
4.837.052
1.417.143
P/h
21.751
9.431
Impianti
27
14
P/h/imp.
806
674
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
sviluppano nel Massiccio delle Apuane (Comuni di Stazzema, Massa, Careggine, Fabbriche di
Vàllico, Vagli), ove da Resceto (480 m) al Passo
della Tambura (1.600 m) si può ripercorrere un
tratto della storica Via Vandelli. In espansione
trekking e mountain-biking tra le morbide ondulazioni del Mugello, con possibilità di abbinare
la visita di centri storici a soggiorni in località
montane (Rifredo, Ronta, ecc.) ed escursioni fino a 1.000 m di quota.
UMBRIA
Caratteristiche del territorio
Nonostante sia l’unica regione appenninica senza
sbocco al mare e in gran parte montuosa, l’Umbria è
di solito considerata priva di turismo montano e totalmente caratterizzata da quello artistico-culturale e
religioso. I rilievi più elevati si situano a est del solco
individuato dalla Val Tiberina e dalla Valle Umbra,
e in particolare tra i valichi della Scheggia e di Colfiorito (Monte Cucco; Monte Pennino) e nel bacino del T. Sordo (Comune di Norcia), interessato
dalla sezione più elevata dei Sibillini, ove in prossi-
10
mità del Vettore (la cui cima è nelle Marche) si superano i 2.400 m di quota. Ai piedi del Vettore, si
distendono i Piani di Castelluccio, il più grande bacino carsico chiuso d’Italia dopo quello del Fucino, a
1.270 m di quota. Da Norcia, la strada di Forca Canapine valica a 1.541 m di quota il sistema costituito dai Sibillini e da un’alta dorsale al confine con la
provincia di Rieti. La morfologia del rilievo – la cui
roccia calcarea affiora di frequente, senza però mai
formare vere pareti rocciose – è caratterizzata da larghe groppe prative moderatamente ondulate. Il clila RIVISTA del TURISMO 2/2002
57
UN’ANALISI REGIONALE
Tabella 10.1
Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale
Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998
Popolazione nel territorio montano. Anno 1998
Letti alberghieri. Anno 1999
Letti extra-alberghieri (inclusi appartamenti e seconde case)
Presenze alberghiere. Anno 1999
Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case)
Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓)
1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante)
2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq)
3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%)
Numero impianti di risalita
Portata degli impianti (persone/ora)
Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq)
ma di alcune conche intermontane, come quelle di
Gubbio e Gualdo Tadino, è di tipo continentale,
con minime invernali anche piuttosto basse.
Risorse e pianificazione territoriale
Le risorse della montagna umbra, come si diceva,
consistono soprattutto nelle attrattive artistico-culturali delle città incluse nel territorio montano, come
Assisi, Gubbio, Spoleto o Gualdo Tadino, e in quelle
religiose, con le testimonianze francescane di Assisi e
il Santuario di Santa Rita a Roccaporena di Cascia.
Dal lato della natura, si possono menzionare le celebri Fonti del Clitunno, nella Valle Umbra, l’altopiano carsico di Colfiorito (Foligno) e quello di Castelluccio (Norcia), sperduto villaggio a 1.450 m di
quota, la Grotta di Monte Cucco, quinta nel mondo
per profondità, il Lago di Piediluco e la Cascata delle
Marmore, incluse nel comune di Terni e dunque al
margine del territorio propriamente montano.
Principali località di turismo montano (dotate anche di importanti risorse artistico-culturali) sono
4.205
282.243
3.575
58.800
360.000
2.235.000
↑
1,3
85,6
617
42.072
10,0
4
2.190
0,5
Norcia, Cascia e Nocera Umbra, cui si può aggiungere Acquasparta (Terni) e qualche centro minore
come Sellano e Monteleone di Spoleto (Perugia).
Il ruolo di Nocera (con la frazione Bagnara) e della parte montana di Foligno (Colfiorito, Annifo)
è stato però fortemente ridimensionato dal terremoto del settembre 1997.
Ricettività, presenze, impianti di risalita
Nonostante una superficie montana superiore a
quella di una regione come il Friuli, i letti alberghieri sono poco numerosi, dato che il grosso della ricettività del territorio montano si concentra
in città d’arte e di interesse religioso come Assisi
(4.500 letti e 720.000 presenze!), Spoleto o Gubbio. Anche i letti extra-alberghieri – ufficiali o
informali – sono molto inferiori rispetto alle altre
regioni dell’Italia centro settentrionale: di conseguenza, sono sensibilmente più bassi tutti gli indicatori di intensità turistica, ma è da considerarsi
buona l’incidenza delle aree protette nazionali e
Tabella 10.2
Principali stazioni montane (in base a presenze alberghiere e complessive, 1999)
Comune
Pres.alb.
% str.
Norcia
94.893
16,1
Cascia
80.000
..
Nocera Umbra
20.000
..
* Valori stimati; % str.: percentuale di presenze straniere
58
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
Letti alb.
734
866
304
Comune
Norcia
Cascia
Monteleone di Spoleto
Tot.Pres.*
330.000
290.000
115.000
Tot.letti *
7.200
5.512
2.950
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
Tabella 10.3
Principali bacini sciabili (in base alla capacità di elevazione degli impianti di risalita, in persone/ora per metro di dislivello)
Comprensori e stazioni
P/h/m
Forca Canapine*
457.000
* Comprende 3 impianti in territorio marchigiano (Comune di Arquata del Tronto)
regionali, che comprendono circa un terzo del
Parco Nazionale dei Sibillini e i parchi regionali
di Monte Cucco e del Subasio.
Le poche sciovie esistenti si situano al Valico di
Forca Canapine (1.541 m), il cui bacino sciabile –
esteso anche in territorio marchigiano – ha caratteristiche e attrezzature tali da soddisfare una domanda esclusivamente locale (Tab. 10.3).
Norcia (oltre 90.000 presenze alberghiere) e Cascia
sono le sole località montane dotate di una consistente ricettività alberghiera (700-800 letti), seguite
a distanza da Nocera Umbra (300 letti), Acquasparta (Terni) e altre località con un discreto numero di
letti in seconde case, come Monteleone di Spoleto –
il più alto comune umbro, a 978 m di quota – e
Scheggia e Pascelupo, presso il Monte Cucco.
Nel comprensorio montano “Valnerina-Cascia”
sono state registrate nel 1999 211.000 presenze alberghiere (+20% rispetto al 1998), in lievissima
P/h
3.500
Impianti
6
P/h/imp.
583
flessione nel 2000, in quelli di Gubbio e del “Folignate-Nocera Umbra” – “inquinati” dalle presenze registrate nei centri d’arte e d’affari e in comuni non montani – rispettivamente 177.000
(+45%) e 238.000 (+32%).
Trasporti, accessibilità e sentieristica
Se si escludono Orvieto, servita dall’Autostrada
del Sole, e Perugia, ad essa collegata da una lunga
“bretella”, tutte le comunicazioni dell’Umbria
ruotano attorno alla statale 3 bis, che risale la
valle del Tevere, nella quale si innesta a Perugia
un secondo importante asse che attraversa la Valle Umbra. Le comunicazioni ferroviarie non sono
tali da incoraggiare chi intenda raggiungere in
treno i centri principali, per la lentezza dei tempi
di percorrenza e la difficoltà di reperire coincidenze comode per le più importanti città del centro-nord, se si eccettua la linea Roma-Ancona.
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
59
UN’ANALISI REGIONALE
11
MARCHE
Caratteristiche del territorio
Praticamente prive di pianure, Le Marche sono caratterizzate da una serie di valli a pettine con andamento sud-ovest/nord-est, separate da dorsali di
colline plioceniche e basse montagne che solo in
prossimità del confine con l’Umbria raggiungono
quote relativamente elevate (1400-1500 m). I rilievi più alti sono tutti a sud del Fiume Esino (province di Macerata e Ascoli), con la catena dei Sibillini (Monte Vettore, 2478 m) e una propaggine dei
Monti della Laga (2073 m), al confine con Lazio e
Abruzzo. Nella parte settentrionale della regione,
la montagna più alta e imponente è il Catria (1701
m), di costituzione calcarea. Unico lago naturale è
il minuscolo e suggestivo Pilato (1949 m), sulle
pendici del Vettore (alta Valle dell’Aso), ma una
certa rilevanza turistica hanno comunque assunto
gli invasi artificiali di Fiastra e Caldarola. Nonostante la vicinanza al mare (peraltro chiuso e poco
profondo) e il lento evolversi dell’altitudine dalla
costa verso lo spartiacque tirrenico, il clima dell’entroterra è di tipo continentale.
Risorse e pianificazione territoriale
Sicuramente più importanti dell’Umbria per il turismo montano, le Marche possono essere assimilate
alla Toscana per il connubio tra montagna e cultura:
le cittadine di Cagli, Cingoli (il “balcone delle Mar-
che”) e San Severino, i grossi borghi di Amandola e
San Ginesio e il bel centro di Visso, ad esempio, sono in grado di integrare un mero soggiorno climatico, che potrebbe anche suscitare un interesse limitato, con l’offerta di un gradevole quadro
urbanistico-architettonico – dominato dalla colorazione ocra dei mattoni – e di significative opere
d’arte. Non mancano comunque località di turismo
estivo/invernale “pure”, come Carpegna e Montecopiolo in provincia di Pesaro e Frontignano di Ussita
in quella di Macerata, e altre, come Sarnano, che alla funzione di località estivo-invernale e alle attrattive del centro storico aggiungono quella costituita
dalle fonti termali. Piccola stazione termale è località
di turismo montano è anche Acquasanta, nel fondovalle del Tronto (Ascoli). Altre risorse turistiche della montagna marchigiana sono i tabulati calcarei di
Sasso Simone e Simoncello (Pesaro), simili alla Pietra di Bismantova, alcune pievi e castelli isolati (es.
la Rocca di Varano, in Val di Chienti, o l’Eremo di
Fonte Avellana presso il Catria), le Grotte di Frasassi e la Rocca di San Leo, quest’ultima, però, al margine del territorio propriamente montano. Fulcro della
montagna marchigiana è la Catena dei Sibillini –
eretta a parco nazionale – che nel settore nord-occidentale (Ussita) e settentrionale (Sarnano, Bolognola) offre buone opportunità per lo sci e su quello
orientale, più dirupato, per l’escursionismo: il Monte
Tabella 11.1
Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale
Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998
Popolazione nel territorio montano. Anno 1998
Letti alberghieri. Anno 1999*
Letti extra-alberghieri (inclusi appartamenti e seconde case)
Presenze alberghiere. Anno 1999
Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case)
Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓)
1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante)
2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq)
3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%)
Numero impianti di risalita
Portata degli impianti (persone/ora)
Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq)
* Esclusa Fabriano-centro storico
60
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
3.886
172.396
4.448
120.000
320.000
4.500.000
↑
1,9
82,3
1.230
67.107
19,5
40
25.444
6,5
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
Palazzo Borghese, d’inverno, rammenta scenari più
consoni alla Val Badia che non agli Appennini. Il
Parco Nazionale dei Sibillini, però, non sembra abbia ancora avuto ripercussioni significative sull’economia dei comuni interessati, in decremento anche
dopo il ’91 (-17% Montegallo, -8% Bolognola, che
conta ormai solo 160 residenti). Occorrerebbe dunque incrementare la ricettività alberghiera e para-alberghiera, facilitare l’avvicinamento a siti suggestivi
ma difficilmente raggiungibili a chi non sia in grado
di affrontare lunghe escursioni con forti dislivelli, e
forse ampliare l’offerta invernale in una zona di solito molto innevata come quella del Vettore.
Ricettività, presenze, impianti di risalita
Anche se la ricettività alberghiera è pari a un terzo
di quella della Toscana e quella extra-alberghiera è
meno della metà, le Marche sono potenzialmente
in grado di attirare in montagna flussi turistici di
una certa consistenza. Gli indicatori di intensità
turistica – compresa la pressione sul territorio degli
impianti di risalita – sono paragonabili a quelli del-
la Toscana, ma un sintomo di debolezza è costituito
dal bassissimo valore della portata media per impianto di risalita (appena 632 persone/ora), valore
questo che, combinato con lo scarso sviluppo chilometrico delle piste, rende poco sostenibile la
concorrenza con le stazioni abruzzesi.
Principali stazioni montane sono Carpegna, Sarnano e Ussita per quanto concerne il movimento alberghiero, Ussita – grazie anche alla presenza dell’importante stazione invernale di Frontignano – se
si considera il complesso delle strutture ricettive,
mentre al teorico primato di Camerino contribuiscono anche altri “turismi”. La cittadina di Sassoferrato possiede varie frazioni montane con parecchi letti in seconde case, e la stessa Fabriano conta
nel centro di Poggio S. Romualdo, a 936 m di quota, una località di una certa importanza per il turismo montano, con 135 letti alberghieri.
Principale bacino sciabile è quello di Frontignano, frazione di Ussita sita a 1.340 m di quota, con
impianti – tra cui una funivia e quattro seggiovie
– che consentono di raggiungere i 2.165 m di
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
61
UN’ANALISI REGIONALE
Tabella 11.2
Principali stazioni montane (in base a presenze alberghiere e complessive, 2000)
Comune
Pres.alb.
% str.
Carpegna
47.688
4,8
Sarnano
34.628
3,1
Ussita
24.248
2,2
Camerino
18.118
15,3
* Valori stimati; % str.: percentuale di presenze straniere
Letti alb.
386
387
328
342
Comune
Camerino
Ussita
Sassoferrato
Acquasanta Terme
Tot.Pres.*
433.775
345.000
265.000
190.000
Tot.letti *
6.150
8.250
7.000
4.700
Tabella 11.3
Principali bacini sciabili (in base alla capacità di elevazione degli impianti di risalita, in persone/ora per metro di dislivello)
Comprensori e stazioni
Frontignano di Ussita
Sarnano-Sassotetto
Bolognola
P/h/m
1.631.048
874.584
441.360
Monte Bove. Ussita è stata anche attrezzata con
servizi di qualità, come un Palazzo del ghiaccio,
un Palasport e una piscina coperta. Da Piobbico
di Sarnano si sale per strada o funivia a Fontelardina (1.280 m), da dove una seggiovia e varie
sciovie risalgono il versante orientale e settentrionale (Passo Maddalena) di Sasso Tetto. Le altre
località sciistiche marchigiane si situano ancora
nel Maceratese (Bolognola, Castelsantangelo sul
Nera) e in provincia di Pesaro (Villagrande di
Montecopiolo, Eremo di Monte Carpegna).
Trasporti, accessibilità e sentieristica
Sostanzialmente buona l’accessibilità della montagna marchigiana per chi proviene dalla costa
12
Impianti
11
10
6
P/h/imp.
723
608
607
adriatica, per la presenza di scorrevoli assi stradali
di penetrazione lungo le principali vallate (Metauro, Esino, Potenza, Chienti, Tronto), e da Foligno, da cui si raggiungono Ussita e Visso nonché
Fabriano e la Valle Esino. Molto carenti sono invece le comunicazioni ferroviarie, l’unica linea di
penetrazione essendo costituita dalla Foligno-Fabriano-Ancona (con le brevi e tortuose diramazioni per Pergola e Matelica-San Severino), che
non permette di avvicinarsi ad alcuna importante
stazione montana. Quanto alla sentieristica, di
grande suggestione sono gli itinerari che conducono al Lago Pilato (800 m di dislivello), alla Gola dell’Infernaccio e alle Sorgenti dell’Ambro, nei
Sibillini, che richiedono 2,5-3 ore di cammino.
LAZIO
Caratteristiche del territorio
La regione ha una struttura geologica complessa,
che include grandi e ormai spenti apparati vulcanici (Vico, Bolsena, Colli Albani…), delimitati a est
e a sud da rilievi appenninici carbonatici o calcareo-marnoso-arenacei. Anche se la nostra delimitazione comprende un comune del viterbese (Caprarola, presso il Lago di Vico), due dei Colli
Albani (Rocca di Papa, Rocca Priora) e tre dei
62
P/h
7.949
6.080
3.640
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
Monti Lepini (Latina), la montagna laziale si identifica coi Monti del reatino e coi massicci che da
qui si sviluppano con andamento nord ovest-sud
est lungo il confine con l’Abruzzo: a nord il massiccio del Terminillo (2.216 m) e i monti che inquadrano l’alta Valle del Velino, già territorio abruzzese aggregato al Lazio negli anni 20; nel Frusinate, la
catena dei Simbruini (2.156 m), nel bacino dell’Aniene, i Monti Ernici (2.041 m) e il Massiccio del-
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
la Meta (Monte Petroso, 2.247 m), già nel Parco
Nazionale d’Abruzzo. Il reatino è attraversato dalle
limpide e fredde acque del Velino e dai suoi affluenti Salto e Turano, lungo i quali sono stati realizzati due grandi invasi che attirano flussi di turismo estivo. Tra i pochi laghi naturali, notevole
potenzialità turistica possiedono quello della Duchessa (1.788 m), nel Massiccio del Velino, e il Lago Rascino (1.142 m) nell’omonimo piano carsico
(Rieti), entrambi in ambiente grandioso e solitario.
Risorse e pianificazione territoriale
Cospicue le risorse della montagna laziale, che offre
notevoli opportunità per lo sci da discesa e di fondo
sulle pendici del Terminillo e in varie località minori del reatino e dei Simbruini. La porzione laziale del
Parco nazionale d’Abruzzo e il Parco dei Simbruini
offrono notevoli risorse paesaggistiche e naturalistiche, ma non mancano motivi di attrazione anche a
quote più basse (es. Gole del Velino e di Antrodoco, Cascata di Trevi sull’Aniene, Grotta dell’Inferniglio presso Jenne). Numerose le risorse artisticoculturali e religiose: i conventi francescani del
reatino, i centri storici di Accumoli e Amatrice, la
cittadina di Subiaco con i monasteri di S. Benedetto e S. Scolastica, il Santuario della SS. Trinità sopra Vallepietra (a 1.340 m di quota), la Certosa di
Trisulti in una gola degli Ernici, sono mete di sicuro
richiamo, potenzialmente anche internazionale,
che meriterebbero una maggiore valorizzazione. I
centri termali sono rappresentati dalla grande stazione di Fiuggi (Frosinone) e dalla più modesta Co-
tilia, presso Cittaducale (Rieti). Merita di essere
sottolineato, perché poco noto ai più, che la provincia di Roma include la stazione estivo-invernale di
Monte Livata (Subiaco) e varie località di turismo
estivo, tra cui gli Altipiani di Arcinazzo, adatti anche allo sci di fondo, Cervara (1.053 m) e il singolare villaggio di Guadagnolo, arroccato sull’omonima
vetta dei Prenestini (1.218 m); ma la promozione
della montagna romana è a uno stadio ancora embrionale e non è molto sviluppata anche in una provincia più ricca di risorse montane come quella di
Frosinone. Sarebbe opportuno ad es. prolungare l’apertura degli alberghi di Fiuggi, attualmente limitata all’estate e all’inizio dell’autunno e legata al turismo termale e congressuale, per creare interessanti
sinergie con le vicine località montane di Campo
Catino, Campo Staffi e Arcinazzo.
Ricettività, presenze, impianti di risalita
La montagna laziale ha un’estensione paragonabile a
quella marchigiana ma una ricettività decisamente
superiore, soprattutto nel settore extra-alberghiero,
indotta dalla prossimità del bacino di domanda della
capitale. Nel quadro riportato in Tab. 12.1, non sono
oltretutto compresi i letti di Fiuggi (ben 10.800 nel
solo comparto alberghiero!), data la marcata connotazione della località come centro termale ben più
che montano. Bassi, come nelle Marche, sono gli indicatori di intensità del turismo alberghiero, anche
per il basso indice di occupazione dei letti, ma elevato è quello della densità delle presenze complessive
per kmq, per il gran numero di letti in seconde case
Tabella 12.1
Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale
Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998
Popolazione nel territorio montano. Anno 1998
Letti alberghieri. Anno 1999
Letti extra-alberghieri (inclusi appartamenti e seconde case)
Presenze alberghiere. Anno 1999
Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case)
Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓)
1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante)
2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq)
3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%)
Numero impianti di risalita
Portata degli impianti (persone/ora)
Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq)
* Esclusa Rieti-centro storico
4.404
281.794
*5.095
265.000
335.000
10.320.000
↑
1,2
76,1
2.425
89.292
25,4
45
32.025
7,3
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
63
UN’ANALISI REGIONALE
bile decaduta” del turismo montano appenninico,
il cui declino si spiega, oltreché con l’insostenibile affollamento domenicale e con la ricorrente
scarsità di neve negli ultimi 10-15 anni, anche
con la spietata concorrenza delle stazioni abruzzesi, sensibilmente “avvicinate” alla capitale dall’Autostrada Roma-L’Aquila.
Campo Staffi la supera per grado di modernità degli impianti ed è suscettibile di ulteriore sviluppo,
a differenza di Leonessa (con impianti vetusti e
inadeguati) e di Monte Livata, sorta ex nihilo nel
dopoguerra ad oltre 1.300 m di quota.
di numerosi comuni, tra i quali Borgorose (Ri), Segni, Rocca di Papa e Arcinazzo (Rm) e Trevi nel Lazio (Fr), che non compaiono nella Tab. 12.2. Trevi,
in particolare, si spartisce con Arcinazzo e Piglio la
stazione di Altipiani di Arcinazzo (841 m), che conta nel complesso 13.700 letti e risulta dunque la principale del Lazio per capacità ricettiva.
Ragguardevole la superficie delle aree protette,
comprendente fra l’altro una piccola porzione del
Parco nazionale d’Abruzzo e i Parchi regionali dei
Simbruini e dei Monti Lucretili (Palombara Sabina,
Licenza ecc.). Il numero degli impianti di risalita è
paragonabile a quello delle Marche, ma la portata
media unitaria è maggiore. Per il turismo invernale,
comunque, il Lazio si colloca alle spalle di Emilia,
Toscana e naturalmente dell’Abruzzo. Le principali
stazioni hanno una ricettività alberghiera modesta
(meno di 500 letti) per cui le presenze non superano
in genere le 30-35.000. Se però si considera il complesso delle strutture, Leonessa – a 969 m in una
conca a nord del Terminillo – raggiunge le 500.000
presenze e gli Altipiani di Arcinazzo – spartiti fra tre
comuni – superano le 500.000.
Principale stazione invernale del Lazio, e quinta
negli Appennini in base all’indicatore del p/h/m,
è il Terminillo, costituita dai complessi residenziali di Pian de’ Valli (1.620 m) e Campoforogna
(1.680 m), iniziati negli anni 30 e sviluppatisi nel
dopoguerra, con impianti che salgono fino ai
2101 m del Terminilletto. Il Terminillo è una “no-
Trasporti, accessibilità e sentieristica
Uno dei problemi che deve affrontare la montagna laziale è quello della mediocre accessibilità,
dato che quasi tutte le principali località – ad eccezione di Borgorose (ex Borgocollefegato), a 4
km dal casello autostradale sulla Roma-L’Aquila –
sono servite da strade strette e tortuose. La stessa
Rieti non è raggiungibile con strade a scorrimento
veloce (né tale si può definire la statale n.4 Salaria), per cui il Terminillo è in posizione meno favorevole di quanto potrebbero far supporre i circa
100 km di distanza da Roma; chi sceglie il treno
(linea Roma-Firenze), dovrà invece scendere a
Passo Corese e coprire i restanti 40 km con gli autoservizi di linea. Per quanto riguarda la sentieristica, interessanti e ben segnalati itinerari, nel
gruppo del Terminillo, si svolgono sul crinale dal
Tabella 12.2
Principali stazioni montane (in base a presenze alberghiere e complessive, 1999)
Comune
Pres.alb.
% str.
Rocca di Papa
28.847
27,1
Subiaco-Monte Livata
27.849
27,1
Terminillo (Rieti)
27.000 *
1,3
Trevi nel Lazio
25.000
..
Leonessa
22.000 *
..
* Valori stimati; % str.: percentuale di presenze straniere
Letti alb.
490
384
411
453
414
Comune
Leonessa
Subiaco-Monte Livata
Amatrice
Terminillo (Rieti)
Trevi nel Lazio
Tot.Pres.*
505.000
460.000
450.000
375.000
340.000
Tot.letti *
12.200
11.000
11.000
8.700
8.000
Tabella 12.3
Principali bacini sciabili (in base alla capacità di elevazione degli impianti di Risalita, in persone/ora per metro di dislivello)
Comprensori e stazioni
Terminillo
Filettino-Campo Staffi
Leonessa
Monte Livata
64
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
P/h/m
1.809.613
1.074.227
755.234
515.540
P/h
9.594
8.091
3.076
4.880
Impianti
13
10
6
7
P/h/imp.
738
809
513
697
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
Rif. Sebastiani alla Sella di Leonessa e al Monte
Cambio, e da Pian de’ Valli alla Valle degli Angeli. Nel Parco nazionale d’Abruzzo, due strade secondarie permettono di addentrarsi da Settefrati
nei Monti della Meta e da Picinisco nel cuore del
Gruppo delle Mainarde (2.039 m), offrendo all’escursionista diversi itinerari in ambiente montano
solitario e grandioso.
ABRUZZO
Caratteristiche del territorio
L’Abruzzo ha un territorio totalmente montuoso, salvo una breve fascia di dorsali collinari che si sviluppa
per una quindicina di km in linea d’aria a partire dalla
costa. La disposizione “disordinata” dei rilievi, con le
cime più elevate che non si collocano lungo lo spartiacque Tirreno-Adriatico, non facilita le vie di comunicazione, tanto che l’unica valle che apre un solco
abbastanza agevole verso il cuore della regione è quella del Pescara-Aterno, attraverso la quale si accede
dopo un ampio agiro alla Conca dell’Aquila, ma non
allo spartiacque Tirreno-Adriatico. In Abruzzo si si-
13
tuano i monti più alti dell’Italia peninsulare, e cioè il
Gran Sasso (2.912 m) a nord-ovest e la Maiella (2.793
m) a sud-est, e altri importanti massicci, ugualmente
calcarei e in gran parte privi di copertura boschiva
(Velino, 2.487 m; Monti della Laga, 2.458 m), che
conferiscono al paesaggio un aspetto severo. Le uniche pianure sono in realtà degli altopiani, come l’alveo del Fùcino, al cui margine occidentale si situa
Avezzano, e le brevi conche dell’Aquila e di Sulmona.
Paralleli al corso del Pescara scorrono il Vomàno, che
delimita a nord-ovest il Gran Sasso, e a sud-est il Sangro, che ha le sorgenti nel Parco nazionale d’Abruzzo.
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
65
UN’ANALISI REGIONALE
Tabella 13.1
Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale
Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998
Popolazione nel territorio montano. Anno 1998
Letti alberghieri. Anno 1999
Letti extra-alberghieri (inclusi appartamenti e seconde case)
Presenze alberghiere. Anno 2000
Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case)
Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓)
1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante)
2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq)
3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%)
Numero impianti di risalita
Portata degli impianti (persone/ora)
Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq)
* Esclusi L’Aquila-centro storico, Avezzano, Celano e Sulmona (arte-affari-transito)
7.329
407.071
*14.000
350.000
1.507.359
14.000.000
↑
3,7
205,7
2.116
291.538
39,8
104
97.000
13,2
Tabella 13.2
Principali stazioni montane (in base a presenze alberghiere e complessive, 2000)
Comune
Pres.alb.
% str.
Roccaraso
200.012
1,3
Pescassèroli
196.808
2,4
Rivisòndoli
72.000
0,8
Ovìndoli
57.854
2,6
Scanno
45.000
7,9
Rocca di Mezzo
45.000
..
* Valori stimati; % str.: percentuale di presenze straniere
Letti alb.
1.540
1.272
770
544
784
517
Risorse e pianificazione territoriale
L’Abruzzo è la regione-leader del turismo montano appenninico, e conta alcune importanti stazioni invernali ed estive come Roccaraso – associata a Rivisòndoli in un unico comprensorio – Campo Felice,
Ovìndoli, Scanno, in forte ascesa negli ultimi anni, e
altre minori, ma già rilevanti nel contesto appenninico, come Campo Imperatore-Monte Cristo, Pescassèroli e la Maielletta. Lunghi itinerari per lo sci nordico
sono presenti a Ovindoli, Castel del Monte, S. Stefano di Sessanio, Pescocostanzo. Non meno importanti
sono le risorse per il turismo estivo, a cominciare dal
Gran Sasso, particolarmente maestoso dal lato teramano (Pietracamela-Prati di Tivo, Prato Selva), con
grossi nevai che permangono anche d’estate e il minuscolo Ghiacciaio del Calderone; il versante aquilano
presenta però il vantaggio di essere accessibile fino ad
alta quota (2.130 m) con la strada e la funivia da Fon66
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
Comune
Roccaraso
Tagliacozzo
Rivisòndoli
Pescassèroli
Ovìndoli
Rocca di Mezzo
Tot.Pres.*
980.000
811.000
610.000
580.000
545.000
515.000
Tot.letti *
17.900
20.000
12.700
10.057
11.400
12.000
te Cerreto al margine occidentale di Campo Imperatore. In provincia dell’Aquila si situano anche l’altopiano delle Rocche e quello ancora più vasto delle
Cinquemiglia, la stazione di Scanno coi celebri costumi femminili, affacciata su un lago originato da un’antica frana, e il Parco nazionale d’Abruzzo, con la “capitale” Pescasseroli e altre località minori in sviluppo
(Civitella Alfedena, Villetta Barrea). Pescara possiede
la stazione estiva di Farìndola-Rigopiano e il centro
montano-termale di Caramanico, e divide con Chieti
i centri invernali della Maielletta e di Passo Lanciano.
Non mancano attrazioni di tipo speleologico (es. la
Grotta del Cavallone presso Lama dei Peligni, nel teatino) e artistico-culturale, dall’Abbazia di S. Clemente a Casàuria nella Valle del Pescara, alle pievi isolate
di S. Giovanni al Mavone nel teramano e di S. Pelino
a Corfinio (Aquila), ai bei centri storici di Guardiagrele, Campli, Pescocostanzo, Scanno, alla fortezza
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
Tabella 13.3
Principali bacini sciabili (in base alla capacità di elevazione degli impianti di risalita, in persone/ora per metro di dislivello)
Comprensori e stazioni
Roccaraso-Rivisondoli (“Alto Sangro”)
Campo Felice (Rocca di Cambio)
Ovindoli
Pescasseroli
Scanno
* Valori stimati
P/h/m
6.248.270
2.600.000 *
2.000.000 *
1.600.000 *
1.480.000 *
borbonica di Civitella del Tronto, alle rovine di Amiternum e Alba Fucens, alle ceramiche di Castelli (Teramo) o all’artigianato del legno di Pretoro (Chieti).
Ricettività, presenze, impianti di risalita
L’Abruzzo è la prima regione appenninica per numero di presenze alberghiere nelle località montane e
per numero e portata oraria degli impianti di risalita,
e la seconda – dopo l’Emilia-Romagna – per ricettività alberghiera ed extra-alberghiera e per il totale
stimato delle presenze. Gli indicatori di intensità turistica sono di poco inferiori a quelli dell’Emilia, ma
molto significativo è il marcato andamento positivo
delle presenze alberghiere negli ultimi anni e l’incidenza delle superfici a parco sul territorio montano,
paragonabile a quella del Sudtirolo.
Principale stazione è Roccaraso, per ricettività e
presenze (alberghiere e non) e per qualità delle attrezzature sportive (es. Palazzo del ghiaccio), una
delle pochissime località appenniniche – con l’Abetone e il Terminillo – in cui i primi impianti di
risalita sono sorti negli anni 30.
P/h
28.917
12.000*
8.000*
6.400*
5.800*
Impianti
32
12
8
5
4
P/h/imp.
904
1.000
1.000
1.280
1.450
Da quando è stato perfezionato il collegamento
sciistico con Rivisondoli, Roccaraso ha registrato
un continuo incremento delle presenze.
Anche Pescasseroli è in forte ascesa da una decina
di anni, grazie alla presenza del Parco nazionale e al
miglioramento dell’offerta sciistica, ma, al pari di
Roccaraso, non è rimasta immune da interventi urbanistici speculativi e fuori scala. Tra le primissime
stazioni per entità del movimento complessivo, si
inserisce Tagliacozzo, stazione di soggiorno estivo
con qualche infrastruttura per lo sci (a Marsia), dotata di oltre 10.000 letti in seconde case e appartamenti in affitto, in diretto rapporto con la vicinanza di Roma. Nelle principali stazioni sciistiche
(Tab. 13.3), e in particolare a Scanno e Ovindoli, è
in corso un processo di ammodernamento degli impianti e di estensione del bacino verso quote più
elevate (es. Scanno-Monte Rotondo-Monte Carapale), ma solo il comprensorio “Alto Sangro” ha
dimensioni tali (6,2 milioni di p/h/m e 115 km di
piste, di cui il 40% innevati artificialmente) da poter competere con le maggiori stazioni alpine.
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
67
UN’ANALISI REGIONALE
A Campo di Giove spetta comunque il primato
della quota più alta raggiunta con gli impianti di
risalita (2.318 m).
Trasporti, accessibilità e sentieristica
La buona accessibilità da Roma e da Napoli delle stazioni abruzzesi è uno dei segreti del loro
crescente sviluppo: Campo Felice, Ovindoli,
Rocca di Cambio, Campo Imperatore e la
Maielletta sono a pochi chilometri dai caselli
autostradali sulla Roma-Teramo e sulla RomaPescara, e anche Roccaraso si raggiunge facilmente dal casello di Pratola Peligna (Sulmona),
mentre un po’ meno agevoli, per chi proviene
da Napoli, sono i 30 km da Isernia a Castel di
Sangro.
14
Tra i 150 itinerari segnalati del Parco nazionale d’Abruzzo, mete d’obbligo sono l’anfiteatro della Camosciara, dove vivono tutte le specie animali del Parco
(compreso l’orso marsicano e l’aquila reale) e la Val
Fondillo. Di grande interesse naturalistico è anche
la Cascata di Zompo lo Schioppo, in un’area selvaggia della Val Roveto eretta a Riserva regionale.
Da segnalare l’iniziativa degli albergatori di Ovindoli, Scanno, Pescasseroli e Rivisondoli di offrire “pacchetti” per il week-end e la “settimana corta” (domenica-venerdi), fatto pressoché sconosciuto nelle
Alpi, che merita di essere seguito con attenzione.
Difetta invece la promozione locale, in particolare a
Campo Imperatore, Campo Felice e Ovindoli, ove
mancano uffici turistici, ed è pure insufficiente quella regionale della montagna d'inverno.
MOLISE
Caratteristiche del territorio
Totalmente montuoso, ad esclusione di una
breve fascia collinare costiera (Termoli), il
Molise è caratterizzato dalla presenza di dorsali arrotondate in lunghe e uniformi ondulazioni, tipiche di quella che il Sestini ebbe a definire “la mediocre montagna argillosa”. I
principali rilievi si situano all’estremità meridionale della regione (il Matese e Le Mainar-
de, entrambi calcarei) e nella protuberanza
che, a nord di Isernia, si affaccia sulla Valle
del Sangro (Monte Campo, 1.746 m). Fiume
principale è il Biferno, che attraversa centralmente la regione da sud-ovest a nord-est. Più a
occidente, il Trigno, con lo stesso andamento,
segna il confine con l’Abruzzo (Chieti), mentre Isernia e Venafro sono già nel bacino del
Volturno.
Tabella 14.1
Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale
Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998
Popolazione nel territorio montano. Anno 1998
Letti alberghieri. Anno 1999
Letti extra-alberghieri (inclusi appartamenti e seconde case)
Presenze alberghiere. Anno 1999
Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case)
Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓)
1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante)
2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq)
3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%)
Numero impianti di risalita
Portata degli impianti (persone/ora)
Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq)
68
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
2.878
202.061
1.890
60.000
120.000
2.200.000
↓
0,6
41,7
820
2.925
1,0
9
6.717
2,3
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
Tabella 14.2
Principali bacini sciabili (in base alla capacità di elevazione degli impianti di risalita, in persone/ora per metro di dislivello)
Comprensori e stazioni
Campitello Matese (San Massimo)
P/h/m
1.006.346
P/h
5.097
Impianti
7
Risorse e pianificazione territoriale
Ricettività, presenze, impianti di risalita
Il Molise è con la Basilicata la regione turisticamente meno sviluppata d’Italia e concentra
gran parte delle presenze nella fascia costiera.
La montagna riveste dunque un ruolo marginale, con la sola eccezione della stazione invernale di Campitello Matese (Campobasso), realizzata ex nihilo a 1.440 m di quota su un pianoro
dell’omonimo massiccio, e di Capracotta (Isernia), per altitudine (1.421 m) il secondo comune degli Appennini dopo Rocca di Cambio,
frequentato per lo sci di fondo e, localmente,
anche per la discesa. Modesti centri di soggiorno estivo sono anche la piccola città di Agnone, culla della civiltà sannitica, e Pietracupa
(Is). Il Molise ha soprattutto risorse di ordine
culturale, che consistono nei resti di città, fortificazioni e santuari sannitici (Pietrabbondante, Sepino-Terravecchia, Campochiaro-Civitella, Cercemaggiore, Duronia) e di città
romane (Sepino-Altilia).
La Tab. 14.1 conferma le considerazioni fatte in
precedenza: la ricettività alberghiera ed extra-alberghiera delle località montane è di gran lunga la
più bassa fra tutte le regioni italiane ad esclusione
della Puglia, la cui porzione montana è però molto ridotta; di conseguenza, sono molto bassi tutti
gli indicatori di intensità turistica, compresa la superficie delle aree protette, che si limita a una piccola porzione del Parco d’Abruzzo e pone la regione nettamente all’ultimo posto in Italia in questa
particolare graduatoria.
La stazione di Campitello Matese – dotata di 460 letti
alberghieri e circa 4.300 nel complesso delle strutture
residenziali – è comunque discretamente attrezzata
per la zona appenninica. Il suo movimento turistico è
stimabile in circa 200.000 presenze e il campo di attrazione si estende in Campania e in Puglia.
Gli altri due impianti di risalita (una seggiovia e
una sciovia) sono ubicati a Capracotta, in moderata espansione.
CAMPANIA
Caratteristiche del territorio
La montagna campana è caratterizzata dal fatto che i rilievi maggiori – di natura calcarea –
si sviluppano molto frammentati sul versante
tirrenico, mentre lungo lo spartiacque principale si hanno molli dorsali argillose. Principali
massicci sono a nord-ovest il Matese (2.050
m), che racchiude un grosso lago carsico, al
centro il Taburno-Camposauro e l'Avella
(1.591 m), che col Montevergine incombe su
Avellino, a sud-est i Picentini (Cervialto,
1.809 m) e i monti del Cilento (Cervati, 1.899
m; Alburno). Addirittura marittima è poi la
catena dei Lattari, che costituisce l'ossatura
della penisola sorrentina e culmina col dirupato e pittoresco S. Angelo a Tre Pizzi (1.443 m),
presso Agerola. Irpinia e Sannio sono in gran
P/h/imp.
728
15
parte comprese nel bacino del Calore, affluente del Volturno.
Risorse e pianificazione territoriale
Le principali attrattive per il turismo montano
si localizzano sul versante avellinese (Bagnoli,
Montella, Nusco) e salernitano (Acerno) dei
Monti Picentini, nel Matese casertano (S. Gregorio, Letino, Gallo) e sannitico (Cusano Mutri, Pietraroja) e nell’Irpinia centro-settentrionale (Ariano). Altre risorse sono costituite dalle
terme del centro montano di Montesano sulla
Marcellana (Salerno), presso la celebre Certosa
di Padula, e dal Santuario di Montevergine
presso Mercogliano (Avellino), in un sito adatto
a soggiorni estivi. Le terme di Contursi e Telese
e la casa natale di Padre Pio a Pietrelcina (Benela RIVISTA del TURISMO 2/2002
69
UN’ANALISI REGIONALE
Tabella 15.1
Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale
Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998
Popolazione nel territorio montano. Anno 1998
Letti alberghieri. Anno 1999
Letti extra-alberghieri (inclusi appartamenti e seconde case)
Presenze alberghiere. Anno 1999
Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case)
Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓)
1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante)
2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq)
3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%)
Numero impianti di risalita
Portata degli impianti (persone/ora)
Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq)
5.562
414.824
3.330
93.000
180.000
3.500.000
–
0,4
32,4
662
60.350
10,8
6
3.638
0,7
Tabella 15.2
Principali bacini sciabili (in base alla capacità di elevazione degli impianti di Risalita, in persone/ora per metro di dislivello)
Comprensori e stazioni
Lago Laceno (Bagnoli Irpino)
P/h/m
509.322
vento) sono al margine del territorio propriamente montano, ma costituiscono comunque
fattori ambientali di attrazione. Dalla cima del
Raiamagra (1.667 m), raggiunta dagli impianti
della stazione invernale del Lago Laceno, si
scorge il mare.
Ricettività, presenze, impianti di risalita
Gli indicatori di intensità turistica (Tab. 15.1)
testimoniano la limitata importanza che il turismo montano riveste nella regione, anche se
la capacità ricettiva, pur se modesta, non può
definirsi trascurabile. Il valore molto elevato
della superficie destinata a parchi è un po’ ingannevole, perché i vari parchi regionali (Matese, Picentini, Taburno…) e lo stesso Parco
nazionale del Cilento sembrano tali più sulla
carta che nella realtà. Difficile stabilire quali
località montane generino il maggior numero
di presenze turistiche, anche perché – come in
altre regioni del Sud – parecchi letti in seconde case e appartamenti in affitto sono legati al
temporaneo rientro degli emigranti. Le località più frequentate sono la stazione estivo-invernale di Lago Laceno (1.076 m), che pre70
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
P/h
2.813
Impianti
4
P/h/imp.
703
senta peraltro servizi un po’ scadenti, e il centro termale e di villeggiatura estiva di Montesano sulla Marcellana (850 m), rispettivamente con oltre 100.000 e 200.000 presenze
complessive stimate. Altre significative località di turismo montano sono Montella, Nusco
e Pietrastornina nell’Irpinia, Cusano Mutri
(col centro sciistico di Bocca della Selva, nel
settore orientale del Matese) e Morcone nel
Sannio, Agèrola nei Lattari, Caggiano e Teggiano nel Cilento.
Trasporti, accessibilità e sentieristica
Buona o discreta l’accessibilità dei principali
centri montani, serviti da autostrade o da strade a scorrimento veloce. E’ in corso un processo di valorizzazione turistica della zona montana compresa fra il Cervialto e il Terminio,
adatta all’escursionismo (Piano di Verteglia,
Campolaspierto, Lago Laceno) e agli sport invernali. Nel 1995 si è costituito il Consorzio
Gal Terminio Cervialto, con sede a Montella e
con lo scopo di promuovere lo sviluppo economico del territorio (turismo, prodotti tipici,
ecc.)
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
PUGLIA
Caratteristiche del territorio
La ristretta sezione montana della Puglia è costituita dal Subappenino Dauno, ondulato rilievo
argilloso a pascoli e seminativi alternati a foreste,
e da una parte del calcareo Promontorio del Gargano. Il Subappennino Dauno si può suddividere
in meridionale (Monte Crispiniano, 1.105 m), tra
i corsi del Carapelle e del Cervaro, e settentrionale (Monte Cornacchia, 1.151 m), fra il Cervaro e
il Fortòre, che lo separa dall'Appennino Sannita.
Nel Gargano i soli comuni classificabili come
montani sono Monte S. Angelo, S. Giovanni Rotondo – nel cui territorio si situa la cima più elevata del massiccio, a 1.055 m – e S. Marco in Lamis, ma tutti hanno caratteristiche tali da non
attrarre flussi di turismo propriamente montano,
bensì religioso o artistico-culturale.
Risorse e pianificazione territoriale
In Puglia il turismo montano è praticamente inesistente e le località con le migliori condizioni
climatiche della Dàunia, oltreché dai periodici
flussi di rientro degli emigrati, sono interessate da
un turismo legato alla seconda casa e ai fine settimana, proveniente da Foggia e da Bari; ma l’ambiente poco contaminato, i boschi di castagni,
qualche monumento storico (es. cattedrale e castello di Bovino), le tradizioni locali ancora vive
e una cucina genuina, se opportunamente promosse (anche tramite l’assegnazione della “bandiera verde”), potrebbero attirare visitatori da al-
16
tre regioni italiane e dall’estero. Nel Gargano,
S. Giovanni Rotondo è legata al culto di Padre
Pio e attira crescenti flussi di turismo religioso,
con una vera proliferazione esercizi ricettivi, per
lo più di piccole dimensioni. Monte S. Angelo
(Santuario-grotta di S. Michele) e S. Marco in
Lamis (Monastero di S. Maria e Convento di
S. Matteo) sono mete di turismo religioso e artistico-culturale, la prima anche di turismo balneare (località Macchia Libera).
Ricettività e presenze
Quasi inesistente la ricettività alberghiera della
Dàunia, e per la metà concentrata nel grosso borgo di Bovino (620 m), principale centro turistico
della montagna pugliese, con circa 1.800 letti in
seconde case e appartamenti.
Notevole ricettività extra-alberghiera possiedono
anche Panni (801 m, 3.000 letti), S. Agata di Puglia (794 m, 2.000 letti), Accadia e Faeto, questi
ultimi dotati anche di alcune decine di letti in alberghi e camere in affitto. Il comune più alto –
Monteleone (842 m) – ha una trentina di letti in
esercizi agrituristici. Le presenze alberghiere sono
stimabili in circa 11.000 (contro le oltre 400.000
registrate da S. Giovanni Rotondo!), mentre
quelle in appartamenti e seconde case superano le
800.000. Discreta l’accessibilità, facilitata dall’Autostrada Napoli-Canosa nella Daunia meridionale, dalla statale n.17 – per lo più a scorrimento veloce – in quella settentrionale.
Tabella 16.1
Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale
Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998
Popolazione nel territorio montano. Anno 1998
Letti alberghieri. Anno 1999
Letti extra-alberghieri (inclusi appartamenti e seconde case)
Presenze alberghiere. Anno 1999
Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case)
Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓)
1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante)
2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq)
3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%)
* 1/10 della superficie del Parco Nazionale del Gargano (dato arrotondato)
1.482
85.428
205
22.500
11.000
810.000
–
0,1
7,4
556
*12.000
8,1
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
71
UN’ANALISI REGIONALE
17
BASILICATA
Caratteristiche del territorio
La Basilicata ha un sistema montuoso abbastanza
complesso: nella zona più occidentale si situano
massicci calcarei come il Volturino (1.836 m), il
Sirino (2.005 m) – col suggestivo Lago Laudemio
o Remmo e chiare tracce glaciali – e i monti fra
l'alto Agri e il Sinni (1.700-1.900 m); a est una
monotona serie di dorsali argillose divise da valli a
pettine (Bradano, Basento, Agri), movimentata
solo dal complesso vulcanico del Vùlture (1.326
m), che in due crateri ospita i Laghi di Monticchio, tra fitta vegetazione; a sud il grande massiccio del Pollino (2.248 m), arenaceo-argilloso a
oriente e calcareo a occidente, pure con tracce
glaciali, che sbarra l’accesso alla Calabria.
Risorse e pianificazione territoriale
La montagna della Basilicata ha discrete potenzialità turistiche, che al momento sono poco o per
nulla sfruttate. Il Parco del Pollino potrebbe attirare visitatori dall’Italia centro-settentrionale e
dall’estero e l’Apt Basilicata ha lodevolmente
messo in distribuzione una carta topografica in
scala 1:50 000 nella quale si riportano nel dettaglio strade e sentieri nel territorio del Parco. Altre
risorse sono costituite dallo sci alpino e nordico,
con piccole stazioni alla Sellata presso Potenza
(Monte Pierfaone e Monte Arioso) e al Lago
Remmo. E’ in progetto il collegamento fra gli impianti di Pierfaone e Arioso, siti su due opposti
versanti (comuni di Abriola e Sasso di Castalda),
che potrebbe rendere il piccolo bacino di un certo
interesse per turisti pugliesi e campani. Altre attrattive sono costituite da centri storici arroccati
come Tricarico (Mt), Muro Lucano o Latronico
(Pz), da antichi paesi come Sasso di Castalda, addossato a una rupe, e Abriola, a 950 m di quota;
dai laghi di Monticchio e dall’alpestre Laudemio
(1.525 m) e dagli arditi pinnacoli delle Dolomiti
lucane di Castelmezzano, alla cui base sussistono
antiche dimore scavate nella roccia.
Ricettività, presenze, impianti di risalita
Discreta la ricettività alberghiera, anche se solo
Potenza supera (e di poco) la soglia dei 500 letti.
I comuni più attrezzati sono Pignola con la frazione di Rifreddo, presso il Passo della Sellata
(oltre 300 letti), Viggiano, Lagonegro e Rionero, con oltre 250. Abriola conta una quarantina
di letti alberghieri e una settantina in aziende
agrituristiche.
La ricettività in seconde case raggiunge i 1.400
letti a Pignola e supera i 1.000, fra l’altro, a Latronico e Viggiano e nei popolosi comuni di Stigliano, Tricarico (Matera) e Avigliano. La presenza
del parco del Pollino assicura una elevata inciden-
Tabella 17.1
Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale
Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998
Popolazione nel territorio montano. Anno 1998
Letti alberghieri. Anno 1999
Letti extra-alberghieri (inclusi appartamenti e seconde case)
Presenze alberghiere. Anno 1999
Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case)
Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓)
1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante)
2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq)
3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%)
Numero impianti di risalita
Portata degli impianti (persone/ora)
Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq)
* Comprese Potenza e Rionero, escluse Laurìa e Melfi
72
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
6.321
363.900
4.505
66.000
280.000
2450.000
–
0,8
44,3
448
89.735
14,2
12
8.345
1,3
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
za dellle aree protette sulla superficie classificata
come montana. Gli impianti di risalita superano
per numero quelli del Molise, ma si distribuiscono
in cinque piccole località – Lago Remmo, Monte
Volturino, Sellata, Monte Arioso, Viggiano – attualmente in grado di attrarre un turismo mera-
mente locale. L’accessibilità della regione e in
particolare della sua vasta parte montana (circa il
65% del territorio) è stata facilitata dalla realizzazione delle strade a scorrimento veloce che risalgono il corso dei fiumi principali, seguendone il
fondovalle.
CALABRIA
Caratteristiche del territorio
Una stretta penisola caratterizzata da rilievi
aspri e privi di comodi valichi, con tre massicci
principali: a nord il Pollino, che ha la cima più
alta (Serra Dolcedorme, 2.267 m) proprio in
territorio calabrese; al centro la Sila (Botte Donato, 1.928 m) e a sud l’Aspromonte (Montalto, 1.955 m). Tra Sila e Aspromonte si sviluppa
la dorsale delle Serre, che culmina a poco più di
1.400 m presso Serra S. Bruno (Catanzaro). A
nord-est la Sila digrada verso la breve Piana
di Sibari, mentre a nord-ovest la Catena Costiera, più impervia di quanto non dicano le
quote (M. Cocuzzo, 1.541 m), si raccorda al
Pollino tramite un’alta dorsale con andamento
sud-ovest/nord-est, culminante nel Cozzo del
Pellegrino (1.987 m). Dalla Sila nascono i tre
principali corsi d’acqua della regione, e cioè il
Crati, che bagna Cosenza e si dirige a nord, sfociando nella Piana di Sibari; il Neto, che, ricevute le acque del Laghi Arvo e Ampollino,
sbocca nello Ionio a nord di Crotone, e il Savuto, che sbocca poco a nord della Piana di
Sant’Eufemia. Notevole importanza, anche a fini turistici, hanno i tre grandi laghi artificiali
Arvo, Ampollino e Cecita, il quale ultimo versa le sue acque nel Crati tramite l’emissario
Mucone.
Risorse e pianificazione territoriale
La montagna calabrese offre numerose risorse,
dal Parco del Pollino, alla Sila, alle Serre e all’Aspromonte, ma le maggiori infrastrutture turistiche si trovano nella Sila e nella stazione di
Gambarie, in Aspromonte. Le attrattive della
Sila consistono nelle estese foreste di conifere
(come quella, celebre, della Fossiata), nelle verdi praterie, nei laghi artificiali che offrono scorci di tipo “nordico”, ottimi presupposti per la
villeggiatura e l’escursionismo estivo, ma anche
nelle opportunità offerte per lo sci alpino – per
18
il quale sono attrezzate 5 località – e nordico.
Principale stazione turistica è Camigliatello
(1.272 m), frazione di Spezzano della Sila, che
con 1.000 letti alberghieri e 9.000 in appartamenti e seconde case è la località montana più
attrezzata a sud di Roccaraso. Qualche tempo fa
era anche la principale stazione invernale della
Calabria, ma il mancato rinnovo degli impianti
di risalita ha dirottato consistenti flussi turistici
in stazioni come Lorìca (1.314 m) – con piste,
però, sfavorevolmente esposte a sud-est – o Villaggio Palumbo nel Comune di Cotronei (Catanzaro). Altre importanti località turistiche silane sono Silvana Mansio – uno dei centri più
elevati della Calabria, a 1.473 m – Villaggio
Mancuso, la piccola città di S. Giovanni in Fiore – unico comune italiano con più di 10.000 ab.
ad oltre 1.000 m di quota – e il centro di Taverna (Cz). L’interesse dell’Aspromonte e del Pollino è di carattere essenzialmente naturalistico,
con vari itinerari escursionistici in ambiente solitario e suggestivo, ma il primo possiede in
Gambàrie un'importante stazione a 1.310 m di
quota e a meno di 40 km da Reggio Calabria, nel
quale si scia con vista sul mare. Le Serre hanno
nella cittadina di Serra S. Bruno (790 m) la località più frequentata, con possibilità di escursioni attorno al Monte Pecoraro (1.423 m), nella località montana di Fabrizia (947 m) e nella
singolare “new town” borbonica di Ferdinandea,
a 1.061 m di quota. Le attrattive artistico-culturali comprendono monumenti bizantini come la
Cattolica di Stilo, la Certosa di Serra S. Bruno, i
centri storici di S. Giovanni in Fiore e Morano
Calabro.
Ricettività, presenze, impianti di risalita
Alla cospicua superficie montana della regione
– circa 6.500 kmq – non corrisponde un’adeguata ricettività alberghiera, tanto più che la
metà dei letti si concentra a Camigliatello,
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
73
UN’ANALISI REGIONALE
Tabella 18.1
Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale
Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998
Popolazione nel territorio montano. Anno 1998
Letti alberghieri. Anno 1999
Letti extra-alberghieri (inclusi appartamenti e seconde case)
Presenze alberghiere. Anno 1999
Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case)
Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓)
1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante)
2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq)
3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%)
Numero impianti di risalita
Portata degli impianti (persone/ora)
Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq)
6.496
576.589
3.950
146.000
220.000
5.500.000
↑
0,4
33,9
882
126.640
19,5
15
11.000
1,7
Tabella 18.2
Principali stazioni montane (in base a presenze alberghiere e complessive, 1999)
Comune
Pres.alb.
% str.
Camigliatello (Spezzano)
62.138
3,9
Gambarie (S. Stefano A.)
25.000
..
S. Giovanni in Fiore
10.974
4,2
Pedace-Lorica
7.000 *
4,0
* Valori stimati; % str.: percentuale di presenze straniere
Letti alb.
1.006
450
418
129
Gambàrie e Lorìca. Piuttosto elevata è invece
la ricettività in seconde case e appartamenti, in
grado di generare un movimento di almeno 5,5
milioni di presenze. Va comunque detto che
per la Calabria è particolarmente difficile individuare la ricettività propriamente montana,
in quanto in alcuni comuni di montagna come
ad es. Falconara Albanese, Guardia Piemontese, Mandatoriccio (Cosenza) o Falerna (Catanzaro), buona parte, se non tutti i letti alberghieri ed extra-alberghieri si localizzano in
frazioni marine.
La superficie delle aree a parco è un po’ gonfiata
dal fatto che queste si estendono anche in zone
propriamente non montane, e i servizi offerti ai
visitatori non sono paragonabili a quelli presenti
in parchi di più antica istituzione o in una regione come il Trentino-Alto Adige/Südtirol, ma ciò
non toglie che la Calabria si collochi ai vertici
italiani per incidenza delle aree protette sulla superficie montana.
74
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
Comune
Cotronei
Camigliatello
S. Giovanni in Fiore
Gambàrie
Tot.Pres.*
480.000
460.000
230.000
165.000
Tot.letti *
12.000
10.000
6.000
3.600
Le principali località turistiche sono le stesse sia
che si considerino i soli letti alberghieri, sia il
complesso delle strutture ricettive, a parte l’inserimento di Taverna – con le importanti frazioni
di Villaggio Mancuso, Villaggio Racise e Ciricilla
– per la ricettività alberghiera e di Cotronei –
con le frazioni di Trepidò e Villaggio Palumbo –
per quella extra-alberghiera. Camigliatello si
conferma come principale stazione montana della Calabria, dato che Cotronei conta meno di
200 letti alberghieri, mentre Gambarie – frazione
di S. Stefano in Aspromonte – ha meno della
metà dei letti alberghieri e poco più di un terzo di
quelli in seconde case (fatto, questo, in sé positivo). S. Giovanni in Fiore, oltre ad essere di per sé
un importante centro turistico in posizione strategica al centro della Sila, include nel proprio
territorio l'importante stazione di Lorìca, spartita
col comune di Pedace.
Gli impianti di risalita sono più numerosi (e
con maggiore portata oraria) delle altre regioni
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
a sud dell’Abruzzo, ma le infrastrutture per lo
sci alpino sono ancora largamente al di sotto
delle potenzialità della regione, i cui indicatori
di intensità turistica restano in definitiva piuttosto bassi.
Trasporti, accessibilità e sentieristica
L’asprezza del rilievo fa sì che l’accessibilità delle
principali località montane della Calabria non sia
delle migliori, anche se l’avvicinamento alla par-
te più elevata del Parco del Pollino è facilitato
dall’Autostrada Salerno-Reggio Calabria, e se una
strada a scorrimento veloce permette di superare
in galleria il pittoresco ed elevato Passo di Monte
Scuro (1.618 m) e raggiungere Camigliatello Silano. Nel Parco dell’Aspromonte, si possono scoprire paesi abbandonati come Casalnuovo e Africo, con lunghi trekking in sentieri e mulattiere
poco frequentate, in partenza da centri arroccati
come Roghudi e Ghorio.
Tabella 18.3
Principali bacini sciabili (in base alla capacità di elevazione degli impianti di risalita, in persone/ora per metro di dislivello)
Comprensori e stazioni
Gambàrie (S. Stefano in Aspromonte)
Villaggio Palumbo (Cotronei)
Lorìca (Pedace e S. Giovanni in Fiore)
P/h/m
754.000
715.977
659.700
P/h
2.900
3.789
2.425
Impianti
3
4
4
P/h/imp.
967
947
606
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
75
UN’ANALISI REGIONALE
19
SICILIA
Caratteristiche del territorio
Risorse e pianificazione territoriale
Elementi centrali dell'orografia dell'isola sono
l’Etna (o Mongibello), che coi suoi 3.323 m (variabili con le eruzioni) è il vulcano più alto e imponente d’Europa, e la fascia montuosa settentrionale, che da Messina a Termini Imerese
assume caratteri di catena: a est i Peloritani, prosecuzione dei rilievi cristallini della Calabria, con
cime brulle che raggiungono i 1.200-1.300 m; al
centro i Nèbrodi (M.Soro, 1.847 m), con grandi
groppe arrotondate di argilla e arenaria ammantate di boschi; a ovest le calcaree Madonìe (Pizzo
Carbonara, 1.979 m), con alte pareti rocciose e
pianori carsici, che a ovest/sud-ovest si continuano con gruppi di rilievi isolati, calcarei, come la
Rocca Busambra (1.675 m) o il Cammarata.
Queste catene sono valicate da strade impervie,
che si inerpicano in genere oltre i 1.000 m: nella
sezione centrale dei Nebrodi, in particolare, gli
unici due passi sono ad oltre 1.500 m di quota. Il
cuore dell'isola è costituito dall'ondulato e assolato “altopiano solfifero”, prevalentemente argilloso, la cui parte orientale – che culmina a Enna
(948 m) – prende il nome di Monti Erei, mentre
a sud-est si erge l'alta piattaforma calcarea degli
Iblei (986 m). Quattro sono i corsi d'acqua principali: a est il Simeto e a sud il Salso, il Platani e
il Belice.
Il turismo montano in Sicilia ha scarsa importanza, e nonostante molti comuni si situino a quote
relativamente elevate, pochi possono qualificarsi
come vere località di soggiorno. Principali aree di
turismo montano sono l’Etna e le Madonie, cui si
può aggiungere qualche piccola località di soggiorno nei Nebrodi e nei Peloritani. Nelle Madonie, tradizionali centri turistici sono Petralìa Sottana (1.000 m), donde una comoda strada di 15
km permette di raggiungere la località di Piano
Battaglia (1.592 m), ampia e verde depressione
carsica ai piedi delle cime più alte delle Madonie.
Le estese faggete, l’aspra morfologia del Pizzo Dìpilo, alcune attrattive storico-culturali, come i
centri storici di Castelbuono e Collesano, i ruderi
dell’Abbazia di S. Giorgio e del Castello di Isnello, completano l’offerta turistica delle Madonie.
Tra Enna e le Madonie, il borgo di Sperlinga, su
una rupe di arenaria, presenta alcune abitazioni
scavate nella roccia (aggrottati), di epoca ignota.
L'Etna attrae per la sua mole imponente e lo spettacolo delle manifestazioni vulcaniche, ma non è
da trascurare il ruolo di stazione di sport invernali. La salita al cratere un tempo era facilitata sul
versante di Nicolosi da due tronchi funiviari – poi
distrutti da varie eruzioni – che permettevano di
raggiungere i 2.935 m di quota (ex Osservatorio).
Tabella 19.1
Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale
Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998
Popolazione nel territorio montano. Anno 1998
Letti alberghieri. Anno 1999
Letti extra-alberghieri (inclusi appartamenti e seconde case)
Presenze alberghiere. Anno 1999
Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case)
Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓)
1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante)
2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq)
3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%)
Numero impianti di risalita
Portata degli impianti (persone/ora)
Indicatore di intensità deli impianti di risalita (persone/ora/kmq)
* Comprese Enna e Nicosìa, escluse Piazza Armerina, Caltanissetta, Ragusa
76
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
11.304
839.572
*3.100
208.300
170.000
7.500.000
↓
0,2
15,0
679
112.706
10,0
7
3.200
0,3
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
Ricettività, presenze, impianti di risalita
La Sicilia vanta la più estesa superficie montana
d’Italia dopo il Trentino-Alto Adige/Südtirol e il
Piemonte, con una popolazione di circa 840.000
abitanti, ma in effetti solo una parte dei comuni
così classificati per altitudine e morfologia del territorio presenta caratteristiche climatiche e paesaggistiche tali da poter essere prescelto per soggiorni propriamente montani. I letti alberghieri
sono meno numerosi rispetto alla Basilicata e alla
Calabria, e concentrati nelle province di Palermo, Catania e Enna, mentre la ricettività extraalberghiera – circa 210.000 letti – è da considerarsi piuttosto elevata, anche se con le limitazioni
cui sopra si accennava. Gli indicatori di intensità
turistica registrano valori bassi, mentre è elevata
la superficie dei parchi regionali (Etna, Madonie,
Nebrodi), qui computati solo per una parte della
loro estensione, in quanto interessano anche zone
costiere o attraggono per un turismo non puramente montano, ma per i fenomeni del vulcanesimo. I principali comuni turistici etnei sono Nico-
losi, che nel 1996 ha registrato circa 38.000 presenze alberghiere, Zafferana e Linguaglossa.
Particolarmente gravi ai fini del turismo invernale
sono stati i danni recati dall’eruzione del 2000 alla
stazione di Etna-Sud, che ha distrutto la telecabina
in partenza dal Rifugio Sapienza e quattro skilift che
salivano fino a 2.620 m. L’unica stazione funzionante, dunque, è adesso quella di Piano Provenzana-Etna Nord (Linguaglossa), con quattro skilift (più un
“baby” gestito dalla Provincia) che raggiungono i
2.330 m. Essa è suscettibile di espansione, e potrebbe attirare turisti anche dall'estero, per lo spettacolo
del vulcano e dello scenario marino, mentre per il
versante sud è ancora presto per stabilire fino a che
punto si potrà ovviare ai danni causati dall'eruzione. Zafferana Etnea vanta comunque la maggiore ricettività alberghiera fra le stazioni montane (460
letti), seguita da Nicolosi (310). Nelle Madonie,
che nel 1999 hanno registrato in complesso 40.500
presenze alberghiere, le principali stazioni montane
sono Castelbuono (14.500 presenze), Petralia Sottana (9.350) – con due sciovie a Piano Battaglia,
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
77
UN’ANALISI REGIONALE
che risalgono le pendici del Monte Mùfara – e
Isnello, nonché la piccola città di Troina (Enna), a
1.120 m di quota ma al margine della catena.
Trasporti, accessibilità e sentieristica
Proverbialmente tortuose e di lenta percorrenza
sono le strade che permettono di accedere alle
Madonie, ai Nebrodi e all’Etna, mentre notevole
20
rilevanza turistica potrebbe assumere la ferrovia
circumetnea, per gli scorci pittoreschi che offre
lungo l’intero percorso. Interessanti percorsi
escursionistici – descritti in una guida e rappresentati in una carta topografica a cura di Apt,
Provincia e Ente Parco – si snodano nel settore
centrale delle Madonie e alle pendici della Rocca Busambra (Bosco della Ficuzza).
SARDEGNA
Caratteristiche del territorio
Risorse e pianificazione territoriale
La Sardegna conta quattro principali massicci
montuosi: a nord il Limbara (1.359 m), nella sezione centro-occidentale la catena del Màrghine-Gocèano e l’isolato, vulcanico Monte Ferru,
a sud-ovest il Linas e al centro il Gennargentu,
di gran lunga il più importante ed esteso, con le
due cime di Bruncu Spina e Punta La Màrmora
(1.834). Principali corsi d’acqua sono a sud il
Mannu, che attraversa la pianura del Campidano, a ovest il Tirso – il più lungo – che sbocca
presso Oristano, a est il Flumendosa e a nord il
Coghìnas. I rilievi presentano forme arrotondate, con poche eccezioni, come il Sopramonte
(1.463 m) che sovrasta Oliena, e il Monte Albo,
a nord-est di Nuoro, con impressionanti bastionate calcaree.
In una regione tradizionalmente eletta a meta privilegiata per le vacanze al mare, il turismo montano
ha scarsissima importanza e il suo raggio di attrazione è comunque circoscritto ai confini dell’isola.
Praticamente tutte le risorse – ove si eccettuino la
cittadina pedemontana di Villacidro (Cagliari) e la
zona di Aggius-Tempio Pausania (Sassari) – si concentrano nel Gennargentu, ove si situano località
di villeggiatura come Aritzo (796 m), Gavoi, Sòrgono, Désulo, Fonni (1.000 m),Tonara e Lanusei, per
le quali l'Ept non fornisce dati sul movimento turistico. Nell'area del Gennargentu è possibile effettuare lunghe escursioni in ambiente solitario, sia
nella zona sommitale che nella propaggine nordorientale del massiccio, tra Orgòsolo e Passo Caravai. Da Funtana Bona di Orgosolo (1.082 m) si può
Tabella 20.1
Quadro di riferimento territoriale, demografico e turistico
Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998
Popolazione nel territorio montano. Anno 1998
Letti alberghieri. Anno 1999
Letti extra-alberghieri (inclusi appartamenti e seconde case)
Presenze alberghiere. Anno 1999
Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case)
Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓)
1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante)
2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq)
3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha)
Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%)
Numero impianti di risalita
Portata degli impianti (persone/ora)
Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq)
78
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
5.765
170.491
2.660
22.800
140.000
800.000
–
0,8
24,3
163
–
–
1
700
0,2
RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
compiere la facile ma remunerativa ascensione al
Monte Novo S. Giovanni e discendere nella Valle
del Flumineddu – principale ramo sorgentizio del
Cedrino – tra bianche pareti calcaree, fino all'impressionante canyon della Gola su Gorruppu. Nel
comune di Gairo, si staglia il monolito del Monte
Perda 'e Liana, suggestivo monumento naturale che
ricorda paesaggi dell'Arizona o del Wyoming. I
monti della Sardegna ospitano anche numerosi resti
archeologici (nuraghi, tombe dei giganti), suggestive chiese isolate e testimonianze della vita pastorale
(pinneddas). Nel comune di Fonni, una lunga sciovia – unica dell’isola, dopo la dismissione del vicino, più basso impianto di Monte Spada – parte da
un piazzale a 1.570 m e raggiunge la vetta del Bruncu Spina (1.829 m), servendo due piste impegnative, con esposizione nord.
Ricettività, presenze, impianti di risalita
La ricettività alberghiera della montagna sarda è relativamente superiore a quella della Sicilia, se si con-
sidera la ben diversa estensione del territorio montano nelle due isole. Peraltro, tutti gli indicatori di intensità turistica restano modesti, come pure la possibilità di praticare gli sport invernali, ridotta a mera
testimonianza. Fonni, il comune più elevato della
Sardegna, non è la località più adatta al soggiorno, in
quanto il popoloso comune barbaricino, pur contando due alberghi di buon livello nel centro e a Monte
Spada, si distende su un pendio assolato e non presenta quei servizi e quella cura dei particolari atti a
rendere al turista più piacevole la permanenza. Aritzo, invece, immerso tra i boschi di castagni, ha quella vivacità di piccola stazione di villeggiatura che,
unitamente alla discreta ricettività alberghiera (360
letti e probabilmente 18.000 presenze), ne fa la stazione montana più importante della Sardegna.
Allo stato attuale, è difficile immaginare un’espansione del turismo montano in Sardegna, se
non in abbinamento con soggiorni marini e con
pacchetti che includano escursioni guidate in ambiente selvaggio. a
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
79
UN’ANALISI REGIONALE
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Ringraziamenti
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Arezzo, APT Belluno-Feltre-Alpago, APT Bergamo, APT Brescia, APT Carnia-Ufficio Forni di Sopra, APT del Comasco, APT Dolomiti, APT di Foggia, APT Genova,
APT del Lecchese, APT Livigno, APT di Lucca, APT Madonna di Campiglio-Pinzolo-Val Rendena, APT Monte Bianco, APT Monte Rosa APT del Pavese, APT della
Provincia di Roma, APT della Provincia di Frosinone, APT Reggio Calabria (Ufficio
Statistica), APT Riviera degli Olivi, APT Riviera dei Fiori, APT Riviera delle Palme,
APT Tigullio, APT Valtellina (e Uffici di Aprica, Bormio, Madesimo, Valfurva), APT
del Varesotto, APT Verona, APT Vicenza, Azienda Regionale per la Promozione Tu-
ristica del Friuli Venezia Giulia, EPT Benevento, EPT di Napoli, IAT Roccaraso, Provincia di Biella, Provincia di Bologna, Provincia di Cuneo, Provincia di Forlì-Cesena (Ufficio Statistica Provinciale del Turismo), Provincia di Modena, Provincia di
Parma (Servizio Statistica), Provincia di Piacenza (Servizio Turismo), Provincia di
Pistoia (Servizio Statistica), Provincia di Reggio Emilia (Servizio Statistica Turistica), Provincia di Savona, Provincia di Torino, Provincia Autonoma di Trento (Servizio Impianti a Fune), Provincia del Verbano-Cusio-Ossola, Regione Abruzzo (Direzione Turismo), Regione Umbria (Servizio Turismo-Statistica), Servizio Turistico
Territoriale di Assisi, Ufficio Turistico Canazei, USTIF di Firenze, Torino, Trieste.
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80
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
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RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
81
FORUM
Forum
2002 Anno Internazionale delle Montagne
Le azioni del Governo
La montagna è una risorsa che caratterizza fortemente il territorio italiano e che, come tale, necessita di
politiche dedicate per la salvaguardia e lo sviluppo socioeconomico
DI ENRICO LA LOGGIA, MINISTRO PER GLI AFFARI REGIONALI CON DELEGA PER LA MONTAGNA
Ben sappiamo come la montagna italiana sia poesia e insieme problema. Lo sapevano anche i nostri padri costituzionalisti che previdero già nell’ultimo comma dell’art. 44 della Costituzione “la
legge predispone provvedimenti a favore delle zone montane”, esplicitando per la prima volta in
Italia, il principio della necessità di interventi legislativi a favore delle zone montane.
Su tale disposto costituzionale si è imperniata e
sviluppata l’azione politica per la montagna del
nuovo Stato repubblicano, culminata negli anni
più recenti nella legge n. 97 del 31 gennaio 1994
recante “Nuove disposizioni per le zone montane”, dalla quale sono derivate e originano tutt’oggi leggi regionali attuative e provvedimenti di amministrazioni statali.
Nel tempo, la politica per le zone montane si è
esplicata inizialmente in interventi indiretti, collegati sostanzialmente con il settore agricolo, con le
attività forestali, con la bonifica, con la realizzazione di opere di viabilità locale ed agricola, nonché
di infrastrutture idriche, elettriche, telefoniche.
Nel 1971, l’adozione della legge n. 1102 ha concretato una prima svolta di rilievo, configurando
un quadro organico di politiche per la montagna
caratterizzato dall’individuazione – da parte delle
neo costituite Regioni – di “zone omogenee” nelle quali sono state istituite successivamente le Comunità montane, definite “Enti di diritto pubbli82
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
co” preposti all’adozione di piani di sviluppo economico-sociale e di piani urbanistici.
Si è così avviato un processo di “territorializzazione” della montagna e di politiche di “programmazione” che nel 1973 indusse tutte le Regioni a istituire “Comunità montane” nelle rispettive zone
omogenee.
Il nuovo Ordinamento nazionale degli enti locali
(legge n. 142/90) ha conferito poi alle Comunità
montane lo status di “ente locale” e ne ha individuato al contempo le finalità principali: promozione della valorizzazione delle zone montane;
esercizio associato delle funzioni comunali, realizzazione degli interventi speciali per la montagna
stabiliti dall’Unione europea o dalle leggi statali e
regionali.
Le successive leggi n. 59/97 (sul conferimento di
compiti e funzioni dallo Stato a Regioni e autonomie), n. 265/99 e il recente testo unico in materia
di enti locali, precisano il ruolo delle Comunità
montane che vengono definite “unioni di Comuni, Enti Locali costituti tra Comuni montani e
parzialmente montani”, destinatarie di funzioni
proprie, funzioni conferite e dell’esercizio associato di funzioni comunali, nel contesto del più ampio disegno nazionale di un federalismo amministrativo di natura solidale.
Ma è la citata legge n. 97/94 che ha ulteriormente
perfezionato e costituisce ad oggi, il quadro legi-
2002 ANNO INTERNAZIONALE DELLE MONTAGNE
slativo e programmatico delle azioni a favore della montagna, ancor più organico, propulsivo e
strettamente ancorato al contesto socioeconomico e culturale dei singoli territori locali.
Gli interventi speciali per la montagna vengono
configurati come “azioni organiche e coordinate
dirette allo sviluppo globale della montagna, mediante la tutela e la valorizzazione delle qualità ambientali e delle potenzialità endogene proprie del
l’habitat montano”, sotto i profili territoriale, economico, sociale, culturale e delle tradizioni locali.
L’istituzione di uno specifico “Fondo nazionale
per la montagna”, volto ad alimentare i programmi e i progetti di intervento delle Comunità montane, qualificati come interventi speciali, costituisce lo strumento finanziario fondamentale per
l’operatività e concreta attuazione del quadro legislativo e programmatico in questione.
Il sistema di interventi e strumenti prefigurato dalla legge n. 97/94 include e ha altresì originato ulteriori strumenti di supporto istituzionale alla perseguita politica in favore della montagna italiana.
Vanno al riguardo ricordati l’avvio di un sistema
informatico della montagna – Sim – gestito dal ministero per le Politiche agricole, inteso ad assicurare
anche la strumentazione informatica necessaria alle
Comunità montane (senza un simile strumento gli
incalzanti processi di globalizzazione potrebbero
escluderle dai processi di sviluppo), nonché a integrarsi con l’Inrm, Istituto nazionale per la ricerca
scientifica e tecnologica sulla montagna, sotto la vigilanza del ministero della Ricerca, col compito di
realizzare un portale su cui far confluire tutti i dati
sulla montagna provenienti dai vari enti competenti.
Va, infine, sottolineata la volontà di istituire nelle
forme più idonee e di avviare prossimamente, presso
la presidenza del Consiglio dei Ministri, uno specifico
“Osservatorio per la montagna” da me guidato e finalizzato a verificare lo stato di applicazione della legge
n. 97/94, anche in coordinamento con la politica
dell’Unione europea per le zone montane, studiare
eventuali misure di ulteriore sviluppo delle medesime
zone, nonché proporre eventuali, nuove riforme.
Esso intende rappresentare, in sintesi, l’espressione e lo strumento ultimi di una volontà e azione
politica intese a imprimere una forte accelerazione al processo di salvaguardia e valorizzazione delle zone montane, attraverso ogni necessario e
opportuno coordinamento normativo e istituzionale, non solo in virtù del perseguito processo di
riforma costituzionale del Paese – avviato con la
modifica del titolo V della Costituzione – ma anche nella più ampia prospettiva delle sfide connesse alle necessità di coesione economica e sociale all’interno dell’Unione europea nonché alle
riconosciute e imprescindibili esigenze di politiche di sviluppo economico-sociale sostenibile a
tutti i livelli.
In questo senso guardiamo all’osservatorio come a
un “gabinetto” delle montagne piuttosto che ad
un più semplice comitato per la montagna e contiamo perciò di dargli tutti quegli strumenti atti a
realizzare quell’opera di sintesi delle diverse istanze istituzionali e non, al fine di garantire alle nostre montagne quello sviluppo sostenibile, necessario e ormai imprenscindibile dalle politiche
economiche nazionali e internazionali.
Siamo confortati, in questo, dalle stesse volontà
espresse sia dal presidente del Consiglio dei Ministri che dal Parlamento.
Il presidente Berlusconi ha voluto evidenziare
l’importanza della montagna esplicitandola nel
decreto di delega delle funzioni a me affidate in
qualità di ministro per gli Affari regionali.
Quanto al nostro Parlamento, con gli ordini del
giorno della Camera del 19 dicembre 2001, presentati dalle forze di maggioranza e dall’opposizione,
esso impegna il governo a “farsi parte diligente in
proprio e presso i diversi dicasteri affinché, per
quanto di loro competenza si attivino in via prioritaria in favore delle montagne, destinando risorse e
attivando anche specifiche iniziative legislative:
supportino il Comitato Italiano per il 2002, Anno
Internazionale delle Montagne […] in particolare
per la partecipazione alle conferenze e iniziative
internazionali promosse dalla Fao e dalle Nazioni
Unite, e la collaborazione dello stesso ai programmi nazionali, regionali e locali per la celebrazione
dell’Anno Internazionale delle Montagne”.
Il dipartimento per gli Affari regionali sta elaborando in questi giorni, i dati risultanti da un sondaggio effettuato dai suoi uffici, presso tutte le Regioni italiane relativo proprio all’attuazione della
legge 31 gennaio 1994, n. 97. E’ uno strumento
con il quale cercheremo di capire quali siano le
maggiori difficoltà delle Regioni a dare piena applicazione alla legge 97, cercheremo di leggere
quali siano le esigenze maggiormente sentite dalle
Regioni perché, nel rispetto della loro rafforzata
autonomia, con l’eventuale supporto conoscitivo
e dell’azione propria del governo, sappiano dare
omogeneità di intervento qualificato, alle zone
montane.
A una prima lettura di questi risultati si ha la conferma della necessità di apportare le necessarie
modifiche alla legge n. 97 perché questa dia la
possibilità di reperire più risorse e strumenti che
ne agevolino l’attuazione.
La disparità dei risultati ottenuti, le differenze di
sensibilità nell’accogliere e praticare le nuove pola RIVISTA del TURISMO 2/2002
83
FORUM
litiche per la protezione, la salvaguardia e lo sviluppo delle zone montane, sono palesi anche alla
luce dei risultati di questo sondaggio.
Ho sempre ritenuto che il federalismo non debba
significare la creazione di “regioni-monadi”, né
debba basarsi sul discrimine tra Regioni più favorite e Regioni meno favorite e, in qualità di ministro per gli Affari regionali, farò di tutto perché la
crescita delle Regioni italiane non ripercorra la
strada dell’Italia a due velocità.
Sarà cura del ministero per gli Affari regionali e
del Governo nel suo insieme sollecitare l’Europa
perché la Commissione apporti le necessarie modifiche all’art. 158 del Trattato di Amsterdam, perché le zone montane abbiano pieno titolo nel contesto della politica europea, ne ricevano i benefici
non soltanto economici, ma culturali e politici.
Sarà nostra cura far sì che questa grande metà del
territorio italiano coperto da montagne così diverse , così forti e nel contempo fragili, possa beneficiare di quello sviluppo sostenibile auspicato
dalle Nazioni Unite e sottolineato con la importante dichiarazione che fa del 2002 l’Anno Internazionale delle Montagne.
Verso una legge quadro sulla montagna
Da una montagna che divide a una che unisce: questa l’obiettivo principale che emerge dal dibattito attualmente in corso. Gli strumenti per realizzarlo? L’applicazione delle tecnologie informatiche e una
nuova legge quadro sulla montagna
DI FRANCO FRATTINI, MINISTRO PER LA FUNZIONE PUBBLICA E SICUREZZA
Quando si parla di sviluppo sostenibile della montagna o di tutela dell’identità culturale e degli ecosistemi montani, problemi che spesso l’opinione
pubblica percepisce tutto sommato come settoriali, non bisogna dimenticare che circa la metà dei
Comuni d’Italia e ben 12 milioni di cittadini italiani vivono e si confrontano quotidianamente
con la montagna.
Non quindi un settore “residuale”, un tema che
frequentemente resta confinato nella ristretta cerchia degli operatori del settore o degli sportivi, ma
una importante questione di interesse nazionale e
internazionale.
Nel novembre del 1998 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, accogliendo le indicazioni
emerse a partire dalla storica Conferenza sull’ambiente e lo sviluppo tenutasi nel 1992 a Rio de Janeiro, ha proclamato non a caso il 2002 Anno Internazionale delle Montagne.
In previsione di ciò, anche in Italia si è costituito
nel 2000 un apposito Comitato, che ha provveduto a programmare un calendario di iniziative, prima delle quali la convocazione dei cosiddetti “Stati Generali della Montagna”, svoltisi al Lingotto di
Torino nel settembre del 2001, che hanno rappresentato una straordinaria occasione di dibattito,
84
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
incontro e riflessione sui fattori di sviluppo culturale, sociale ed economico delle aree montane.
Il vecchio modello culturale di una montagna che
“divide”, che rende difficoltoso lo sviluppo di una
comunità, che, tutto sommato, complica le condizioni di vita dei singoli cittadini, deve essere definitivamente abbandonato e sostituito da una
nuova e più moderna concezione, che prende in
esame la qualità complessiva della vita dei cittadini, rinunciando a una visione semplicemente edonistica e soffermandosi invece sulla costruzione di
una rete di relazioni e di solidarietà comunitaria,
caratteristica portante delle zone montane ma
sempre più rara nelle città e soprattutto nelle
grandi aree urbane.
In tal senso sono state determinanti, e sempre più
saranno, le tecnologie informatiche, veri e propri
volani dello sviluppo della montagna, che consentono di superare barriere logistiche e difficoltà
di comunicazione un tempo invalicabili.
Dalla collaborazione dell’Unione nazionale delle
Comunità montane con il ministero delle Risorse agricole e forestali, in attuazione di quanto
previsto dalla legge 97/94, è nato a tale scopo il
Sistema informativo della montagna, che si propone appunto il duplice obiettivo di supportare
2002 ANNO INTERNAZIONALE DELLE MONTAGNE
gli enti locali del territorio montano nello svolgimento dei propri compiti istituzionali, nonché di
agevolare i cittadini nell’accesso on line ai servizi pubblici.
La montagna quindi come modello equilibrato di
sviluppo sociale delle comunità, nonché grande
patrimonio ambientale, storico e turistico, come
si evince dall’analisi effettuata dal Touring Club
Italiano.
Un’analisi che va condivisa e trasformata in un
programma integrato di interventi normativi, a
partire da una nuova legge quadro sulla montagna
e dalla ridefinizione della politica europea in favore della montagna stessa nel quadro della Politica
di coesione. Credo che questo auspicio possa diventare un impegno concreto da programmare e
realizzare con l’aiuto degli operatori del settore e
di tutti coloro che amano la montagna.
Legge di riforma del turismo:
quali opportunità per la montagna?
Una significativa riflessione sul turismo e il suo ruolo nello sviluppo socioeconomico della montagna a
partire dalla recente legge n. 135/2001 di riforma del settore
DI ENRICO BORGHI, PRESIDENTE DELL’UNCEM (UNIONE NAZIONALE COMUNI COMUNITA’ ENTI MONTANI)
L’ecosistema montano ha indubbiamente bisogno
di coniugare e armonizzare le necessarie esigenze
di preservazione e tutela dell’ambiente con quelle
dello sviluppo plurisettoriale sostenibile, in modo
da attivare e responsabilmente utilizzare nell’habitat montano tutto il giacimento di ricchezze e di
risorse umane e materiali presenti.
Se si accetta il principio che serve sul territorio
montano presenza umana diffusa, occorre pensare
alla possibilità che su quel territorio le occasioni
di lavoro e di produzione, con riferimento alle risorse locali, siano promosse e favorite.
Si va profilando una nuova agricoltura imprenditoriale che, a seconda delle opportunità locali e
spesso recuperando prodotti della tradizione, possa coniugare coltivazione, allevamento, ospitalità,
ambiente, turismo, trasformazione e commercializzazione di prodotti di pregio.
E risulta sempre più necessario che i prodotti di
qualità siano correlabili a territori di qualità ben
identificabili ovunque possibile con la tradizione,
con i beni culturali e storici, cosicché i prodotti
siano una componente rilevante di un’immagine
di qualità idonea a essere presentata e venduta.
Gli enti locali su questi temi debbono lavorare
con impegno, specie le Comunità montane, perché non si può offrire solo una località o un edifi-
cio, ma un territorio con tante proposte correlabili, dall’arte alla gastronomia, dalla particolarità
geologica o naturalistica ai beni vendibili, alla
ricettività.
In tal senso vanno dunque pienamente condivisi i
principi ispiratori della nuova legge quadro n.
135/2001, la quale si propone: la tutela e la valorizzazione delle risorse ambientali, dei beni culturali e
delle tradizioni locali; la promozione del ruolo delle comunità locali, nelle loro diverse e autonome
espressioni culturali e associative; l’affermazione
dell’immagine turistica nazionale sui mercati mondiali, con particolare attenzione per gli specifici e
variegati ambiti territoriali, inclusi quelli montani.
Nel presupposto del principio di sussidiarietà, la
legge riconosce il ruolo degli enti locali e favorisce un approccio corretto alla realizzazione di politiche intersettoriali e infrastrutturali per la qualificazione dell’offerta turistica.
Oltre a istituire la Conferenza nazionale del turismo (cui tra gli altri partecipano Anci, Upi e Uncem), la legge ridefinisce il sistema turistico, prevedendo un ampio ruolo di indirizzo generale da
parte delle Regioni e, nel contempo, un’adeguata
funzione di intervento da parte degli enti locali,
mediante il riconoscimento dei sistemi turistici
locali, contesti omogenei e integrati, comprenla RIVISTA del TURISMO 2/2002
85
FORUM
denti ambiti territoriali appartenenti anche a Regioni diverse, caratterizzati dall’offerta integrata
di beni culturali, ambientali e di attrazioni turistiche, compresi i prodotti tipici dell’agricoltura e
dell’artigianato locale, o dalla presenza diffusa di
imprese turistiche singole o associate.
E’ quindi di fondamentale importanza ora una forte
capacità di iniziativa da parte delle autonomie, incluse le Comunità montane in rapporto collaborativo efficace con i Comuni, in quanto sono proprio
gli enti locali (e in loro assenza i soggetti privati singoli e associati) a dover promuovere i sistemi turistici locali mediante forme di concertazione con gli
enti funzionali, con le associazioni di categoria che
concorrono alla formazione dell’offerta turistica, oltre che con i soggetti pubblici e privati interessati.
Va ancora sottolineato in proposito, per ribadire il
ruolo strategico assegnato alla capacità di attivazione da parte delle amministrazioni locali, che il
riconoscimento di tali sistemi turistici avviene
mediante l’utilizzo degli strumenti delle convenzioni o degli accordi di programma, anche al fine
di favorire l’integrazione tra politiche del turismo
e politiche di governo sia del territorio che dello
sviluppo economico. A tale tema, inoltre, si legano strettamente le modalità di finanziamento dei
progetti di sviluppo dei richiamati sistemi turistici
locali, disciplinati dall’art. 5 della legge 135.
Tutto ciò costituisce motivo di grande attenzione
per l’Uncem, in relazione all’efficace coinvolgimento e partecipazione degli enti montani ai processi da porre subito in essere per corrispondere
alle finalità innovative della legge quadro, rappresentando i territori montani rilevante risorsa nazionale, bene collettivo, comune patrimonio da
valorizzare anche dal punto di vista turistico nello
spirito di forte integrazione intersettoriale affermato dalla 135.
Le interrelazioni tra l’uomo e la montagna, in particolare negli ultimi tempi, oltre a coinvolgere
campi di ricerca sempre più numerosi, hanno ribadito sia la centralità istituzionale della tutela e
della conservazione, sia la centralità che il comparto turistico può assumere per lo sviluppo sostenibile e responsabile.
Lo sviluppo economico dell’area di montagna, ancor più attraverso la promozione turistica, è di per
sé tema delicato. Una responsabile e sostenibile
promozione turistica del territorio di montagna,
oltre allo sviluppo e al potenziamento del comparto prettamente turistico, non può che risultare
utile per il suo più generale sviluppo economico.
Un’economia che, peraltro, è a macchia di leopardo e che va sostenuta con un criterio di unicità,
senza svilire e snaturare le caratteristiche produt86
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
tive differenti e con l’obiettivo di perseguire
un’offerta unitaria, articolata, integrata e differenziata sul territorio per uno stesso prodotto e marchio equivalente al binomio turismo-territorio.
L’unicum da rappresentare (cioè anche quell’insieme non omogeneo da valorizzare) ben si presta
proprio per una sua conservata verginità territoriale, a uno sviluppo turistico che potrà e dovrà
comportare un’offerta differenziata da individuare
in un territorio fisico e ambientale uguale o similare, ma con forme di attività produttive a volte
particolarmente differenziate: da un’economia
agricola a un’economia integrata con caratteristiche di forte produzione artigianale locale, a nicchie, o a sistemi ricettivi rivolti anche a un turismo sempre meno pendolare.
Ciò posto, l’Uncem ha assunto come impegno
prioritario – sancito prima nelle linee politico-programmatiche approvate dal Consiglio nazionale e
più di recente in sede di lavori degli Stati generali
della montagna dello scorso settembre, a Torino,
manifestazione di avvio dell’AIM 2002 indetto
dall’Onu – quello di insistere con grande forza sulla funzione economico-produttiva ed econonomico-ambientale della montagna, rilanciandone
strategie e indirizzi che vedono coinvolto, in un
disegno plurisettoriale di politiche per lo sviluppo,
anche e soprattutto il settore turistico, con particolare riferimento alla valorizzazione delle produzioni tipiche e di qualità originate in montagna.
Anche la funzione ambientale non deve essere vista a prescindere dalla sua valenza economica.
L’ambiente è una risorsa scarsa e compromessa
che richiede mezzi per essere difesa e potenziata.
Essa va tutelata e valorizzata suscitando e sostenendo una più forte e generalizzata cultura per la
preservazione ambientale, sia in termini di conseguimento di adeguati livelli di qualità della vita,
che promuovendo il migliore utilizzo sostenibile
delle sue risorse naturali e in particolare delle filiere produttive di maggiore pregio e caratterizzazione in montagna.
Nessuna società può fare più affidamento (in questo quadro di definitiva affermazione dei valori del
mercato globale) su una prospettiva economica
sorretta da costanti e massicci trasferimenti dal
centro verso la periferia.
La montagna rischierebbe una sconfitta certa se
prevedesse per il suo futuro esclusivamente ed
eminentemente una politica di spesa pubblica
che, oggi, si porrebbe in concorrenza con i fabbisogni del Welfare State italiano le cui voci di costo
maggiori (sanità, previdenza, istruzione) di per sé
drenano i maggiori interventi di investimento,
non lasciando spazi per altre funzioni in tal senso.
2002 ANNO INTERNAZIONALE DELLE MONTAGNE
Occorre pertanto modificare il percorso e individuare nuovi sentieri.
L’Uncem ritiene che per lo sviluppo della base
produttivo-finanziaria della realtà montana occorra operare in quattro direzioni, e su questo tema ha già richiamato Governo, Parlamento e Regioni a fornire adeguate risposte:
• perseguire tutti gli obiettivi individuati dalla
legge n. 97/94 sulla montagna italiana, in particolare per la parte che prevede la proprietà di
risorse, come prodotti della pesca, della caccia,
del sottobosco, i marchi di qualità – che non
debbono essere più ostacolati da ottuse burocrazie – e la vendita di prodotti certificati, il turismo, l’agricoltura, le filiere del legno ecc;
• prevedere controvalori specifici per il rilascio di
risorse autoctone della montagna. Fondamentale, a tale proposito, applicare sino in fondo e
anche in altri campi il corrispettivo sul valore
finale del prodotto “acqua” consentito dall’applicazione della legge n. 36/94 (“legge Galli”);
• istituire forme di compensazione che prevedano la possibilità di prelevare anche a favore della montagna ragionevoli percentuali sui frutti
delle infrastrutture che ne utilizzano il territorio: autostrade, grandi impianti industriali,
elettrodotti e gasdotti, scali ferroviari;
• vincolare annualmente una quota delle risorse
che Stato e Regioni stanzieranno nel campo del
riassetto idrogeologico a favore di un Piano
straordinario di manutenzione ordinaria dei
versamenti montani, diluito negli anni con
tempi e risorse certe, come premessa essenziale
al riavvio economico-produttivo della montagna italiana.
L’Uncem ritiene che sia giunto il tempo per l’elaborazione di una norma giuridica non di nicchia
per la montagna italiana, ma spalmata sull’intero
corpo della legislazione nazionale.
A fianco di un auspicato Testo unico delle leggi
sulla montagna che innovi profondamente inserendo norme cogenti per diversi livelli di governo
e di amministrazione (si pensi all’obbligatorietà
per Stato e Regioni – e quindi per le loro articolazioni tecnico/burocratiche – di prevedere in ogni
bilancio di previsione stanziamenti a favore del
territorio montano i cui tetti minimi sono fissati
per legge nel campo della viabilità, della sanità,
dell’istruzione, dell’incentivazione produttiva
ecc.), si dovrebbe pertanto prevedere l’obbligatorietà di una attenta verifica dell’impatto che ogni
singola legge esercita sul corpo sociale della montagna italiana.
A poco serve avere la legge n. 97, ad esempio, se le
normative in campo scolastico, socioassistenziale
o produttivo contraddicono nei fatti l’impegno a
mantenere l’uomo in montagna, creando al contrario le condizioni per un ulteriore abbandono.
All’interno di tale Testo unico dovranno trovare
corpo le norme giuridiche in grado di dare concretezza alla necessità del rilancio economico-produttivo della montagna illustrate in precedenza.
La Calabria punta sul turismo montano
Un territorio estremamente ricco di risorse naturali che vuole farsi conoscere al grande pubblico non solo per il suo mare ma anche per la sua montagna. E’ questa la sfida che lancia la Regione Calabria in occasione dell’Anno Internazionale delle Montagne
DI GIUSEPPE GENTILE, ASSESSORE AL TURISMO DELLA REGIONE CALABRIA
Il 2002, Anno Internazionale delle Montagne, è la
migliore occasione per parlare della Calabria, di
questa poco conosciuta regione italiana, posta nel
cuore del Mediterraneo, che possiede oltre 700 chilometri di coste e circa 600 mila ettari di bosco.
Due i caratteri comuni delle montagne calabresi: la
contiguità con il mare e la luminosità del paesaggio.
Non vi è cima, in Calabria, che disti più che una
manciata di chilometri dallo Jonio e dal Tirreno. E
non vi è rilievo che non conservi per gran parte
dell'anno quella luce singolare che è propria delle
regioni mediterranee e che chiunque può cogliere
giungendovi da altrove. E poi, la bellezza cangiante
di ciascun gruppo montuoso: mirabilmente compola RIVISTA del TURISMO 2/2002
87
FORUM
sta, architettonica quasi, quella del Pollino, selvaggia e alpestre, quella dell'Orsomarso, bucolica e silvestre, quella della Sila o della catena costiera, tragica e struggente, quella dell'Aspromonte, o delle
Serre.
In ciascun massiccio s’incontrano specialissimi fenomeni di natura geologica: cascate fra le più imponenti dell’intero Appennino, alte sino a 100
metri; articolate grotte carsiche e profonde cavità
ipogee; formidabili canyon e i maestosi monumenti di roccia. Ciascuna montagna calabrese ha
poi un suo peculiare ornamento arboreo che la distingue nettamente dalle altre e dalle stesse consorelle italiane.
Il Pollino e l’Orsomarso hanno il Pino loricato,
una conifera di derivazione balcanica, sopravvissuta dalla preistoria solo qui (per quel che riguarda l’Italia) e che forma popolamenti radi sulle vette più elevate, dotate di esemplari dal tronco
possente e nodoso capaci di raggiungere e superare mille anni di vita. La Sila ha il Pino laricio, di
provenienza invece tirrenica, anch'esso endemico, che dà vita a dense selve dall’aspetto insolitamente nordico e raggiunge, in alcuni casi, i 40
metri d'altezza. Le Serre hanno l'Abete bianco.
L’Aspromonte – come del resto la Sila greca – ha
le sue querce: roveri, cerri, lecci, che allignano sui
fianchi delle valli o sui crinali, con portentosi giganti dalle circonferenze che sfiorano i dieci metri. Infine, tutte le montagne calabresi sono intrise di storia e di cultura. Ognuna di esse porta i
segni indelebili di una presenza umana che fu
spesso devastatrice e imprevidente – soprattutto
rispetto ai boschi, considerati “ladri di terra” – ma
che ebbe anche il pregio, in molti casi, di realizzare mirabili esempi di pacifica convivenza tra la
natura e l’uomo. Segni di questo genere sono disseminati dappertutto, dal Pollino all'Aspromonte:
mirabili sentieri nascosti nella boscaglia, taluni
non più percorsi da anni: antichi tratturi ove
transitano le greggi transumanti; minuscole case
di pietra che paiono fiabesche dimore di gnomi e
che ancora conservano vecchi utensili; rozzi rifugi
di pastori fatti di pietre, legni e ginestre, pure incredibilmente confortevoli; romitaggi, luoghi di
culto sperduti nella solitudine dei monti; arcaici
coltivi ricavati su ripide pendici con indicibile pazienza; graziose sorgenti accudite da mani amorevoli. Una montagna intensamente vissuta, dunque, dove il visitatore, chiunque esso sia, può
ritrovare il filo reciso di un rapporto ancestrale e
recuperare alla memoria sensazioni ed eventi dispersi in un passato favoloso e irreale. Un così
grande patrimonio naturale, reso ancora più prezioso dalla presenza di notevoli poli culturali, co88
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
stituisce il capitale più importante della regione,
da investire per creare sviluppo e occupazione.
La Sila catanzarese e quella cosentina hanno i loro insediamenti di maggiore pregio in Taverna e
in San Giovanni in Fiore. Taverna si propone con
i resti della città antica, l'abitato secentesco, l'architettura sacra e civile legata al tempo e all'opera di Mattia Preti. San Giovanni in Fiore, documenta età e mondo di Gioacchino da Fiore. Nelle
Serre emerge la maestosità della Certosa di San
Bruno e sono evidenti i segni delle attività minerarie e metallurgiche dei Borboni. Nell’Aspromonte, poi, si affermano in tutta la loro maestosità la Cattolica di Stilo e la Cattedrale di Gerace.
Pochi ma di grande interesse i musei e le collezioni da Soriano alla Certosa di Serra San Bruno a
Monterosso, Rende, San Giovanni in Fiore, Taverna, Tiriolo, Altomonte e Castrovillari.
Se a tutto ciò si aggiunge la presenza di centri turistici di eccellenza quali Camigliatello Silano e
Lorica nella provincia di Cosenza, Palumbosila
nella provincia di Crotone, Villaggio Mancuso,
nella provincia di Catanzaro e Gambarie d’Aspromonte nella provincia di Reggio Calabria, capaci
di offrire adeguate strutture alberghiere e moderni
ed efficienti impianti di risalita, si comprende facilmente il ruolo che la montagna può assolvere
per la definitiva affermazione del turismo, quale
vero volano per lo sviluppo della nostra regione.
La presenza poi di ben tre parchi nazionali, Pollino,
Sila e Aspromonte, arricchisce e completa il variegato universo della montagna calabrese, capace
perciò di offrire al visitatore un ambiente ricco non
solo di bellezze naturali, ma anche di storia, arte e
cultura. La Regione è fortemente impegnata a
rafforzare ulteriormente le strutture turistiche esistenti, a partire da quelle ricettive, senza trascurare
quelle sportive e per il tempo libero. A tale proposito, abbiamo deciso di utilizzare una parte cospicua
dei fondi messi a disposizione dall’Ue con Agenda
2000, per l'attuazione di interventi volti a fare diventare la montagna calabrese, un vero e proprio
polo turistico al servizio dell'intero bacino del Mediterraneo. Il 2002 è un'importante occasione da
utilizzare fino in fondo per promuovere e sostenere
adeguatamente l'immagine di una Calabria, che
non è solo mare, ma, soprattutto, montagna. Fra le
tante iniziative, che si terranno in occasione dell’Anno Internazionale, abbiamo previsto la prima
conferenza regionale sul turismo montano.
Sarà questa l’occasione per una messa a punto delle strategie e degli interventi più idonei per il definitivo decollo della montagna calabrese, fondamentale risorsa per lo sviluppo economico e
sociale della nostra regione.
2002 ANNO INTERNAZIONALE DELLE MONTAGNE
Montagna veneta: le prospettive per il 2002
La montagna veneta sta registrando una tendenza positiva per quanto riguarda i flussi turistici. La Regione intende sfruttare questa nuova spinta per valorizzare anche le risorse storico-culturali del territorio
e affiancarle alla tradizionale offerta turistica
DI FLORIANO PRA, ASSESSORE ALLE POLITICHE DEL TURISMO E DELLA MONTAGNA DELLA REGIONE VENETO
Per il turismo della montagna veneta il 2001 è stato l’anno di una positiva inversione di tendenza,
dopo un lungo periodo di calo pressoché costante e
generalizzato in tutta Italia. Il 2002 dovrà e potrà
essere l’anno della definitiva ripresa, il cui vero motore è certamente costituito dall’Anno Internazionale delle Montagne e dalle iniziative a esso collegate che animeranno l’intero corso dell’anno, ma
lasceranno anche un segno qualificante e duraturo,
come il Museo Internazionale della Montagna che
abbiamo realizzato in collaborazione con Reinhold
Messner recuperando un vecchio fortino militare
della prima guerra mondiale e che inaugureremo il
29 e 30 giugno prossimi sulla vetta del Monte Rite
(m. 2.181), nel Comune di Cibiana (Belluno).
Il turismo montano, negli ultimi anni, ha visto accentuarsi il gap tra la stagione invernale, sempre positiva
e in crescita nonostante gli alti e bassi legati all’innevamento naturale più o meno sostanzioso, e quella
estiva, in notevole difficoltà. Ed è soprattutto in questo secondo ambito che l’Anno Internazionale delle
Montagne potrà far segnare una svolta epocale: quella dell’ingresso nel panorama dell’offerta di occasioni
di valorizzazione storica, culturale, ambientale da abbinare e collegare a quella più tradizionale per rilanciare il complesso della vacanza sui monti, messa alle
corde dalla concorrenza spietata (e sinora vincente)
di quella balneare e delle destinazioni estere. Storia,
cultura e ambiente non più come corollario, ma come
fulcro di pacchetti-vacanza. Un museo come quello
di Monte Rite, con il fascino del vecchio forte abbinato alla sostanza delle testimonianze messe a disposizione da Messner e inserito in un ambito naturale
unico al mondo, vale da solo la scelta della montagna
per una vacanza. Questa è la grande novità! Lassù, a
fine giugno, si materializzerà il momento “più alto” (e
non solo geograficamente) di tutte le iniziative che
nel mondo si stanno organizzando per l’Anno Internazionale e questo è già un motivo di vanto e orgoglio
per il Veneto e le sue genti di montagna.
Ma abbiamo voluto fare di più, e onoreremo il 2002
anche con una convegno ai massimi livelli mondiali
sulla salute in montagna che si terrà sull’altopiano di
Asiago e con un incontro sui temi della montagna
che porterà a Cortina gli esponenti di tutte le Regioni della comunità di lavoro Alpe Adria, della quale il
Veneto è presidente di turno, e i parlamentari nazionali ed europei per un confronto dal quale ci attendiamo moltissimo, sia in termini di maggior attenzione politica, sia di definizione di interventi concreti a
livello nazionale e comunitario, cominciando dal varo di specifiche leggi. Ma il Veneto non si limita a
chiedere. Nel frattempo agisce, e lo fa nella consapevolezza che la montagna è il suo territorio più delicato e meritevole di attenzione, e che il turismo è oramai la principale economia sulla quale fondare il
futuro. Già oggi la ricettività è di grande qualità e
quantità: in montagna ci sono 650 dei 3.500 alberghi del Veneto; quasi 18 mila esercizi ricettivi extralberghieri; oltre 136 mila posti letto. Il patrimonio del
turismo montano parte da questa dotazione, per proseguire attraverso centinaia di chilometri di piste da
sci e di sentieri escursionistici; decine di rifugi alpini
a media e alta quota; impianti sportivi e piscine; centri abitati rimodernati e abbelliti.
A questo universo abbiamo dato un occhio di riguardo anche nella predisposizione del Documento di
Programmazione Veneto per usufruire dei fondi disponibili nell’Obiettivo 2 2000-2006 dell’Unione
europea che porteranno in montagna investimenti
per centinaia di miliardi. Grande ricaduta sull’offerta
turistica legata a storia e cultura avrà anche l’attuazione di un altro importante strumento comunitario:
il Programma Interreg 3 di cooperazione transfrontaliera per il quale abbiamo già siglato l’accordo formale con la Provincia di Bolzano e i Länder austriaci di
Carinzia, Tirolo e Salisburgo. Al Veneto sono riservati non meno di 13 milioni di euro, che utilizzeremo
per realizzare nuovi percorsi lungo le trincee della
prima guerra mondiale tra Auronzo e la Marmolada
con sviluppi anche verso Asiago e il monte Grappa e
verso la Carnia e la Carinzia; per far nascere a Cortina un Centro di Cultura e Informazione sulla prima
guerra mondiale e un Centro Studi su flora, fauna e
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
89
FORUM
forestazione di montagna; per valorizzare altri percorsi come quelli della “Via del Ferro” tra la Val Imperina, le miniere del Fursil e il castello di Andraz. Come
si può vedere, il lavoro messo in cantiere è tanto. La
volontà non manca. Ci sono tutte le premesse perché il 2002 possa essere un anno “memorabile”.
Le future politiche per la montagna
Luciano Caveri è il presidente del Comitato Italiano per il 2002 Anno Internazionale delle Montagne e riveste inoltre la carica di presidente della Commissione Europea Politiche Regionali Trasporti e Turismo.
A lui rivolgiamo alcune domande a proposito del Rapporto sul turismo montano realizzato dal Comitato Italiano e dal Touring Club Italiano e per fare una valutazione delle priorità politiche, a livello italiano ed europeo per il futuro del turismo in montagna
On. Caveri, qual è il profilo del turismo montano in Italia che emerge dalla ricerca del Tci e del
Comitato Italiano?
Innanzitutto premetto che questa ricerca rappresenta uno strumento di assoluta validità, pur rimanendo aperta a critiche e stimoli, tanto per ciò
che concerne i risultati, quanto per quel che riguarda la metodologia utilizzata.
Detto ciò il primo elemento che emerge dalla ricerca
è la conferma del fatto che il turismo è fondamentale
per la montagna italiana come lo è per una buona
parte della montagna europea. La montagna di tutto
il mondo si sta aprendo al turismo quale fonte importante di reddito per le popolazioni locali. Quindi, una
riflessione su questo tema è perfettamente in linea
con la missione del 2002 AIM. Ma sulle nostre montagne, cioè sulle montagne italiane, sappiamo che
per il turismo invernale, ma soprattutto per quello
estivo, da tempo è aperto un confronto sulle ragioni
che portano a flessioni, a riduzioni, a una certa crisi
serpeggiante. Sono convinto che i dati che vengono
riportati nella ricerca e le “ricette” che sono brevemente elencate alla fine e che, ripeto, sono aperte al
dialogo e a tutte le proposte di chi si occupa del settore, a me sembrano significative di un percorso che si
possa fare per migliorare la qualità e per rendere meno problematico il futuro del turismo montano.
Vista questa situazione di “crisi serpeggiante”
pensa che l’economia montana debba ancora
puntare in modo primario sul turismo, oppure
occorre rivolgersi verso altre risorse?
Io credo che lo slogan giusto per l’economia di
montagna sia “pluriattività”. Noi sappiamo che la
monocoltura è sempre pericolosa, anche per il turismo montano, che si declina in numerose varianti
90
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
tra loro molto differenti, perché si va dal turismo di
massa al turismo d’élite, dall’agriturismo al turismo
sportivo, dal termalismo al turismo della terza età.
Insomma ci sono tanti turismi e ovviamente il termine “turismo” al singolare non rende il pluralismo
di forme con cui questo settore si caratterizza.
Ma certamente, comunque lo si intenda, il turismo
resta capitale nell’economia montana perché, nel
momento in cui noi parliamo di pluriattività, dobbiamo capire dire che si può fare l’artigiano e avere un
piede nel turismo, si può lavorare nell’amministrazione e avere un piede nel turismo, si può fare l’agricoltore, ma avere un piede nel turismo. Possiamo dire
che il turismo è una gamba forte per tenere in piedi il
tavolo della montagna, quindi dobbiamo comprendere che per riempire di contenuti il famoso slogan dello sviluppo sostenibile, anche per il turismo, bisogna
fare i conti con l’importanza del settore economico.
Un tema forte dell’Anno Internazionale è quello
dello sviluppo sostenibile, che richiama comunque a un’attenzione particolare nei confronti dell’ambiente. Altro tema è quello dell’economia,
che inevitabilmente ci rimanda al turismo. Dobbiamo guardare a questi due elementi come ambiti in antitesi e in contrapposizione oppure si
può pensare a un loro sviluppo congiunto?
Intanto, “sviluppo sostenibile” contiene già in sé
la nozione di economia, nel senso che sviluppo
sostenibile, come dice l’espressione stessa, benché
ancora suscettibile di svariate interpretazioni, effettivamente riassume in sé il problema dello sviluppo economico e della sostenibilità.
“Sviluppo sostenibile” è in sostanza uno slogan, che
riassume bene un’esigenza primaria delle aree montane: noi abbiamo da una parte la necessità di garantire
2002 ANNO INTERNAZIONALE DELLE MONTAGNE
al mondo della montagna uno sviluppo economico
che dia quei redditi che consentano ai montanari di
restare sul territorio. Dall’altra, specialmente nel settore del turismo, abbiamo la necessità di mantenere
quel patrimonio naturale e culturale che può essere
danneggiato da uno sviluppo indiscriminato. Il problema è quello di trovare questo equilibrio delicatissimo, che dev’essere riempito di contenuti, perché sviluppo sostenibile rischia di essere solo un’etichetta
sotto la quale si vendono delle merci molto diverse.
All’espressione sviluppo sostenibile i francesi preferiscono un altro termine, che a me piace molto:
“développement équitable”, che si potrebbe tradurre come “sviluppo egualitario”. Questa è un
espressione che ben evidenzia una necessità primaria: il fatto cioè che alla montagna vengano date le
stesse chances di cui possono disporre altri territori, e ciò vale per l’Italia, l’Europa, e il mondo.
Dal punto di vista politico quali sono le priorità
che dobbiamo affrontare per il futuro del turismo montano?
A livello italiano sappiamo che la priorità che tutti si
danno è quella di capire i risvolti istituzionali, cioè
capire che cosa dovrà fare lo Stato e che cosa dovranno fare le Regioni a beneficio della montagna dopo la
riforma costituzionale. Questo vuol dire anche riscrivere la legge sulla montagna attualmente in vigore,
che è spazzata via dal nuovo scenario istituzionale.
A livello europeo i temi sono piuttosto facili da
riassumere: noi abbiamo in parte la necessità di fare in modo che della montagna si parli anche nella
nuova costituzione europea come singolarità territoriale; poi dovremo lavorare perché questo riconoscimento istituzionale della montagna sia riem-
pito di contenuti, con una definizione europea
omogenea di che cosa si intende per montagna.
Il raggiungimento di questi risultati avrà delle conseguenze su temi concreti come i fondi strutturali per
il 2007 o come la particolarità della politica di concorrenza, che deve essere applicata alla montagna.
Diciamo che le politiche sulla montagna sono complesse, anche perché fondono una dimensione politica nazionale con una europea, che stanno a due livelli diversi, ma ormai imprescindibili uno dall’altro.
Capita a volte di sentire un certo timore nei confronti della politica europea, da parte anche degli stessi
valligiani. E’ una preoccupazione reale e giustificata?
Secondo me le incomprensioni nei confronti di
Bruxelles, fra Bruxelles e la montagna europea, ci possono essere, ci sono state e probabilmente ci saranno
ancora.Ma credo sia molto importante tenere aperto
un canale di comunicazione fra la politica europea e
le montagne e che ci si spieghi reciprocamente.
Sedendosi a un tavolo di discussione, cosa che il
Comitato Italiano ha cercato di fare nel corso del
2002, ponendosi come punta di diamante rispetto
alla situazione politica europea, io credo che si
possano trovare delle soluzioni ragionevoli.
E’ chiaro che se invece i mondi della politica, di quella
di Bruxelles e di quella espressa dal mondo della montagna, si limitano ad annusarsi con reciproca diffidenza
non si arriverà mai a nulla. Invece io credo che si debba passare anche dalla protesta a un’azione forte e propositiva, sapendo che i diversi dossier sono molto delicati per le diverse materie, ma anche che c’è la reale
possibilità di non guardare Bruxelles aprioristicamente
come un nemico, ma di fare in modo che possa diventare un importante alleato delle montagne europee.
Resolution text for the International Year of Mountains
Fifty-Third Session
A/RES/53/24
International Year of Mountains, 2002
The General Assembly, Recalling Economic and Social Council resolution
1998/30 of 29 July 1998,
Recalling also the relevant provisions of Agenda 21 on sustainable
mountain development,
Noting the work already undertaken to achieve sustainable mountain development by the Food and Agriculture Organization of the United Nations,
and particularly its role as task manager for Chapter 13 of Agenda 21,
1. Proclaims the year 2002 as the International Year of Mountains;
2. Invites the Food and Agriculture Organization of the United Nations to
serve as the lead agency for the International Year of Mountains, in collaboration with Governments, the United Nations Environment Programme,
the United Nations Development Programme, the United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization and other relevant organizations of the United Nations system and non-governmental organizations;
3. Calls upon Governments, national and international organizations,
non-governmental organizations and the private sector to make voluntary contributions in accordance with the guidelines of the Economic and Social Council for international years and anniversaries and
to lend other forms of support to the International Year of Mountains;
4. Encourages all Governments, the United Nations system and all other actors to take advantage of the International Year of Mountains in order to increase awareness of the importance of sustainable mountain development;
5. Requests the Secretary-General to submit to the General Assembly at
its fifty-fifth session a report on the state of the preparations for the
International Year of Mountains.
54th plenary meeting, 10 November 1998
la RIVISTA del TURISMO 2/2002
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