laRIVISTAdelTURISMO - Alps Know-How
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Anno IV, N° 2 - 2002 la RIVISTA delTURISMO a C E N T R O S T U D I D E L Editoriale T O U R I N G C L U B I TA L I A N O 3 Touring Club Italiano Presidente: Roberto Ruozi Direttore generale: Guido Venturini RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO Il turismo montano in Italia 5 Un’analisi regionale 1/ Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste 2/ Piemonte 3/ Liguria 4/ Lombardia 5/ Trentino-Alto Adige/Südtirol 6/ Veneto 7/ Friuli-Venezia Giulia 8/ Emilia-Romagna 9/ Toscana 10/ Umbria 11/ Marche 12/ Lazio 13/ Abruzzo 14/ Molise 15/ Campania 16/ Puglia 17/ Basilicata 18/ Calabria 19/ Sicilia 20/ Sardegna Forum Interventi di Enrico La Loggia, Franco Frattini, Enrico Borghi, Giuseppe Gentile, Floriano Pra, Luciano Caveri 23 27 32 35 38 45 49 52 54 la RIVISTA del TURISMO Direttore responsabile: Marco Ausenda Direttore artistico: Federica Neeff Coordinamento editoriale: Massimiliano Vavassori Editing e impaginazione: Studio Cappellato e Laurent Srl Comitato di direzione: Adriano Agnati, Marco Ausenda, Marco L. Girolami, Massimiliano Vavassori Comitato scientifico: Vittorio Emiliani, Rolf Freitag, Pietro Leoni, Andrea Macchiavelli, Mara Manente, Cesarina Misiani, Harald Pechlaner, Maria Paola Profumo, Bruno Panunzi, Carlo Maria Ricciardi Registrazione Tribunale di Milano 10 feb 1999, n. 94 Stampa: L.V.G. srl, Azzate (VA) © 2001 Touring Editore, Milano Codice NKQ ISBN 8836527132 Finito di stampare nel mese di aprile 2002 57 60 62 65 68 69 71 72 73 76 78 82 Sede legale, direzione, redazione, amministrazione: Corso Italia 10, 20122 Milano, tel. 02 8526605, fax 02 8526333, e-mail: [email protected], sito internet: www.touringclub.it. Direzione pubblicità: Tci, tel. 02 8526365, fax 02 8526333. La Rivista del Turismo è in vendita in abbonamento (per le tariffe vedere la pagina con coupon in questo numero). Per informazioni sugli abbonamenti Tel. 02 5359973, fax 02 53599878. Copie singole possono essere acquistate solo presso i Punti Touring: Milano (corso Italia 10), Roma (via del Babuino 20), Bari (via Melo 233), Bologna (strada Maggiore 29), Genova (Palazzo Ducale, piazza Matteotti 62/rosso), Napoli (via Battisti 11/13), Padova (via Verdi 7), Torino (via S. Francesco d’Assisi 3), Trento (via Garibaldi 27), Venezia Mestre (piazzale Candiani 7), Verona (via della Valverde 75). Una copia € 10,33. Copia arretrata € 15,50. la RIVISTA delTURISMO a C E N T R O S T U D I D E L T O U R I N G C L U B Analisi e commenti sull’economia del turismo ✁ CARTOLINA DI ABBONAMENTO ❑ Sì, mi abbono per un anno (6 numeri) a la Rivista del Turismo Completare e spedire il presente modulo a: Touring Club Italiano, via Adamello 10, 20139 Milano o via fax al n. 02 53599.878, allegando copia della ricevuta di pagamento. Per informazioni: tel. 02 8526.605 Dati Ragione sociale (se azienda, ente, istituto) Nome e Cognome Via Città Cap Tel. 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Gli interessati hanno facoltà di accedere liberamente ai propri dati personali per aggiornarli, modificarli e integrarli scrivendo al Touring Club Italiano. I TA L I A N O Editoriale 2002: Anno Internazionale delle Montagne A bbiamo scelto di legare i primi numeri della Rivista di quest’anno a un filo conduttore comune: la montagna. Come già anticipato nello scorso numero, il 2002 è stato infatti proclamato dalla Onu e dalla Fao Anno Internazionale delle Montagne e le iniziative per animare il dibattito e sensibilizzare opinione pubblica e governi sui relativi temi proseguiranno senz’altro a livello mondiale anche nei prossimi mesi. Anche la Rivista del Turismo ha voluto quindi dare il suo contributo dedicando ampio spazio all’argomento: già nella prima uscita di quest’anno abbiamo proposto un articolo del presidente del Comitato Italiano per il 2002 Anno Internazionale delle Montagne, on. Luciano Caveri in cui si portava all’attenzione l’importante ruolo delle montagne e i motivi, di ordine economico, sociale e culturale, che ne hanno fatto una priorità per il nuovo secolo. La montagna, infatti, non deve più essere soltanto un luogo della memoria, custode di tradizioni e stili di vita ormai lontani, ma anche una ricchezza per il futuro, futuro che sempre più spesso guarda verso lo sviluppo sostenibile e la salvaguardia ambientale. Le montagne, insieme ai loro abitanti, saranno chiamate ad affrontare nuove sfide per il rilancio economico, sociale e ambientale di porzioni di territori che rappresentano più di un quinto delle terre emerse e che ospitano circa il 10% della popolazione mondiale. La scelta internazionale di puntare sulla montagna non è stata, dunque, né improvvisa, né rituale, piuttosto il risultato di un lungo processo di riflessione portato avanti da gruppi e organizzazioni di origini e culture diverse, che ha permesso una progressiva sensibilizzazione dei governi sulle tematiche ambientali e montane in particolare. L’origine di questo percorso potremmo rintracciarlo nel 1992, con la grande assise di Rio de Janeiro, la Conferenza sull’ambiente e lo sviluppo: in quell’occasione fu sottoscritto da 181 paesi delle Nazioni Unite il documento Agenda 21 all’interno del quale si faceva esplicito riferimento ai problemi della montagna. Oggi, dunque, le montagne occupano una posizione non marginale nell’agenda politica: un esempio è costituito dal Secondo rapporto sulla coesione economica e sociale (“Unità, solidarietà, diversità per l’Europa, la sua popolazione e il suo territorio”) presentato dal commissario europeo Michel Barnier e adottato dalla Commissione il 31 gennaio 2001, in cui vengono portate all’attenzione dell’Unione le aree montane, le loro peculiarità e il ruolo del turismo per lo sviluppo socioeconomico locale dei prossimi anni. Per approfondire il dibattito, indagando in particolare le relazioni tra turismo e montagne, questo numero monografico della Rivista raccoglie integralmente il testo del primo Rapporto sul turismo montano in Italia, redatto da Tci e Comitato Italiano per il 2002 Anno Internazionale delle Montagne e presentato a Milano lo scorso febbraio in occasione della Borsa Internazionale del Turismo. Si tratta di uno studio importante, e per certi versi sorprendente in alcuni suoi risultati, che ha inteso cogliere le componenti del turismo montano (alpino e appenninico) e il suo grado di sviluppo nelle regioni italiane. Sicuri di fare cosa gradita ai nostri lettori abbiamo voluto arricchire l’impaginazione della ricerca con un repertorio di fotografie d’epoca delle nostre montagne tratte dall’archivio Tci. Le prove del cambiamento non risiedono, infatti, soltanto nei numeri e nelle serie storiche ma sono altrettanto chiare e comprensibili attraverso le immagini che illustrano l’evoluzione dei paesaggi, del turismo e dei turisti montani attraverso il Novecento. Centro Studi TCI la RIVISTA del TURISMO 2/2002 3 RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO PRIMA PARTE Il turismo montano in Italia Il Touring Club Italiano ha prodotto, in occasione dell’Anno Internazionale delle Montagne e in collaborazione con il Comitato Italiano per l’AIM 2002, il primo Rapporto sul turismo montano in Italia. Il lavoro è stato coordinato dal prof. Fabrizio Bartaletti, geografo dell’Università di Genova, e dal Centro Studi del Touring club Italiano. L’analisi, impostata a livello regionale, ha approfondito per ciascuna area, nessuna esclusa, le principali caratteristiche dell’offerta turistica: posti letto, presenze alberghiere ed extraalberghiere, impianti di risalita e così via. Una fotografia dello stato di salute della montagna italiana che ha cercato di mettere in evidenza punti di forza e di debolezza dei sistemi locali e, a più ampio respiro, del prodotto turistico montagna. L’Italia dispone di grandi risorse e potenzialità in questo segmento: le Alpi hanno una superficie di 46.900 kmq e una popolazione di 3.770.000 abitanti, gli Appennini – comprese le Isole – rispettivamente di 77.200 kmq e di 4.650.000 abitanti. Praticamente metà del nostro territorio è montano. Quali allora le considerazioni emerse dalla ricerca? Tra luci e ombre che caratterizzano le diverse realtà locali, le difficoltà del prodotto-montagna, generalizzando, dipendono essenzialmente da tre fattori: la forte concorrenza di altre destinazioni-prodotti, l’aumento della temperatura media combinato con la ricorrente scarsità di precipitazioni nevose e un appannamento d’immagine della montagna estiva. Il Rapporto propone, infine, un indice di turisticità montana (ITM) calcolato su base regionale. la RIVISTA del TURISMO 2/2002 5 IL TURISMO MONTANO IN ITALIA T ourism as a way of life – il turismo come modo di vita – è un’espressione che sintetizza in modo efficace l’attuale “filosofia di vita” di un miliardo e trecento milioni di Europei, Nordamericani e Giapponesi, destinata a diffondersi, nei prossimi anni, anche nei paesi a minor grado di sviluppo. Se è vero infatti che nel 2000 sono stati registrati 698 milioni di arrivi internazionali (diretti o generati per circa il 70% da Europa e Usa-Canada), è altrettanto vero che le stime dell’Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT) si limitano al solo movimento incoming e trascurano i flussi turistici interni ai singoli Stati, che nella media europea si aggirano attorno al 60% del movimento complessivo e negli Stati Uniti non dovrebbero allonta- 6 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 narsi molto da questa soglia. Nei paesi più sviluppati, superata ormai la fase della vacanza come periodo di riposo dal lavoro, oggi si lavora per potersi permettere vacanze sempre più numerose, comode e diversificate, proiettando il turismo al primo posto tra i settori di attività economica nel mondo: nel 1998, il solo turismo internazionale ha inciso infatti per il 7,9% sul totale dell’export di servizi e merci, seguito dall’industria automobilistica (7,8%), chimica (7,5%) e alimentare (6,6%). Il turismo, dunque, fa già parte del nostro modo di essere, e tende a orientare verso di sé scelte un tempo attratte da altre opportunità: basti pensare al crescente numero di persone che trascorrono il week-end a Parigi, Londra, magari Istanbul o – d’inverno – in Al- ta Val di Susa pur abitando a Genova e, d’estate, in località marine pur vivendo nell’Europa centrale: il venerdì e la domenica pomeriggio, da giugno a settembre, l’autostrada Genova-Livorno-Rosignano è percorsa nei due sensi da un gran numero veicoli con targa svizzera (non solo Ticino, ma anche Vaud, Ginevra, Berna, Zurigo..), diretti lungo la costa toscana a sud di Livorno e all’Isola d’Elba, coprendo distanze che variano 450 a 700 km e più! Tipologie, dati e tendenze L’Italia, com’è noto, è una meta turistica di prim’ordine, collocandosi al quarto o al terzo posto nel mondo – a seconda della credibilità che si vuole concedere alle statistiche francesi – per gli arrivi internazionali, e al primo in Europa se si considerano le presenze nazionali e internazionali in alberghi e campeggi. Questa collocazione prestigiosa si deve più alle località marine e alle città d’arte che non al turismo montano, ma prima di scendere nei dettagli è opportuno fare alcune considerazioni sulle diverse tipologie turistiche. Tralasciamo qui la distinzione fra turismo proprio, che si realizza per mero svago e arricchimento culturale, e improprio, generato da motivi di salute (terme, beauty farms, cliniche geriatriche), ricerca, congressi, affari, attività sportiva e politica, ecc., considerando per praticità come presenza turistica qualunque pernottamento in comuni diversi da quello di residenza, indipendentemente dalle motivazioni che lo hanno generato. Anche con questa semplificazione, però, si deve riconoscere l’esistenza di molti “turismi”. La principale classificazione si effettua in base alle “vocazioni” manifestate dalle località e dai siti (località marine, montane, lacuali, termali, città d’arte e cultura…), ma a questi tipi principali si deve aggiungere almeno il turismo ludico, con le componenti principali dei grandi parchi a tema (Disneyland, Disneyworld, Legoland, Gardaland…) e delle città del gioco d’azzardo (Las Vegas, Reno, Macao). RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO Il turismo dei grandi fenomeni naturali (geyser, cascate, canyon, vulcani…) e quello venatorio. In base all’articolazione temporale della vacanza, si distingue fra turismo di alta e bassa stagione, di durata breve (al massimo quattro pernottamenti consecutivi) o medio-lunga. Un carattere particolare assume poi quel turismo che per il pernottamento si avvale di mezzi di trasporto come camper e imbarcazioni (turismo nautico e crocieristico). Altre forme sono legate alla pratica di certe attività sportive come il canyoning, il rafting o il parapendio, che attirano un crescente numero di appassionati per escursioni giornaliere o brevissimi soggiorni. Le nostre statistiche ufficiali distinguono fra “località di interesse turi- stico” e “altre località”; le prime, a loro volta, sono ripartite in sei tipologie, e cioè città di interesse storico e artistico, località montane, lacuali, marine, termali e collinari o di interesse vario, mentre tra le seconde si separano i capoluoghi di provincia dal resto delle località. Tuttavia, non sempre è agevole attribuire una data località alla tipologia più appropriata, poiché nel caso di più “vocazioni”, dovrà essere prescelta quella legata alla motivazione prevalente dei vacanzieri, a sua volta influenzata dalla connotazione geografica complessiva dei siti: l’Istat-Enit, ad esempio, classifica Bormio fra le località termali, nonostante si tratti in realtà di una stazione montana estivo-invernale, che offre anche l’opportunità delle cure termali. Nel 1999, sono state ufficialmente registrate in Italia 308 milioni di presenze, delle quali 218 milioni in esercizi alberghieri e il resto in quelli complementari, che escludono la grande maggioranza degli appartamenti in affitto e la totalità delle seconde case. Le località marine hanno attirato 106 milioni di presenze, pari al 34% del movimento complessivo, confermando una leadership detenuta da tempo immemorabile, mentre quelle montane, con 38,3 milioni di presenze, incidono per il 12,4%. Negli anni 90, il periodo più favorevole per tutte le tipologie (tranne le “altre località”) è stato il triennio ‘93/’96, nel quale le località collinari, montane e lacuali hanno registrato incrementi superiori al 30% (Tab. 1b), mentre nel triennio successivo i Tabella 1a Andamento delle presenze ufficiali negli anni 90 nel complesso degli esercizi ricettivi per tipologia di località (valori assoluti, in migliaia) Località Città d’arte Montane Lacuali Marine Termali Collinari Capoluoghi Altre Totale 1990 43.077 25.454 14.950 76.724 13.573 6.631 17.401 54.407 252.217 1991 43.251 27.276 15.670 83.772 13.936 6.819 15.626 53.574 259.924 1992 46.372 27.283 14.479 84.483 13.417 8.113 13.697 49.520 257.364 1993 47.494 27.514 14.185 85.891 12.159 7.069 12.634 46.668 253.614 1994 50.548 29.898 15.808 93.133 12.525 8.759 14.524 49.563 274.758 1995 53.788 31.202 17.144 99.169 12.975 7.489 14.974 49.753 286.494 1996 54.964 37.097 18.687 98.526 14.062 9.607 n.d. n.d. 291.370 1997 54.978 37.951 18.551 97.573 13.623 9.664 15.110 44.826 292.276 1998 56.294 38.361 18.659 102.338 13.944 9.860 14.739 45.313 299.508 1999 59.109 38.295 19.461 106.333 14.415 10.332 15.526 44.843 308.314 Tabella 1b Variazioni percentuali delle presenze ufficiali nel complesso degli esercizi ricettivi per periodi triennali, tra ‘99 e ‘98 e tra ‘99 e ‘90 Località Città d’arte Montane Lacuali Marine Termali Collinari Capoluoghi Altre Totale * 97/93; ** 99/97 93/90 10,3 8,1 -5,1 11,9 -10,4 6,6 -27,4 -14,2 0,6 96/93 15,7 34,8 31,7 14,7 15,7 35,9 19,6 * -3,9 * 14,9 99/96 7,5 3,2 4,1 7,9 2,5 7,5 2,7 ** 0,0 ** 5,8 99/98 5,0 -0,2 4,3 3,9 3,4 4,8 5,3 -1,0 2,9 99/90 37,2 50,4 30,2 38,6 6,2 55,8 -10,8 -17,6 22,2 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 7 IL TURISMO MONTANO IN ITALIA Tabella 2 Variazione dell’incidenza delle presenze nelle diverse tipologie di località (1990-1999) Località Città d’arte Montane Lacuali Marine Termali Collinari Capoluoghi Altre Totale 1990 17,1 10,1 5,9 30,4 5,4 2,6 6,9 21,6 100,0 1991 16,7 10,5 6,0 32,2 5,4 2,6 6,0 20,6 100,0 tassi si sono alquanto ridotti; significativo comunque il fatto che le località marine nel triennio ’96/’99 registrino nuovamente il maggior tasso di incremento, nonostante il turismo balneare sia considerato un prodotto “maturo”. Nell’ultimo anno disponibile (’98/’99), infine, città d’arte e capoluoghi si sono mostrate le tipologie più vitali, mentre la montagna ha registrato una battuta d’arresto, legata anche al mediocre andamento della stagione invernale. Nel medio periodo (’90/’99), la montagna manifesta comunque una tendenza molto positiva (+50%), di poco inferiore a quella delle località collinari, sempre più ambite – anche dagli stranieri – per il revival della campagna e per l’immagine del paesaggio culturale italiano. La Tab.2 illustra l’evoluzione dell’incidenza delle singole tipologie di località sul movimento turistico complessivo, mettendo in luce la reale traiettoria seguita dalle diverse destinazioni, il cui peso varia in relazione a quello delle altre. Vediamo allora che le località di mare, dopo la flessione registrata fra ’95 e ’97, si sono subito riportate sui livelli del 1995, consolidando la netta supremazia sulle altre mete. Le città d’arte seguono una traiettoria di lenta ma continua ascesa, in contrapposizione al declino delle località termali, mentre la montagna, dopo una fase di stagnazione e il forte incremento del 8 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 1992 18,0 10,6 5,6 32,8 5,2 3,2 5,3 19,3 100,0 1993 18,7 10,8 5,6 33,9 4,8 2,8 5,0 18,4 100,0 1994 18,4 10,9 5,7 33,9 4,6 3,2 5,3 18,0 100,0 1995 18,8 10,9 6,0 34,6 4,5 2,6 5,2 17,4 100,0 ’96/’97, negli ultimi due anni entra in declino. Definizioni, peculiarità, fragilità Che cosa si deve intendere per turismo montano? La risposta a un quesito in apparenza così ozioso sembra scontata, e cioè: “il movimento turistico registrato nelle località di montagna”. Ma, come si è visto, nelle statistiche ufficiali alcune stazioni montane sono classificate tra i centri termali e moltissime altre, non godendo del riconoscimento di “località di interesse turistico”, sono relegate nel mare magnum delle “altre località”. Dunque, si deve procedere in primo luogo alla delimitazione della montagna alpina e appenninica e quindi allo studio del movimento turistico che si registra all’interno del territorio in questione. Premesso che non esiste una definizione della montagna universalmente accettata, date le incertezze esistenti sui comuni “di frangia”, sulle enclaves e sull’altitudine-soglia del capoluogo comunale, abbiamo individuato i comuni montani – alpini, appenninici e delle Isole – in base a criteri morfologico-demografici abbastanza restrittivi, connessi con la quota del capoluogo e delle frazioni e con quella massima del comune. Il limite Alpi-Appennini è stato posto lungo l’asse Savona-Cadibona-Sella di Montezemolo, attribuendo le Langhe agli Appennini, mentre quello 1996 18,9 12,7 6,4 33,8 4,8 3,3 n.d. n.d. 100,0 1997 18,8 13,0 6,3 33,4 4,7 3,3 5,2 15,3 100,0 1998 18,8 12,8 6,2 34,2 4,7 3,3 4,9 15,1 100,0 1999 19,2 12,4 6,3 34,5 4,7 3,4 5,0 14,5 100,0 orientale alpino si colloca in corrispondenza della confluenza del Vipacco nell’Isonzo, escludendo il Carso. In base alla nostra delimitazione (i cui criteri sono esposti in dettaglio nelle note metodologiche), le Alpi hanno una superficie di 46.900 kmq e una popolazione (1998) di 3.770.000 abitanti, gli Appennini – comprese le Isole – rispettivamente 77.200 kmq e 4.650.000 abitanti. Una volta delimitata la montagna, occorre distinguere fra il movimento turistico delle località propriamente “montane” e quello delle località lacuali, termali e delle città d’arte. Si tratta di un problema che non è stato ancora risolto in modo chiaro e lineare, anche perché non è facile, come si diceva, attribuire all’una o all’altra tipologia comuni turistici polivalenti: Malcesine è certo una stazione lacuale, ma è collegata da una funivia all’incombente Monte Baldo (2.200 m), che è un piccolo, panoramico centro di sport invernali e di escursionismo estivo; Merano offre alcune sorgenti termali ed è centro artistico-culturale, ma chi vi soggiorna, soprattutto in primavera e in autunno, lo fa per godere delle sue condizioni climatiche e delle opportunità offerte dal contesto montano nel quale è inserita e – d’inverno – dal collegamento funiviario con la stazione sciistica di Merano 2000. Anche in questo caso, dunque, è indispensabile fissare alcuni criteri operativi, esposti in dettaglio nelle note RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO metodologiche. Date le particolari caratteristiche del territorio, si considera comunque interamente “montano” il movimento turistico registrato in Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste, TrentinoAlto Adige/Südtirol e nelle province di Sondrio e Belluno, anche se una piccola parte delle presenze è legata al turismo culturale e d’affari (Trento, Bolzano, Feltre, Aosta) o lacuale (Riva del Garda, Torbole). Il terzo passo è quello di risolvere le difficoltà legate alla assenza di dati disaggregati a livello comunale o quanto meno per gruppi di comuni fisicamente omogenei: in molti casi, si riescono infatti a ottenere solo informazioni relative a intere province (es. Nuoro), magari con la distinzione fra capoluogo e qualche importante circoscrizione turistica (es. Salice Terme per il Pavese, Luino per il Varesotto). Basti dire che solo le Province Autonome di Trento e Bolzano (e di recente quella di Bologna) pubblicano regolarmente annuari turistici con dati su ricettività e presenze disaggregati a livello comunale. Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste, Abruzzo (in modo incompleto), alcune province (es. Parma, Reggio, Forlì-Cesena, Pistoia) e qualche efficiente APT forniscono su richiesta dati comunali su tabulato o li diffondono via internet (Lucca). Per il resto, tutto è avvolto nel mistero, per cui si rende necessario instaurare contatti diretti ed effettuare ricerche sul campo. Last but not least, la questione della qualità dei dati, non di rado anche di quelli alberghieri, per l’inveterata abitudine di molti albergatori (non solo italiani) a denunciare per motivi fiscali un movimento inferiore a quello reale. E’ evidente che in alcune località i dati si discostano dal vero ben più che in altre, ma per non rinunciare al lavoro dovremo assumere come “uniformemente sottostimate”, dunque ininfluenti sulla valutazione di massima del movimento turistico, le presenze ufficialmente registrate negli esercizi alberghieri. Quanto alla ricettività e alle presenze extra-alberghiere, da alcuni anni Istat e Enit registrano solo il movimento negli appartamenti e nelle camere in affitto iscritte al Registro Esercenti il Commercio (R.E.C.), onde evitare squilibri fra le stazioni in grado di fornire valutazioni accurate e quelle che in pratica trascurano il fenomeno. Resta il fatto che se ci atteniamo ai dati ufficiali, ricettività e presenze negli appartamenti sono di modestissima entità (Marche escluse), costituendo dunque la punta di un iceberg le cui reali dimensioni restano ignote, senza contare il fatto che il movimento generato dalle secon- de case resta comunque escluso da ogni valutazione. Alcuni studiosi, come Gismondi, si sono recentemente cimentati nell’ardua impresa di stimare il movimento turistico “non rilevato” nelle singole province, ottenendo buoni risultati. Qui abbiamo tuttavia utilizzato i principi introdotti in un volume sulle grandi stazioni delle Alpi italiane (1994), perfezionati nel ‘97 e nel 2000, per i quali si rimanda alle note metodologiche. In tal modo, si è potuto rilevare che nella montagna alpina, a fronte di 350.000 letti alberghieri, se ne con- la RIVISTA del TURISMO 2/2002 9 IL TURISMO MONTANO IN ITALIA Note metodologiche È opportuno qui descrivere brevemente i principi utilizzati per la delimitazione del territorio montano, l’individuazione delle località di turismo montano e il significato di alcuni parametri. Si è preferito infatti procedere a una propria delimitazione, anziché considerare sic et simpliciter il territorio delle singole Comunità Montane, perché in non pochi casi ciò avrebbe comportato situazioni assurde: a titolo di esempio, sono incluse in Comunità Montane Formia e Gaeta, Lucca (ma non Pistoia), numerosi comuni costieri della Liguria di Ponente e addirittura Roma. Premesso che il limite Alpi-Appennini è stato posto, come da tradizione, lungo l’asse Savona-Cadibona-Ceva, nelle Alpi si considerano montani i comuni il cui capoluogo è situato ad almeno 500 m di altitudine. Nel caso di quote inferiori, si richiedono quote massime piuttosto elevate del territorio comunale (fino a oltre 1.200 m), oppure località abitate ad almeno 400 m di quota (500 m per i capoluoghi siti a meno di 100 m). Date le particolari condizioni morfologico-climatiche, le soglie si attenuano un po’ per la Liguria e il Monte Isola (Lago d’Iseo) e praticamente si annullano per i comuni incastonati a guisa di enclave nel territorio alpino, o facenti parte di strette protuberanze incuneate tra comuni montani, o situati in valli e conche particolarmente anguste, così definite in base ad appositi parametri. Per quanto riguarda gli Appennini, fermo restando lo schema metodologico di base, si è elevata a 600 m per il settore settentrionale (a nord di Bocca Serriola), a 700 m per quello centro-meridionale, la soglia minima altimetrica dei capoluoghi dei comuni considerati montani, e a 600 m la quota delle località abitate più elevate, richiesta nel caso in cui la quota massima del territorio comunale non sia abbastanza elevata. Condizioni di ammissione più severe sono previste per i comuni costieri e per le città pedemontane con popolazione superiore a 25.000 ab., mentre i comuni con meno di 5.000 ab. nei quali si sfiorino, senza raggiungerle, le soglie altimetriche del territorio municipale o delle località abitate in quota, sono conside- tano tre milioni negli esercizi extraalberghieri, in gran parte costituiti da seconde case e appartamenti in affitto, e in quella appenninica – Isole comprese – rispettivamente 80.000 e 2.300.000. Evoluzione del turismo montano. Il turismo montano nasce all’inizio del XIX secolo in Svizzera, anticipato dalle suggestioni suscitate da alcuni passi della Nouvelle Eloïse di Rousseau (1761) che celebrano le montagne e la popolazione del Vallese, da sporadici soggiorni di “pionieri” britannici a Grindelwald e dintorni (1748-1771), da imprese alpinistiche come la conquista del Monte Bianco (1786). E’ un turismo di belvederi, 10 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 rati montani in presenza di un minimo di ricettività alberghiera (almeno 100 letti). Quanto alla tipologia delle località turistiche, sono state considerate località di interesse storico-artistico i comuni con popolazione ≥10.000 abitanti segnalati come tali (sottolineatura o riquadro blu) nella Carta turistica 1:400.000 del TCI, purché situati a meno di 800 m di quota, privi di collegamento funiviario con un bacino sciabile e dotati di almeno 500 letti alberghieri; località di affari-transito i comuni con popolazione ≥10.000 ab. e con le stesse caratteristiche dei precedenti, ma con minore ricettività alberghiera e/o senza alcuna segnalazione nella carta del TCI; località lacuali i comuni in riva a un lago con superficie ≥10 kmq; località termali i comuni dotati di stabilimenti termali, purché tale funzione prevalga rispetto a quella di villeggiatura montana (fa testo la descrizione della “guida rossa” del TCI); località montane i restanti comuni, compresi quelli con oltre 10.000 ab. segnalati come località di soggiorno (sottolineatura o riquadro verde) nella Carta turistica 1:400.000 del TCI, o situati ad almeno 800 m di quota e dotati di almeno 500 letti alberghieri. In caso di località lacuali o città d’arte con importanti frazioni montane, la qualifica dipenderà dalla localizzazione prevalente degli esercizi ricettivi. N. stanze per alloggio n. < 2,74 2,75 < n. < 2,99 3 < n. < 3,49 3,5 < n. < 3,99 4 < n. < 4,49 4,5 < n. < 4,99 5 < n. < 5,99 n. ≥ 6 come quello celeberrimo del Rigi sopra Lucerna, di villaggi dai quali si gode la vista di ghiacciai e di vette che acquistano celebrità per le gesta degli scalatori, di sorgenti termali e di climatismo medico, promosso dal medico tedesco Alexander Spengler a Davos (1867). Nelle Alpi italiane il turismo montano si sviluppa più tardi, generalmente non prima del 1880-90 o all’inizio del Novecento, e negli Appennini verso la fine del primo conflitto mondiale. Tra le rare eccezioni ricordiamo Courmayeur, che anche a prescindere dalle fonti termali, sfruttate da antica data come del resto anche in altre località alpine, era frequentata da una ristretta élite già attorno alla metà dell’Ot- N. letti turistici 4,00 4,25 4,50 4,75 5,00 5,25 5,50 6,00 tocento, e Cortina d’Ampezzo, il cui “decollo” risale agli anni 70 del sec. XIX; ma Cortina, assieme ad altre località sudtirolesi sviluppatesi ben prima della fine dell’Ottocento, come Ortisei, Merano, Gossensass (“Colle Isarco”) e Sulden, apparteneva allora all’Austria. Sin dai primi del Novecento, comunque, le più celebri stazioni alpinistiche diventano ancor più famose località di villeggiatura estiva, nelle quali i turisti amano godere il naturale scenario di monti e la frescura estiva offerta da questi luoghi insoliti, ove la popolazione mantiene antiche usanze. Lo sci fa la sua comparsa a cavallo fra Ottocento e Novecento, ma fino al periodo fra le due guerre, quando si RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO Per quanto riguarda la stima della ricettività in seconde case e appartamenti, è stata assunta una capacità minima teorica di 4 letti per alloggio e una massima di 6 letti, calibrata sulla media comunale di stanze nelle abitazioni “utilizzate per vacanza” rilevate all’ultimo censimento della popolazione, secondo la seguente progressione. L’esistenza di comuni con una media di stanze uguale o superiore a 6 in abitazioni utilizzate per vacanza, finora, si è rivelata solo teorica, e nella stragrande maggioranza dei casi si oscilla fra 4 e 5 letti per alloggio. Qualora l’entità delle abitazioni “utilizzate per vacanza” sia palesemente sottostimata, o si intendano considerare anche gli appartamenti per ferie disponibili per l’affitto, si sommano le abitazioni disponibili “né per la vendita né per l’affitto” (che in linea di massima corrispondono alle seconde case) e quelle disponibili “solo per l’affitto” (per lo più appartamenti per ferie).Per la stima delle presenze, ci si è basati su un’accurata ricerca condotta negli anni 80 su Bardonecchia, nella quale si stabiliva che ciascun letto in seconda casa era in grado di generare 48 pernottamenti l’anno. Partendo da questo punto fermo, si è ponderato il numero delle presenze/letto in base alle caratteristiche delle stazioni, applicando empiricamente valori più bassi (fino a 36 presenze/ letto) per comuni di fondovalle a frequentazione quasi esclusivamente estiva e per le località – particolarmente numerose al Centro-Sud – in cui il turismo estivo si configura piuttosto come flusso di ritorno degli emigrati, e valori più alti (fino a 56 presenze/letto) per grandi stazioni polivalenti di rango internazionale (Cortina d’Ampezzo). I dati sulle presenze alberghiere sono stati forniti dalle singole APT o dagli uffici statistici delle singole Province (es. Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana) o Regioni (es. Umbria, Abruzzo). In caso di totale indisponibilità di dati disaggregati per le località montane (es. Nuoro e varie province degli Appennini meridionali, Varese, ecc.), le presenze sono state stimate, utilizzando prudenzialmente bassi valori di occupazione media per letto (da 45 a 70 giorni, a seconda del grado di turisticità dei comuni montani). costruiscono le prime funivie e sciovie, non è in grado di generare apprezzabili flussi turistici. Gli anni 60 segnano forse il “periodo d’oro” del turismo montano, sia perché un crescente numero di famiglie con figli prende l’abitudine di trascorrere d’estate, soprattutto ad agosto, lunghi periodi di vacanza in montagna, anche in appartamenti affittati per un mese intero, sia perché lo sci da discesa diventa uno sport relativamente popolare e contribuisce in maniera cospicua a consolidare la riuscita turistica delle stazioni. Questa situazione si protrae grosso modo fino alla metà degli anni 70, dopo di che inizia il declino della villeggiatura estiva e si avvertono i primi Il “censimento” degli impianti di risalita in attività e della loro portata oraria è stato effettuato presso gli U.S.T.I.F. (Ufficio Speciale Trasporti Impianti Fissi) regionali o interregionali o presso uffici assimilabili della Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste e del Friuli, giacché solo la Provincia Autonoma di Bolzano pubblica con cadenza annuale un apposito volume, e quella di Trento fornisce su richiesta un dettagliato rapporto annuale. Si tratta di un’opera improba, che in qualche caso (es. Lombardia, Piemonte) deve essere integrata con pubblicazioni turistiche provinciali o di singole APT, o con dati direttamente forniti dalle Società funiviarie o altre fonti; ma questo è purtroppo l’unico modo di fare chiarezza su un settore di grande rilevanza per il turismo montano. Le grandi stazioni di sport invernali sono state classificate in base all’entità del “p/h/m”, indicatore ormai di largo impiego internazionale, dato dalla sommatoria del prodotto della portata oraria di ciascun impianto (esclusi quelli di puro arroccamento) per il dislivello superato. Infine, l’Indice di Turisticità Montana – ITM delle singole regioni (Tab.6) è stato ricavato calcolando la media aritmetica dei valori standardizzati (e dunque resi “omogenei”) di alcuni indicatori considerati significativi. A questo scopo, si calcola il valore della deviazione standard (o scarto quadratico medio) all’interno di una distribuzione di dati e si ricavano quindi i valori z (cioè il numero di deviazioni standard dalla media) di ciascun dato dividendo per la deviazione standard la differenza fra i singoli dati e la media. Il valore standardizzato dell’indicatore dei letti extra-alberghieri è stato diviso per tre, per non attribuire un’importanza eccessiva alle seconde case, che esercitano un ruolo invero molto variabile a seconda degli anni, delle stagioni e delle mode e hanno ripercussioni sull’economia locale inferiori al peso esercitato sul territorio. Pertanto, l’indicatore sintetico ITM non rispecchia rigorosamente la media dei valori standardizzati, in quanto uno di essi è stato in via preliminare ridotto. sintomi di crisi delle vacanze invernali legate allo sci, a causa della recessione economica, delle condizioni climatiche sfavorevoli di alcune annate, dei prezzi tutt’altro che concorrenziali rispetto ad altre mete. Nella prima metà degli anni 80 inizia un processo di rinnovamento degli impianti di risalita e di perfezionamento (o creazione) di collegamenti “sci ai piedi” fra bacini sciabili contigui, attrezzando i punti più critici con sistemi di innevamento artificiale, in forte espansione sul finire della decade. Queste innovazioni mettono fuori gioco una miriade di stazioni medio-piccole, che non possono far fronte agli ingentissimi costi richiesti da tali attrezzature, e mettono in crisi anche qualche importante lo- calità, che non può avvalersi dei finanziamenti di Regioni e Province Autonome. Inverni “caldi” e con poche precipitazioni si ripetono soprattutto nei periodi 1980-81, 1988-1990 e 19971999 e si ripercuotono negativamente sull’intera annata, perché l’estate, nelle stazioni medio-grandi, è ormai largamente subordinata all’inverno e, semmai, è da questo “trainata”, mentre nelle piccole località, ove riveste ancora una certa importanza, contribuisce poco a rivitalizzane l’economia: una sola stagione, infatti, non può essere sufficiente nel deserto di uomini e di attività che ormai caratterizza una larga fetta delle Alpi occidentali, specialmente se il turista sogla RIVISTA del TURISMO 2/2002 11 IL TURISMO MONTANO IN ITALIA giorna in una seconda casa e non in alberghi o strutture gestite dalla popolazione locale. Le difficoltà del prodotto-montagna, intrinsecamente fragile, dipendono dunque essenzialmente da tre fattori, e cioè dagli alti costi rispetto alla concorrenza di altre mete, dall’aumento della temperatura media combinato con la ricorrente scarsità di precipitazioni nevose e da un appannamento di “immagine” nella stagione estiva. D’estate, la voglia di mare sembra ormai generalizzata e inarrestabile e, nel caso di ulteriore disponibilità di giorni di ferie, si tenderà a privilegiare piuttosto un viaggio, spesso a buon mercato, in mete esotiche a sfondo marino o a un più dispendioso, ma alla moda, giro per metropoli e capitali straniere, che non una vacanza in montagna cui ormai si associa l’immagine di un’interminabile attesa – ingannata da comode passeggiate in prossimità del centro e in un contesto 12 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 di popolazione anziana o di famiglie con bambini piccoli – del pranzo o della cena in albergo. Se a questo quadro di fondo si aggiunge il possibile susseguirsi di qualche giornata di pioggia, lo spettro di una noia mortale, nell’immaginario collettivo, tende a ingigantire… Questa situazione di fondo non è priva di eccezioni: l’estate è ancora una stagione ambita per una breve vacanza in località mondane, con un buon quadro urbanistico e inserite in un contesto paesaggistico di pregio (es. Cortina) e in alcune stazioni dell’Alto Adige/Südtirol e del Trentino; ma la difficoltà di salvare con una stagione estiva da “tutto esaurito” una invernale deludente per carenza di neve, resta. D’inverno, la situazione cambia radicalmente, e, in presenza di buone condizioni di innevamento, le Alpi, assieme ad alcuni bacini sciabili dell’Appennino tosco-emiliano e abruz- zese, diventano la principale meta turistica del paese, scalfita solo a Pasqua dalle città d’arte, dai centri religiosi e dai viaggi internazionali. Ma i prezzi sempre più alti degli skipass, dell’abbigliamento sportivo, di materiali da sci che si deteriorano con preoccupante rapidità, e naturalmente delle settimane bianche (per gli week-end non c’è di solito disponibilità di camere d’albergo, anche per l’attesa di prenotazioni più lunghe all’ultimo minuto) e degli appartamenti affittati per la stagione o per le vacanze di Natale, pongono un crescente numero di famiglie della piccola e media borghesia dinanzi al dubbio se perseverare in una vacanza “di moda” finché si vuole, ma dispendiosa, incerta negli esiti per il riscaldamento del clima, che richiede spesso lunghi trasferimenti in auto nella stagione del ghiaccio e della nebbia e può comportare rischi all’incolumità fisica, dato il grado di RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO affollamento delle piste nelle stazioni più famose e attrezzate. Il problema della scarsità di neve ha comunque un’importanza fondamentale nel determinare la cattiva riuscita di una stagione e a esso riescono a far fronte – temperatura permettendo – solo stazioni come il Kronplatz, Obereggen e poche altre, che riescono a innevare coi “cannoni” il 70-80% (o più) delle piste; ma in talune località, oltre alle minori disponibilità finanziarie, si deve far fronte alla scarsa disponibilità di acqua, anche per il forte emungimento dovuto alla notevole pressione della seconda casa (es. Alta Val di Susa). Certo è che l’andamento del clima, allo stato attuale, è poco prevedibile, e lasciano perplessi previsioni come quelle del Centre d’Etudes de la Neige, che ha stimato per il 2030 un incremento medio della temperatura di 1,8 °C e una diminuzione del 25% delle giornate con neve al suolo per le località situate a 1.500 m di altitudine. Se la finalità di tali dossier è infatti quella di indurre a potenziare o a promuovere la realizzazione di nuove stazio- ni ad alta quota, è bene dire con chiarezza che non può esservi spazio per simili interventi, e che questa politica dei “non-luoghi” ha anzi contribuito, alla lunga, ad appannare l’immagine della montagna. Riconosciuta al clima tutta la sua aleatorietà, insita del resto nel significato intrinseco del termine (`, in greco, significa “inclinazione”), bisognerà intervenire dal lato dei costi, sia nella stagione invernale, per evitare brevi “fughe” verso mete esotiche o città d’arte o semplicemente la rinuncia al prodotto pur in assenza di valide alternative, sia in quella estiva, quando la concorrenza di altre mete sembra farsi talora insostenibile, a parte i pochi giorni d’agosto o fine luglio in cui si cerca un posto al fresco per sfuggire all’afa e all’ozono. Ma è opportuno agire anche dal lato dell’immagine, soprattutto per quanto concerne il turismo estivo. D’estate occorrono infrastrutture di svago e sportive come piscine, campi da tennis e di golf, sentieri ben curati, segnalati, con indicazioni precise sui tempi per raggiungere mete vicine, intermedie e lontane; e ancora rifugi, posti tappa, percorsivita nei quali si illustrino le caratteristiche della vegetazione, della fauna, della cultura e della storia del luogo, locali ove consumare spuntini semplici con prodotti genuini e a prezzi ragionevoli. Occorre invogliare all’escursionismo, al trekking, a giochi di società all’aperto che consentano di intessere relazioni fra giovani villeggianti, a un turismo attivo, in contrapposizione al rassegnato far niente, alla piatta lettura del giornale in un cantuccio al sole, in attesa del pranzo. Vero è che il turismo estivo in montagna è in crisi anche laddove i sentieri sono solitamente ben frequentati da escursionisti, come in Francia, in Svizzera o nelle Dolomiti, e che il turista che si reca in montagna, d’estate, è relativamente anziano, il che obbliga a ripensare il “paniere” dei servizi offerti; ma proprio questa considerazione dovrebbe indurre ad attirare altre fasce d’età, promuovendo della vacanza estiva in montagna un’immagine più giovanile: la RIVISTA del TURISMO 2/2002 13 IL TURISMO MONTANO IN ITALIA buona forma fisica favorita da un clima stimolante, varie opportunità di svago con possibilità di intrecciare amicizie (piscine coperte e scoperte, palazzi del ghiaccio, piste estive per slittino, caccie al tesoro organizzate, pranzi in rifugi e chalets in quota a prezzo scontato), nonché la raccolta di timbri che attestino il raggiungimento di rifugi e posti-tappa, con conseguenti agevolazioni per determinati servizi o piccoli premi. Nelle Alpi centro-occidentali – a eccezione di Cogne e di pochissime altre località – l’escursionismo su sentieri attende ancora di decollare e potrebbe produrre interessanti ricadute. D’inverno, invece, ferma restando la necessità di offrire infrastrutture sportive per chi non scia e meeting points per il “dopo sci”, si potrebbe provvedere a una perfetta manutenzione di sentieri segnalati, battuti e innevati, adatti a lunghe e rilassanti passeggiate nella natura da parte dei turisti “contemplativi”, percorribili anche con slitte trainate da cavalli. Ma occorrerà anche avere la massima cura per il paesaggio, perché senza paesaggio non 14 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 può esservi turismo, quanto meno un turismo duraturo e non effimero, che si rivolga ai più ampi mercati e non alle mere esigenze di fine settimana della vicina metropoli. Un turismo, dunque, nel segno della sostenibilità ambientale, ben integrato con l’agricoltura di montagna, senza però trascurare l’ammodernamento e la razionalizzazione delle infrastrutture per lo sci da discesa, poiché d’inverno i “percorsi-natura” o lo sci di fondo non si sono rivelati ancora in grado di generare, da soli, importanti flussi turistici stanziali in esercizi ricettivi aperti al pubblico, ma solo escursionismo di giornata o presenze in seconde case e appartamenti affittati per lunghi periodi, che producono ricadute molto limitate sulla società montanara locale. Purtroppo, è un dato di fatto che lo sviluppo di un’edilizia scriteriata e di rapina, soprattutto negli anni 60 e 70 (ma non solo), ha sfregiato il quadro urbanistico e la simbiosi architettonico-ambientale di molte stazioni, a cominciare da Cervinia per proseguire con Bardonecchia, Sauze d’Oulx – cui la Rivista del Touring le Vie d’Italia dedicò nel 1964 un celebre articolodossier, “Come si distrugge un centro turistico” – Limone, Prato Nevoso, Fòppolo, il Tonale, Folgàrida, Kurzras in Val di Schnals, ecc., senza dimenticare stazioni minori (Sampeyre e Pontechianale in Val Varaita, Cantoira nelle Valli di Lanzo, Barzio in Valsàssina, Fòppolo) e Sestrières, sviluppatasi con architetture razionaliste già negli anni 30. Nell’impossibilità di radere al suolo le peggiori brutture (ma a Val d’Isère è stato fatto...), si dovrà dedicare il massimo sforzo per promuovere la rinascita dell’immagine architettonico-ambientale delle località più provate e a valorizzare con interventi di restauro quelle che hanno mantenuto quasi intatto il proprio carattere, tanto più se si tratta di grandi stazioni invernali (ad es. Zoldo Alto e Ayas). La stagione invernale 2001-2002 e la successiva estate daranno un responso significativo sul ruolo della montagna nel prossimo futuro, data la caduta a picco, dopo i fatti dell’11 settembre, delle prenotazioni per RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO viaggi esotici e in generale per mete raggiungibili in aereo. Certo è che la mancanza pressoché assoluta di neve naturale su tutto l’arco alpino a fine gennaio, al di là del “tutto esaurito” delle vacanze natalizie, ha un po’ raffreddato l’iniziale ottimismo. Il buon innevamento delle località appenniniche consola in parte, dato che il loro contributo al totale delle presenze alberghiere in montagna è pari solo al 12 percento. Sostenibilità dello sviluppo turistico. Secondo la Relazione della Commissione delle Nazioni Unite per l’Ambiente e lo Sviluppo (Rapporto Brundtland, 1987), “lo sviluppo è sostenibile se soddisfa i bisogni delle generazioni presenti senza compromettere per le generazioni future la possibilità di soddisfare le proprie esigenze”. Nello stesso Rapporto, la World Commission on the Environment and Development ha poi così adattato al turismo questa definizione di carattere generale: “Le attività turistiche sono sostenibili quando si sviluppano in modo tale da mantenersi vitali in un’area turistica per un tempo illimitato, non alterano l’ambiente (naturale, sociale e artistico) e non ostacolano o inibiscono lo sviluppo di altre attività sociali ed economiche”. Queste definizioni sono però ambigue: una delle aree più “vitali” del turismo italiano è la Riviera romagnola, ma la pressione turistica è tale da aver superato ampiamente qualunque ragionevole parametro di sostenibilità, sia dal punto di vista urbanistico, che da quello del traffico e della densità di turisti per chilometro quadrato (o, se vogliamo, per chilometro di spiaggia). Quanto al fatto che le attività turistiche “sono sostenibili quando… non alterano l’ambiente”, tutti sanno che qualunque tipo di sviluppo turistico altera l’ambiente, a me- no che non si ritenga che le infrastrutture ricettive in montagna debbano limitarsi a qualche rifugio, bivacco od ostello, e che venga bandito ogni impianto di risalita (ma lo sci-alpinismo e lo sci fuori pista nuocciono gravemente all’ambiente, spaventando gli animali e rovinando la cotica erbosa…). Questa situazione di incertezza e di scarso rigore scientifico ha portato uno studioso attento e controcorrente come Rémy Knafou ad affermare che non è scientificamente provato che l’eccesso di turismo provochi il declino del luogo turistico, e che al contrario proprio l’intensa frequentazione sia una delle condizioni per una buona riuscita turistica. Secondo il geografo francese, l’idea di un turismo sostenibile, o durevole, si basa sul concetto di “accettabilità”, che però è altamente relativo, perché rimanda a un sistema di valori che non è lo stesso per tutti i gruppi e neppure per tutti gli individui la RIVISTA del TURISMO 2/2002 15 IL TURISMO MONTANO IN ITALIA Tabella 3 Presenze complessive nella montagna italiana per Regione (Istat, 1999) Regione Piemonte Valle d’Aosta Lombardia Liguria Nord-Ovest Veneto Trentino-Alto Adige/Südtirol Friuli-Venezia Giulia Emilia-Romagna Nord-Est Toscana Umbria Marche Lazio Centro Abruzzo Calabria Sicilia Altre regioni del Sud e Isole Sud e Isole ITALIA che li compongono: il turista vorrebbe avere il luogo turistico a sua completa disposizione, dimenticando che se così fosse, il luogo non sarebbe “turistico”, cioè non sarebbe né conosciuto né accessibile. Ora, riconosciuto a Knafou il merito di aver sollevato il problema, in contrasto col pensiero dominante, si deve però riconoscere che, se si accettano le sue conclusioni “agnostiche”, si finisce col dar libero sfogo a un completo laissez-faire economico e urbanistico, recando di fatto al paesaggio danni irreparabili. Pur riconoscendo l’impossibilità di stabilire in modo oggettivo la capacità di carico di un sito, è lecito e opportuno individuare una serie di parametri e calibrare delle soglie partendo da alcune realtà ben note e inoppugnabili, per poi estenderle ad aree più vaste. In una ricerca sulla “saturazione turistica” nel Ponente ligure, ad esempio, si è giunti alla conclusione che, tra le località a forte vocazione turistica, solo Noli rientra nelle condizioni di sostenibilità, mentre Borghet16 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 Italiani 378.400 1.830.200 1.204.400 20.200 3.433.200 2.982.300 13.960.900 685.900 707.600 18.336.700 619.600 733.000 133.200 1.485.800 711.900 69.000 34.300 815.200 24.070.800 Stranieri 188.300 585.100 509.700 500 1.283.600 562.300 11.622.600 311.100 53.700 12.549.700 249.100 72.900 12.900 334.900 37.900 6.200 12.100 56.200 14.224.500 to S. Spirito, Ceriale, Andora e Pietra Ligure sono assai compromesse. Per quanto riguarda le Alpi, un approfondimento sul case-study di Adelboden ha permesso di desumere che la nota stazione dell’Oberland Bernese, pur “sforando” in un parametro la soglia di saturazione, è riuscita finora a conciliare lo sviluppo turistico con un quadro ambientale accettabile, grazie alla vitalità dell’agricoltura di montagna, a un’urbanizzazione che ha limitato gli aspetti esteticamente più criticabili al centro urbano principale, e all’attaccamento della popolazione locale alle tradizioni. Sembra dunque più opportuno mirare a soluzioni di compromesso, ma accettabili da larga parte della popolazione, che non a “paradisi” che tali sarebbero solo per una ricca e colta élite cittadina, molto meno per la popolazione locale. Dati regionali e stime del fatturato. Come abbiamo visto, in base alle statistiche ufficiali il movimento turisti- Totale 566.700 2.415.300 1.714.100 20.700 4.716.800 3.544.600 25.583.500 997.000 761.300 30.886.400 868.700 805.900 146.100 1.820.700 749.800 75.200 46.400 871.400 38.295.300 co (alberghiero ed extra-alberghiero) nella montagna italiana è pari a 38,3 milioni di presenze annue, delle quali il 63% è dovuto agli Italiani e la parte restante agli stranieri (Tab.3). In questo contesto, è decisivo il ruolo del Nord-Est e in particolare del Trentino-Alto Adige/Südtirol, che da solo concentra il 67% delle presenze totali (81 % l’intero Nord-Est). Ma i dati ufficiali sottovalutano fortemente l’effettivo movimento registrato in Piemonte, in Liguria e nelle regioni dell’Italia centro-meridionale, sia per la mancanza di principi rigorosi e uniformi alla base della ripartizione delle località per tipologie di interesse turistico, sia perché gran parte delle presenze si registrano in strutture informali che sfuggono a ogni rilevamento: il Molise, che è regione quasi tutta montuosa e conta una stazione estivo-invernale di un certo rilievo come Campitello risulta privo di presenze turistiche in montagna, così come la Sardegna, che conta almeno RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO in Aritzo un centro turistico attrezzato e con vari esercizi alberghieri e nei limitrofi comuni del Gennargentu località in grado di generare apprezzabili flussi. Le presenze del Piemonte, poi, risultano inferiori a quelle di Friuli, Toscana e Umbria, nonostante la regione possieda nel comprensorio dell’Alta Val di Susa uno dei poli turistici più importanti delle Alpi italiane, e conti numerose stazioni medio-piccole, oltre a Limone che pure è di grosse dimensioni. Per fornire un’immagine più realistica del turismo montano italiano, è stata dunque effettuata un’indagine capillare su ricettività e presenze alberghiere ed extra-alberghiere ufficiali per singoli comuni e APT o enti assimilati, provvedendo anche a stimare ricettività e presenze generate dal comparto ricettivo sommerso, legato alle seconde case e agli appartamenti in affitto (vedi note metodologiche). Dalla nostra ricerca, risulta dunque che la reale consistenza delle presenze extra-alberghiere nelle località montane delle Alpi è di oltre 120 milioni, a fronte di circa 38 milioni di presenze alberghiere) e negli Appennini – comprese le Isole – di circa 85 milioni, contro meno di 6 milioni di presenze alberghiere. Dunque, l’enorme sproporzione esistente fra Alpi e Appennini in fatto di ricettività e presenze alberghiere, si attenua alquanto nel comparto extra-alberghiero, per la massiccia presenza di seconde case in regioni come l’Emilia-Romagna, l’Abruzzo, la Toscana e il Lazio. Nella Tab. 4 si presenta un quadro del turismo montano nelle singole regio- ni, in relazione alla superficie e alla popolazione del territorio qui classificato come montano. Vediamo dunque che le sole regioni in cui la montagna occupa più della metà della superficie – a parte Valle d’AostaVallée d’Aoste e Trentino-Alto Adige/Südtirol – sono al Nord Liguria e Piemonte, al Sud Abruzzo e Molise, e che in generale il peso della popolazione montana sul totale regionale è sensibilmente inferiore a quello del territorio montano, Molise escluso. I letti alberghieri rappresentano circa il 24% del totale dell’offerta italiana, con valori minimi in Puglia, Sardegna, Campania, Sicilia e Lazio (da 0,4% a 4,1%) e massimi in Basilicata, Piemonte, Molise e Abruzzo, oltre che ovviamente in Valle d’AostaVallée d’Aoste e Trentino-Alto Adige/Südtirol. Tabella 4 Dati regionali sul turismo montano: i risultati della ricerca Val d’Aosta Piemonte Liguria Lombardia Pr. Bolzano Pr. Trento Veneto Friuli Emilia Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna ITALIA Kmq 1 %2 3264 100,0 12.997 51,2 3300 60,9 6610 27,7 7400 100,0 6207 100,0 6341 34,5 3832 48,8 6647 30,0 7871 34,2 4205 49,7 3886 40,1 4404 25,6 7329 67,9 2878 64,8 5567 40,9 1482 7,7 6321 63,3 6496 43,1 11.304 44,0 5765 23,9 124.106 41,2 Pop. 3 %2 119.993 100,0 869.304 20,3 165.770 10,2 1.070.493 11,9 459.687 100,0 469.887 100,0 621.250 13,8 133.746 11,3 241.665 6,1 473.792 13,0 282.243 33,9 172.396 11,8 281.794 5,4 407.071 31,9 202.061 61,4 414.824 7,2 85.428 2,1 363.900 59,9 576.589 27,9 839.572 16,5 170.491 10,3 8.421.956 14,6 Pl.alb. 4 22.902 25.752 4.252 26.000 145.196 94.355 26.762 7.040 16.979 13.835 3.575 4.448 5.095 14.000 1.890 3.330 205 4.505 3.950 3.100 2.660 429.831 %2 100,0 38,7 5,5 17,4 100,0 100,0 14,7 19,8 6,5 8,8 14,9 7,6 4,1 30,3 37,2 3,8 0,4 40,6 6,3 4,1 3,6 23,8 Pr.alb. 5 %2 2.414.906 100,0 1.185.000 23,8 185.000 1,5 2.900.000 15,5 18.558.601 100,0 10.165.974 100,0 2.770.000 10,7 623.934 16,9 960.000 3,4 700.000 3,3 360.000 14,4 320.000 5,5 335.000 1,8 1.507.359 35,6 120.000 32,0 180.000 1,3 11.000 0,3 280.000 41,5 220.000 5,1 170.000 1,6 140.000 2,2 44.106.774 20,2 Pr.ex.alb. 6 Imp. 7 P/h 8 8.475.000 182 177.886 35.510.000 336 275.612 8.378.000 5 3.300 32.500.000 298 290.022 6.700.000 392 444.345 16.981.480 267 312.674 16.909.000 321 263.520 4.500.000 70 58.704 16.000.000 78 69.860 11.680.000 64 44.117 2.235.000 3 1.700 4.350.000 40 25.444 10.320.000 45 32.025 14.000.000 104 97.000 2.200.000 9 6.717 3.500.000 6 3.638 810.000 0 0 2.450.000 12 8.345 5.500.000 15 11.000 7.500.000 7 3.200 600.000 1 700 208.098.480 2.256 2.101.189 1 Superficie (solo la parte montana); 2 Percentuale rispetto al totale regionale; 3 Popolazione (solo la parte montana, 1998); 4 Letti alberghieri (solo la parte montana); Presenze alberghiere (solo la parte montana, 1999-2000); 6 Presenze extra-alberghiere (solo la parte montana, stima); 7 Numero degli impianti di risalita (1999-2000); 8 Portata oraria degli impianti di risalita. 5 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 17 IL TURISMO MONTANO IN ITALIA Il peso delle presenze alberghiere montane – circa 44 milioni – sul totale nazionale è generalmente inferiore a quello dei letti alberghieri, a conferma del basso indice di utilizzazione dei letti (vero o presunto) che tradizionalmente penalizza le località montane: in effetti, se i dati di molte stazioni non sembrano realistici e sono probabilmente frutto di registrazioni sommarie della clientela, è altrettanto vero che in parecchie località minori gli esercizi restano semivuoti per lunghi periodi, per cui occorrerà promuovere la montagna anche al di là dei consueti periodi di punta, facendo leva su vari fattori di attrazione, non ultima l’opportunità di trascorrere in autunno piacevoli week-end nella natura, sopra la coltre di smog che sempre più spesso affligge le nostre maggiori città. Infine, si può osservare che la netta supremazia di Trento e Bolzano per le presenze alberghiere scompare se si considera anche il complesso del movimento extra-alberghiero, nel qual 18 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 caso emerge il ruolo di Piemonte e Lombardia, che da sole concentrano quasi 1/3 di tutte le presenze del settore. Negli Appennini, punte di diamante del turismo montano sono l’Abruzzo, l’Emilia-Romagna e la Toscana, ove si registrano i 2/3 delle presenze alberghiere e una quota ancora maggiore di quelle extra-alberghiere. Nel complesso delle strutture ricettive – formali e informali – le località montane registrano comunque oltre 250 milioni di presenze, a testimonianza del fatto che la montagna costituisce in realtà un elemento di attrazione turistica forte, certo inferiore al mare ma largamente superiore alle città d’arte, che dispongono di una ricettività extra-alberghiera limitata. Infine, è il caso di sottolineare che in quasi tutte le regioni la maggior parte delle presenze si registra nel semestre estivo, mentre nelle grandi stazioni prevale quasi sempre quello invernale ed è in genere più consistente l’incidenza dei turisti stranieri. Da questa regola si discostano la Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste e le subregioni montane della Valtellina e del Bellunese, in cui per la ridotta superficie territoriale (circa 3.200 kmq) aumenta il peso delle grandi stazioni, tutte a forte componente invernale. A questo proposito, può essere utile fornire qualche dato: in Alto Adige/Südtirol, nel 1999 le presenze alberghiere registrate da maggio a ottobre hanno rappresentato il 61% del totale e nel Trentino il 58%, ma nel Bellunese il 49,5%, in Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste il 42% (1996) e in Valtellina appena il 39%. Tra le grandi stazioni montane in cui le presenze del semestre estivo prevalgono su quello invernale, ricordiamo solo Castelrotto (56%), che è anche una delle pochissime località in cui negli ultimi anni la stagione estiva ha mostrato un certo dinamismo. Per il resto, le presenze estive rappresentano in genere dal 30% al 40% del totale delle presenze alberghiere, con RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO minimi in stazioni “ski-total” come Cervinia (19%) o Sestrières (meno del 10%). Proponiamo infine alcune stime del valore economico prodotto dal turismo montano in Italia, partendo dai risultati fin qui ottenuti dalla ricerca relativi ai flussi. I dati reali sul fenomeno turistico montano hanno permesso di stimare il fatturato diretto attuale del turismo montano in circa 8,5 miliardi di euro (3,1 per il turismo montano estivo e 5,4 per quello invernale), pari all’11,8% dei 72,2 miliardi di euro (139.800 miliardi di lire) del fatturato turistico in Italia. In primo luogo si è valutato il peso delle presenze alberghiere e extra-alberghiere durante la stagione estiva (60% sul totale) e invernale (40%): tale analisi si è rivelata necessaria perché a seconda della stagione cambia considerevolmente la spesa media giornaliera del turista. In inverno, infatti, sulla spesa turistica incidono fortemente le attrezzature sportive e il costo dei servizi connessi alla pratica dello sci. L’altra variabile decisiva, che si incrocia con la precedente, è costituita dalla tipologia di struttura ricettiva scelta dal turista: la spesa media pro capite, infatti, varia a seconda che si soggiorni in albergo o in esercizi extralberghieri. L’esigenza di tale differenziazione è confermata anche dall’ampia diffusione delle seconde case di proprietà nelle aree alpine e appenniniche che contribuiscono a ridurre notevolmente il costo complessivo della vacanza. Infine, si è quantificata la spesa media dei turisti durante il loro soggiorno, tenendo conto delle variabili sopra espresse che incidono sulla definizione della cifra. Come si può vedere in Tabella 5 esiste una differenziazione tanto in relazione alla stagione dell’anno quanto alla tipologia di struttura ricettiva. In quest’ultimo caso la spesa pro capite è stata ridotta a un terzo, coerente- mente con quanto avvenuto ponderando il peso del numero di letti extra-alberghieri nell’indice di turisticità montana. In conclusione si può facilmente verificare che, nonostante le presenze estive pesino sul totale più di quelle invernali, il fatturato derivante dalle prime è di molto inferiore a quello generato dal turismo montano invernale. Un indice di turisticità montana I risultati di sintesi della ricerca, al di là delle singole realtà e delle diverse problematiche relative ai contesti locali, possono essere riassunti con una certa efficacia dall’elaborazione di un indice di turisticità montano (ITM) delle singole regioni, equivalente alla media aritmetica dei valori standardizzati di cinque indicatori ritenuti significativi. Questo indice tenta di rispecchiare, attraverso l’analisi di parametri differenti, il peso socioeconomico e la capacità attrattiva la RIVISTA del TURISMO 2/2002 19 IL TURISMO MONTANO IN ITALIA del turismo montano nelle diverse regioni italiane, senza tuttavia dare giudizi sulla qualità dell’offerta locale (Tab. 6): 1. Ricettività alberghiera; 2. Ricettività extra-alberghiera; 3. Presenze alberghiere su superficie regionale; 4. Totale Presenze su popolazione regionale; 5. Portata oraria degli impianti di risalita. Gli indicatori sono calibrati in modo da temperare i valori assoluti di capacità e flusso turistico (ricettività alberghiera ed extra-alberghie- ra) comunque importanti perché esprimono il peso effettivo della regione sul mercato turistico, con valori relativi (presenze alberghiere e complessive in rapporto alla popolazione e alla superficie), che mostrano il ruolo del turismo nell’economia e nella società locale. L’altro Tabella 5 Una stima del fatturato diretto del turismo montano in Italia Totali Extralberghiero 208.098.480 Alberghiero 44.106.774 252.205.254 PRESENZE Estive (60%) 124.859.088 26.464.064 151.323.152 Invernali (40%) 83.239.392 17.642.710 100.882.102 Spesa media estate (€) 15 45 FATTURATO (€) Spesa media Fatturato Fatturato Totale inverno (€) estate inverno 40 1.872.886.320 3.329.575.680 5.202.462.000 120 1.190.882.898 2.117.125.152 3.308.008.050 3.063.769.218 5.446.700.832 8.510.470.050 Tabella 6 Indice di Turisticità Montana delle regioni italiane – ITM (valori standardizzati) REGIONI Alto Adige/Südtirol Trentino Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste Lombardia Veneto Piemonte Emilia-Romagna Abruzzo Friuli Lazio Toscana Liguria Marche Calabria Sicilia Molise Umbria Campania Basilicata Puglia Sardegna 1 Posti letto alberghieri 3,64 2,15 0,07 0,16 0,18 0,15 -0,10 -0,18 -0,38 -0,44 -0,20 -0,47 -0,47 -0,47 -0,50 -0,53 -0,49 -0,49 -0,46 -0,58 -0,52 Posti letto Presenze alb. extralberghieri 1 /Kmq -0,20 3,57 0,29 1,65 -0,07 1,52 0,79 -0,27 0,23 -0,09 0,91 -0,41 0,24 -0,14 0,13 -0,17 -0,20 -0,04 0,01 -0,43 0,06 -0,40 -0,05 -0,44 -0,19 -0,36 -0,15 -0,51 -0,06 -0,53 -0,28 -0,49 -0,28 -0,42 -0,23 -0,51 -0,27 -0,47 -0,33 -0,54 -0,33 -0,47 1/3 dei valori standardizzati; 2 Presenze alberghiere più 1/3 di quelle extra-alberghiere Legenda: ITM = media aritmetica dei cinque indicatori standardizzati Totale presenze/kmq = Presenze totali/superficie montana P/h/kmq = Persone/ora/superficie montana 20 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 Presenze tot. /Residenti2 2,50 2,16 0,94 1,55 0,58 0,16 0,09 -0,04 -0,33 -0,02 -0,36 0,03 -0,52 -0,72 -0,82 -0,75 -0,79 -0,82 -0,90 -0,88 -1,04 P/h/kmq ITM 2,16 1,68 1,89 1,46 1,25 0,31 -0,28 -0,15 -0,08 -0,44 -0,52 -0,75 -0,42 -0,72 -0,79 -0,69 -0,78 -0,77 -0,74 -0,80 -0,79 2,33 1,59 0,87 0,74 0,43 0,22 -0,04 -0,08 -0,21 -0,26 -0,28 -0,34 -0,39 -0,51 -0,54 -0,55 -0,55 -0,56 -0,57 -0,63 -0,63 RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO indicatore è la portata oraria degli impianti di risalita. La standardizzazione dei dati offre il vantaggio di sommare grandezze non omogenee e di ricavare dunque un indicatore sintetico (ITM), in base al quale le singole regioni sono ordinate per grado di “turisticità” montana. La Tab. 6 fornisce dunque una conferma scientifica del ruolo fondamentale che nel turismo montano esercitano il Trentino e soprattutto l’Alto Adige/Südtirol, il quale presenta deviazioni standard fortemente superiori alla media in tutti gli indicatori, eccettuato quello della ricettività extra-alberghiera, il che, tutto sommato, è da considerare un fatto positivo. Ma la classifica presentata nella tabella mette anche in evidenza realtà che gli strumenti di analisi abitualmente usati pongono in secondo piano: terza forza del turismo montano – a notevole distanza dal Trentino –, infatti, è la Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste che supera di misura la Lombardia per l’elevato rapporto tra presenze alberghiere e popolazione residente. Alla Lombardia, che non riesce a compensare il gap nel rapporto presenze alberghiere/residenti con la grande offerta di ricettività extra-alberghiera (per la scelta di considerare il relativo indice per 1/3 del suo valore), segue a distanza il Veneto, polarizzato su poche località-chiave delle Dolomiti, e quindi il Piemonte, il cui esteso territorio montano presenta per altro notevoli margini di sviluppo, purché si riesca a intervenire su alcuni fattori di debolezza (scarsa ricettività alberghiera, bassa diffusione di una cultura dell’accoglienza, parco impianti invecchiato). Non deve invece sorprendere che Emilia-Romagna e Abruzzo si configurano come le realtà di gran lunga più importanti degli Appennini, anche se il ruolo di centrale importanza svolto dall’Abruzzo nel contesto dell’Italia centro-meridionale dovrebbe indurre a una maggior cura della promozione e dell’accoglienza. Nella fascia intermedia – e non potrebbe es- sere altrimenti – si collocano regioni come Friuli, Toscana, Lazio e Marche, ove il turismo montano presenta margini di espansione, nonché la Liguria, che potrebbe trarre giovamento dalla valorizzazione della sua porzione schiettamente alpina, a ovest di Nava, e della Val d’Aveto, nell’entroterra chiavarese. Tra le regioni del Sud, quelle con maggiori potenzialità di sviluppo, oltre alla Calabria, sembrano la Sicilia (Etna soprattutto, e Madonìe) e la Basilicata, mentre in Campania la valorizzazione del Terminio-Cervialto stenta a decollare. la RIVISTA del TURISMO 2/2002 21 IL TURISMO MONTANO IN ITALIA I punteggi più bassi – come era largamente atteso – si registrano in Sardegna e Puglia: in effetti, se è vero che in Puglia qualcosa si sta muovendo per valorizzare il Subappennino Dauno, non è pensabile che queste iniziative – sicuramente importanti a livello locale – possano avere riper- cussioni sensibili sul ruolo della regione nel turismo montano nazionale; viceversa, il Gennargentu e i rilievi limitrofi potrebbero essere “venduti” al turista come unico modo di “scoprire” la vera Sardegna e come luoghi adatti a escursioni-avventura in paesaggi di sorprendente e angosciosa bellezza, anche nel contesto di una vacanza a prevalente sfondo balneare, purché ci si impegni in una capillare promozione del territorio, anche tramite l’apertura di uffici turistici locali, punti di riferimento indispensabili per un approccio non casuale al territorio.a Alcune proposte per rilanciare la destinazione montagna • Valorizzare la qualità del paesaggio e l’immagine delle stazioni Il turismo montano, dunque, presenta alcuni elementi di criticità che abmontane, attraverso interventi di riqualificazione urbanistica delle lobiamo individuato nella prima parte del presente lavoro. Una situazione calità più compromesse, la manutenzione dei sentieri (segnaletica, certamente non grave, ma che richiede qualche attenzione e alcune ritempi di percorrenza, quadri di orientamento, posti-tappa, ecc.), la flessioni. Difficile infatti proporre una ricetta unica ed efficace per rendesistematica rimozione dei rifiuti dai boschi e dai pendii attraversati re la montagna un prodotto turistico più competitivo d’estate, e meno ledalle piste da sci; gato a condizioni di innevamento quanto mai aleatorie d’inverno; anche • Incentivare il recupero dell’agricoltura di montagna e promuoperché le attuali difficoltà sono prodotte da una serie di concause, nesverne l’integrazione con il turismo, sia per quanto riguarda la ricettisuna delle quali – in sé – probabilmente è determinante. vità (agriturismo), sia per la fornitura di prodotti genuini al turista e Il problema di fondo consiste nel conciliare il rispetto del paesaggio e delad alberghi e ristoratori locali; la natura – senza cui la montagna perde gran parte della propria capacità • Rendere d’inverno le stazioni appetibili anche a chi non scia, attrattive – con la necessità di assicurare infrastrutture moderne, sicure ed sia con strutture sportive diversificate di qualità (es. stadi del ghiacefficienti per lo sci alpino, attività che esercita un ruolo determinante per cio e piscine coperte), sia con la sistemazione di percorsi pedonali “trainare” l’intero turismo montano, e occasioni di svago per la stagione innevati e battuti, attrezzati con panchine, eventualmente percorribili estiva, la cui immagine si è progressivamente deteriorata. Tuttavia, è neanche con slitte a cavalli; cessario anche praticare una politica dei prezzi che renda la montagna una • Incrementare l’offerta di ricettività, favorendo lo sviluppo di picmeta interessante rispetto alle altre destinazioni/prodotti (mare, paesi esocole e medie aziende a conduzione familiare, sia alberghiere, sia extici) che a parità di costo sono tendenzialmente privilegiate dal turista. tra-alberghiere low price (bed & breakfast, ostelli e case per ferie Vediamo dunque di riassumere i punti sui quali crediamo opportuno si “multiuso” sul tipo degli “alloggi collettivi” svizzeri, appartamenti in debba intervenire, pur a differenti livelli (normativo, gestionale, di proaffitto per brevi periodi, ecc.), sufficientemente duttili da adattarsi aldotto), per garantire un futuro sostenibile dal punto di vista ambientale e la variegata e variabile domanda dei turisti, anche se limitata al solo socioeconomico ai territori montani interessati dal, e al, turismo: week-end; • Proseguire il lavoro avviato in Italia per una classificazione nuova • Promuovere il prodotto montagna in modo coordinato e sinergico dei territori montani e ciò in accordo con l’Unione europea fra i soggetti interessati e competenti, istituzionali e privati, magari in che ha in corso un’analoga iniziativa. Questa è la premessa indispenuna logica di marchi o diper macrodestinazioni (es. Nord-Ovest, sabile per una arancioni nuova “legge sullamarchio montagna” in Italia e per una poli-turistico-ambientale Bandiere di qualità l’entroterra Nord-Est, Appennini settentrionali, Appennini centro-meridionali) o tica europea in favore della montagna nel quadro soprattutto della ancheLe di macroaree “vendita” delle Alpidiinvalutazione una crescente logica transfrontaliera. nuova Politica di Coesione; nazione. oggetto sono l’informazione e acIntervento di Marco L. Girolami - Centro Studi TCI Questo ianche informative dedicate, localizzate nei • Definire, nelle politiche nazionali, europee e regionali, misure di socoglienza, serviziattraverso ricettivi estrutture complementari, i fattori di attrazione turististegno per il turismo montano, immaginando regole per diffeLa bandiera arancione è un marchio di qualità turisticoanche ambientale le ca. principali centri urbani nazionali e nelle capitali nord-europee vicine ai grandi bacinivengono di domanda; renziate rispetto alleuno rigidità della politica di concorrenza, tenga località dell’entroterra, strumento per la valorizzazione delche territorio Successivamente effettuate verifiche periodiche per il manteni• Promuovere – con offerte speciali dello e pacchetti a teappunto delle particolarità del comparto turistico. e laconto comunicazione ai mercati. Destinatari del marchio sono iCentrale comuni,rile mento del marchio o per l’assegnazione stesso a integrati seguito dell’apma (scuole di cucina, corsi di vario genere – la frequentazione della sulta il ruolo del sistema degli impianti a fune e dei sistemi di del impianassociazioni di comuni, i sistemi territoriali mentre i promotori proplicazione del piano di miglioramento. montagna nella stagione solitamente menoarancione desideratasono: (ottobre e noti dicon risalita, auspicando che per l’imprenditoria siano previste condigetto il Touring Club Italiano sono gli enti locali, gli assessorati e le I Comuni attualmente certificati con bandiera Sassello vembre), ai fine settimana, come valvola di(CS), sfozioni nelle regioni a statuto ordinario analoghe a quelle previste dalle (SV), Santo anche Stefanolimitatamente d’Aveto (GE), Dolceacqua (IM), Altomonte comunità montane. go dal crescente delle nostre(AP). città La e delle fasce costiecomunque, un maggior coinvolgiGenga (AN), Sarnanoinquinamento (MC) e Monterubbiano certificazione è in Gli autonomie obiettivi: lospeciali, sviluppoauspicando, economico-sociale, la valorizzazione delle rire sempre più urbanizzate; mento nellosistema di finanziamento operatori locali; sorse locali, sviluppo sostenibile deidegli sistemi turisticieconomici e la crescita delcorso nella provincia di Modena e in altri territori italiani. • Migliorare lasirete uffici turistici locali, conl’analisi il coordina• Costruireturistica. un’immagine positiva, giovane e attiva, del turismo L’assegnazione basadisull’autocandidatura dei anche comuni, delle l’economia mentol’attribuzione dei siti web di giàunesistenti, in grado fornire sul posto o attramontano estivo, lavorando sui prodotti e promuovendo quindi escurlocalità, punteggio finale edil’assegnazione della banL’assegnazione si basa sull’autocandidatura dei comuni, l’analisi delle verso Interneto informazioni dettagliate sui vari aspetti del territorio e sionismo, attività sportive leggere (piscine all’aperto eventualmente località, l’attribuzione di un punteggio finale e l’assegnazione della bandiera arancione del piano miglioramento. della cultura silocale, sulla percorribilità didei strade e mulattiere, riscaldate, strutture artificiali, pattinaggio su ghiaccio L’assegnazione basa sull’autocandidatura comuni, l’analisi sulle delle diera arancionebob/slittino o del pianosumiglioramento. condizioni meteorologiche e di distribuire pubblicazioni di qualità, al coperto), spettacoli all’aperto e animazione che favoriscano la colocalità, l’attribuzione di un punteggio finale e l’assegnazione della banLa fase di valutazione simula l’esperienza del visitatore e il suo percorso carte topografiche e dei sentieri. noscenza turistico tra i turisti, specialmente quelli giovani; di consumo dalla ricerca di informazioni alla visita nella destidiera arancione o del piano miglioramento. 22 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO SECONDA PARTE Un’analisi regionale La seconda parte del Rapporto approfondisce la componente turistica montana di ogni regione, analizzando alcuni parametri chiave per comprenderne potenzialità e performance. I dati sulle presenze reali sono stati stimati sulla base di informazioni raccolte in loco presso attori rilevanti dell’offerta turistica locale, pubblica e privata. Per ulteriori informazioni sugli aspetti più tecnici della ricerca si rimanda alle note metodologiche presentate nelle pagine precedenti VALLE D’AOSTA/VALLEE D’AOSTE Caratteristiche del territorio La più piccola tra le regioni italiane (3.260 kmq) è da considerarsi totalmente montana e turistica, poiché la stessa Valle centrale, solcata dalla Dora Baltea, conta nel tratto inferiore – da Aosta (583 m) a Pont St. Martin (345 m) – località adatte al soggiorno estivo e autunnale. L’aspetto del fondovalle della Dora Baltea, tuttavia, è severo, rinserrato com’è tra scuri roccioni, estrema propaggine di montagne la cui altitudine supera di regola i 3.000 m. Fanno eccezione la conca di Aosta, aperta a nord verso la Valle del Gran S. Bernardo, e il bacino di Courmayeur, ai piedi del Bianco. La struttura oro-idrografica della regione è abbastanza semplice, con la valle centrale nella quale confluiscono a pettine, da nord, le valli che nascono dallo spartiacque delle Alpi Pennine o Vallesane, e cioè quella del Gran S. Bernardo, la Valpelline, la Valtournenche, le Valli d’Ayas e di Gressoney, da sud quelle che si diramano dallo spartiacque con la Val d’Isère e dal gruppo del Gran Paradiso (Grisenche, Rhêmes, Savarenche, Cogne, Champorcher e altre minori, non risalite da strada carrozzabile). A Pré 1 St. Didier, la valle della Dora si biforca: a nord-ovest il ramo principale, che scaturisce dal Massiccio del Bianco (Val Veny e Val Ferret), a sud-ovest la Dora della Thuile, che nasce dal Piccolo S. Bernardo, l’unico valico carrozzabile che metta in comunicazione, d’estate, la Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste con la Francia (Bourg St. Maurice). La Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste conta 13 cime principali con altitudine superiore a 4.000 m, tutte situate nel Massiccio del Bianco e nelle Pennine a eccezione del Gran Paradiso. La copertura glaciale è notevole (circa 160 kmq), nonostante il forte ritiro degli ultimi decenni, e numerosi i ghiacciai estesi e imponenti, dal Lys e dal Verra nel gruppo del Rosa, alla Tribolazione (Gran Paradiso), al Rutor, al Miage e alla Brenva (Bianco). Il clima è in genere asciutto e salubre, soprattutto nelle valli alla sinistra della Dora, e le precipitazioni non molto abbondanti, generalmente inferiori a 1.000 mm (meno di 500 mm a St. Marcel, fra Aosta e St. Vincent, in condizioni di semi-aridità). L’idea diffusa di un territorio scarsamente popolato è smentita in modo clamoroso dalla sezione della valle centrale fra St. Pierre, al la RIVISTA del TURISMO 2/2002 23 UN’ANALISI REGIONALE margine occidentale dell’agglomerato aostano, e Châtillon-St. Vincent: qui risiedono oltre 71.000 abitanti, cioè il 60% della popolazione regionale su una superficie pari a 1/6, con una densità di 140 ab/kmq. A parte Aosta (oltre 35.000 ab.) col comune-sobborgo di St. Cristophe e Courmayeur (3.000), non vi sono altri centri con funzioni urbane, anche se St. Vincent, Châtillon (4.800 ab. ciascuno) e Pont St. Martin (3.800) si avvicinano alquanto alla soglia. Risorse e pianificazione territoriale La Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste è legata a doppio filo al turismo montano, anche se non mancano risorse culturali e altre fonti di attrazione (termalismo, turismo ludico). Aosta possiede in effetti un pregevole centro storico con importanti vestigia romane e medioevali, ma le presenze alberghiere che registra – oltre 230.000 – non sono dovute alla visita della città in sé e per sé, ma a motivi di lavoro-affari, al transito di turisti da e per l’estero e al suo 24 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 ruolo di carrefour, che consente di abbinare la visita del centro storico a escursioni in giornata a Cogne o al Gran San Bernardo. E’ da tener presente, d’inverno, l’esistenza di un collegamento funiviario con la stazione di Pila (1.800 m), in grado di attirare turisti che non sanno fare a meno della vita di città. Altre vestigia dell’antichità sono presenti a Donnas (strada consolare romana) e Pont St. Martin (ponte romano), ma le prime si trovano in un sito angusto e a intenso traffico locale, il secondo attira al massimo uno sguardo o qualche foto da parte di turisti diretti a Gressoney. St. Vincent è una stazione polivalente di bassa montagna (575 m), con clima mite per l’esposizione a sud e la protezione del retrostante Monte Zerbion, le terme, il Casino (largamente frequentato da “pendolari” torinesi) e il Grand Hotel Billia, nota sede di congressi e manifestazioni varie; ma la maggior parte dei 3.000 letti in seconde case si devono alla posizione strategica della cittadina, a quaranta minuti dalle piste di Cervinia e a un quarto d’ora dai prati e boschi del Col de RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO Joux (1.600 m). Altre risorse culturali della regione sono i numerosi villaggi a struttura medievale ben conservata, i ru – antichi canali di irrigazione derivati da torrenti montani – le miniere abbandonate di Cogne coi loro lunghi percorsi in galleria, fenomeni naturali come le piramidi di erosione di St. Nicolas e Vetan. Il turismo montano, però, è la vera risorsa della regione, e non potrebbe essere diversamente. La Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste, come si diceva, è largamente interessata da fenomeni glaciali, e questi esercitano un indubbio fascino nella stagione estiva. La vista del Ghiacciaio del Rutor dal rif. Deffeyes (La Thuile), o di quelli del Gran Paradiso dal rif. Vittorio Emanuele sono ormai dei must per gli appassionati di escursionismo e trekking; ma esistono ampie opportunità anche per semplici gitanti e per chi non sa staccarsi troppo dall’automobile, poiché i seracchi della Brenva in Val Veny o la vista del Ghiacciaio della Tribolazione da Valnontey sono anche alla portata dei più pigri. Le maggiori attrattive turistiche e il maggior numero di presenze si registrano a Courmayeur e nelle valli alla sinistra orografica della Dora (Valtournenche, Ayas, Gressoney), mentre le valli di destra, esposte a nord, hanno avuto un minore sviluppo turistico, a parte Cogne. In effetti, l’idillica Val di Rhêmes, contraddistinta dalla singolare e inquietante bellezza della Granta Parei, o la Valsavarenche con lo scenografico pianoro di Pont (1.900 m), sono rinserrate fra altissime pareti che proiettano ampi coni d’ombra, e un po’ troppo solitarie per invogliare, d’estate, a soggiorni prolungati, mentre d’inverno sono quasi deserte, non offrendo suffi- ciente soleggiamento e apprezzabili opportunità per lo sci alpino. La stessa Val di Cogne è alquanto cupa e angusta, prima di aprirsi un po’ nella conca ove, al margine del celebre Prato di Sant’Orso, si situa l’omonima stazione, che ha ricevuto grandi benefici e un’immagine di marca dalla presenza del Parco nazionale. La Valtournenche e ancor più quelle di Gressoney e d’Ayas, invece, superata la forra iniziale, presentano scenari montani ridenti punteggiati di villaggi pittoreschi, e alla testata non solo offrono alla vista impressionanti ghiacciai, ma dispongono anche di vasti bacini sciabili intervallivi. Il comune di Ayas, in particolare, ha nel pianoro di Periasc uno dei siti più belli delle Alpi occidentali, e si compone di numerose frazioni che hanno conservato intatta l’unità architettonico-ambientale di un tempo, con largo uso del legno, che già rivela tracce del popolamento walser. Queste, com’è noto, sono ben più importanti nell’alta Valle di Gressoney, molto pittoresca ma meno aperta della Val d’Ayas. La Valtournenche si fregia del marchio della montagna-regina della Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste, il Cervino e delle piste forse più ampie, comode e panoramiche delle Alpi occidentali, che attirano turisti da ogni parte d’Italia e dall’estero, anche se la massiccia urbanizzazione del Breuil ha deteriorato l’immagine del paesaggio. Il villaggio di Chamois, in Valtournenche (1.800 m), è l’unico comune italiano accessibile solo per funivia, sull’esempio di famose stazioni svizzere e austriache (i residenti possono però usufruire di un tronco di strada sterrata per La Magdeleine). Un certo impulso turistico estivo-invernale ha ricevuto a partire dagli an- Tabella 1.1 Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998 Popolazione nel territorio montano. Anno 1998 Letti alberghieri. Anno 2000 Letti extra-alberghieri (stima, inclusi appartamenti e seconde case) Presenze alberghiere. Anni 1999-2000 Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case) Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓) 1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante) 2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq) 3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%) Numero impianti di risalita Portata degli impianti (persone/ora) Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq) 3.264 119.993 22.902 (99) 203.000 2.414.906 8.475.000 ↓ 20,2 739,9 3.338 36.801 11,3 182 177.886 54,5 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 25 UN’ANALISI REGIONALE Tabella 1.2 Principali stazioni montane (in base a presenze alberghiere e complessive, 1999) Comune Pres.alb. % str. Valtournenche 397.821 45,7 Courmayeur 377.321 32,3 Aosta 225.951 35,9 Gressan-Pila 203.454 15,4 La Thuile 186.892 29,1 Saint Vincent 165.058 7,4 Gressoney (Trin. e St.J) 156.806 26,7 Cogne 117.214 14,1 * Valori stimati; % str.: percentuale di presenze straniere Letti alb. 3.450 3.000 1.900 1.240 2.000 1.300 1.250 1.000 Comune Valtournenche Courmayeur Ayas Gressoney (St.J e L Tr.) La Thuile Cogne Gressan-Pila Brusson Tot.Pres.* 1.365.000 1.335.000 875.000 798.000 565.000 554.000 490.000 460.000 Tot.letti * 22.500 17.300 16.450 13.600 10.800 9.700 7.750 9.500 Tabella 1.3 Principali bacini sciabili (in base alla capacità di elevazione degli impianti di risalita, in persone/ora per metro di dislivello) Comprensori e stazioni (Cervinia-Zermatt) (I-CH) La Thuile-La Rosière (I-F) Cervinia-Valtournenche Champoluc-Gressoney (Monterosaski) Courmayeur Pila P/h/m (in 1000) 19.794 14.391 12.721 10.490 7.400 5.600 ni 80 la breve valle di Champorcher, all’estremità sud-orientale della regione, mentre quella del Gran San Bernardo, aperta e soleggiata ma poco adatta allo sci alpino, non è mai riuscita a decollare, nonostante il valico costituisca già una meta turistica di pregio. Nella seconda metà degli anni 60, la Regione Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste ha preso parte alla pianificazione della nuova stazione di Pila e ne ha mantenuto il controllo, in qualità di azionista di maggioranza. Il Piano territoriale paesistico (Ptp), entrato in vigore nel 1998, dedica un’attenzione particolare al principio dello sviluppo sostenibile e alla limitazione del traffico pesante di attraversamento della regione. Ricettività, presenze, impianti di risalita La Tab.1.1 fornisce un quadro d’insieme delle caratteristiche quantitative dell’offerta turistica della regione, che per quanto concerne ricettività e presenze alberghiere si configura come la terza forza del turismo montano italiano, dopo le Province Autonome di Bolzano e di Trento. Valori elevati presentano anche gli indicatori di intensità e densità turistica e la pressione territoriale 26 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 P/h 62.359 44.449 39.029 29.190 22.770 17.511 Impianti 57 35 34 21 21 13 P/h/imp. 1.094 1.270 1.148 1.390 1.084 1.347 degli impianti di risalita, seconda solo alla Provincia Autonoma di Bolzano. Le presenze hanno però mostrato la tendenza a una leggera flessione. I principali comuni turistici sono Valtournenche – che deve l’80% del movimento alla frazione di Breuil-Cervinia – e Courmayeur, sia per quanto concerne le presenze alberghiere che per quelle complessive (valori stimati). Il terzo polo è costituito da Ayas-Champoluc e dalle due Gressoney, stazioni vicine e complementari: La Trinité con forte vocazione per il turismo invernale, St. Jean per quello estivo. La posizione di preminenza dei tre comuni si deve in gran parte al settore extraalberghiero (seconde case, appartamenti), anche se il turismo alberghiero è in continuo incremento ed è alimentato da crescenti flussi di stranieri. Il ruolo della seconda casa è rilevante anche a Cogne e a Brusson, mentre La Thuile, Pila (Gressan) e St. Vincent si distinguono per l’entità del movimento alberghiero, nel primo caso in gran parte concentrato nel grande complesso del “Planibel”. Se consideriamo i bacini sciabili, la Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste è caratterizzata dalla presenza di poche grandi stazioni, che concentrano in sé gran parte dell’offerta regionale (Tab.1.2). RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO Le loro dimensioni si misurano con l’indicatore della capacità di elevazione (in persone/ora/metro, o p/h/m), e la loro efficienza e modernità in base alla portata oraria media per impianto, che penalizza Courmayeur – il cui bacino sciabile ha lo svantaggio di essere separato dal centro della stazione – e Cervinia-Zermatt, per la presenza di vari impianti antiquati nella stazione elvetica. La Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste è l’unica regione italiana che conti due comprensori internazionali – La Thuile/La Rosière e Cervinia/Zermatt – il primo – con piste facili e panoramiche, di solito ben innevate anche per il clima rigido – usufruibile con il normale skipass “La Thuile Valrutor”, il secondo con un’integrazione tariffaria del 20% (33% per chi intenda avvalersi anche degli impianti del Gornergrat-Sunnegga). Il Monterosa Ski offre migliori opportunità dal lato della Val d’Ayas che non da quello di Gressoney, almeno finché non verrà perfezionato il collegamento con Alagna, attualmente riservato a sciatori molto esperti, e creato un collegamento diretto fra La Trinité e gli impianti del Ghiacciaio d’Indren, amministrativamente valdostani ma accessibili solo dal Piemonte. La recente diminuzione della forbice fra il costo del forfait giornaliero italiano e internazionale e il parallelo rincaro di quello di stazioni concorrenti (Courmayeur 60.000 lire, Cervinia 55.000, Cervinia-Zermatt 66.000), rendono di fatto l’opportunità italo-svizzera sempre più interessante, facendo di Cervinia la principale concorrente del comprensorio piemontese della Via Lattea. Quanto allo sci di fondo, esistono importanti anelli a Cogne, in Val Ferret e in Val d’Ayas, ma solo nella prima stazione tale specialità è in grado di generare da sola un buon numero di presenze alberghiere. Trasporti, accessibilità e sentieristica Dal punto di vista delle comunicazioni, la Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste è ben collegata a Milano e Torino via autostrada, anche se due corsie per senso di marcia non sono sufficienti a garantirne la scorrevolezza al rientro dai week-end, specie in corrispondenza della confluenza della Valtournenche e delle valli di Ayas e Gressoney. Si avverte la mancanza di un collegamento ferroviario scorrevole e a doppio binario fra Torino (Chivasso) e Ivrea-Aosta, che le Ferrovie dello Stato non hanno ritenuto di varare neppure dopo le distruzioni causate dall’alluvione dell’autunno 2000, e a maggior ragione di una nuova linea Aosta-Martigny, che alleggerirebbe il Traforo del Bianco dal traffico pesante, destinandolo a un uso quasi esclusivamente turistico. Buona la situazione della viabilità interna, con tutte le strade vicinali d’alta quota chiuse al traffico privato dei non residenti, e buoni i collegamenti per autolinea col fondovalle, mentre quasi inesistenti – date le caratteristiche morfologiche – sono le comunicazioni intervallive, eccettuata la strada St. Vincent-Brusson via Col de Joux, che potrebbe proseguire verso Gressoney St. Jean se si realizzasse il completamento della carrozzabile del Colle della Ranzola. Nel campo della sentieristica, meritano una menzione i grandi tours del Monte Bianco, del Grand Combin, del Gran Paradiso, ovviamente possibili per sezioni o per l’intero percorso, i primi due con pernottamenti in Francia e/o in Svizzera. Crescente successo sta riscuotendo il Parco regionale del Mont Avic (3.521 ha), istituito nel 1993 e attrezzato a tempi di record con la strada d’accesso da Champdepraz al centro visitatori, localizzato nel villaggio di Barbusté. PIEMONTE Caratteristiche del territorio Il Piemonte è la regione del Norditalia che dopo il Trentino-Alto Adige/Südtirol possiede la parte più cospicua del territorio alpino (12.100 kmq), esteso dalla regione del Gottardo (alta Val Formazza) alle Alpi liguri, donde in più punti è ben visibile, e ormai prossimo, il mare. Insieme alla porzione di Appennino che gli compete (province di Cuneo, Asti, Alessandria), la regione è interessata dalla montagna per una superficie di 13.000 2 kmq. Si tratta di una montagna quanto mai varia – dato lo sviluppo in latitudine – per caratteristiche morfologiche e climatiche, poiché nello stesso arco alpino si passa da forme morbide e poco elevate, a sud, a massicci granitici con estesa copertura glaciale (Gran Paradiso, Monte Rosa) nella parte centro-settentrionale. La montagna non alpina – meno del 2% della superficie montana complessiva – comprende le Langhe cuneesi e astigiane e la porzione dell’Appennino ligure fra la RIVISTA del TURISMO 2/2002 27 UN’ANALISI REGIONALE Val Bormida e Val Borbera, nell’alessandrino. Essa raggiunge la massima elevazione (1.700 m) in prossimità del nodo orografico del Lésima, alle cui falde si situa Caldirola, unica stazione invernale appenninica della regione. Nell’immaginario collettivo, le Alpi piemontesi sono un’alta bastionata che si erge all’improvviso dalla pianura, ma ciò è vero per la sezione a sud di Biella, dove manca in pratica una fascia prealpina e si raggiungono in breve gli alti crestoni dello spartiacque: il Monviso, coi suoi 3.841 m, dista appena 21 km dalla pianura saluzzese. Nel Vercellese e nel Cusio-Ossola, invece, il passaggio dalla pianura alla montagna è molto più progressivo. Le precipitazioni sono abbondanti all’estremità settentrionale (Val Formazza) e meridionale (Val Vermenagna e Pesio) della regione, nonché in Valsesia (soprattutto d’estate) e in Valle Orco (Gran Paradiso). Nelle Alpi Graie e Cozie le valli si dispongono a pettine, per lo più senza collegamenti stradali con la Francia o con vallate contigue. Forti sono comunque i legami di ordine culturale, costituiti dai dialetti franco-provenzali (Valle Orco-Moncenisio) e dalla lingua occitana (dal Moncenisio al Colle di Tenda). A sud del Moncenisio i ghiacciai sono rari e molto piccoli, vantando nel Massiccio dell’Argentera il loro avamposto meridionale. Più numerosa (e pittoresca) la loro presenza nelle Valli di Lanzo (Gruppo delle Levanne), nel Gran Paradiso, nel Monte Rosa e nella cuspide ossolana. Una certa unità fisico-geografica, oltreché culturale, si osserva nelle vallate che fanno capo alla Comunità montana della Valsesia, che ha l’estensione di una piccola provincia, nell’Ossola e nelle Langhe, queste ultime montane per quota e clima, ma collinari per aspetto e fattori di attrazione (vendemmia, tartufi, buona cucina). Il ventaglio di vallate appenniniche dal Bormida al Borbera, infine, è molto legato a Genova, cui deve in gran parte la frequentazione nella stagione estiva. Massimi centri turistici sono Ponzone, con circa 8.000 letti extra-alberghieri e 200 alberghieri, e Fabbrica Curone, nel cui territorio si situa Caldirola. Risorse e pianificazione territoriale La montagna piemontese è turisticamente meno sviluppata della Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste, per vari motivi: l’aspra morfologia di molte vallate, adatte solo al turismo estivo, la scarsa dimestichezza dei valligiani con l’accoglienza del forestiero, l’eccessivo squilibrio fra un settore extra-alberghiero ipertrofico e una limitata ricettività alberghiera, l’attrazione esercitata sulla popolazione locale dalla grande industria, spazialmente e psicologicamente più “vicina” che in altre regioni. Significativo il contrasto fra il versante piemontese e valdostano del Parco del Gran Paradiso: sviluppo e paesaggio ordinato a nord, favorito anche dai finanziamenti della Regione autonoma, spopolamento e abbandono a sud, con situazioni drammatiche nella bella e dimenticata Val Soana. Le maggiori stazioni si concentrano in Alta Val di Susa e nel cuneese, col polo di Limone e le new towns di Prato Nevoso e Artesina. A nord, il ruolo di Macugnaga si è molto ridimensionato nel corso degli ultimi vent’an- Tabella 2.1 Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998 Popolazione nel territorio montano. Anno 1998 Letti alberghieri. Anno 2000 Letti extra-alberghieri (stima, inclusi appartamenti e seconde case) Presenze alberghiere. Anni 1999-2000 Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case) Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓) 1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante) 2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq) 3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%) Numero impianti di risalita Portata degli impianti (persone/ora) Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq) 28 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 12.997 869.304 25.752 895.000 1.185.000 35.510.000 ↓ 1,4 97,9 2.934 223.761 17,2 336 275.612 22,7 RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO ni, mentre Alagna non decolla, pur annoverando una qualificata élite di affezionati: colpevole, in entrambi i casi, una morfologia “difficile”, che rende le stazioni poco appetibili per la stagione invernale, anche per la presenza di un parco-impianti antiquato. Le risorse turistiche della montagna piemontese sono tra le maggiori delle Alpi italiane: stupendi ghiacciai come quello dell’Hohsand/Sabbione (Formazza), cascate grandiose come quella della Frua in Val Formazza, incredibilmente “liberata” dall’Enel solo per una ventina di giorni l’anno, montagne-simbolo come il Monviso – il “Re di Pietra” – e scenari montani tra i più belli delle Alpi occidentali, come la parete est del Rosa, a Macugnaga, o il circo glaciale di Pian della Mussa, nelle Valli di Lanzo. Essenzialmente costituite da rocce cristalline, le Alpi piemontesi offrono anche grandi massicci calcarei come il Marguareis e il Mongioie, che celano al loro interno sistemi di grotte tra i più lunghi e complessi delle Alpi. Importante risorsa è costituita dai numerosi parchi regionali e nazionali, tra i quali quello della Val Grande, presso il Lago Maggiore, è una delle aree wilderness meglio conservate d’Europa. In ambito alpino, circa due milioni di presenze alberghiere si registrano nelle stazioni rivierasche dei Laghi Maggiore e d’Orta, non computabili ai fini del turismo propriamente montano; Stresa è però collegata da una funivia alla stazione estivo-invernale del Mottarone, che è anche un celebre belvedere con panorama mozzafiato sui due laghi. Altre risorse sono costituite dalle fonti termali di Lurisia (che è anche stazione estivo-invernale), Vinadio e Valdieri nelle Valli di Cuneo e Bognanco nell’Ossola; dai Laghi di Avigliana, dalle pievi romaniche dell’Ossola, dai numerosi santuari, come quelli celeberrimi del Sacro Monte di Varallo e della Madonna nera di Oropa (Biella), dalla cultura e architettura walser di Alagna, Macugnaga e Formazza. Progetti di valorizzazione finanziati dalla Cee interessano le valli di Cuneo e Saluzzo (arte e cultura nell’ex Marchesato di Saluzzo, Gal “Espaci Occitan”, “Terre d’Oc”, “Valli del Viso”), tra le quali la Val Maira si mostra particolarmente attiva nella promozione di un turismo “morbido” e nel recupero dell’identità culturale, e a questo riguardo è frequentata da un crescente numero di turisti germanici, solitamente rari nelle Alpi occidentali. L’alta Val di Susa, dopo gli investimenti e le opere realizzate in occasione dei mondiali di Sestrières 97, ha ricevuto ulteriori, cospicui finanziamenti per le Olimpiadi del 2006. Più difficile sembra la promozione del versante piemontese del Gran Paradiso, sia per la sua asprezza, sia per il grado di spopolamento del territorio. Poco si muove anche nell’Ossola, duramente colpita da una nuova alluvione nell’autunno del 2000. Ricettività, presenze, impianti di risalita La ricettività alberghiera supera quella valdostana di quasi 3.000 letti, ma data la ben diversa estensione dei due territori, gli indicatori di intensità turistica sono molto più bassi rispetto alla Vallée. Fanno eccezione quello delle superfici a parco, che è molto soddisfacente, e la pressione sul territorio del totale delle presenze, dato l’enorme numero di seconde case. Particolarmente bassa è la ricettività della Valsesia, un bacino turistico con elevate potenzialità per la stagione estiva, e delle Valli di Lanzo, ove l’incidenza della seconda casa è tale da renderle una classica meta del turismo di prossimità, poco ambita per soggiorni alberghieri prolungati. L’andamento complessivo delle presenze negli ultimi anni è stato negativo, a causa della marcata flessione registrata in Alta Val di la RIVISTA del TURISMO 2/2002 29 UN’ANALISI REGIONALE Tabella 2.2 Principali stazioni montane (in base a presenze alberghiere e complessive, 1999) Comune Pres.alb. % str. Sestrières 136.597 39,6 Sauze d’Oulx 85.470 57,2 Bardonecchia 77.564 30,1 Limone Piemonte 69.571 22,6 Frabosa Sottana 36.013 31,4 * Valori stimati; % str.: percentuale di presenze straniere Letti alb. 2.465 1.925 1.391 919 579 Comune Bardonecchia Limone Piemonte Sauze d’Oulx Frabosa Sottana Sestrières Tot.Pres.* 1.470.000 1.145.000 1.061.022 995.000 805.000 Tot.letti * 32.000 24.900 22.500 24.000 17.500 Tabella 2.3 Principali bacini sciabili (in base alla capacità di elevazione degli impianti di risalita, in persone/ora per metro di dislivello) Comprensori e stazioni Sestrières Sauze d’Oulx Totale Via Lattea* Bardonecchia Limone Piemonte Mondolé Ski * comprese Cesana-Clavières e Sansicario P/h/m (in 1000) 8.559.095 7.665.722 22.558.539 6.941.900 6.036.440 4.709.496 Susa, per la scarsità di innevamento e le temperature per lunghi periodi elevate che hanno condizionato più di una stagione invernale, oltreché nell’Ossola e in Valsesia, mentre il cuneese ha mostrato un trend più soddisfacente. Molto bassa, rispetto alla Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste, è la pressione degli impianti di risalita sul territorio (22 p/h/kmq), come pure la portata oraria media per impianto (820 p/h, contro 977 per la Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste), il che significa che buona parte delle infrastrutture sono obsolete e inadeguate alle esigenze attuali. Forte è la riduzione del parco-impianti (-20% rispetto a una decina di anni fa), ma più per la scomparsa di numerose piccole stazioni che non in conseguenza di un processo di ammodernamento e razionalizzazione: sono infatti uscite di scena stazioni come Viola-St. Gree, Argentera, Vinadio, e da un paio di anni è ferma Paesana-Pian Muné, mentre a più antica data risale lo smantellamento di località allora di una certa importanza come Locana-Alpe Cialma e Pian Gelassa; per converso, Oropa e Crissolo sono riemerse dopo diversi anni di chiusura, anche se con gravi difficoltà. Sestrières, Sauze e Bardonecchia sono caratterizzate da un’elevata incidenza di presenze straniere (soprattutto inglesi) nell’alberghiero, con valori massimi a 30 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 P/h 24.565 24.899 74.619 23.308 22.940 21.770 Impianti 20 22 67 23 28 25 P/h/imp. 1.228 1.132 1.114 1.013 819 871 Sauze d’Oulx. Esse sono le uniche stazioni piemontesi con una ricettività superiore a 1.000 letti alberghieri (soglia, in sé, già non eccelsa), ma si collocano tra le maggiori località alpine per ricettività complessiva (Bardonecchia occupa anzi il primo posto in assoluto), per l’elevatissima presenza di seconde case, al cui impatto sul territorio non corrisponde però un adeguato sfruttamento ai fini delle presenze turistiche. L’eccessiva pressione della seconda casa, l’invecchiamento del parco-impianti e la separazione del bacino sciabile in due tronconi non collegabili fra loro (Colomion e Jafferau) hanno prodotto un certo appannamento dell’immagine di Bardonecchia, non a torto considerata una “nobile decaduta” tra le grandi stazioni alpine. Le cinque stazioni col maggior numero di presenze alberghiere e complessive sono anche quelle che dispongono dei maggiori bacini sciabili, il che testimonia il ruolo trainante che gli sport invernali svolgono da tempo su tutto il turismo montano, soprattutto nelle Alpi occidentali. Enorme è il divario che separa questi comprensori dalle altre stazioni, alcune delle quali – come Macugnaga, Alagna, Crissolo – occupavano una posizione di rilievo nel panorama sciistico delle Alpi occidentali; ma oggi una stazione invernale è quasi fuori mercato se il suo parco impianti e piste ha una ca- RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO pacità di elevazione (il moment-puissance dei francesi) inferiore a 3-3,5 milioni di p/h/m (persone/ ora/metro), e anzi talvolta possono non bastare valori compresi fra 4 e 5 milioni, se mancano servizi adeguati o un’immagine di qualità. Stazioni estive di classe e in siti superbi sono anche Ceresole Reale nel Parco del Gran Paradiso, Riva Valdobbia in Valsesia e Groscavallo-Pialpetta nelle Valli di Lanzo; ma – paradossalmente – Riva e Groscavallo sono pressoché prive di ricettività alberghiera. Macugnaga ha registrato, negli ultimi anni, un forte decremento delle presenze alberghiere, solo in parte spiegabile con la contrazione della capacità ricettiva. Tra le grandi stazioni dell’Alta Val di Susa, Sauze d’Oulx è forse quella suscettibile di maggiore sviluppo, per la favorevole situazione topografica, la presenza di un centro storico ben conservato e di un bacino sciabile esteso e multiforme, a patto che vengano potenziati alcuni servizi e infrastrutture e migliorato il colegamento con Sansicario. Trasporti, accessibilità e sentieristica Ottime condizioni di accessibilità presenta la Val di Susa, collegata anche per autostrada e ferrovia internazionale, e buone Limone, servita dalla statale n. 20, abbastanza scorrevole, e dalla ferrovia Cuneo-Nizza, a binario unico; ma Ventimiglia e la Costa Azzurra si raggiungono con difficoltà, per la tortuosità della strada e l’angustia della canna del Traforo del Tenda. La Valsesia è percorsa da un’ampia strada di fondovalle con scarsa pendenza (ma con qualche strettoia) e l’Ossola da una superstrada fino a Domo; da qui, si può raggiungere Locarno attraverso la pittoresca Val Vigezzo con una ferrovia a scartamento ridotto, che costituisce di per sé un’attrazione turistica. Sicuramente da potenziare sono i collegamenti intervallivi, non tanto per arrestare il naturale deflusso della popolazione verso la pianura, quanto per favorire un interscambio turistico nella stagione estiva e migliorare l’accessibilità dei siti più impervi: un ottimo esempio è costituito dal collegamento fra Val Varaita e Val Maira attraverso il Colle di Sampeyre, realizzato da una ventina di anni. In molte vallate si avverte la carenza (o la mancanza assoluta, la domenica) di collegamenti cadenzati tramite autolinee con la zona pedemontana o il fondovalle principale (es. Antronapiana-Villadossola), il che penalizza la possibilità di effettuare circuiti escursionistici. I sentieri rivelano non di rado carenza di manutenzione e di segnaletica, soprattutto nelle Valli di Lanzo e fra Bardonecchia ed Exilles. la RIVISTA del TURISMO 2/2002 31 UN’ANALISI REGIONALE 3 LIGURIA Caratteristiche del territorio Se si escludono le brevi Piane di Albenga e Sarzana, la Liguria è una stretta striscia di territorio aspro disposto ad arco attorno al Golfo di Genova, nel quale mare e montagna vivono quasi in simbiosi, tanto che svariati comuni costieri sono stati inclusi in Comunità montane. Tuttavia, al di là dell’aspetto esteriore del paesaggio, c’è una macroscopica differenza di clima, accessibilità e tenore di vita fra città litoranee come Ventimiglia e Finale e villaggi arroccati come Triora e Baiardo. L’unico comune costiero che in base ai nostri parametri rientra a pieno titolo nel territorio “alpino” è Sanremo, che include le località montane di San Romolo e Monte Bignone, mete di turismo estivo; ma il movimento turistico che la città attira ha poco a che fare con la montagna, donde la sua esclusione da questa indagine. La sezione alpina della Liguria occupa il 42% del territorio montano ed è costituita, all’estremità occidentale, da una serie di brevi vallate (Nervia, Argentina, Arroscia, Neva) che dallo spartiacque col Piemonte scendono a pettine verso il mare, drenando un territorio impervio, con cime che superano anche i 2.000 m (Saccarello, Pietravecchia). Più a est, avvicinandosi a Cadibona, prevalgono invece rilievi boscosi e dalle forme più tondeggianti. Nella sezione appenninica, tra Cadibona e il Turchino, i comuni montani insistono sugli alti bacini della Bormida di Spigno, dell’Erro e dell’Orba, che afferiscono al versante padano. Oltre il facile Passo dei Giovi, i contrafforti che chiudono i bacini dello Scrivia, della Trebbia, dell’Aveto e del Taro si intersecano in modo complesso e la presenza di due lunghe valli parallele alla linea di costa – Fontanabuona e Vara – non facilita le comunicazioni col Parmense e la parte orientale del Piacentino, verso i quali si avverte la mancanza di comodi valichi. Il clima risente quasi ovunque della vicinanza del mare, ma non sono rare minime invernali anche piuttosto basse, nell’estremo Ponente (Nava, Colla Melosa), in alta Val Bormida (Calizzano) e nell’entroterra chiavarese (Rezzoaglio, S. Stefano d’Aveto). Risorse e pianificazione territoriale Non è facile estrapolare i flussi del turismo montano dal contesto statistico di una regione come la Liguria, legata a doppio filo al turismo balneare e al climatismo marino autunnale-invernale; ed è ugualmente difficile offrire al turista in Liguria un “prodotto” come la montagna, che in altre regioni è disponibile in misura più varia e pittoresca. Eppure non mancano risorse per un turismo estivo di qualità, legato alla cultura dei luoghi, alla gastronomia, alle vicende Tabella 3.1 Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998 Popolazione nel territorio montano. Anno 1998 Letti alberghieri. Anno 2000 Letti extra-alberghieri (stima, inclusi appartamenti e seconde case) Presenze alberghiere. Anni 1999-2000 Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case) Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓) 1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante) 2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq) 3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%) Numero impianti di risalita Portata degli impianti (persone/ora) Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq) 32 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 3.300 165.770 4.252 220.000 185.000 8.378.000 = 1,1 56,1 2.597 37.518 11,4 5 3.300 1 RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO del passato (ad es. la stregoneria a Triora), con possibilità di lunghe escursioni e trekking in ambienti solitari e insoliti. Il Monte Beigua (1.287 m), ad appena 8 km dal mare tra Genova e Savona, attrae per le particolarità geologiche e vegetazionali e per il brusco passaggio dal clima mediterraneo a quello semi-continentale, mentre nell’estremo Ponente, fra Nava e il confine francese, si aprono scorci alpini anche grandiosi, con vista sui massicci calcarei del Mongioie, del Marguareis e del Pietravecchia. Altra risorsa è costituita dalla presenza di villaggi medioevali incastonati fra le montagne e ancora pressoché intatti, come Pigna – che dispone anche di un rinnovato stabilimento termale – Apricale, Triora (Imperia), Castelvecchio di Rocca Barbena (Savona), Varese Ligure (La Spezia); di singolari testimonianze della cultura celto-ligure, come i menhir del Passo della Mezzaluna presso Rezzo o i “nidi d’aquila” di Realdo e Verdeggia nel comune di Triora (Imperia), centri della cultura brigasca. La maggiore risorsa della montagna ligure è dunque costituita da un mix di cultura, prodotti tipici, clima, paesaggio, villaggi medioevali, nel quadro di un processo di ripopolamento basato sulla rivalorizzazione dell’agricoltura e sulla sua integrazione col turismo. Lo hanno compreso molti cittadini germanici ed elvetici, che hanno acquistato rustici nell’imperiese e nell’albenganese, avviando talora attività di tipo agrituristico. Ricettività, presenze, impianti di risalita La Tab. 3.1 permette di rilevare i modesti valori di intensità turistica riferiti alla ricettività e al movimento alberghiero, mentre per quanto concerne le presenze complessive il valore dell’indicatore è solo del 22% più basso rispetto alla Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste e del 11% rispetto al Piemonte: ciò a riprova del fatto che gran parte del turismo montano della Liguria è alimentato da liguri che a Ferragosto, in autunno e nelle vacanze la RIVISTA del TURISMO 2/2002 33 UN’ANALISI REGIONALE Tabella 3.2 Principali stazioni montane (in base a presenze alberghiere e complessive, 2000) Comune Pres.alb. % str. S. Stefano d’Aveto 14.383 1,4 Rocchetta Nervina 11.290 24,1 Sassello 9.487 28,8 Calizzano 9.245 6,2 Bardineto 8.144 22,0 Urbe 7.331 5,9 * Valori stimati; % str.: percentuale di presenze straniere Letti alb. 384 55 224 267 217 251 di Natale si riversano nel proprio retroterra, utilizzando seconde case e appartamenti affittati per lunghi periodi. Per quanto modesta, la ricettività alberghiera non è comunque irrisoria (si confrontino i 4.200 letti e le 185.000 presenze da noi rilevate col dato ufficiale di 20.000 presenze e meno di 500 letti!). In base alle presenze alberghiere – ovunque di modesta entità – prevalgono le stazioni di S. Stefano d’Aveto (Genova) e Rocchetta Nervina (Imperia), quest’ultima con un coefficiente lordo di utilizzazione dei letti estremamente elevato e, come Sassello, con un’alta percentuale di stranieri. Se si considerano invece le presenze complessive, la località di gran lunga più importante è Torriglia (769 m), tradizionale villeggiatura dei genovesi tra il Passo della Scoffèra e la Val Trebbia; a essa seguono Sassello (385 m), in un’amena conca della Valle Erro, Urbe, sparso sulle pendici settentrionali del Beigua, e S. Stefano d’Aveto (1.017 m), la stazione montana di maggior classe e tradizione. Discreta importanza locale hanno anche Calizzano e Bardineto, su un pianoro a 700 m in alta Valle Bormida, Pornassio-Colle di Nava e le non lontane Triora e Mendàtica, nel cui territorio si estende la stazione invernale di Mònesi. Quest’ultima è in procinto di essere rivalorizzata, dopo lo stato di semi-abbandono in cui è stata lasciata dalla fine degli anni 80, anche in seguito ad alcuni inverni sfavorevoli. Vi funzionano due sciovie, in attesa della ricostruzione della lunga seggiovia del Redentore, che salirà fino a oltre 2.000 m di quota. Altri due impianti sono in attività ad Alberola di Sassello, mentre S. Stefano d’Aveto – da cui un tempo si raggiungeva in cestovia il Monte Bue (1.800 m) – possiede ormai solo una piccola sciovia e non svolge più alcun ruolo per il turismo invernale. 34 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 Comune Torriglia Sassello Urbe S. Stefano d’Aveto Savignone Montoggio Tot.Pres.* 516.000 385.000 320.000 255.000 235.000 220.000 Tot.letti * 12.500 9.300 7.700 6.100 5.700 5.300 Trasporti, accessibilità e sentieristica La complessa morfologia del territorio rende lente e difficili le comunicazioni fra la costa e l’entroterra, e ancor più quelle trasversali fra le diverse vallate, collegate da passi elevati e di non facile percorribilità, come la Colla Langan fra Pigna e Molini di Triora, o – peggio – il Passo della Teglia fra Molini e Pieve di Teco (1.387 m), ancora a fondo sterrato sul versante della Valle Argentina. Manca una strada a scorrimento veloce fra Imperia e la Val Tanaro, fra Torriglia e Bobbio in Val Trebbia, fra Chiavari e Borgo Taro o la Val Nure. L’asfaltatura della strada di valico della Colla di Sanson (1.696 m), fra Triora e Briga in Val Roja, servirebbe a riallacciare i legami tra i villaggi della cultura brigasca, interrotti da un assurdo confine, con evidenti ripercussioni positive sul turismo. La sentieristica è ben curata nella zona dei Parchi del Béigua (nel retroterra di Varazze) e dell’Aveto, attorno al Monte Carmo (Calizzano-Bardineto) e nell’area del progettato Parco delle Alpi liguri, presso il confine con la Francia e la Val Roja. Questa, forse ancor più della Val d’Aveto e dell’alta Val di Vara, è l’area suscettibile del maggior sviluppo turistico, per la compresenza di diversi fattori di attrazione: terme e borghi medioevali (Pigna, Triora), cucina e prodotti locali (es. fagioli di Pigna, olio d’oliva), peculiarità culturali (i Brigaschi), scenari montani suggestivi e foreste di conifere incontaminate (Val Tanarello, Gouta), sci da discesa (Mònesi) e di fondo (Colla Melosa), escursionismo. Suscita infine interesse la rivalorizzazione dell’agricoltura di montagna a S. Stefano d’Aveto, che rende più gradevole la cornice paesaggistica e attira turisti nei fine settimana (anche dalla Lombardia) per la vendita di carne bovina locale proveniente da allevamenti biologici. RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO LOMBARDIA 4 Caratteristiche del territorio Risorse e pianificazione territoriale La montagna lombarda, se si escludono i modesti rilievi a nord-est del Lago Maggiore (Val Veddasca) e l’Appennino pavese (Valle Stàffora), corrisponde alla sezione delle Alpi Retiche compresa fra il Lago di Como e i Passi dello Stelvio e del Tonale, con le appendici delle Prealpi bergamasche e bresciane. Bagnata da due fiumi principali – l’Adda e l’Oglio – che attraversano grandi valli longitudinali (Valtellina) e trasversali (Valcamonica), comprende massicci e cime prestigiose come il Bernina – il più orientale dei “quattromila” alpini – l’Ortles-Cevedale, l’Adamello, il Disgrazia, tutte con abbondante copertura glaciale, e varie altre meno elevate ma non meno pittoresche, come la Presolana, la Concarena o il Badile camuno. Include cinque grandi laghi prealpini (Maggiore, Lugano, Como, Iseo, Garda) e il Lago d’Idro, che generano importanti flussi turistici (soprattutto il Garda: Limone) non direttamente legati al turismo montano. Il clima della Valtellina rispecchia quello delle grandi valli longitudinali alpine, con il fondovalle sensibilmente meno piovoso dei sovrastanti rilievi; rispetto alla Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste, comunque, le temperature sono in genere più basse e le precipitazioni più abbondanti, specialmente a Livigno, in Valle Spluga (Madesimo) e in Valfurva (S. Caterina). Le maggiori risorse naturali della montagna lombarda si concentrano in Valtellina e in alta Valcamonica, ove si situano il Parco nazionale dello Stelvio, il Parco interregionale dell’AdamelloBrenta, vaste coperture glaciali, valichi fra i più alti e suggestivi di tutte le Alpi (Stelvio, Gavia) e le maggiori stazioni di sport invernali e di villeggiatura estiva (Livigno, Bormio, Ponte di LegnoTonale, Aprica, Madésimo). Altri fattori di attrazione sono costituiti dalle terme di Bormio, dai Parchi delle incisioni rupestri di Capo di Ponte (Bs) e di Grosio (So), dalla Ferrovia Retica (Tirano-Bernina-St.Moritz) e dalla zona franca di Livigno. Minore importanza turistica – per lo meno per quanto concerne l’attrazione da altre regioni e dall’estero – rivestono le Alpi bergamasche (Brembana, Seriana, di Scalve), la bassa Val Camonica, i monti che incorniciano il Lario (Valsàssina – con l’imponente gruppo calcareo della Grigna – e Val d’Intelvi) e la Val Trompia, anche se non mancano stazioni estivo-invernali di rilevante importanza regionale come Foppolo in alta Val Brembana, Castione della Presolana in Val Seriana, Borno e la “new town” di Montecampione nella media e bassa Val Camonica e Barzio-Piani di Bobbio nel lecchese, collegato con la bergamasca Valtorta. Altri elementi di attrazione sono costituiti dalle Terme di Boario (che attirano flussi Tabella 4.1 Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998 Popolazione nel territorio montano. Anno 1998 Letti alberghieri. Anno 2000 Letti extra-alberghieri (stima, inclusi appartamenti e seconde case) Presenze alberghiere. Anni 1999-2000 Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case) Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓) 1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante) 2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq) 3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%) Numero impianti di risalita Portata degli impianti (persone/ora) Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq) 6.610 1.070.493 26.000 810.000 2.900.000 32.500.000 ↑ 2,7 438,7 5.355 265.427 40,2 298 290.022 43,9 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 35 UN’ANALISI REGIONALE non propriamente montani), dal folklore e dalle tradizioni di Bagolino (Bs), dalle attrattive naturalistiche del Parco regionale delle Orobie, della gola della Via Mala all’imbocco della Val di Scalve, dei belvedere dell’altopiano d’Intelvi. Mancano però attrezzature e servizi adeguati ad attrarre turisti da ambiti meno provinciali. Emblematico è il caso di Schilpario, in Val di Scalve, forse la più bella stazione montana della Bergamasca e una di quelle di più antica tradizione, che non ha mai goduto di un’adeguata promozione turistica, e che dopo la chiusura degli impianti di risalita di Malga Epolo, d’inverno riduce la sua offerta a un anello di fondo di frequentazione locale. Ottima è la dotazione di parchi, la cui incidenza sul totale del territorio montano è la più alta di tutte le regioni italiane. Tutte valtellinesi sono le principali stazioni turistiche computate in base alle presenze alberghiere, con Livigno e Bormio che si posizionano su valori riscontrabili, nelle Alpi, solo in Trentino-Alto Adige/Südtirol. Tenendo conto invece anche del movimento extra-alberghiero (ufficiale e non) scompare dalla classifica Valfurva, che registra poco più di 100.000 presenze in appartamenti e seconde case, e si inserisce al primo posto il centro di villeggiatura estiva di Castione della Presolana, in Val Seriana, con una miriade di appartamenti e villini nelle frazioni di Bratto e Dorga, e cospicui insediamenti residenziali di tipo lineare nella nuova stazione in quota di Monte Pora. Forte squilibrio fra ricettività extra-alberghiera e alberghiera si osserva anche a Ponte di Legno, all’Aprica – cui dovrebbero essere aggiunti anche i 6.000 letti situati nella porzione dell’abitato che ricade in provincia di Brescia (S. Pietro Aprica, comune di Còrteno) – e a Madesimo, Selvino e Serina (Bg). Livigno prevale nettamente per quanto concerne le dimensioni e l’attrezzatura dei bacini sciabili e per l’incidenza delle presenze stra- Ricettività, presenze, impianti di risalita La ricettività alberghiera della montagna lombarda, pur non particolarmente elevata, supera nettamente quella del Piemonte, soprattutto se si mette in relazione con la più ridotta superficie del territorio montano. Elevatissima è anche in Lombardia la ricettività in seconde case e appartamenti in affitto, non di molto inferiore a quella del Piemonte: il movimento turistico prodotto da questo comparto si può stimare in una decina di volte quello alberghiero. Tabella 4.2 Principali stazioni montane (in base a presenze alberghiere e complessive, 1999) Comune Pres.alb. % str. Livigno 602.035 42,5 Bormio 378.214 18,8 Valfurva 196.768 17,3 Aprica 138.802 20,6 Ponte di Legno 131.256 26,1 Madesimo 101.477 17,3 * Valori stimati; % str.: percentuale di presenze straniere Letti alb. 4.800 3.454 1.608 1.200 1.134 990 Comune Castione d. Presolana Livigno Bormio Ponte di Legno Aprica Chiesa in Valmalenco Tot.Pres.* 1.200.000 940.000 880.000 830.000 770.000 600.000 Tot.letti * 27.000 12.200 14.000 15.500 14.000 13.000 Tabella 4.3 Principali bacini sciabili (in base alla capacità di elevazione degli impianti di risalita, in persone/ora per metro di dislivello) Comprensori e stazioni Livigno Passo del Tonale* Bormio Madesimo Aprica S. Colombano (Valdidentro-Valdisotto) * Spartito con la Provincia di Trento 36 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 P/h/m (in 1000) 13.878.380 6.998.595 5.894.750 4.962.000 4.403.371 4.344.600 P/h 44.060 28.848 15.684 20.820 18.667 13.576 Impianti 32 21 15 15 21 12 P/h/imp. 1.377 1.374 1.046 1.388 889 1.131 RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO niere, collocandosi in una posizione di primo piano a livello nazionale. Per il Tonale – spartito fra Lombardia e TrentinoAlto Adige/Südtirol – si deve invece distinguere fra la qualità del sito e delle piste (alcune delle quali su ghiacciaio) e la scadente immagine del complesso urbanistico, sviluppatosi nel più completo disordine a partire dagli anni 70. Ponte di Legno – pur disponendo del piccolo bacino di ValbioneCorno d’Aola – gravita per lo sci alpino sul Tonale, da cui dista 11 km. Un po’ asfittico per la ridotta estensione, e impegnativo per le caratteristiche tecniche dei tracciati, è il bacino sciabile di Bormio, cui gioverebbe molto un collegamento con S. Caterina Valfurva, in conflitto però con le esigenze del Parco dello Stelvio, o almeno un servizio cadenzato di bus-navetta per il vicino comprensorio di Oga-Isolaccia (S. Colombano). Aprica e Madesimo hanno importanza regionale, ma attirano anche un discreto contingente di inglesi. La Val Malenco stenta ad affermarsi come meta di turismo invernale per la separazione dei bacini di ChiesaPalù (accessibile con impianto di puro arroccamento) e Caspoggio e per le loro non grandi dimensioni, anche se la spettacolare funivia “Snow Eagle” ha un po’ ridotto le code di accesso al Palù. La nuova stazione di Montecampione (1.200 m), spartita fra i comuni di Artogne e Pian Camuno, dopo il successo degli anni 80 ha un po’ ridimensionato le proprie ambizioni, per la modesta quota del bacino (1.300-1.900 m) e un certo invecchiamento del parco-impianti. Quanto allo sci di fondo, le migliori opportunità sono offerte dalla Valtellina (220 km) e dalle Alpi Bergamasche (200 km). Trasporti, accessibilità e sentieristica Il grosso problema da risolvere è la distanza – in termini temporali, ancor più che chilometrici – della Valtellina dai grandi bacini di utenza. La recente inaugurazione del Traforo del Barro ha certo liberato gli automobilisti dal calvario dell’attraversamento di Lecco (e i lecchesi dai gas di scarico), ma la manutenzione di alcuni viadotti e gallerie dell’autostrada gratuita Lecco-Colico stanno creando nuovi problemi. Cruciale è poi la “strozzatura” della statale n.38 da Colico a Tirano, stretta e con molti attraversamenti di centri abitati (Morbegno, Delebio, Cosio), che provocano code interminabili in qualunque giorno della settimana. Anche Ponte di Legno non è facilmente raggiungibile da Milano-Bergamo e da Brescia, per l’inadeguatezza delle statali 42 e 510 soprattutto tra Bergamo a Lovere e lungo il Lago d’Iseo. La mancata realizzazione di un tratto a scorrimento veloce fra Breno e Malonno, in Valcamonica (emblematico un viadotto che termina nel nulla, la RIVISTA del TURISMO 2/2002 37 UN’ANALISI REGIONALE a Capo di Ponte) è il segno di un certo disinteresse dello Stato per quest’area. Anche i collegamenti ferroviari tra Sondrio-Tirano-Chiavenna e Lecco-Milano sono palesemente inadeguati a supportare le attuali esigenze del turismo. La sentieristica è ben sviluppata e segnalata a Livigno e nei Parchi dello Stelvio e dell’Adamello. Da segnala- 5 TRENTINO-ALTO ADIGE/SÜDTIROL 5A. PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO Caratteristiche del territorio L’asse centrale del Trentino è la Valle dell’Adige, stretta e profondamente incassata da Ala a Trento (Val Lagarina), più ampia dal capoluogo alla Piana Rotaliana (Mezzolombardo-Mezzocorona), intensamente coltivata a vigneti e frutteti. Qui confluisce da nord la Val di Non, che dopo la stretta iniziale si fa così ampia da assumere le caratteristiche di una conca dagli orizzonti sconfinati. A ovest, sempre con andamento nord-sud, si sviluppa il solco delle Giudicarie e della Val Rendena, che si collega col Lago di Garda attraverso le profonde gole della Scaletta e del Limarò, percorse dal Sarca. A nord-ovest e a sud-est, i solchi longitudinali della Val di Sole e della Valsugana sono percorsi da importanti vie di comunicazione rispettivamente per la Valtellina e la pianura veneta (Bassano). I principali massicci montuosi sono a ovest il complesso cristallino dell’Adamello-Presanella (3.558 m) e il dolomitico Gruppo di Brenta, separati dalla Val Rendena, e a nord-ovest il gruppo del Cevedale (3.769 m), che come l’Adamello è ammantato di importanti ghiacciai; a est la tozza catena dei Lagorai (2.754 m), di natura porfirica, e le Dolomiti trentine, coi gruppi delle Pale di San Martino, del Catinaccio/Rosengarten, del Sella e della Marmolada (3.342 m), che sul versante nord ha un ghiacciaio di 300 ha sfruttato anche per lo sci estivo. Qui si localizzano anche quasi tutti i passi di rilevante importanza turistica, e cioè il Rolle (1970 m), interamente in Trentino, il Costalunga, il Pordoi (2.239 m) e il Sella (2.244 m), spartiti con la provincia di Bolzano, e il Fedaia, aperto da pochi decenni, che immette nella Valle del Cordevole (Belluno). Nel Trentino si situano alcuni laghi di dimensioni ragguardevoli e ad alta valenza turistica, e cioè la porzione settentrionale 38 re il percorso didattico dell’Alto Serio e quello che da Chiareggio, in Val Malenco, porta alla lingua del Ghiacciaio del Ventina, permettendo di ricostruire le fasi del ritiro. In complesso, la montagna lombarda conta 2.600 km di sentieri segnalati, dei quali 1.100 in Valtellina e 400 sia nel bresciano che nel comasco. la RIVISTA del TURISMO 2/2002 del Garda (Riva-Torbole), il Lago di Molveno, originatosi da un’antica frana, il Lago di Ledro e quelli di Levico e Caldonazzo, in alta Valsugana, presso lo spartiacque con la Val d’Adige. Le maggiori precipitazioni nevose interessano solitamente la zona del Passo del Tonale e di Passo Valles (comprensorio di S. Pellegrino-Falcade). Risorse e pianificazione territoriale Il Trentino è regione di primaria importanza turistica, anche se ovviamente non tutte le vallate e comprensori hanno raggiunto lo stesso livello di sviluppo. Al primo posto si colloca la Val di Fassa, nella quale Canazei, ai piedi dei Passi Pordoi e Fedaia, è solo una prima inter pares, affiancata nell’offerta turistica da stazioni come Campitello (collegata allo stesso bacino sciabile), Vigo-Pozza e Moena, un tempo regina delle Dolomiti trentine ma oggi penalizzata dal fatto di possedere un bacino sciabile – l’Alpe Lusia – distante alcuni chilometri dal centro. Secondo polo è Madonna di Campiglio, che col capoluogo comunale Pinzolo – pure dotato di attrezzature molto qualificate (Palazzo del ghiaccio, Palazzo dei congressi) – raggiunge il più alto numero di presenze della provincia, precedendo Canazei. Seguono i comuni della Val di Sole che afferiscono ai bacini sciabili di Folgàrida e Marilleva (Mezzana, Dimaro, Commezzadura e il centro di servizi di Malé); S. Martino di Castrozza – con la dependance del bacino di Primiero, situato 700 m più in basso – che ha riconquistato varie posizioni dopo il recente ammodernamento del bacino sciabile; Andalo e il comprensorio della Paganella (comprendente anche Molveno e Fai) e Folgarìa, sugli altipiani fra Rovereto e la Val d’Astico. Carattere particolare ha la stazione polivalente di Levico (lago, terme e sport invernali alla Panarotta). Sette poli principali, dunque, cui seguono numerosi e non meno interessanti distretti turistici minori, come la Val di Non, il Tesino (bassa Valsugana) e le valli di Pejo e Rabbi, tri- RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO Tabella 5a.1 Quadro sintetico dell’offerta turistica della Provincia Autonoma Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1999 Popolazione nel territorio montano. Anno 1999 Letti alberghieri. Anno 1999 Letti extra-alberghieri (inclusi appartamenti e seconde case) Presenze alberghiere. Anno 1999 Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case) Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓) 1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante) 2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq) 3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%) Numero impianti di risalita Portata degli impianti (persone/ora) Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq) butarie di sinistra della Val di Sole, con le loro fonti termali di antica tradizione. Altri importanti elementi di attrazione sono costituiti dai numerosi castelli, dal singolare santuario di San Romèdio in Val di Non, dal centro climatico di Arco (la “Riviera” degli Asburgo), dalla Cascata del Ponale presso Riva e da quella del Nardis nella selvaggia Val di Genova, inclusa nel Parco Adamello-Brenta. Sul versante orientale del Parco, nell’area del Lago di Tòvel e della Val Sporeggio, sopravvive una popolazione residua di orsi autoctoni. Le valenze di Trento come città d’arte non sono ancora adeguatamente valorizzate, anche se l’iniziativa dei mercatini di Natale, sull’esempio di Bolzano, attira un crescente numero di turisti nel mese di dicembre.Tra la fine degli anni 60 e i primi anni 70, la Provincia di Trento – nella persona dell’arch. Giovanazzi – ha pianificato le nuove stazioni in quota di Folgarida e Marilleva, fatto in sé positivo e quasi unico in Italia, anche se il prodotto urbanistico non è stato tale da soddisfare i palati più esigenti. Il comune di Vermiglio, in alta Val di Sole, ha invece consentito un’urbanizzazione scadente e disordinata al passo del Tonale a partire dagli anni 70, e quello di Mazzin la realizzazione del complesso immobiliare “Regina e Fassa”, fuori scala e avulso dal contesto culturalepaesaggistico della Val di Fassa. Per il resto, le stazioni trentine presentano un quadro urbanistico gradevole e ben inserito nel paesaggio, anche se in qualche caso (Madonna di Campiglio, Canazei, Andalo…) si è prossimi alla soglia di saturazione. 6.207 473.714 94.355 460.275 10.165.974 16.981.480 = 21,5 1637,8 4.374 98.961 15,9 267 312.674 50,4 Ricettività, presenze, impianti di risalita La ricettività alberghiera del Trentino è seconda, nella montagna italiana, soltanto a quella dell’Alto Adige-Südtirol, mentre la supera di molto per quanto riguarda la ricettività extra-alberghiera, dato il gran numero di seconde case e appartamenti in affitto. Da queste premesse, è facile dedurre come la regione Trentino-Alto Adige/Südtirol sia di gran lunga la principale destinazione montana del paese. Gli indicatori di intensità turistica presentano valori paragonabili a quelli della Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste, eccettuata la densità delle presenze per unità di superficie, che in Trentino-Alto Adige/Südtirol è superiore. La ricettività è diffusa in tutto il territorio e raggiunge soglie accettabili anche in ambiti che si collocano al di fuori dei grandi flussi turistici, come la Val di Non e le Giudicarie. Ben otto comuni vantano una ricettività alberghiera compresa fra circa 3.000 e oltre 5.000 letti, valori questi riscontrabili, in Lombardia, solo a Livigno e Bormio, in Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste a Valtournenche e Courmayeur, e in Piemonte in nessuna località montana. La pressione della seconda casa è forte solo a Pinzolo-Madonna di Campiglio e Folgarìa, ma in entrambi i casi i letti in appartamenti regolarmente affittabili per vacanza è quasi pari a quelli a esclusiva disposizione del proprietario, producendo un salutare ricambio turistico e un elevato coefficiente di utilizzazione dei letti. I principali comuni turistici in termini di presenze alberghiere (Tab. 5a.2) sono Pinzolo, Andalo e Canazei, tutti con valori superiori a 550.000; a esse sela RIVISTA del TURISMO 2/2002 39 UN’ANALISI REGIONALE guono Levico, che non è solo stazione montana, ma anche termale e lacuale e molto frequentata da tedeschi; Moena, secondo polo della Val di Fassa, SirorS. Martino di Castrozza, Mezzana e Pozza di Fassa, tutte con oltre 300.000 presenze; se si considerano invece le presenze registrate nel complesso degli esercizi (comprese le seconde case), accuratamente rilevate dalla Provincia, Pinzolo-Madonna di Campiglio accentua la sua supremazia, seguita dalla stazione estivo-invernale di Folgarìa, composta da varie frazioni ad alta intensità di seconde case ma senza episodi di cattiva urbanistica, e da Mezzana in Val di Sole, con l’appendice in quota di Marilleva. Per quanto riguarda l’attrezzatura e le dimensioni dei bacini sciabili, primeggia quello di Madonna di Campiglio, che oltre a offrire scenari montani di grande bellezza e piste di buon livello tecnico, raggiunge notevoli dimensioni grazie al collegamento con la Val di Sole, possibile tramite un particolare forfait tariffario. Canazei offre in realtà un bacino di dimensioni molto superiori a quanto indicato nella Tab. 5a.3, perché il collegamento con la Val Gardena e con Arabba, accessibile col Super-skipass “Dolomiti” (65.800 lire al giorno, in alta stagione), permette di accedere a un comprensorio di dimensioni smisurate. S. Martino di Castrozza ha dalla sua uno scenario montano di incomparabile bellezza, e dispone di un bacino sciabile che potrebbe porsi in concorrenza con Madonna di Campiglio e Canazei, se fosse realizzato un collegamento con le piste di Passo Rolle. Trasporti, accessibilità e sentieristica Molto buona l’accessibilità per ferrovia e autostrada da Verona, Padova e Innsbruck, che potrebbe migliorare col completamento della trasformazione in arteria a 4 corsie della statale della Valsugana, mentre è più lento il collegamento con Milano-Brescia attraverso le Giudicarie, suscettibile di essere migliorato in più punti. Ottima e capillare la rete di autolinee, che permette di raggiungere comodamente tutte le principali stazioni turistiche. Curati e ben segnalati i sentieri, anche se alcuni percorsi celeberrimi – come ad esempio la traccia scoscesa che dal Rif. Gardeccia conduce sotto le Torri del Vajolet – d’estate sono talmente affollati da rendere l’esperienza poco rilassante. Molto suggestivo e vertiginoso è poi il celebre sentiero delle Bocchette, intagliato nella roccia delle Dolomiti del Brenta, che richiede peraltro molta attenzione nel caso di repentini cambiamenti delle condizioni meteorologiche. Tabella 5a.2 Principali stazioni montane (in base a presenze alberghiere e complessive, 1999) Comune Pinzolo Andalo Canazei Levico T. Moena Dimaro Pres.alb. 589.201 568.550 566.851 410.838 369.186 357.892 % str. 12,9 19,3 18,9 35,5 18,9 21,2 Letti alb. 5.631 4.102 4.705 4.301 3.242 2.969 Comune Pinzolo Folgarìa Mezzana Canazei Dimaro Andalo Tot.Pres. 1.630.825 1.163.025 1.037.101 957.314 823.248 795.228 Tot.letti 28.287 18.962 11.005 11.415 10.496 8.316 Tabella 5a.3 Principali bacini sciabili (in base alla capacità di elevazione degli impianti di risalita, in persone/ora per metro di dislivello) Comprensori e stazioni P/h/m P/h Madonna di Campiglio-Folgarida-Marilleva 17.884.302 * 64.533 Canazei-Campitello-Alba 8.118.812 28.660 Passo del Tonale** 6.998.595 28.848 S. Martino di Castrozza*** 6.876.020 19.907 Andalo/Paganella 6.152.556 21.203 Moena-Alpe Lusia 4.557.920 13.746 Cavalese-Alpe Cermìs 3.881.820 12.960 * di cui 11.018.068 nella sola Madonna di Campiglio; ** spartito con la Provincia di Brescia; *** escluso Passo Rolle 40 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 Impianti 50 22 21 15 17 9 10 P/h/imp. 1.291 1.303 1.374 1.327 1.247 1.527 1.296 RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO 5B. PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO Caratteristiche del territorio Più vasta rispetto al Trentino, col fondovalle dell’Adige sensibilmente più ampio rispetto al tratto Trento-Ala, la Provincia Autonoma di Bolzano, o Alto Adige/Südtirol, è caratterizzata da un paesaggio culturale plasmato dal popolamento germanico, con evidenti riflessi nel tipo di utilizzazione del suolo (legato anche all’istituzione del maso chiuso) e nella struttura degli insediamenti. In corrispondenza della conca di Bolzano, il fondovalle principale si biforca “a ypsilon”: a nord-ovest l’ampia vallata percorsa dall’Adige, che a Merano assume un andamento longitudinale (Val Venosta), a nord-est quella più stretta e incassata dell’Isarco, in cui a Bressanone confluisce il solco longitudinale della Pusteria. Alle grandi catene cristalline che fanno da spartiacque con l’Austria, dotate di vaste coperture glaciali soprattutto fra il Brennero e la Val di Schnals (Senales) e nel massiccio dell’Ortles-Cevedale, fanno riscontro i gruppi dolomitici della sezione orientale, estesi fra la Pusteria a nord e la Val d’Eggen (Ega) a sud. A occidente di questa si sviluppa il vasto complesso porfirico, che si continua a nord-ovest di Bolzano e, a sud, nel Trentino. L’unico lago naturale di una certa ampiezza è quello di Caldaro, tra l’Adige e la catena del Penegal-Roen, sfruttato per la nautica e per la balneazione. Il clima di Bolzano e soprattutto di Merano è sensibilmente più mite di quanto sarebbe lecito attendersi per la latitudine, la posizione e il sito. A parità di quota, comunque, le temperature medie più basse si riscontrano nell’alta Venosta, che ha un clima molto asciutto, e nella Pusteria. Risorse e pianificazione territoriale L’intero territorio sudtirolese possiede un’alta valenza turistica per il turismo montano estivo-invernale, per il quale offre scenari ampiamente celebrati nella letteratura specializzata e non, villaggi lindi e pittoreschi, boschi e praterie ben curate, infrastrutture alberghiere e para-alberghiere capillari, spesso a conduzione familiare ma gestite con alto grado di professionalità, impianti di risalita moderni ed efficienti, un quadro urbanistico che, nonostante il forte sviluppo demografico e la proliferazione di infrastrutture e servizi per il turismo, è in genere ben armonizzato col paesaggio, anche perché è rimasto praticamente immune dal dilagante fenomeno della seconda casa: l’immagine del campanile di Colfosco incorniciato dalle pareti della Val Mesdì e del Gruppo del Sella, di Ortisei con lo sfondo del Saslong o del Latemar che si specchia nel Lago di Carezza, sono diventate un la RIVISTA del TURISMO 2/2002 41 UN’ANALISI REGIONALE Tabella 5b.1 Quadro sintetico dell’offerta turistica della Provincia Autonoma Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998 Popolazione nel territorio montano. Anno 1998 Letti alberghieri. Anno 1999 Letti extra-alberghieri (inclusi appartamenti e seconde case) Presenze alberghiere. Anno 1999 Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case) Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓) 1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante) 2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq) 3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%) Numero impianti di risalita Portata degli impianti (persone/ora) Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq) classico nella letteratura turistica di montagna. Altre attrazioni sono costituite dagli innumerevoli castelli, da celebri abbazie (Novacella, Sabiona, Marienberg…), dai bei centri storici di Bressanone, Merano, Brunico e della stessa Bolzano, dal borgo medioevale murato di Glurns/Glorenza, dalla cura dell’uva e del fieno praticate in numerose località. Ma l’attrazione principale resta il paesaggio, dunque la villeggiatura estivo-autunnale e gli sport invernali, con le valli ladine di Gardena e Badia, il Plan de Corones con l’alta Pusteria e la fascia collinare da Merano a Caldaro che assumono una posizione di preminenza rispetto ad altre mete. In questo contesto, una meta turistica estiva privilegiata per escursioni giornaliere è costituita anche dai passi dolomitici di Sella e Gardena e da quello dello Stelvio (2.757 m), che dà luogo a un buon numero di presenze legate allo sci estivo. Un’accorta pianificazione turistica ha saputo opporsi sin dagli anni 70 alla realizzazione di stazioni ex nihilo ad alta quota, mirando da un lato a limitare l’impatto ambientale degli impianti per lo sci alpino e a dare la precedenza “a una migliore utilizzazione di zone turistiche ricche di neve già esistenti ed eventualmente a un collegamento fra zone sciistiche diverse, piuttosto che alla realizzazione di zone singole di grandezza limitata” (Piano turistico dell’Alto Adige/Südtirol, 1982); dall’altro a prolungare la stagione turistica e a coinvolgere anche i comuni di fondovalle. In effetti, in primavera inoltrata e in autunno è spesso difficile trovare un letto d’albergo attorno a Merano o nella Bassa Atesina, e la stessa Bolzano è sempre più visitata 42 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 7.400 462.542 145.196 111.000 18.558.601 6.700.000 = 40,1 2.507,9 3.413 177.417 24,0 392 444.345 60 non solo da uomini d’affari e politici, ma anche da veri turisti, per le sue mostre, il Museo di storia naturale con la celebre mummia di Ötzi, il Mercatino di Natale o Christkindlmarkt, che già comincia a provocare problemi d’inquinamento e congestione del traffico. Bolzano è stata inoltre interessata negli ultimi anni da importanti realizzazioni urbanistiche legate alla funzione di piccola “capitale” (ancor più che di “capoluogo”) di Provincia Autonoma, in buona parte strutturata come Land di una Repubblica Federale. E’ in progetto l’interramento della stazione ferroviaria e la liberazione di una vasta area a est del centro dal fascio dei binari e da grigi magazzini, da riqualificare con residenze, servizi e aree verdi. Ricettività, presenze, impianti di risalita Un rapido sguardo alla Tab. 5b.1 permette di quantificare il netto predominio della provincia sudtirolese sulle altre regioni turistiche della montagna italiana: i letti alberghieri superano di oltre il 50% quelli già numerosissimi del Trentino, e le presenze alberghiere sono superiori del 80 per cento. Gli indicatori di intensità turistica e la pressione sul territorio degli impianti di risalita sono più elevati rispetto a Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste e Trentino, ove si eccettuino ricettività e presenze extra-alberghiere per lo scarsissimo numero di seconde case, presenti in misura un po’ più consistente solo a Merano, Ritten (Renon), Welschnofen (Nova Levante) e in pochissime altre località. Abbastanza numerosi invece sono gli appartamenti in affitto, quasi tutti posseduti e gestiti dalla po- RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO polazione locale e regolarmente immessi sul mercato, ma non per lunghi periodi (stagione o anno). L’andamento delle presenze negli ultimi anni ha registrato una sostanziale stagnazione, per la raggiunta maturità turistica del prodotto e per un progressivo avvicinamento dei prezzi – decisamente a buon mercato ancora una decina di anni fa – attorno ai valori medi delle Alpi italiane. Molto buono, come nel Trentino, il valore della portata oraria media per impianto, che denota l’esistenza di infrastrutture moderne e funzionali, e molto elevato il rapporto fra la portata oraria degli impianti e la superficie territoriale. In compenso, la percentuale della superficie protetta (oltre al Parco nazionale dello Stelvio, vi sono sette Parchi provinciali) è tra le più alte della montagna italiana. Le presenze alberghiere vedono primeggiare Schenna (Scena) e Castelrotto, cioè un comune della “cintura” collinare meranese, molto frequentato in primavera e in autunno da una clientela essenzialmente tedesca, e un’amena stazione estivo-invernale che si avvale della presenza nel suo territorio della celeberrima Seiseralm (o Alpe di Siusi). Le altre stazioni più frequentate, a parte Merano, sono le principali stazioni invernali-estive della provincia assieme al complesso del Kronplatz, che nei tre “poli” di San Vigilio di Marebbe, Olang (Valdaora) e Bruneck (Brunico) dispone complessivamente di 6.100 letti alberghieri e registra 909.000 presenze. Ortisei e Toblach/Dobbiaco superano la soglia significativa delle 300.000 presenze alberghiere, ma non rivestono più un ruolo fondamentale nel contesto del turismo altoatesino, in quanto non hanno bacini sciabili che possano competere con l’alta Badia, l’alta Gardena e il Kronplatz. Tenendo conto anche del movimento extra-alberghiero, si rivaluta molto il ruolo di Merano, preceduta comunque da Castelrotto. Uno sguardo alla Tab. 5b.3 – ove compaiono i principali bacini sciabili, ordinati in base all’intensità del P/h/ – permette di rilevare la netta prevalenza del Kronplatz per la RIVISTA del TURISMO 2/2002 43 UN’ANALISI REGIONALE Tabella 5b.2 Principali stazioni montane (in base a presenze alberghiere e complessive, 1999) Comune Pres.alb. % str. Schenna (Scena) 788.306 97,0 Kastelruth/Castelrotto 788.227 57,7 Selva/Wolkenstein Gr. 773.264 47,1 Meran/Merano 725.663 72,7 Corvara 660.635 34,6 Badia/Abtei 577.964 32,6 * Valori stimati; % str.: percentuale di presenze straniere Letti alb. 4.695 5.457 6.004 5.658 5.200 4.900 Comune Kastelruth/Castelrotto Meran/Merano Selva/Wolkenstein Schenna Badia/Abtei Corvara Tot.Pres.* 1.025.000 1.015.000 985.000 855.000 840.000 805.000 Tot.letti * 10.000 11.000 9.000 5.550 9.600 7.300 Tabella 5b.3 Principali bacini sciabili (in base alla capacità di elevazione degli impianti di risalita, in persone/ora per metro di dislivello) Comprensori e stazioni P/h/m Kronplatz/Plan de Corones 17.500.738 Alta Badia (Corvara-Colfosco-La Villa-Pedraces) 13.826.358 Selva-Santa Cristina (alta Val Gardena) 11.428.212 Ortisei-Seiseralm/Alpe di Siusi 8.234.130 Obereggen* 7.580.000 Sexten/Sesto 4.970.610 Plose 4.865.523 Ratchings 4.487.977 * Si estende anche in provincia di Trento (Alpe Pampeago) intensità ed efficienza delle attrezzature, in grado di assicurare la quasi totale copertura delle piste con innevamento artificiale; ma lo sviluppo delle piste – una sessantina di km – è decisamente inferiore rispetto all’Alta Badia e a Selva-Santa Cristina, anche se la bellezza di alcuni tracciati (Sylvester, Pre da Peres) attira turisti a scatola chiusa. Ortisei si avvale delle piste del Seceda e, sul versante opposto, dell’altopiano della Seiseralm, cui si accede con una funivia, mentre il collegamento fra i due settori è facilitato da un tunnel con tappeto mobile; ma il collegamento tra il Seceda e Santa Cristina e dunque col circuito che si sviluppa attorno al Massiccio del Sella presenta ancora un hiatus, che non consente di sfruttarlo appieno. La Plose, infine, è un “panettone” simile al Kronplatz che domina Bressanone, ma con minori infrastrutture e piste e un innevamento di solito più contenuto. Trasporti, accessibilità e sentieristica Molto buona, come nel vicino Trentino, l’accessibilità stradale e ferroviaria, specialmente dopo la recente realizzazione dell’autostrada gratuita BolzanoMerano e della circonvallazione di Brunico, mentre 44 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 P/h 48.270 63.441 49.421 35.520 15.145 16.374 13.080 14.323 Impianti 23 48 41 29 18 18 9 8 P/h/imp. 2.099 1.322 1.205 1.225 1.808 910 1.453 1.790 sono in corso importanti lavori di ammodernamento della ferrovia della Val Venosta. Restano difficili da raggiungere, d’inverno e dall’Italia, Trafoi e Sulden ai piedi dell’Ortles, per la chiusura del Passo dello Stelvio. Crescenti problemi di inquinamento da traffico presenta la Pusteria, attraversata da intensi flussi sia di carattere turistico che commerciale (autoarticolati), per ovviare ai quali occorrerebbe raddoppiare e rettificare la ferrovia Lienz-Fortezza. In compenso, sta per essere realizzato un progetto per la costruzione di un lungo tunnel ferroviario di base sotto il Brennero, da Bressanone a Innsbruck, che risolverebbe molti problemi per i comuni della media Valle Isarco. I sentieri hanno uno sviluppo capillare e sono generalmente ben curati e segnalati, in particolar modo nell’area dolomitica e nella Venosta, meno attorno a Bolzano (ad es. la zona del Monte Titschen). Per quanto riguarda la segnaletica, i sentieri curati dal Cai utilizzano una doppia toponomastica, dando la precedenza ai toponimi italianizzati introdotti dal Tolomei col Prontuario del 1935 e ufficializzati nel 1940, quelli di competenza dell’Avs (Alpenverein Südtirol) utilizzano i soli toponimi germanici tradizionali. RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO VENETO Caratteristiche del territorio Nella montagna veneta si può distinguere una fascia esterna, prealpina, estesa dal veronese al trevigiano e comprendente il Baldo (2.218 m), i Lessini (1.975 m), l’Altopiano di Asiago o dei Sette Comuni, il Grappa e l’Altopiano del Cansiglio; e una più interna, coestensiva con la Provincia di Belluno, estesa all’incirca come la Valle d’AostaVallée d’Aoste e la Valtellina e comprendente le Dolomiti orientali e le Vette Feltrine. L’Altopiano di Asiago è ben delimitato dai corsi del Brenta e dell’Àstico, mentre i Lessini sono solcati da vari corsi d’acqua grosso modo paralleli e con direzione nord-sud, detti progni o vai, che scorrono profondamente incassati. La Provincia di Belluno è attraversata in tutta la sua lunghezza dal Piave, le cui sorgenti si situano presso Sappada, suggestiva stazione allungata sul fondovalle prativo come una piccola Livigno. Si suddivide in quattro principali regioni turistiche, e cioè l’Agordino-Zoldano, corrispondente ai bacini del Cordevole e del Maé, il Cadore con l’Ampezzano, solcati dal Piave e dal Boite, il Comèlico (con Sappada), nell’alto bacino del Piave e dell’affluente Pàdola, e il feltrino, che con la Val Belluna è la parte turisticamente meno sviluppata (ma non per questo meno suggestiva). Il bellunese conta alcuni “3000” tra i più fotografati delle Dolomiti, come il Pelmo, simile a un gigantesco trono di pietra, il Civetta, scenografica 6 quinta a canne d’organo, il Cristallo, il Sorapis (inscindibile dal Lago di Misurina) e le Tre Cime di Lavaredo. I principali laghi naturali, oltre alla porzione veronese del Garda (interessata però da un turismo solo in piccola parte montano) sono quello di Alleghe, sovrastato dalla mole gigantesca del Civetta, e quelli pedemontani di Revine, nel trevigiano. Il clima, particolarmente asciutto e salubre nell’Altopiano di Asiago e nella conca di Cortina (che però risente ormai dei problemi del traffico urbano) è più freddo all’estremità nordorientale della provincia (Sappada e Comelico). Risorse e pianificazione territoriale La maggiore risorsa della montagna veneta è costituita dall’incomparabile conca di Cortina d’Ampezzo (1.230 m), che presenta condizioni ideali per la villeggiatura estiva e molto buone per gli sport invernali: i maestosi massicci dolomitici che la incorniciano (Tofane, Pomagagnòn, Cristallo, Croda da Lago, Nuvolau) sono infatti sufficientemente distanziati dal centro abitato da non sminuirne il soleggiamento. Tutta la parte settentrionale del comune è ammantata da fitti boschi di conifere, rimasti immuni dalla speculazione edilizia grazie all’istituzione delle Regole di Ampezzo, consorzio di tipo privato costituito da famiglie originarie del luogo. Il centro urbano ha assunto dimensioni ragguardevoli e conta 6.500 Tabella 6.1 Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998 Popolazione nel territorio montano. Anno 1998 Letti alberghieri. Anno 1999 Letti extra-alberghieri (inclusi appartamenti e seconde case) Presenze alberghiere. Anno 1999 Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case) Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓) 1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante) 2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq) 3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%) Numero impianti di risalita Portata degli impianti (persone/ora) Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq) 6.341 621.250 26.762 415.000 2.770.000 16.909.000 = 4,5 436,8 3.103 53.071 8,4 321 263.520 41,5 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 45 UN’ANALISI REGIONALE Tabella 6.2 Principali stazioni montane (in base a presenze alberghiere e complessive, 1999) Comune Pres.alb. % str. Cortina d’Ampezzo 552.099 20 Livinallongo (Arabba) 205.326 45 Falcade 166.715 7 Borca di Cadore 134.662 .. Rocca Pietore 131.279 15 Alleghe 129.119 .. *Valori stimati; % str.: percentuale di presenze straniere Letti alb. 4.834 1.421 1.340 1.493 1.180 911 Comune Cortina d’Ampezzo Roana Asiago Gallio Bosco Chiesanuova Auronzo di Cadore Tot.Pres.* 1.770.000 1.100.000 800.000 740.000 650.000 510.000 Tot.letti * 25.000 24.500 17.000 16.000 14.500 10.000 Tabella 6.3 Principali bacini sciabili (in base alla capacità di elevazione degli impianti di risalita, in persone/ora per metro di dislivello) Comprensori e stazioni Arabba-Malga Ciapela Cortina d’Ampezzo Alleghe-Valzoldana (“Civetta”) Falcade-Valles-S. Pellegrino (“Tre Valli”) P/h/m 12.852.551 10.195.533 8.329.885 7.643.360 residenti (contro 8.500 di vent’anni fa), ma – a parte qualche brutto episodio di urbanistica presso l’ex stazione ferroviaria – presenta nel complesso un aspetto gradevole, con costruzioni poco sviluppate in altezza anche nella zona centrale, tetti a spioventi ben inclinati e largo uso del legno. Il secondo, importante polo di attrazione invernale è Arabba, che assieme a Corvara è l’anello privilegiato dello ski-tour del Sella Ronda. Ma la provincia di Belluno conta soprattutto un gran numero di stazioni a prevalente frequentazione estiva, come Auronzo, con la frazione di Misurina e la bella Foresta di Somadida, la fascia del Centro Cadore da Pieve a Lozzo, il Comelico, Sappada e la stessa Falcade, senza contare poi Cortina e la teoria dei comuni cadorini lungo la Valle del Boite, da San Vito a Borca e a Vodo. Belluno ha nel Nevegàl, a 13 km dal centro cittadino, un’importante frazione frequentata per villeggiatura e sport invernali. La Val Visdende, tra Sappada e S. Stefano di Cadore, è uno dei siti naturalistici più intatti e affascinanti di tutte le Alpi orientali e il paese di Zoppé, nello Zoldano, ai piedi del Pelmo, è forse il più fotografato nella pubblicistica turistica della montagna veneta, ma – incredibilmente – è del tutto privo di alberghi. Nel vicentino, l’Altopiano dei Sette Comuni ha assunto rinomanza internazionale per lo sci nordico, con circa 500 km di piste battute, ed è ben attrezzato 46 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 P/h 33.908 41.234 29.030 28.401 Impianti 29 34 27 25 P/h/imp. 1.169 1.213 1.075 1.136 anche per lo sci alpino, ma deve fare i conti con un’eccessiva urbanizzazione legata alla seconda casa, che ha interessato Asiago, Roana e Gallio; più a ovest, nei Lessini, si situa la stazione estivoinvernale di Bosco Chiesanuova, pure ad alta intensità di seconde case. Altri motivi di attrazione della montagna veneta sono costituiti dalle terme di Recoaro, dai centri storici di Belluno, Feltre Vittorio Veneto e dalla città pedemontana di Bassano, da monumenti e memoriali della prima guerra mondiale (Grappa, Asiago, Ortigara, Pasubio), dalla mole sinistra della diga del Vajont, dai tornanti e dalle gallerie di quel miracolo di ingegneria che è la strada del Passo di San Boldo, nel trevigiano, dai fossili dei Lessini, ove si localizza anche la minoranza linguistica dei Cimbri. Nell’aprile del 1990, la regione Veneto ha pubblicato il Piano Neve, interessante lavoro condotto con scrupolo scientifico nel quale si stabiliscono soglie massime di carico dei bacini sciabili, si censiscono gli impianti di risalita esistenti, si passano al vaglio ipotesi di collegamenti intervallivi e si auspica la valorizzazione della conca di Sappada, che presenta gruppi di impianti fra loro non collegati. Anche alcuni laghi artificiali hanno ormai un certo peso turistico: ad es. quello di S. Caterina sul Torrente Ansiei, ormai inseparabile dall’immagine di Auronzo e frequentato per bagni e sport nautici, che hanno valso ad RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO Auronzo l’appellativo di “spiaggia delle Alpi”; il Lago di Pieve di Cadore e quello molto esteso di Santa Croce, presso la Sella di Fadalto, pure frequentato per gli sport nautici. Ricettività, presenze, impianti di risalita Il Veneto si colloca al secondo posto, dopo il Trentino-Alto Adige/Südtirol, per ricettività e presenze alberghiere nelle località montane, al terzo – preceduto dalla Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste – per gli indicatori di intensità turistica, e al quarto per quanto concerne il movimento complessivo, dopo Trentino-Alto Adige Südtirol, Piemonte e Lombardia, le ultime due proiettate al vertice dalla massiccia presenza di seconde case. Pur se lontano dal poco invidiabile primato di Piemonte e Lombardia, comunque, il Veneto non è stato certo risparmiato dalla speculazione edilizia, poiché i 415.000 letti extra-alberghieri costituiscono comunque un apparato ricettivo di notevole entità. Va detto però che il fenomeno della seconda casa è molto più concentrato, interessando soprattutto l’Altopiano di Asiago, Bosco Chiesanuova, Cortina e Auronzo e risparmiando gran parte del bellu- nese, che costituisce l’ossatura del turismo montano regionale. L’andamento delle presenze per lo più ristagna negli ultimi anni, con qualche buona performance locale (Asiago). La superficie destinata a parchi ha un’incidenza minore rispetto alle altre regioni alpine finora analizzate, compresa la Liguria, e la modesta portata oraria per impianto (821 p/h) riflette lo squilibrio esistente fra le principali stazioni e le altre località, rimaste ferme alle esigenze dello sciatore “fine anni 70” e poco concorrenziali sull’attuale mercato turistico invernale. Cortina d’Ampezzo è di gran lunga il comune più frequentato per presenze alberghiere e non, ma da diversi anni il secondo posto per il movimento alberghiero è stabilmente occupato da Livinallongo grazie alla frazione Arabba, che ha saputo capovolgere a proprio vantaggio condizioni geografiche un tempo considerate sfavorevoli (clima freddo, scarsa vegetazione arborea, posizione ai piedi di valichi soggetti a temporanea chiusura invernale o comunque percorribili con difficoltà) in prerogative ottimali per lo sci moderno. Un discreto sviluppo ha recentemente interessato anche Falcade e Rocca Piètore, che si sono inserite la RIVISTA del TURISMO 2/2002 47 UN’ANALISI REGIONALE per sfruttare il “carosello” del Sella Ronda, e che ha ricevuto nuovo impulso dalla recente unione tariffaria con il comprensorio di Malga CiapelaMarmolada, col quale era da tempo collegata. Il comprensorio del Civetta raggruppa i comuni di Alleghe, Zoldo Alto e Selva di Cadore e offre panorami suggestivi e belle piste, ma anche un collegamento faticoso fra Pecol di Zoldo e Alleghe. Il comprensorio delle “Tre Valli” (FalcadePasso San Pellegrino-Passo Valles) si sviluppa fino a quote piuttosto elevate per le Dolomiti (circa 2.600 m) e ha in Falcade (1.150 m) una stazione estivo-invernale molto gradevole, in una conca soleggiata e ammantata di boschi di conifere. Cortina d’Ampezzo, comunque, al di là delle minori opportunità che offre rispetto ad Arabba e dello spezzettamento del comprensorio in due o tre segmenti, è l’indiscussa “regina delle Dolomiti”, per gli scenari montani, la qualità delle piste, l’atmosfera a un tempo cosmopolita e sfarzosa che si respira negli chalet in quota e nelle ore del “dopo sci”, scandite da irrinunciabili “pellegrinaggi” in caffè e punti di incontro di antica tradizione. Trasporti, accessibilità e sentieristica davanti a una stazione tradizionale a prevalente frequentazione estiva come Auronzo (124.000 presenze alberghiere), mentre Borca deve l’elevato numero di presenze al complesso residenzialealberghiero di Corte, promosso negli anni 60 dall’Eni. Asiago (107.000 presenze nel 2000) e i comuni dell’altopiano hanno recentemente invertito la tendenza al lento declino delle presenze, mentre Sappada e Zoldo Alto registrano un numero di presenze – circa 61.000 – inferiore alle effettive potenzialità. Per quanto concerne ricettività e presenze extra-alberghiere (stimate), Cortina è seguita da tre comuni dell’Altopiano di Asiago, e cioè Roana – che con le frazioni di Cesuna, Canove, Tresché Conca conta oltre 20.000 letti in seconde case – la stessa Asiago e Gallio, nonché Bosco Chiesanuova, molto frequentata dai veronesi nei fine settimana. La principale stazione di sport invernali, come si è detto, non è Cortina ma Arabba, che assieme a Corvara è situata nella posizione più favorevole 48 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 I problemi al centro dei dibattiti su viabilità e trasporti sono il completamento dell’Autostrada della Valdastico fino a Trento, la realizzazione di una pedemontana da Vicenza a Conegliano-Treviso e il proseguimento dell’Autostrada di Alemagna da Ponte nelle Alpi alla Pusteria attraverso Cortina. Di tali progetti, solo l’ultimo contribuirebbe a migliorare l’accessibilità di parte delle Dolomiti bellunesi, ma a danno di un paesaggio che è uno dei punti di forza della montagna veneta, onde la ferma opposizione del Comune di Cortina. Certo è che non si rimpiangerà mai abbastanza la ferrovia Calalzo-Cortina-Dobbiaco, dismessa negli anni 60 e poi assurdamente smantellata, che oggi costituirebbe una valida alternativa alle code che ogni fine settimana trasformano in un calvario la Valle del Boite. Quanto ai sentieri, interessanti percorsi in ambiente grandioso si sviluppano nel Parco nazionale delle Dolomiti bellunesi, nel versante agordino delle Pale di S. Martino, nella selvaggia Val Travenanzes presso Cortina e tra gli spazi luminosi e sconfinati dell’Altopiano di Asiago, sempre più frequentati dagli appassionati della mountain bike per il gran numero di strade militari ad alta quota; ma non vanno sottovalutate le suggestioni di alcuni siti meno noti ai più, come la Val Visdende e più in generale il Comelico o la conca di Campogrosso, fra Pasubio e Lessini. RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO FRIULI-VENEZIA GIULIA Caratteristiche del territorio Nonostante l’altitudine non particolarmente elevata (Cogliàns 2.780 m, Montasio 2.753 m), le Alpi Carniche e Giulie hanno una morfologia molto aspra, un clima freddo e piovoso, una vegetazione che anche a quote inferiori a 1.000 m può presentare i caratteri tipici della media e alta montagna. Le Prealpi pordenonesi, dalla confluenza del Torrente Arzino nel Tagliamento allo spartiacque col Piave, possiedono se possibile un aspetto ancora più aspro e selvaggio, con valloni profondamente incassati fra ghiaioni calcarei e comunicazioni difficili: gli unici valichi sono costituiti dal S. Osvaldo, nella zona del Vajont, e dal Rest, fra Val Tramontina e Valle del Tagliamento, generalmente chiuso d’inverno nonostante superi appena i 1.000 m. I principali assi di comunicazione della montagna friulana si diramano a ventaglio da Tolmezzo: a nord-ovest la Valle del Fella (o Canale del Ferro), che conduce al valico di Camporosso (817 m), tra praterie e magnifiche foreste di conifere, oltre il quale Tarvis/Tarvisio è già nel bacino della Drava; a nord la Valle del But (o Canale di S. Pietro), che attraverso l’alpestre Passo di Monte Croce Carnico (1.380 m) comunica con Mauthen e quindi con Lienz; a ovest la più ampia Valle del Tagliamento, che attraverso il Passo 7 della Màuria (1.295 m) si collega al bacino del Piave (Centro Cadore). La Carnia è ricca di paesaggi montani molto suggestivi, con massicci calcarei come la Crìdola, il Canìn, il Màngart, che nulla hanno da invidiare a più celebri vette dolomitiche, e lo stesso pordenonese ha nel Campanile di Val Montanaia una delle vette più ardite e spettacolari delle Alpi orientali; ma i pendii sono troppo acclivi per un adeguato sviluppo dello sci alpino e l’estate è spesso troppo piovosa per uno sviluppo in grande stile della villeggiatura, mentre solo il tarvisiano sembra in grado di attrarre consistenti flussi di fondisti. Risorse e pianificazione territoriale Le risorse turistiche della montagna friulana si concentrano nella Càrnia e al Piancavallo, presso Aviano: qui si localizzano le maggiori località invernali ed estive (lo stesso Piancavallo, Forni di Sopra, Ravascletto, Tarvisio), la stazione termale e montana di Arta, alcuni siti di eccezionale interesse naturalistico e paesaggistico come i Laghi di Weissenfels (o Fusìne) e le foreste del tarvisiano, che albergano alcune decine di orsi. Le attrattive di ordine culturale – peraltro difficilmente scindibili dal contesto del turismo montano – sono costituite dalle architetture rurali della Val Pesarina e quelle del comune Tabella 7.1 Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale Superficie del territorio montano (kmq). Anno 2000 Popolazione nel territorio montano. Anno 2000 Letti alberghieri. Anno 1999 Letti extra-alberghieri (inclusi appartamenti e seconde case) Presenze alberghiere. Anno 2000 Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case) Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓) 1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante) 2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq) 3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%) Numero impianti di risalita Portata degli impianti (persone/ora) Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq) 3.832 133.746 7.040 111.000 623.934 4.500.000 ↑ 5,0 162,8 1.337 48.300 12,6 62 55.391 14,5 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 49 UN’ANALISI REGIONALE di Sauris, abitato da una minoranza di lingua e cultura tedesca, le rovine romane di Zuglio, il centro storico di Gemona e il borgo medievale di Venzone, semidistrutti però dal terremoto del 1976 e successivamente ricostruiti; più in generale, è il connubio fra praterie e boschi smeraldini e lindi villaggi dalle architetture insolite a esercitare particolare fascino e attrazione. La Regione Friuli, attraverso la Promotour, mantiene il controllo degli impianti di risalita e pianifica lo sviluppo del turismo: ci si propone ad es. di promuovere il tarvisiano non come area a se stante, ma in associazione con la slovena Kranjska Gora e l’austriaca Arnoldstein, sfruttando la singolare combinazione del contatto fra tre paesi di diversa lingua e cultura, ove potrebbero svilupparsi soprattutto lo sci nordico e il salto dal trampolino, ma anche lo sci alpino purché si provveda a completare il circuito del Lussari. Il vecchio progetto di collegare Pontebba – che intanto è stata dotata di un Palazzo del ghiaccio – col Passo del Pramollo e le piste della stazione austriaca di Naßfeld sembra invece di difficile attuazione, anche perché finirebbe con lo svantaggiare le stazioni friulane. con le altre regioni del Norditalia, esclusa ovviamente la Liguria; ma mostra anche che con circa 6.500 letti e 700.000 presenze alberghiere il turismo montano sia tutt’altro che irrilevante, tanto più che le presenze generate dai 110.000 letti extra-alberghieri sono oltre 4 milioni. I parchi regionali delle Dolomiti friulane (Val Cellina, Val Tramontina, alto Tagliamento) e delle Prealpi Giulie assicurano già un buon valore dell’indicatore delle aree montane protette, cui si potrebbero aggiungere l’areaparco demaniale del Prescùdin (1.650 ha) e le Foreste di Tarvisio e Weissenfels-Fusìne, per molti aspetti assimilabili a parchi attrezzati. Gli impianti di risalita sono una settantina, con un indicatore di intensità per kmq decisamente moderato. La principale stazione montana del Friuli è Tarvisio, l’unica a superare la soglia delle 100.000 presenze alberghiere, in uno scenario di praterie e fitte foreste di abete rosso. Ad essa segue Piancavallo (1.100 m), caratterizzata da una maggiore incidenza del turismo straniero e prima per importanza se si considera il complesso degli esercizi ricettivi, comprendenti anche le seconde case. Tutte le località sono comunque ancora lontane dalla soglia non eccelsa dei 1.000 letti alberghieri, anche se negli ultimi anni Forni di So- Ricettività, presenze, impianti di risalita La Tab. 7.1 rivela chiaramente come il Friuli non possa competere per il turismo montano Tabella 7.2 Principali stazioni montane (in base a presenze alberghiere e complessive, 2000) Comune Pres.alb. % str. Tarvisio/Tarvis 108.316 19,0 Aviano (Piancavallo) 92.491 37,3 Arta Terme 62.858 17,4 Forni di Sopra 53.746 5,9 Ravascletto 30.845 25,0 * Valori stimati; % str.: percentuale di presenze straniere Letti alb. 748 716 794 724 374 Comune Aviano (Piancavallo) Tarvisio/Tarvis Forni di Sopra Arta Terme Chiusaforte (Sella Nevea) Tot.Pres.* 556.000 360.000 260.000 180.000 180.000 Tot.letti * 11.300 4.900 5.400 3.700 3.600 Tabella 7.3 Principali bacini sciabili (in base alla capacità di elevazione degli impianti di risalita, in persone/ora per metro di dislivello) Comprensori e stazioni Ravascletto-Zoncolan Piancavallo Forni di Sopra Camporosso-M. Lussari Tarvisio/Tarvis 50 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 P/h/m 2.660.731 2.531.485 1.706.702 1.684.800 1.057.657 P/h 10.707 12.368 6.868 1.800 5.687 Impianti 11 12 7 1 6 P/h/imp. 973 1.031 981 1.800 948 RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO pra ha registrato un considerevole incremento della capacità ricettiva (+55%). L’andamento delle presenze dal ‘98 al 2000 è comunque di segno positivo un po’ ovunque, a eccezione del Piancavallo con la Val Cellina. Le maggiori stazioni sciistiche, come si può desumere dai bassi valori del P/h/m, hanno una mera importanza regionale. Su tutte prevale Ravascletto con il bacino di Monte Zoncolan, i cui impianti sono stati di recente in parte rinnovati, ma si deve osservare che Tarvisio assumerebbe un ruolo preminente se fosse collegata “sci-ai-piedi” col Monte Lussàri, attualmente accessibile da Camporosso con la nuova telecabina a 8 posti, che serve la lunga pista “del Prampero” e sostituisce la funivia di arroccamento da Valbruna, attiva in estate. Piancavallo, sorta negli anni 70 su un altopiano carsico e dotata di notevoli attrezzature (ad es. un Palazzo del ghiaccio), è la più importante stazione di sport invernali per numero di impianti e portata oraria e perché sede frequente di competizioni internazionali, anche se il dislivello moderato la penalizza rispetto ad altre località. La nuova stazione di Sella Nevèa, nel comune di Chiusaforte, sembrava destinata a un notevole sviluppo, potendo contare sul piccolo ghiacciaio del Prevàla per lo sci estivo, ma la valanga caduta nel 1975-76 in prossimità del complesso alberghiero sembra aver frenato ogni ambizione. Trasporti, accessibilità e sentieristica Buona è l’accessibilità di Piancavallo, vicinissimo alla pianura pordenonese, e ottima quella di Tarvisio, raggiungibile per autostrada e ferrovia internazionale. Per il resto, le località montane del Friuli, distanti dai grandi bacini italiani di domanda, possono attrarre turisti dall’Austria e dall’Est europeo o da regioni italiane lontane (es.Lazio), offrendo un paesaggio e costumi insoliti. Buoni risultati si potrebbero peraltro raggiungere valorizzando l’inconsueta bellezza di certi scenari montani (Forni di Sopra con la Cridola, i laghi di Weissenfels/ Fusine con il Màngart) o i sentieri del tarvisiano, preparando il turista/escursionista a un possibile incontro con l’orso, anziché perseverare nella linea seguita dall’Azienda Forestale, che quasi tiene sotto silenzio la sua presenza. la RIVISTA del TURISMO 2/2002 51 UN’ANALISI REGIONALE 8 EMILIA-ROMAGNA Caratteristiche del territorio L’Appennino emiliano si allunga per circa 250 km da nord-ovest a sud-est ed è solcato a pettine da numerose vallate parallele e grosso modo perpendicolari alla linea di displuvio con la Liguria e la Toscana. I terreni argillosi sono spesso interessati da forme di erosione (calanchi) e il paesaggio, per le forme arrotondate del rilievo e la scarsa copertura boschiva della parte medio-bassa delle valli, assume una certa monotonia, qua e là interrotta da cime singolari, come il trapezio roccioso della Pietra di Bismàntova (Reggio Emilia). Numerosi, ma relativamente elevati (1.000-1.500 m: Abetone, Radici, Cerreto, Cisa) e faticosi i valichi che superano lo spartiacque ligure-tirrenico nella se- zione nord-occidentale. Le quote dei passi si abbassano nel bolognese, ma superano di nuovo i 1.000 m nel forlivese (La Calla, Mandrioli); anche nelle sezioni più depresse, del resto, mancano strade di valico che seguano itinerari poco tortuosi e utilizzino comodi solchi vallivi, ad eccezione della Porrettana fra Bologna e Pistoia e ovviamente delle autostrade del Sole e della Cisa. L’Appennino emiliano conta tre cime superiori ai 2.000 m (Cimone – 2.163 m – Cusna, Alpe di Succiso) e qualche piccolo, pittoresco specchio d’acqua di origine glaciale, come il Lago Santo modenese e parmense, il Lago del Cerreto e il Lago Scaffaiolo, quest’ultimo a 1.800 m di quota, ai piedi del Corno alle Scale. Tabella 8.1 Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998 Popolazione nel territorio montano. Anno 1998 Letti alberghieri. Anno 1999 Letti extra-alberghieri (inclusi appartamenti e seconde case) Presenze alberghiere. Anno 1999 Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case) Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓) 1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante) 2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq) 3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%) Numero impianti di risalita Portata degli impianti (persone/ora) Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq) 6.647 241.665 16.979 428.000 960.000 16.000.000 = 4 144,4 2.552 82.920 12,9 84 70.092 10,5 Tabella 8.2 Principali stazioni montane (in base a presenze alberghiere e complessive, 1999) Comune Pres.alb. % str. Porretta Terme 122.026 4,0 Lizzano in Belvedere 85.607 4,2 Sestola 81.160 4,5 Fiumalbo 45.427 4,5 Fanano 40.000 * .. Collagna 38.628 7,0 * Valori stimati; % str.: percentuale di presenze straniere 52 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 Letti alb. 1.436 1.433 1.048 595 590 381 Comune Lizzano in Belvedere Sestola Serramazzoni Zocca Fanano Pievepelago Tot.Pres.* 670.000 540.000 480.000 425.000 410.000 370.000 Tot.letti * 16.000 12.000 12.300 11.500 10.000 9.800 RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO Tabella 8.3 Principali bacini sciabili (in base alla capacità di elevazione degli impianti di risalita, in persone/ora per metro di dislivello) Comprensori e stazioni P/h/m Cimone 4.642.904 * Corno alle Scale 2.010.446 Cerreto Laghi 1.305.532 Febbio-Cusna 2000 1.248.033 * Compresa la seggiovia Sestola-Pian del Falco, separata dal resto del comprensorio Risorse e pianificazione territoriale Villeggiatura estiva – tradizionale o in strutture agrituristiche – e sport invernali costituiscono le principali risorse della montagna emiliano-romagnola, cui si può aggiungere l’opportunità di usufruire delle fonti termali di Porretta e Bagno di Romagna. Le risorse di tipo naturalistico hanno la loro punta di diamante nella Foresta di Campigna, nell’alta valle del Bidente, inclusa nel Parco nazionale delle Foreste Casentinesi. Vari Parchi regionali sono stati istituiti nell’Alto Appennino Reggiano e Modenese, al Corno alle Scale e in Alta Val Parma e Cedra, quest’ultimo con ben 19 laghi di origine glaciale e cime come il Sillara e l’Orsaro. La cittadina di Bobbio (272 m) offre qualche possibilità di turismo invernale al Passo del Pénice (1.143 m) e possiede interessanti monumenti come lo storico Monastero di S. Colombano, il duomo e il ponte romano sul Trebbia. Altri fattori di attrazione culturale (peraltro non numerosi) sono le rovine romane di Velleia, ancora nel Piacentino, e alcuni castelli (Bardi, Canossa). L’Appennino piacentino attende ancora di essere valorizzato da un turismo non legato alla seconda casa e può offrire inaspettate suggestioni, come il nido d’aquila di Brugnello, antico borgo a picco sul Trebbia, e il villaggio di Tartago in Val Borreca, tra Ottone e Zerba. La nuova stazione sorta alla fine degli anni 60 al Lago del Cerreto, presso il passo omonimo (comune di Collegna), si è sviluppata al di fuori di ogni pianificazione, con immobili di vario stile e qualità, talora fuori scala rispetto al contesto montano nel quale sono inseriti. Ricettività, presenze, impianti di risalita La montagna emiliana ha un’estensione ragguardevole (6.400 kmq), paragonabile a quella del Veneto e della Lombardia, ma conta una popolazione decisamente inferiore, anche perché non comprende comuni pedemontani. La ricettività alberghiera – 16.600 letti – può definirsi consistente per una regione appenninica, ma quella ex- P/h 24.932 10.630 5.149 3.828 Impianti 23 8 6 5 P/h/imp. 1.084 1.329 858 766 tra-alberghiera è di ben 25 volte superiore, dato il gran numero di seconde case esistenti soprattutto nel modenese e nel bolognese. Per quanto concerne le presenze, fra l’altro, l’Emilia è preceduta negli Appennini soltanto dall’Abruzzo. Gli indicatori di intensità turistica sono un po’ meno elevati rispetto al Veneto, ad eccezione del rapporto fra presenze alberghiere e popolazione residente. Le maggiori stazioni montane dell’Emilia – a parte Porretta e Bagno di Romagna, in cui la funzione termale prevale su quella di villeggiatura montana – sono Lizzano in Belvedere e Sestola, cioè le principali stazioni di sport invernali, la prima col complesso del Corno alle Scale, la seconda con quello del Cimone. Anche le altre località si avvalgono di importanti bacini sciabili: Fiumalbo è una dependance dell’Abetone, Fanano afferisce al comprensorio del Cimone e Collagna include nel proprio territorio il Passo e il Lago del Cerreto. In tutte queste località, comunque, il semestre estivo prevale ancora su quello invernale. Per quanto riguarda la capacità ricettiva e le presenze alberghiere ed extra-alberghiere, Lizzano prevale nettamente, con migliaia di letti in seconde case distribuiti anche nelle frazioni di Vidiciatico, Monteacuto e Madonna dell’Acero, quest’ultima in prossimità del Corno alle Scale; ma tra le primissime località si inseriscono anche centri di villeggiatura estiva come Serramazzoni e Zocca, molto vicini a Modena, e Pievepelago frequentata d’estate per l’amenità del sito e la qualità dei servizi, d’inverno per la vicinanza alle stazioni del Cimone e dell’Abetone e perché include nel proprio territorio la piccola stazione di Sant’Anna Pelago. Principale bacino sciabile è di gran lunga il Cimone, massiccio spartito fra i comuni di Sestola, Fanano, Montecreto e Riolunato, che assieme all’Abetone offre le migliori opportunità sciistiche dell’Appennino dopo il comprensorio abruzzese di Roccaraso-Rivisondoli. Difettoso è però il collegamento di Sèstola col fulcro del bacino sciabile, che – chiusa al traffico la la RIVISTA del TURISMO 2/2002 53 UN’ANALISI REGIONALE carrozzabile per motivi ambientali – si effettua con skibus da Pian del Falco a Pian Cavallaro. Buono è il grado di modernità degli impianti, la cui portata media supererebbe le 1.000 p/h se si escludesse dal computo la vecchia funivia di arroccamento di Pian del Lupo. Il Corno alle Scale, già palestra di Alberto Tomba, ha una portata media per impianto ancora più elevata e piste che si dipanano attorno al suggestivo e alpestre Lago Scaffaiolo, e a montagne come il Cupolino, che sembrano più elevate dei 1.853 m di quota reale. Cerreto-Laghi – dotata di un Palazzo del ghiaccio – conta vari impianti paralleli che risalgono lo stesso pendio e poche piste, per lo più impegnative, che danno la suggestiva sensazione di finire a picco nel lago spesso ghiacciato, mentre alla stazione del Cusna (Febbio) spetta il primato dell’impianto più alto dell’Appennino settentrionale (2.063 m). Trasporti, accessibilità e sentieristica L’accessibilità dell’Appennino emiliano, come si diceva, è in sostanza mediocre e le sue località montane si prestano ad attrarre turisti soprattutto dalla sottostante pianura e da qualche provincia limitrofa della Lombardia (Cremona, Mantova) e 9 TOSCANA Caratteristiche del territorio Il crinale che separa la Toscana dall’Emilia si mantiene a quote relativamente elevate (1.700 m o più) dal Passo della Cisa all’alta Valle del Reno, superando anche la soglia dei 2.000 m col Monte Prato, in alta Garfagnana. A est del Reno, invece, i 1.500 m sono superati solo dai massicci del Pratomagno e del Falterona. A sud-est si erge isolato l’antico cono vulcanico dell’Amiata (1.738 m), e a nord-ovest, parallela allo spartiacque tirrenico-padano, si staglia l’aspra catena delle Alpi Apuane (M. Pisanino, 1.945 m), nota per l’elevata piovosità, con pareti dirupate sul versante marittimo e pendii un po’ meno acclivi e più boscosi su quello della Garfagnana. Questa regione storica, corrispondente all’alta Valle del Serchio, è con la Lunigiana, il Mugello e il Casentino una delle caratteristiche conche intermontane della Toscana, che presentano prerogative favorevoli per il turismo estivo. Il clima è quasi ovunque meno freddo, a parità di quota, rispetto alle limitrofe zone dell’Emilia, anche se 54 dalla Toscana. La località meglio servita è Berceto, animato centro di turismo estivo del parmense a 800 m di quota, dotato di apposito casello lungo l’autostrada della Cisa. Condizioni simili presenta Castiglione de’ Pepoli (Bologna), servito dall’Autostrada del Sole (Pian del Voglio), mentre l’accessibilità di Bobbio è buona solo da Piacenza. Di notevole interesse naturalistico e paesaggistico sono i sentieri che si sviluppano nel Parco di CampignaMonte Falterona (Comune di S. Sofia), in alta Valle Nure (Monte Ragola) e sul crinale dal Libro Aperto al Lago Scaffaiolo, immortalato da alcune scene indimenticabili del film di Pupi Avati Una gita scolastica. Da segnalare la recente valorizzazione ad opera della Provincia di Forlì-Cesena della “Via dei Romei” attraverso il Valico di Verghereto e di altre attrattive localizzate nel medesimo comune (sorgenti del Tevere, Eremo di San Alberico, praterie delle Balze). Alcuni comuni dell’Appennino bolognese (Loiano, Monzuno, Monghidoro – il più alto della provincia –), tradizionali stazioni estive a carattere familiare, stanno assumendo crescente importanza come centri residenziali al margine dell’area metropolitana di Bologna e registrano negli ultimi anni cospicui incrementi di popolazione. la RIVISTA del TURISMO 2/2002 nei fondovalle delle conche intermontane, specialmente nel Casentino, si possono raggiungere d’inverno minime molto basse. In compenso, località site a 600 m di quota nel sud della regione, se in zone poco boscate, presentano d’estate temperature già troppo elevate per qualificarsi come centri di villeggiatura montana. Risorse e pianificazione territoriale Il turismo montano della Toscana – eccettuata la stazione invernale ed estiva dell’Abetone e in parte Montepiano, in alta Val Bisenzio – non si può scindere dal fattore di attrazione costituito dalla cultura, elemento-cardine dell’immagine turistica della regione in Italia e nel mondo intero. Bagni di Lucca, Barga e gli innumerevoli villaggi della Garfagnana, Cutigliano e Gavinana nel pistoiese, Scarperìa e San Godenzo nel Mugello, Vallombrosa-Saltino e la Consuma nel Pratomagno, Poppi, Bibbiena e Badia Prataglia nel Casentino, Santa Fiora, Abbadia S. Salvatore e Piancastagnaio nell’Amiata, sono tutte località RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO Tabella 9.1 Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998 Popolazione nel territorio montano. Anno 1998 Letti alberghieri. Anno 1999 Letti extra-alberghieri (inclusi appartamenti e seconde case) Presenze alberghiere. Anno 1999 Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case) Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓) 1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante) 2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq) 3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%) Numero impianti di risalita Portata degli impianti (persone/ora) Indicatore di intensità degli impianti di risalita (persone/ora/kmq) che possiedono vari elementi di interesse artistico-culturale o che possono essere scelte come base – approfittando del sito, delle condizioni climatiche e della cornice montana – per visitare altri centri storici situati nei dintorni. Difetta qua e là – ad es. in Lunigiana, in alta Garfagnana e nella cosiddetta “Svizzera Pesciatina”, a nord di Pescia – la ricettività alberghiera ed extra-alberghiera commerciabile, il che non permette di valorizzare appieno le potenzialità del territorio. Alcune stazioni estive di antica tradizione – come Pracchia e il Passo della Collina nel comune di Pistoia, o Vallombrosa-Saltino nel Pratomagno – sono un po’ decadute negli ultimi decenni, di pari passo col declino della villeggiatura estiva in siti troppo appartati dalle principali vie di comunicazione, poco animati e senza possibilità di attrarre nella stagione invernale. Per quanto riguarda lo sci alpino, le migliori opportunità si concentrano all’Abetone e in minor misura all’Amiata (più esposto però a venti marini e sciroccali). Altri motivi di attrazione sono offerti dalle fonti termali di Bagni di Lucca, Equi (Massa) e Bagni San Filippo (Siena) e dai fenomeni ipogei della Grotta del Vento, sul versante garfagnino delle Apuane. Il movimento registrato da alcuni comuni fisicamente montani ma con caratteristiche di città d’arte, come Cortona, Montepulciano o Sansepolcro, non è stato computato tra le località montane; in compenso, sfuggono al rilevamento minuscole stazioni come Castelpoggio (Carrara), Antona (Massa) e l’Alpe di Poti (Arezzo), frazioni di comuni non montani. 7.871 473.792 13.835 300.000 700.000 11.980.000 ↑ 1,5 88,9 1.611 40.368 5,3 64 44.117 5,6 Ricettività, presenze, impianti di risalita La montagna toscana ha un’estensione superiore a quella dell’Emilia-Romagna e una popolazione quasi doppia, anche a causa dell’inclusione di popolosi comuni pedemontani come Pistoia e Pescia. Tuttavia, la loro ricettività e quella di altre città d’arte e cultura situate nell’interno (es. Montepulciano) non è qui computata ai fini del turismo montano, ad eccezione dei letti eventualmente esistenti in frazioni propriamente montane situate nel territorio comunale (es. Pòrtole per Cortona, Pracchia per Pistoia). Rispetto alla vicina Emilia – con la quale esiste una certa concorrenza per quanto concerne il campo di attrazione dei bacini sciabili – la ricettività alberghiera è inferiore del 20% e quella extra-alberghiera del 30 per cento. Di conseguenza, è meno importante anche il movimento turistico complessivamente registrato, così come sono inferiori gli indicatori di intensità turistica e l’attrezzatura per lo sci alpino (molto bassa, in particolare, è la portata oraria media per impianto). La stazione col maggior numero di presenze (e l’unica tra quelli montani a superare la soglia delle 100.000) è Reggello, cittadina commerciale e industriale che include nel proprio territorio la nota stazione di VallombrosaSaltino, immersa nella celebre foresta di abete bianco e faggio. Segue Barga, che include il centro turistico del Ciocco, ma attrae anche per arte e affari; per cui la principale località montana è senz’altro l’Abetone, su un valico a 1.388 m di quota, con circa 82.000 presenze alberghiere in la RIVISTA del TURISMO 2/2002 55 UN’ANALISI REGIONALE aumento dal ‘97, dopo una crisi decennale dovuta allo scarso innevamento e all’inadeguatezza del parco-impianti. Altre importanti località montane sono Abbadia S. Salvatore, frequentata d’inverno per le piste dell’Amiata e d’estate per villeggiatura estiva e turismo culturale, con forte incidenza di stranieri; Cutigliano e S. Marcello, stazioni estive di antica tradizione, la prima con qualche attrezzatura per gli sport invernali (ormai solo alla Doganaccia, dopo la chiusura per fallimento della stazione di Pian di Novello). Il movimento nel complesso degli esercizi vede primeggiare il vasto comune di Firenzuola, nel Mugello, comprendente varie frazioni lungo le strade della Futa (es. Covigliaio) e del Giogo di Scarperia (Rifredo), meta tradizionale di un turismo estivo che si appoggia essenzialmente sulla seconda casa. Lo stesso discorso vale per Marliana, comune disteso sui rilievi fra Montecatini e Pistoia, con numerosi appartamenti e villette nel centro e in alcune frazioni (es. Femminamorta). L’offerta sciistica si riduce in pratica alle stazioni dell’Abetone e dell’Amiata, giacché la già citata Doganaccia ha solo un’antiquata funivia e un paio di sciovie e le altre località – come Zum Zeri in Lunigiana, Caréggine e il Passo delle Radici in Garfagnana – sono solo dei “punti-neve” di rilevanza infraprovinciale. All’Abetone è entrata in funzione da due anni una telecabina a 8 posti ad agganciamento automatico, primo impianto del genere nell’Appennino settentrionale, ma il parco-impianti è ancora inferiore alla fama e ai trascorsi della stazione e i collegamenti fra i tre bacini tra i quali si ripartisce il piccolo comprensorio (Abetone-Regine-Faidello, Val di Luce – ove è sorto in modo più o meno spontaneo un nuovo centro residenziale – e Campolino) sono lenti e talora poco razionali. L’Amiata attrae molti turisti dal Lazio e dall’Umbria, ed è caratterizzata dal fatto di concentrare quasi tutta la capacità ricettiva in un rosario di comuni situati a corona attorno al massiccio. Trasporti, accessibilità e sentieristica Mediocre è l’accessibilità delle stazioni montane della Toscana: l’Amiata è lontano da Firenze e ancor più da Livorno, Badia Prataglia e Camàldoli (Arezzo) sono in capo al mondo per quasi tutti i capoluoghi toscani, l’Abetone è raggiunto da una strada tortuosa e per chi proviene da Viareggio, Pisa o Livorno comporta il totale attraversamento di Lucca, proverbialmente molto lento. Tutto il fondovalle della Garfagnana fino a Piazza al Serchio è raggiungibile da Lucca e Aulla anche a mezzo di una ferrovia a binario unico, mentre è stata smantellata negli anni 60 quella a scartamento ridotto che raggiungeva Gavinana e S. Marcello Pistoiese. Interessanti sentieri anche in ambiente di alta montagna si Tabella 9.2 Principali stazioni montane (in base a presenze alberghiere e complessive, 1999) Comune Reggello-Vallombrosa Barga Abetone Abbadia S. Salvatore Cutigliano S. Marcello Pistoiese Poppi-Badia Prataglia * Valori stimati Pres.alb. 146.638 93.000 81.953 50.000 * 38.507 35.500 32.591 % str. .. 27,6 5,3 .. 4,5 28,8 8,1 Letti alb. 1.078 629 826 764 560 699 601 Comune Firenzuola Abetone Marliana Bagni di Lucca Arcidosso Cutigliano Sambuca Pistoiese Tot.Pres.* 440.000 430.000 380.000 360.000 330.000 325.000 310.000 Tot.letti * 11.000 8.400 9.000 8.700 8.000 7.000 7.800 Tabella 9.3 Principali bacini sciabili (in base alla capacità di elevazione degli impianti di risalita, in persone/ora per metro di dislivello) Comprensori e stazioni Abetone Amiata 56 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 P/h/m 4.837.052 1.417.143 P/h 21.751 9.431 Impianti 27 14 P/h/imp. 806 674 RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO sviluppano nel Massiccio delle Apuane (Comuni di Stazzema, Massa, Careggine, Fabbriche di Vàllico, Vagli), ove da Resceto (480 m) al Passo della Tambura (1.600 m) si può ripercorrere un tratto della storica Via Vandelli. In espansione trekking e mountain-biking tra le morbide ondulazioni del Mugello, con possibilità di abbinare la visita di centri storici a soggiorni in località montane (Rifredo, Ronta, ecc.) ed escursioni fino a 1.000 m di quota. UMBRIA Caratteristiche del territorio Nonostante sia l’unica regione appenninica senza sbocco al mare e in gran parte montuosa, l’Umbria è di solito considerata priva di turismo montano e totalmente caratterizzata da quello artistico-culturale e religioso. I rilievi più elevati si situano a est del solco individuato dalla Val Tiberina e dalla Valle Umbra, e in particolare tra i valichi della Scheggia e di Colfiorito (Monte Cucco; Monte Pennino) e nel bacino del T. Sordo (Comune di Norcia), interessato dalla sezione più elevata dei Sibillini, ove in prossi- 10 mità del Vettore (la cui cima è nelle Marche) si superano i 2.400 m di quota. Ai piedi del Vettore, si distendono i Piani di Castelluccio, il più grande bacino carsico chiuso d’Italia dopo quello del Fucino, a 1.270 m di quota. Da Norcia, la strada di Forca Canapine valica a 1.541 m di quota il sistema costituito dai Sibillini e da un’alta dorsale al confine con la provincia di Rieti. La morfologia del rilievo – la cui roccia calcarea affiora di frequente, senza però mai formare vere pareti rocciose – è caratterizzata da larghe groppe prative moderatamente ondulate. Il clila RIVISTA del TURISMO 2/2002 57 UN’ANALISI REGIONALE Tabella 10.1 Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998 Popolazione nel territorio montano. Anno 1998 Letti alberghieri. Anno 1999 Letti extra-alberghieri (inclusi appartamenti e seconde case) Presenze alberghiere. Anno 1999 Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case) Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓) 1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante) 2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq) 3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%) Numero impianti di risalita Portata degli impianti (persone/ora) Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq) ma di alcune conche intermontane, come quelle di Gubbio e Gualdo Tadino, è di tipo continentale, con minime invernali anche piuttosto basse. Risorse e pianificazione territoriale Le risorse della montagna umbra, come si diceva, consistono soprattutto nelle attrattive artistico-culturali delle città incluse nel territorio montano, come Assisi, Gubbio, Spoleto o Gualdo Tadino, e in quelle religiose, con le testimonianze francescane di Assisi e il Santuario di Santa Rita a Roccaporena di Cascia. Dal lato della natura, si possono menzionare le celebri Fonti del Clitunno, nella Valle Umbra, l’altopiano carsico di Colfiorito (Foligno) e quello di Castelluccio (Norcia), sperduto villaggio a 1.450 m di quota, la Grotta di Monte Cucco, quinta nel mondo per profondità, il Lago di Piediluco e la Cascata delle Marmore, incluse nel comune di Terni e dunque al margine del territorio propriamente montano. Principali località di turismo montano (dotate anche di importanti risorse artistico-culturali) sono 4.205 282.243 3.575 58.800 360.000 2.235.000 ↑ 1,3 85,6 617 42.072 10,0 4 2.190 0,5 Norcia, Cascia e Nocera Umbra, cui si può aggiungere Acquasparta (Terni) e qualche centro minore come Sellano e Monteleone di Spoleto (Perugia). Il ruolo di Nocera (con la frazione Bagnara) e della parte montana di Foligno (Colfiorito, Annifo) è stato però fortemente ridimensionato dal terremoto del settembre 1997. Ricettività, presenze, impianti di risalita Nonostante una superficie montana superiore a quella di una regione come il Friuli, i letti alberghieri sono poco numerosi, dato che il grosso della ricettività del territorio montano si concentra in città d’arte e di interesse religioso come Assisi (4.500 letti e 720.000 presenze!), Spoleto o Gubbio. Anche i letti extra-alberghieri – ufficiali o informali – sono molto inferiori rispetto alle altre regioni dell’Italia centro settentrionale: di conseguenza, sono sensibilmente più bassi tutti gli indicatori di intensità turistica, ma è da considerarsi buona l’incidenza delle aree protette nazionali e Tabella 10.2 Principali stazioni montane (in base a presenze alberghiere e complessive, 1999) Comune Pres.alb. % str. Norcia 94.893 16,1 Cascia 80.000 .. Nocera Umbra 20.000 .. * Valori stimati; % str.: percentuale di presenze straniere 58 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 Letti alb. 734 866 304 Comune Norcia Cascia Monteleone di Spoleto Tot.Pres.* 330.000 290.000 115.000 Tot.letti * 7.200 5.512 2.950 RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO Tabella 10.3 Principali bacini sciabili (in base alla capacità di elevazione degli impianti di risalita, in persone/ora per metro di dislivello) Comprensori e stazioni P/h/m Forca Canapine* 457.000 * Comprende 3 impianti in territorio marchigiano (Comune di Arquata del Tronto) regionali, che comprendono circa un terzo del Parco Nazionale dei Sibillini e i parchi regionali di Monte Cucco e del Subasio. Le poche sciovie esistenti si situano al Valico di Forca Canapine (1.541 m), il cui bacino sciabile – esteso anche in territorio marchigiano – ha caratteristiche e attrezzature tali da soddisfare una domanda esclusivamente locale (Tab. 10.3). Norcia (oltre 90.000 presenze alberghiere) e Cascia sono le sole località montane dotate di una consistente ricettività alberghiera (700-800 letti), seguite a distanza da Nocera Umbra (300 letti), Acquasparta (Terni) e altre località con un discreto numero di letti in seconde case, come Monteleone di Spoleto – il più alto comune umbro, a 978 m di quota – e Scheggia e Pascelupo, presso il Monte Cucco. Nel comprensorio montano “Valnerina-Cascia” sono state registrate nel 1999 211.000 presenze alberghiere (+20% rispetto al 1998), in lievissima P/h 3.500 Impianti 6 P/h/imp. 583 flessione nel 2000, in quelli di Gubbio e del “Folignate-Nocera Umbra” – “inquinati” dalle presenze registrate nei centri d’arte e d’affari e in comuni non montani – rispettivamente 177.000 (+45%) e 238.000 (+32%). Trasporti, accessibilità e sentieristica Se si escludono Orvieto, servita dall’Autostrada del Sole, e Perugia, ad essa collegata da una lunga “bretella”, tutte le comunicazioni dell’Umbria ruotano attorno alla statale 3 bis, che risale la valle del Tevere, nella quale si innesta a Perugia un secondo importante asse che attraversa la Valle Umbra. Le comunicazioni ferroviarie non sono tali da incoraggiare chi intenda raggiungere in treno i centri principali, per la lentezza dei tempi di percorrenza e la difficoltà di reperire coincidenze comode per le più importanti città del centro-nord, se si eccettua la linea Roma-Ancona. la RIVISTA del TURISMO 2/2002 59 UN’ANALISI REGIONALE 11 MARCHE Caratteristiche del territorio Praticamente prive di pianure, Le Marche sono caratterizzate da una serie di valli a pettine con andamento sud-ovest/nord-est, separate da dorsali di colline plioceniche e basse montagne che solo in prossimità del confine con l’Umbria raggiungono quote relativamente elevate (1400-1500 m). I rilievi più alti sono tutti a sud del Fiume Esino (province di Macerata e Ascoli), con la catena dei Sibillini (Monte Vettore, 2478 m) e una propaggine dei Monti della Laga (2073 m), al confine con Lazio e Abruzzo. Nella parte settentrionale della regione, la montagna più alta e imponente è il Catria (1701 m), di costituzione calcarea. Unico lago naturale è il minuscolo e suggestivo Pilato (1949 m), sulle pendici del Vettore (alta Valle dell’Aso), ma una certa rilevanza turistica hanno comunque assunto gli invasi artificiali di Fiastra e Caldarola. Nonostante la vicinanza al mare (peraltro chiuso e poco profondo) e il lento evolversi dell’altitudine dalla costa verso lo spartiacque tirrenico, il clima dell’entroterra è di tipo continentale. Risorse e pianificazione territoriale Sicuramente più importanti dell’Umbria per il turismo montano, le Marche possono essere assimilate alla Toscana per il connubio tra montagna e cultura: le cittadine di Cagli, Cingoli (il “balcone delle Mar- che”) e San Severino, i grossi borghi di Amandola e San Ginesio e il bel centro di Visso, ad esempio, sono in grado di integrare un mero soggiorno climatico, che potrebbe anche suscitare un interesse limitato, con l’offerta di un gradevole quadro urbanistico-architettonico – dominato dalla colorazione ocra dei mattoni – e di significative opere d’arte. Non mancano comunque località di turismo estivo/invernale “pure”, come Carpegna e Montecopiolo in provincia di Pesaro e Frontignano di Ussita in quella di Macerata, e altre, come Sarnano, che alla funzione di località estivo-invernale e alle attrattive del centro storico aggiungono quella costituita dalle fonti termali. Piccola stazione termale è località di turismo montano è anche Acquasanta, nel fondovalle del Tronto (Ascoli). Altre risorse turistiche della montagna marchigiana sono i tabulati calcarei di Sasso Simone e Simoncello (Pesaro), simili alla Pietra di Bismantova, alcune pievi e castelli isolati (es. la Rocca di Varano, in Val di Chienti, o l’Eremo di Fonte Avellana presso il Catria), le Grotte di Frasassi e la Rocca di San Leo, quest’ultima, però, al margine del territorio propriamente montano. Fulcro della montagna marchigiana è la Catena dei Sibillini – eretta a parco nazionale – che nel settore nord-occidentale (Ussita) e settentrionale (Sarnano, Bolognola) offre buone opportunità per lo sci e su quello orientale, più dirupato, per l’escursionismo: il Monte Tabella 11.1 Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998 Popolazione nel territorio montano. Anno 1998 Letti alberghieri. Anno 1999* Letti extra-alberghieri (inclusi appartamenti e seconde case) Presenze alberghiere. Anno 1999 Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case) Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓) 1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante) 2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq) 3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%) Numero impianti di risalita Portata degli impianti (persone/ora) Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq) * Esclusa Fabriano-centro storico 60 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 3.886 172.396 4.448 120.000 320.000 4.500.000 ↑ 1,9 82,3 1.230 67.107 19,5 40 25.444 6,5 RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO Palazzo Borghese, d’inverno, rammenta scenari più consoni alla Val Badia che non agli Appennini. Il Parco Nazionale dei Sibillini, però, non sembra abbia ancora avuto ripercussioni significative sull’economia dei comuni interessati, in decremento anche dopo il ’91 (-17% Montegallo, -8% Bolognola, che conta ormai solo 160 residenti). Occorrerebbe dunque incrementare la ricettività alberghiera e para-alberghiera, facilitare l’avvicinamento a siti suggestivi ma difficilmente raggiungibili a chi non sia in grado di affrontare lunghe escursioni con forti dislivelli, e forse ampliare l’offerta invernale in una zona di solito molto innevata come quella del Vettore. Ricettività, presenze, impianti di risalita Anche se la ricettività alberghiera è pari a un terzo di quella della Toscana e quella extra-alberghiera è meno della metà, le Marche sono potenzialmente in grado di attirare in montagna flussi turistici di una certa consistenza. Gli indicatori di intensità turistica – compresa la pressione sul territorio degli impianti di risalita – sono paragonabili a quelli del- la Toscana, ma un sintomo di debolezza è costituito dal bassissimo valore della portata media per impianto di risalita (appena 632 persone/ora), valore questo che, combinato con lo scarso sviluppo chilometrico delle piste, rende poco sostenibile la concorrenza con le stazioni abruzzesi. Principali stazioni montane sono Carpegna, Sarnano e Ussita per quanto concerne il movimento alberghiero, Ussita – grazie anche alla presenza dell’importante stazione invernale di Frontignano – se si considera il complesso delle strutture ricettive, mentre al teorico primato di Camerino contribuiscono anche altri “turismi”. La cittadina di Sassoferrato possiede varie frazioni montane con parecchi letti in seconde case, e la stessa Fabriano conta nel centro di Poggio S. Romualdo, a 936 m di quota, una località di una certa importanza per il turismo montano, con 135 letti alberghieri. Principale bacino sciabile è quello di Frontignano, frazione di Ussita sita a 1.340 m di quota, con impianti – tra cui una funivia e quattro seggiovie – che consentono di raggiungere i 2.165 m di la RIVISTA del TURISMO 2/2002 61 UN’ANALISI REGIONALE Tabella 11.2 Principali stazioni montane (in base a presenze alberghiere e complessive, 2000) Comune Pres.alb. % str. Carpegna 47.688 4,8 Sarnano 34.628 3,1 Ussita 24.248 2,2 Camerino 18.118 15,3 * Valori stimati; % str.: percentuale di presenze straniere Letti alb. 386 387 328 342 Comune Camerino Ussita Sassoferrato Acquasanta Terme Tot.Pres.* 433.775 345.000 265.000 190.000 Tot.letti * 6.150 8.250 7.000 4.700 Tabella 11.3 Principali bacini sciabili (in base alla capacità di elevazione degli impianti di risalita, in persone/ora per metro di dislivello) Comprensori e stazioni Frontignano di Ussita Sarnano-Sassotetto Bolognola P/h/m 1.631.048 874.584 441.360 Monte Bove. Ussita è stata anche attrezzata con servizi di qualità, come un Palazzo del ghiaccio, un Palasport e una piscina coperta. Da Piobbico di Sarnano si sale per strada o funivia a Fontelardina (1.280 m), da dove una seggiovia e varie sciovie risalgono il versante orientale e settentrionale (Passo Maddalena) di Sasso Tetto. Le altre località sciistiche marchigiane si situano ancora nel Maceratese (Bolognola, Castelsantangelo sul Nera) e in provincia di Pesaro (Villagrande di Montecopiolo, Eremo di Monte Carpegna). Trasporti, accessibilità e sentieristica Sostanzialmente buona l’accessibilità della montagna marchigiana per chi proviene dalla costa 12 Impianti 11 10 6 P/h/imp. 723 608 607 adriatica, per la presenza di scorrevoli assi stradali di penetrazione lungo le principali vallate (Metauro, Esino, Potenza, Chienti, Tronto), e da Foligno, da cui si raggiungono Ussita e Visso nonché Fabriano e la Valle Esino. Molto carenti sono invece le comunicazioni ferroviarie, l’unica linea di penetrazione essendo costituita dalla Foligno-Fabriano-Ancona (con le brevi e tortuose diramazioni per Pergola e Matelica-San Severino), che non permette di avvicinarsi ad alcuna importante stazione montana. Quanto alla sentieristica, di grande suggestione sono gli itinerari che conducono al Lago Pilato (800 m di dislivello), alla Gola dell’Infernaccio e alle Sorgenti dell’Ambro, nei Sibillini, che richiedono 2,5-3 ore di cammino. LAZIO Caratteristiche del territorio La regione ha una struttura geologica complessa, che include grandi e ormai spenti apparati vulcanici (Vico, Bolsena, Colli Albani…), delimitati a est e a sud da rilievi appenninici carbonatici o calcareo-marnoso-arenacei. Anche se la nostra delimitazione comprende un comune del viterbese (Caprarola, presso il Lago di Vico), due dei Colli Albani (Rocca di Papa, Rocca Priora) e tre dei 62 P/h 7.949 6.080 3.640 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 Monti Lepini (Latina), la montagna laziale si identifica coi Monti del reatino e coi massicci che da qui si sviluppano con andamento nord ovest-sud est lungo il confine con l’Abruzzo: a nord il massiccio del Terminillo (2.216 m) e i monti che inquadrano l’alta Valle del Velino, già territorio abruzzese aggregato al Lazio negli anni 20; nel Frusinate, la catena dei Simbruini (2.156 m), nel bacino dell’Aniene, i Monti Ernici (2.041 m) e il Massiccio del- RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO la Meta (Monte Petroso, 2.247 m), già nel Parco Nazionale d’Abruzzo. Il reatino è attraversato dalle limpide e fredde acque del Velino e dai suoi affluenti Salto e Turano, lungo i quali sono stati realizzati due grandi invasi che attirano flussi di turismo estivo. Tra i pochi laghi naturali, notevole potenzialità turistica possiedono quello della Duchessa (1.788 m), nel Massiccio del Velino, e il Lago Rascino (1.142 m) nell’omonimo piano carsico (Rieti), entrambi in ambiente grandioso e solitario. Risorse e pianificazione territoriale Cospicue le risorse della montagna laziale, che offre notevoli opportunità per lo sci da discesa e di fondo sulle pendici del Terminillo e in varie località minori del reatino e dei Simbruini. La porzione laziale del Parco nazionale d’Abruzzo e il Parco dei Simbruini offrono notevoli risorse paesaggistiche e naturalistiche, ma non mancano motivi di attrazione anche a quote più basse (es. Gole del Velino e di Antrodoco, Cascata di Trevi sull’Aniene, Grotta dell’Inferniglio presso Jenne). Numerose le risorse artisticoculturali e religiose: i conventi francescani del reatino, i centri storici di Accumoli e Amatrice, la cittadina di Subiaco con i monasteri di S. Benedetto e S. Scolastica, il Santuario della SS. Trinità sopra Vallepietra (a 1.340 m di quota), la Certosa di Trisulti in una gola degli Ernici, sono mete di sicuro richiamo, potenzialmente anche internazionale, che meriterebbero una maggiore valorizzazione. I centri termali sono rappresentati dalla grande stazione di Fiuggi (Frosinone) e dalla più modesta Co- tilia, presso Cittaducale (Rieti). Merita di essere sottolineato, perché poco noto ai più, che la provincia di Roma include la stazione estivo-invernale di Monte Livata (Subiaco) e varie località di turismo estivo, tra cui gli Altipiani di Arcinazzo, adatti anche allo sci di fondo, Cervara (1.053 m) e il singolare villaggio di Guadagnolo, arroccato sull’omonima vetta dei Prenestini (1.218 m); ma la promozione della montagna romana è a uno stadio ancora embrionale e non è molto sviluppata anche in una provincia più ricca di risorse montane come quella di Frosinone. Sarebbe opportuno ad es. prolungare l’apertura degli alberghi di Fiuggi, attualmente limitata all’estate e all’inizio dell’autunno e legata al turismo termale e congressuale, per creare interessanti sinergie con le vicine località montane di Campo Catino, Campo Staffi e Arcinazzo. Ricettività, presenze, impianti di risalita La montagna laziale ha un’estensione paragonabile a quella marchigiana ma una ricettività decisamente superiore, soprattutto nel settore extra-alberghiero, indotta dalla prossimità del bacino di domanda della capitale. Nel quadro riportato in Tab. 12.1, non sono oltretutto compresi i letti di Fiuggi (ben 10.800 nel solo comparto alberghiero!), data la marcata connotazione della località come centro termale ben più che montano. Bassi, come nelle Marche, sono gli indicatori di intensità del turismo alberghiero, anche per il basso indice di occupazione dei letti, ma elevato è quello della densità delle presenze complessive per kmq, per il gran numero di letti in seconde case Tabella 12.1 Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998 Popolazione nel territorio montano. Anno 1998 Letti alberghieri. Anno 1999 Letti extra-alberghieri (inclusi appartamenti e seconde case) Presenze alberghiere. Anno 1999 Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case) Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓) 1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante) 2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq) 3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%) Numero impianti di risalita Portata degli impianti (persone/ora) Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq) * Esclusa Rieti-centro storico 4.404 281.794 *5.095 265.000 335.000 10.320.000 ↑ 1,2 76,1 2.425 89.292 25,4 45 32.025 7,3 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 63 UN’ANALISI REGIONALE bile decaduta” del turismo montano appenninico, il cui declino si spiega, oltreché con l’insostenibile affollamento domenicale e con la ricorrente scarsità di neve negli ultimi 10-15 anni, anche con la spietata concorrenza delle stazioni abruzzesi, sensibilmente “avvicinate” alla capitale dall’Autostrada Roma-L’Aquila. Campo Staffi la supera per grado di modernità degli impianti ed è suscettibile di ulteriore sviluppo, a differenza di Leonessa (con impianti vetusti e inadeguati) e di Monte Livata, sorta ex nihilo nel dopoguerra ad oltre 1.300 m di quota. di numerosi comuni, tra i quali Borgorose (Ri), Segni, Rocca di Papa e Arcinazzo (Rm) e Trevi nel Lazio (Fr), che non compaiono nella Tab. 12.2. Trevi, in particolare, si spartisce con Arcinazzo e Piglio la stazione di Altipiani di Arcinazzo (841 m), che conta nel complesso 13.700 letti e risulta dunque la principale del Lazio per capacità ricettiva. Ragguardevole la superficie delle aree protette, comprendente fra l’altro una piccola porzione del Parco nazionale d’Abruzzo e i Parchi regionali dei Simbruini e dei Monti Lucretili (Palombara Sabina, Licenza ecc.). Il numero degli impianti di risalita è paragonabile a quello delle Marche, ma la portata media unitaria è maggiore. Per il turismo invernale, comunque, il Lazio si colloca alle spalle di Emilia, Toscana e naturalmente dell’Abruzzo. Le principali stazioni hanno una ricettività alberghiera modesta (meno di 500 letti) per cui le presenze non superano in genere le 30-35.000. Se però si considera il complesso delle strutture, Leonessa – a 969 m in una conca a nord del Terminillo – raggiunge le 500.000 presenze e gli Altipiani di Arcinazzo – spartiti fra tre comuni – superano le 500.000. Principale stazione invernale del Lazio, e quinta negli Appennini in base all’indicatore del p/h/m, è il Terminillo, costituita dai complessi residenziali di Pian de’ Valli (1.620 m) e Campoforogna (1.680 m), iniziati negli anni 30 e sviluppatisi nel dopoguerra, con impianti che salgono fino ai 2101 m del Terminilletto. Il Terminillo è una “no- Trasporti, accessibilità e sentieristica Uno dei problemi che deve affrontare la montagna laziale è quello della mediocre accessibilità, dato che quasi tutte le principali località – ad eccezione di Borgorose (ex Borgocollefegato), a 4 km dal casello autostradale sulla Roma-L’Aquila – sono servite da strade strette e tortuose. La stessa Rieti non è raggiungibile con strade a scorrimento veloce (né tale si può definire la statale n.4 Salaria), per cui il Terminillo è in posizione meno favorevole di quanto potrebbero far supporre i circa 100 km di distanza da Roma; chi sceglie il treno (linea Roma-Firenze), dovrà invece scendere a Passo Corese e coprire i restanti 40 km con gli autoservizi di linea. Per quanto riguarda la sentieristica, interessanti e ben segnalati itinerari, nel gruppo del Terminillo, si svolgono sul crinale dal Tabella 12.2 Principali stazioni montane (in base a presenze alberghiere e complessive, 1999) Comune Pres.alb. % str. Rocca di Papa 28.847 27,1 Subiaco-Monte Livata 27.849 27,1 Terminillo (Rieti) 27.000 * 1,3 Trevi nel Lazio 25.000 .. Leonessa 22.000 * .. * Valori stimati; % str.: percentuale di presenze straniere Letti alb. 490 384 411 453 414 Comune Leonessa Subiaco-Monte Livata Amatrice Terminillo (Rieti) Trevi nel Lazio Tot.Pres.* 505.000 460.000 450.000 375.000 340.000 Tot.letti * 12.200 11.000 11.000 8.700 8.000 Tabella 12.3 Principali bacini sciabili (in base alla capacità di elevazione degli impianti di Risalita, in persone/ora per metro di dislivello) Comprensori e stazioni Terminillo Filettino-Campo Staffi Leonessa Monte Livata 64 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 P/h/m 1.809.613 1.074.227 755.234 515.540 P/h 9.594 8.091 3.076 4.880 Impianti 13 10 6 7 P/h/imp. 738 809 513 697 RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO Rif. Sebastiani alla Sella di Leonessa e al Monte Cambio, e da Pian de’ Valli alla Valle degli Angeli. Nel Parco nazionale d’Abruzzo, due strade secondarie permettono di addentrarsi da Settefrati nei Monti della Meta e da Picinisco nel cuore del Gruppo delle Mainarde (2.039 m), offrendo all’escursionista diversi itinerari in ambiente montano solitario e grandioso. ABRUZZO Caratteristiche del territorio L’Abruzzo ha un territorio totalmente montuoso, salvo una breve fascia di dorsali collinari che si sviluppa per una quindicina di km in linea d’aria a partire dalla costa. La disposizione “disordinata” dei rilievi, con le cime più elevate che non si collocano lungo lo spartiacque Tirreno-Adriatico, non facilita le vie di comunicazione, tanto che l’unica valle che apre un solco abbastanza agevole verso il cuore della regione è quella del Pescara-Aterno, attraverso la quale si accede dopo un ampio agiro alla Conca dell’Aquila, ma non allo spartiacque Tirreno-Adriatico. In Abruzzo si si- 13 tuano i monti più alti dell’Italia peninsulare, e cioè il Gran Sasso (2.912 m) a nord-ovest e la Maiella (2.793 m) a sud-est, e altri importanti massicci, ugualmente calcarei e in gran parte privi di copertura boschiva (Velino, 2.487 m; Monti della Laga, 2.458 m), che conferiscono al paesaggio un aspetto severo. Le uniche pianure sono in realtà degli altopiani, come l’alveo del Fùcino, al cui margine occidentale si situa Avezzano, e le brevi conche dell’Aquila e di Sulmona. Paralleli al corso del Pescara scorrono il Vomàno, che delimita a nord-ovest il Gran Sasso, e a sud-est il Sangro, che ha le sorgenti nel Parco nazionale d’Abruzzo. la RIVISTA del TURISMO 2/2002 65 UN’ANALISI REGIONALE Tabella 13.1 Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998 Popolazione nel territorio montano. Anno 1998 Letti alberghieri. Anno 1999 Letti extra-alberghieri (inclusi appartamenti e seconde case) Presenze alberghiere. Anno 2000 Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case) Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓) 1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante) 2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq) 3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%) Numero impianti di risalita Portata degli impianti (persone/ora) Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq) * Esclusi L’Aquila-centro storico, Avezzano, Celano e Sulmona (arte-affari-transito) 7.329 407.071 *14.000 350.000 1.507.359 14.000.000 ↑ 3,7 205,7 2.116 291.538 39,8 104 97.000 13,2 Tabella 13.2 Principali stazioni montane (in base a presenze alberghiere e complessive, 2000) Comune Pres.alb. % str. Roccaraso 200.012 1,3 Pescassèroli 196.808 2,4 Rivisòndoli 72.000 0,8 Ovìndoli 57.854 2,6 Scanno 45.000 7,9 Rocca di Mezzo 45.000 .. * Valori stimati; % str.: percentuale di presenze straniere Letti alb. 1.540 1.272 770 544 784 517 Risorse e pianificazione territoriale L’Abruzzo è la regione-leader del turismo montano appenninico, e conta alcune importanti stazioni invernali ed estive come Roccaraso – associata a Rivisòndoli in un unico comprensorio – Campo Felice, Ovìndoli, Scanno, in forte ascesa negli ultimi anni, e altre minori, ma già rilevanti nel contesto appenninico, come Campo Imperatore-Monte Cristo, Pescassèroli e la Maielletta. Lunghi itinerari per lo sci nordico sono presenti a Ovindoli, Castel del Monte, S. Stefano di Sessanio, Pescocostanzo. Non meno importanti sono le risorse per il turismo estivo, a cominciare dal Gran Sasso, particolarmente maestoso dal lato teramano (Pietracamela-Prati di Tivo, Prato Selva), con grossi nevai che permangono anche d’estate e il minuscolo Ghiacciaio del Calderone; il versante aquilano presenta però il vantaggio di essere accessibile fino ad alta quota (2.130 m) con la strada e la funivia da Fon66 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 Comune Roccaraso Tagliacozzo Rivisòndoli Pescassèroli Ovìndoli Rocca di Mezzo Tot.Pres.* 980.000 811.000 610.000 580.000 545.000 515.000 Tot.letti * 17.900 20.000 12.700 10.057 11.400 12.000 te Cerreto al margine occidentale di Campo Imperatore. In provincia dell’Aquila si situano anche l’altopiano delle Rocche e quello ancora più vasto delle Cinquemiglia, la stazione di Scanno coi celebri costumi femminili, affacciata su un lago originato da un’antica frana, e il Parco nazionale d’Abruzzo, con la “capitale” Pescasseroli e altre località minori in sviluppo (Civitella Alfedena, Villetta Barrea). Pescara possiede la stazione estiva di Farìndola-Rigopiano e il centro montano-termale di Caramanico, e divide con Chieti i centri invernali della Maielletta e di Passo Lanciano. Non mancano attrazioni di tipo speleologico (es. la Grotta del Cavallone presso Lama dei Peligni, nel teatino) e artistico-culturale, dall’Abbazia di S. Clemente a Casàuria nella Valle del Pescara, alle pievi isolate di S. Giovanni al Mavone nel teramano e di S. Pelino a Corfinio (Aquila), ai bei centri storici di Guardiagrele, Campli, Pescocostanzo, Scanno, alla fortezza RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO Tabella 13.3 Principali bacini sciabili (in base alla capacità di elevazione degli impianti di risalita, in persone/ora per metro di dislivello) Comprensori e stazioni Roccaraso-Rivisondoli (“Alto Sangro”) Campo Felice (Rocca di Cambio) Ovindoli Pescasseroli Scanno * Valori stimati P/h/m 6.248.270 2.600.000 * 2.000.000 * 1.600.000 * 1.480.000 * borbonica di Civitella del Tronto, alle rovine di Amiternum e Alba Fucens, alle ceramiche di Castelli (Teramo) o all’artigianato del legno di Pretoro (Chieti). Ricettività, presenze, impianti di risalita L’Abruzzo è la prima regione appenninica per numero di presenze alberghiere nelle località montane e per numero e portata oraria degli impianti di risalita, e la seconda – dopo l’Emilia-Romagna – per ricettività alberghiera ed extra-alberghiera e per il totale stimato delle presenze. Gli indicatori di intensità turistica sono di poco inferiori a quelli dell’Emilia, ma molto significativo è il marcato andamento positivo delle presenze alberghiere negli ultimi anni e l’incidenza delle superfici a parco sul territorio montano, paragonabile a quella del Sudtirolo. Principale stazione è Roccaraso, per ricettività e presenze (alberghiere e non) e per qualità delle attrezzature sportive (es. Palazzo del ghiaccio), una delle pochissime località appenniniche – con l’Abetone e il Terminillo – in cui i primi impianti di risalita sono sorti negli anni 30. P/h 28.917 12.000* 8.000* 6.400* 5.800* Impianti 32 12 8 5 4 P/h/imp. 904 1.000 1.000 1.280 1.450 Da quando è stato perfezionato il collegamento sciistico con Rivisondoli, Roccaraso ha registrato un continuo incremento delle presenze. Anche Pescasseroli è in forte ascesa da una decina di anni, grazie alla presenza del Parco nazionale e al miglioramento dell’offerta sciistica, ma, al pari di Roccaraso, non è rimasta immune da interventi urbanistici speculativi e fuori scala. Tra le primissime stazioni per entità del movimento complessivo, si inserisce Tagliacozzo, stazione di soggiorno estivo con qualche infrastruttura per lo sci (a Marsia), dotata di oltre 10.000 letti in seconde case e appartamenti in affitto, in diretto rapporto con la vicinanza di Roma. Nelle principali stazioni sciistiche (Tab. 13.3), e in particolare a Scanno e Ovindoli, è in corso un processo di ammodernamento degli impianti e di estensione del bacino verso quote più elevate (es. Scanno-Monte Rotondo-Monte Carapale), ma solo il comprensorio “Alto Sangro” ha dimensioni tali (6,2 milioni di p/h/m e 115 km di piste, di cui il 40% innevati artificialmente) da poter competere con le maggiori stazioni alpine. la RIVISTA del TURISMO 2/2002 67 UN’ANALISI REGIONALE A Campo di Giove spetta comunque il primato della quota più alta raggiunta con gli impianti di risalita (2.318 m). Trasporti, accessibilità e sentieristica La buona accessibilità da Roma e da Napoli delle stazioni abruzzesi è uno dei segreti del loro crescente sviluppo: Campo Felice, Ovindoli, Rocca di Cambio, Campo Imperatore e la Maielletta sono a pochi chilometri dai caselli autostradali sulla Roma-Teramo e sulla RomaPescara, e anche Roccaraso si raggiunge facilmente dal casello di Pratola Peligna (Sulmona), mentre un po’ meno agevoli, per chi proviene da Napoli, sono i 30 km da Isernia a Castel di Sangro. 14 Tra i 150 itinerari segnalati del Parco nazionale d’Abruzzo, mete d’obbligo sono l’anfiteatro della Camosciara, dove vivono tutte le specie animali del Parco (compreso l’orso marsicano e l’aquila reale) e la Val Fondillo. Di grande interesse naturalistico è anche la Cascata di Zompo lo Schioppo, in un’area selvaggia della Val Roveto eretta a Riserva regionale. Da segnalare l’iniziativa degli albergatori di Ovindoli, Scanno, Pescasseroli e Rivisondoli di offrire “pacchetti” per il week-end e la “settimana corta” (domenica-venerdi), fatto pressoché sconosciuto nelle Alpi, che merita di essere seguito con attenzione. Difetta invece la promozione locale, in particolare a Campo Imperatore, Campo Felice e Ovindoli, ove mancano uffici turistici, ed è pure insufficiente quella regionale della montagna d'inverno. MOLISE Caratteristiche del territorio Totalmente montuoso, ad esclusione di una breve fascia collinare costiera (Termoli), il Molise è caratterizzato dalla presenza di dorsali arrotondate in lunghe e uniformi ondulazioni, tipiche di quella che il Sestini ebbe a definire “la mediocre montagna argillosa”. I principali rilievi si situano all’estremità meridionale della regione (il Matese e Le Mainar- de, entrambi calcarei) e nella protuberanza che, a nord di Isernia, si affaccia sulla Valle del Sangro (Monte Campo, 1.746 m). Fiume principale è il Biferno, che attraversa centralmente la regione da sud-ovest a nord-est. Più a occidente, il Trigno, con lo stesso andamento, segna il confine con l’Abruzzo (Chieti), mentre Isernia e Venafro sono già nel bacino del Volturno. Tabella 14.1 Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998 Popolazione nel territorio montano. Anno 1998 Letti alberghieri. Anno 1999 Letti extra-alberghieri (inclusi appartamenti e seconde case) Presenze alberghiere. Anno 1999 Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case) Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓) 1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante) 2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq) 3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%) Numero impianti di risalita Portata degli impianti (persone/ora) Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq) 68 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 2.878 202.061 1.890 60.000 120.000 2.200.000 ↓ 0,6 41,7 820 2.925 1,0 9 6.717 2,3 RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO Tabella 14.2 Principali bacini sciabili (in base alla capacità di elevazione degli impianti di risalita, in persone/ora per metro di dislivello) Comprensori e stazioni Campitello Matese (San Massimo) P/h/m 1.006.346 P/h 5.097 Impianti 7 Risorse e pianificazione territoriale Ricettività, presenze, impianti di risalita Il Molise è con la Basilicata la regione turisticamente meno sviluppata d’Italia e concentra gran parte delle presenze nella fascia costiera. La montagna riveste dunque un ruolo marginale, con la sola eccezione della stazione invernale di Campitello Matese (Campobasso), realizzata ex nihilo a 1.440 m di quota su un pianoro dell’omonimo massiccio, e di Capracotta (Isernia), per altitudine (1.421 m) il secondo comune degli Appennini dopo Rocca di Cambio, frequentato per lo sci di fondo e, localmente, anche per la discesa. Modesti centri di soggiorno estivo sono anche la piccola città di Agnone, culla della civiltà sannitica, e Pietracupa (Is). Il Molise ha soprattutto risorse di ordine culturale, che consistono nei resti di città, fortificazioni e santuari sannitici (Pietrabbondante, Sepino-Terravecchia, Campochiaro-Civitella, Cercemaggiore, Duronia) e di città romane (Sepino-Altilia). La Tab. 14.1 conferma le considerazioni fatte in precedenza: la ricettività alberghiera ed extra-alberghiera delle località montane è di gran lunga la più bassa fra tutte le regioni italiane ad esclusione della Puglia, la cui porzione montana è però molto ridotta; di conseguenza, sono molto bassi tutti gli indicatori di intensità turistica, compresa la superficie delle aree protette, che si limita a una piccola porzione del Parco d’Abruzzo e pone la regione nettamente all’ultimo posto in Italia in questa particolare graduatoria. La stazione di Campitello Matese – dotata di 460 letti alberghieri e circa 4.300 nel complesso delle strutture residenziali – è comunque discretamente attrezzata per la zona appenninica. Il suo movimento turistico è stimabile in circa 200.000 presenze e il campo di attrazione si estende in Campania e in Puglia. Gli altri due impianti di risalita (una seggiovia e una sciovia) sono ubicati a Capracotta, in moderata espansione. CAMPANIA Caratteristiche del territorio La montagna campana è caratterizzata dal fatto che i rilievi maggiori – di natura calcarea – si sviluppano molto frammentati sul versante tirrenico, mentre lungo lo spartiacque principale si hanno molli dorsali argillose. Principali massicci sono a nord-ovest il Matese (2.050 m), che racchiude un grosso lago carsico, al centro il Taburno-Camposauro e l'Avella (1.591 m), che col Montevergine incombe su Avellino, a sud-est i Picentini (Cervialto, 1.809 m) e i monti del Cilento (Cervati, 1.899 m; Alburno). Addirittura marittima è poi la catena dei Lattari, che costituisce l'ossatura della penisola sorrentina e culmina col dirupato e pittoresco S. Angelo a Tre Pizzi (1.443 m), presso Agerola. Irpinia e Sannio sono in gran P/h/imp. 728 15 parte comprese nel bacino del Calore, affluente del Volturno. Risorse e pianificazione territoriale Le principali attrattive per il turismo montano si localizzano sul versante avellinese (Bagnoli, Montella, Nusco) e salernitano (Acerno) dei Monti Picentini, nel Matese casertano (S. Gregorio, Letino, Gallo) e sannitico (Cusano Mutri, Pietraroja) e nell’Irpinia centro-settentrionale (Ariano). Altre risorse sono costituite dalle terme del centro montano di Montesano sulla Marcellana (Salerno), presso la celebre Certosa di Padula, e dal Santuario di Montevergine presso Mercogliano (Avellino), in un sito adatto a soggiorni estivi. Le terme di Contursi e Telese e la casa natale di Padre Pio a Pietrelcina (Benela RIVISTA del TURISMO 2/2002 69 UN’ANALISI REGIONALE Tabella 15.1 Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998 Popolazione nel territorio montano. Anno 1998 Letti alberghieri. Anno 1999 Letti extra-alberghieri (inclusi appartamenti e seconde case) Presenze alberghiere. Anno 1999 Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case) Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓) 1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante) 2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq) 3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%) Numero impianti di risalita Portata degli impianti (persone/ora) Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq) 5.562 414.824 3.330 93.000 180.000 3.500.000 – 0,4 32,4 662 60.350 10,8 6 3.638 0,7 Tabella 15.2 Principali bacini sciabili (in base alla capacità di elevazione degli impianti di Risalita, in persone/ora per metro di dislivello) Comprensori e stazioni Lago Laceno (Bagnoli Irpino) P/h/m 509.322 vento) sono al margine del territorio propriamente montano, ma costituiscono comunque fattori ambientali di attrazione. Dalla cima del Raiamagra (1.667 m), raggiunta dagli impianti della stazione invernale del Lago Laceno, si scorge il mare. Ricettività, presenze, impianti di risalita Gli indicatori di intensità turistica (Tab. 15.1) testimoniano la limitata importanza che il turismo montano riveste nella regione, anche se la capacità ricettiva, pur se modesta, non può definirsi trascurabile. Il valore molto elevato della superficie destinata a parchi è un po’ ingannevole, perché i vari parchi regionali (Matese, Picentini, Taburno…) e lo stesso Parco nazionale del Cilento sembrano tali più sulla carta che nella realtà. Difficile stabilire quali località montane generino il maggior numero di presenze turistiche, anche perché – come in altre regioni del Sud – parecchi letti in seconde case e appartamenti in affitto sono legati al temporaneo rientro degli emigranti. Le località più frequentate sono la stazione estivo-invernale di Lago Laceno (1.076 m), che pre70 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 P/h 2.813 Impianti 4 P/h/imp. 703 senta peraltro servizi un po’ scadenti, e il centro termale e di villeggiatura estiva di Montesano sulla Marcellana (850 m), rispettivamente con oltre 100.000 e 200.000 presenze complessive stimate. Altre significative località di turismo montano sono Montella, Nusco e Pietrastornina nell’Irpinia, Cusano Mutri (col centro sciistico di Bocca della Selva, nel settore orientale del Matese) e Morcone nel Sannio, Agèrola nei Lattari, Caggiano e Teggiano nel Cilento. Trasporti, accessibilità e sentieristica Buona o discreta l’accessibilità dei principali centri montani, serviti da autostrade o da strade a scorrimento veloce. E’ in corso un processo di valorizzazione turistica della zona montana compresa fra il Cervialto e il Terminio, adatta all’escursionismo (Piano di Verteglia, Campolaspierto, Lago Laceno) e agli sport invernali. Nel 1995 si è costituito il Consorzio Gal Terminio Cervialto, con sede a Montella e con lo scopo di promuovere lo sviluppo economico del territorio (turismo, prodotti tipici, ecc.) RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO PUGLIA Caratteristiche del territorio La ristretta sezione montana della Puglia è costituita dal Subappenino Dauno, ondulato rilievo argilloso a pascoli e seminativi alternati a foreste, e da una parte del calcareo Promontorio del Gargano. Il Subappennino Dauno si può suddividere in meridionale (Monte Crispiniano, 1.105 m), tra i corsi del Carapelle e del Cervaro, e settentrionale (Monte Cornacchia, 1.151 m), fra il Cervaro e il Fortòre, che lo separa dall'Appennino Sannita. Nel Gargano i soli comuni classificabili come montani sono Monte S. Angelo, S. Giovanni Rotondo – nel cui territorio si situa la cima più elevata del massiccio, a 1.055 m – e S. Marco in Lamis, ma tutti hanno caratteristiche tali da non attrarre flussi di turismo propriamente montano, bensì religioso o artistico-culturale. Risorse e pianificazione territoriale In Puglia il turismo montano è praticamente inesistente e le località con le migliori condizioni climatiche della Dàunia, oltreché dai periodici flussi di rientro degli emigrati, sono interessate da un turismo legato alla seconda casa e ai fine settimana, proveniente da Foggia e da Bari; ma l’ambiente poco contaminato, i boschi di castagni, qualche monumento storico (es. cattedrale e castello di Bovino), le tradizioni locali ancora vive e una cucina genuina, se opportunamente promosse (anche tramite l’assegnazione della “bandiera verde”), potrebbero attirare visitatori da al- 16 tre regioni italiane e dall’estero. Nel Gargano, S. Giovanni Rotondo è legata al culto di Padre Pio e attira crescenti flussi di turismo religioso, con una vera proliferazione esercizi ricettivi, per lo più di piccole dimensioni. Monte S. Angelo (Santuario-grotta di S. Michele) e S. Marco in Lamis (Monastero di S. Maria e Convento di S. Matteo) sono mete di turismo religioso e artistico-culturale, la prima anche di turismo balneare (località Macchia Libera). Ricettività e presenze Quasi inesistente la ricettività alberghiera della Dàunia, e per la metà concentrata nel grosso borgo di Bovino (620 m), principale centro turistico della montagna pugliese, con circa 1.800 letti in seconde case e appartamenti. Notevole ricettività extra-alberghiera possiedono anche Panni (801 m, 3.000 letti), S. Agata di Puglia (794 m, 2.000 letti), Accadia e Faeto, questi ultimi dotati anche di alcune decine di letti in alberghi e camere in affitto. Il comune più alto – Monteleone (842 m) – ha una trentina di letti in esercizi agrituristici. Le presenze alberghiere sono stimabili in circa 11.000 (contro le oltre 400.000 registrate da S. Giovanni Rotondo!), mentre quelle in appartamenti e seconde case superano le 800.000. Discreta l’accessibilità, facilitata dall’Autostrada Napoli-Canosa nella Daunia meridionale, dalla statale n.17 – per lo più a scorrimento veloce – in quella settentrionale. Tabella 16.1 Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998 Popolazione nel territorio montano. Anno 1998 Letti alberghieri. Anno 1999 Letti extra-alberghieri (inclusi appartamenti e seconde case) Presenze alberghiere. Anno 1999 Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case) Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓) 1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante) 2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq) 3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%) * 1/10 della superficie del Parco Nazionale del Gargano (dato arrotondato) 1.482 85.428 205 22.500 11.000 810.000 – 0,1 7,4 556 *12.000 8,1 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 71 UN’ANALISI REGIONALE 17 BASILICATA Caratteristiche del territorio La Basilicata ha un sistema montuoso abbastanza complesso: nella zona più occidentale si situano massicci calcarei come il Volturino (1.836 m), il Sirino (2.005 m) – col suggestivo Lago Laudemio o Remmo e chiare tracce glaciali – e i monti fra l'alto Agri e il Sinni (1.700-1.900 m); a est una monotona serie di dorsali argillose divise da valli a pettine (Bradano, Basento, Agri), movimentata solo dal complesso vulcanico del Vùlture (1.326 m), che in due crateri ospita i Laghi di Monticchio, tra fitta vegetazione; a sud il grande massiccio del Pollino (2.248 m), arenaceo-argilloso a oriente e calcareo a occidente, pure con tracce glaciali, che sbarra l’accesso alla Calabria. Risorse e pianificazione territoriale La montagna della Basilicata ha discrete potenzialità turistiche, che al momento sono poco o per nulla sfruttate. Il Parco del Pollino potrebbe attirare visitatori dall’Italia centro-settentrionale e dall’estero e l’Apt Basilicata ha lodevolmente messo in distribuzione una carta topografica in scala 1:50 000 nella quale si riportano nel dettaglio strade e sentieri nel territorio del Parco. Altre risorse sono costituite dallo sci alpino e nordico, con piccole stazioni alla Sellata presso Potenza (Monte Pierfaone e Monte Arioso) e al Lago Remmo. E’ in progetto il collegamento fra gli impianti di Pierfaone e Arioso, siti su due opposti versanti (comuni di Abriola e Sasso di Castalda), che potrebbe rendere il piccolo bacino di un certo interesse per turisti pugliesi e campani. Altre attrattive sono costituite da centri storici arroccati come Tricarico (Mt), Muro Lucano o Latronico (Pz), da antichi paesi come Sasso di Castalda, addossato a una rupe, e Abriola, a 950 m di quota; dai laghi di Monticchio e dall’alpestre Laudemio (1.525 m) e dagli arditi pinnacoli delle Dolomiti lucane di Castelmezzano, alla cui base sussistono antiche dimore scavate nella roccia. Ricettività, presenze, impianti di risalita Discreta la ricettività alberghiera, anche se solo Potenza supera (e di poco) la soglia dei 500 letti. I comuni più attrezzati sono Pignola con la frazione di Rifreddo, presso il Passo della Sellata (oltre 300 letti), Viggiano, Lagonegro e Rionero, con oltre 250. Abriola conta una quarantina di letti alberghieri e una settantina in aziende agrituristiche. La ricettività in seconde case raggiunge i 1.400 letti a Pignola e supera i 1.000, fra l’altro, a Latronico e Viggiano e nei popolosi comuni di Stigliano, Tricarico (Matera) e Avigliano. La presenza del parco del Pollino assicura una elevata inciden- Tabella 17.1 Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998 Popolazione nel territorio montano. Anno 1998 Letti alberghieri. Anno 1999 Letti extra-alberghieri (inclusi appartamenti e seconde case) Presenze alberghiere. Anno 1999 Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case) Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓) 1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante) 2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq) 3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%) Numero impianti di risalita Portata degli impianti (persone/ora) Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq) * Comprese Potenza e Rionero, escluse Laurìa e Melfi 72 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 6.321 363.900 4.505 66.000 280.000 2450.000 – 0,8 44,3 448 89.735 14,2 12 8.345 1,3 RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO za dellle aree protette sulla superficie classificata come montana. Gli impianti di risalita superano per numero quelli del Molise, ma si distribuiscono in cinque piccole località – Lago Remmo, Monte Volturino, Sellata, Monte Arioso, Viggiano – attualmente in grado di attrarre un turismo mera- mente locale. L’accessibilità della regione e in particolare della sua vasta parte montana (circa il 65% del territorio) è stata facilitata dalla realizzazione delle strade a scorrimento veloce che risalgono il corso dei fiumi principali, seguendone il fondovalle. CALABRIA Caratteristiche del territorio Una stretta penisola caratterizzata da rilievi aspri e privi di comodi valichi, con tre massicci principali: a nord il Pollino, che ha la cima più alta (Serra Dolcedorme, 2.267 m) proprio in territorio calabrese; al centro la Sila (Botte Donato, 1.928 m) e a sud l’Aspromonte (Montalto, 1.955 m). Tra Sila e Aspromonte si sviluppa la dorsale delle Serre, che culmina a poco più di 1.400 m presso Serra S. Bruno (Catanzaro). A nord-est la Sila digrada verso la breve Piana di Sibari, mentre a nord-ovest la Catena Costiera, più impervia di quanto non dicano le quote (M. Cocuzzo, 1.541 m), si raccorda al Pollino tramite un’alta dorsale con andamento sud-ovest/nord-est, culminante nel Cozzo del Pellegrino (1.987 m). Dalla Sila nascono i tre principali corsi d’acqua della regione, e cioè il Crati, che bagna Cosenza e si dirige a nord, sfociando nella Piana di Sibari; il Neto, che, ricevute le acque del Laghi Arvo e Ampollino, sbocca nello Ionio a nord di Crotone, e il Savuto, che sbocca poco a nord della Piana di Sant’Eufemia. Notevole importanza, anche a fini turistici, hanno i tre grandi laghi artificiali Arvo, Ampollino e Cecita, il quale ultimo versa le sue acque nel Crati tramite l’emissario Mucone. Risorse e pianificazione territoriale La montagna calabrese offre numerose risorse, dal Parco del Pollino, alla Sila, alle Serre e all’Aspromonte, ma le maggiori infrastrutture turistiche si trovano nella Sila e nella stazione di Gambarie, in Aspromonte. Le attrattive della Sila consistono nelle estese foreste di conifere (come quella, celebre, della Fossiata), nelle verdi praterie, nei laghi artificiali che offrono scorci di tipo “nordico”, ottimi presupposti per la villeggiatura e l’escursionismo estivo, ma anche nelle opportunità offerte per lo sci alpino – per 18 il quale sono attrezzate 5 località – e nordico. Principale stazione turistica è Camigliatello (1.272 m), frazione di Spezzano della Sila, che con 1.000 letti alberghieri e 9.000 in appartamenti e seconde case è la località montana più attrezzata a sud di Roccaraso. Qualche tempo fa era anche la principale stazione invernale della Calabria, ma il mancato rinnovo degli impianti di risalita ha dirottato consistenti flussi turistici in stazioni come Lorìca (1.314 m) – con piste, però, sfavorevolmente esposte a sud-est – o Villaggio Palumbo nel Comune di Cotronei (Catanzaro). Altre importanti località turistiche silane sono Silvana Mansio – uno dei centri più elevati della Calabria, a 1.473 m – Villaggio Mancuso, la piccola città di S. Giovanni in Fiore – unico comune italiano con più di 10.000 ab. ad oltre 1.000 m di quota – e il centro di Taverna (Cz). L’interesse dell’Aspromonte e del Pollino è di carattere essenzialmente naturalistico, con vari itinerari escursionistici in ambiente solitario e suggestivo, ma il primo possiede in Gambàrie un'importante stazione a 1.310 m di quota e a meno di 40 km da Reggio Calabria, nel quale si scia con vista sul mare. Le Serre hanno nella cittadina di Serra S. Bruno (790 m) la località più frequentata, con possibilità di escursioni attorno al Monte Pecoraro (1.423 m), nella località montana di Fabrizia (947 m) e nella singolare “new town” borbonica di Ferdinandea, a 1.061 m di quota. Le attrattive artistico-culturali comprendono monumenti bizantini come la Cattolica di Stilo, la Certosa di Serra S. Bruno, i centri storici di S. Giovanni in Fiore e Morano Calabro. Ricettività, presenze, impianti di risalita Alla cospicua superficie montana della regione – circa 6.500 kmq – non corrisponde un’adeguata ricettività alberghiera, tanto più che la metà dei letti si concentra a Camigliatello, la RIVISTA del TURISMO 2/2002 73 UN’ANALISI REGIONALE Tabella 18.1 Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998 Popolazione nel territorio montano. Anno 1998 Letti alberghieri. Anno 1999 Letti extra-alberghieri (inclusi appartamenti e seconde case) Presenze alberghiere. Anno 1999 Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case) Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓) 1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante) 2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq) 3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%) Numero impianti di risalita Portata degli impianti (persone/ora) Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq) 6.496 576.589 3.950 146.000 220.000 5.500.000 ↑ 0,4 33,9 882 126.640 19,5 15 11.000 1,7 Tabella 18.2 Principali stazioni montane (in base a presenze alberghiere e complessive, 1999) Comune Pres.alb. % str. Camigliatello (Spezzano) 62.138 3,9 Gambarie (S. Stefano A.) 25.000 .. S. Giovanni in Fiore 10.974 4,2 Pedace-Lorica 7.000 * 4,0 * Valori stimati; % str.: percentuale di presenze straniere Letti alb. 1.006 450 418 129 Gambàrie e Lorìca. Piuttosto elevata è invece la ricettività in seconde case e appartamenti, in grado di generare un movimento di almeno 5,5 milioni di presenze. Va comunque detto che per la Calabria è particolarmente difficile individuare la ricettività propriamente montana, in quanto in alcuni comuni di montagna come ad es. Falconara Albanese, Guardia Piemontese, Mandatoriccio (Cosenza) o Falerna (Catanzaro), buona parte, se non tutti i letti alberghieri ed extra-alberghieri si localizzano in frazioni marine. La superficie delle aree a parco è un po’ gonfiata dal fatto che queste si estendono anche in zone propriamente non montane, e i servizi offerti ai visitatori non sono paragonabili a quelli presenti in parchi di più antica istituzione o in una regione come il Trentino-Alto Adige/Südtirol, ma ciò non toglie che la Calabria si collochi ai vertici italiani per incidenza delle aree protette sulla superficie montana. 74 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 Comune Cotronei Camigliatello S. Giovanni in Fiore Gambàrie Tot.Pres.* 480.000 460.000 230.000 165.000 Tot.letti * 12.000 10.000 6.000 3.600 Le principali località turistiche sono le stesse sia che si considerino i soli letti alberghieri, sia il complesso delle strutture ricettive, a parte l’inserimento di Taverna – con le importanti frazioni di Villaggio Mancuso, Villaggio Racise e Ciricilla – per la ricettività alberghiera e di Cotronei – con le frazioni di Trepidò e Villaggio Palumbo – per quella extra-alberghiera. Camigliatello si conferma come principale stazione montana della Calabria, dato che Cotronei conta meno di 200 letti alberghieri, mentre Gambarie – frazione di S. Stefano in Aspromonte – ha meno della metà dei letti alberghieri e poco più di un terzo di quelli in seconde case (fatto, questo, in sé positivo). S. Giovanni in Fiore, oltre ad essere di per sé un importante centro turistico in posizione strategica al centro della Sila, include nel proprio territorio l'importante stazione di Lorìca, spartita col comune di Pedace. Gli impianti di risalita sono più numerosi (e con maggiore portata oraria) delle altre regioni RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO a sud dell’Abruzzo, ma le infrastrutture per lo sci alpino sono ancora largamente al di sotto delle potenzialità della regione, i cui indicatori di intensità turistica restano in definitiva piuttosto bassi. Trasporti, accessibilità e sentieristica L’asprezza del rilievo fa sì che l’accessibilità delle principali località montane della Calabria non sia delle migliori, anche se l’avvicinamento alla par- te più elevata del Parco del Pollino è facilitato dall’Autostrada Salerno-Reggio Calabria, e se una strada a scorrimento veloce permette di superare in galleria il pittoresco ed elevato Passo di Monte Scuro (1.618 m) e raggiungere Camigliatello Silano. Nel Parco dell’Aspromonte, si possono scoprire paesi abbandonati come Casalnuovo e Africo, con lunghi trekking in sentieri e mulattiere poco frequentate, in partenza da centri arroccati come Roghudi e Ghorio. Tabella 18.3 Principali bacini sciabili (in base alla capacità di elevazione degli impianti di risalita, in persone/ora per metro di dislivello) Comprensori e stazioni Gambàrie (S. Stefano in Aspromonte) Villaggio Palumbo (Cotronei) Lorìca (Pedace e S. Giovanni in Fiore) P/h/m 754.000 715.977 659.700 P/h 2.900 3.789 2.425 Impianti 3 4 4 P/h/imp. 967 947 606 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 75 UN’ANALISI REGIONALE 19 SICILIA Caratteristiche del territorio Risorse e pianificazione territoriale Elementi centrali dell'orografia dell'isola sono l’Etna (o Mongibello), che coi suoi 3.323 m (variabili con le eruzioni) è il vulcano più alto e imponente d’Europa, e la fascia montuosa settentrionale, che da Messina a Termini Imerese assume caratteri di catena: a est i Peloritani, prosecuzione dei rilievi cristallini della Calabria, con cime brulle che raggiungono i 1.200-1.300 m; al centro i Nèbrodi (M.Soro, 1.847 m), con grandi groppe arrotondate di argilla e arenaria ammantate di boschi; a ovest le calcaree Madonìe (Pizzo Carbonara, 1.979 m), con alte pareti rocciose e pianori carsici, che a ovest/sud-ovest si continuano con gruppi di rilievi isolati, calcarei, come la Rocca Busambra (1.675 m) o il Cammarata. Queste catene sono valicate da strade impervie, che si inerpicano in genere oltre i 1.000 m: nella sezione centrale dei Nebrodi, in particolare, gli unici due passi sono ad oltre 1.500 m di quota. Il cuore dell'isola è costituito dall'ondulato e assolato “altopiano solfifero”, prevalentemente argilloso, la cui parte orientale – che culmina a Enna (948 m) – prende il nome di Monti Erei, mentre a sud-est si erge l'alta piattaforma calcarea degli Iblei (986 m). Quattro sono i corsi d'acqua principali: a est il Simeto e a sud il Salso, il Platani e il Belice. Il turismo montano in Sicilia ha scarsa importanza, e nonostante molti comuni si situino a quote relativamente elevate, pochi possono qualificarsi come vere località di soggiorno. Principali aree di turismo montano sono l’Etna e le Madonie, cui si può aggiungere qualche piccola località di soggiorno nei Nebrodi e nei Peloritani. Nelle Madonie, tradizionali centri turistici sono Petralìa Sottana (1.000 m), donde una comoda strada di 15 km permette di raggiungere la località di Piano Battaglia (1.592 m), ampia e verde depressione carsica ai piedi delle cime più alte delle Madonie. Le estese faggete, l’aspra morfologia del Pizzo Dìpilo, alcune attrattive storico-culturali, come i centri storici di Castelbuono e Collesano, i ruderi dell’Abbazia di S. Giorgio e del Castello di Isnello, completano l’offerta turistica delle Madonie. Tra Enna e le Madonie, il borgo di Sperlinga, su una rupe di arenaria, presenta alcune abitazioni scavate nella roccia (aggrottati), di epoca ignota. L'Etna attrae per la sua mole imponente e lo spettacolo delle manifestazioni vulcaniche, ma non è da trascurare il ruolo di stazione di sport invernali. La salita al cratere un tempo era facilitata sul versante di Nicolosi da due tronchi funiviari – poi distrutti da varie eruzioni – che permettevano di raggiungere i 2.935 m di quota (ex Osservatorio). Tabella 19.1 Quadro sintetico dell’offerta turistica regionale Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998 Popolazione nel territorio montano. Anno 1998 Letti alberghieri. Anno 1999 Letti extra-alberghieri (inclusi appartamenti e seconde case) Presenze alberghiere. Anno 1999 Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case) Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓) 1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante) 2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq) 3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%) Numero impianti di risalita Portata degli impianti (persone/ora) Indicatore di intensità deli impianti di risalita (persone/ora/kmq) * Comprese Enna e Nicosìa, escluse Piazza Armerina, Caltanissetta, Ragusa 76 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 11.304 839.572 *3.100 208.300 170.000 7.500.000 ↓ 0,2 15,0 679 112.706 10,0 7 3.200 0,3 RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO Ricettività, presenze, impianti di risalita La Sicilia vanta la più estesa superficie montana d’Italia dopo il Trentino-Alto Adige/Südtirol e il Piemonte, con una popolazione di circa 840.000 abitanti, ma in effetti solo una parte dei comuni così classificati per altitudine e morfologia del territorio presenta caratteristiche climatiche e paesaggistiche tali da poter essere prescelto per soggiorni propriamente montani. I letti alberghieri sono meno numerosi rispetto alla Basilicata e alla Calabria, e concentrati nelle province di Palermo, Catania e Enna, mentre la ricettività extraalberghiera – circa 210.000 letti – è da considerarsi piuttosto elevata, anche se con le limitazioni cui sopra si accennava. Gli indicatori di intensità turistica registrano valori bassi, mentre è elevata la superficie dei parchi regionali (Etna, Madonie, Nebrodi), qui computati solo per una parte della loro estensione, in quanto interessano anche zone costiere o attraggono per un turismo non puramente montano, ma per i fenomeni del vulcanesimo. I principali comuni turistici etnei sono Nico- losi, che nel 1996 ha registrato circa 38.000 presenze alberghiere, Zafferana e Linguaglossa. Particolarmente gravi ai fini del turismo invernale sono stati i danni recati dall’eruzione del 2000 alla stazione di Etna-Sud, che ha distrutto la telecabina in partenza dal Rifugio Sapienza e quattro skilift che salivano fino a 2.620 m. L’unica stazione funzionante, dunque, è adesso quella di Piano Provenzana-Etna Nord (Linguaglossa), con quattro skilift (più un “baby” gestito dalla Provincia) che raggiungono i 2.330 m. Essa è suscettibile di espansione, e potrebbe attirare turisti anche dall'estero, per lo spettacolo del vulcano e dello scenario marino, mentre per il versante sud è ancora presto per stabilire fino a che punto si potrà ovviare ai danni causati dall'eruzione. Zafferana Etnea vanta comunque la maggiore ricettività alberghiera fra le stazioni montane (460 letti), seguita da Nicolosi (310). Nelle Madonie, che nel 1999 hanno registrato in complesso 40.500 presenze alberghiere, le principali stazioni montane sono Castelbuono (14.500 presenze), Petralia Sottana (9.350) – con due sciovie a Piano Battaglia, la RIVISTA del TURISMO 2/2002 77 UN’ANALISI REGIONALE che risalgono le pendici del Monte Mùfara – e Isnello, nonché la piccola città di Troina (Enna), a 1.120 m di quota ma al margine della catena. Trasporti, accessibilità e sentieristica Proverbialmente tortuose e di lenta percorrenza sono le strade che permettono di accedere alle Madonie, ai Nebrodi e all’Etna, mentre notevole 20 rilevanza turistica potrebbe assumere la ferrovia circumetnea, per gli scorci pittoreschi che offre lungo l’intero percorso. Interessanti percorsi escursionistici – descritti in una guida e rappresentati in una carta topografica a cura di Apt, Provincia e Ente Parco – si snodano nel settore centrale delle Madonie e alle pendici della Rocca Busambra (Bosco della Ficuzza). SARDEGNA Caratteristiche del territorio Risorse e pianificazione territoriale La Sardegna conta quattro principali massicci montuosi: a nord il Limbara (1.359 m), nella sezione centro-occidentale la catena del Màrghine-Gocèano e l’isolato, vulcanico Monte Ferru, a sud-ovest il Linas e al centro il Gennargentu, di gran lunga il più importante ed esteso, con le due cime di Bruncu Spina e Punta La Màrmora (1.834). Principali corsi d’acqua sono a sud il Mannu, che attraversa la pianura del Campidano, a ovest il Tirso – il più lungo – che sbocca presso Oristano, a est il Flumendosa e a nord il Coghìnas. I rilievi presentano forme arrotondate, con poche eccezioni, come il Sopramonte (1.463 m) che sovrasta Oliena, e il Monte Albo, a nord-est di Nuoro, con impressionanti bastionate calcaree. In una regione tradizionalmente eletta a meta privilegiata per le vacanze al mare, il turismo montano ha scarsissima importanza e il suo raggio di attrazione è comunque circoscritto ai confini dell’isola. Praticamente tutte le risorse – ove si eccettuino la cittadina pedemontana di Villacidro (Cagliari) e la zona di Aggius-Tempio Pausania (Sassari) – si concentrano nel Gennargentu, ove si situano località di villeggiatura come Aritzo (796 m), Gavoi, Sòrgono, Désulo, Fonni (1.000 m),Tonara e Lanusei, per le quali l'Ept non fornisce dati sul movimento turistico. Nell'area del Gennargentu è possibile effettuare lunghe escursioni in ambiente solitario, sia nella zona sommitale che nella propaggine nordorientale del massiccio, tra Orgòsolo e Passo Caravai. Da Funtana Bona di Orgosolo (1.082 m) si può Tabella 20.1 Quadro di riferimento territoriale, demografico e turistico Superficie del territorio montano (kmq). Anno 1998 Popolazione nel territorio montano. Anno 1998 Letti alberghieri. Anno 1999 Letti extra-alberghieri (inclusi appartamenti e seconde case) Presenze alberghiere. Anno 1999 Presenze extra-alberghiere (stima, inclusi appartamenti e seconde case) Variazioni delle presenze alberghiere. Anni 1998-2000 (↑, =, ↓) 1° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/abitante) 2° indicatore di intensità turistica (presenze alberghiere/kmq) 3° indicatore di intensità turistica (stima presenze complessive/kmq) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali in territorio montano (ha) Superficie dei Parchi Nazionali e Regionali su superficie montana (%) Numero impianti di risalita Portata degli impianti (persone/ora) Indicatore di pressione territoriale degli impianti di risalita (persone/ora/kmq) 78 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 5.765 170.491 2.660 22.800 140.000 800.000 – 0,8 24,3 163 – – 1 700 0,2 RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO compiere la facile ma remunerativa ascensione al Monte Novo S. Giovanni e discendere nella Valle del Flumineddu – principale ramo sorgentizio del Cedrino – tra bianche pareti calcaree, fino all'impressionante canyon della Gola su Gorruppu. Nel comune di Gairo, si staglia il monolito del Monte Perda 'e Liana, suggestivo monumento naturale che ricorda paesaggi dell'Arizona o del Wyoming. I monti della Sardegna ospitano anche numerosi resti archeologici (nuraghi, tombe dei giganti), suggestive chiese isolate e testimonianze della vita pastorale (pinneddas). Nel comune di Fonni, una lunga sciovia – unica dell’isola, dopo la dismissione del vicino, più basso impianto di Monte Spada – parte da un piazzale a 1.570 m e raggiunge la vetta del Bruncu Spina (1.829 m), servendo due piste impegnative, con esposizione nord. Ricettività, presenze, impianti di risalita La ricettività alberghiera della montagna sarda è relativamente superiore a quella della Sicilia, se si con- sidera la ben diversa estensione del territorio montano nelle due isole. Peraltro, tutti gli indicatori di intensità turistica restano modesti, come pure la possibilità di praticare gli sport invernali, ridotta a mera testimonianza. Fonni, il comune più elevato della Sardegna, non è la località più adatta al soggiorno, in quanto il popoloso comune barbaricino, pur contando due alberghi di buon livello nel centro e a Monte Spada, si distende su un pendio assolato e non presenta quei servizi e quella cura dei particolari atti a rendere al turista più piacevole la permanenza. Aritzo, invece, immerso tra i boschi di castagni, ha quella vivacità di piccola stazione di villeggiatura che, unitamente alla discreta ricettività alberghiera (360 letti e probabilmente 18.000 presenze), ne fa la stazione montana più importante della Sardegna. Allo stato attuale, è difficile immaginare un’espansione del turismo montano in Sardegna, se non in abbinamento con soggiorni marini e con pacchetti che includano escursioni guidate in ambiente selvaggio. a la RIVISTA del TURISMO 2/2002 79 UN’ANALISI REGIONALE Bibliografia • AUTONOME PROVINZ BOZEN-SÜDTIROL/PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO-ALTO ADIGE, Seilbahnen in Südtirol/Impianti a fune in Alto Adige, Ufficio provinciale trasporti funiviari (varie annate) • BARTALETTI F., Lo sviluppo del turismo invernale nelle stazioni vicine alla frontiera. Considerazioni generali, con particolare riguardo all’alta Val di Susa/Haute Maurienne, in “L’effetfrontière dans les Alpes”. 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Giovanni Rotondo, APT Altopiano di Asiago, APT Arezzo, APT Belluno-Feltre-Alpago, APT Bergamo, APT Brescia, APT Carnia-Ufficio Forni di Sopra, APT del Comasco, APT Dolomiti, APT di Foggia, APT Genova, APT del Lecchese, APT Livigno, APT di Lucca, APT Madonna di Campiglio-Pinzolo-Val Rendena, APT Monte Bianco, APT Monte Rosa APT del Pavese, APT della Provincia di Roma, APT della Provincia di Frosinone, APT Reggio Calabria (Ufficio Statistica), APT Riviera degli Olivi, APT Riviera dei Fiori, APT Riviera delle Palme, APT Tigullio, APT Valtellina (e Uffici di Aprica, Bormio, Madesimo, Valfurva), APT del Varesotto, APT Verona, APT Vicenza, Azienda Regionale per la Promozione Tu- ristica del Friuli Venezia Giulia, EPT Benevento, EPT di Napoli, IAT Roccaraso, Provincia di Biella, Provincia di Bologna, Provincia di Cuneo, Provincia di Forlì-Cesena (Ufficio Statistica Provinciale del Turismo), Provincia di Modena, Provincia di Parma (Servizio Statistica), Provincia di Piacenza (Servizio Turismo), Provincia di Pistoia (Servizio Statistica), Provincia di Reggio Emilia (Servizio Statistica Turistica), Provincia di Savona, Provincia di Torino, Provincia Autonoma di Trento (Servizio Impianti a Fune), Provincia del Verbano-Cusio-Ossola, Regione Abruzzo (Direzione Turismo), Regione Umbria (Servizio Turismo-Statistica), Servizio Turistico Territoriale di Assisi, Ufficio Turistico Canazei, USTIF di Firenze, Torino, Trieste. REFERENZE ICONOGRAFICHE Copertina: Corvara, Trentino-Alto Adige/Südtirol (arch. Tci) • p.6: Monte Rosa, 1911 (arch. Tci) • p.9: L’Alpe, rivista forestale italiana, 1931 (arch. Tci) • p.12: Val Formazza, Piemonte, 1948 (arch. Tci) • p.13: Cortina d’Ampezzo, Veneto, 1964 (arch. Tci) • p.14: Pescasseroli, Abruzzo, 1922 (arch. Tci) • p.15: Monte Furggen, Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste, 1955 (arch. Tci); p.18: Bormio, Lombardia (arch. Tci) • p.19: Courmayeur, Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste (arch. Tci) • p.21: Monte Bernina, Lombardia, 1965 (arch. Tci) • p.24: Valtournenche, Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste (arch. Tci) • p.29: Varallo Sesia, Piemonte, 1958 (arch. Tci) • p.31: Sestriere, Piemonte (arch. Tci) • p.33: S. Stefano d’Aveto, Li- 80 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 guria, 1955 (arch. Tci) • p.37: Tignale, Lombardia, 1955 (arch. Tci) • p.41: Celentino, Trentino, 1959 (arch. Tci) • p.43: Alpe di Siusi, Alto Adige-Südtirol, 1969 (arch. Tci) • p.47: Cortina d’Ampezzo, Veneto (arch. Tci) • p.48: Cortina d’Ampezzo, Veneto, 1955 (arch. Tci) • p.51: Tarvisio, Friuli-Venezia Giulia, 1952 (arch. Tci) • p.57: Abetone, Toscana, 1968 (arch. Tci) • p.59: Norcia, Umbria, 1954 (arch. Tci) • p.61: Passo del Furlo, Marche (arch. Tci) • p.65: Terminillo, Lazio (arch. Tci) • p.67: Roccaraso, Abruzzo, 1968 (arch. Tci) • p.75: Castrovillari, Calabria, 1962 (arch. Tci) • p.77: Linguaglossa, Sicilia, 1969 (arch. Tci) • p.79: Aritzo, Sardegna (arch. Tci) • p.92: Alpi Orobie, Lombardia, 1965 RAPPORTO SUL TURISMO MONTANO la RIVISTA del TURISMO 2/2002 81 FORUM Forum 2002 Anno Internazionale delle Montagne Le azioni del Governo La montagna è una risorsa che caratterizza fortemente il territorio italiano e che, come tale, necessita di politiche dedicate per la salvaguardia e lo sviluppo socioeconomico DI ENRICO LA LOGGIA, MINISTRO PER GLI AFFARI REGIONALI CON DELEGA PER LA MONTAGNA Ben sappiamo come la montagna italiana sia poesia e insieme problema. Lo sapevano anche i nostri padri costituzionalisti che previdero già nell’ultimo comma dell’art. 44 della Costituzione “la legge predispone provvedimenti a favore delle zone montane”, esplicitando per la prima volta in Italia, il principio della necessità di interventi legislativi a favore delle zone montane. Su tale disposto costituzionale si è imperniata e sviluppata l’azione politica per la montagna del nuovo Stato repubblicano, culminata negli anni più recenti nella legge n. 97 del 31 gennaio 1994 recante “Nuove disposizioni per le zone montane”, dalla quale sono derivate e originano tutt’oggi leggi regionali attuative e provvedimenti di amministrazioni statali. Nel tempo, la politica per le zone montane si è esplicata inizialmente in interventi indiretti, collegati sostanzialmente con il settore agricolo, con le attività forestali, con la bonifica, con la realizzazione di opere di viabilità locale ed agricola, nonché di infrastrutture idriche, elettriche, telefoniche. Nel 1971, l’adozione della legge n. 1102 ha concretato una prima svolta di rilievo, configurando un quadro organico di politiche per la montagna caratterizzato dall’individuazione – da parte delle neo costituite Regioni – di “zone omogenee” nelle quali sono state istituite successivamente le Comunità montane, definite “Enti di diritto pubbli82 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 co” preposti all’adozione di piani di sviluppo economico-sociale e di piani urbanistici. Si è così avviato un processo di “territorializzazione” della montagna e di politiche di “programmazione” che nel 1973 indusse tutte le Regioni a istituire “Comunità montane” nelle rispettive zone omogenee. Il nuovo Ordinamento nazionale degli enti locali (legge n. 142/90) ha conferito poi alle Comunità montane lo status di “ente locale” e ne ha individuato al contempo le finalità principali: promozione della valorizzazione delle zone montane; esercizio associato delle funzioni comunali, realizzazione degli interventi speciali per la montagna stabiliti dall’Unione europea o dalle leggi statali e regionali. Le successive leggi n. 59/97 (sul conferimento di compiti e funzioni dallo Stato a Regioni e autonomie), n. 265/99 e il recente testo unico in materia di enti locali, precisano il ruolo delle Comunità montane che vengono definite “unioni di Comuni, Enti Locali costituti tra Comuni montani e parzialmente montani”, destinatarie di funzioni proprie, funzioni conferite e dell’esercizio associato di funzioni comunali, nel contesto del più ampio disegno nazionale di un federalismo amministrativo di natura solidale. Ma è la citata legge n. 97/94 che ha ulteriormente perfezionato e costituisce ad oggi, il quadro legi- 2002 ANNO INTERNAZIONALE DELLE MONTAGNE slativo e programmatico delle azioni a favore della montagna, ancor più organico, propulsivo e strettamente ancorato al contesto socioeconomico e culturale dei singoli territori locali. Gli interventi speciali per la montagna vengono configurati come “azioni organiche e coordinate dirette allo sviluppo globale della montagna, mediante la tutela e la valorizzazione delle qualità ambientali e delle potenzialità endogene proprie del l’habitat montano”, sotto i profili territoriale, economico, sociale, culturale e delle tradizioni locali. L’istituzione di uno specifico “Fondo nazionale per la montagna”, volto ad alimentare i programmi e i progetti di intervento delle Comunità montane, qualificati come interventi speciali, costituisce lo strumento finanziario fondamentale per l’operatività e concreta attuazione del quadro legislativo e programmatico in questione. Il sistema di interventi e strumenti prefigurato dalla legge n. 97/94 include e ha altresì originato ulteriori strumenti di supporto istituzionale alla perseguita politica in favore della montagna italiana. Vanno al riguardo ricordati l’avvio di un sistema informatico della montagna – Sim – gestito dal ministero per le Politiche agricole, inteso ad assicurare anche la strumentazione informatica necessaria alle Comunità montane (senza un simile strumento gli incalzanti processi di globalizzazione potrebbero escluderle dai processi di sviluppo), nonché a integrarsi con l’Inrm, Istituto nazionale per la ricerca scientifica e tecnologica sulla montagna, sotto la vigilanza del ministero della Ricerca, col compito di realizzare un portale su cui far confluire tutti i dati sulla montagna provenienti dai vari enti competenti. Va, infine, sottolineata la volontà di istituire nelle forme più idonee e di avviare prossimamente, presso la presidenza del Consiglio dei Ministri, uno specifico “Osservatorio per la montagna” da me guidato e finalizzato a verificare lo stato di applicazione della legge n. 97/94, anche in coordinamento con la politica dell’Unione europea per le zone montane, studiare eventuali misure di ulteriore sviluppo delle medesime zone, nonché proporre eventuali, nuove riforme. Esso intende rappresentare, in sintesi, l’espressione e lo strumento ultimi di una volontà e azione politica intese a imprimere una forte accelerazione al processo di salvaguardia e valorizzazione delle zone montane, attraverso ogni necessario e opportuno coordinamento normativo e istituzionale, non solo in virtù del perseguito processo di riforma costituzionale del Paese – avviato con la modifica del titolo V della Costituzione – ma anche nella più ampia prospettiva delle sfide connesse alle necessità di coesione economica e sociale all’interno dell’Unione europea nonché alle riconosciute e imprescindibili esigenze di politiche di sviluppo economico-sociale sostenibile a tutti i livelli. In questo senso guardiamo all’osservatorio come a un “gabinetto” delle montagne piuttosto che ad un più semplice comitato per la montagna e contiamo perciò di dargli tutti quegli strumenti atti a realizzare quell’opera di sintesi delle diverse istanze istituzionali e non, al fine di garantire alle nostre montagne quello sviluppo sostenibile, necessario e ormai imprenscindibile dalle politiche economiche nazionali e internazionali. Siamo confortati, in questo, dalle stesse volontà espresse sia dal presidente del Consiglio dei Ministri che dal Parlamento. Il presidente Berlusconi ha voluto evidenziare l’importanza della montagna esplicitandola nel decreto di delega delle funzioni a me affidate in qualità di ministro per gli Affari regionali. Quanto al nostro Parlamento, con gli ordini del giorno della Camera del 19 dicembre 2001, presentati dalle forze di maggioranza e dall’opposizione, esso impegna il governo a “farsi parte diligente in proprio e presso i diversi dicasteri affinché, per quanto di loro competenza si attivino in via prioritaria in favore delle montagne, destinando risorse e attivando anche specifiche iniziative legislative: supportino il Comitato Italiano per il 2002, Anno Internazionale delle Montagne […] in particolare per la partecipazione alle conferenze e iniziative internazionali promosse dalla Fao e dalle Nazioni Unite, e la collaborazione dello stesso ai programmi nazionali, regionali e locali per la celebrazione dell’Anno Internazionale delle Montagne”. Il dipartimento per gli Affari regionali sta elaborando in questi giorni, i dati risultanti da un sondaggio effettuato dai suoi uffici, presso tutte le Regioni italiane relativo proprio all’attuazione della legge 31 gennaio 1994, n. 97. E’ uno strumento con il quale cercheremo di capire quali siano le maggiori difficoltà delle Regioni a dare piena applicazione alla legge 97, cercheremo di leggere quali siano le esigenze maggiormente sentite dalle Regioni perché, nel rispetto della loro rafforzata autonomia, con l’eventuale supporto conoscitivo e dell’azione propria del governo, sappiano dare omogeneità di intervento qualificato, alle zone montane. A una prima lettura di questi risultati si ha la conferma della necessità di apportare le necessarie modifiche alla legge n. 97 perché questa dia la possibilità di reperire più risorse e strumenti che ne agevolino l’attuazione. La disparità dei risultati ottenuti, le differenze di sensibilità nell’accogliere e praticare le nuove pola RIVISTA del TURISMO 2/2002 83 FORUM litiche per la protezione, la salvaguardia e lo sviluppo delle zone montane, sono palesi anche alla luce dei risultati di questo sondaggio. Ho sempre ritenuto che il federalismo non debba significare la creazione di “regioni-monadi”, né debba basarsi sul discrimine tra Regioni più favorite e Regioni meno favorite e, in qualità di ministro per gli Affari regionali, farò di tutto perché la crescita delle Regioni italiane non ripercorra la strada dell’Italia a due velocità. Sarà cura del ministero per gli Affari regionali e del Governo nel suo insieme sollecitare l’Europa perché la Commissione apporti le necessarie modifiche all’art. 158 del Trattato di Amsterdam, perché le zone montane abbiano pieno titolo nel contesto della politica europea, ne ricevano i benefici non soltanto economici, ma culturali e politici. Sarà nostra cura far sì che questa grande metà del territorio italiano coperto da montagne così diverse , così forti e nel contempo fragili, possa beneficiare di quello sviluppo sostenibile auspicato dalle Nazioni Unite e sottolineato con la importante dichiarazione che fa del 2002 l’Anno Internazionale delle Montagne. Verso una legge quadro sulla montagna Da una montagna che divide a una che unisce: questa l’obiettivo principale che emerge dal dibattito attualmente in corso. Gli strumenti per realizzarlo? L’applicazione delle tecnologie informatiche e una nuova legge quadro sulla montagna DI FRANCO FRATTINI, MINISTRO PER LA FUNZIONE PUBBLICA E SICUREZZA Quando si parla di sviluppo sostenibile della montagna o di tutela dell’identità culturale e degli ecosistemi montani, problemi che spesso l’opinione pubblica percepisce tutto sommato come settoriali, non bisogna dimenticare che circa la metà dei Comuni d’Italia e ben 12 milioni di cittadini italiani vivono e si confrontano quotidianamente con la montagna. Non quindi un settore “residuale”, un tema che frequentemente resta confinato nella ristretta cerchia degli operatori del settore o degli sportivi, ma una importante questione di interesse nazionale e internazionale. Nel novembre del 1998 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, accogliendo le indicazioni emerse a partire dalla storica Conferenza sull’ambiente e lo sviluppo tenutasi nel 1992 a Rio de Janeiro, ha proclamato non a caso il 2002 Anno Internazionale delle Montagne. In previsione di ciò, anche in Italia si è costituito nel 2000 un apposito Comitato, che ha provveduto a programmare un calendario di iniziative, prima delle quali la convocazione dei cosiddetti “Stati Generali della Montagna”, svoltisi al Lingotto di Torino nel settembre del 2001, che hanno rappresentato una straordinaria occasione di dibattito, 84 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 incontro e riflessione sui fattori di sviluppo culturale, sociale ed economico delle aree montane. Il vecchio modello culturale di una montagna che “divide”, che rende difficoltoso lo sviluppo di una comunità, che, tutto sommato, complica le condizioni di vita dei singoli cittadini, deve essere definitivamente abbandonato e sostituito da una nuova e più moderna concezione, che prende in esame la qualità complessiva della vita dei cittadini, rinunciando a una visione semplicemente edonistica e soffermandosi invece sulla costruzione di una rete di relazioni e di solidarietà comunitaria, caratteristica portante delle zone montane ma sempre più rara nelle città e soprattutto nelle grandi aree urbane. In tal senso sono state determinanti, e sempre più saranno, le tecnologie informatiche, veri e propri volani dello sviluppo della montagna, che consentono di superare barriere logistiche e difficoltà di comunicazione un tempo invalicabili. Dalla collaborazione dell’Unione nazionale delle Comunità montane con il ministero delle Risorse agricole e forestali, in attuazione di quanto previsto dalla legge 97/94, è nato a tale scopo il Sistema informativo della montagna, che si propone appunto il duplice obiettivo di supportare 2002 ANNO INTERNAZIONALE DELLE MONTAGNE gli enti locali del territorio montano nello svolgimento dei propri compiti istituzionali, nonché di agevolare i cittadini nell’accesso on line ai servizi pubblici. La montagna quindi come modello equilibrato di sviluppo sociale delle comunità, nonché grande patrimonio ambientale, storico e turistico, come si evince dall’analisi effettuata dal Touring Club Italiano. Un’analisi che va condivisa e trasformata in un programma integrato di interventi normativi, a partire da una nuova legge quadro sulla montagna e dalla ridefinizione della politica europea in favore della montagna stessa nel quadro della Politica di coesione. Credo che questo auspicio possa diventare un impegno concreto da programmare e realizzare con l’aiuto degli operatori del settore e di tutti coloro che amano la montagna. Legge di riforma del turismo: quali opportunità per la montagna? Una significativa riflessione sul turismo e il suo ruolo nello sviluppo socioeconomico della montagna a partire dalla recente legge n. 135/2001 di riforma del settore DI ENRICO BORGHI, PRESIDENTE DELL’UNCEM (UNIONE NAZIONALE COMUNI COMUNITA’ ENTI MONTANI) L’ecosistema montano ha indubbiamente bisogno di coniugare e armonizzare le necessarie esigenze di preservazione e tutela dell’ambiente con quelle dello sviluppo plurisettoriale sostenibile, in modo da attivare e responsabilmente utilizzare nell’habitat montano tutto il giacimento di ricchezze e di risorse umane e materiali presenti. Se si accetta il principio che serve sul territorio montano presenza umana diffusa, occorre pensare alla possibilità che su quel territorio le occasioni di lavoro e di produzione, con riferimento alle risorse locali, siano promosse e favorite. Si va profilando una nuova agricoltura imprenditoriale che, a seconda delle opportunità locali e spesso recuperando prodotti della tradizione, possa coniugare coltivazione, allevamento, ospitalità, ambiente, turismo, trasformazione e commercializzazione di prodotti di pregio. E risulta sempre più necessario che i prodotti di qualità siano correlabili a territori di qualità ben identificabili ovunque possibile con la tradizione, con i beni culturali e storici, cosicché i prodotti siano una componente rilevante di un’immagine di qualità idonea a essere presentata e venduta. Gli enti locali su questi temi debbono lavorare con impegno, specie le Comunità montane, perché non si può offrire solo una località o un edifi- cio, ma un territorio con tante proposte correlabili, dall’arte alla gastronomia, dalla particolarità geologica o naturalistica ai beni vendibili, alla ricettività. In tal senso vanno dunque pienamente condivisi i principi ispiratori della nuova legge quadro n. 135/2001, la quale si propone: la tutela e la valorizzazione delle risorse ambientali, dei beni culturali e delle tradizioni locali; la promozione del ruolo delle comunità locali, nelle loro diverse e autonome espressioni culturali e associative; l’affermazione dell’immagine turistica nazionale sui mercati mondiali, con particolare attenzione per gli specifici e variegati ambiti territoriali, inclusi quelli montani. Nel presupposto del principio di sussidiarietà, la legge riconosce il ruolo degli enti locali e favorisce un approccio corretto alla realizzazione di politiche intersettoriali e infrastrutturali per la qualificazione dell’offerta turistica. Oltre a istituire la Conferenza nazionale del turismo (cui tra gli altri partecipano Anci, Upi e Uncem), la legge ridefinisce il sistema turistico, prevedendo un ampio ruolo di indirizzo generale da parte delle Regioni e, nel contempo, un’adeguata funzione di intervento da parte degli enti locali, mediante il riconoscimento dei sistemi turistici locali, contesti omogenei e integrati, comprenla RIVISTA del TURISMO 2/2002 85 FORUM denti ambiti territoriali appartenenti anche a Regioni diverse, caratterizzati dall’offerta integrata di beni culturali, ambientali e di attrazioni turistiche, compresi i prodotti tipici dell’agricoltura e dell’artigianato locale, o dalla presenza diffusa di imprese turistiche singole o associate. E’ quindi di fondamentale importanza ora una forte capacità di iniziativa da parte delle autonomie, incluse le Comunità montane in rapporto collaborativo efficace con i Comuni, in quanto sono proprio gli enti locali (e in loro assenza i soggetti privati singoli e associati) a dover promuovere i sistemi turistici locali mediante forme di concertazione con gli enti funzionali, con le associazioni di categoria che concorrono alla formazione dell’offerta turistica, oltre che con i soggetti pubblici e privati interessati. Va ancora sottolineato in proposito, per ribadire il ruolo strategico assegnato alla capacità di attivazione da parte delle amministrazioni locali, che il riconoscimento di tali sistemi turistici avviene mediante l’utilizzo degli strumenti delle convenzioni o degli accordi di programma, anche al fine di favorire l’integrazione tra politiche del turismo e politiche di governo sia del territorio che dello sviluppo economico. A tale tema, inoltre, si legano strettamente le modalità di finanziamento dei progetti di sviluppo dei richiamati sistemi turistici locali, disciplinati dall’art. 5 della legge 135. Tutto ciò costituisce motivo di grande attenzione per l’Uncem, in relazione all’efficace coinvolgimento e partecipazione degli enti montani ai processi da porre subito in essere per corrispondere alle finalità innovative della legge quadro, rappresentando i territori montani rilevante risorsa nazionale, bene collettivo, comune patrimonio da valorizzare anche dal punto di vista turistico nello spirito di forte integrazione intersettoriale affermato dalla 135. Le interrelazioni tra l’uomo e la montagna, in particolare negli ultimi tempi, oltre a coinvolgere campi di ricerca sempre più numerosi, hanno ribadito sia la centralità istituzionale della tutela e della conservazione, sia la centralità che il comparto turistico può assumere per lo sviluppo sostenibile e responsabile. Lo sviluppo economico dell’area di montagna, ancor più attraverso la promozione turistica, è di per sé tema delicato. Una responsabile e sostenibile promozione turistica del territorio di montagna, oltre allo sviluppo e al potenziamento del comparto prettamente turistico, non può che risultare utile per il suo più generale sviluppo economico. Un’economia che, peraltro, è a macchia di leopardo e che va sostenuta con un criterio di unicità, senza svilire e snaturare le caratteristiche produt86 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 tive differenti e con l’obiettivo di perseguire un’offerta unitaria, articolata, integrata e differenziata sul territorio per uno stesso prodotto e marchio equivalente al binomio turismo-territorio. L’unicum da rappresentare (cioè anche quell’insieme non omogeneo da valorizzare) ben si presta proprio per una sua conservata verginità territoriale, a uno sviluppo turistico che potrà e dovrà comportare un’offerta differenziata da individuare in un territorio fisico e ambientale uguale o similare, ma con forme di attività produttive a volte particolarmente differenziate: da un’economia agricola a un’economia integrata con caratteristiche di forte produzione artigianale locale, a nicchie, o a sistemi ricettivi rivolti anche a un turismo sempre meno pendolare. Ciò posto, l’Uncem ha assunto come impegno prioritario – sancito prima nelle linee politico-programmatiche approvate dal Consiglio nazionale e più di recente in sede di lavori degli Stati generali della montagna dello scorso settembre, a Torino, manifestazione di avvio dell’AIM 2002 indetto dall’Onu – quello di insistere con grande forza sulla funzione economico-produttiva ed econonomico-ambientale della montagna, rilanciandone strategie e indirizzi che vedono coinvolto, in un disegno plurisettoriale di politiche per lo sviluppo, anche e soprattutto il settore turistico, con particolare riferimento alla valorizzazione delle produzioni tipiche e di qualità originate in montagna. Anche la funzione ambientale non deve essere vista a prescindere dalla sua valenza economica. L’ambiente è una risorsa scarsa e compromessa che richiede mezzi per essere difesa e potenziata. Essa va tutelata e valorizzata suscitando e sostenendo una più forte e generalizzata cultura per la preservazione ambientale, sia in termini di conseguimento di adeguati livelli di qualità della vita, che promuovendo il migliore utilizzo sostenibile delle sue risorse naturali e in particolare delle filiere produttive di maggiore pregio e caratterizzazione in montagna. Nessuna società può fare più affidamento (in questo quadro di definitiva affermazione dei valori del mercato globale) su una prospettiva economica sorretta da costanti e massicci trasferimenti dal centro verso la periferia. La montagna rischierebbe una sconfitta certa se prevedesse per il suo futuro esclusivamente ed eminentemente una politica di spesa pubblica che, oggi, si porrebbe in concorrenza con i fabbisogni del Welfare State italiano le cui voci di costo maggiori (sanità, previdenza, istruzione) di per sé drenano i maggiori interventi di investimento, non lasciando spazi per altre funzioni in tal senso. 2002 ANNO INTERNAZIONALE DELLE MONTAGNE Occorre pertanto modificare il percorso e individuare nuovi sentieri. L’Uncem ritiene che per lo sviluppo della base produttivo-finanziaria della realtà montana occorra operare in quattro direzioni, e su questo tema ha già richiamato Governo, Parlamento e Regioni a fornire adeguate risposte: • perseguire tutti gli obiettivi individuati dalla legge n. 97/94 sulla montagna italiana, in particolare per la parte che prevede la proprietà di risorse, come prodotti della pesca, della caccia, del sottobosco, i marchi di qualità – che non debbono essere più ostacolati da ottuse burocrazie – e la vendita di prodotti certificati, il turismo, l’agricoltura, le filiere del legno ecc; • prevedere controvalori specifici per il rilascio di risorse autoctone della montagna. Fondamentale, a tale proposito, applicare sino in fondo e anche in altri campi il corrispettivo sul valore finale del prodotto “acqua” consentito dall’applicazione della legge n. 36/94 (“legge Galli”); • istituire forme di compensazione che prevedano la possibilità di prelevare anche a favore della montagna ragionevoli percentuali sui frutti delle infrastrutture che ne utilizzano il territorio: autostrade, grandi impianti industriali, elettrodotti e gasdotti, scali ferroviari; • vincolare annualmente una quota delle risorse che Stato e Regioni stanzieranno nel campo del riassetto idrogeologico a favore di un Piano straordinario di manutenzione ordinaria dei versamenti montani, diluito negli anni con tempi e risorse certe, come premessa essenziale al riavvio economico-produttivo della montagna italiana. L’Uncem ritiene che sia giunto il tempo per l’elaborazione di una norma giuridica non di nicchia per la montagna italiana, ma spalmata sull’intero corpo della legislazione nazionale. A fianco di un auspicato Testo unico delle leggi sulla montagna che innovi profondamente inserendo norme cogenti per diversi livelli di governo e di amministrazione (si pensi all’obbligatorietà per Stato e Regioni – e quindi per le loro articolazioni tecnico/burocratiche – di prevedere in ogni bilancio di previsione stanziamenti a favore del territorio montano i cui tetti minimi sono fissati per legge nel campo della viabilità, della sanità, dell’istruzione, dell’incentivazione produttiva ecc.), si dovrebbe pertanto prevedere l’obbligatorietà di una attenta verifica dell’impatto che ogni singola legge esercita sul corpo sociale della montagna italiana. A poco serve avere la legge n. 97, ad esempio, se le normative in campo scolastico, socioassistenziale o produttivo contraddicono nei fatti l’impegno a mantenere l’uomo in montagna, creando al contrario le condizioni per un ulteriore abbandono. All’interno di tale Testo unico dovranno trovare corpo le norme giuridiche in grado di dare concretezza alla necessità del rilancio economico-produttivo della montagna illustrate in precedenza. La Calabria punta sul turismo montano Un territorio estremamente ricco di risorse naturali che vuole farsi conoscere al grande pubblico non solo per il suo mare ma anche per la sua montagna. E’ questa la sfida che lancia la Regione Calabria in occasione dell’Anno Internazionale delle Montagne DI GIUSEPPE GENTILE, ASSESSORE AL TURISMO DELLA REGIONE CALABRIA Il 2002, Anno Internazionale delle Montagne, è la migliore occasione per parlare della Calabria, di questa poco conosciuta regione italiana, posta nel cuore del Mediterraneo, che possiede oltre 700 chilometri di coste e circa 600 mila ettari di bosco. Due i caratteri comuni delle montagne calabresi: la contiguità con il mare e la luminosità del paesaggio. Non vi è cima, in Calabria, che disti più che una manciata di chilometri dallo Jonio e dal Tirreno. E non vi è rilievo che non conservi per gran parte dell'anno quella luce singolare che è propria delle regioni mediterranee e che chiunque può cogliere giungendovi da altrove. E poi, la bellezza cangiante di ciascun gruppo montuoso: mirabilmente compola RIVISTA del TURISMO 2/2002 87 FORUM sta, architettonica quasi, quella del Pollino, selvaggia e alpestre, quella dell'Orsomarso, bucolica e silvestre, quella della Sila o della catena costiera, tragica e struggente, quella dell'Aspromonte, o delle Serre. In ciascun massiccio s’incontrano specialissimi fenomeni di natura geologica: cascate fra le più imponenti dell’intero Appennino, alte sino a 100 metri; articolate grotte carsiche e profonde cavità ipogee; formidabili canyon e i maestosi monumenti di roccia. Ciascuna montagna calabrese ha poi un suo peculiare ornamento arboreo che la distingue nettamente dalle altre e dalle stesse consorelle italiane. Il Pollino e l’Orsomarso hanno il Pino loricato, una conifera di derivazione balcanica, sopravvissuta dalla preistoria solo qui (per quel che riguarda l’Italia) e che forma popolamenti radi sulle vette più elevate, dotate di esemplari dal tronco possente e nodoso capaci di raggiungere e superare mille anni di vita. La Sila ha il Pino laricio, di provenienza invece tirrenica, anch'esso endemico, che dà vita a dense selve dall’aspetto insolitamente nordico e raggiunge, in alcuni casi, i 40 metri d'altezza. Le Serre hanno l'Abete bianco. L’Aspromonte – come del resto la Sila greca – ha le sue querce: roveri, cerri, lecci, che allignano sui fianchi delle valli o sui crinali, con portentosi giganti dalle circonferenze che sfiorano i dieci metri. Infine, tutte le montagne calabresi sono intrise di storia e di cultura. Ognuna di esse porta i segni indelebili di una presenza umana che fu spesso devastatrice e imprevidente – soprattutto rispetto ai boschi, considerati “ladri di terra” – ma che ebbe anche il pregio, in molti casi, di realizzare mirabili esempi di pacifica convivenza tra la natura e l’uomo. Segni di questo genere sono disseminati dappertutto, dal Pollino all'Aspromonte: mirabili sentieri nascosti nella boscaglia, taluni non più percorsi da anni: antichi tratturi ove transitano le greggi transumanti; minuscole case di pietra che paiono fiabesche dimore di gnomi e che ancora conservano vecchi utensili; rozzi rifugi di pastori fatti di pietre, legni e ginestre, pure incredibilmente confortevoli; romitaggi, luoghi di culto sperduti nella solitudine dei monti; arcaici coltivi ricavati su ripide pendici con indicibile pazienza; graziose sorgenti accudite da mani amorevoli. Una montagna intensamente vissuta, dunque, dove il visitatore, chiunque esso sia, può ritrovare il filo reciso di un rapporto ancestrale e recuperare alla memoria sensazioni ed eventi dispersi in un passato favoloso e irreale. Un così grande patrimonio naturale, reso ancora più prezioso dalla presenza di notevoli poli culturali, co88 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 stituisce il capitale più importante della regione, da investire per creare sviluppo e occupazione. La Sila catanzarese e quella cosentina hanno i loro insediamenti di maggiore pregio in Taverna e in San Giovanni in Fiore. Taverna si propone con i resti della città antica, l'abitato secentesco, l'architettura sacra e civile legata al tempo e all'opera di Mattia Preti. San Giovanni in Fiore, documenta età e mondo di Gioacchino da Fiore. Nelle Serre emerge la maestosità della Certosa di San Bruno e sono evidenti i segni delle attività minerarie e metallurgiche dei Borboni. Nell’Aspromonte, poi, si affermano in tutta la loro maestosità la Cattolica di Stilo e la Cattedrale di Gerace. Pochi ma di grande interesse i musei e le collezioni da Soriano alla Certosa di Serra San Bruno a Monterosso, Rende, San Giovanni in Fiore, Taverna, Tiriolo, Altomonte e Castrovillari. Se a tutto ciò si aggiunge la presenza di centri turistici di eccellenza quali Camigliatello Silano e Lorica nella provincia di Cosenza, Palumbosila nella provincia di Crotone, Villaggio Mancuso, nella provincia di Catanzaro e Gambarie d’Aspromonte nella provincia di Reggio Calabria, capaci di offrire adeguate strutture alberghiere e moderni ed efficienti impianti di risalita, si comprende facilmente il ruolo che la montagna può assolvere per la definitiva affermazione del turismo, quale vero volano per lo sviluppo della nostra regione. La presenza poi di ben tre parchi nazionali, Pollino, Sila e Aspromonte, arricchisce e completa il variegato universo della montagna calabrese, capace perciò di offrire al visitatore un ambiente ricco non solo di bellezze naturali, ma anche di storia, arte e cultura. La Regione è fortemente impegnata a rafforzare ulteriormente le strutture turistiche esistenti, a partire da quelle ricettive, senza trascurare quelle sportive e per il tempo libero. A tale proposito, abbiamo deciso di utilizzare una parte cospicua dei fondi messi a disposizione dall’Ue con Agenda 2000, per l'attuazione di interventi volti a fare diventare la montagna calabrese, un vero e proprio polo turistico al servizio dell'intero bacino del Mediterraneo. Il 2002 è un'importante occasione da utilizzare fino in fondo per promuovere e sostenere adeguatamente l'immagine di una Calabria, che non è solo mare, ma, soprattutto, montagna. Fra le tante iniziative, che si terranno in occasione dell’Anno Internazionale, abbiamo previsto la prima conferenza regionale sul turismo montano. Sarà questa l’occasione per una messa a punto delle strategie e degli interventi più idonei per il definitivo decollo della montagna calabrese, fondamentale risorsa per lo sviluppo economico e sociale della nostra regione. 2002 ANNO INTERNAZIONALE DELLE MONTAGNE Montagna veneta: le prospettive per il 2002 La montagna veneta sta registrando una tendenza positiva per quanto riguarda i flussi turistici. La Regione intende sfruttare questa nuova spinta per valorizzare anche le risorse storico-culturali del territorio e affiancarle alla tradizionale offerta turistica DI FLORIANO PRA, ASSESSORE ALLE POLITICHE DEL TURISMO E DELLA MONTAGNA DELLA REGIONE VENETO Per il turismo della montagna veneta il 2001 è stato l’anno di una positiva inversione di tendenza, dopo un lungo periodo di calo pressoché costante e generalizzato in tutta Italia. Il 2002 dovrà e potrà essere l’anno della definitiva ripresa, il cui vero motore è certamente costituito dall’Anno Internazionale delle Montagne e dalle iniziative a esso collegate che animeranno l’intero corso dell’anno, ma lasceranno anche un segno qualificante e duraturo, come il Museo Internazionale della Montagna che abbiamo realizzato in collaborazione con Reinhold Messner recuperando un vecchio fortino militare della prima guerra mondiale e che inaugureremo il 29 e 30 giugno prossimi sulla vetta del Monte Rite (m. 2.181), nel Comune di Cibiana (Belluno). Il turismo montano, negli ultimi anni, ha visto accentuarsi il gap tra la stagione invernale, sempre positiva e in crescita nonostante gli alti e bassi legati all’innevamento naturale più o meno sostanzioso, e quella estiva, in notevole difficoltà. Ed è soprattutto in questo secondo ambito che l’Anno Internazionale delle Montagne potrà far segnare una svolta epocale: quella dell’ingresso nel panorama dell’offerta di occasioni di valorizzazione storica, culturale, ambientale da abbinare e collegare a quella più tradizionale per rilanciare il complesso della vacanza sui monti, messa alle corde dalla concorrenza spietata (e sinora vincente) di quella balneare e delle destinazioni estere. Storia, cultura e ambiente non più come corollario, ma come fulcro di pacchetti-vacanza. Un museo come quello di Monte Rite, con il fascino del vecchio forte abbinato alla sostanza delle testimonianze messe a disposizione da Messner e inserito in un ambito naturale unico al mondo, vale da solo la scelta della montagna per una vacanza. Questa è la grande novità! Lassù, a fine giugno, si materializzerà il momento “più alto” (e non solo geograficamente) di tutte le iniziative che nel mondo si stanno organizzando per l’Anno Internazionale e questo è già un motivo di vanto e orgoglio per il Veneto e le sue genti di montagna. Ma abbiamo voluto fare di più, e onoreremo il 2002 anche con una convegno ai massimi livelli mondiali sulla salute in montagna che si terrà sull’altopiano di Asiago e con un incontro sui temi della montagna che porterà a Cortina gli esponenti di tutte le Regioni della comunità di lavoro Alpe Adria, della quale il Veneto è presidente di turno, e i parlamentari nazionali ed europei per un confronto dal quale ci attendiamo moltissimo, sia in termini di maggior attenzione politica, sia di definizione di interventi concreti a livello nazionale e comunitario, cominciando dal varo di specifiche leggi. Ma il Veneto non si limita a chiedere. Nel frattempo agisce, e lo fa nella consapevolezza che la montagna è il suo territorio più delicato e meritevole di attenzione, e che il turismo è oramai la principale economia sulla quale fondare il futuro. Già oggi la ricettività è di grande qualità e quantità: in montagna ci sono 650 dei 3.500 alberghi del Veneto; quasi 18 mila esercizi ricettivi extralberghieri; oltre 136 mila posti letto. Il patrimonio del turismo montano parte da questa dotazione, per proseguire attraverso centinaia di chilometri di piste da sci e di sentieri escursionistici; decine di rifugi alpini a media e alta quota; impianti sportivi e piscine; centri abitati rimodernati e abbelliti. A questo universo abbiamo dato un occhio di riguardo anche nella predisposizione del Documento di Programmazione Veneto per usufruire dei fondi disponibili nell’Obiettivo 2 2000-2006 dell’Unione europea che porteranno in montagna investimenti per centinaia di miliardi. Grande ricaduta sull’offerta turistica legata a storia e cultura avrà anche l’attuazione di un altro importante strumento comunitario: il Programma Interreg 3 di cooperazione transfrontaliera per il quale abbiamo già siglato l’accordo formale con la Provincia di Bolzano e i Länder austriaci di Carinzia, Tirolo e Salisburgo. Al Veneto sono riservati non meno di 13 milioni di euro, che utilizzeremo per realizzare nuovi percorsi lungo le trincee della prima guerra mondiale tra Auronzo e la Marmolada con sviluppi anche verso Asiago e il monte Grappa e verso la Carnia e la Carinzia; per far nascere a Cortina un Centro di Cultura e Informazione sulla prima guerra mondiale e un Centro Studi su flora, fauna e la RIVISTA del TURISMO 2/2002 89 FORUM forestazione di montagna; per valorizzare altri percorsi come quelli della “Via del Ferro” tra la Val Imperina, le miniere del Fursil e il castello di Andraz. Come si può vedere, il lavoro messo in cantiere è tanto. La volontà non manca. Ci sono tutte le premesse perché il 2002 possa essere un anno “memorabile”. Le future politiche per la montagna Luciano Caveri è il presidente del Comitato Italiano per il 2002 Anno Internazionale delle Montagne e riveste inoltre la carica di presidente della Commissione Europea Politiche Regionali Trasporti e Turismo. A lui rivolgiamo alcune domande a proposito del Rapporto sul turismo montano realizzato dal Comitato Italiano e dal Touring Club Italiano e per fare una valutazione delle priorità politiche, a livello italiano ed europeo per il futuro del turismo in montagna On. Caveri, qual è il profilo del turismo montano in Italia che emerge dalla ricerca del Tci e del Comitato Italiano? Innanzitutto premetto che questa ricerca rappresenta uno strumento di assoluta validità, pur rimanendo aperta a critiche e stimoli, tanto per ciò che concerne i risultati, quanto per quel che riguarda la metodologia utilizzata. Detto ciò il primo elemento che emerge dalla ricerca è la conferma del fatto che il turismo è fondamentale per la montagna italiana come lo è per una buona parte della montagna europea. La montagna di tutto il mondo si sta aprendo al turismo quale fonte importante di reddito per le popolazioni locali. Quindi, una riflessione su questo tema è perfettamente in linea con la missione del 2002 AIM. Ma sulle nostre montagne, cioè sulle montagne italiane, sappiamo che per il turismo invernale, ma soprattutto per quello estivo, da tempo è aperto un confronto sulle ragioni che portano a flessioni, a riduzioni, a una certa crisi serpeggiante. Sono convinto che i dati che vengono riportati nella ricerca e le “ricette” che sono brevemente elencate alla fine e che, ripeto, sono aperte al dialogo e a tutte le proposte di chi si occupa del settore, a me sembrano significative di un percorso che si possa fare per migliorare la qualità e per rendere meno problematico il futuro del turismo montano. Vista questa situazione di “crisi serpeggiante” pensa che l’economia montana debba ancora puntare in modo primario sul turismo, oppure occorre rivolgersi verso altre risorse? Io credo che lo slogan giusto per l’economia di montagna sia “pluriattività”. Noi sappiamo che la monocoltura è sempre pericolosa, anche per il turismo montano, che si declina in numerose varianti 90 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 tra loro molto differenti, perché si va dal turismo di massa al turismo d’élite, dall’agriturismo al turismo sportivo, dal termalismo al turismo della terza età. Insomma ci sono tanti turismi e ovviamente il termine “turismo” al singolare non rende il pluralismo di forme con cui questo settore si caratterizza. Ma certamente, comunque lo si intenda, il turismo resta capitale nell’economia montana perché, nel momento in cui noi parliamo di pluriattività, dobbiamo capire dire che si può fare l’artigiano e avere un piede nel turismo, si può lavorare nell’amministrazione e avere un piede nel turismo, si può fare l’agricoltore, ma avere un piede nel turismo. Possiamo dire che il turismo è una gamba forte per tenere in piedi il tavolo della montagna, quindi dobbiamo comprendere che per riempire di contenuti il famoso slogan dello sviluppo sostenibile, anche per il turismo, bisogna fare i conti con l’importanza del settore economico. Un tema forte dell’Anno Internazionale è quello dello sviluppo sostenibile, che richiama comunque a un’attenzione particolare nei confronti dell’ambiente. Altro tema è quello dell’economia, che inevitabilmente ci rimanda al turismo. Dobbiamo guardare a questi due elementi come ambiti in antitesi e in contrapposizione oppure si può pensare a un loro sviluppo congiunto? Intanto, “sviluppo sostenibile” contiene già in sé la nozione di economia, nel senso che sviluppo sostenibile, come dice l’espressione stessa, benché ancora suscettibile di svariate interpretazioni, effettivamente riassume in sé il problema dello sviluppo economico e della sostenibilità. “Sviluppo sostenibile” è in sostanza uno slogan, che riassume bene un’esigenza primaria delle aree montane: noi abbiamo da una parte la necessità di garantire 2002 ANNO INTERNAZIONALE DELLE MONTAGNE al mondo della montagna uno sviluppo economico che dia quei redditi che consentano ai montanari di restare sul territorio. Dall’altra, specialmente nel settore del turismo, abbiamo la necessità di mantenere quel patrimonio naturale e culturale che può essere danneggiato da uno sviluppo indiscriminato. Il problema è quello di trovare questo equilibrio delicatissimo, che dev’essere riempito di contenuti, perché sviluppo sostenibile rischia di essere solo un’etichetta sotto la quale si vendono delle merci molto diverse. All’espressione sviluppo sostenibile i francesi preferiscono un altro termine, che a me piace molto: “développement équitable”, che si potrebbe tradurre come “sviluppo egualitario”. Questa è un espressione che ben evidenzia una necessità primaria: il fatto cioè che alla montagna vengano date le stesse chances di cui possono disporre altri territori, e ciò vale per l’Italia, l’Europa, e il mondo. Dal punto di vista politico quali sono le priorità che dobbiamo affrontare per il futuro del turismo montano? A livello italiano sappiamo che la priorità che tutti si danno è quella di capire i risvolti istituzionali, cioè capire che cosa dovrà fare lo Stato e che cosa dovranno fare le Regioni a beneficio della montagna dopo la riforma costituzionale. Questo vuol dire anche riscrivere la legge sulla montagna attualmente in vigore, che è spazzata via dal nuovo scenario istituzionale. A livello europeo i temi sono piuttosto facili da riassumere: noi abbiamo in parte la necessità di fare in modo che della montagna si parli anche nella nuova costituzione europea come singolarità territoriale; poi dovremo lavorare perché questo riconoscimento istituzionale della montagna sia riem- pito di contenuti, con una definizione europea omogenea di che cosa si intende per montagna. Il raggiungimento di questi risultati avrà delle conseguenze su temi concreti come i fondi strutturali per il 2007 o come la particolarità della politica di concorrenza, che deve essere applicata alla montagna. Diciamo che le politiche sulla montagna sono complesse, anche perché fondono una dimensione politica nazionale con una europea, che stanno a due livelli diversi, ma ormai imprescindibili uno dall’altro. Capita a volte di sentire un certo timore nei confronti della politica europea, da parte anche degli stessi valligiani. E’ una preoccupazione reale e giustificata? Secondo me le incomprensioni nei confronti di Bruxelles, fra Bruxelles e la montagna europea, ci possono essere, ci sono state e probabilmente ci saranno ancora.Ma credo sia molto importante tenere aperto un canale di comunicazione fra la politica europea e le montagne e che ci si spieghi reciprocamente. Sedendosi a un tavolo di discussione, cosa che il Comitato Italiano ha cercato di fare nel corso del 2002, ponendosi come punta di diamante rispetto alla situazione politica europea, io credo che si possano trovare delle soluzioni ragionevoli. E’ chiaro che se invece i mondi della politica, di quella di Bruxelles e di quella espressa dal mondo della montagna, si limitano ad annusarsi con reciproca diffidenza non si arriverà mai a nulla. Invece io credo che si debba passare anche dalla protesta a un’azione forte e propositiva, sapendo che i diversi dossier sono molto delicati per le diverse materie, ma anche che c’è la reale possibilità di non guardare Bruxelles aprioristicamente come un nemico, ma di fare in modo che possa diventare un importante alleato delle montagne europee. Resolution text for the International Year of Mountains Fifty-Third Session A/RES/53/24 International Year of Mountains, 2002 The General Assembly, Recalling Economic and Social Council resolution 1998/30 of 29 July 1998, Recalling also the relevant provisions of Agenda 21 on sustainable mountain development, Noting the work already undertaken to achieve sustainable mountain development by the Food and Agriculture Organization of the United Nations, and particularly its role as task manager for Chapter 13 of Agenda 21, 1. Proclaims the year 2002 as the International Year of Mountains; 2. Invites the Food and Agriculture Organization of the United Nations to serve as the lead agency for the International Year of Mountains, in collaboration with Governments, the United Nations Environment Programme, the United Nations Development Programme, the United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization and other relevant organizations of the United Nations system and non-governmental organizations; 3. Calls upon Governments, national and international organizations, non-governmental organizations and the private sector to make voluntary contributions in accordance with the guidelines of the Economic and Social Council for international years and anniversaries and to lend other forms of support to the International Year of Mountains; 4. Encourages all Governments, the United Nations system and all other actors to take advantage of the International Year of Mountains in order to increase awareness of the importance of sustainable mountain development; 5. Requests the Secretary-General to submit to the General Assembly at its fifty-fifth session a report on the state of the preparations for the International Year of Mountains. 54th plenary meeting, 10 November 1998 la RIVISTA del TURISMO 2/2002 91