tornata del 28 giugno 1851

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tornata del 28 giugno 1851
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CAMERA DEI DEPUTATI —
SESSIONE DEL
1851
TORNATA D E L 2 8 GIUGNO
1851
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CAVALIERE PINELLI.
SOMMARIO. Atti diversi — Seguito della discussione del progetto di legge per Vapprovatone della convenzione addizionale
al trattato di commercio colla Francia — Opposizioni del deputato Bastian — Nuove osservazioni del deputato Valerio
Lorenzo — Spiegazioni del deputato Bicci Giovanni — Opposizioni del deputato Brofferio)— Parole in difesa del relatore
Avigdor — Opposizioni dei deputati Chapperon, Mellana e Sìneo — Discorso in difesa del trattato, del ministro delle fi- nanze — Osservazioni incidentali del deputato Chenal — Repliche dei deputati Avigdor e Mellana.
La seduta è aperta alle ore 1 3/4 pomeridiane.
CAVALLINI, segretario, dà lettura del processo verbale
della tornata precedente.
BRIONONE, segretario,
espone il seguente sunto di una
petizione ultimamente presentata alia Camera :
3983. Il maggiore Niccolò Gastaldi, narrando d'essere stato
ingiustamente collocato a riposo e vittima di prepotenza ed
arbitrii, chiede che piaccia alla Camera di rendergli pronta
giustizia e riparazione.
ATTI
DIVERSI.
PRESIDENTE, La Camera non essendo ancora in n u mero, si procede all'appello nominale.
(Da questo risultano assenti i seguenti
deputati):
Bartolomei — Bersani — Biancheri — Bianchetti —
Bianchi Alessandro — Bianchi Pietro — Blonay — Bolmida — Bon-Compagni — Borella — Bosso — Botta —
Brunier — Cagnardi — Carquet — Carta — Castelli —
Cavalli — Chiò — Corsi — Cossato — D'Aviernoz — Decastro — Deforesta — Delivet — Demartinel — Depretis —
Derossi di Santa Rosa — Despine — Devillette — FalquiPes — Farina Maurizio — Ferraccia — Fois — Galli —
Gandolfi — Garbarini — Gastinelli — Garibaldi — Gavotti
Gerbino — Ghiglini — Gianoglio — Giannone — Grixoni
— Incisa — Jacquemoud — Jacquier — Justin — Leotardi
Marorigiu — Martini — Massa — Miglietti — Moia —
Nieddu — Paleocapa — Paliuel — Parent — Pernigotti —
Pejrone — Pescatore — Piccon — Pissard —Rattazzi — Roberti — Rulfi — Sauli Francesco — Sauli Damiano — Simonetta — Siotto-Pintor — Trotti — Tuveri — Vicari —
Zunini.
La Camera essendo in numero pongo ai voti l'approvazione
del processo verbale.
(È approvato.)
CRIARLE. Nel sunto delle petizioni avvene una portante
il numero 3982 presentata dal Consiglio delegato del comune
di Camerano; in essa narrasi che da 30 anni e più quel comune era solilo riscuotere la tassa di 50 centesimisulle bestie
lanute. Nell'anno corrente, avendo formato il ruolo, e trasmessolo all'intendente per l'opportuna sanzione, l'intendente
appoggiato all'articolo 129 della legge 7 ottobre 1848, nel quale
si annoverano le tasse che si dà facoltà ai comuni di imporre, e
nel quale non vi si trovano comprese le bestie lanute, negava
l'autorizzazione. Avendo inoltre il Consiglio delegato riconosciuto che nel progetto di legge per la riforma dell'amministrazionecomunalee provinciale, emendato dalla Commissione incaricata dell'esame del medesimo, quell'articolo 129 era stato
mantenuto (ale e quale trovasi nella legge del 1818, ricorre
alla Camera perchè nella discussione di quella legge si abbia
riguardo ai comuni poveri, che si troverebbero molto incagliati, ove venisse tolta loro la facoltà di imporre quella
tassa. Una simile petizione fu pure inviata dal Consiglio comunale di Sale, e porta il numero 3959 ; io pregherei la Camera a voler consentire che queste due petizioni fossero t r a s messe alla Commissione per averle presenti in occasione
della discussione di quella legge.
PRESIDENTE. Pongo ai voti la proposta del deputato
Chiarie.
(La Camera approva.)
SE6VITO UTLIII DISCUSSIONE D E L
LEFI6£ P E R
ZIONE
LI'APPROVAZIONE
ADDIZIONALE
ALT
PROGETTO
DILIII
TRATTATO
DI
CONTENDB
COM-
MERCIO COLLA FRANCIA.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della
discussione degli articoli addizionali al trattato di commercio
colla Francia.
La parola spetta al deputato Carquet.
BASTIAN. Monsieur Carquet, ayant dû s'absenter, rn'ts
cédé son tour de p a r o l e ; si la Chambre le veut bien, j e la
prendrai à sa place.
Foci. Parlez! parlez !
PRESIDENTE. Vous avez la parole.
BASTIAN. Messieurs, de même que j'ai dit franchement,
dans les discussions qui ont eu lieu, soit dans les b u r e a u x ,
soit Jans les Commissions, soit à la tribune, pourquoi j'avais
été favorable à tous les traités, de même aussi je dirai sans
hésitation ce que j e pense de celui qui est soumis à vos délibérations; mais avant tout, et pour ne pas l'oublier, j e
commencerai par proclamer hautement, non pas que j e tirerai dessus à boulets rouges, mais que j e mettrai une bonne
boule noire.
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TORNATA DEL 28 GIUGNO 1851
Cette déclaration surprendra peut-être de prime abord,
de la part de celui qui s'est montré chaud partisan de tous
les traités, et a même fait l'apologie de la générosité de la
nation française. Je déclare que je n si pas changé de sentiment à l'égard de cette grande nation, que je ne confonds
pas avec son Gouvernement; je me garderai bien de commettre une pareille injustice.
Je viens aux motifs de mon vote. Je vote, ou plutôt j'ai déjà
volé contre le prétendu traité, car à mes yeux ce n'en est
pas un, parce que j'entends par traité concessions pour concessions, la stipulation d'une réciprocité d'avantages, et je
n'y ai rien su voir de tout cela. Je crois au moins y trouver
une diminution de tarif sur les fontes, c'était une juste compensation à laquelle les maîtres de forges ¡avaient droit de
s'attendre; j'en aurais aussi désiré une pour le gros bétail.
J'aime àcroire que monsieur le ministre les asollicitées, mais
qu'il n'a rien pu obtenir ; il enasans doute éprouvé des regrets
et je les partage sincèrement.
L'honorable rapporteur s'est principalment appliqué à essayer de nous démontrer que par ce nouveau traité, nous ne
concédions rien de plus à la France que ce à quoi elle avait
droit en vertu de l'ancien traité ; mais ce serait une raison de
plus de refuser celui-ci comme inutile, et de rester avec la
France dans les termes où nous en étions avant qu'il en fût
question. S'il en était ainsi, ce que je ne crois pas, pourquoi
monsieur le rapporteur tiendrait-il tant à son acceptation?
Je suis loin de partager son avis et d'envisager les chosps de
cette manière, je vois au contraire de la part de la France
des exigences, sans correspectif, en un mot une tentative de
l'abus de la force sur la faiblesse ; en ce cas je n'hésite pas
à dire qu'il y aurait lâcheté à accepter ce traité (Rumori di
disapprovazione) : si nous ne sommes pas forts, montrons au
moins que nous avons de cœur.
Il est donc de notre devoir de repousser le traité ; il y a
de l'honneur et de la dignité de la Chambre et de la nation
de ne pas accepter cette humiliation, de ne pas subir une
aussi outrageante mistification. Oui, messieurs, je le répète,
repoussons ce traité sans nous enquiéter de ce qu'en dira le
Gouvernement français; la nation ne s'offendrat pas dece
refus, elle y applaudira, au contraire, dans le fond de son
âme; car elle admire le courage et sait en apprécier tous les
actes, quelque soit la forme sous laquelle il se présente,
quelle que soit la circonstance dans laquelle il se manifeste.
Je finis en regrettant de ne pouvoir oublier que j'ai déjà
voté contre le traité, et d'être ainsi privé duplaisir de voter
une seconde fois.
FiEEiiDEiTE. La parola spetta al deputato losti.
sosti. Io la cedo al signor avvocato Brofferio.
ìbrofiì'krb©. Parlerò quando verrà la mia volta.
presidente. La parola spetta al deputato Valerio.
VAijsmxo LORENZO. Veramente io non intendeva prendere la parola in questo punto, tuttavia mi corre l'obbligo di
rispondere ad alcune osservazioni che vennero fatte da uno
dei membri della Commissione, l'onorevole deputato Ricci
Giuseppe.
lo era membro dell'ufficio a cui l'onorevole deputato Giuseppe Ricci apparteneva, ed in quell'ufficio che era numeroso
anziché no, si discusse lungamente il trattato, e vennero dal
deputato Giuseppe Ricci oppugnate con molta forza di ragionamento e di logica tutte le osservazioni favorevoli al trattato
medesimo, dichiarando quel trattato contrario alla dignità
nazionale e contrario agli interessi commerciali. Il trattato
venne quindi respinto alla quasi unanimità, cioè con un solo
voto opponente, e l'onorevole Ricci nominato commissario
dell'ufficio.
ri cci Giuseppe Domando la parola.
t ai er i o ftOREMzo. Egli disse che dopo che venne nominato a relatore dell'ufficio, vi furono nella Camera gravi
dibattimenti, e citò il voto che ebbe luogo nella seduta
del 24 maggio nella discussione della tariffa daziaria. Io
ho già accennato a quel voto nel mio discorso di ieri, e ne
ricorderò brevemente le circostanze. L'ora era tarda , e
la Camera sa che quando sono prossime a battere le cinque,
l'attenzione di quasi tutti i membri componenti questo Consesso non è sempre svegliatissima, (Ilarità) Allora d'improvviso sorse laproposizione di abbassare la tariffadello zucchero,
secondo le concessioni fatte al Belgio e all'Inghilterra. La
proposizione non venne sviluppata ; pochi membri la combatterono, ed io fui tra quelli, quantunque abbia dovuto, restringermi a poche parole, perchè erano vicine le cinque.
Pertanto la discussione non potè protrarsi gran fatto, ed essendosi poco stante andato ai voti, la tariffa dello zucchero
venne per tutti abbassata a 25 lire.
Ora, con questo voto la Camera ha ella preventivamente
datala sua approvazione al trattato? Io noi credo, perchè tre
parti essenziali, tre concessioni importanti conteneva questo
trattato : l'una è il ribasso sulla entrata delle stoffe di cotone ;
l'altra è il ribasso sull'entrata dei panni ; la terza il ribasso
sull'entrata degli zuccheri. Dunque, abbandonata per parte
nostra la questione degli zuccheri, rimanevano tuttavia i diritti sulle stoffe di cotone e sopra i panni, onde avere certezza
morale di ottenere dalla Francia più miti e più giusti provvedimenti; e dico certezza morale, perchè, come tutti sanno,
la Francia trovasi attualmente governata in gran parte dagli
interessi economici. Chi legge la lista dei 7S0 rappresentanti
della sua Assemblea sovrana, scorgerà di leggieri quanto numerosi siano coloro i quali vi hanno seggio ed hanno posto i
loro capitali, le loro sostanze in queste grandiosissime industrie. Io ricordo alla Camera come le manifatture di SaintQuintin e dell'Alsazia impieghino, e assorbano una gran parte
dell'attività commerciale, e dei capitali di quella grande nazione.
Ora, essendo questo un fatto innegabile, io penso che i capitalisti che hanno a quelle manifatture confidati i loro capitali, che i manifattori che ne hanno ricevuto l'accomandita,
e tutti coloro, e sono moltissimi, che hanno le loro fortune impegnate inqueste industrie spingeranno vivamente il Governo
francese, qualunque ei sia, a fare delle concessioni al Piemonte, onde tenere aperto questo importantissimo loro mercato düconsumazione, ed useranno degli insegnamenti di Michel Chevallier, di Bastiat, di Say e di tutti i più grandi economisti della Francia onde indurre il suo Governo a recedere
ormai da quel sistema di protettorato, che io non voglio chiamare con troppo severe parole, perchè fu già con severissime parole stigmatizzato in questo Parlamento. Io sono certo
quindi che la Francia, riconoscendo che il trattato firmato il
k novembre non si può rompere, non si può scindere, e che
essa, senza violare ogni domma del diritto pubblico, senza
mancare all'onore francese , non può fare delle rappresaglie
verso di noi, respingendo le nostre sete, i nostri olii, perchè
essa, per mezzo della sua rappresentanza nazionale, per
mezzo del suo potere esecutivo, per una serie d'anni, si è
©bbligata a lasciare entrare queste derrate, in forza del trattato di commercio da me pur ora accennato. Ioripetoche, non
potendo la Francia, senza mancare all'onor francese, senza
contravvenire al diritto pubblico europeo, rompere le basi
di questo trattato, essa si troverà moralmente costretta a di-
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minuire quella tariffa spinta dal proprio interesse, o dall'interesse di questi manifatturieri, i quali, lo sa tutta la Camera,
sono numerosissimi, tenaci ed influenti. (Sensazione)
Ho detto che il Piemonte non può correre pericolo di rappresaglie commerciali relativamente alla Francia, ed ho invocato perciò il trattato che essa non può ledere senza ledere il suo onore ; ma io soggiungo ancora ehe le rappresaglie minacciate, le quali colpirebbero specialmente le sete
del Piemonte, sono di tal natura che non si possono in nessuna circostanza dalla Francia paventare.
Tutti sanno che, oltre le industrie da me testé accennate,
Lione, la seconda città della Francia, è quasi intieramente
occupata, e per i suoi capitali, e per le braccia de' suoi
figli, nell'industria dei tessuti di seta ; tutti sanno che
Lione ha il primato europeo per i suoi nastri e per le sue
stoffe di seta. Basta dare un colpo d'occhio alle molle relazioni che vengono sopra la grande esposizione di Londra, per
iscorgere che l'orgoglio britannico medesimo, l'orgoglio britannico industriale deve inchinare la testa davanti alla singolare abilità dei manifattori lionesi relativamente alle stoffe di
seta.
Or, vorrà ella la Francia violare un trattato solennemente
stipulato davanti all' Europa, vorrà ella condannare all'inerzia una gran parte delle sue manifatture lionesi? Vorrà ella
portare un colpo mortale ai tessuti serici del dipartimento del
Eodano, per recare un danno al Piemonte? Non lo credo. Io
non lo credo perchè egli è certo che le fabbriche di Lione
private degli organzini del Piemonte, private delle nostre
trame, non potrebbero più reggere nè la concorrenza inglese,
nè la concorrenza svizzera, e sarebbe indi la Francia costretta
di vedere chiuse la maggior parte delle sue fabbriche di seta,
e perdere quel primato che, mentre ora torna a suo grande
onore, fa entrare così grandi somme di danaro e nelle casse
dello Stato e in quelle de' suoi commercianti.
L'onorevole relatore della Commissione, prendendo a rispondere al mio discorso* con grande mia meraviglia paragonava la parola da me rivolta alla Commissione alle maledizioni lanciate contro Edipo nella tragedia di Sofocle.
Edipo si era acciecato da se medesimo per avere commesso
un incesto. (Susurro e risa) Se è per ciò che l'onorevole relatore della Commissione è andato a cercare... (Mormorio su
alcuni banchi) Notate, o signori, che qui non si può parlare
che di un incesto politico... Se è per ciò che l'onorevole relatore della Commissione è andato a cercare nelle pagine del
grande tragico greco il suo paragone, io non ho che a stringermi nelle spalle.
Solo duolmi che esso abbia veduto nelle mie parole quello
che non v'era, e v'abbia trovato un paragone che non era
nè nell'intenzione dell'oratore, nè nelle parole che pronunziava. Duoloii ancora di più che esso abbia trovato un biasimo
contro la Commissione, quasiché si volesse appuntarla diavere
lesa la dignità della causa italiana.
Se l'onorevole relatore volesse riandare le varie parti del
mio discorso, io sono certo che esso verrebbe a riconoscere
che ha frantesa la parte del medesimo che è relativa alla
Commissione.
Quando esso invocava il nome dell'onorevole conte Cesare
Balbo, faceva per lo meno una cosa utile rimpetto al deputato
cui rispondeva. Nessuno meglio di mesa apprezzare le pregievoli doti che distinguono lo scrittore dei due volumi della
Storia d'Italia. L'onorevole signor ministro Di Cavour diceva
ieri, che egli mi ha combattuto sempre, e che mi combatterà
per tutta la vita. Io invece seppi combattere per molti anni
al ihaeo dell'onore?©le conte Balbo ; egli non si è sdegnato
di venire a portare le pagine che scriveva con tanto senno, e
con tanto amore di patria , in un umile giornaletto che per
dodici anni io redigeva in questo paese, e certamente non
sarà mai dalla bocca mia che sfuggirà una parola che torni a
disdoro di colui che appresi a stimare fin dai miei giovani anni,
e che mi vidi compagno in una lotta, umile sì, ma certo non
disonorevole.
Non rianderò tutte le parti della risposta dell'onorevole
relatore della Commissione, sarebbe fatica troppo ardua per
me il porre a confronto le varie circostanze in cui egli ha
contraddetto a se medesimo; altri oratori di me più valenti
adempiranno forse a questo incarico. Intanto io mi restringo
ad enunciare una questione, la quale fu interamente om=
messa nella discussione di ieri.
Ricorderò come l'onorevole conte di Reve!, ora assente *
interrogasse in una delle precedenti nostre tornate il signor
ministro di finanze se fosse vero che per mezzo di una circolare egli avesse autorizzato gli uffizi doganali del paese a
lasciar entrare le merci provenienti dalla Francia secondo i
ribassi conceduti al Belgio ed all'Inghilterra, mediante cauzione però, onde potere far pagare l'eccedenza qualora il
trattato venisse ad essere respinto. Il signor ministro rispondeva affermativamente. Io allora osservava come fosse incostituzionale l'atto del signor ministro, poiché egli non era
dalla legge autorizzato a fare una simile concessione : egli non
vi è autorizzato mai, e Io era tanto meno nella circostanza
in cui si trovava aperto il Parlamento. L'atto è essenzialmente incostituzionale, è incostituzionale nella sua essenza$
incostituzionale nelle sue conseguenze; con quell'atto il mi*
nistro delle finanze dava al trattato un effetto retroattivo. Io
suppongo, quantunque desideri il contrario, che il trattato
sia accettato: colla concessione fatta, il signor ministro non
ha egli defraudato di una parte delle entrate le regie finanze!
Non ha egli dat» un effetto retroattivo al trattato medesimo?
Non è egli evidente che le merci francesi le quali entrarono
nei nostri magazzini doganali in questi ultimi tempi avrebbero, senza le concessioni del ministro, pagato un dazio
molto maggiore? Non ha egli quindi sotto questo rispetto diminuito d'altrettanto l'entrata delle nostre dogane? Egli è
evidente che il signor ministro ha in questo lesa la Costituzione. Io non insisteva allora sopra quella proposta, e mi teneva pago di accennarla, perchè ricordava la lotta sostenuta
dall'onorevole signor ministro contro il medesimo conte di
Revel. Io era allora tuttavia abbacinato dalla tema della possibilità di un Ministero reazionario, o, se si vuol meglio, dell'estrema destra.
Io non avrei voluto, indebolendo troppo la posizione del
signor conte di Cavour, rendere possibile un Ministero di cui
sedesse capo il conte di Revel (Rumori a destra), che conducesse sopra i banchi ministeriali gli onorevoli deputati
dell'estrema destra che sogliono votare con lui, eppercio mi
restringeva a notare l'incostituzionalità dell'atto, e non promoveva in quel punto una deliberazione della Camera.
Ora io ho dovuto mutare pensiero : io ho osservato ehe
quella lotta era un puro torneo ad armi cortesi, ad armi
spuntate, che quella battaglia di sarcasmi e di epigrammi,
che venne combattuta in questo Parlamento, se era reale
aveva condotto ad un trattato di pace. ( Ilarità —Bene ! a
sinistra )
Quando ho veduto partire l'onorevole signor Conte di Revel
incaricato di una missione altamente confidenziale del signor
ministro di finanze, io ho perduto ogni timore di veder a
stdere su quei banchi un Ministero dell'estrema destra capitanato dal signor conte di Revel, amico e confidente com-
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missario del signor ministro Di Cavour: onde io liberato ormai da questo spauracchio di un Ministero dell'estrema destra,
credo che la Camera debba anche decidere sull'incostituzionalità di quell'atto.
10 credo che essa debba fare manifesto col suo voto, che il
signor ministro non era autorizzato ad emettere quell'atto, e
che egli sorpassava in quel punto l'autorità conferitagli dal
posto che occupa. Ciò detto, e riserbandomi, quando la discussione sia matura, di fare una proposta relativa all'atto
medesimo, io pongo fine al mio dire.
R V C C K « I O V A N N I . Domando la parola per un fatto personale.
P B E s s M i f i . Ha la parola.
Varie voci. No! no !
R I C C I G I O V A N N I . Mi scusino, è necessario che io risponda. 11 signor deputato Valerio in alcune delle cose da lui
citate ha commesso qualche errore di memoria. Io me ne appello a tutti i membri che formano il V ufficio: e mi pare
tanto più straordinaria questa sua dimenticanza, in quanto
egli fu candidato con me per essere commissario. Tre squittinì ebbero luogo; i due primi inutilmente perchè i votisi
dividevano tra il signor Lorenzo Valerio e me, e non fu che
al terzo che io venni eletto. Quindi la Camera vede se realmente vi fu l'unanimità, meno un voto, come venne dicendo
il signor Valerio; e di questo potrebbero far fede e il signor
presidente ed il segretario della Commissione medesima.
11 signor Valerio per far vedere che il voto dato dalla Camera nella seduta del 28 maggio non era tale da doversene
dedurre la conseguenza che io ne ho tratta, ha detto che
questa discussione venne come di sorpresa, ed alla fine della
seduta.
10 proverò che non istanno le due proposizioni, e primieramente noterò che non potè essere caso di sorpresa, in quanto
che io leggo nel rendiconto di quella seduta queste parole
dell'onorevole signor Valerio stesso:
« Io credo che respingendo la proposta del ministro delle
finanze faranno un bene grande alla Savoia medesima, perchè
mantenendo alto il prezzo dello zucchero per qualche tempo,
possiamo con ragione sperare che si addivenga colla Francia
a tale trattato, per cui si venga ad avere non solo lo zucchero
a buon mercato ma anche ad ottenere altri vantaggi che la
Savoia avrebbe, e industrialmente ed economicamente, sotto
ogni rapporto, diritto di avere dalla Francia. »
E più sotto ancora: « Ognuno adunque può scorgere di
leggieri che alla vigilia della discussione di un trattato colla
Francia, quando le ragioni prò e contro il trattato medesimo
non furono enunciate, non è il caso di concedere a quella
potenza ed a titolo gratuito favori di una grande importanza
che ad altre potenze abbiamo dati dietro altre concessioni di
molto rilievo ed a nostro vantaggio. »
11 deputato Brunier diceva: « J'insiste à ma proposition
avec d'autant plus de force qu'il est à presumer que les ar
ticles additionnelles du traité conclu avec la France, et qui
Viennent d'être présentés par le Ministère, seront repoussés
par la raison qu'ils ne peuvent pas être acceptés. Par con
séquent, nous en viendrons à des traités stipulés sur de nou
Telles bases, et la Savoie a trop d'intérêts à conserver dans
les nouvelles négociations, pour ne pas désirer que l'on
prenne tous les ménagements possibles pour sauvegarder tous
les intérêts qui nous regardent. »
Vede la Camera come è stata posta chiaramente la questione, e come è stata ampiamente discussa; i membri che
oppugnavano la diminuzione e pareggiamento di diritti chiesta
dal signor ministro bene additavano le conseguenze del voto,
SESSIONE DEL 1 8 5 1 — CAMERA DEI DEPUTATI — Discussimi
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GIUGNO
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per cui la decisione della Camera fu messa in piena cognizione di causa.
Il deputato Valerio ha detto ancora che quel voto aveva
avuto iuogo sul finire della seduta, e che quindi l'attenzione
dei signori deputati non era svegliatissima. Io scorgo qui
dalla Gazzetta Ufficiale che ho sott'occhio , siccome dopo il
voto sullo zucchero raffinato ebbe luogo nella stessa seduta
la discussione intorno agli zuccheri greggi : e la Camera ricorda con quanto calore il deputato Elena abbia sostenuta
quella questione per un ribasso maggiore, contro il parere
manifestato dal signor ministro delle finanze. Una prova materiale poi che l'ora non era sì tarda , emerge dalPispezione
dei rendiconti della Camera, poiché dopo quel voto sono ancora registrate circa cinque colonne di discussione.
Del resto, poi, io non crederei poter ammettere che sia da
farsi una differenza fra i diversi voti della Camera, e che per
vedere quale sia il voto più importante si debba consultare
l'ora in cui fu emesso. (Si ride) Io credo che i voti della
Camera, in qualunque ora della seduta sieno pronunziati,
siano tutti egualmente chiari, positivi e coscienziosi, e che
tutti i deputati che per qualche circostanza hanno da emettere le loro opinioni nelle Commissioni, non possono trovare norma più giusta, che uniformandosi ai voti pronunziati
dalla Camera.
V A L E R I O M H K M « . Domando la parola per un fatto
personale. ( M o r m o r i o ) Sarò brevissimo.
Egli è vero quanto afferma l'onorevole deputato Ricci. La
Commissione era composta di ih membri, 13 dei quali votarono per il rifiuto assoluto de! trattato. Primo a chiedere
quel voto fu l'onorevole deputato Ricci, poscia io parlai nel
medesimo senso. Si venne ai voti, e siccome sedevano in
quell'ufficio alcuni deputati della sinistra, anch'io ebbi qualche voto, ma, come era ben naturale, dacché la maggioranza
dell'ufficio era composta di deputati della destra, fu nominato commissario il signor Ricci. Io non veggo che questo
fatto sia in contraddizione con quanto io ho affermato testé.
In quanto alla questione del voto della Camera, io aveva
fatto notare che quel voto aveva avuto luogo verso il fine
della seduta.
Io ho veduto con dolore e con sorpresa che in un'ora si
tarda si fosse lanciata quella grave questione sugli zuccheri,
e ne manifestai il mio dispiacere allo stesso deputato Elena.
Io non ho mai mostrato di credere che debbano considerarsi più validi i voti emessi in un'ora piuttosto che in
un'altra ; ma ho citato un fatto che non mi sarà contrastato,
che cioè la Camera qualche volta è pur troppo meno attenta
nel finire che sul cominciare della seduta. Io non credo c o n c e
che il deputato Ricci possa trarre da quel voto la conseguenza che, poiché la Camera ha fatto la concessione sugli
zuccheri, dovesse intendersi legata ad egualmente cedere per
riguardo ai cotoni ed alle lane.
Se la cosa stesse così, il signor ministro avrebbe proposto
la stessa diminuzione sulle stoffe di lana e di cotone. Riservando invece questa proposta, il signor ministro ne calcolò
l'importanza, egli cioè riservava alla Camera un'arma commerciale ed importante nelle future trattative possibili colla
Francia.
P B E g i D E i T E . La parola è al deputato Brofferio.
B R O F F G R I O
Signori, io stava interrogando me stesso
sopra il giudizio che avrei dovuto portare in questa contingenza.
Le osservazioni dei miei amici politici mi parevano forti
e convincenti, tuttavolta ragion voleva che io stessi in guardia , perchè troppo facilmente si crede a ciò che si desidera
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CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1851
e si spera; ma allorché attentamente esaminando la relazione della Commissione vidi posto in piena luce non meno
il danno che l'ingiustizia dei trattato, cessarono le mie dubbiezze e il mio giudizio fu pronunciato.
Ma che? Il signor Avigdor, relatore della Commissione,
nella tornata di ieri, con mia grande sorpresa, si fece egli
stesso a combattere la relazione sua ; e per tal inodo mi troverei in un inestricabile laberinto se dovessi ancora fondare
il mio avviso sui ragionamenti della Commissione.
Io cercherò pertanto di sottrarmi all'incertezza in cui mi
ha posto ii signor Avigdor, mettendo in confronto il relatore
della Commissione coll'oratore della Camera ; e trovandomi
in qualche bivio, non potrò uscirne meglio che combattendo
i suoi argomenti orali co'suoi argomenti scritti ed appellandomi dal signor Avigdor della Camera al signor Avigdor della
Commissione. {Viva ilarità)
Ci assicurava ieri il signor Avigdor che il trattato colla
Francia è supremamente giusto. Io che ho attentamente esaminata la sua relazione, ho in mente ancora le parole colle
quali ne ha proclamata la suprema ingiustizia.
Aveva egli torto quando scriveva, o quando parlava?
La Francia, egli diceva, si è lasciata una porta aperta per
avere diritto a imporci le condizioni che ora ci sono presentate : nell'articolo ÍÜ dell'ultimo trattato, egli soggiungeva,
la Francia stipulava per sè una riserva dalla quale noi siamo
vincolati ; quindi a buon diritto ella chiede l'esecuzione dei
patti stipulati.
Queste parole mi farebbero disperare della nostra causa se
non avessi sott'occhio la relazione in cui il signor Avigdor si
esprime bea diversamente.
Infatti, dopo avere allegate le pretese della Francia appoggiate all'articolo il signor Avigdor si affretta a rispondere che « le même article 1Üporte cependant une clause essentielle qui j selon votre Commission ne peut être combattue que par un raisonnement paradoxal : en effet cet article
ajoute: les concessions, si elles sont gratuites d'une part, seront gratuitement concédées d'autre part: si les concessions
ont été conditionnelles, on donnera la même compensation
ou l'équivalent. »
Come mai il signor Avigdor dopo avere affermato che l'articolo ih porta una clausola in favor nostro, cui non si può
combattere che con paradossi, potè ieri affermare che le ragioni della Francia erano giustamente fondate sullo stesso
articolo?
Continuando su questo metro il signor Avigdor si fa espositore dei diritti del Piemonte, a combattere le pretese della
Francia, e soggiunge: « Toutes ces objections, votre rapporteur en convient, loin d'être spécieuses, sont presque incontestables. »
Come mai queste ragioni incontestabili, divennero ora per
il signor Avigdor contestabilissime?
Andiamo avanti. Parlando dei mutui riguardi che soglionsi
avere le nazioni incivilite, il signor Avigdor così si esprime
nella sua relazione:
« Ces précédés son gravés dans chaque ligne du Code des
nations civilisées.
« La France qui est au premier rang parmi celles-ci, les
connaît et les pratique et pourtant la rigueur excessive en traitant avec notre Gouvernement, ne s'en est point affaiblie. »
Per ultimo, quantuaque il signor relatore dichiari ingiusto
il t attato, ci invita ad accettarlo con rassegnazione. E perchè? Eccolo il perchè: & Sachons montrer que l'accomplissement de ce devoir n'excite chez nous aucune plainte qu'il ne
provoque aucune réflexion amère, qu'il ne nous cause qu'un
regret, c'est que dans la balance de la justice le Gouvernement français paraisse faire entrer pour si peu de choses les
sympathies d'une nation petite, il est vrai, mais pénétrée de
son droit et de sa dignité! »
Il dolore d'ingiuste pretese e di modi imperativi troppo
palesemente si scopre dalle citate parole ; e non so come il
signor x\vigdor abbia potuto così di repente sostenere in seno
alla Camera il contrario di ciò che aveva dichiarato in seno
alla Commissione.
Dalla giustizia passando all'utilità del trattato, il signor
Avigdor si trova di continuo nella stessa contraddizione.
Ieri egli dichiarava che il trattato ci è utilissimo, che la
Francia era venuta dove noi l'attendevamo (était venue sur
notre terrain) eche il profitto della convenzione era tutto
nostro.
Io torno'a consultare la relazione e trovo queste espressioni: «Chose étrange; quand nous nous plaignons et avec
raison des minimes concessions que nous fait le Gouvernement français, celui-ci croit au contraire nous combler de faveur. » Si può parlare più chiaramente per lamentare l'ostinatezza dei negoziatori francesi e delle meschine concessioni
a noi fatte? Che più ? Dopo molte altre considerazioni del medesimo tenore, il signor Avigdor, proclamata l'ingiustizia del
trattato, ne proclama altamente il danno ; ed io chiedo alla
Camera se, dopo una simile dichiarazione, io mi possa disporre ad accettare questo nuovo trattato.
Se non che il signor Avigdor, dopo averci provato che
questo trattato è inaccettabile dal Iato della giustizia e dell'utilità, ci vuole consigliare ad accettarlo per alte considerazioni politiche.
Entrando in quest'arduo aringo, esso ci dice: « Les ennemis de nos institutions ont exagéré notre amour pour la
liberté, ils nous ont signalés à l'Europe entière come capables de bouleverser le monde pour atteindre la seule satisfaction de fermenter des révolutions. »
La prima considerazione del signor Avigdor è dunque che
il nostro Governo è in voce di demagogico, e per conseguenza ha bisogno di molta sapienza e di molta prudenza,
onde ricuperare i perduti allori di moderazione.
Possibile che queste cose ci sian dette seriamente?
Noi non abbiamo che a guardare il banco dei ministri per
vedere di qual tempra siano gli infuocati demagogi che vogliono sconvolgere il Piemonte e sovvertire l'Europa. (Ilarità
generale)
Noi sovvertitori! Noi rivoluzionari! Noi, proprio noi, siamo
quelli che turbiamo i sonni delle potenze europee* perchè
abbiamo ministri che, nuovi Gracchi, aspirano a proclamare
la legge agraria? (Nuova ilarità)
Eh via ! Nessuno si burli di noi che stiamo così penosamente dibattendoci fra le difficoltà dello Statuto. Di che altro
siamo colpevoli noi, battuti e burlati, che di conservare religiosamente l'eredità degli antichi pregiudizi, e degli antichi
abusi, e delle gravezze antiche? Qual altro è il peccato nostro,
che di non avere nemmeno il tenue coraggio di qualche riforma che ei guidi con sicuro passo sulla via del progresso?
Che altro vogliono da noi costoro che ci chiamano demagoghi,
per ottenere la loro benevolenza, che la nostra impotenza di
ordinarsi a libere leggi, ed a popolari ordinamenti, sino al
punto di non aver ancora potuto nemmeno comporre a difesa
della patria la milizia nazionale? E mentre ci trasciniamo così
penosamente per oscura via, avvi in Europa chi osa calunniare i nostri ministri, chiamandoli anarchici, demagoghi,
socialisti! Oh, per verità, la parodia è troppo forte! (Ilarità
e segni di approvazione)
TORNATA DEL 28 GIUGNO 1851
Ma da chi ci vengono queste ridicole invettive? Rallegriamoci. Esse ci vengono dagli Hainau, dagli Antonelli, dai
Montaiembert, dai Navarro, dai Romieù, dai D'Arlincourt,
smore e delizia del re di Napoli, e della Corte papale di Roma.
Schiaomzino pure costoro contro di noi a lor posta ; anche
quando accusano un Governo di cui siamo dichiarati avversari non possiamo a meno di sentirci l'anima accesa da indegnazione italiana, e diciamo a costoro, che il loro mentire ci
onora, ed accettiamo le loro calunnie coa^e un premio della
nostra lealtà ed una punizione delle loro arti vigliacche. {Vìvi
applausi)
Ma il signor Avigdor non si arresta a queste considerazioni ; va più oltre, e dice : il Piemonte si trova in necessità di
avere un alleato, il Piemonte non può starsene isolato e deserto ; e perchè ? Perchè si trova in mezzo a due forti e potenti vicini; ecco le testuali espressioni del signor relatore:
« C'est une situation périlleuse pour un pays qui ne peut
vivre et exister sans appui, sans alliance, qui ne peut vivre
isolé. Permis à des nations comme la France, comme l'Angleterre, permis aux grandes nations européennes, de vivre
sans alliances politiques. Sûres de leur puissance, elles défient les événements. Mais quand la nature a posé un petit
royaume entre deux voisins, trop puissants, même pour sa
sécurité et sa tranquillité propre; quand sa population, sa situation topographique , sa condition, son commerce, ses intérêts lui font une loi de choisir une alliance, de la rechercher, l'isolement deviendrait dans ce cas une faute grave, irréparable, en politique. »
Il signor Avigdor s'inganna: prima di tulio io stabilisco in
massima, che quando un popolo, per quanto non sia grande
in numero, si porta degnamente, fortemente nella linea dei
suoi diritti e de'suoi doveri, egli deve sfuggire le alleanze,
poiché l'alleato forte (è storia antica) divora o tosto o tardi
l'alleato debole. Appunto perchè ci troviamo fra la Francia e
l'Austria, forti e rivali potenze, noi non abbiamo bisogno di
alleati. La Francia cogli occhi sempre aperti sull'Austria, non
permetterà mai che ella invada il Piemonte, come l'Austria
non permetterà mai che la Francia si rovesci sul suolo subalpino.
Questi due grandi avversari, non per amore che abbiano
di noi, ma per proprio vantaggio, sono costretti a farsi mantenitori dell'integrità del nostro territorio, e quando l'uno o
l'altro di essi noi volesse, sottentrerebbero gli interessi e le
gelosie dell'Inghilterra, della Prussia e della Russia.
Questo fu il segreto politico della Casa di Savoia, la quale
sapendosi tenere con dignità in giusta lance tra l'una e l'altra
di queste due potenze, ebbe campo ed opportunità a stendere
la sua dominazione ed allargare le terre a lui soggette. Le
considerazioni adunque per cui vuole il signor Avigdor che
noi stringiamo alleanza colla Francia sono quelle che ci consigliano a non essere alleati di alcuno che della causa italiana
e di noi stessi. Il coraggio^ la perseveranza, la longanimità
siano la nostra virtù, la nostra forza sino a che arrivi il
giorno in cui ogni piemontese sia soldato, ogni cittadino sia
guerriero; in quel dì il Piemonte cesserà di essere una piccola nazione, perchè ognuno di noi saprà personalmente difendere ogni siepe, ogni fossa, ogni casa, ogni muro (Snsurro), e lo straniero troverà in Piemonte tanti combattenti
quante sono libere braccia e liberi petti.
Proseguendo il signor Avigdor nel suo ragionare, osserva
che il Piemonte non può trovare miglior alleato della Francia.
Non provata la necessità di un'alleanza, è distrutta la necessità di prostrarsi al Governo francese.
Ma se a me sono sempre sospette le alleanze dei forti è
?
sospetta più che mai, anzi è più che mai ripugnante l'alleanza
coi reggitori della moderna Francia.
Il deputato Valerio con fatti storie! e con assennate osservazioni mi ha, già da ieri, prevenuto su questo terreno:
quindi io tacerò dei negati soccorsi ai feriti e ai colerosi di
Venezia, delle torture imposte alla Sicilia, dei traditi patti e
delle crudeli aggressioni a piè del Campidoglio, tacerò delle
interne reazioni, e delia mitraglia nelle vie di Parigi, e delle
ipocrisie di chiostro in Parlamento, e delle brutali violazioni
delle leggi fondamentali, e delle sfide incessanti al progresso
e alla ragione umana sino al punto di farci assistere alla condanna di un illustre pubblicista per avere, scrivendo, mancato di rispetto alla ghigliottina; e tacerò ancora delle persecuzioni diplomatiche contro PIfalia, e de'suoi sdegni contro
di noi per le bene incominciate lotte colle immunità di Roma,
e delle malefiche influenze in Piemonte e nella Svizzera sopra
l'ospitalità troppo dovuta alle italiche sventure; tacerò di
tutto questo, ma per conchiudere altamente che un simile
alleato non si può senza ribrezzo accettare da chi ha in petto
cuore italiano.
Alle accuse del signor Valerio contro il Governo francese,
come rispondeva il signor Avigdor?
Non vuoisi, diceva egli, alimentare le antipatie fra popolo
e popolo, che hanno origine dal medio evo.
E che hanno da far qui le antipatie del medio evo!
Ben iungi dall'essere avversi alla Francia, i Piemontesi furono sempre accusati di avere soverchio affetto per la nazione
francese.
Il nostro risentimento, la ripugnanza nostra nascono da ben
altra cagione; nascono dagli atti brutali che vennero in ogni
tempo consumati a strazio della misera Italia ; non è antica
antipatia Ja nostra attuale avversione, è il lamento della vittima che sta col collo incurvato sotto il coltello del manigoldo, è il gemito dell'infelice che vede sgorgare il proprio
sangue e maledice la mano che lo ha trafitto. (Bene ! a sinistra )
Soggiungeva i! signor Avigdor : Si demain nous fussions
attaquès, la Frante nous défendra.
Aquesto punto non potei trattenere un legittimo sfogo; e
contro il regolamento (del che chiedo perdono al signor presidente) ( Ilarità) mi alzava gridando che la Francia quando
fu tempo non ci ha aiutati mai
iosts. Ha aiutato Roma.
bkoffekìo. L'aiuto di Roma, quello sì non ci mancherebbe, l'aiuto del ferro e del fuoco, delle baionette e della
mitraglia contro i nostri petti e le città nostre, quando avessimo un pietoso papa che lo invocasse, (Si ! si!)
Nè io fo di questo imputazione al popolo francese. Io accuso quei governanti che del popolo francese così grande e
così generoso fecero iniquo straniente della loro ambizione.
Costoro, interrogate le storie, furono sempre il flagello dell'Italia.
Quando penso a Carlo d'Angiò, ricordo i Vespri siciliani;
quando penso a Carlo Magno, ricordo le simonie papali ;
quando penso a Carlo VIII, ricordo i saccheggi di Roma, di
Napoli, di Firenze ; quando penso a Napoleone Bonaparte, ricordo il trattato di Campoformio; quando penso a Luigi Filippo, ricordo gli spergiuri del non intervento ; quando penso
a Luigi Bonaparte ricordo le repubblicane falangi condotte
allo sterminio nella repubblica romana. (Bravo l Benel )
0 forte, o grande popolo francese, come mai potesti chinarli sotto il giogo di perversi uomini così indegni di comandarti ? Ah, se dopo tanti sacrifizi, tante lagrime e tanto san-
gue tunon potessi ancora liberamente costituirti, è perchè
29S2
CAMEBA P E I DEPUTATI
tu sconti il peccato di non avere rispettato sempre la libertà
degli altri. (Bravo\
bravo!)
Quando io interrompeva il signor Avigdor, egli mi rispondeva dicendo: cbe la Francia dichiarava che ci avrebbe difesi
se fossimo stati assaliti; che invece essendo stati noi assalitori, non ci poteva difendere.
Ho sotto gli occhi i documenti che furono pubblicati in Ing h i l t e r r a , da cui ci pervennero luminose v e r i t à ; e per
quanto io sia nemico della diplomazia, questa volta mi sento
in obbligo di ringraziarla Da questi documenti io ricavo che
da Parigi nel 1° agosto 1848 lord Normanby dopo avere, per
lettera, assicurato lord Palmerston che a Parigi nessuno desiderava guerra e conquiste, soggiungeva di aver conferito
col generale Cavaignac, il quale così gli rispondeva : « Quanto
all'Italia (Sono parole testuali dell'ambasciatore b r i t a n n o )
non vedo ragione per inviarvi un esercito alla sola richiesta
di Carlo Alberto, » ed in quanto ai popoli italiani, tutte le informazioni giuntegli in quel momento, non gli dimostravano
« esservi desiderio dell'intervento francese in alcun tempo
che meriti il nome di partito. Ma che se questi rovesci cagionassero il ritorno del dominio austriaco, creerebbero un
sentimento diverso nel popolo, e che se in conseguenza di
un'operazione militare o imminente rovescio giungesse un
appello popolare degli Italiani per soccorsi le cose muterebbero d'aspetto. »
L'appello fu fatto e le cose non mutarono d'aspetto ! ! E
ciò non basta. Abbiamo un'altra lettera del signor Normanby
in data del 7 agosto, colla quale informa lord Palmerston di
altro colloquio avuto col generale Cavaignac, il quale gli diceva che « nulla poteva giustificarlo, quando probabilmente
Milano era sul punto di ricadere in potere degli Austriaci, dal
trattenersi di far subito agire il telegrafo pel pronto adempimento della domanda di Torino.
Vengasi di qui se le promesse della Francia fossero condizionate'. Si persuada il signor Avigdor che il generale Cavaignac non fu mai scarso di p r o m e s s e ; ma quando venne il
tempo di mantenerle, invece di armi e di a r m a t i , cj regalò
una burlesca mediazione, la quale si risolveva come una
presentazione teatrale, in cui ride l'appaltatore dietro il sipario, e chi paga è il rispettabile pubblico e l'inclita guarnigione. ( Ilarità generale e segni d'adesione )
E quand'anche le condizioni rammentate dal signor Avigdor fossero v e r e , qual giustificazione ne avrebbe la Francia ? Il Governo francese non teneva egli alzata la bandiera
repubblieana? Chi lo invocava, non era un popolo straziato
ed oppresso dalla tirannide s t r a n i e r a ? Se il Governo francese
avesse voluto tener fede alle promesse, invece di cercare
pretesto di condizioni, di riserve e di altri diplomatici g a r bugli, avrebbe snudata la spada e sarebbe accorso.
Quando un Governo vuole veramente la conservazione
della propria libertà, e della libertà degli altri popoli, non
cerca p r e t e s t i , non mendica scuse ; allora si discendono in
fretta le Alpi, si varcano i fiumi, si corre sul campo, si combatte, si vince: questo era il sacro debito della repubblica
francese ! E dopo l'abbandono in cui ci lasciava, dopo le spedizioni, gii assedi, gli assalti, noi bacieremo umilmente
quella destra, che si è insanguinata nel sangue dei nostri fratelli? Mai!
Che dirò ora della questione interna sollevata dal relatore
della Commissione? Poco a dir mi rimane. Gettata in questo
dibattimento la questione di Gabinetto, dichiara il signor
Avigdor, non avere il coraggio di mettersi a rischio di allontanare dal potere il signor ministro delle finanze, in cui
stanno la prosperità} i destini! la felicità del p a e s e ; ecco le
—
SESSIONE P E L
1851
sue parole: « Nous entrons à peine dans une ère
nouvelle;
nous venons d'accomplir une grande réforme économique,
nous avons approuvé un système financier nouveau, inconnu
jusqu'ici au pays. »
Poi soggiunge esservi necessità del signor ministro di finanze « à poursuivre ces opérations à peine ébauchées, et du
mérite desquelles la nation sera plus tard juge. »
Si metta il signor Avigdor d'accordo con se medesimo.
Come può essere opera appena abbozzata la grande riforma
che un momento prima diceva essere compiuta? (Risa ge~
nerali )
Il signor Di Cavour, rispondendo al signor Valerio, diceva
con molta svegliatezza di ingegno, cbe la questione di Gabinetto prova che nè egli, nè i suoi colleghi si credono indispensabili al paese.
Egli ha ragione : nessuno quaggiù è indispensabile; non lo
era neppure Napoleone Bonaparte, il quale moriva solitario
sullo scoglio di Sant'Elena, e al morir suo non si turbava la
terra nè più, nè meno che alla caduta di una foglia da deserto albero.
Dicesi cbe il mondo va da sè ; e bisogna pure che sia così,
perchè se il mondo dovesse andare a grado degli uomini, affé
d'Iddio, andrebbe molto male.
Ho tuttavia un piccolo dubbio che il signor ministro delle
finanze eá i suoi colleghi, gettando così di frequente nelle
controversie parlamentari la questione di Gabinetto, abbiano
di se medesimi un concetto alquanto diverso. Non sarebbe
forse per sapersi o per credersi indispensabili, che essi vogliono imporre aHa maggioranza trattati, leggi e provvedimenti che senza di ciò non sarebbero accolti? Ma via, non
solleviamo un velo che cuopre intimi arcani ; e preghiamo i
signori ministri a lasciarci deliberare d'ora in poi nella piena
libertà delle coscienze senza turbare i nostri deputati della
maggioranza coHe solite larve di sconvolgimenti ministeriali.
Come possiamo noi gettare liberamente il nostro voto nell'urna senza atterrirci all'immagine del signor ministro delle
finanze che col suo portafoglio sotto il braccio si disponga a
darci un lacrimoso addio? (Risa
generali)
Checché ne sia, non è mio costume di intenerirmi per ministeriali svenimenti ; e il mio giudizio è pronunziato.
E in omaggio alla giustizia che respingo un trattato ingiusto; è in omaggio agl'interessi della patria che respingo
un trattato dannoso; è finalmente in omaggio al popolo francese che io respingo un trattato col Governo di Francia.
(rivi segni di
approvazione)
âvieooR,
relatore.
Messieurs, l'embarras qui était
grand hier quand je devais venir défendre devant vous le
traité, doit être encore plus grand aujourd' hui quand j e
dois entrer en lice avec un des premiers orateurs de la
Chambre.
Avant d'entrer dans toutes les questions un peu personnelles auxquelles un membre de cette Chambre a voulu
toucher, j e dirai un mot sur une appréciation qu'il a cru devoir faire.
Une comparaison faite par moi hier dans cette enceinte
tirée de Sophocle, a paru froisser un des membres de la
Chambre. J'avoue franchement que si j'avais pu ¡»'imaginer
que l'on vint dans cette enceinte critiquer un député de ce
qu'il puise des exemples dans l'histoire grecque et romaine,
j e ne pouvais m'attendre que cette censure pût partir du
côté d'où elle est venue. Mais quoi qu'il en soit de ces critiques, de ces censures, pour mon compte, j e n'oublierai pas
dans eette discussion de suivre le système de modération qui
est pour moi une règle invariable de ma conduite, cl gui §§!
TOIINATA DEL 2 8
une règle pour tous les membres appartenants à des Assemblées parlementaires.
Au surplus, qu'on sache que ces épithètes comme ces sarcasmes ne peuvent ni m'atteindre ni me blesser, et que
quand on me les adresse, j'ai toujours la velléité de répondre
ce que répondait M. Guizot à des personnes qui le calomniaient dans la Chambre dés députés: Vous pouvez amonceler insultes sur insultes, calomnies sur calomnies, vous
n'arriverez jamais à la hauteur de mon dédain. (Rumori a
sinistra)
L'honorable M. Brofferio a bien voulu supposer qu'il y
avait contradiction entre le rapport que j'ai eu l'honneur de
présenter à îa Chambre, et le discours que j'ai prononcé hier.
Il connaît trop bien l'histoire pour ne pas connaître cet
aphorisme qu'avec deux lignes d'un homme, on peut le faire
pendre. Il n'est pas difficile avec l'esprit subtil et adroit de
M. Br jfferio, de trouver des contradictions entre ce que j'ai
dit hier et ce que j'ai écrit un jour a v a n t ; mais, pour
moi du moins, cette contradiction n'existe pas , et j'ose
espérer qu'aux yeux de plusieurs de mes collègues elle
n'existe pas davantage. Elle n'existe pas plus qu'elle n'existe
dans la consultation que donne un médecin. Le médecin,
après avoir étudié ia maladie, après l'avoir analysée, après
l'avoir considérée sous toutes les phases, déclare son opinion,
ordonne les remèdes, et s'il se bornait à parler du mal sans
indiquer les remèdes, il ne pourrait être accusé que d'être
un mauvais médecin , surtout s'il cachait l'état réel du
malade.
Pour moi, je m'imaginais accomplir les voeux de la Chambre
en lui exposant le bien et le mal, le fort et le faible de ce
t r a i t é ; et après l'avoir présenté, sous toutes ses faces, je
disais qu'il était acceptable, qu'il devait être accepté. Tel
était mon avis.
Avant d'entrer dans la question politique, il faut que j e
revienne à la question de chiffre.
Je disais hier que les avantages de la balance commerciale
étaient en notre faveur. Aujourd'hui on me répond qu'il ne
peut en être autrement, car la France sera toujours obligée
de recourir à nous pour se procurer des soies.
Messieurs, de telles assertions sont tout-à-fait erronées.
En effet, lorsqu'une place de consommation ne trouve pas
dans un lieu déterminé ce dont elle a besoin 3 elle va s'approvisionner ailleurs.
Croyez vous que si la Franee n'avait pas les moyens de
recevoir les soies du Piémont,, la France ne saurait pas en tirer
de la Chine, des Indes, de l'Egypte, de tous les pays de production du monde? Ceci est naturel: tout le monde le comprend. Si notre produit ne pouvait pas pénétrer en France,
cela n'arrêterait pas son commerce ; elle irait chercher ailleurs ce dont elle a besoin. Je le répète, l'empêchement à
l'introduction de nos produits chez elle, n'arrêterait nullement son élan commercial. Nos importations en soie grége
en France n'entrent que pour une bien petite partie dans le
chiffre de sa consommation générale.
Qu'on me permette de citer des chiffres. Nous exportons
en France, en soie crue grége . . . . .
kilog. 531,454
En soie crue moulinées
a 777,939
En douppions
»
1,061
En moresque
» 443,794
En qualités diverses
»
94,680
ce qui donne en tout un milion e demi de kilogrammes
environ. On voit donc par ce chiffre que cette quantité ne
peut suffire à la fabrication de la France, et que la soie que
nous lui fournissons n'est qu'une partie minime de celle
GIUGHO
1851
nécessaire à ses fabriques. Or, si nous entrions dans un
système d'hostilité avec la France, ce n'est pas la France
qui en souffrirait, c'est nous qui en ressentirions les plus
mauvais effets.
L'honorable M. Brofferio nous dit que, par des considérations politiques, nous devons repousser ce traité.
A cet égard, qu'il me permette de lui répéter que nous
aurions dû plutôt repousser le premier t r a i t é ; mais que
celui dont il s'agit, étant une conséquence du premier, il faut
absolument que nous l'adoptions. C'est en force de l'article
14 du premier traité que la France demande des concessions
qu'elle a droit de revendiquer.
Il est sûr qui si l'on voulait mettre, dans les affaires commerciales, cette rigidité puritaine de l'honorable M. Brofferio,
on pourrait déclarer hautement que peu importe à la
Chambre les intérêts de l'Etat sacrifiés, les affaires commerciales arrêtées la ruine complète du pays; que tout
cela arrive, pourvu que nos principes triomphent. Je ne
crois pas qu'une nation serait bien avancée, bien prospère,
bien riche, si elle avait, pour la gouverner, des hommes
aussi absolus. Pour moi, je suis d'avis qu'il faut lui donner
de la force, de l'énergie pour lui faire supporter les nouvelles variations politiques qui peuvent surgir ; il faut qu'elle ait
de l'énergie, de la force, qu'elle soit dans un état prospère,
et qu'elle devienne nation commerciale, parce que le commerce est vraiment la source naturelle la plus positive, 1a
plus puissante des Etats.
Maintenant messieurs, je laisse cette question commerciale
de côté, parce que j e crois que ce n'est pas celle qui captive
le plus l'attention de la Chambre; et je passe à la question
politique, qui est le terrain sur lequel l'honorable M. Brofferio a bien voulu m'attirer.
M. Brofferio a dit, je crois, que la France n'avait pas
avancé lorsqu'on l'avait demandée, qu'elle n'était point venue en notre secours. Si l'honorable préopinant veut bien
aller consulter les notes diplomatiques de cette époque,
il arrivera peut-être à avoir la conviction positive que les
offres de la France furent alors repoussées, et que l'opinion
général était que l'Italie ferait ses affaires sans l'appui étranger. (Mormorio a sinistra)
Peut être j'erre ; mais si j ' e r r e , c'est de bonne foi; car il
me semble que mes souvenirs sont fidèles à ce sujet. Aujourd'hui M. Brofferio disait que, si la France voulait avancer, l'Autriche se trouvait là pour l'en empêcher, que si
l'Autriche voulait nous attaquer, la France se trouvait là
pour nous défendre. Ainsi, ces deux Etats sont continuellement pour nous, selon lui, deux barrières infranchissables,
nous n'avons rien à craindre ni d'un côté, ni de l'autre;
nous sommes certains de jouir de la plus complète tranquillité; nous pouvons vivre en toute sûreté. Je suis étonné
qu'une opinion aussi singulière soit émise par un homme
aussi versé dans l'histoire de l'Europe que l'est M. Brofferio.
Un pareil argument dans toute autre bouche m'eût moins
surpris; chez lui ce sera faut d'intention, mais j'avoue ne pas
le comprendre.
Je le demande à l'honorable orateur : n'est-ce pas dans
cette illusion que s'est levée longtemps la Pologne? n'estce pas dans cette illusion que s'est levée Cracovie? Ces deux
Etats ne disaient-ils pas: l'Autriche ne permettra pas que la
Russie nous attaque, et la Russie ne permettra pas que l'Autriche envahisse notre territoire? Malheureusement ils dûrent
s'apercevoir que l'antagonisme autrichien et l'antagonisme
russe, sur lequels ils comptaient pour vivre dans une douce
quiétude, n'était qu'une chimère; car ces deux empires 8
- 2934- —
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III.
1 1 » « » » ——
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III l i m i —
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CAMBRA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1851
supposant, leur tranquillité intérieure compromise par les
idées, lés pensées et les opinions qui se faisaient jour en Pologne, s'unirent", S'entendirent pour effacer de la carte du
monde le nom de royaume de Pologne et de république de
Cracoyie. Ils firent taire, pour' y i éùssir, et leur anthipatie
particulière, et leur antagonisme, et cimentèrent une union
plus étroite sur les dépouilles opimes de ces deux Etats. Et
comment avec de tels exemples sous les yeux, l'honorable
monsieur Brofferio pouvait-il venir nous dire que si la
France Venait à s'armer, l'Autriche serait là pour l'en empêcher, et que âi l'Autriche venait nous attaquer, la France
serait là pour nous défendre quand même?
Quand je réponds à ces considérations ne croyez pas,
messieurs, que je les suppose sérieuses ; au contraire, je
Crois qu'en les soulevant nous ne faisons que faire perdre un
temps précieux â la Chambre.
Ce que j'ai dit hier je le maintiens aujourd'hui encore ;
la France est prête à nous défendre quand on voudrait nous
arracher nos libertés, et nous empêcher (fe vivre selon le
Statut: voilà ce que j'ai dit hier, ce que j'ai répété et Ce que
je répète aujourd'hui encore, parce que j'en suis convaincu.
Maintenant sans trop prolonger cette discussion et sans
répéter tes arguments que j'ai mis en avant hier, je veux
répondre quelques mots à propos de la question intérieure.
Mais avant d'entrer dans ces considératioes, je prie l'honorable monsieur Brofferio et la Chambre de vouloir bien me
permettre d'ajouter quelques mots sur les débats qui ont eu
lieu dans le sein delà Commission. Monsieur Brofferio voudra
bien me permettre d'assuref que sous biens des rapports
nos idée se sont rencontrées. Les observations qu'il a soulevées, je les ai également présentées dans îe sein de la
Commission.
Les injustices qu'il a relevées, je les ai relevées aussi
bien que lui dans la Commission. S'il y a quelqu'un qui dès
le premier moment aif été prévenu contre ce traité, c'est
moi, je l'avoue. Je fais un appel au témoignage de mes
honorables collègues; je ne crains pas le dire solennellement devant les autres membres de la Commission, persuadé de leur loyauté. Aussi de prime abord je me suis
déclaré contre le traité. Si plus tard je l'ai approuvé, c'est
parce que j'ai mûri profondément les avantages et les désavantages. J'ai examiné les chiffres, étudié attentivement les
questions intérieures et extérieurs, et je ne me suis pas renfermé dans une obstination intraitable; je ne me suis pas
drapédans un manteau de victime; je ne me suis pas dit que
dès l'instant que ce traité paraissait peu acceptable de premier abord, il fallait le repousser parce qu'il était mauvais,
inacceptable.
Non, je le répète encore, je n'ai pas ce rigorisme. Je
crois que les hommes et principalement les hommes d'Etat,
les hommes politiques peuvent apporter quelques modifications dans leurs opinions. Je crois qu'il est quelquefois insensé de vouloir persister dans un principe quand votre
raison, quand votre conscience vous avertit que ce principe
est exagéré. Je crois qu'un homme équitable doit revenir
sur une pensée lorsqu'il s'aperçoit que cette pensée est mauvaise, et proclamer lui-même son erreur. C'est ce que je
fais, messieurs. J'ai un moment regardé ce traité comme
inique, et je l'ai jugé avec beaucoup de rigueur. Mais après
avoir donné cours à toutes mes réflexions, après avoir mieux
envisagé la question, j'ai reconnu que ce traité était admissible, et que nous devions l'admettre parce que nous nous
y sommes engagés par le traité du 5 novembre 1850.
Puisque nous avons proclamé dans celte Chambre la liv
berté de commerce par la révision du tarif des douaues,
puisque nous avons ouverts nos ports à tous les Etats,
puisque nous voulons que le consommateur puisse jouir dans
toute son étendue des bénéfices résultant d'un abaissement de
droits, puisque nous avons volu tout cela, eh bien! La conséquence est naturelle, est rationnelle. Par suite de ce principe admis dans notre législation, on nous demande l'abaissemente de droits sur certains articles quand nous l'avons
promis, quand nous nous y sommes engagés.
Messieurs, hier M. le ministre de finances, en répondant à
l'honorable M. Valerio parlait de ses convictions particulières. J'estime hautement la délicatesse qu'il a mis à ne
pas s'appesantir sur ces considérations toutes personnelles ;
mais dans ma position je dois agir autrement, puisque
c'est moi qui ai avancé dans le rapport ces considérations et
qui ai engagé la Commission à persister dans l'acceptation de
ce traité, plus particulièrement s'il devait nous conduire à une
crise ministérielle. Certes, quand je dirai quelques mot en*
faveur de M. le ministre, quoiqu'il n'ait pas besoin de mon*
appui, on sera persuadé que ce n'est pas un sentiment exagéré de sympathie qui me fait parler. Mais M. Brofferio (que
je rois avec regret horg de sa place) disait, qu'il n'y a personne d'utile; il disait: les réformes économiques ont été
faites, donc si elles sont faites, vous n'avez pas besoin de
M. le ministre...
Foci a sinistra. Non ha defêo qaesto.
4VI6DOR, relatore... et il croit me mettre en contra^
diction avec moi-même parce que mon rapport dit que M. le
ministre n'a fait qu'ébaucher ses opération«.
Non, messieurs, j'ai distingué les opérations économiques
et les opérations financières. J'ai dit que les opérations économiques avaient été accomplies; cela est vrai; elles Je sout
par la réforme du tarif des douanes, elle le sont par la proclamation de la fiberté du commerce. Les opérations financières par contre n'ont été qu'ebauchées; cela est une vérité
incontestable parce que M. le ministre s'occupe actuellement d'appliquer son système, de faire ses opérations.
Messieurs, l'on ne peut pas supposer que ces parole»
soient dictées par un zèle trop empressé, et même je suis
fâché de blesser ici la modestie de M. le ministre des finances, mais je crois que dans ces circonstances sa présence
est utile, nécessaire, indispensable. Il est impossible qu'a®
homme qui a des connaissances financières, puisse en ce?
moment désirer que M. le ministre des finances sorte du Cabinet, car ce ministre a pris chez nous l'initiative des réformes commerciales, parce qu'il a inauguré un système
nouveau, parce qu'il nous a poussé vers un progrès, et que
non content d'aller chercher ses exemples en Angleterre,. H
s'appuye encore sur l'exemple des Etats-Unis, qui en fait de
finances est le plus avancé de tous les pays. Un tel homme
ne doit pas abandonner sa position, ne doit pas confier à
d'autres l'accomplissement de ses projets.
Non, messieurs, vous ne trouveriez pas un homme d'Etat
qui voulut accepter avec connaissance de cause et sous
bénéfice d'inventaire l'héritage du ministre des finances
actuel. Un autre pourrait avoir un système opposé à celui
du ministre actuel, un autre pourrait avoir un système approchant, mais avec des vues moins étendues et moins
hardies.
Et si aujourd'hui un autre arrivant au Ministère avait la
velléité de renverser ce système, si ce ministre nous disait;
ce système est trop réformateur, trop hardi en fait de* fi«
nances, dans quel état nous trouverions-nous? Pourriez vous
retourner en arrière? Nqn. Ainsi l'honorable M.Brofferio doit
_ 2935 —
TORNATA DEL 28 GIUGNO 1851
comprendre dans quel sens j'ai fait entendre que le ministre
actuel de linances est nécessaire au Gouvernement.
Eh bien! ce n'est point une absolution que j'ai voulu que
la nation accorde au ministre des finances, c'est au contraire
Un mauvais service que je crois avoir rendu à M. le ministre.
Je me suis hautement prononcé dans le sein de la Commission afin que M. le ministre conserve son portefeuille, afin
d'éviter toute détermination qui l'aurait obligé à l'abandoner. (Susurro a sinistra)
Puisqu'il a commencé, il est juste, il est logique que M.
le ministre achève son oeuvre. Voilà, messieurs, pourquoi
j'ai soutenu dans mon rapport qu'on a cité encore aujourd'hui
devant vous, que la présence de M. le ministre dans le Cabinet était nécessaire, et voilà pourquoi je soutiens encore
qu'elle est utile et indispensable.
Si dans quelques mois, ces opérations sont accomplies, si
dans quelques mois, M. le ministre les a terminées, alors
vous pourrez refuser votre confiance à M. le ministre, et je
suis bien sûr qu'il ne se fera pas prier pour laisser ce banc
de douleur; il vous remerciera même de l'avoir déchargé de
la plus haute responsabilité que puisse avoir un ministre
en face de la nation et devant l'Europe entière: car l'Europe
entière a les yeux tournés vers nous; elle considère attentivement la marche que nous suivons dans la voie nouvelle
dans laquelle nous nous sommes lancés.
Puisque nous sommes entrés dans la voie des réformes
financières et commerciales, nous ne devons pas empêcher,
par un vote précipité, que ces réformes s'accomplissent et
donner raison à ceux qui proclament que ces réformes sont
impossibles.
Un des honorables préopinants a dit qu'il fallait repousser ce traité parce qu'il est contraire à la dignité du
pays.
Je déclare ici que la Commission n'a aucune pièce en
main, aucun protocole, aucune correspondance, qui aient
pu l'éclairér sous ce rapport et lui faire imaginer que la
France avait voulu imposer ce traité d'une manière peu
courtoise.
La Commission a pu le supposer d'après les bruits répandus qui disaient que le clauses additionnelles au traité
avaient été imposées avec des paroles un peu dures.
Je répète que la Commission n'a pas eu de preuve qui lui
ait indiqué que ce traité avait été imposé. Si ce traité avait
été imposé à notre Gouvernement comme condition sinequa
non, pour éviter des hostilités de la part de la France,
j'aurais élevé la voix bien haut pour faire repousser ce traité,
et j'aurais dit: puisque vous voulez nous enfoncer le poignard
jusqu'au cœur, nous refusons, nous en appellerons à l'Europe
entière, au monde civilisé.
j
Nous montrerons qu'un peuple, justement, lorsqu'il est
petit, doit doublement se respecter ; que vouloir imposer des
conditions trop sévères, trop rigoureuses, n'est pas un acte
digne d'Etat civilisé. Ces sentiments je les ai, et tous les
membres de la Commission les ont aussi bien que qui que
ce soit; et si quelqu'un d'eux avait pu entrevoir que l'honneur du pays n'était pas entièrement sauvegardé, soyez
sûrs qu'à l'instant on aurait reprouvé hautement les clauses
additionnelles de ce traité.
Le rapporteur n'aurait plus cru nécessaire de vous faire
un rapport; il se serait borné à vous dire que l'honneur national était blessé; il vous en aurait immédiatement proposé !
au nom de la Commission entière le rejet, et il aurait eu la j
conviction que vous n'auriez pas hésité un instant, un mi- |
nute, à le voler.
|
;
Donc, messieurs, l'honneur du pays est tout à-fait en
dehors de ces considérations, il est tout-à fait en dehors des
conditions de ce traité. L'honneur du pays a été sauvegardé;
j'en ai la conviction la plus intime, car je suis persuadé que la
France, malgré tout ce qu'on en dit, est incapable de blesser
dans ses susceptibilités nationales, elle qui les comprend si
bien, une nation envers laquelle elle montre des sympathies. J'en suis persuadé encore par tout ce que je vois ici.
M. le président du Conseil qui a pris part indirectement
aux négociations, m'offre la garantie de ce que j'avance.
Si on lui avait imposé des conditions aux quelles il n'aurait
pu se soumettre, des conditions blessantes, il aurait franchement déclaré lui-même que le traité était inacceptable. (Segni
d'assenso del presidente del Consiglio)
Je le répète, c'est pour moi une garantie de morale que
j'ai mise au dessus de toutes les autres; et s'il n'y avait pas
eu cette garantie, il y aurait encore eu la garantie de la
France elle-même, et moi, qui ai été élevé dans ce pays,
j'ai suivi avec trop d'attention et les actes et les pensées de ses
hommes Etat, pour leur supposer une intention peu généreuse,
peu cordiale envers une nation plus faible,
Messieurs, encore un mot, et je ne lasserai plus la Chambre de mes observations.
Il faudrait revenir, maintenant, sur la politique que la
France a tenue contre l'Italie ; il faudrait parler de ce qu'elle
a fait à Rome; il faudrait parler de ce qu'elle a fait en Sicile.
Pour cela, je n"ai qu'un mot à dire. Je me reporte aux notes
diplomatiques pour constanter qu'à l'époque de l'invasion de
Rome par les Français, les Français furent appelés a Rome
afin d'empêcher que l'Autriche ne s'emparât de l'Italie. (Rumori alla sinistra ; segni d'adesione alla destra)
Ceci est un fait contesté, mais non un fait contestable.
Peut-être si les soldats avaient été reçus en frères, les
événements auraient pu changer de face. (Vivi rumori alla
sinistra) Oui, messieurs, je le répète, les choses auraient pu
changer de face, si les romains n'avaient pas reçu les Français avec des sentiments d'hostilité. (Nuovi rumori) Ces faits
sont constatés par les notes diplomatiques. Je ne suis pas
chargé de défendre ici la France. (Oh! oh! o sinistra) Ce
serait ridicule, et je passerais pour être souverainement ridicule aux yeux des Français, si j'avais la témérité de vouloir
m'ériger en preux chevalier, rompant des lances pour la
justifier. Les actes de la France sont écrits dans toutes les
pages de son histoire, et dans ces pages vous pouvez consulter un passé qui vous garantit de l'avenir.
Je vous l'ai dit hier, si même vous voulez reverser le
blâme sur le Gouvernement et non sur la nation, vous ne
serez pas équitables, puisque je crois que le Gouvernement
français ne le mérite point. (Segni d'assenso)
En politique il faut considérer les événements, il faut voir
les circonstances d'après lesquelles on est bien souvent obligé
de modifier ses idées, ses opinions et ses actes.
Si vous repoussez, messieurs, le traité qui vous est présenté vous savez tous quel est le résultat auquel vous vous
devez attendre. Ce résultat est très-positif, c'est-à dire, vous
porterez la perturbation dans nos affaires commerciales et
financières, vous empêcherez lepays de progresser dans cette
uoie, dans laquelle vous l'avez lancé, vous donnerez raison
ài nos ennemis qui veulent la ruine du pays. Ce résultat est
sûr et réel. Ceux qui veulent se faire des illusions, en sont
les maîtres: mais ils ne tromperont pas lepays qui a les
yeux fixés sur nous. (Movimento)
Non-seulement vous serez affligés par un tel résultat, mais
vous devrez encore voir le Ministère se démembrer. Or, c'est
— 2986 —
CAMERA DEI DEPUTATI —
ce
dém em brem en t
que
la Co m m is s io n
a vo u lu
p r é ve n ir .
SESSIONE DEL
18 5 1
a u r a i e n t le d é b it d a n s le u r p a ys e t d a n s le n ô t r e , t a n d is q u e
n os p r o d u c t e u r s n ' a u r a i e n t le d é b it q u e d a n s n o t r e p a ys .
Si ce M in is t è r e n e fo u r n it p a s la c a r r i è r e q u e vo u s
d é s i r e z,
s ' il n e m a r c h e p a s p r é c i s é m e n t d a n s la vo ie q u e j e
d ésir er a i
Ar r i va n t a u t r a it é q u i n o u s est s o u m i s , m e s s i e u r s , v o yo n s
m o i m ê m e , il m é r i t e c e p e n d a n t p o u r q u e l q u e s m e s u r e s l' a p -
ce q u i s ' e s t p a s s é a ve c la F r a n c e . N o u s e n s o m m e s a u s e c o n d
p r o b a t i o n d e la Ch a m b r e . M a lgr é ce s co n s i d é r a t i o n s , v o u d r i e z -
t r a it é a ve c e l l e . Q u ' a vo n s n o u s fa it p a r le p r e m i e r ? N ou s
vo u s r e n ve r s e r ce M i n i s t è r e ? P e r m e t t e z - m o i d e vo u s le d i r e ,
vio n s fa it a ve c e lle u n é c h a n g e d ' a v a n t a g e , t el q u e
a-
Min i-
s t è r e p o u r le fa i r e a c c e p t e r p a r la Ch a m b r e , a va it d û m e t t r e
ce ci n e s e r a it p a s u n a ct e b ie n r é fl é c h i .
On m ' a r e p r o c h é d e p r e n d r e
le
s o u ve n t m e s e x e m p l e s d a n s
en a va n t le s
con s id ér a t ion s
p o l i t i q u e s . Ma is il y a va it
d éjà
l' h is t o ir e g r e c q u e e t d a n s l' h i s t o i r e r o m a i n e ; m a i s , e n vé r i t é ,
u n e co n ce s s io n q u e n o u s a vio n s fa it e à la F r a n c e s a n s c o r -
j e n e s a u r a i s o ù c h e r c h e r d e m e i l l e u r s m a î t r e s ; e t m a l g r é ce
r e s p e c t i f. C' e s t le t r a i t é s u r la p r o p r i é t é l i t t é r a i r e .
r e p r o c h e , j e r a p e l i e r a i à p r o p o s d e n o t r e M in is t è r e
l'o b s e r -
va t i o n d e c e t t e vi e i lle fe m m e d e S yr a c u s e , q u i p r ia it
p o u r la c o n s e r va t i o n d e D e n ys le T y r a n ,
e n d is a n t
s ' é t a i t a p e r ç u e q u ' e n fa it d e t yr a n on a lla it
en p is , q u ' o n s a va it ce
qu'on
q u i p o u r r a i t ve n i r . (Si
ride)
D ie u
q u 'elle
t ou jou r s d e m al
a va i t , m a is q u ' o n i gn o r a i t ce
que
n o u s a vo n s d o n o é . N ou s t ir o n s e n e ffe t b e a u c o u p d e s l i vr e s
d e la F r a n c e ; e t j e vo u s le d e m a n d e ,
m es s ieu r s , q u els
son t
c e u x q u ' e l l e r e t i r e d e c h e z - n o u s ? Q u e fa is o n s n o u s p a r c e l u i ci ? On a s s u r e q u e n o u s n ' y g a g n o n s r i e n . Au s s i j e d o is m a -
N o u s s a vo n s d o n c n o u s ce q u e n o u s a vo n s en fa it d e m i n ist r e,
Ce s e r a i t en e ffe t u n e p la i s a n t e r i e q u e d e vo u l o i r p r é t e n d r e
q u e n o u s a vo n s r e çu q u e l q u e ch o s e e n é c h a n g e d e c e
n o u s igR o r o n s ce q u i v i e n d r a i t ; e t p r é fé r a n t
une
c e r t i t u d e m é d i o c r e à u n d o u t e , j e d é s ir e l' a cce p t a t io n d e ce
n i fe s t e r m o n é t o n n e m e n t d e ce q u e n i le M in is t è r e , n i le r a p p or t eu r n e n ou s on t d on n é a u cu n e
q u e l l e n o u s p u is s io n s c o m p r e n d r e
in d ica t ion , d 'a p r è s
la -
q u e l s e r a le r é s u lt a t d u
t r a i t é p a r t o u t e s le s r a is o n s q u e j ' a i d é ve l o p p é e s e t e n c o r e à
t r a i t é d o n t il s ' a gi t . A q u e l l e s o m m e s e r é d u i r a le
ca u s e d e la q u e s t i o n m i n i s t é r i e lle .
q u ' i l n o u s p r o c u r e r a ? A q u o i a r r i ve r a ce lu i q u ' e n r e t i r e r a la
C H â P P E R O i i . J e r e g r e t t e d ' a vo i r à c o n t i n u e r u n e d is cu s s io n q u i d u r e d é jà d e p u i s l o n g t e m p s e t q u i d o it a vo i r fa t i gu é
la C h a m b r e , m a is la q u e s t io n e s t a s s e z i m p o r t a n t e p o u r
que
F r a n c e ? N ou s n ' e n s a vo n s a b s o l u m e n t
r ien .
b é n é fi c e
Pourquoi
M o n s ie u r le r a p p o r t e u r n o u s a d it q u ' i l n e p e n s a it p o i n t q u e
j e c r o i e d e vo i r a p p o r t e r q u e l q u e s co n s i d é r a t i o n s q u i n ' o n t p a s
la F r a n ce eû t e m p l o y é à n o t r e é ga r d
e n c o r e é t é p r o d u i t e s à la Ch a m b r e s u r ce s u j e t . J e
g u e u r . J e s u is p a r fa i t e m e n t p e r s u a d é q u e la F r a n c e
t â ch e r a i
d e s p r o cé d é s d e
fa it b r i lle r a u x y e u x n e m o n s i e u r le m i n i s t r e
d ' ê t r e b r e f.
J e d ir a i d ' a b o r d q u e , m a l g r é le s e xp li ca t i o n s q u i o n t
été
s e n t a n t d u G o u v e r n e m e n t fr a n ça is a it e m p l o yé
i n c o n ve n a n t s vis à vis d e n o t r e G o u v e r n e m e n t .
com m is s a ir es
n o m m é s p a r le s b u r e a u x p o u r r e p o u s s e r le p r o j e t
de
t r a it é
La s e u le r a is o n q u i n o u s a it é î é d o n n é e j u s q u ' à p r é s e n t , si
j e n e m e t r o m p e , co n s is t e e n ce q u e d e p u i s q u e
le t r a i t é d e
c o m m e r c e a é t é s i g n é , la Ch a m b r e , en d is cu t a n t le t a r if d e s
d o u a n e s , a u r a i t a d m i s d i ve r s e s r é fo r m e s q u i d e va i e n t in flu e r
s u r le t r a i t é d o n t il s ' a gi t .
d es p r océd és
que
du
t a r if d e s
c'ét a it
une
n é ce s s it é p o lit iq u e à la q u e lle n o u s n e p o u vi o n s n o u s s o u s t r a i r e .
Si la ch o s e a e u lieu a in si p o u r le p r e m i e r ,
n ' e s t - ce p a s u o
m o t if d e p r é j u g e r q u ' i l en e s t d e m ê m e d u s e c o n d e ?
Si n o u s ve n o n s à e x a m i n e r a u fo n d q u e l s s o n t le s a va n t a g e s
q u e n o t r e E t a t d o it en r e t i r e r , il fa u t d ir e q u e
J e r e vi e n d r a i t o u t - à - l ' h e u r e s u r la q u e s t io n
Ma is il y a
u n e ch o s e à c o n s i d é r e r . Lo r s d u p r e m i e r t r a i t é , o n n o u s a fa it
c o m p r e n d r e d ' u n e m a n i è r e a s s e z e xp l i c i t e
e n s o n t ve n u s à n o u s en p r o p o s e r l' a d o p t io n .
r ipas
q u elq u e? m il-
d o n n é e s e n r é p o n s e à d i ve r s e s i n t e r p e lla t i o n s fa it e s à ce s u j e t ,
le s
n 'a
lie r s d e b a ï o n n e t t e s . J e n e cr o îs p a s é g a l e m e n t q u e le r e p r é -
j e n 'a i p u c o m p r e n d r e
en cor e co m m e n t
don c
vo u lo i r n o u s fa ir e vo t e r à l ' a ve u g l e ?
ou en
sér ieu sem en t
vo it a u cu n . Le s co n ce s s io n s q u ' e lle p r é t e n d e
n ou s
d o u a n e s . P o u r le m o m e n t , j e d e m a n d e r a i si la co n s id é r a t io n
fa ir e p o u r t a n t s u r l ' e n t r é e d e s b e s t ia u x e t d e fr u it s fr a i s , il
d ' u n e cr i s e m i n i s t é r i e lle
est in co n t e s t a b le q u e ce t a va n t a ge 9 s ' i l e s t r é e l , a e
q u i p o u r r a i t se p r o d u i r e à la
s u it e
sa u r a it
d e c e t t e d is cu s s io n , d o it e n t r e r p o u r q u e l q u e ch o s e d a n s la
p r o fit e r q u ' a u x p r o vi n ce s li m i t r o p h e s a ve c la F r a n c e c ' e s t - à -
d é li b é r a t i o n q u e n o u s d e vo n s p r e n d r e à ce t é g a r d .
d ir e le co m t é d e N ice e t la S a vo i e .
Oq a c h e r c h é à m e t t r e e n a va n t , d a n s c e t t e d is cu s s io n , la
J e n e co n n a is p a s a s s e z le c o m m e r c e d u c o m t é d e N ice
q u e s t i o n d u li b r e é c h a n g e ; j e la cr o is e n t i è r e m e n t h o r s d e la
a ve c la F r a n c e p o u r s a vo i r q u e l s a va n t a g e s il en r e t i r e ; m a is
q u e s t i o n . En a d m e t t a n t m ê m e q u e la Ch a m b r e e û t
d é cla r é
r e c o n n a î t r e la l i b e r t é d u c o m m e r c e , il e s t ce r t a in q u e si n o u s
q u a n t à ce q u i r e g a r d e la S a vo i e , j e c r o î s p o u vo i r
a ffi r m e r
q u ' o n n e s a u r a it s o u t e n i r s é r i e u s e m e n t q u e ce t r a i t é lu i e s t
a d m e t t i o n s i m m é d i a t e m e n t le li b r e é c h a n g e , n o u s n o u s m e t -
a va n t a g e u x . Q u a n t a u fr u i t s fr a i s , il est i n c o n t e s t a b l e , j e cr o i s ,
t r io n s e n co n t r a d i ct i o n
q u e la Sa vo ie n 1a p a s u n c e n t i m e à g a g n e r à la r é d u ct i o n q u i
flagrante
a ve c u n a u t r e p r i n ci p e q u e
n o u s a vo n s é m i s .
e s t fa i t e .
La Ch a m b r e a d it , j e c r o i s , q u ' e l l e vo u la it m e t t r e le s p r o d u c t e u r s d u p a ys d a n s la m ê m e p o s it io n q u e le s p r o d u ct e u r s
P o u r ce q u i c o n c e r n e le s b e s t i a u x ,
m on sieu r
le m i n i s t r e
sa it fo r t b i e n q u e d e s r é cla m a t i o n s o n t é t é fa it e s à d i ve r s e s
d e l ' é t r a n g e r . Si n ou s a d m e t t i o n s le li b r e é ch a n ge s a n s q u e le s
r e p r i s e s . Un e m o it ié s e u l e m e n t d e la fr o n t i è r e
p a ys q u i n o u s e n vi r o n n e n t l ' a d m e t t e n t en m ê m e t e m p s , il e s t
n o u s e s t o u v e r t e ; d e s o r t e q u e d e u x d e s p r o vi n c e s d e la Sa -
d e la
Fr a n ce
ce r t a in q u e n o u s p la ce r i o n s n o s p r o d u c t e u r s d a n s u n e p o s i-
vo ie le s p lu s p r o d u c t i ve s d a n s l ' e s p è c e s o n t d a n s
t io n in fin im e n t i n fé r i e u r e à c e l l e d e s p r o d u c t e u r s é t r a n g e r s .
b ilit é a b s o lu e d e p r o fit e r d e ce t r a i t é . N ' e s t c e vr a i m e n t
J e c o m p r e n d s fo r t b i e n q u e l ' An g l e t e r r e
p r ê ch e
é c h a n g e ; e lle e s t p la cé e d e m a n i è r e d e l u t t e r
le
lib r e
a va n t a g e u s e -
m e n t a ve c t o u s le s p r o d u c t e u r s d u m o n d e ; e lle n ' a u r a i t d o n c
r i e n à c r a i n d r e d e l' a d o p t io n
d e s on
cep en d a n t pas a d op t é elle- m êm e d an s
p r i n ci p e q u ' e l l e
t o u t e s on
n 'a
e xt e n t i o n .
l' i m p o s s i pas
se j o u e r d e n o u s q u e d e n o u s a b a is s e r u n t a r i f en n o u s e m p ê ch a n t d e p r o fit e r d e la r é d u c t i o n ? On d i m i n u e le d r o it
d'en -
t r é e , m a is on n o u s fe r m e la p o r t e !
R e ve n a n t m a i n t e n a n t
com m en ça n t , je
s u r le s u j e t q u e j ' a v a i s i n d i q u é e n
d ir a i q u e l' i n d u s t r i e d e s fo n t e s d a n s
n otre
Mais p o u r n o u s q u i n e s o m m e s p a s d a n s le m ê m e ca s , il e s t
p a ys se t r o u ve t r è s - m a i p a r t a g é e , e t s s co n d it io n e s t
ce r t a i n q u e n o u s n ' o b t i e n d r i o n s p a s le m ê m e r é s u l t a t . Si e n
p lu s p r é ca i r e ch e z n o u s q u ' e n F r a n c e ; ca r n o u s la is s o n s s o r -
e ffe t n o u s ve n io n s à m e t t r e à e xé cu t io n le li b r e é c h a n g e s a n s
t ir le b ois d e la Sa vo i e e t n o u s a vo n s a b a is s é le s d r o it s d ' e n -
q u e n os vo is in s e n fissent a u t a n t , le s p r o d u c t e u r s é t r a n g e r s
t r é e s u r le s fo n t e s é t r a n g è r e s .
b ie n
— 2987 —
T O R N A T A DEL 2 8 GIUGNO
Mo n s ie u r le m in is t r e n o u s a d i t , il y a q u e lq u e s j o u r s , q u ' i l
1851
p r o d u i t la F r a n c e , e t q u e la ma s s e d e s e n v o is q u e n o u s fe r o n s
a v a it r e ç u d e s r e n s e ig n e m e n t s s u r l' é t a t d e s fo n d e r ie s d e la
e n F r a n c e n e c o r r e s p o n d r a p a s n o n p lu s à la q u a n t i t é d e
v a llé e d ' Ao s t e ; q u e c e s r e n s e ig n e m e n t s é t a ie n t r a s s u r a n t s s u r
q u ' e lle e x p o r t e r a c h e z n o u s .
l' é t a t d e c e t t e in d u s t r ie , e t q u e t o u t le p o r t a it à c r o ir e q u ' i l
e n é t a it d e m ê m e p o u r la S a v o ie .
que
l' a n n é e p r o c h a in e n o t r e e x p o r t a t io n e n F r a n c e s ' é lè v e r a à u n e
J e fe r a i o b s e r v e r à m o n s ie u r le m in is t r e q u e la p o s it io n d u
d u c h é d ' Ao s t e e s t a b s o lu m e n t d iffé r e n t e
v o ie . Rie n n ' e s t p lu s
D u r e s t e m o n s ie u r le r a p p o r t e u r a é g a lm e n t a jo u t é
ce
de
c e lle
d e la Sa-
fa c ile q u e d e t r a n s p o r t e r le s p r o d u it s
d ' Ao s t e e n P i é m o n t . Il n ' y a e n e ffe t a u c u n e
montagne
qui
s o m m e b e a u c o u p p lu s c o n s id é r a b le q u e c e lle q u e n o u s a v o n s
fa it e j u s q u ' à p r é s e n t . P o u r m o n c o m p t e , j e
Le s m a n u fa c t u r e s s o n t g r a v e m e n t
n e le c r o is p a s .
a t t e in t e s
d a n s le u r
e x i-
s t e n c e p a r la b r u s q u e r é f o r m e d u t a r if d e s d o u a n e s . J e
ne
g ê n e le s c o m m u n ic a t io n s e n t r e c e s d e u x p a y s , s i a u c o n t r a ir e
r e g r e t t e p a s q u e c e t t e r é f o r m e a it e u lie u ; e lle é t a it u n b e s o in
o n v e u t v e n ir d e la S a v o ie , o n r e n c o n t r e
a b s o l u ; m a is p e u t - ê t r e a u r a it - il é t é p r u d e n t d ' a lle r b e a u c o u p
p r é s e n t e c o m m e o n le s a it u n
le Mo n t - Ce n is
o b s t a c le a s s e z
qui
c o n s id é r a b le .
D ' u n a u t r e c ô lé la s u p p r e s s io n d u d r o it d e s o r t ie s u r le b o is
m o in s v it e q u ' o n n e l' a fa it .
Le s t r a it é s q u e n o u s a v o n s c o n c lu s s o n t e n c o r e v e n u s
a g-
e t le c h a r b o n fa it q u e la F r a n c e , v e n a n t a c h e t e r c e s é lé m e n t s
g r a v e r le u r p o s it io n . De p lu s , n o u s
d e la fa b r ic a t io n q u ' e lle p e u t t r a n s p o r t e r s u r s o n s o l e n d e u x
i m p ô t s u c c e s s iv e m e n t s u r le s m a is o n s e t d ' u n d r o it d e p a t e n t e .
le s a v o n s fr a p p é e s d ' u n
o u t r o is h e u r e s , r e n d n é c e s s a ir e m e n t la p r o d u c t io n p lu s c o û-
La p r o d u c t io n d e v r a d o n c p r o b a b l e m e n t d i m i n u e r e t a u c o n -
t e u s e . Il e s t s u p e r flu d ' a jo u t e r q u e
t r a ir e l' a b a is s e m e n t d u t a r if d e v r a
c e r t a in e m e n t
le
in c o n v é n ie n t n e s e p r é s e n t e p a s p o u r la v a llé e
même
d ' Ao s t e e t
q u ' a u c u n d e s p a y s q u i n o u s e n t o u r e n t n e p e u t s o n g e r à v e n ir
a c h e t e r s o n c o m b u s t ib le .
l' im p o r t a t io n
c o n t r a ir e à
c e lu i a n n o n c é p a r m o n s ie u r le r a p p o r t e u r .
Il n o u s a d it é g a le m e n t q u e
Mo n s ie u r le m in is t r e n o u s à é g a le m e n t d it l ' a u t r e j o u r q u e
augme nte r
d e s p r o d u it s d e la F r a n c e ; r é s u lt a t a b s o lu m e n t
la
F r a nc e , ne re ce vant
r ie n
d a n s c e t r a it é , n e p o u v a it ê t r e t e n u e à n o u s d o n n e r d e c o m -
le s im p ô t s n e s e t r o u v a ie n t p o in t t r o p é le v é p o u r la S a v o ie ;
p e n s a t io n . J e d o is c o m m e n c e r p a r d é c la r e r q u ' i l n e m ' a p a s
q u e la p e r c e p t io n e n é t a it t r è s - fa c ile e t n ' e x c it a it a u c u n
é t é p lu s p o s s ib le q u ' a u x a u t r e s o r a t e u r s q u i o n t p a r lé
c o n t e n t e m e n t . J e s u is fâ c h é d e d e v o ir le c o n t r e d ir e
mé-
s ur
ce
p o in t .
S i n o u s n ' é t io n s p a s h a b it u é s à v o ir le G o u v e r n e m e n t tr è s -
avant
m o i d e c o m p r e n d r e q u e l s e ns l' h o n o r a b le o r a t e u r d o n n a it à
c e t a r t ic le 1 4 , b ie n t ô t a u s s i fa m e u x p a r m i n o u s q u e
c e lu i
d e la C h a r t e fr a n ç a is e e n 1 8 3 0 . Ce t a r t ic le
à
d o n n e - t - il
la
nous
F r a n c e le d r o it d e r é c la m e r s a n s c o m p e n s a t io n le s a v a n t a g e s
N o u s s o m m e s ic i d iffé r e n t s r e p r é s e n t a n t s d e la S a v o ie , s ié -
g a le m e n t p r o n o n c é , à c e q u ' i l m ' a s e m b l é , p o u r l' a ffir m a t iv e
m a l r e n s e ig n é s u r c e q u i s e p a s s e
d a n s le s
p r o v in c e s ,
q u e n o u s a v o n s fa it â l' An g le t e r r e e t à la B e l g i q u e ? !! s 'e s t é -
a u r io n s le d r o it d e n o u s é t o n n e r d e c e t t e a s s e r t io n .
g e a n t à d r o i t , à g a u c h e , a u c e n t r e . J e n ' a i c o n s u lt é a u c u n
d ' e u x ; m a is j e s u is c o n v a in c u
q ue tous ont re çu
m a t io n s t r è s - v io le n t e s p o u r n e p a s d ir e
d e s r é c la -
in q u ié t a n t e s
r e la t i-
v e m e n t a u x im p ô t s n o u v e lle m e n t v o t é s . At t e n d o n s
que
im p ô t s s o ie n t m is e n r e c o u v r e m e n t e t m o n s ie u r
m in is t r e
v e r r a s i le u r p e r c e p t io n n e p r é s e n t e r a
le
ce s
a u c u n e d iffic u lt é . On
a u r a it é g a le m e n t v u d e q u e l l e m a n i è r e
a u r a it é t é
a c c u e illi
e t p o u r la n é g a t iv e .
Q u a n t à la s e c o n d e q u e s t io n , je r a p p e lle r a i à la
Cha mbr e
c e q u i n o u s a é t é d it lo r s q u ' il s 'e s t a g i d u t r a it é a v e c l' An g le t e r r e . On n o u s a d it q u e c e p a y s n e n o u s
aucune
c o n c e s s io n ;
a v e c le s a u t r e s
m a is
fa is a it
q u ' i l n ' a v a it a u c u n
n a t io n s ; q u e
par
r é e lle m e n t
e ngage me nt
c o n s é q u e n t , il
q u a n d il le v o u d r a it c h a n g e r s o n t a r if , s a n s q u e
p o u r r a it
ce c ha nge -
l ' i m p ô t s u r le s c r é a n c e s , s i le S é n a t p a r u n v o t e q u e j e p u is
m e n t n o u s a ffe c t ât e n r i e n , e t q u e c ' é t a it là u n a v a n t a g e q u i
a p p e le r u n é c h e c n ' a v a it m is
n ' é t a it pa s à d é d a ig n e r . S i c e t t e r a is o n é t a it b o n n e c o n t r e n o u s
le Min is t è r e
dans
la
pre s que
n é c e s s it é d e r e t ir e r c e p r o je t q u i d e v a it a v o ir p o u r la S a v o ie
p o u r l' An g le t e r r e , e lle d o it s a n s d o u t e ê t r e é g a le m e n t b o n n e
le s c o n s é q u e n c e s le s p lu s d é s a s t r e u s e s .
p o u r n o u s vis - à- vis d e la F r a n c e . Ain s i, n o u s a v o n s
U n b r illa n t o r a t e u r n o u s d is a it l' a u t r e j o u r , q u e s i la Sa-
r é fo r mé
n o t r e t a r if , m a is n o u s s o m m e s p a r f a it e m e n t lib r e s d e le mo -
v o ie s o u ffr a it , t o u t e s le s a u t r e s p r o v in c e s d e l' E t a t s o u ffr a ie n t
d ifie r lo r s q u e n o u s l e j u g e r o n s
é g a le m e n t . J e le c r o is , m e s s ie u r s , c e p e n d a n t il y a d e s c ir -
m ê m e d é c la r é d e r n iè r e m e n t q u ' e lle le r é v is e r a it e n 1 8 5 3 .
c o n s t a n c e s p a r t ic u liè r e s a u x q u e lle s o n d o it fa ir e a t t e n t io n .
Div e r s e s r a is o n s c o n c o u r r e n t
m o in s d ' a r g e n t q u e le s a u t r e s
à fa ir e
que
p r o v in c e s . De
la
S a v o ie
la C h a m b r e a
C o m m e la d is c u s s io n d e c e t a r it a é t é fa it e n g é n é r a l a v e c
a it
t o u t e s le s dé-
p e n s e s d e la g u e r r e a u c u n e p a r t ie n e s 'e s t v e r s é e e n S a v o ie ;
n o u s a v o n s e n v o y é d e s h o m m e s e t d e l' a r g e n t , e t n o u s a v o n s
m ê m e é t é s a n s g a r n is o n p e n d a n t a s s e z lo n g t e m p s .
u n e p r é c ip it a t io n b e a u c o u p t r o p g r a n d e , il n ' y a u r a it r ie n d e
s u r p r e n a n t , à c e q u e é c la ir é p a r l' e x p é r ie n c e , o n n e v i n t à
a u g m e n t e r q u e lq u e s u n s d e s a r t ic le s q u i y s o n t p o r t é s .
Le t r a it é é t a n t s t ip u lé
pour
m i n é , c e s m o d ific a t io n s n e
La S a v o ie a f o u r n i 8 m illio n s e n v ir o n p o u r le s c h e m in s d e
f e r ; q u e lle p a r t ie d e c e s 8 m i l l i o n s l u i e s t - e lle r e v e n u e ? L a Sav o ie e s t d e p lu s o b lig é e d e p a y e r , p a r u n e i n i q u i t é in o u ï e , 5 0 0
m i l l e fr a n c s p a r a n p o u r le s fr a is d u c u lt e . No u s e s p é r o n s b ie n
q u ' u n e ju s t ic e , b ie n q u e t a r d iv e , lu i s e r a fa it e , e t q u e
à propos , et
l' a n -
un nombr e d'année s
s a u r a ie n t
déte r-
e n r ie n a t t e in d r e la
France .
La C h a m b r e , il e s t v r a i, a a b a is s é d a n s le t a r if le d r o it s u r
le s u c r e à 2 5 fr a n c s .
J e le r e g r e t t e e t j e n e c o m p r e n d s p a s c o m m e n t m o n s ie u r
le m in is t r e d e s finance s q u i a v a it s o us le s y e u x le t r a it é a v e c
n é e p r o c h a in e o n s u p p r im e r a c e t t e c h a r g e , s e lo n la p r o m e s s e
la F r a n c e , a it p r o p o s é , c o n t r a ir e m e n t a u p r o je t d e la Co m -
f o r m e lle d e m o n s ie u r le m in is t r e d e l ' in t é r ie u r , p r o m e s s e a -
m is s io n , d e r é d u ir e c e t a u x p o u r t o u t le m o n d e à 2 5 fr a n c S j
d r e s s é e p a r lu i à t o u s le s in t e n d a n t s d e la S a v o ie e t
q u a n d il
p u b lié e
p a r le s o r d r e s d e c e s d e r n ie r s d a n s t o u s le s j o u r n a u x d e c e
pays .
s a v a it q u e n o u s d e v io n s
t r a it é , e t q u e c e r t a in e m e n t , s i n o u s
e ntre r
e n d is c u s s io n
du
n ' a v io n s p a s a b a is s é c e
d r o it p o u r t o u t le m o n d e , o n a u r a it p u e s p é r e r , e n l' a b o lis -
Mo n s ie u r le r a p p o r t e u r n o u s d is a it h ie r q u e n o u s t r o u v o n s
s a n t a c t u e lle m e n t , d ' e n o b t e n ir u n e
c o m p e n s a t io n ,
à m o in s
d a n s la c o n c lu s io n d e c e t r a it é u n g r a n d a v a n t a g e , e n c e s e ns
q u e c e n e s o it u n e m a n œ u v r e a d r o it e p o u r n o u s fo r c e r à a d o -
q u e n o u s n ' a v o n s q u e H m illio n s d ' h a b it a n t s , t a n d is
p t e r le t r a it é . J e n e le c r o is p a s , m a is p o u r t a n t
q u e la
dans
que l
F r a n c e e n a 3 5 m illio n s . Ce s c h iffr e s s o n t e x a c t s , m a is il fa u t
b u t a - t- on o p é r é d e m a n i è r e à n o u s p la c e r d a n s u n e p o s it io n
r e m a r q u e r q u e n o u s n e p r o d u is o n s p a s e n p r o p o r t i o n d e c e q u e
si dés avantage us e ?
§GSMÔ?I8 DEL IS E i — GAMEM DEI DISPUTATI — DmusMor.i
368
—ms —
CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1851
On nous a dit que, si nous n'approuvions pas le traité
avec la France, nous l'aurions contre nous. Est-ce qu'elle
nous aurait donc fait quelque menace depuis la conclusion
du premier traité? Je ne le sache pas. Nous sommes avec
elle en bonne intelligence. Nous avons avec elle un traité
de commerce qui est stipulé pour un certain nombre
d'années.
Si nous n'approuvons pas le traité actuel, celui-ci qui
existe continuera à régir nos rapports avec elle, et je ne vois
pas quel motif plausible elle pourrait mettre en avant pour
se brouiller avec nous. A moins qu'on ne prétende que l'article ih, lui donnant le droit de réclamer les avantages que
nous avons faits à la Belgique et à l'Angleterre moyennant
compensation, elle est seule juge de la convenance de cette
compensation ; alors autant vaudrait nous dire franchement
que nous sommes entièrement à sa merci.
On nous a aussi exposé que si nous n'acceptions pas ce
traité, notre commerce y perdrait considérablement, et l'honorable rapporteur nous a dit qu'au lieu de se servir de nos
soies, la France irait plutôt les chercher à Broussa ou dans la
Perse.
Quant à moi, je ne crois pas que pour satisfaire un sentiment d'amour propre mal entendu, la France ne veuille pas
profiter des objets qui ses produisent, pour ainsi dire sur
ses frontières, et qu'elle trouve à sa porte.
J'entends monsieur le rapporteur qui me dit à l'instant
même, Londres et Liverpooi ; je n'y vois pas une grande différence, car la soie ne se produisant ni à Liverpoo!, ni à
Londres, elle a eu à supporter pour arriver là des frais considérables de transport qui seraient également à la charge de
l'acheteur.
Quant à la défense de nos intérêts, je ne pense pas que
monsieur le rapporteur ait fait faire hier une découverte à la
Chambre, en lui disant que la France nous défendrait si l'on
venait nous attaquer. J'ai toujours cru que la France avait
le plus grand intérêt à nous défendre, peut-être même moins
par sympathie pour nous que par nécessité pour elle. Monsieur le rapporteur nous citait tout-à-l'heure la Pologne.
Je ne saurais, en vérité, accepter cet exemple. La configuration topographique de ces deux pays, établit entre eux
une différence incontestable.
Tout ce qui s'est passé jusqu'à présent nous indique que
toutes les fois que la France et l'Italie ont été en guerre ensemble, ce qui est arrivé malheuresement assez. souvent, je
parle de l'Italie supérieure, le passage n'a pu avoir lieu que
parles montagnes qui séparent le Piémont de la France. La
France ne voudra donc jamais laisser les cléfs de l'Italie entre
les mains de l'Autriche. Je ne puis point croiie en conséquence que le refus du traité puisse avoir un aussi grave résultat; car qui est ce qui en subirait les fâcheuse conséquences, si ce n'est la France elle-même!
Monsieur le rapporteur nous a encore dit que la France
semblait sur le point d'entrer dans une voie différente sous
3e rapport économique. Je suis parfaitement de son avis, et
je ne doute point que l'opinion des économistes éclairés que
elle possède ne la fasse sortir bientôt du système de protection outrée dans lequel elle est restée trop longtemps.
Si, comme nous le dit le rapport, la France s'est réservé
le droit de nous faire des concessions lorsqu'elle aura changé
son système, je demanderais à mon tour par quelle raison
nous n'attendrons pas cette époque pour lui faire les concessions qu'on lui propose de lui faire au présent.
Si alors elle songe à nous faire des concessions elle nous
en demandera sûrement d'autres en échangé et nous aurons
toujours fait celles contenues dans le traité en discussion
sans compensation.
Passant à la dislocation ministérielle dont nous menace îe
rapport, et que monsieur le rapporteur nous a encore rapplée assez intempestivement, selon moi, tout-à-l'heure, pour
le cas où nous n'accepterions pas le traité, je ne saurais voir
là qu'une sorte de pression morale qu'on cherche à exercer
sur l'Assemblée; mais je suis persuadé qu'à moins de circonstances plus graves que celles dans lesquelles nous nous
trouvons, et du cas seulement de danger pour la sûreté de l'Etat, la Chambre, malgré tout le plaisir qu'elle peut éprouver
à voir sur le banc ministériel tous les honorables membres
qui y siègent actuellement, la Chambre, dis-je, n'hésiterait
pas à repousser tout projet qui semblerait léser les intérêts
du pays.
Monsieur Je rapporteur nous a dit que si monsieur le ministre des finances venait à se retirer, il serait remplacé par
quelqu'un qui aurait un systèmetout-à-fait contraire au sien.
Je ne partage pas du tout cette manière de voir. Entre le
système de monsieur le ministre des finances et celui qu'il
lui serait intièrement opposé, il y a une foule de nuances
qui sont sûrement représentées par une grande quantité de
personnes, soit dans le Parlement actuel, soit en dehors.
Lors donc que le système actuellement suivi serait évidemment le meilleur, il ne me semblerait pas courir de risque
aussi sérieux que ceiui qu'on nous a exposé par suite du rejet
du traité.
Ne voyant donc aucune utilité dans la convention qui nous
est soumis en ce moment, n'en voyant ni la nécessité, ni
l'opportunité, je conclus à son rejet.
HEEiiiANJL. Io aveva domandato la parola per rispondere
dapprima all'onorevole deputato Ricci; ma le parole colle
quali l'onorevole relatore chiuse l'ultimo suo discorso, mi
obbligano a ululare l'ordine del mio dire.
Io ho letto in alcuni giornali, ed ho sentiti anche alcuni
verbalmente in Francia difendere, o per meglio dire, scusare
la spedizione di Roma ; ma non ho mai sentita una scusa
quale testé è partita da questi banchi.
Vi sono alcuni che falsamente hanno creduto di dover
andare a combattere in Roma gli amici e gli alleati dei socialisti e dei comunisti francesi; vi sono di quelli che, per
una malintesa dignità nazionale, hanno creduto che essendo
cattolica la Francia, dovesse il popolo romano rimanere schiavo
del prete, perchè questo prete esercitava una qualche influenza sul clero francese; triste e malintesa dignità francese! Ma non ho mai sentito alcuno, neppure in Francia che
lamentasse o facesse accusa all'eroico popolo romano, perchè
esso, negli estremi, quando conobbe il tradimento, sostenne
con una disperata difesa almeno l'onore italiano. (Benel bene!)
Io domando se il popolo romano, all'ombra del Campidoglio, che ricorda le più grandi fra le glorie delle razza
latina, poteva soggiacere ad una tanta vergogna. Poteva,
fidente, confidarsi alla fede dei Felloux, dei Montalambert f
Ma che dico! L'errore di commettersi alla fede degli uomini
del Governo francese lo haHno commesso i Romani; essi
hanno fratellevolmente ricevuti gli armati di Francia in Civitavecchia. Ma, Dio buono! chi poteva mai presuppore una
tanta ignominia, un assassinio di una natura così vile2
(Bene! Bravo!) Quando poi Civitavecchia,aperta dai Romani
ai Francesi, quale si apre dall'amico all'amico l'ospitale casa,
venne repentinamente occupata dai soldati di Montalambert, chi avrebbe ancora potuto prestare fede in tali amici ds
nuova stampa?
Ciò nullameno i reggitori della giovine italiana repue-
—2989 —
TORNATA PEL 28 GIUGNO 1851
blica hanno ancora assentito a tutto ciò cai si può rinunciare senza ledere l'onore. Essi, gli eletti dal voto universale di un libero popolo, hanno assentito che si rinnovasse
in presenza di commissari della francese repubblica la prova
del popolare suffragio, onde si smentisse, e per sempre l'infame calunnia che era stata divulgata dai nemici d'ogni libertà, che cioè la romana repubblica era stata proclamata
da una mano di turbolenti e di faziosi. (Eenei ) Ma quando
si rifiutava la prova, perchè la verità ben la conoscevano i
tristi che insidiavano a quella incruenta e gloriosa repubblica,
quando era a tutti manifesto che non amiche, ma nemicissime
le armi francesi erano discese sul suolo italiano, come avrebbero potuto i Romani soggiacere all'avverso fato, senza mostrare almeno, con un eroico fatto, che essi erano degni di
miglior destino, che essi non erano degeneri delie virtù degli
antichi Italiani. (Bravo \ bravai)
Se dolorosamente un così ingiusto rimprovero verso
l'eroico popolo romano è partito da questa tribuna italiana,
meco medesimo ajmeno mi congratulo, che non sia almeno
stato formulato nella lingua del Lazio. (Applausi e movimenti diversi)
dVBWAX. Je demande la parole: c'est trop fori...
meiiIì&na. Se vuol rispondere subito, io gli cedo la
parola. Forse il signor Ghenal non ha ben comprese le mie
parole.
Io difendeva, e difendo l'onore italiano, ed avevo ragione
di dire che sarebbe stato più doloroso se si fosse nello stesso
idioma italiano formulata un'accusa contro il medesimo; accusa che giammai nessun francese ha ardito di gettare contro
il valore italiano, di che fece così nobile prova sotto le mura
del Campidoglio che non è ancora caduto. (Benel)
E qui, giacché si è voluto ricorrere ai documenti diplomatici,
io potrei ricordare quelli de! signor Lesseps, potrei ricordare
ancora come nel loro orgoglio i governanti in Francia intrapresero la spedizione contro Roma, sulla persuasione che
« gl'Italiani noti si batterebbero, » e gl'Italiani hanno dato
alla Francia, ed ai pochi francesi che così la calunniavano, una
solenne mentita. (Bravol Benel)
Compito a questo doloroso incidente, perchè la Camera
non poteva rimanere sotto quelle parole, senza che fosse
sorta una voce in difesa dell'onore di Roma, che è nostro
italiano onore, io passo all'oggetto del mio dire.
L'onorevole deputato Ricci nella seduta di ieri e in quella
di quest'oggi ripetè più volte (che anzi quest'argomento
formò il soggetto principale del suo discorso) che la Commissione dovette rivenire sul primo suo giudizio in merito al
trattato colla Francia, stante il posteriore voto dalla Camera
dato nella legge sulla riforma della tariffa daziaria; e faceva
sentire come sia conveniente e doveroso di rispettare e di
essere consentanei agli antecedenti nostri voti.
Quest'osservazione ha un gran significato, stante la discussione seguita or sono pochi giorni, quando da questi banchi
si sosteneva come dovesse essere invariabile un voto emesso
dalla Camera. Secondo il signor Ricci, sembrerebbe che noi
fossimo inconseguenti se non accettassimo questo trattato,
poiché retrocederemmo da un voto dato in occasione della
riforma della tariffa daiiaria dalla Camera, la quale, avendo
soppressi i diritti differenziali sullo zucchero, implicitamente
portava approvazione del trattato stesso.
Io qui non entrerò nella discussione che si è aperta su
questo proposito, se, cioè, quella proposta sia stata presentata
o no sul finire d'una seduta, se sia stata o no sufficientemente discussa ; ma dico, che questo voto, secondo me, porta
pa conseguenza che $ocJuu4eY&ua'opinione diaraetratiaeat©
opposta a quella che volle dedurne Ponorevole deputato
Ricci.
Infatti, a che sopprimere nella tariffa daziaria quel diritto
differenziale, se era nostra intenzione di annuire a questo
trattato? Io credo invece che la Camera avendo soppresso il
diritto differenziale sugli zuccheri raffinati in Francia, ha
voluto implicitamente dire che voleva porsi in posizione di
rifiutare il trattato medesimo; voleva che i beneficii che dovevano risultare alla Francia dal trattato, fossero sponta«.
neamente assentiti, invece di stipularli senza un qualche
compenso, ed è su quest'opinione che avrei volentieri veduto
in allora iì signor ministro od altri, a proporre gradatamente
negli articoli della tariffa le riduzioni portate da questo trattato, cioè approvare in favore della Francia, nella tariffa
stessa, tutto quanto si vuole assentire in questo trattato.
La ragione ne era evidente; e qui mi cade in acconcio di
rispondere all'onorevole deputato Avigdor, il quale voleva
prendere i membri della sinistra in contraddizione, dicendo :
« Voi siete liberi scambisti e poi domandate un compenso? »
La Camera ricorda ancora il paragone che esso ha fatto di
una via di Torino che si aprisse per comodo al pubblico, e
per la quale poi si volesse una retribuzione; però il paragone è contro di lui, imperocché sono appunto coloro che
vogliono il trattato che dimandano un qualche compenso alla
Francia, come sarebbe quella della riduzione sui frutti secchi : doppio errore, vogliono cioè un compenso contro alia
dignità, si contentano di un compenso non condegno alla con»
cessione che fanno.
Noi che sostentiamo il principio del libero scambio volevamo appunto che si entrasse in questa via liberamente e
spontaneamente senza ricorrere alla via dei trattati ; ma ci
fu detto che era conveniente ed opportuno, giacché si entrava
in questa via, di valercene per ottenere dei compensi, poiché, ciò non era tanto nell'interesse nostro, ma nell'interesse
europèo, in quanto che se noi, concedendo un vantaggio ad
un'altra nazione sulla via del libero scambio, l'inducevamo
ad un compenso, era per far trionfare non solo pi esso di noi,
ma pur anche presso le nazioni il principio per cui combattiamo.
Quindi è per queste ragioni che il voto della maggioranza
della Camera ha approvata la politica del signor ministro di
finanze, il quale ha voluto lasciarci aperta una via per otte-»
nere un beneficio generale ; ma ora poi che siamo al caso
d'un trattato come questo, nel quale questi csmpensi non
esistevano, o sono illusorii, per non dire derisorii, io non
veggo come possa ancora sussistere quella ragione.
Io non sostengo però che noi dovessimo, per ciò solo che
si cercava e non si ottenne un compenso, rientrare nella via
opposta, cioè nel protezionismo ; lungi da me un tale pensiero; non è a capriccio che gli uomini distato si ritirano
da una via nella quale le proprie convinzioni li hanno fatti
inoltrare; ma quando si è veduto che non era valevole il
mezzo dei trattati a progredire, bisognava riprendere l'antico principio e fare da noi, ed era meglio che queste riduzioni si fossero fatte nella tariffa senza cercare quei piccoli
compensi, per non cadere nell'errore enunciato dal signor
Avigdor, di fare una strada pel pubblico passaggio, e poi
domandare a chi v'interviene il pagamento; pagamento indecoroso perchè non equo.
Non mi dilungherò nell'esame di questo trattato, già abbastanza combattuto; mi restringerò a confutare due dei più
gravi argomenti in difesa del medesimo. Il signor Avigdop
sosteneva la sua tesi dal lato della politica e dal lato dell'inieresse, Quanta alia politica, da molti il è YiltwoiaiBfilf
— 2940
-
CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1851
signor ministro che non dia soltanto questi, ma maggiori
vantaggi ancora alla Francia.
E qui passo all'ultima ragione, alla quale ho accennato di
voler rispondere, addotta dal signor Avigdor, ed è quella
dell'interesse nostro.
Esso sostiene, ed a ragione, che il nostro mercato in Francia è il più esteso, e che noi diamo alla Francia più di quello
che ne perceviamo, e che quindi dobbiamo andare a rilento,
perchè non dobbiamo metterci in collisione se non politica,
però d'interessi, colla Francia, perchè il nostro mercato ne
soffrirebbe grandemente.
Io credo che in questo ponto vada molto errato l'onorevole
Avigdor; io ho sempre creduto che le nazioni manifatturiere
SOHO sempre obbligate a ricevere la legge, e mai a darla a
quelle nazioni dalle quali traggono le merci greggie, le merci
che servono di materia prima alla loro industria; infatti, ne
volete un esempio? Se l'Inghilterra non ha mai potuto spiegare quell'aperta politica che la deve portare a combattere
la Russia, io credo che non si possa ad altro attribuire, se
non perchè da quell'impero essa ritrae questa materia prima.
Aspettate che l'Inghilterra abbia potuto ottenere di emanciparsi, mercè delle sue colonie, e vedrete la politica britanna
che saprà compiere ad un grand'atto di giustizia, un interesse suo secolare ed europeo.
Dunque, neppure per questa ragione, neppure per timore
di scapitare nell' interesse nostro, credo che noi dobbiamo
aderirvi.
Io aggiungo che, ancorché ne dovesse scapitare l'interesse
nostro, il primo interesse è quello della propria dignità ;
quindi io termino con questa dichiarazione, che se si sospende
la votazione di questo trattato, e mi si presenta un articolo
di legge che dia tutti i benefizi che sono assicurati con questo
trattato alla Francia, od anche maggiori, io sin d'ora do l'asseveranza deltnio voto ; ma quanto a questo trattato, per le
circostanze anzidette, io non posso adottarlo, per quanto
gravi siano le conseguenze interne che ne possono derivare,
(Segni d'approvazione dalla sinistra }
BINUBO. Molte tra le cose che io intendeva di esporre alla
Camera furono già dette dagli onorevoli preopinanti; cercherò di non ripeterle.
La Camera rammenta che gli uffizi avevano nella loro maggioranza deliberato di rigettare questo trattato; e tale fu
certamente il risultato delle prime discussioni che ebbero
luogo nel seno della Commissione.
Alcuno tra gli onorevoli deputati che formavano allora la
maggioranza, ebbe a spiegare i motivi per cui mutò pensiero,
e conchiuse che, a parer suo, siffatto mutamento era talmente
logico, che sarebbe stato illogico il persistere nel primitivo
pensiero.
Io debbo difendermi da simile imputazione.
Si è già ragionato assai su questo punto, e si è chiarito
come la Camera, quando deliberò su alcuni articoli della tariffa, ben lungi di somministrare una prova che essa volesse
adottare il trattato, ci offriva anzi un contrario indizio, perchè la riduzione spontanea della tariffa ripugna col sistema
dei trattali.
La Camera ritiene come la prima volta in cui le si presentò
il progetto di fare convenzioni commerciali colla Francia,
quando le fu sottoposto il trattato di commercio e di navigazione dell'anno scorso, generale fosse nel paese la riprovazione contro questo trattato, come anche trovasse vivissima
opposizione nella Camera.
I! principale argomento che si addusse, ed a mio avviso
§arei pronto a darla ad uà articola dì legge presentato dal quello che fece più senso sopra molti membri della Camera
risposto, ed io non rientrerò in questa materia che per fare
una sola osservazione finora non toccata da altri, sebbene
molto eloquentemente si sia parlato.
II signor Avigdor, per compenso di tutte le concessioni che
noi facciamo alla Francia, ci promette che questa non permetterà che noi siamo aggrediti; ma, Dio buono! di questo
ne siamo più che persuasi. Se noi vogliamo rimanere nello
statu quo, non solo avremo amica la Francia, ma persino
l'Austria ; che cosa volete desideri di meglio l'Austria, che
di avere i suoi soldati a guardia del tempio unico delle glorie
italiane? Volete che l'Austria s'incresca di questo per noi
infelicissimo stato? Mai più; essa ha estesi i confini della sua
dominazione, essa non solo ha riavuto quanto aveva nel 1848,
ma occupa i Ducati, la Toscana, e parte delle Romagne: cosa
possono desiderare di più le potenze oltramontane che astiano
e paventano l'unione e l'indipendenza d'Italia?
Quale stato per noi più umiliante, quale condizione potete
fare più dolorosa all'Italia, che di vedere calpeste dalle
scolte francesi le soglie del Campidoglio, che di vedere il
tempio delle nostre glorie, che di vedere Santa Croce in Firenze contaminato dalle armi croate? (Bravo ! bravo !)
Ma se ho ben compreso, il signor Avigdor andava fino al
punto di ricordarci l'infame destino della Polonia: la Polonia
è divisa in tre parti, noi siamo frazionati in sette parti, noi
abbiamo il nostro suolo calpestato dalle unghie dei cavalli
stranieri, che ci rimane più altro da temere, quale condizione può essere più della nostra miserevole? (Sensazione)
Cosa abbiamo pertanto noi a temere?
Quando adunque ci si dice che non ci lasceranno aggredire, per me dico che invece di essere una promessa è una
minaccia, in quanto che si vorrebbe perpetuare l'infelicissimo stato presente.
Quanto poi alla dignità nazionale, io sostengo che un piccolo popolo non può mai rinunciare alla sua dignità; se per
esempio noi fossimo in questa eguale condizione colla repubblica di San Marino, io direi, facciamo tutte le concessioni,
e sarebbe atto di generosità, atto fratellevole ; ma quando si
ha da fare con una potente nazione, la quale crede che in
Europa non si possa muovere capello senza che essa intervenga (quando invece, oh quanto scaduta dalla sua grandezza!
l'Europa è stata conculcata senza che essa sia intervenuta)
quando, dico, si ha a fronte una tale potenza, allora ci va
della nostra dignità nel cedere.
Sospendiamo pertanto la votazione di questo trattato, il
signor ministro ci presenti un articolo di legge, il quale dia
alla Francia tutti i vantaggi che sono ad essa assicurati in
questo trattato, ed anche dei maggiori sulla via del libero
scambio, ed io per me assicuro che sono pronto a votare
quest'articolo di legge : ma per altra parte io dico che un
piccolo popolo non potendo rinunciare, senza perdersi, alla
propria dignità, noi non dobbiamo assentire a questo trattato.
Certo, posso a me stesso nascondere gli inconvenienti che
potranno da questo rifiuto derivare ; non parlo di politica
esterna, ma solo interna, giacché non ignoro che qualunque
essi siano i sistemi finanzieri, quando sono sempre interrotti
appena hanno preso un principio di sviluppo, o, per meglio
dire, quando non sono che in parte incominciati ed in
parte enunciati, non possono che portare una grave perturbazione al nostro credito ed al riordinamento delle nostre
finanze.
Ciò nullameno, siccome è supremo bisogno di un piccolo
popolo di mantenere integro ed intatto il suo onore, per me
non posso dare il mio voto in questo trattato, quando invece
— 2941
TORNATA DEL 2 8
fu questo, che dovendosi trattare successivamente col Belgio
e coli'Inghilterra, le condizioni che ci sarebbero concesse da
quelle potenze avrebbero costretto la Francia ad accordarci
condizioni migliori. Ora, questi motivi, per cui probabilmente la maggioranza della Camera s'indusse ad accogliere
il primo trattato colla Francia sono appunto quelli che debbono militare pel rifiuto del trattato che si discute.
Ma il signor relatore della Commissione ha creduto di dover addurre argomenti di un altro genere; egli disse che la
nazione era obbligata ad accettare le attuali condizioni in
forza del trattato precedente, d'onde verrebbe la conseguenza
che avrebbe grandissimamente errato la Camera allorché,
accettando il trattato dell'anno scorso, sperava che esso potesse condurci a migliori condizioni. Esaminiamo tuttavia in
se stesso quest'argomento. Il nostro paese, secondo il signor
relatore della Commissione, è entrato nella via del libero
scambio : proclamato questo principio, esso non ha più niente
da domandare agli esteri.
—
GIUGNO
1851
nerale Castellane ciò che avverrebbe a Lione se si chiudesse
quel mercato ai prodotti del Piemonte. La cosa non ha neanche qui un aspetto serio. Non possiamo dunque temere nè
politicamente, nè economicamente nessun danno pel rifiuto
del trattato che vi è sottoposto. Restano gli argomenti di politica interna.
Il signor relatore, ed alcuni con lui, hanno creduto che il
Ministero fosse talmente impegnato, che venisse compromessa
o l'esistenza del Ministero nel suo complesso, o specialmente
la posizione politica di alcuno de'suoi membri.
Si è già osservato come troppo spesso siasi fatto uso di
simile spediente davanti al Parlamento.
Questi argomenti provano altamente contro coloro che li
usano, perchè se si opera nell'utile della nazione non si ha
bisogno di minacciarla in questo modo per farle accettare ciò
che si è conchiuso. Le cento volte si è fatta questa minaccia
di una crisi ministeriale ; ciò prova che le cento volte si sono
fatte cose che non si sperava di farle adottare senza una minaccia di questo g e n e r e ; per me questo è un grave argomento contro gli uomini che sono al potere.
Addentrandoci poi nella politica del Governo, io l ' h o detto
ripetutamente, non credo che siasi esso tenuto in quella linea
per cui non sia da sperarsi che si possa far meglio ; io vedo
per contro che il sistema che si è seguito mette in grandissimo rischio la stabilità delle nostre libere istituzioni, mette
in grandissimo rischio l'unità di quel regno della quale sicuramente dobbiamo andare contenti e che gli amici veri del
nostro paese dovrebbero desiderare di non vedere rotta.
È un fatto incontrastabile, ed io me ne appello, come
l'onorevole signor Chapperon si appellava a tutti i suoi onorevoli colleghi della Savoia, io me ne appello a tutti i rappresentanti delle provincie estreme dello Stato, se realmente
in quelle provincie vi sia fiducia nel Governo, e se credano
alla sincerità delle nostre istituzioni; se reputino che l'andamento attuale del Governo conduca alla prosperità nazionale.
Io tengo per contro che, come si è detto della Savoia, così
si debba dire di molte altre provincie dello Stato, che cioè
esse si lagnano altamente del modo con cui il Governo procede a loro riguardo.
Non aggiungerò niente per la Savoia, dappoiché il discorso
dell'onorevole Chapperon contiene gran parte di ciò che si
può dire a questo riguardo; solo ricorderò alla Camera ciò
che io ho dichiarato sin dal principio della nostra vita costituzionale. Se si vuole che la Savoia sia pienamente immedesimata colla nostra nazionalità, bisogna guarentirle una libertà sicura, schietta, senza timore di reazione, e quando il
Governo costantemente stabilisce i suoi rapporti di preferenza
con coloro che alzano un'altra bandiera, certamente egli ncn
si acquisterà le simpatie della Savoia. Io non percorrerò le
varie parti dell'amministrazione per giustificare ciò che ho
detto, che cioè non stimo che il Governo sia attualmente
nella miglior linea possibile.
Si confondono in questo punto le opinioni con le decisioni,
i desideri con la realtà. Spesse volte ho sentito mettersi innanzi la teoria del libero scambio nella discussione; ma non
ho mai veduto una discussione conforme a questo principio.
Il principio contrario prevalse dal momento in cui si è voluto
progredire per via di trattati ; il principio contrario prevalse
nella tariffa in cui si mantennero molti diritti protettori,
sebbene alcuni siano ridotti.
Se la Francia dunque viene a dirci che noi abbiamo adottato il principio del libero scambio, e che questo è un motivo
per cui non possiamo resistere alle sue domande, la risposta
è ben facile a farsi : neghiamo il supposto sul quale essa si
appoggierebbe. Ma l'articolo 14, si è spesso ripetuto, del
trattato dell'anno scorso porta l'obbligazione di fare alla
Francia quei favori che si sarebbero fatti alle altre potenze :
si certo, ma mediante o gli stessi compensi, o compensi equivalenti; ora, quando fra due parti si conviene di dar compensi
equivalenti, non ci saranno mai compensi equivalenti, salvo
che, di consenso delle due parti, siano giudicati tali.
Non ho bisogno di ritornare sulla dimostrazione che si è
data, che realmente questi compensi non ci furono concessi,
che la parola compensi in questo trattato (credo che adesso
siamo tutli d'accordo nel riconoscerlo) è una mistificazione:
tutti ne sono persuasi.
Qualunque poi sia il valore di questi compensi, tocca a noi
il giudicarlo; non può mai la parte colla quale abbiamo contrattato dirci: vi abbiamo dato abbastanza. Non vi è dunque
necessità legale di accettare il trattato.
Appunto perchè non vi era questa necessità, nessuno poteva rimanere persuaso; non ne fu persuasa certamente la
maggioranza della Commissione. Credo di poter dire ugualmente che fu costante l'antica maggioranza nel riconoscere
che questo trattato non era utile, che non ci somministrava
nessun argomento di convenienza. Per questo motivo appunto
si è avuto ricorso agli argomenti estrinseci, agli argomenti
di politica esterna, ed agli argomenti di politica interna.
In quanto ai timore che la Francia potesse interrompere
le sue relazioni politiche con noi pel rifiuto di questo trattato,
non si è insistito su questo supposto, perchè tutti sanno che
nel diritto pubblico europeo ogni nazione può regolare i suoi
interessi commerciali ed industriali, e non può mai una n a zione imporre ad un'altra di stringere con essa quei patti,
che questa non volesse contrattare. Ma da taluno si temono
per parte della Francia le rappresaglie; si téme ch'essa ci
chiuda i suoi mercati. Io non credo che si possa addurre seriamente quest'argomento : vorrei che si domandasse al ge- „
Verrò a parlare delle finanze, colle quali ha maggior relazione la legge che ci occupa. Si è detto che il signor ministro
aveva introdotto un sistema nuovo, che bisognava lasciargli
la responsabilità nel compierlo, che sarebbe rendergli un
buon servizio, forse, l'esimerlo da questo carico. In quanto
a me, veramente non so che cosa ci sia stato di nuovo ; ho
veduto che nell'assenza dell'antico commissario regio, il signor
deputato Arnulfo, si andavano riproducendo con altre parole
i suoi discorsi ; è sempre lo stesso andamento. Non mai un
sistema compiuto e liberale; non un sistema conforme allo
Statuto. Quando non si crede che le imposte bastino, si aprono
imprestiti con forme un po' diverse, quantunque la sostanza
- 2942 CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1851
sia sempre la stessa, si va avanti alla cieca col prendere de- fatti, quelle conformi con ciò che si è sempre detto, che si è
naro ora da un lato ora da un altro, senza introdurre quelle sempre operato.
riforme che in due anni, almeno in parte, avrebbero potuto
Ora, il signor ministro di finanze ha detto ( mi fa piacere
ed avrebbero dovuto effettuarsi.
che entri in questo momento affinchè possa sentire le osserIo dunque non credo realmente che ci sia questa grand'im- vazioni che intendo di fare sulle sue parole), il signor miniportanza di mantenere un sistema, il quale, in sostanza, è stro di finanze ha detto ieri, che egli aveva sempre combatsempre quello che abbiamo visto a mantenere in pratica da tuto il signor Valerio Lorenzo.
due anni. Del resto, noi non siamo autorizzati a credere che
c&vocr, ministro delle finanze, di marina, e d^agricolgli ostacoli che si potrebbero opporre a questa o a quell'altra tura e commercio. ( A mezza voce) Sì, anche lei (Ridendo),
legge, possano realmente determinare un cambiamento nel anche lei ! (Ilarità generale)
Gabinetto, e. ne adduco schiettamente la prova.
sin e©. Appunto su queste parole, io prego la Camera di
In due anni ci furono nel Gabinetto varie mutazioni : io permettermi un breve commentario (No! no!), di permetdomando se sia accaduto una volta sola che una mutazione termi che io risalga un po' indietro nella storia del nostro
sia stata determinata da un voto della Camera ; che anzi ho paese. (Rumori generali a destra) Non è per risalire molto
veduto costantemente il contrario. Io ho veduto ogni cam- lontano ; mi contenterò di ritornare al principio del regno
biamento operarsi sempre a dispetto del voto della Camera. di Carlo Alberto. (Ah ! ah ! a destra, e da una tribuna dei
Ho veduto, per esempio, le proposte di un ministro della giornalisti) Fuori del recinto di questa Camera si permetguerra virilmente combattute, e virilmente difese: preval- tono alcune interruzioni, le quali non dovrebbero essere tolsero le sue proposte nell'opinione della maggioranza della lerate... (Segni di adesione)
Sul principio del suo regno, Carlo Alberto si trovava posto
Camera ; ebbene pochi giorni dopo, ecco annunciata l'uscita
in una difficile condizione dai contrari suoi precedenti. Due
di quel ministro dal Gabinetto.
Un'altra volta ci era dissenso tra il signor ministro della strade erano dinanzi a lui: l'alleanza austriaca, e il sistema
pubblica istruzione, e quello dell'interno circa un articolo quindi dell'assolutismo, che era in allora anche congiunto col
della legge elettorale; la Camera votò nel senso del primo, gesuitismo: oppure, il sistema di una progressiva e ragionevole libertà.
ed eccolo dopo pochi giorni escire da! Ministero.
Carlo Alberto inclinava sicuramente per questo secondo
Io credo dunque, che il dare un voto favorevole a un ministro sia porre in pericolo la sua esistenza, e che per conse- partito, e Io dimostrò nei primi giorni del suo Governo; lo
dimostrò col chiamare a sè il Degubernatis, col seguire per
guenza un voto contrario non faccia che rinforzarlo.
Citerò qualche cosa di ben più grave per la nazione. Tutti qualche tempo i suoi consigli; lo dimostrò colla istituzione
si ricordano come il Ministero dopo avere combattuto viril- del Consiglio di Stato, il quale, secondo il primitivo concetto,
mente le riforme che la sinistra suggeriva quanto ai rapporti secondo i commentari che allora si facevano, era il prelimitra la Chiesa e lo Stato, avendo poscia accolto nel suo seno nare di qualcosa di simile ad una rappresentanza nazionale,
un distintissimo giureconsulto, abbia mutato il suo sistema, o quanto meno si voleva introdurre una maniera di Governo
e ci sia venuto a proporre ciò che la sinistra aveva ripetuta- consultivo che avrebbe messo un qualche freno alle intempemente domandato, trovando bene ciò che prima era pessimo. ranze dell'assolutismo. Ma siffatto andamento pur troppo fu
Allora sicuramente la sinistra lo ha appoggiato, e l'immensa breve.
Non è mio intendimento di aprire ora le pagine che si rifemaggioranza di questa Camera, e l'intera nazione vivamente
riscono a quella dolorosa parte della nostra storia. Dirò solo
applaudirono al nuovo divisamento.
Ebbene per lunga pezza si è aspettato che la riforma al- che dopo essersi seguiti i mezzi violenti, dopo le cospirazioni
lora appena sbozzata fosse compiuta, perocché in allora erano che tendevano a rovesciare un Governo il quale credevasi
promesse piuttosto che fatti; non si era fatto che risvegliare tradire gl'interessi nazionali, quando quelli che avevano tenuna grandissima aspettai one in tutto il paese. Nel momento tati questi mezzi ne sopportavano le dure pene, molti cittain cui, secondo ciò che era ripetutamente annunciato, noi dini amici della loro patria, volsero i loro sforzi a prove di
avevamo il diritto di credere che queste promesse fossero un altro genere, Crearono una specie di resistenza legale; si
prossime ad essere adempiute, ecco quel ministro che aveva proposero il problema dell'acquisto della libertà col mezzo
per queste promesse stesse la simpatia della nazione, del Par- della legalità.
Queste erano, direi così, cospirazioni alla luce del sole, ed
lamento, od almeno della grande maggioranza, abbandonare
il Ministero, ed ecco il Ministero entrare in un sistema affatto era evidente lo scopo di quelli che parlavano, che agivano,
contrario a quello di quel ministro, in un sistema stato dalle che scrivevano in questo senso.
Uomini distinti che rimasero estranei alla nostra vita pardue tribune del Parlamento dichiarato impossibile, e da non
lamentare, molti che fecero e fanno parte del Parlamento si
più tentarsi.
Ecco adunque che l'influenza parlamentare si dimostra avviarono per quella strada : senza concerto tra loro, eravi
nulla nelle attuali sorti dei nostri ministri: non dobbiamo una specie d'armonia prestabilita che sembrava doverli condunque temere questi dissesti, dei quali si inquieta grande- durre a buona riescita.
Infatti, questa tattica non fu inutile, e non tardò a premente l'onorevole mio collega il signor Avigdor.
durre qualche effetto. Dalla triste epoca del 1833 la condiQuesti seno i motivi pei quali io persisto nel mio voto.
Io potrei porre termine al mio discorso se non avessi chie- zione del nostro paese andò gradatamente migliorandosi; si
sta la parola anche con un altro intento: l'ho chiesta special- vide qualche cosa di progressivo, quantunque lentamente
mente perchè credo necessarie alcune spiegazioni dietro una progressivo nell'andamento del Governo, ed io ne indicherò
frase che è uscita dalla bocca del signor ministro di finanze. come prova il nome dei ministri dell'interno che furono
Io credo che le posizioni debbono essere nette ; bisogna successivamente chiamati a reggere quella carica. Si cominehe da noi siano ben conosciute le opinioni; le opinioni che ciò dal conte Pralormo, il quale fu così benefico al paese poescono dalla bocca qualche volta si accettano^ ma quelle che nendo un freno alla troppa ingerenza vescovile nella distridwno una guarentigia al popolo, sono quelle confermate dai buzione dì quella parte di patrimoni nazionale càe è desti«
TORNATA DEL
2943
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28
GIUGNO
nata a benefizio dei poveri. Al conte di Pralormo successe i!
conte Gallina (Mormorio d'impazienza), e quindi il cavaliere
Desambrois, e credo perciò che realmente vi fu una progressione verso la strada della libertà.
Ma, o signori, mentre questa lenta mutazione si operava
nelle viscere del Governo, si alzava a lato del Governo medesimo un'altra potenza la quale resisteva a quella specie di
progressione, e ne rese l'esito lungamente problematico. Una
potestà specialmente che era nella sua origine meramente
municipale acquistò poco per volta una grande influenza nel
paese; fu il centro, intorno al quale, credo di poter dire, si
rannodò la reazione austriaca e gesuitica ; quindi da un lato
gli uomini che erano chiamati legalmente a dar consigli al
Re cercavano di ispirargli fiducia circa lo spirito del suo popolo, circa le sue tendenze, e forse gli parlavano anche qualche volta de'suoi diritti; dall'altro lato,.. (Vivi rumori d'impazienza)
P R E S i ó B N i K . Ma ella si allontana dalla questione.
Voci a destra. Sì ! sii
p h k n i o k k t k . Parli del trattato colla Francia, e non faccia delia storia retrospettiva del nostro Stato.
s i w e o . Osservo al signor presidente che, dietro l'andamento dato alla discussione dalla relazione, per cui si è addotto come motivo quello della politica tenuta dal Ministero
in generale, e specialmente dal signor ministro delle finanze,
dopo che il signor ministro delle finanze venne a ragionare
non solo sulla sua politica attuale, ma anche sulla sua politica passata, e su quella di altri membri della Camera, io
credo ragionevole... (Rumori a destra)
p r e s i d e n t e . Io vedo che la Camera è impaziente per
ìe sue digressioni nel campo delia storia, le quali non si riferiscono punto alla condotta del Ministero.
Io pertanto non posso che invitarlo a tenersi strettamente
alla questione, imperocché se continuasse in quell'argomento,
oltre la perdita del tempo, sarebbe veramente un avviarsi
per una strada di personalità che non penso sia intenzione
della Camera di seguire. (Bene!)
s i k e o . Io non persisterò a compiere questa parte della
nostra storia, poiché il signor presidente la crede troppo
lontana dalla nostra discussione; solo dirò che nel paese,
dietro ciò che ho esposto, eranvi naturalmente due opposti
campi. In un campo era il signor Valerio, come ci era io, almeno l'ho veduto spesso a sostenere le stesse tesi; era quel
campo stesso in cui ci era il signor Pinelli, il signor Berlini,
il signor Balbo, il signor Bon-Compagni. Il signor Cavour
avendo dichiarato, che l'ha sempre combattuto, ha dichiarato
quale era il suo posto in quel tempo. ( Risa a sinistra e rumori a destra) Questo l'ho spiegato in poche parole, poiché
il signor presidente ha creduto che dovessi ridurre il mio
discorso ; ed è questo uno dei motivi, pei quali realmente io
non reputo che possa essere poi di tanto pericolo pel paese
una demissione, come ci si minaccia, del ministro di finanze.
Ritornando alla questione del trattato, io credo, come
hanno espresso parecchi fra i miei onorevoli colleghi, che
nella questione, che ci si presenta, avvi non una questione
di diritto, perchè ravviso pienamente eliminata la pretesa,
che si è voluto innalzare a nome della Francia, che essa potesse in qualsiasi guisa imporci questo trattato ; non avvi
una questione di diritto, ma avvi una questione di convenienza e di dignità: io credo che voi non tradirete le convenienze della nazione, che già furono col fatto tradite per le
speranze che le abbiamo date, e che non furono compite, e
voi saprete riaprirle la via alle giuste speranze, e saprete
sopra tutto salvare la dignità nazionale.
1851
c i t o i i k , ministro delle finanze, di marina, e d'agricoU
tura e commercio. (Movimento d'attenzione)
La direzione
data a questa discussione rende oltremodo malagevole l'opera
che io debbo compiere, posciachè, essendosi lasciato da parte
il trattato stesso, il dibattimento venne aggirandosi prima
sopra considerazioni che debbo, mio malgrado, chiamare quasi
personali, indi sopra considerazioni politiche. Io procurerò di
ricondurla sopra il vero terreno, esponendo alla Camera brevemente la storia delle negoziazioni tenute per venire alla
conclusione di questo trattato, e facendola avvertita delle
conseguenze che il suo voto possa avere.
Io non ritornerò sopra la questione personale; ieri, rispondendo all'onorevole deputato Valerio, mi pare avere dimostrato alla Camera che* nel seno della Commissione, io
non aveva fatto altro che ripetere quanto aveva avuto l'onore
di esporre davanti alla Camera in altra circostanza. Quanto
fu detto oggi, non mi obbliga ad aggiungere nuove parole.
Io non terrò dietro all'onorevole deputato Sineo, circa le
allusioni al mio passato. Io ho vissuto tutta la mia vita qui
in Torino, in mezzo ai miei concittadini; tutti i miei atti sono
stati pubblici; prima ancora della Costituzione sono entrato
nell'arringo della pubblicità ; quindi io lascio il giudizio della
mia vita passata ai miei concittadini, senza tema, non che
questo giudizio non possa essere più o meno severo in quanto
alla mia condotta ed agli errori che possa aver commessi, ma
sicuro che (Con vivacità) in quanto alle mie intenzioni, ai
miei sentimenti espressi apertamente dall'età di 16 anni,
quando vi era qualche pericolo a manifestarli, nessuno certo
mai vi sarà che possa dubitarne.
Ciò detto, non mi soffermerò di più su questa prima parte
della questione, che dirò personale, e rassicurerò nuovamente l'onorevole deputato Valerio, ripetendo quanto diceva
ieri con intera buona fede, che in questa questione non era
complicata né una questione di reazione, né una questione
di rivoluzione. Sarebbe commettere un atto di eccessiva ingiustizia, e rispetto al potere esecutivo, e verso il popolo
piemontese, se si potesse di buona fede credere che una crisi
ministeriale potesse avere così tristi conseguenze.
Né l'invio a Londra di un membro distinto di questa Camera può in nulla avere mutate le condizioni politiche dal
tempo nel quale l'onorevole deputato Valerio credeva dover
usare qualche temperamento nella sua opposizione rispetto
al Ministero. Il ministro delle finanze, e l'onorevole deputato
che volle incaricarsi di una difficile missione, non hanno nè
l'uno, nè l'altro in nulla modificate le opinioni che essi hanno
espresse alla Camera. Si trattava non di una missione politica, ma di una missione finanziaria. Il Ministero ha cercato
la persona che, a suo giudizio, credeva la più capace di poterla
adempiere, la più capace pei suoi lumi, per la sua pratica e
per la sua riputazione. Se il Ministero avesse creduto che sui
banchi, su cui siede il signor Valerio, vi fosse stata una persona sotto il rispetto finanziario, più di quella capace, quantunque in essa avesse ravvisato un avversario politico, non
avrebbe esitato a rivolgersi alla medesima, ed a pregarla di
incaricarsi di siffatta missione.
Questa risoluziotfe, lo ripeto, non fu presa che dietro ls in*
tima convinzione, che la persona scelta era dal lato finanziario
quella che poteva adempiere quella delicata e importantissima missione nei modo il più soddisfacente pel paese.
Ciò detto, entro nell'esame di questo trattato, stato eoa
tanta veemenza, e, direi quasi, con tanta passione attaccato.
Prosaicamente mi farò prima a raccontare la storia. (Uditel
udite ì)
Tostochè fu firmato ii trattato col Belgio e coll'Inghilterra,
— 2944 —
CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1 8 5 1
la Francia si trovava e v i d e n t e m e n t e , r i s p e t t o al nostro p a e s e ,
in una condizione affatto eccezionale, p e r c h è q u e s t i t r a t t a t i ,
r i d u c e n d o i dazi dei p r o d o t t i similari del Belgio e d e l l ' I n g h i l t e r r a , costituivano u n gravissimo d a n n o p e r essa. Essa
c e r t a m e n t e non ci a v r e b b e richiesto di una d i m i n u z i o n e di
d a z i ; ma siccome q u e s t i dazi e r a n o diminuiti rispetto ad a l t r e
nazioni, il volere m a n t e n e r e dei dazi differenziali r i s p e t t o ad
essa, equivalevale s i c u r a m e n t e ad u n ' i n f l i z i o n e gravissima di
d a n n i ed e r a in c e r t o modo v e r s o di lei un a t t o s e m i ostile.
Allora il Ministero, c r e d e n d o a n c h e di farsi in ciò i n t e r p r e t e
della C a m e r a , cioè di non d o v e r e e s p r i m e r e dei s e n t i m e n t i
ostili verso la F r a n c i a , significò alla m e d e s i m a c h e le si sar e b b e r o estesi i vantaggi r i g u a r d a t i nei t r a t t a t i conchiusi col
Belgio e coli' I n g h i l t e r r a , p u r c h é fossero stati accordati r a g i o nevoli compensi in n o s t r o f a v o r e .
Il Ministero insisteva s p e c i a l m e n t e su t r e p u n t i : i ° sugli
olii; 2° sui dazi e sui diritti di n a v i g a z i o n e ; 3° finalmente
sulle f o n d i t e della Savoia.
E q u i d e b b o d i r e che insisteva sulle f o n d i t e , q u a n t u n q u e
i n t r i n s e c a m e n t e q u e s t e a b b i a n o u n a leggiera i m p o r t a n z a , siccome mi farò a d i m o s t r a r e f r a b r e v e . Ma esso insisteva in ciò,
p e r c h è la soia concessione di q u a l c h e i m p o r t a n z a che si p o tesse a c c o r d a r e alla Savoia dalla F r a n c i a , e r a a p p u n t o quella
relativa alle f o n d i t e . La Francia accolse la n o s t r a d i c h i a r a zione col d i r e , che p r i m a di e n t r a r e in negoziazioni si r i s e r vava di e s a m i n a r e i nostri t r a t t a t i col Belgio, e coli'Inghilt e r r a o n i e v e d e r e in che limite poteva valersi della facoltà
concessale dall'articolo 14 del t r a t t a t o .
Qui conviene a r r e s t a r c i un m o m e n t o su q u e s t o famoso a r ticolo per p o t e r e p e s a r e gli a r g o m e n t i della F r a n c i a . Questo
articolo dice che ove si facesse in a v v e n i r e u n a concessione
ad u n ' a l t r a n a z i o n e , dovesse la m e d e s i m a e s t e n d e r s i i m m e d i a t a m e n t e alla Francia g r a t u i t a m e n t e , se lo fosse g r a t u i t a m e n t e all'altra nazione ; con c o m p e n s o , se all'altra nazione
concessioni a g g i u n g e r n e delle daziarie ; q u e s t e concessioni
e r a n o affatto g r a t u i t e .
Noi non p o t e m m o a m m e t t e r e q u e s t o r a g i o n a m e n t o . Si è
c o n t e s t a t o ed in p a r o l e e per iscritto p e r molto t e m p o , ma
non a b b i a m o mai p o t u t o g i u n g e r e a c o n v i n c e r e la F r a n c i a :
solo siamo p e r v e n u t i a q u e s t o p u n t o che la Francia disse :
e b b e n e a m m e t t e r ò che non siano a s s o l u t a m e n t e g r a t u i t e le
vostre concessioni, ma voi dovete confessare c h e il prezzo
con cui esse sono state p a g a t e , è ben poca c o s a ; non d o v e t e
q u i n d i c h i e d e r e da noi un c o m p e n s o in p r o p o r z i o n e di q u a n t o
ci c o n c e d e r e t e m e d i a n t e l'estensione alla F r a n c i a delle r i d u zioni c o n s e n t i t e dalla Francia p e r l ' I n g h i l t e r r a , ma d o v r e t e
m i s u r a r e le v o s t r e d o m a n d e a quel poco che si p u ò a p p r e z z a r e delle concessioni f a t t e d a l l ' I n g h i l t e r r a .
Qui, o signori, non vi dico che io sia r i m a s t o c o n v i n t o
della ragionevolezza d e l l ' a r g o m e n t o dei negoziatori f r a n c e s i ,
ma sono r i m a s t o p e r s u a s o di una cosa, ed è che al p u n t o a
cui e r a n o giunti i negoziati, noi non p o t e v a m o o t t e n e r e di
meglio. Q u a n t o a tale convinzione, essa p u ò e s s e r e e r r o n e a ;
io s a r ò c a d u t o in e r r o r e , ma ad ogni m o d o , di b u o n a f e d e ,
s i n c e r a m e n t e , ho c r e d u t o e c r e d o a n c o r a , che al p u n t o a c u ì
e r a n o g i u n t e le negoziazioni, bisognava scegliere o l ' u n o o
l'altro di q u e s t i d u e partiti ; o r o m p e r e le negoziazioni e d i r e
alla F r a n c i a : noi non vogliamo t r a t t a r e , f a t e quello che v o lete ; se volete c o n s i d e r a r e il t r a t t a t o del U n o v e m b r e c o m e
a n n u l l a t o , p a d r o n i ; voi v i o l e r e t e il d i r i t t o delle g e n t i ; sicur a m e n t e , non vi sono t r i b u n a l i p e r far g i u d i c a r e q u e s t a violazione, e non p o t r e m m o i m p e d i r l a ; o c o n t e n t a r c i di ciò c h e
era o t t e n i b i l e .
Noi a q u e s t o o p p o n e v a m o , e con molta r a g i o n e , che altra
cosa era l'assicurarci un f a v o r e p e r mezzo di un t r a t t a t o che
non per mezzo d L u n a concessione semi g r a t u i t a , p e r una d e liberazione volontaria i n t e r n a ; che era cosa di molta i m p o r tanza f a r e di d i r i t t o e s t e r n o q u e l l o che non e r a che di d i r i t t o
interno.
Noi a b b i a m o c r e d u t o più o p p o r t u n o di scegliere q u e s t o s e condo p a r t i t o ; e n e spiego ! motivi. Questi sono in p a r t e e c o nomici, in p a r t e politici.
Se avessimo a d o t t a t a fa p r i m a risoluzione, se avessimo r i cusato di t r a t t a r e sulle sole basi, sulle quali e r a possibile d i
t r a t t a r e colla F r a n c i a , bisognava n e c e s s a r i a m e n t e m a n t e n e r e
rispetto alla m e d e s i m a i d i r i t t i differenziali.
In q u e l t u r n o di t e m p o noi a v e v a m o già t e n u t o negoziazioni
colla P r u s s i a , c o l l ' I n g h i l t e r r a , e r a v a m o in via di t r a t t a r o collo
Zollverein e colla Svizzera, quindi p o t e v a m o p r e v e d e r e c h e
f r a non molto a v r e m m o esteso q u e l l o che voglio c h i a m a r e il
d i r i t t o c o m u n e , a t u t t o l'occidente d ' E u r o p a , o a l m e n o a t u t t o
l'occidente p r o d u t t o r e d ' E u r o p a , poiché il non e s t e n d e r e i
t r a t t a t i alla Spagna ed al Portogpllo non m u t a c e r t a m e n t e le
n o s t r e relazioni c o m m e r c i a l i con questi paesi. I t r a t t a t i c o n chiusi e quelli da farsi facevano sì, r i p e t o , che il d i r i t t o com u n e s a r e b b e stato esteso a t u t t o l ' o c c i d e n t e d ' E u r o p a , m e n o
alla F r a n c i a . Se q u i n d i non si fosse t r a t t a t o con q u e s t a , sar e b b e stato m e s t i e r i di m a n t e n e r e n e c e s s a r i a m e n t e p e r t u t t o
l ' o c c i d e n t e d ' E u r o p a t u t t e q u e l l e restrizioni e f o r m a l i t à che
sono le c o n s e g u e n z e indispensabili dei diritti differenziali. A
cagion d ' e s e m p i o , p e r ciò che riflette le m e r c a n z i e che g i u n gono dal Belgio, siccome f u s p e c i a l m e n t e stabilito che q u e s t e
possano g i u n g e r e p e r la via di F r a n c i a , dacché s a r e b b e s t a t o
quasi u n ' e s c l u s i o n e il c o s t r i n g e r l e a venire per la j | a di m a r e ,
essendo !a Francia r i m a s t a sotto il peso d e i diritti d i f f e r e n ziali, s a r e b b e occorso di esigere dai p r o d u t t o r i belgici t u t t e
le f o r m a l i t à a t t e a f a r n e c o n s t a r e la nazionalità belgica.
A ciò replicava la Francia : ma n e l l ' a t t o stesso di navigazione, l ' I n g h i l t e r r a p e r m e t t e al suo Governo di impegnarsi
ed a c c o r d a r e t u t t e le facilità di navigazione alle potenze che
gli c o n c e d e r a n n o la reciprocità r i s p e t t o alla n a v i g a z i o n e ; di
m o d o che bastava che voi applicaste ad essa i principii che
a v e t e p r o c l a m a t o l ' a n n o scorso, per a v e r e assicurati i b e n e fizi d e l l ' a t t o di navigazione. Voi a v e t e c r e d u t o a q u e s t e p r i m e
Ora a voi tutti è noto q u a n t o siano malagevoli siffatte c o n statazioni. Se si vuole che q u e s t e formalità siano v e r a m e n t e
s e r i e , è d ' u o p o p r e s c r i v e r e che il certificato d ' o r i g i n e sia vid i m a t o dal sindaco, d a l l ' a u t o r i t à c e n t r a l e , e da un n o s t r o
a g e n t e diplomatico o consolare. Ora t u t t e q u e s t e f o r m a l i t à
s a r e b b e r o t o r n a t e di gravissimo incaglio al nostro c o m m e r c i o ,
senza a r r e c a r e v e r u n beneficio.
10 fosse m e d i a n t e c o m p e n s o ; cosicché se nel n o s t r o t r a t t a t o
11 Belgio ci avesse concesso c o m e IO, la Francia a v r e b b e
a v u t o il d i r i t t o di o t t e n e r e lo stesso favore m e d i a n t e u n a concessione eguale a 10.
Io credo che l'articolo 14 del citato t r a t t a t o non si possa
altrimenti interpretare.
La Francia d u n q u e si pose a s t u d i a r e i t r a t t a t i col Belgio,
e r i c o n o b b e tosto che le concessioni f u r o n o f a t t e a titolo
o n e r o s o . T e n t ò d i m o s t r a r e che n o n vi era stata assoluta r e c i p r o c i t à , che noi avevamo c o n c e d u t o assai più di q u a n t o
avessimo o t t e n u t o . Questo non e r a da noi c o n t e s t a t o , e n e m m e n o a v e v a m o mai chiesto alla Francia la r i d u z i o n e su di un
n u m e r o di articoli eguali a quello su cui e r a v a m o disposti a
farla dal canto n o s t r o . Ma in q u a n t o al Belgio la q u e s t i o n e
non si fece mai s e r i a , p e r c h è la Francia non potè disconos c e r e il c a r a t t e r e di titolo oneroso delle concessioni f a t t e con
quel trattato.
— 2945 —
TORNATA DEL 2 8
Dirò di più, che questo fu uno dei motivi per cui il Governo credette dover estendere a tutto l'occidente d'Europa
il diritto comune. Ciò gli permetterà, non dico di dispensare
forse assolutamente dai certificati d'origine, che potrà forse
richiamare in vigore, ove riconoscesse che dalla non esistenza di questi potessero nascere degli inconvenienti, ma ad
ogni modo di semplificare tutte le nostre operazioni commerciali colle nazioni dell'occidente d'Europa.
Noti poi la Camera che questi diritti differenziali sarebbero
tornati di sommo aggravio alle provincie finitime della Francia, alle provincie della Savoia, e specialmente a quelle il di
coi mercato è Ginevra. Se non si facesse il trattato colla Francia, se si dovessero richiedere i certificati d'origine di tutte Je
mercanzie che giungono per la frontiera di terra, egli è eridente
che sarebbe tolta alla Savoia la facilità di approvigionarsi a Ginevra, salvo per quei pochi che farebbero il commercio all'ingrosso. Ma siccome la massima parte dei negozianti di Savoia
vanno a Ginevra, e comprano al minuto delle mercanzie inglesi, delle mercanzie belgiche, sarebbe perciò quasi impossibile ottenere dai negozianti un certificato d'origine, dacché
non si potrebbe accontentarsi certo del certificato d'origine del
negoziante ginevrino, ma sarebbe d'uopo che questo si munisse sempre dei certificati dei negozianti belgici ed inglesi
per trasmetterli poi ai negozianti savoiardi. Questo avrebbe,
10 ripeto, incagliato soverchiamente le relazioni commerciali
della Savoia colla vicina Svizzera, ed io credo che se vi sono
delle provincie che dovrebbero accogliere con piacere questo trattato, sono al certo quelle della Savoia. E confesso che
sono stato molto meravigliato al vedere lo sdegno, la collera
dell'onorevole deputato di Bonneville nel respingere questo
trattato, poiché, Io ripeto, io credo che i suoi rappresentanti
sarebbero stati coloro che dalla non accettazione del medesimo avrebbero dovuto maggiormente soffrirne.
b a s t i j l n . Je demande la parole.
C a v o u r , ministro delle finanze, di marina, e d'agricoltura e commercio. Ma vi era un'altra considerazione, che
economicamente ci conduceva ad accettare questo trattato.
Sicuramente quello che la Francia ci accordava non era
una larga concessione, ma non è nemmeno cosa da sprezzare.
Si è parlato delle fondite; ma, Dio buono ! la concessione
sulle frutte fresche supera di gran lunga quella sulle fondite
della Savola ; e lo dimostrerò colle cifre che sono più eloquenti del sarcasmo.
Io vedo qui, nello stato decennale della Francia, a pagina
22, che di aranci e cedri se ne sono introdotti in media per
940 mila lire all'anno, mentre delle fondite non si introdusse se non da 5 a 6 mila quintali metrici. Ora la ^fondita
grezza io non credo che si possa stimare più di 50 o 33 lire
per quintale. In Francia, dov'è carissima, essa vale 200 o
220 lire per quintale metrico, in Inghilterra vale dalle 60 alle
70 lire, e sappongo che la fondita della Savoia possa valere
30 lire. Dunque le nostre esportazioni di fondita in Francia
non rappresentano che un valore di 150 mila lire.
Vi è poi un altro argomento che la Francia ci opponeva,
ed è che le fondite nostre pagano molto meno delle fondite
inglesi. Vi esiste a favore delle fondite della Savoia, e di una
parte di quelle del Belgio uri diritto differenziale. Le fondite
inglesi pagano alla loro entrata in Francia sei lire e mezza
per quintale metrico, mentre quelle del Belgio e quelle che
entrano per la frontiera di terra fino al monte di Ginevra,
che racchiude la Savoia, non pagano che quattro lire. Quindi
11 negoziatore francese diceva : ma voi avete già su questo
articolo un dazio differenziale a vostro favore ; se vi fossero
alcuni che dovessero lagnarsi, sarebbero gli Inglesi che inSesswne del 1851 — Camera deì Deputati — ÌHtmnìmi
Si9
GIUGNO
1851
troducono 200 o 300 mila quintali metrici all'anno, e non
voi che ne introducete quattro o cinque mila; e in ciò, Io ripeto, l'argomento era fondato.
Nullameno desiderando favorire la Savoia, noi avremmo
accelt&to molto più volentieri una riduzione di dazio sulle
frutta fresche, tanto più che per queste si era già operata una
riduzione nel passato. Ma, ripeto, ciò non fu possibile ottenere, sia per quest'argomento, sia ancora perchè ci si diceva
che il momento era male scelto per fare una riduzione sulle
fondite, stante Io stato di crisi in cui si trovano tutte le fabbriche metallurgiche della Francia.
Io ho fatto notare questa circostanza, onde provare ai deputati della Savoia che nulla dal canto del Governo venne
negletto onde ottenere un beneficio alle loro provincie.
Esso, lo ripeto, era deliberato a rinunziare ad un benefizio
maggiore, purché il benefizio minore tornasse a prò della Savoia ; e ciò dico per dare una nuova prova dei sentimenti del
Ministero per essa.
Ma poiché l'onorevole deputato Chapperon ha creduto, in
occasione di questa discussione, di rinnovare le eterne lagnanze sui sacrifizi a cui soggiace la Savoia, io debbo dichiarare un fatto alla Camera. (Udite ! uditeì)
Da due mesi che io sono al Ministero una delle mie princi»
pali cure è di provvedere dei fondi per i bisogni gravissimi
dello Stato, e quindi cerco di fare venire dei fondi dalle varie
provincie, e di non lasciare in ciascuna di esse che quella
quantità strettamente necessaria per far fronte ai bisogni
locali.
Tutte le provincie dello Stato hanno, qual più, qual meno,
contribuito a sopperire ai bisogni generali dello Stato; le
sole provincie che non hanno mandato un soldo da due mesi
furono quelle della Savoia. (Movimento) Anzi fu necessario,
già per due volte di mandare da Torino dei fondi a Ciamberl,
e se gli onorevoli deputati della Savoia vogliono dirigersi
all'ispettore generale dell'erario vedranno che la Savoia non
mandò fondi in Piemonte, ma che invece dal Piemonte furono mandati scudi in Savoia. (Sensazione)
c h e x ^ l . Je demande la parole.
Ca v o u r , miniSiro delle finanze, di marina, e d'agricola
tura e commercio. Questa è una dimostrazione materiale che
mi pare risponda eloquentemente a tutte le declamazioni che
si fanno sulle ingiustizie inverso deila Savoia.
Quanto agli olii, si incontrò una opposizione assoluta.
Ma qui giova far notare alla Camera che, quando si negoziava, non si era ancora operala la riforma daziaria, e noi ci
trovavamo rispetto alla Francia, per chiedere una riduzione
sugli olii, in una singolare posizione, ed è che nel nostro
paese mantenevamo su tale merce un dazio più elevato di
quello della Francia
Noi ci lamentavamo, e con ragione, di questo dazio, noi
dicevamo alla Francia : voi siete protezionista; non volete
capire che bisogna ridurre questo dazio sugli olii, e la Francia
ci rispondeva : ma voi lo avete più elevato di me : io faccio
pagare 25 lire per ogni 100 chilogrammi, e voi ne fate pagare 30.
i
L'argomento aveva qualche peso, e veramente io mi trovava un poco imbarazzato a rispondere al negoziatore francese, e a fare una dissertazione sul libero scambio, quando
egli mi dimostrava coi fatti che" nell'articolo Olii noi eravamo
più protezionisti della Francia. Adesso li abbiamo ridotti
(Ilarità) A 20 lire, quindi siamo di cinque lire più liberi
scambisti della Francia...
b o n j l v e u a . . Ci sono le tare in Francia che portano la
somma a lire 33. (Ilarità)
— 2946 —
CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1851
CAVOUR, ministro delle finanze, di marina, e d'agricoltura e commercio. Comunque sia, noi siamo piùliberi scambisti di &lire, oltre le tare {Ilarità), epperciò siamo in condizione di potere, rispetto all'olio, parlare con qualche maggiore autorità.
In quel momento, lo ripeto, gli argomenti non calzavano
molto : tutte le teorie andavano a rompersi contro quel fatto,
che il diritto presso noi era più elevato che non lo fosse in
Francia.
Escluso l'articolo degli olii, io in verità, quand'anche dovessi eccitare il sorriso della Camera, debbo dire che non ne
vedo alcuno più importante di quello delle frutta fresche; e
per provarlo, se la Camera me lo permette, vado a leggere
il quadro del nostro commercio colla Francia,
Nell'articolo i sono le sete lavorate ;|ma queste pagano
quasi nulla in Francia: non vi è che un diritto di bilancia, e
perciò non si poteva fare argomento di diminuzione. Dopo le
sete lavorate vengono le sete greggie, e queste non pagano;
quindi i cereali ; ma quelli che qui sono notati, sono cereali
che giungono dal porto franco di Genova, e non sono di nostra produzione, poiché la Camera ben sa che noi non solo
non abbiamo un sopprapiù di cereali da esportare, ma dobbiamo ogni anno importarne 600 o 700 mila quintali. Vengono poscia gli avanzi di sete, che non sono soggetti anche a
verun dazio. Quindi il riso ; ma per esso si era già ottenuta
una diminuzione ragguardevole nell'ultimo trattato, e il diritto ridotto a 3 lire per ogni 100 chilogrammi sopra una
mercanzia che vale 55 o 40 lire è così moderato che, riflettendo a tutto il sistema daziario della Francia, si può dire
sia d'un liberalismo veramente insolito.
Vengono in seguito i legnami che rappresentano un valore
di 2,000,000 e più; ma il diritto sui medesimi è di poco momento; epperciò appunto la Francia, che non vuole allontanarsi dal suo sistema di protezione, non n'è affatto contenta.
La Camera ricorderà che (credo l'annoscorso) l'introduzione
dei legnami della Savoia io Francia fu argomento di altissime
lagnanze di alcuni membri dell'Assemblea francese, fra cui di
uno di quelli che chiamansi taborisli, del signor Botfvet.
TAiiEiuo SìOrkkzo. Non è tahorista.
Cavour, ministro delle finanze, dì marina, e d'agricoltura e commercio. Sarà almeno della montagna più bassa.
Il lieve dazio che paga il legname, fufatto, ripeto, argomento di lagnanze di alcuni deputati francesi: quindi non
era il caso di pensare a domandare una riduzione su questo
articolo. Dopo viene la categoria Oranges et citrons.
Una voce. Ei bestiami ?
CAVOUR, ministro delle finanze, di marina, e d'agricoltura e commercio. Per questi l'esportazione è molto minore,
dacché la media degli oranges et citrons è di 940,000 lire,
mentre che pei bestiami non è che 446,000. Quindi la Camera
vede che, esclusi gli olii, le frutta fresche erano ancora l'articolo più importante, sul quale si potesse ottenere un qualche favore.
E dico pensatamente favore, perchè per le frutta fresche
che noi importiamo in Francia non è stabilito che il diritto
di 4 lire per ogni Ì00 chilogrammi , mentre per quelle
degli altri paesi, e segnatamente della Spagna è stabilito il
diritto di 10 lire.
La Francia adunque ci accorda un diritto di favore, mentre noi non le accordiamo che il nostro diritto comune.
Quindi la Francia sino ad un certo punto poteva dire: io vi
do più di quello che ricevo, perchè voi date a me quanto
avete in animo di dare a tutti ; io invece do a voi quanto
nego assolutamente di dare agli altri..
e
asprosìi. Ma lo dà ad una sola provincia.
cavoce, ministro delle finanze, di marina, e d'agricoltura e commercio. Se si fosse ottenuta una riduzione sugli
olii, sarebbe stata anche a favore di sole 3 o 4Provincie; del
resto anche la Sardegna produce delle frutta fresche, e se la
coltivazione in quell'isola ne fosse più estesa, come spero si
estenderà, anch'essa potrà portare i suoi prodotti in Francia,
perchè la riduzione non si è fatta solo per la provincia di
Nizza...
A.SPHONI. Ma i nostri frutti ora marciscono.
CAVOUR, ministro delle finanze, di marina, e d'agricoltura e commercio. Ma appunto se marciscono devesi sapere
buon grado al Ministero che ha loro aperto uno sfogo. (Risa
d'adesione)
Credo di avere dimostrato che l'adozione del trattato colla
Francia aveva per noi queste utili conseguenze, di non costringerci a mantenere i dazi differenziali per il paese col
quale abbiamo le maggiori nostre relazioni, di non costringerci a mantenere l'obbligo dei certificati d'origine, della vidimazione delle carte per tutti i paesi coi quali avevamo conchiusi trattati, finalmente di avere un compenso sopra unarticolo che pare di poca importanza, ma che però costituisce un
ramo di considerazione per noi, perchè rappresenta una somma
di quasi un milione all'anno.
In quanto alla Francia, nell'esporre i suoi motivi sosteneva
che col non estendere ad essa i benefizi del trattato mediante
compensi, ne derivava la denunzia del trattato del 4 novembre, e quindi la facoltà ad essa di stabilire tasse differenziali.
A ciò si risponde: ma la Francia non si sarebbe valsa di questa facoltà.
Io non voglio esagerare le cose. Probabilmente la Francia
non avrebbe fatto quest'atto, che sicuramente sarebbe stato
biasimato altamente da tutti gli uomini non solo liberali, ma
che conservano'' un sentimento di giustizia; ma finalmente,
se non vi era una probabilità, vi era una possibilità, e questa
poteva essere gravissima.
L'onorevole deputato Valerio ha detto: ma la Francia non
può fare senza le nostre sete , perchè ne ha assolutamente
bisogno.
Aciò io risponderò, che non posso dividere assolutamente
quest'opinione. Pur troppo, disgraziatamente per noi, non
abbiamo più il monopolio del mercato di Lione, dove oggi
concorrono tutte le sete della Lombardia, della Romagna, e
del mezzogiorno della Francia, le quali non solo eguagliano
i nostri organzini, ma li hanno lasciati anche assai indietro.
Quindi non sipuò dire che la Francia abbia unbisogno assoluto
delle nostre sete.
Ma iononcredo che avrebbe stabilito un diritto sulle sete,
edil motivo si è, che questa merce è di troppo facile contrabbando, e se la Francia avesse stabilito un dazio di soli 4 o 8
lire per chilogramma sulla medesima, io credo che sarebbe
entrata in Francia per contrabbando, oltreché sarebbe stato
troppo facile il farla passare anche dalla Svizzera, di ottenere
un certificato di origine Svizzera, e di introdurla all'ombra
del medesimo. Quindi per le sete non vi era pericolo di una
sovratassa. Ma non così sull'olio.
Se la Francia avesse posta una sovratassa di 10 lire per
quintale metrico sull'olio, come avremmo potuto impedire il
danno che sarebbe ricaduto su questo nostro prodotto ?
La Francia può procacciarsi l'olio, e nelle Due Sicilie, e a
Tunisi, e in Oriente, e nella Spagna, quindi se avesse imposta una sovratassa di IOo 15 lire sull'olio, questa sovratassa
sarebbe ricaduta intieramente sui nostri prodotti.
Nè io dico che i nostri produttori non l'avrebbero soppori
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TORNATA DEL 28 GIUGNO 1851
tata pazientemente; sono certo che essi avrebbero sacrificato
i loro interessi al bene generale, ma finalmente vi era il pericolo di fare ricadere su di un ramo molto interessante della
nostra industria una gravissima sovratassa.
Il Ministero quindi, attesa questa possibilità, non dico probabilità, ma questa possibilità, trovò che questo pericolo
meritava moltissimo riguardo, e fu anche questo uno degli
argomenti che lo mossero ad aderire a questo trattato.
Venni fin qui esponendo i motivi economici che hanno indotto il Ministero ad accettare questo trattalo, che egli vede
con sommo suo dolore così poco gradito dalla Camera.
Dirò ora dei motivi politici. (Udite! udite)) Non seguirò sul
terreno un po'sdrucciolo, alcuni degli onorevoli preopinanti.
10 non esaminerò la politica interna della Francia; non me
ne farò nè l'apologista, nè il critico. Io penso che una grande
nazione, che si regge a libertà, è fino ad un certo punto risponsale degli atti del suo Governo.
Stimo quindi essere poco prudente il volere sceverare in
modo assoluto il Governo dalla nazione, ed il credere che le
critiche che si rivolgono all'uno, non ricadano indirettamente
sovra l'altra.
Nè a questo argomento si può opporre la polemica interna,
imperocché noi scorgiamo tuttodì che l'uomo della più viva
e violenta opposizione, quando vede i suoi opponenti attaccati all'estero, se ne costituisce quasi involontariamente il
difensore. E di ciò ne fornì una prova l'onorevole Brofferio,
11 quale, dopo avere non poco inveito contro il Ministero, ci
ha detto che, quando ha veduto questo Governo attaccato al
di fuori, egli fu commosso da un certo sentimento italianopiemontese che lo portava quasi quasi a farsi l'avvocato di
esso Ministero. (Ilarità)
Io credo che lo stesso si debba dire della nazione francese.
Se avessimo ricusato di trattare col suo Governo, io penso
che l'irritazione non si sarebbe ristretta a questo, si sarebbe
estesa a tutta la nazione, sia a cagione di quella solidarietà
che rispetto all'estero esiste tra quasi tutti i partiti politici,
sia ancbe per un altro motivo più grave.
Siffatto motivo si è che nelle questioni economiche la nazione francese non è più liberale del suo Governo. A tal uopo
10 debbo ripetere che ho già assai fiate osservato alla Camera
chei giornali i più liberali, i più radicali, i più rivoluzionari
sono proiezionisti. Il National, che io veggo sovente sui
banchi della sinistra, è ultra-protezionista, il signor Valerio
non lo contesterà ; i socialisti stessi sono protezionisti, ullraprotezionistL Essi declamano sempre contro la concorrenza
interna, notate poi se essi sono amici della concorrenza estera'.
(Movimento) In verità io non conosco in Francia giornali serii, tranne quello dei Débats e VOrdre, che siano
pel libero scambio, quindi il nostro rifiuto non avrebbe incontrato la simpatia di alcun partito, e non vi è nemmeno la
speranza che, succedendo in Francia un cambiamento, si potrebbe trovare dei governanti sulle questioni economiche più
a noi favorevoli. L'ho detto e lo ripeto, il Ministero colà è più
liberale dell'Assemblea, e l'Assemblea è più liberale della nazione in fatto di princjpii economici. Infatti, nel Ministero vi
sono due economisti i quali per ora fanno tacere i loro principii, che hanno lasciati alla porta del Gabinetto, il signor
Léon Francher, ed il signor Buffet. Essi non possono spogliarsi della loro opinione sul libero scambio; solo dicono
che è impossibile farla accettare dall'Assemblea, che sarebbe
loro desiderio che si accettasse, ma che non possono fare che
11 loro desiderio si effettui, e che siccome in questo momento
le questioni politiche sono di gran lunga più importanti delle
economiche, sacrificano perciò alle politiche le questioni
economiche. Quindi, ripeto, col non accettare il trattato nei
commettevamo un atto ostile non solo contro il Governo, ma
contro la nazione francese. Ora conviene esaminare se era
opportuno il fare quest'atto ostile, il porsi in relazione, non
voglio già dire d'inimicizia e di ostilità, perchè, ripeto, nelle
relazioni che sono passate tra la Francia e noi, nulla può indurci a credere che essa ci avrebbe mosso*delle ostilità se
non avessimo aderito a questo trattato, ma sicuramente tre«
varci in relazioni con essa poco amichevoli.
Se l'Europa versasse in circostanze ordinarie, se l'orizzonte
fosse perfettamente tranquillo, questo non potrebbe per avventura avere gravi inconvenienti, e sarebbe forse stata cosa
opportuna il correre incontro a pericoli poco probabili nell'ordine politico per cercare di conseguire un vantaggio economico notevole, ma in verità io credo che, nelle circostanze
attuali, nelle condizioni speciali in cui noi ci troviamo, non
sia prudente, non sia politico il non essere colla Francia in
buona relazione.
Si è molto parlato delle varie contingenze che potrebbero
accadere. (Udite.)
L'onorevole relatore ha detto che, senoi fossimo attaccati»
la Francia ci difenderebbe : questo fu contestato da alcuni, e
da altri consentito.
Quanto a me, dirò sinceramente che se fossimo attaccati,
io, più nel soccorso della Francia, avrei fede nei sentimenti
unanimi della nazione, nell'entusiasmo che si desterebbe in
tutti nel vedere lo stendardo tricolore inalzato da un Re generoso, avvezzo ai giuochi della guerra. (Sensazione)
Qui esprimo schiettamente la mia opinione relativamente
al caso in cui fossimo attaccati ; ma, o signori, non è questo
il solo avvenimento politico che possa accadere in Europa.
Non può arrivare una tale complicazione di eventi in cui
prendano parte lutti i popoli d'Europa ? In cui l'Occidente e
l'Oriente si trovino divisi in due campi? E se questo accadesse, sarebbe egli desiderabile che noi fossimo ih tóeii che
buone relazioni colla Francia? Se quest'avvenimento* Che non
è probabile, ma che non è impossibile, accadesse, desidererebbero gli oratori che hanno parlato con tanto calore, che
noi ci trovassimo in poco benevoli rapporti colla Francia, e
che dovessimo fare assegno, nelle eventualità di un attacco
dalla Francia, sulle baionette che stanno oltre Ticìfto? (¿/or«
morto a sinistra)
Io in verità non lo credo; io lo dichiaro altamente, che in
vista degli avvenimenti, ripeto, non probabili, ma possibili,
che possono compiersi in Europa, credo prudente, opportuno, conforme ai veri interessi dèi nostro paese di trovarci
in buone relazioni colla Francia, ed èperciò che noi abbiamo,
non dirò sacrificate, ma lasciate in seconda linea le considérazioni economiche, e ci lasciammo indurre dalle considerazioni politiche ad assentire a questo trattato, che assicura ii
mantenimento delle nostre buone e cordiali relazioni colla
Francia, e ci assicura che, ove gravi complicazioni europee
sorgessero, non avremmo da stringere un'alleanza con un
popolo col quale ci fossero discussioni economiche, che dovessimo fare un trattato d'alleanza politica, mentre Si combatterebbe una guerra di dogane.
Io ho spiegati brevemente i motivi, sia economici, sia politici, che hanno indotto il Ministero ad aderire al trattato
sottoposto alle vostre considerazioni. Io non Sostengo che il
negoziatore, ed il ministro che ha approvato il suo operato,
non siano caduti in errore. Non voglio affermare che non si
fosse potuto negoziare con maggior abilità, oppure che la determinazione del Ministero sia stata la migliore. Fiì quella
che esso credette la più opportuna, ma può avere errato,
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CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1851
Quindi la Camera deve vedere se vi sia aperta una di queste
due vie: o di ricominciare le negoziazioni colla Francia onde
ottenere migliori condizioni immediatamente, oppure di
aprire una guerra di dogaue.
Io non voglio esprimere la mia opinione su questi due
mezzi. L'ho già detto e lo ripeto : un negoziatore più abile
forse potrà ottenere condizioni migliori da una guerra di dogane, e potrebbe forse arrivare ad un migliore trattato ; ma
comunque sia, la Camera ba da scegliere fra il sanzionare
quello cbe si è fatto, oppure avventurarsi in una di quelle
vie che venni accennando.
Conchiuderò come ho cominciato. Qualunque sia il voto
della Camera, io vi farò plauso.
Quando questo voto fosse contrario, io desidero sicuramente che, oltre il procurare all'onorevole deputato Valerio
il piacere di vedermi allontanare da questo banco così vicino
al suo (Ilarità), per tornare a sedermi in mezzo a'miei amici
politici, tale voto procuri al paese un ministro di finanze che
in due mesi sappia adempiere al programma del deputato
Valerio, e che mercè i suoi consigli e lesue ispirazioni possa
in due mesi di lotta parlamentare ristabilire l'equilibrio nelle
finanze, sciogliere il difficile e forse insolubile problema dell'imposta unica sulla rendita, fare cessare gl'inconvenienti
della centralizzazione, riformare l'amministrazione interna,
soddisfare insomma a tutti i desiderii dell'onorevole deputato
Valerio, desiderii e voti che veramente io sono stato incapace
di adempiere. Miduole invero di avere fatto provare al deputato di Casteggio una disillusione ; ma siccome l'illusione
durò così poco, io spero che non me ne serberà mal grado ;
mentre dal canto mio, lungi dell'avere a male la sua, mi permetta di così chiamarla, un po' veemente filippica, io la riguarderò come un favore, e gliene serberò eterna riconoscenza. (Risa ironiche a sinistra — Bravo! Bene! a destra
ed al centro)
prési dent s. Il deputato Chenal ha la parola.
CHETAI*. Monsieur Mellana vient de se féliciter dece que
le discours de monsieur Avigdor, tendant àreprouver l'occupation romaine, a été prononcé en français. En vérité, c'est
là une expression qui a ledroit de blesser ceux qui dans cette
enceinte font usage de la langue française.
La préférence exclusive que l'on voudrait donner ici à
l'italien, la proscription, les attaques incessantes dont celle
malencontreuse langue française ne cesse d'élre l'objet, ont
quelquechose d'irritant, non pas seulement pour les Savoisiens et les Niçois mais encore pour les habitants des vallées
vaudoises, de celles de Fenestrelle et d'Aoste, qui tous ensemble composent près d'un cinquième de la population du
royaume.
Ades attaques continues, permettez-moi donc, messieurs,
d'opposer des reproches non interrompus.
Jusqu'à ce jour j'ai cru que le patriotisme n'est le partage
d'aucune langue. Si jadis l'Italie a parlé le noble langage de
la liberté, devenu plus tard une langue morte pour le continent européen, c'est à la France que l'on doit de l'avoir récupéré. Sans elle, sans son influence, le Piémont aussi bien
que la plupart des Etats de l'Europe vivraient encore sous le
régime absolutiste. C'est ce que personne de nous ne peut,
ni ne doit oublier. Lejour où le linceul de la servitude couvrira la France, ce jour sera la mort de la liberté pour toute
l'Europe.
Quelque pénible que puisse être pour un cœur italien l'occupation française de Rome, cette invasion n'est en définitive
que l'œuvre, que la complicité d'un parti agissant de concert,
dont les agrégats se retrouvent partout, aussi bien en Italie
qu'ailleurs. La majorité de la nation française désavoue la
violence faite à l'indépendance italienne; elle sait fort
bien qu'en méconnaissant les nationalités étrangères, qu'en
intervenant chez elles , elle autorise les puissances absolutistes à violer la sienne; elle sait encore que la différence
delà faiblesseàla force n'est une justification pour personne.
Pleins de cette persuasion, ungrand nombre de députés français ont subi l'exil dans l'intérêt et pour la cause romaine.
Il serait aussi superflu de vous rappeler quelle langue
parlent ces hommes, que de vous faire ressouvenir qu'en
combattant à vos côtés, qu'en mêlant leur sang aux vôtres
dans les guerres subalpines, les Savoisiens n'ont eu jusqu'ici
nul besoin de savoir l'italien pour comprendre la langue du
sacrifice et celle de l'honneur. Qui de nous à eu besoin de
savoir le Hongrois ou le Polonais pour s'affliger du malheur
qui a frappé les peuples de ce nom?
Au lieu d'attacher tant d'importance à nos langues respectives, rappelions-nous qu'il est une langue universelle, comprise de tous, qui résume les principes les plus généreux,
qui fait palpiter des raillions d'homues, et que celte langue
est celle de la liberté. Qaand tous le cœurs battent aujourd'hui pour une même idée, quand la solidarité de cette pensée est partout, qu'importent les autres langues? Toute classification offensante des individus ou des nations qui les parlent est regrettable.
Que dirait-on, messieurs, si dans cette réunion un député
savoisien, blessé d'une manifestation de principes politiques,
la répudiait en vous disant qu'il se félicite qu'elle n'ait pas
eu lieu en français? Je laisse à votre sincérité, à votre juste
susceptibilité le soin de répondre à cette question.
Le procès que l'on ne cesse de faire à la langue française
ne peut que nous désunir ; il est avec cela une infraction aux
volontés de notre loi constitutionnelle, de notre Statut qui
permet l'usage de deux langues, devant lequel jusqu'à novation contraire, chacun de nous doit s'incliner avec respect.
Quand tous ensemble nous devrions fortifier notre union,
nous confondre dans un sentiment unanime d'amour pour la
liberté nous venons de gaieté de cœur jeter une barrière entre nous. Je ne vois en définitive dans ces poursuites toujours
renouvelée et toujours injuste, que le secret de nous séparer
et de nous affaiblir.
Dans une précédente séance, monsieur Mellana nous a dit,
que lalangue française devrait être bannie de notre Parlement,
et pour justifier cette assertion il a ajouté que la Corsee l'Alsace conquises par la France, qui toutes deux étaient primitivement étrangères à la langue de leur nouvelle patrie, ont
néanmoins été contraintes de s'en servir dans l'Assemblée
législative française dont elles ont été appellées à faire partie.
Sous le prétexte que la minorité, doit se soumettre à la majorité, il n'a vu dans cette exigence qu'une mesure toute rationnelle, et il a semblé désirer nous voir suivre cet exemple.
Que monsieur Mellana veuille bien me permettre de lui
adresser une question a laquelle je le prie de me répondre
d'une manière précise : si à l'époque oùles princes de Savoie
se disaient issus d'une maison royale de Saxe et fasaienl partie de la diète Allemande, alors qu'ils ambitionnaient d'obtenir par l'élection la couronne impériale, l'un d'eux, après
conquis ce diadème tant déâiré, se fut marié à une héritière
l'Autriche: si par cet hymen il eût réuni cette partie de
l'Allemagne à l'Italie subalpine; si plus tard l'un des descendants de S. M.élective eût promulgué un Statut, que les
députés piéinontais eussent été appelés à se rendre à Vienne,
dans la réunion Parlementaire convoquée dans cette ville,
est-ce que les Italiens en général, et monsieur Mellana en
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TORNATA DEL 28 GIUGNO 1851
particulier auraient trouvé bien naturel qu'on les eut contraints de parler allemand? Ou leur aurait envaia répété:
vous êtes en minorité, les allemands sont plus nombreux que
vous; bon gré, mal gré vous parlerez le tudesque ; je ne
doute pas que l'indignation des Piémontais n'eût avec raison
repoussé ces exigences. (Rumori)
Ala citation que M. Mellana nous a faite de la Corse et de
l'Alsace, je répondrai par l'exemple de la Belgique réunie
naguère avec la Hollande, et par celui de la Suisse. Dans
l'Assemblée nationale des Pays-Bas, n'admettait on pas la
langue hollandaise et la française?Dans l'Helvétie, l'allemand,
le français et l'italien sont également en usage dans l'Assemblée des Etats. Est-ce qu'au mépris de la Constitution, l'on
y donne l'exemple de ces luttes, au sujet des langues, qui se
renouvellent trop fréquemment ici? Au lieu de nous attacher
à des mots, attachons-nous à l'essence des choses, rallionsnous à des principes vrais, sans vouloir exiger| l'impossible,
du moins quant à la Savoie, sans contact intime avec le Piémont, presque sans relation commerciale avec lui. Ce mélange
de langues diverses, dans les réunions législatives, s'est répété en Europe à diverses époques, parce qu'il est le résultat
d'un besoin auquel on doit une satisfaction légitime.
Voudrait-on imiter Napoléon forçant les Piémontais et les
Italiens, sous peine d'être muets, à parler français? Ce que
l'on a si fort blâmé dans ce conquérant, serait-il légitime
aujourd'hui? Si l'on ne veut pas réduire les députés savoigiens au mutisme, pourquoi ces murmures quand un ministre
leur répond en français? (Rumori) En repoussant le système
adopté par la France, à l'égard de la Corse et de l'Alsace, je
dirai que la politique française trouve au moins une atténuation à ses exigences dans les sacrifices répétés qu'elle n'a
cessé de faire pour établir des lycées français chez les peuples qu'elle voulait amener à une assimilation complète avec
elle. Qu'a fait de semblable le Piémont? De quelle école a-t-il
doté la Savoie? Bien loin de s'occuper de l'instruction populaire, il l'a livrée au plus cruel abandon, à l'indifférence la
plus entière. Il n'est pas rare de voir des communes qui n'ont,
pour tout revenu annuel, à l'effet de subvenir à l'éducation
de la jeunesse, que ISOet souvent même que 60 francs.
Quand on cite les exemples de l'étranger, il faudrait du
moins employer les moyens par lui mis en usage pour arriver
au même résultat.
Bien loin de favoriser l'instruction en Savoie, on parait
prendre à tâche de l'étouffer. N'a-t-on pas cassé, naguère,
un Conseil municipal, celui de St-Gervais, dans le haut Faucigny, et cela parce que ce Conseil repoussait, pour régent de
l'enfance, un prêtre qui, par le cumul des fonctions qu'on
lui impose, en l'obligeant d'être à la fois instituteur primaire
et vicaire, est dans l'impossibilité de s'acquitter, dans leur
intégrité de ces deux charges, qu'en définitive il n'est ni vicaire, ni régent? Qui ne comprend qu'un vicaire appelé à
porter le viatique, às'absenter toute unejournée, à confesser
quotidiennement, à participer aux cérémonies du culte religieux, à la prédication, à des missions, ne peut consacrer
aux fonctions dupréceptorat un temps exigé ailleurs? Pour se
vouer à l'instruction de l'enfance, pour diriger une école de
80 à 60 élèves, que peut signifier une heure ou deux parjour
que leur consacre un vicaire? C'est deux minutes pour chaque élève.
Quand une commune toute entière s'élève contre cet abus,
quand elle veut y mettre un terme, lorsque le Conseil municipal, qui est son organe, usant du droit le plus légitime,
veut substituer au précepteur imposé un précepteur de son
choix, un intendant appelant l'arbitraire au lieudu droit, mê-
lant à celte question des considérations toutes secondaires,
quand elles ne lui sont pas étrangères, provoque, par des rapports passionnés, ladestitution de ce même Conseil, avant de
procéder à cet acte, et sans même justifier de l'autorisation
de M. l'intendant général, il convoque le municipe de St Gervais, moins pour écouter ses allégations que pour lui dicter
impérieusement ses volontés; il ose exiger qu'un des membres du Conseil, choisi par ses collègues pour remplacer dans
les fonctions du préceptorat le prêtre régent, vide la salle
consulaire, sous prétexte, dit-il, qu'il ne puisse, par sa
présence, influencer la réunion des conseillers, il paraît que
M.l'intendant ne craignait pas de l'influencer lui-même! En
écartant son contradicteur, n'était-ce pas le secret d'avoir
fictivement raison? Il oubliait qu'un Conseil est aussi indépendant dans ses attributions qu'il peut l'être dans les siennes,
que si un individu est intéressé personnellement dans une
question, il a par cela même un droit plus impérieux d'y
assister. Un conseiller municipal tient ses fonctions de ses
mandataires, et il n'est jamais au pouvoir du chef administratif d'une province de les violer. Chasserions-nous un député
de cette enceinte, alors qu'on agiterait une question qui lui
serait personnelle? Quel arbitraire, quelle absence de dignité
dans tout cela ! Et l'on nous parle de la liberté de l'enseignement ! Que peuvent donc signifier les attributions d'un Conseil
municipal? Les membres qui composent ces assemblées seraient-ils, aux yeux de M.l'intendant, des hommes de bois?
Ce qui est plus étrange dans tout cela, c'est que ce même
fonctionnaire avait antécédemment autorisé ce même Conseil
à répudier M.le vicaire-régent, sous le prétexte qu'il n'avait
pas suivi l'école de méthode de l'enseignement primaire.
Par celte dictature blessante, on éteint toute liberté communale, toute indépendance, toute spontanéité municipale;
un municipe n'est plus qu'un mannequin àla dévotion intendantielle, livré à son bon plaisir; le règne des lois ne cesse
d'être méconnu.
L'on semble prendre à tâche de nous blesser dans nos sentiments les plus chers. Nulle part la presse n'est moins libre
qu'en Savoie. Presque tous les syndics créés par le Ministère démocratique ont été répudiés.
Nos plaintes sont dédaignées. Parlons-nous de notre indigence? Monsieur le ministre des finances nous répond que les
capitaux sont abondants en Savoie ; et ce qui le prouve, ditil, c'est que nulle part la réception des contributions ne se
fait plus rapidement. Aujourd'hui démentant cette assertion
de la veille il nous affirme que deux fois dans le courant de
cette année, il a été dans l'obligation d'envoyer de l'argent à
Chambéry. Auquel du ministre d'hier ouduministre d'aujourd'hui, faut il ajouter foi? Concilie qui pourra cette contradiction.
Dans son traité fait avec la Suisse, monsieur le ministre
des finances a fait aux provinces cisalpines la part du lion;
en offrant la Savoie en holocauste comme toujours, il opprime
les faibles pour épargner les forts, il écrase les pauvres pour
favoriser les riches, il fait enfin tout l'opposé de ce que lui
dicte le devoir.
présidents. Veuillez, monsieur, vous renfermer dans
la question du traité.
chenaki. Avant de l'aborder, j'ai le droit dejeter un coup
d'oeil rétrospectif sur la politique adoptée à l'égard de mon
pays. Ma mission est de le défendre et j'y serai fidèle. Tous
mes efforts doivent tendre à ce que l'on adopte à son égard
une politique moins rétrograde, plus en harmonie avec ses
besoius et moins ruineuse.
N'est-ce pas encore monsieur le ministre des finances
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CAMERA DEÏ DEPUTATI — SESSXONE DEL 1851
qui vient d'accorder aux fromages suisses un abaissement à
leur introduction dans les Etats sardes? En revanche il réserve un privilège pour les soies et les riz du Piémont. Et
cependant si îes provinces devaient mériter plus spécialement
quelques considérations, ce sont celles d'outremonts qui sont
les plus pauvres, qui avec quelques bestiaux n'ont pour tout
commerce que quelques produits lactés.
Avec les conditions qui lui sont faites, enserrée dans un
étau qui l'écrasse, la Savoie est condamnée à mourir.
La pauvreté de cette contrée n'est cependant pas une condition inexorable; sous l'empire, la classe populaire savoisienne avait acquis de l'aisance; si plus tard elle n'eût été
poussée par des conscriptions trop nombreuses qui élevaient
le prix des remplaçants à des chiffres excessifs, elle serait
devenue riche, du moins comparativement à ce qu'elle est
aujourd'hui.
Oh, s'il n'y a pas un vice intrinsèque, à l'égard de ce pays,
dans les traditions gouvernementales, qu'on réponde enfin à
3a demande cent fois faite, pourquoi la Suisse est riche, tandis qu'avec un sol plus chaud, avec un sol plus riche et des
hommes aussi intelligents, la Savoie sa voisine reste pauvre
et souffreteuse, dans une indigence qui semble devenir
chronique? Pourquoi la Suisse progresse-t-elle tandis que la
Savoie reste stationnaire ? C'est que jamais l'on a voulu prendre en considération sa position toute spéciale; toujours l'on
a méconnu les lois, les conditions de son existence, ce qui
constitue son essence et sa vie. Et l'on a la bonté d'appeler
cela de l'égalité devant le Statut!
Une partie de la Savoie demande-t-elle l'exemption douanière, attendu qu'elle n'a et qu'elle ne peut avoir aucune
communication avec le Piémont, on la lui refuse au nom du
Statut, Si la nature dit oui et que le Statut dise non» tant pis
pour la nature.
Par cela seul que les populations savoisiennes sont appelées à défendre le Piémont, à franchir les monts pour venir
défendre les provinces cisalpines, tandis que les Piémontais
sont dans l'impossibilité de défendre la Savoie qui est un
pays tout ouvert, il semble que cela aurait dû être une considération pour mériter à cette dernière contrée quelques
égards, quelques compensations. Eh bien, non, le Statut s'y
oppose! C'est du moins ce que l'on nous dit sans nous convaincre.
C'est au nom de notre charte politique qui ne s'en doute
pas qu'on a ravi à Nice ses franchises douanières. Quelques
jours plus tard on nous présente un traité avec la France,
dans lequel on stipule un privilège tout spécial pour quelques productions de la province niçoise exclusivement. Dans
cette convention on obtient un abaissement du tarif français
pour les cédrats, pour les huiles et pour les moutons niçois,
heureux mortels dont on fait des personnages aristocratiques,
qui seuls pourront se rendre en France sans être soumis à là
capitation. (llarità)
Le Statut, nous dit-on, ne veut pas du port franc de Nice,
mais il permet apparemment une franchise toute spéciale
pour le fils de la brebis niçoise.
Le Statut n'est nullement blessé que l'on accorde à quelques produits de ce comté un avantage que l'on refuse aux
produits similaires des autres provinces, Tous les moutons,
comme on le voit, ne sont pas égaux devant la loi. 11serait
superflu après cela de demander si l'on peut avantager une
province plus spécialement qu'une autre? Si ce n'est pas là
une nouvelle franchise douanière sous une autre forme?
Si Nice est aujourd'hui favorisée pour ses produits, pourquoi demain Aoste ne le serait-elle pas exclusivement pour
ses fers? Pourquoi la Sardaigne, la rivière de Gênes ne réclameraient-elles pas à leur tour quelques concessions pour
elles seules? Il paraîtrait naturel que lorsqu'on fait un traité,
il devrait autant que possible profiter à toutes les provinces
de l'Etat, généraliser ses dispositions, être conséquent ayec
cette égalité que l'on ne nous prêche si haut d'une part que
pour la méconnaître de l'autre, qui ne sait rien équilibrer»
rien pondérer.
Est-ce au nom de l'égalité que l'on a stipulé avec le Gouvernement français que les bestiaux de la Savoie ne pourraient pénétrer en France que par la frontière du Pont-deBeauvoisin? N'est-ce pas là exclure les bestiaux du Chablais
et du Faucigny des marchés français?L'obligation de traverser
deux provinces, celle du Génevois et celle de Savoie-Propre,
les place nécessairement, à raison de leur éloignement, dans
une condition moins facile à pénétrer en France.
Comme on le voit, la prétendue et inflexible égaiité devant
le Statut, n'est que la toile que crevasse le scarabée pour ne
retenir que l'insecte moins puissant; jusqu'ici elle n'a été
qu'un moyen d'empirer la condition savoisienne. Malheureusement il y a entre les peuples qui parlent de langues diverses, des instinctes d'antagonisme que le despotisme a toujours eu pour politique d'entretenir, que trop souvent a fait
sacrifier le faible au fort. Il serait grand temps qu'un Ministère
déviant de cette voie fatale se fît un devoir de l'affaiblir.
Quand cette noble mission sera mieux comprise, peut être
la Savoie pourra-t-elle espérer de voir ses besoins mieux
étudiés et mieux sentis.
Jusque-là et d'après toutes les considérations par moi
émises, je crois de mon devoir de voter contre le traité soumis à votre sanction.
at i cdor, relatore. Je demande la parole pour un fait
personnel. (Rumori) Je n'abuserai pas de la patience de la
Chambre: je n'ai pas l'habitude d'envenimer la question; je
ne veux pas la reporter sur un terrain d'amertume. L'honorable M. Mellana a dit que j'avais fait l'éloge de l'expédition
de Rome, et qu'il remerciait le Ciel que cet éloge n'était pas
sorti d'une bouche italienne. J'ai envoyé chercher, auprès
du sténographe, les paroles que j'ai prononcées, qui n'ont
pas encore été traduites, afin de montrer à M. Mellana que
je n'ai nullement fait l'éloge de l'expédition de Rome, et que
je me suis borné à dire que, peut-être, si on s'était mieux
entendu, si l'on avait reçu lesFrançais comme amis, le résultat aurait été différent. (Rumori asinislra) Soyez bien persuadés que je ne veux pas ici me faire le défenseur, l'apologiste
de l'expédition française à Rome. Je n'aurais pas choisi cette
enceinte pour la faire, si j'en avais eu l'intention. Je connais
le respect que je dois à certaines susceptibilités: ce n'est pas
moi qui y manquerai jamais.
Je veux encore que M.Mellana sache que, comme l'a trèsbien exprimé l'honorable M.Chenal, la différence de langage
n'empêche pas l'accord des sentiments ; et quand on professe
des opinions comme les siennes, on doit désirer le moment
ou ces préjugés qu'on affiche à l'égard de ces différences de
langage s'effaceront. On doit désirer le moment ou les hommes ne seront plus classifiés d'après la langue qu'ils parlent,
mais d'après leurs sympathies, leurs opinions et leurs sentiments. (Benel)
Et quant à ces sentiments, je prie M. Mellana de croire
que ceux de la Commission et les miens personnels, sont
aussi patriotiques que ceux qu'il peut professer.
bastsaw. J'avais demandé la parole pour répondre à M.
Cavour et à M. Mellana. (Rumori d'impazienza)
Voci. No! noI
— 2951 —
TORNATA DEL 28 GIUGNO 1851
asASTIA*?. On vient d'insulter lesorateurs qui parlent la
langue française, et l'on ajoute, àcette amabilité, celle de oie
refuser la parole. (Mormorio prolungato)
MEMiAKïA.. Domando la parola. (Rumori)
Foci. Ài voti! ai voti!
MEMiANA. Perdoni la Camera, iosono staio interpellato,
e non voglio lasciare due dei nostri colleghi in errore sul senso
delle parole da me dette.
pssessjdemte, Ha la parola.
memiAma. Mi spiace che una frase da me usata, eche non
posso nèvoglio ritirare, e che sarà approvata dagli stessi
onorevoli Chenal e Avigdor quando ne abbiano ben compreso
il senso, abbia dato luogo ad inutili proteste.
L'onorevole Chenal, il quale si fa sempre qui patrocinatore
di generosi sentimenti, ha preso occasione dalle mie parole
per eccitare delle suscettività municipali.
Non solo dava un erroneo significato alle mie parole d'oggi,
ma nericordava altre da medette in un'altra Sessione, che
egualmente male interpretava, io mi ricordo benissimo di
avere altra fiata detto che nei Parlamenti francesi, ancora
che sedessero e siedano rappresentanti di provincie italiane,
come la Corsica, edi provincie tedesche, come l'Alsazia, pure
non si parlava colà senon che la lingua francese. Sì ciò l'ho
detto, non per menomare il diritto edil dovere che tutti
hanno di potere parlare la propria lingua , principio che
più d'ogni altro ioriconosco, masolo in allora avevo pronunciate quelle parole per dimostrare come noi avevamo fatto un
passo più inlà della Francia, ammettendo che nel nostro Parlamento si parlassero tutte le lingue (Oh! ohi) tutte le lingue parlate dai popoli che compongono loStato. (Segni di
adesione)
Venendo ora alla frase che haeccitato tante suscettività, io
non so comprendere come si possa in essa vedere un qualche
rimprovero contro chi parìa la lingua francese, e contro la
grande maggioranza della nazione francese la quale come noi
ha deplorato ed imprecato contro gli uomini che hanno ordinata la spedizione contro Roma.
Ma ciò nulla meno nonavrebbe dovuto dire nèsi poteva
tollerare che si dicesse tampoco che i Romani avrebbero dovuto stringere come amici chi contro il dritto delle genti veniva ad aggredirli, ancoraché con unatale bassezza avessero
potuto ottenere condizioni meno infelici.
Da una spedizione promossa dai Falloux dai Montalambert,
capitanata dagli Oudinot, dopo l'esempio di Civitavecchia,
dopo le prove di Lesseps, sarebbe stato imbecillità lo sperare
cosa comportabile colla dignità nazionale; quindi benemeriti
della libertà e dell'onore italiano furono i prodi che sotto
all'ombra del Campidoglio perdurarono magaanimi in una disuguale, disperata, maeroica difesa. (Bene\)
Io ho detto che essendosi alzata inquesto Parlamento una
voce la quale accennava a biasimo contro i Romani per averé
respinti colle armi i Francesi invece di riceverli come fratelli,
era stato in me temperato il dolore di quell'ingiusto biasimo
dal non averlo sentito formolato nella lingua nostra, nella
lingua dei prodi Romani che hanno salvato l'onore del nome e
delle armi italiane.
Combattendo il signor Avigdor io non supposi che esso
abbia fatto l'elogio di quella infame spedizione; un italiano,
un concittadino di Garibaldi non poteva discendere tanto in
basso.
Voci. Ai voti ! ai voti !
ipresibeste. Il deputato Bonavera ha ìa parola.
Voci. La chiusura !
bomtori. Sesi passa ai voti, ionon hodifficoltà di rinunziare alla parola.
taIìErio IiOreszo. Domando la parola.
ssohayera. Se si continua la discussione, allora io sono
il primo a parlare.
TARERio Hì0ke%%0. Se ¡a Camera nonintende a passare ai voti quest'oggi, io parlerò lunedì, altrimenti lapregherei di sentire alcune osservazioni. {Noi no! —Ai voti !)
PRESIDENTE. Prima avrebbe la parola il deputato Bonavera.
Voci. Lachiusura ! lachiusura !
"wabìEkio liosossiz©. Domando la parola contro la chiù*
sura.
prssidexte. Ha la parola.
vasjEkio EiOstEKz©. Prima di tutto è sistema parlamentare (e qui nessuno dei ministri vorrà contraddirmi) che in
una questione mai si chiude la discussione dopo un discorso
del Ministero. I discorsi che vennero dopo quello del signor
Cavour furono solo d'incidenza, e non entrarono nel merito
della questione.
Del resto poi, iodirò che il signor ministro mi ha onorato
troppo della sua attenzione nel suo ultimo discorso (Risa),
perchè io non debba essere autorizzato a dire qualche parola
in risposta.
Voci. Parli ! parli !
presidente. La chiusura essendo stata chiesta , io
debbo porla ai voti, così la Camera deciderà.
(La Camera non approva.)
Il deputato Valerio ha la parola.
Voci. Lunedì! lunedì!
psessdesite. Allora mi pare che questa discussione
potrebbe rimandarsi a lunedì. (Sì! si!)
La seduta è sciolta alle ore 5 e li ti.
Ordine del giorno per la tornata di lunedì :
i° Seguito della discussione degli articoli addizionali al
trattato di commercio e navigazione colla Francia:
2° Discussione del progetto di legge per modificazioni allo
Statuto della Banca Nazionale;
5° Discussione del progetto di legge per il traforamelo del
colle di Tenda,

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