tornata del 28 giugno 1851
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tornata del 28 giugno 1851
— 2926 — CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1851 TORNATA D E L 2 8 GIUGNO 1851 PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CAVALIERE PINELLI. SOMMARIO. Atti diversi — Seguito della discussione del progetto di legge per Vapprovatone della convenzione addizionale al trattato di commercio colla Francia — Opposizioni del deputato Bastian — Nuove osservazioni del deputato Valerio Lorenzo — Spiegazioni del deputato Bicci Giovanni — Opposizioni del deputato Brofferio)— Parole in difesa del relatore Avigdor — Opposizioni dei deputati Chapperon, Mellana e Sìneo — Discorso in difesa del trattato, del ministro delle fi- nanze — Osservazioni incidentali del deputato Chenal — Repliche dei deputati Avigdor e Mellana. La seduta è aperta alle ore 1 3/4 pomeridiane. CAVALLINI, segretario, dà lettura del processo verbale della tornata precedente. BRIONONE, segretario, espone il seguente sunto di una petizione ultimamente presentata alia Camera : 3983. Il maggiore Niccolò Gastaldi, narrando d'essere stato ingiustamente collocato a riposo e vittima di prepotenza ed arbitrii, chiede che piaccia alla Camera di rendergli pronta giustizia e riparazione. ATTI DIVERSI. PRESIDENTE, La Camera non essendo ancora in n u mero, si procede all'appello nominale. (Da questo risultano assenti i seguenti deputati): Bartolomei — Bersani — Biancheri — Bianchetti — Bianchi Alessandro — Bianchi Pietro — Blonay — Bolmida — Bon-Compagni — Borella — Bosso — Botta — Brunier — Cagnardi — Carquet — Carta — Castelli — Cavalli — Chiò — Corsi — Cossato — D'Aviernoz — Decastro — Deforesta — Delivet — Demartinel — Depretis — Derossi di Santa Rosa — Despine — Devillette — FalquiPes — Farina Maurizio — Ferraccia — Fois — Galli — Gandolfi — Garbarini — Gastinelli — Garibaldi — Gavotti Gerbino — Ghiglini — Gianoglio — Giannone — Grixoni — Incisa — Jacquemoud — Jacquier — Justin — Leotardi Marorigiu — Martini — Massa — Miglietti — Moia — Nieddu — Paleocapa — Paliuel — Parent — Pernigotti — Pejrone — Pescatore — Piccon — Pissard —Rattazzi — Roberti — Rulfi — Sauli Francesco — Sauli Damiano — Simonetta — Siotto-Pintor — Trotti — Tuveri — Vicari — Zunini. La Camera essendo in numero pongo ai voti l'approvazione del processo verbale. (È approvato.) CRIARLE. Nel sunto delle petizioni avvene una portante il numero 3982 presentata dal Consiglio delegato del comune di Camerano; in essa narrasi che da 30 anni e più quel comune era solilo riscuotere la tassa di 50 centesimisulle bestie lanute. Nell'anno corrente, avendo formato il ruolo, e trasmessolo all'intendente per l'opportuna sanzione, l'intendente appoggiato all'articolo 129 della legge 7 ottobre 1848, nel quale si annoverano le tasse che si dà facoltà ai comuni di imporre, e nel quale non vi si trovano comprese le bestie lanute, negava l'autorizzazione. Avendo inoltre il Consiglio delegato riconosciuto che nel progetto di legge per la riforma dell'amministrazionecomunalee provinciale, emendato dalla Commissione incaricata dell'esame del medesimo, quell'articolo 129 era stato mantenuto (ale e quale trovasi nella legge del 1818, ricorre alla Camera perchè nella discussione di quella legge si abbia riguardo ai comuni poveri, che si troverebbero molto incagliati, ove venisse tolta loro la facoltà di imporre quella tassa. Una simile petizione fu pure inviata dal Consiglio comunale di Sale, e porta il numero 3959 ; io pregherei la Camera a voler consentire che queste due petizioni fossero t r a s messe alla Commissione per averle presenti in occasione della discussione di quella legge. PRESIDENTE. Pongo ai voti la proposta del deputato Chiarie. (La Camera approva.) SE6VITO UTLIII DISCUSSIONE D E L LEFI6£ P E R ZIONE LI'APPROVAZIONE ADDIZIONALE ALT PROGETTO DILIII TRATTATO DI CONTENDB COM- MERCIO COLLA FRANCIA. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione degli articoli addizionali al trattato di commercio colla Francia. La parola spetta al deputato Carquet. BASTIAN. Monsieur Carquet, ayant dû s'absenter, rn'ts cédé son tour de p a r o l e ; si la Chambre le veut bien, j e la prendrai à sa place. Foci. Parlez! parlez ! PRESIDENTE. Vous avez la parole. BASTIAN. Messieurs, de même que j'ai dit franchement, dans les discussions qui ont eu lieu, soit dans les b u r e a u x , soit Jans les Commissions, soit à la tribune, pourquoi j'avais été favorable à tous les traités, de même aussi je dirai sans hésitation ce que j e pense de celui qui est soumis à vos délibérations; mais avant tout, et pour ne pas l'oublier, j e commencerai par proclamer hautement, non pas que j e tirerai dessus à boulets rouges, mais que j e mettrai une bonne boule noire. — 2927 — TORNATA DEL 28 GIUGNO 1851 Cette déclaration surprendra peut-être de prime abord, de la part de celui qui s'est montré chaud partisan de tous les traités, et a même fait l'apologie de la générosité de la nation française. Je déclare que je n si pas changé de sentiment à l'égard de cette grande nation, que je ne confonds pas avec son Gouvernement; je me garderai bien de commettre une pareille injustice. Je viens aux motifs de mon vote. Je vote, ou plutôt j'ai déjà volé contre le prétendu traité, car à mes yeux ce n'en est pas un, parce que j'entends par traité concessions pour concessions, la stipulation d'une réciprocité d'avantages, et je n'y ai rien su voir de tout cela. Je crois au moins y trouver une diminution de tarif sur les fontes, c'était une juste compensation à laquelle les maîtres de forges ¡avaient droit de s'attendre; j'en aurais aussi désiré une pour le gros bétail. J'aime àcroire que monsieur le ministre les asollicitées, mais qu'il n'a rien pu obtenir ; il enasans doute éprouvé des regrets et je les partage sincèrement. L'honorable rapporteur s'est principalment appliqué à essayer de nous démontrer que par ce nouveau traité, nous ne concédions rien de plus à la France que ce à quoi elle avait droit en vertu de l'ancien traité ; mais ce serait une raison de plus de refuser celui-ci comme inutile, et de rester avec la France dans les termes où nous en étions avant qu'il en fût question. S'il en était ainsi, ce que je ne crois pas, pourquoi monsieur le rapporteur tiendrait-il tant à son acceptation? Je suis loin de partager son avis et d'envisager les chosps de cette manière, je vois au contraire de la part de la France des exigences, sans correspectif, en un mot une tentative de l'abus de la force sur la faiblesse ; en ce cas je n'hésite pas à dire qu'il y aurait lâcheté à accepter ce traité (Rumori di disapprovazione) : si nous ne sommes pas forts, montrons au moins que nous avons de cœur. Il est donc de notre devoir de repousser le traité ; il y a de l'honneur et de la dignité de la Chambre et de la nation de ne pas accepter cette humiliation, de ne pas subir une aussi outrageante mistification. Oui, messieurs, je le répète, repoussons ce traité sans nous enquiéter de ce qu'en dira le Gouvernement français; la nation ne s'offendrat pas dece refus, elle y applaudira, au contraire, dans le fond de son âme; car elle admire le courage et sait en apprécier tous les actes, quelque soit la forme sous laquelle il se présente, quelle que soit la circonstance dans laquelle il se manifeste. Je finis en regrettant de ne pouvoir oublier que j'ai déjà voté contre le traité, et d'être ainsi privé duplaisir de voter une seconde fois. FiEEiiDEiTE. La parola spetta al deputato losti. sosti. Io la cedo al signor avvocato Brofferio. ìbrofiì'krb©. Parlerò quando verrà la mia volta. presidente. La parola spetta al deputato Valerio. VAijsmxo LORENZO. Veramente io non intendeva prendere la parola in questo punto, tuttavia mi corre l'obbligo di rispondere ad alcune osservazioni che vennero fatte da uno dei membri della Commissione, l'onorevole deputato Ricci Giuseppe. lo era membro dell'ufficio a cui l'onorevole deputato Giuseppe Ricci apparteneva, ed in quell'ufficio che era numeroso anziché no, si discusse lungamente il trattato, e vennero dal deputato Giuseppe Ricci oppugnate con molta forza di ragionamento e di logica tutte le osservazioni favorevoli al trattato medesimo, dichiarando quel trattato contrario alla dignità nazionale e contrario agli interessi commerciali. Il trattato venne quindi respinto alla quasi unanimità, cioè con un solo voto opponente, e l'onorevole Ricci nominato commissario dell'ufficio. ri cci Giuseppe Domando la parola. t ai er i o ftOREMzo. Egli disse che dopo che venne nominato a relatore dell'ufficio, vi furono nella Camera gravi dibattimenti, e citò il voto che ebbe luogo nella seduta del 24 maggio nella discussione della tariffa daziaria. Io ho già accennato a quel voto nel mio discorso di ieri, e ne ricorderò brevemente le circostanze. L'ora era tarda , e la Camera sa che quando sono prossime a battere le cinque, l'attenzione di quasi tutti i membri componenti questo Consesso non è sempre svegliatissima, (Ilarità) Allora d'improvviso sorse laproposizione di abbassare la tariffadello zucchero, secondo le concessioni fatte al Belgio e all'Inghilterra. La proposizione non venne sviluppata ; pochi membri la combatterono, ed io fui tra quelli, quantunque abbia dovuto, restringermi a poche parole, perchè erano vicine le cinque. Pertanto la discussione non potè protrarsi gran fatto, ed essendosi poco stante andato ai voti, la tariffa dello zucchero venne per tutti abbassata a 25 lire. Ora, con questo voto la Camera ha ella preventivamente datala sua approvazione al trattato? Io noi credo, perchè tre parti essenziali, tre concessioni importanti conteneva questo trattato : l'una è il ribasso sulla entrata delle stoffe di cotone ; l'altra è il ribasso sull'entrata dei panni ; la terza il ribasso sull'entrata degli zuccheri. Dunque, abbandonata per parte nostra la questione degli zuccheri, rimanevano tuttavia i diritti sulle stoffe di cotone e sopra i panni, onde avere certezza morale di ottenere dalla Francia più miti e più giusti provvedimenti; e dico certezza morale, perchè, come tutti sanno, la Francia trovasi attualmente governata in gran parte dagli interessi economici. Chi legge la lista dei 7S0 rappresentanti della sua Assemblea sovrana, scorgerà di leggieri quanto numerosi siano coloro i quali vi hanno seggio ed hanno posto i loro capitali, le loro sostanze in queste grandiosissime industrie. Io ricordo alla Camera come le manifatture di SaintQuintin e dell'Alsazia impieghino, e assorbano una gran parte dell'attività commerciale, e dei capitali di quella grande nazione. Ora, essendo questo un fatto innegabile, io penso che i capitalisti che hanno a quelle manifatture confidati i loro capitali, che i manifattori che ne hanno ricevuto l'accomandita, e tutti coloro, e sono moltissimi, che hanno le loro fortune impegnate inqueste industrie spingeranno vivamente il Governo francese, qualunque ei sia, a fare delle concessioni al Piemonte, onde tenere aperto questo importantissimo loro mercato düconsumazione, ed useranno degli insegnamenti di Michel Chevallier, di Bastiat, di Say e di tutti i più grandi economisti della Francia onde indurre il suo Governo a recedere ormai da quel sistema di protettorato, che io non voglio chiamare con troppo severe parole, perchè fu già con severissime parole stigmatizzato in questo Parlamento. Io sono certo quindi che la Francia, riconoscendo che il trattato firmato il k novembre non si può rompere, non si può scindere, e che essa, senza violare ogni domma del diritto pubblico, senza mancare all'onore francese , non può fare delle rappresaglie verso di noi, respingendo le nostre sete, i nostri olii, perchè essa, per mezzo della sua rappresentanza nazionale, per mezzo del suo potere esecutivo, per una serie d'anni, si è ©bbligata a lasciare entrare queste derrate, in forza del trattato di commercio da me pur ora accennato. Ioripetoche, non potendo la Francia, senza mancare all'onor francese, senza contravvenire al diritto pubblico europeo, rompere le basi di questo trattato, essa si troverà moralmente costretta a di- - 2028 - CAMBRA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1851 minuire quella tariffa spinta dal proprio interesse, o dall'interesse di questi manifatturieri, i quali, lo sa tutta la Camera, sono numerosissimi, tenaci ed influenti. (Sensazione) Ho detto che il Piemonte non può correre pericolo di rappresaglie commerciali relativamente alla Francia, ed ho invocato perciò il trattato che essa non può ledere senza ledere il suo onore ; ma io soggiungo ancora ehe le rappresaglie minacciate, le quali colpirebbero specialmente le sete del Piemonte, sono di tal natura che non si possono in nessuna circostanza dalla Francia paventare. Tutti sanno che, oltre le industrie da me testé accennate, Lione, la seconda città della Francia, è quasi intieramente occupata, e per i suoi capitali, e per le braccia de' suoi figli, nell'industria dei tessuti di seta ; tutti sanno che Lione ha il primato europeo per i suoi nastri e per le sue stoffe di seta. Basta dare un colpo d'occhio alle molle relazioni che vengono sopra la grande esposizione di Londra, per iscorgere che l'orgoglio britannico medesimo, l'orgoglio britannico industriale deve inchinare la testa davanti alla singolare abilità dei manifattori lionesi relativamente alle stoffe di seta. Or, vorrà ella la Francia violare un trattato solennemente stipulato davanti all' Europa, vorrà ella condannare all'inerzia una gran parte delle sue manifatture lionesi? Vorrà ella portare un colpo mortale ai tessuti serici del dipartimento del Eodano, per recare un danno al Piemonte? Non lo credo. Io non lo credo perchè egli è certo che le fabbriche di Lione private degli organzini del Piemonte, private delle nostre trame, non potrebbero più reggere nè la concorrenza inglese, nè la concorrenza svizzera, e sarebbe indi la Francia costretta di vedere chiuse la maggior parte delle sue fabbriche di seta, e perdere quel primato che, mentre ora torna a suo grande onore, fa entrare così grandi somme di danaro e nelle casse dello Stato e in quelle de' suoi commercianti. L'onorevole relatore della Commissione, prendendo a rispondere al mio discorso* con grande mia meraviglia paragonava la parola da me rivolta alla Commissione alle maledizioni lanciate contro Edipo nella tragedia di Sofocle. Edipo si era acciecato da se medesimo per avere commesso un incesto. (Susurro e risa) Se è per ciò che l'onorevole relatore della Commissione è andato a cercare... (Mormorio su alcuni banchi) Notate, o signori, che qui non si può parlare che di un incesto politico... Se è per ciò che l'onorevole relatore della Commissione è andato a cercare nelle pagine del grande tragico greco il suo paragone, io non ho che a stringermi nelle spalle. Solo duolmi che esso abbia veduto nelle mie parole quello che non v'era, e v'abbia trovato un paragone che non era nè nell'intenzione dell'oratore, nè nelle parole che pronunziava. Duoloii ancora di più che esso abbia trovato un biasimo contro la Commissione, quasiché si volesse appuntarla diavere lesa la dignità della causa italiana. Se l'onorevole relatore volesse riandare le varie parti del mio discorso, io sono certo che esso verrebbe a riconoscere che ha frantesa la parte del medesimo che è relativa alla Commissione. Quando esso invocava il nome dell'onorevole conte Cesare Balbo, faceva per lo meno una cosa utile rimpetto al deputato cui rispondeva. Nessuno meglio di mesa apprezzare le pregievoli doti che distinguono lo scrittore dei due volumi della Storia d'Italia. L'onorevole signor ministro Di Cavour diceva ieri, che egli mi ha combattuto sempre, e che mi combatterà per tutta la vita. Io invece seppi combattere per molti anni al ihaeo dell'onore?©le conte Balbo ; egli non si è sdegnato di venire a portare le pagine che scriveva con tanto senno, e con tanto amore di patria , in un umile giornaletto che per dodici anni io redigeva in questo paese, e certamente non sarà mai dalla bocca mia che sfuggirà una parola che torni a disdoro di colui che appresi a stimare fin dai miei giovani anni, e che mi vidi compagno in una lotta, umile sì, ma certo non disonorevole. Non rianderò tutte le parti della risposta dell'onorevole relatore della Commissione, sarebbe fatica troppo ardua per me il porre a confronto le varie circostanze in cui egli ha contraddetto a se medesimo; altri oratori di me più valenti adempiranno forse a questo incarico. Intanto io mi restringo ad enunciare una questione, la quale fu interamente om= messa nella discussione di ieri. Ricorderò come l'onorevole conte di Reve!, ora assente * interrogasse in una delle precedenti nostre tornate il signor ministro di finanze se fosse vero che per mezzo di una circolare egli avesse autorizzato gli uffizi doganali del paese a lasciar entrare le merci provenienti dalla Francia secondo i ribassi conceduti al Belgio ed all'Inghilterra, mediante cauzione però, onde potere far pagare l'eccedenza qualora il trattato venisse ad essere respinto. Il signor ministro rispondeva affermativamente. Io allora osservava come fosse incostituzionale l'atto del signor ministro, poiché egli non era dalla legge autorizzato a fare una simile concessione : egli non vi è autorizzato mai, e Io era tanto meno nella circostanza in cui si trovava aperto il Parlamento. L'atto è essenzialmente incostituzionale, è incostituzionale nella sua essenza$ incostituzionale nelle sue conseguenze; con quell'atto il mi* nistro delle finanze dava al trattato un effetto retroattivo. Io suppongo, quantunque desideri il contrario, che il trattato sia accettato: colla concessione fatta, il signor ministro non ha egli defraudato di una parte delle entrate le regie finanze! Non ha egli dat» un effetto retroattivo al trattato medesimo? Non è egli evidente che le merci francesi le quali entrarono nei nostri magazzini doganali in questi ultimi tempi avrebbero, senza le concessioni del ministro, pagato un dazio molto maggiore? Non ha egli quindi sotto questo rispetto diminuito d'altrettanto l'entrata delle nostre dogane? Egli è evidente che il signor ministro ha in questo lesa la Costituzione. Io non insisteva allora sopra quella proposta, e mi teneva pago di accennarla, perchè ricordava la lotta sostenuta dall'onorevole signor ministro contro il medesimo conte di Revel. Io era allora tuttavia abbacinato dalla tema della possibilità di un Ministero reazionario, o, se si vuol meglio, dell'estrema destra. Io non avrei voluto, indebolendo troppo la posizione del signor conte di Cavour, rendere possibile un Ministero di cui sedesse capo il conte di Revel (Rumori a destra), che conducesse sopra i banchi ministeriali gli onorevoli deputati dell'estrema destra che sogliono votare con lui, eppercio mi restringeva a notare l'incostituzionalità dell'atto, e non promoveva in quel punto una deliberazione della Camera. Ora io ho dovuto mutare pensiero : io ho osservato ehe quella lotta era un puro torneo ad armi cortesi, ad armi spuntate, che quella battaglia di sarcasmi e di epigrammi, che venne combattuta in questo Parlamento, se era reale aveva condotto ad un trattato di pace. ( Ilarità —Bene ! a sinistra ) Quando ho veduto partire l'onorevole signor Conte di Revel incaricato di una missione altamente confidenziale del signor ministro di finanze, io ho perduto ogni timore di veder a stdere su quei banchi un Ministero dell'estrema destra capitanato dal signor conte di Revel, amico e confidente com- - 2929 — TORNATA DEL 2 8 missario del signor ministro Di Cavour: onde io liberato ormai da questo spauracchio di un Ministero dell'estrema destra, credo che la Camera debba anche decidere sull'incostituzionalità di quell'atto. 10 credo che essa debba fare manifesto col suo voto, che il signor ministro non era autorizzato ad emettere quell'atto, e che egli sorpassava in quel punto l'autorità conferitagli dal posto che occupa. Ciò detto, e riserbandomi, quando la discussione sia matura, di fare una proposta relativa all'atto medesimo, io pongo fine al mio dire. R V C C K « I O V A N N I . Domando la parola per un fatto personale. P B E s s M i f i . Ha la parola. Varie voci. No! no ! R I C C I G I O V A N N I . Mi scusino, è necessario che io risponda. 11 signor deputato Valerio in alcune delle cose da lui citate ha commesso qualche errore di memoria. Io me ne appello a tutti i membri che formano il V ufficio: e mi pare tanto più straordinaria questa sua dimenticanza, in quanto egli fu candidato con me per essere commissario. Tre squittinì ebbero luogo; i due primi inutilmente perchè i votisi dividevano tra il signor Lorenzo Valerio e me, e non fu che al terzo che io venni eletto. Quindi la Camera vede se realmente vi fu l'unanimità, meno un voto, come venne dicendo il signor Valerio; e di questo potrebbero far fede e il signor presidente ed il segretario della Commissione medesima. 11 signor Valerio per far vedere che il voto dato dalla Camera nella seduta del 28 maggio non era tale da doversene dedurre la conseguenza che io ne ho tratta, ha detto che questa discussione venne come di sorpresa, ed alla fine della seduta. 10 proverò che non istanno le due proposizioni, e primieramente noterò che non potè essere caso di sorpresa, in quanto che io leggo nel rendiconto di quella seduta queste parole dell'onorevole signor Valerio stesso: « Io credo che respingendo la proposta del ministro delle finanze faranno un bene grande alla Savoia medesima, perchè mantenendo alto il prezzo dello zucchero per qualche tempo, possiamo con ragione sperare che si addivenga colla Francia a tale trattato, per cui si venga ad avere non solo lo zucchero a buon mercato ma anche ad ottenere altri vantaggi che la Savoia avrebbe, e industrialmente ed economicamente, sotto ogni rapporto, diritto di avere dalla Francia. » E più sotto ancora: « Ognuno adunque può scorgere di leggieri che alla vigilia della discussione di un trattato colla Francia, quando le ragioni prò e contro il trattato medesimo non furono enunciate, non è il caso di concedere a quella potenza ed a titolo gratuito favori di una grande importanza che ad altre potenze abbiamo dati dietro altre concessioni di molto rilievo ed a nostro vantaggio. » 11 deputato Brunier diceva: « J'insiste à ma proposition avec d'autant plus de force qu'il est à presumer que les ar ticles additionnelles du traité conclu avec la France, et qui Viennent d'être présentés par le Ministère, seront repoussés par la raison qu'ils ne peuvent pas être acceptés. Par con séquent, nous en viendrons à des traités stipulés sur de nou Telles bases, et la Savoie a trop d'intérêts à conserver dans les nouvelles négociations, pour ne pas désirer que l'on prenne tous les ménagements possibles pour sauvegarder tous les intérêts qui nous regardent. » Vede la Camera come è stata posta chiaramente la questione, e come è stata ampiamente discussa; i membri che oppugnavano la diminuzione e pareggiamento di diritti chiesta dal signor ministro bene additavano le conseguenze del voto, SESSIONE DEL 1 8 5 1 — CAMERA DEI DEPUTATI — Discussimi 361 GIUGNO 1851 per cui la decisione della Camera fu messa in piena cognizione di causa. Il deputato Valerio ha detto ancora che quel voto aveva avuto iuogo sul finire della seduta, e che quindi l'attenzione dei signori deputati non era svegliatissima. Io scorgo qui dalla Gazzetta Ufficiale che ho sott'occhio , siccome dopo il voto sullo zucchero raffinato ebbe luogo nella stessa seduta la discussione intorno agli zuccheri greggi : e la Camera ricorda con quanto calore il deputato Elena abbia sostenuta quella questione per un ribasso maggiore, contro il parere manifestato dal signor ministro delle finanze. Una prova materiale poi che l'ora non era sì tarda , emerge dalPispezione dei rendiconti della Camera, poiché dopo quel voto sono ancora registrate circa cinque colonne di discussione. Del resto, poi, io non crederei poter ammettere che sia da farsi una differenza fra i diversi voti della Camera, e che per vedere quale sia il voto più importante si debba consultare l'ora in cui fu emesso. (Si ride) Io credo che i voti della Camera, in qualunque ora della seduta sieno pronunziati, siano tutti egualmente chiari, positivi e coscienziosi, e che tutti i deputati che per qualche circostanza hanno da emettere le loro opinioni nelle Commissioni, non possono trovare norma più giusta, che uniformandosi ai voti pronunziati dalla Camera. V A L E R I O M H K M « . Domando la parola per un fatto personale. ( M o r m o r i o ) Sarò brevissimo. Egli è vero quanto afferma l'onorevole deputato Ricci. La Commissione era composta di ih membri, 13 dei quali votarono per il rifiuto assoluto de! trattato. Primo a chiedere quel voto fu l'onorevole deputato Ricci, poscia io parlai nel medesimo senso. Si venne ai voti, e siccome sedevano in quell'ufficio alcuni deputati della sinistra, anch'io ebbi qualche voto, ma, come era ben naturale, dacché la maggioranza dell'ufficio era composta di deputati della destra, fu nominato commissario il signor Ricci. Io non veggo che questo fatto sia in contraddizione con quanto io ho affermato testé. In quanto alla questione del voto della Camera, io aveva fatto notare che quel voto aveva avuto luogo verso il fine della seduta. Io ho veduto con dolore e con sorpresa che in un'ora si tarda si fosse lanciata quella grave questione sugli zuccheri, e ne manifestai il mio dispiacere allo stesso deputato Elena. Io non ho mai mostrato di credere che debbano considerarsi più validi i voti emessi in un'ora piuttosto che in un'altra ; ma ho citato un fatto che non mi sarà contrastato, che cioè la Camera qualche volta è pur troppo meno attenta nel finire che sul cominciare della seduta. Io non credo c o n c e che il deputato Ricci possa trarre da quel voto la conseguenza che, poiché la Camera ha fatto la concessione sugli zuccheri, dovesse intendersi legata ad egualmente cedere per riguardo ai cotoni ed alle lane. Se la cosa stesse così, il signor ministro avrebbe proposto la stessa diminuzione sulle stoffe di lana e di cotone. Riservando invece questa proposta, il signor ministro ne calcolò l'importanza, egli cioè riservava alla Camera un'arma commerciale ed importante nelle future trattative possibili colla Francia. P B E g i D E i T E . La parola è al deputato Brofferio. B R O F F G R I O Signori, io stava interrogando me stesso sopra il giudizio che avrei dovuto portare in questa contingenza. Le osservazioni dei miei amici politici mi parevano forti e convincenti, tuttavolta ragion voleva che io stessi in guardia , perchè troppo facilmente si crede a ciò che si desidera — 2980 — atgtaaasBaagea^ ME^ gBgaHiHMiMtBii^ M *iiniiimi g j j g g ^ g ^ ^ g ^ ^ ^ g g g g g j g g g g g g g j g j g j g g ag g j g j g j j i i m m m w w m m i CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1851 e si spera; ma allorché attentamente esaminando la relazione della Commissione vidi posto in piena luce non meno il danno che l'ingiustizia dei trattato, cessarono le mie dubbiezze e il mio giudizio fu pronunciato. Ma che? Il signor Avigdor, relatore della Commissione, nella tornata di ieri, con mia grande sorpresa, si fece egli stesso a combattere la relazione sua ; e per tal inodo mi troverei in un inestricabile laberinto se dovessi ancora fondare il mio avviso sui ragionamenti della Commissione. Io cercherò pertanto di sottrarmi all'incertezza in cui mi ha posto ii signor Avigdor, mettendo in confronto il relatore della Commissione coll'oratore della Camera ; e trovandomi in qualche bivio, non potrò uscirne meglio che combattendo i suoi argomenti orali co'suoi argomenti scritti ed appellandomi dal signor Avigdor della Camera al signor Avigdor della Commissione. {Viva ilarità) Ci assicurava ieri il signor Avigdor che il trattato colla Francia è supremamente giusto. Io che ho attentamente esaminata la sua relazione, ho in mente ancora le parole colle quali ne ha proclamata la suprema ingiustizia. Aveva egli torto quando scriveva, o quando parlava? La Francia, egli diceva, si è lasciata una porta aperta per avere diritto a imporci le condizioni che ora ci sono presentate : nell'articolo ÍÜ dell'ultimo trattato, egli soggiungeva, la Francia stipulava per sè una riserva dalla quale noi siamo vincolati ; quindi a buon diritto ella chiede l'esecuzione dei patti stipulati. Queste parole mi farebbero disperare della nostra causa se non avessi sott'occhio la relazione in cui il signor Avigdor si esprime bea diversamente. Infatti, dopo avere allegate le pretese della Francia appoggiate all'articolo il signor Avigdor si affretta a rispondere che « le même article 1Üporte cependant une clause essentielle qui j selon votre Commission ne peut être combattue que par un raisonnement paradoxal : en effet cet article ajoute: les concessions, si elles sont gratuites d'une part, seront gratuitement concédées d'autre part: si les concessions ont été conditionnelles, on donnera la même compensation ou l'équivalent. » Come mai il signor Avigdor dopo avere affermato che l'articolo ih porta una clausola in favor nostro, cui non si può combattere che con paradossi, potè ieri affermare che le ragioni della Francia erano giustamente fondate sullo stesso articolo? Continuando su questo metro il signor Avigdor si fa espositore dei diritti del Piemonte, a combattere le pretese della Francia, e soggiunge: « Toutes ces objections, votre rapporteur en convient, loin d'être spécieuses, sont presque incontestables. » Come mai queste ragioni incontestabili, divennero ora per il signor Avigdor contestabilissime? Andiamo avanti. Parlando dei mutui riguardi che soglionsi avere le nazioni incivilite, il signor Avigdor così si esprime nella sua relazione: « Ces précédés son gravés dans chaque ligne du Code des nations civilisées. « La France qui est au premier rang parmi celles-ci, les connaît et les pratique et pourtant la rigueur excessive en traitant avec notre Gouvernement, ne s'en est point affaiblie. » Per ultimo, quantuaque il signor relatore dichiari ingiusto il t attato, ci invita ad accettarlo con rassegnazione. E perchè? Eccolo il perchè: & Sachons montrer que l'accomplissement de ce devoir n'excite chez nous aucune plainte qu'il ne provoque aucune réflexion amère, qu'il ne nous cause qu'un regret, c'est que dans la balance de la justice le Gouvernement français paraisse faire entrer pour si peu de choses les sympathies d'une nation petite, il est vrai, mais pénétrée de son droit et de sa dignité! » Il dolore d'ingiuste pretese e di modi imperativi troppo palesemente si scopre dalle citate parole ; e non so come il signor x\vigdor abbia potuto così di repente sostenere in seno alla Camera il contrario di ciò che aveva dichiarato in seno alla Commissione. Dalla giustizia passando all'utilità del trattato, il signor Avigdor si trova di continuo nella stessa contraddizione. Ieri egli dichiarava che il trattato ci è utilissimo, che la Francia era venuta dove noi l'attendevamo (était venue sur notre terrain) eche il profitto della convenzione era tutto nostro. Io torno'a consultare la relazione e trovo queste espressioni: «Chose étrange; quand nous nous plaignons et avec raison des minimes concessions que nous fait le Gouvernement français, celui-ci croit au contraire nous combler de faveur. » Si può parlare più chiaramente per lamentare l'ostinatezza dei negoziatori francesi e delle meschine concessioni a noi fatte? Che più ? Dopo molte altre considerazioni del medesimo tenore, il signor Avigdor, proclamata l'ingiustizia del trattato, ne proclama altamente il danno ; ed io chiedo alla Camera se, dopo una simile dichiarazione, io mi possa disporre ad accettare questo nuovo trattato. Se non che il signor Avigdor, dopo averci provato che questo trattato è inaccettabile dal Iato della giustizia e dell'utilità, ci vuole consigliare ad accettarlo per alte considerazioni politiche. Entrando in quest'arduo aringo, esso ci dice: « Les ennemis de nos institutions ont exagéré notre amour pour la liberté, ils nous ont signalés à l'Europe entière come capables de bouleverser le monde pour atteindre la seule satisfaction de fermenter des révolutions. » La prima considerazione del signor Avigdor è dunque che il nostro Governo è in voce di demagogico, e per conseguenza ha bisogno di molta sapienza e di molta prudenza, onde ricuperare i perduti allori di moderazione. Possibile che queste cose ci sian dette seriamente? Noi non abbiamo che a guardare il banco dei ministri per vedere di qual tempra siano gli infuocati demagogi che vogliono sconvolgere il Piemonte e sovvertire l'Europa. (Ilarità generale) Noi sovvertitori! Noi rivoluzionari! Noi, proprio noi, siamo quelli che turbiamo i sonni delle potenze europee* perchè abbiamo ministri che, nuovi Gracchi, aspirano a proclamare la legge agraria? (Nuova ilarità) Eh via ! Nessuno si burli di noi che stiamo così penosamente dibattendoci fra le difficoltà dello Statuto. Di che altro siamo colpevoli noi, battuti e burlati, che di conservare religiosamente l'eredità degli antichi pregiudizi, e degli antichi abusi, e delle gravezze antiche? Qual altro è il peccato nostro, che di non avere nemmeno il tenue coraggio di qualche riforma che ei guidi con sicuro passo sulla via del progresso? Che altro vogliono da noi costoro che ci chiamano demagoghi, per ottenere la loro benevolenza, che la nostra impotenza di ordinarsi a libere leggi, ed a popolari ordinamenti, sino al punto di non aver ancora potuto nemmeno comporre a difesa della patria la milizia nazionale? E mentre ci trasciniamo così penosamente per oscura via, avvi in Europa chi osa calunniare i nostri ministri, chiamandoli anarchici, demagoghi, socialisti! Oh, per verità, la parodia è troppo forte! (Ilarità e segni di approvazione) TORNATA DEL 28 GIUGNO 1851 Ma da chi ci vengono queste ridicole invettive? Rallegriamoci. Esse ci vengono dagli Hainau, dagli Antonelli, dai Montaiembert, dai Navarro, dai Romieù, dai D'Arlincourt, smore e delizia del re di Napoli, e della Corte papale di Roma. Schiaomzino pure costoro contro di noi a lor posta ; anche quando accusano un Governo di cui siamo dichiarati avversari non possiamo a meno di sentirci l'anima accesa da indegnazione italiana, e diciamo a costoro, che il loro mentire ci onora, ed accettiamo le loro calunnie coa^e un premio della nostra lealtà ed una punizione delle loro arti vigliacche. {Vìvi applausi) Ma il signor Avigdor non si arresta a queste considerazioni ; va più oltre, e dice : il Piemonte si trova in necessità di avere un alleato, il Piemonte non può starsene isolato e deserto ; e perchè ? Perchè si trova in mezzo a due forti e potenti vicini; ecco le testuali espressioni del signor relatore: « C'est une situation périlleuse pour un pays qui ne peut vivre et exister sans appui, sans alliance, qui ne peut vivre isolé. Permis à des nations comme la France, comme l'Angleterre, permis aux grandes nations européennes, de vivre sans alliances politiques. Sûres de leur puissance, elles défient les événements. Mais quand la nature a posé un petit royaume entre deux voisins, trop puissants, même pour sa sécurité et sa tranquillité propre; quand sa population, sa situation topographique , sa condition, son commerce, ses intérêts lui font une loi de choisir une alliance, de la rechercher, l'isolement deviendrait dans ce cas une faute grave, irréparable, en politique. » Il signor Avigdor s'inganna: prima di tulio io stabilisco in massima, che quando un popolo, per quanto non sia grande in numero, si porta degnamente, fortemente nella linea dei suoi diritti e de'suoi doveri, egli deve sfuggire le alleanze, poiché l'alleato forte (è storia antica) divora o tosto o tardi l'alleato debole. Appunto perchè ci troviamo fra la Francia e l'Austria, forti e rivali potenze, noi non abbiamo bisogno di alleati. La Francia cogli occhi sempre aperti sull'Austria, non permetterà mai che ella invada il Piemonte, come l'Austria non permetterà mai che la Francia si rovesci sul suolo subalpino. Questi due grandi avversari, non per amore che abbiano di noi, ma per proprio vantaggio, sono costretti a farsi mantenitori dell'integrità del nostro territorio, e quando l'uno o l'altro di essi noi volesse, sottentrerebbero gli interessi e le gelosie dell'Inghilterra, della Prussia e della Russia. Questo fu il segreto politico della Casa di Savoia, la quale sapendosi tenere con dignità in giusta lance tra l'una e l'altra di queste due potenze, ebbe campo ed opportunità a stendere la sua dominazione ed allargare le terre a lui soggette. Le considerazioni adunque per cui vuole il signor Avigdor che noi stringiamo alleanza colla Francia sono quelle che ci consigliano a non essere alleati di alcuno che della causa italiana e di noi stessi. Il coraggio^ la perseveranza, la longanimità siano la nostra virtù, la nostra forza sino a che arrivi il giorno in cui ogni piemontese sia soldato, ogni cittadino sia guerriero; in quel dì il Piemonte cesserà di essere una piccola nazione, perchè ognuno di noi saprà personalmente difendere ogni siepe, ogni fossa, ogni casa, ogni muro (Snsurro), e lo straniero troverà in Piemonte tanti combattenti quante sono libere braccia e liberi petti. Proseguendo il signor Avigdor nel suo ragionare, osserva che il Piemonte non può trovare miglior alleato della Francia. Non provata la necessità di un'alleanza, è distrutta la necessità di prostrarsi al Governo francese. Ma se a me sono sempre sospette le alleanze dei forti è ? sospetta più che mai, anzi è più che mai ripugnante l'alleanza coi reggitori della moderna Francia. Il deputato Valerio con fatti storie! e con assennate osservazioni mi ha, già da ieri, prevenuto su questo terreno: quindi io tacerò dei negati soccorsi ai feriti e ai colerosi di Venezia, delle torture imposte alla Sicilia, dei traditi patti e delle crudeli aggressioni a piè del Campidoglio, tacerò delle interne reazioni, e delia mitraglia nelle vie di Parigi, e delle ipocrisie di chiostro in Parlamento, e delle brutali violazioni delle leggi fondamentali, e delle sfide incessanti al progresso e alla ragione umana sino al punto di farci assistere alla condanna di un illustre pubblicista per avere, scrivendo, mancato di rispetto alla ghigliottina; e tacerò ancora delle persecuzioni diplomatiche contro PIfalia, e de'suoi sdegni contro di noi per le bene incominciate lotte colle immunità di Roma, e delle malefiche influenze in Piemonte e nella Svizzera sopra l'ospitalità troppo dovuta alle italiche sventure; tacerò di tutto questo, ma per conchiudere altamente che un simile alleato non si può senza ribrezzo accettare da chi ha in petto cuore italiano. Alle accuse del signor Valerio contro il Governo francese, come rispondeva il signor Avigdor? Non vuoisi, diceva egli, alimentare le antipatie fra popolo e popolo, che hanno origine dal medio evo. E che hanno da far qui le antipatie del medio evo! Ben iungi dall'essere avversi alla Francia, i Piemontesi furono sempre accusati di avere soverchio affetto per la nazione francese. Il nostro risentimento, la ripugnanza nostra nascono da ben altra cagione; nascono dagli atti brutali che vennero in ogni tempo consumati a strazio della misera Italia ; non è antica antipatia Ja nostra attuale avversione, è il lamento della vittima che sta col collo incurvato sotto il coltello del manigoldo, è il gemito dell'infelice che vede sgorgare il proprio sangue e maledice la mano che lo ha trafitto. (Bene ! a sinistra ) Soggiungeva i! signor Avigdor : Si demain nous fussions attaquès, la Frante nous défendra. Aquesto punto non potei trattenere un legittimo sfogo; e contro il regolamento (del che chiedo perdono al signor presidente) ( Ilarità) mi alzava gridando che la Francia quando fu tempo non ci ha aiutati mai iosts. Ha aiutato Roma. bkoffekìo. L'aiuto di Roma, quello sì non ci mancherebbe, l'aiuto del ferro e del fuoco, delle baionette e della mitraglia contro i nostri petti e le città nostre, quando avessimo un pietoso papa che lo invocasse, (Si ! si!) Nè io fo di questo imputazione al popolo francese. Io accuso quei governanti che del popolo francese così grande e così generoso fecero iniquo straniente della loro ambizione. Costoro, interrogate le storie, furono sempre il flagello dell'Italia. Quando penso a Carlo d'Angiò, ricordo i Vespri siciliani; quando penso a Carlo Magno, ricordo le simonie papali ; quando penso a Carlo VIII, ricordo i saccheggi di Roma, di Napoli, di Firenze ; quando penso a Napoleone Bonaparte, ricordo il trattato di Campoformio; quando penso a Luigi Filippo, ricordo gli spergiuri del non intervento ; quando penso a Luigi Bonaparte ricordo le repubblicane falangi condotte allo sterminio nella repubblica romana. (Bravo l Benel ) 0 forte, o grande popolo francese, come mai potesti chinarli sotto il giogo di perversi uomini così indegni di comandarti ? Ah, se dopo tanti sacrifizi, tante lagrime e tanto san- gue tunon potessi ancora liberamente costituirti, è perchè 29S2 CAMEBA P E I DEPUTATI tu sconti il peccato di non avere rispettato sempre la libertà degli altri. (Bravo\ bravo!) Quando io interrompeva il signor Avigdor, egli mi rispondeva dicendo: cbe la Francia dichiarava che ci avrebbe difesi se fossimo stati assaliti; che invece essendo stati noi assalitori, non ci poteva difendere. Ho sotto gli occhi i documenti che furono pubblicati in Ing h i l t e r r a , da cui ci pervennero luminose v e r i t à ; e per quanto io sia nemico della diplomazia, questa volta mi sento in obbligo di ringraziarla Da questi documenti io ricavo che da Parigi nel 1° agosto 1848 lord Normanby dopo avere, per lettera, assicurato lord Palmerston che a Parigi nessuno desiderava guerra e conquiste, soggiungeva di aver conferito col generale Cavaignac, il quale così gli rispondeva : « Quanto all'Italia (Sono parole testuali dell'ambasciatore b r i t a n n o ) non vedo ragione per inviarvi un esercito alla sola richiesta di Carlo Alberto, » ed in quanto ai popoli italiani, tutte le informazioni giuntegli in quel momento, non gli dimostravano « esservi desiderio dell'intervento francese in alcun tempo che meriti il nome di partito. Ma che se questi rovesci cagionassero il ritorno del dominio austriaco, creerebbero un sentimento diverso nel popolo, e che se in conseguenza di un'operazione militare o imminente rovescio giungesse un appello popolare degli Italiani per soccorsi le cose muterebbero d'aspetto. » L'appello fu fatto e le cose non mutarono d'aspetto ! ! E ciò non basta. Abbiamo un'altra lettera del signor Normanby in data del 7 agosto, colla quale informa lord Palmerston di altro colloquio avuto col generale Cavaignac, il quale gli diceva che « nulla poteva giustificarlo, quando probabilmente Milano era sul punto di ricadere in potere degli Austriaci, dal trattenersi di far subito agire il telegrafo pel pronto adempimento della domanda di Torino. Vengasi di qui se le promesse della Francia fossero condizionate'. Si persuada il signor Avigdor che il generale Cavaignac non fu mai scarso di p r o m e s s e ; ma quando venne il tempo di mantenerle, invece di armi e di a r m a t i , cj regalò una burlesca mediazione, la quale si risolveva come una presentazione teatrale, in cui ride l'appaltatore dietro il sipario, e chi paga è il rispettabile pubblico e l'inclita guarnigione. ( Ilarità generale e segni d'adesione ) E quand'anche le condizioni rammentate dal signor Avigdor fossero v e r e , qual giustificazione ne avrebbe la Francia ? Il Governo francese non teneva egli alzata la bandiera repubblieana? Chi lo invocava, non era un popolo straziato ed oppresso dalla tirannide s t r a n i e r a ? Se il Governo francese avesse voluto tener fede alle promesse, invece di cercare pretesto di condizioni, di riserve e di altri diplomatici g a r bugli, avrebbe snudata la spada e sarebbe accorso. Quando un Governo vuole veramente la conservazione della propria libertà, e della libertà degli altri popoli, non cerca p r e t e s t i , non mendica scuse ; allora si discendono in fretta le Alpi, si varcano i fiumi, si corre sul campo, si combatte, si vince: questo era il sacro debito della repubblica francese ! E dopo l'abbandono in cui ci lasciava, dopo le spedizioni, gii assedi, gli assalti, noi bacieremo umilmente quella destra, che si è insanguinata nel sangue dei nostri fratelli? Mai! Che dirò ora della questione interna sollevata dal relatore della Commissione? Poco a dir mi rimane. Gettata in questo dibattimento la questione di Gabinetto, dichiara il signor Avigdor, non avere il coraggio di mettersi a rischio di allontanare dal potere il signor ministro delle finanze, in cui stanno la prosperità} i destini! la felicità del p a e s e ; ecco le — SESSIONE P E L 1851 sue parole: « Nous entrons à peine dans une ère nouvelle; nous venons d'accomplir une grande réforme économique, nous avons approuvé un système financier nouveau, inconnu jusqu'ici au pays. » Poi soggiunge esservi necessità del signor ministro di finanze « à poursuivre ces opérations à peine ébauchées, et du mérite desquelles la nation sera plus tard juge. » Si metta il signor Avigdor d'accordo con se medesimo. Come può essere opera appena abbozzata la grande riforma che un momento prima diceva essere compiuta? (Risa ge~ nerali ) Il signor Di Cavour, rispondendo al signor Valerio, diceva con molta svegliatezza di ingegno, cbe la questione di Gabinetto prova che nè egli, nè i suoi colleghi si credono indispensabili al paese. Egli ha ragione : nessuno quaggiù è indispensabile; non lo era neppure Napoleone Bonaparte, il quale moriva solitario sullo scoglio di Sant'Elena, e al morir suo non si turbava la terra nè più, nè meno che alla caduta di una foglia da deserto albero. Dicesi cbe il mondo va da sè ; e bisogna pure che sia così, perchè se il mondo dovesse andare a grado degli uomini, affé d'Iddio, andrebbe molto male. Ho tuttavia un piccolo dubbio che il signor ministro delle finanze eá i suoi colleghi, gettando così di frequente nelle controversie parlamentari la questione di Gabinetto, abbiano di se medesimi un concetto alquanto diverso. Non sarebbe forse per sapersi o per credersi indispensabili, che essi vogliono imporre aHa maggioranza trattati, leggi e provvedimenti che senza di ciò non sarebbero accolti? Ma via, non solleviamo un velo che cuopre intimi arcani ; e preghiamo i signori ministri a lasciarci deliberare d'ora in poi nella piena libertà delle coscienze senza turbare i nostri deputati della maggioranza coHe solite larve di sconvolgimenti ministeriali. Come possiamo noi gettare liberamente il nostro voto nell'urna senza atterrirci all'immagine del signor ministro delle finanze che col suo portafoglio sotto il braccio si disponga a darci un lacrimoso addio? (Risa generali) Checché ne sia, non è mio costume di intenerirmi per ministeriali svenimenti ; e il mio giudizio è pronunziato. E in omaggio alla giustizia che respingo un trattato ingiusto; è in omaggio agl'interessi della patria che respingo un trattato dannoso; è finalmente in omaggio al popolo francese che io respingo un trattato col Governo di Francia. (rivi segni di approvazione) âvieooR, relatore. Messieurs, l'embarras qui était grand hier quand je devais venir défendre devant vous le traité, doit être encore plus grand aujourd' hui quand j e dois entrer en lice avec un des premiers orateurs de la Chambre. Avant d'entrer dans toutes les questions un peu personnelles auxquelles un membre de cette Chambre a voulu toucher, j e dirai un mot sur une appréciation qu'il a cru devoir faire. Une comparaison faite par moi hier dans cette enceinte tirée de Sophocle, a paru froisser un des membres de la Chambre. J'avoue franchement que si j'avais pu ¡»'imaginer que l'on vint dans cette enceinte critiquer un député de ce qu'il puise des exemples dans l'histoire grecque et romaine, j e ne pouvais m'attendre que cette censure pût partir du côté d'où elle est venue. Mais quoi qu'il en soit de ces critiques, de ces censures, pour mon compte, j e n'oublierai pas dans eette discussion de suivre le système de modération qui est pour moi une règle invariable de ma conduite, cl gui §§! TOIINATA DEL 2 8 une règle pour tous les membres appartenants à des Assemblées parlementaires. Au surplus, qu'on sache que ces épithètes comme ces sarcasmes ne peuvent ni m'atteindre ni me blesser, et que quand on me les adresse, j'ai toujours la velléité de répondre ce que répondait M. Guizot à des personnes qui le calomniaient dans la Chambre dés députés: Vous pouvez amonceler insultes sur insultes, calomnies sur calomnies, vous n'arriverez jamais à la hauteur de mon dédain. (Rumori a sinistra) L'honorable M. Brofferio a bien voulu supposer qu'il y avait contradiction entre le rapport que j'ai eu l'honneur de présenter à îa Chambre, et le discours que j'ai prononcé hier. Il connaît trop bien l'histoire pour ne pas connaître cet aphorisme qu'avec deux lignes d'un homme, on peut le faire pendre. Il n'est pas difficile avec l'esprit subtil et adroit de M. Br jfferio, de trouver des contradictions entre ce que j'ai dit hier et ce que j'ai écrit un jour a v a n t ; mais, pour moi du moins, cette contradiction n'existe pas , et j'ose espérer qu'aux yeux de plusieurs de mes collègues elle n'existe pas davantage. Elle n'existe pas plus qu'elle n'existe dans la consultation que donne un médecin. Le médecin, après avoir étudié ia maladie, après l'avoir analysée, après l'avoir considérée sous toutes les phases, déclare son opinion, ordonne les remèdes, et s'il se bornait à parler du mal sans indiquer les remèdes, il ne pourrait être accusé que d'être un mauvais médecin , surtout s'il cachait l'état réel du malade. Pour moi, je m'imaginais accomplir les voeux de la Chambre en lui exposant le bien et le mal, le fort et le faible de ce t r a i t é ; et après l'avoir présenté, sous toutes ses faces, je disais qu'il était acceptable, qu'il devait être accepté. Tel était mon avis. Avant d'entrer dans la question politique, il faut que j e revienne à la question de chiffre. Je disais hier que les avantages de la balance commerciale étaient en notre faveur. Aujourd'hui on me répond qu'il ne peut en être autrement, car la France sera toujours obligée de recourir à nous pour se procurer des soies. Messieurs, de telles assertions sont tout-à-fait erronées. En effet, lorsqu'une place de consommation ne trouve pas dans un lieu déterminé ce dont elle a besoin 3 elle va s'approvisionner ailleurs. Croyez vous que si la Franee n'avait pas les moyens de recevoir les soies du Piémont,, la France ne saurait pas en tirer de la Chine, des Indes, de l'Egypte, de tous les pays de production du monde? Ceci est naturel: tout le monde le comprend. Si notre produit ne pouvait pas pénétrer en France, cela n'arrêterait pas son commerce ; elle irait chercher ailleurs ce dont elle a besoin. Je le répète, l'empêchement à l'introduction de nos produits chez elle, n'arrêterait nullement son élan commercial. Nos importations en soie grége en France n'entrent que pour une bien petite partie dans le chiffre de sa consommation générale. Qu'on me permette de citer des chiffres. Nous exportons en France, en soie crue grége . . . . . kilog. 531,454 En soie crue moulinées a 777,939 En douppions » 1,061 En moresque » 443,794 En qualités diverses » 94,680 ce qui donne en tout un milion e demi de kilogrammes environ. On voit donc par ce chiffre que cette quantité ne peut suffire à la fabrication de la France, et que la soie que nous lui fournissons n'est qu'une partie minime de celle GIUGHO 1851 nécessaire à ses fabriques. Or, si nous entrions dans un système d'hostilité avec la France, ce n'est pas la France qui en souffrirait, c'est nous qui en ressentirions les plus mauvais effets. L'honorable M. Brofferio nous dit que, par des considérations politiques, nous devons repousser ce traité. A cet égard, qu'il me permette de lui répéter que nous aurions dû plutôt repousser le premier t r a i t é ; mais que celui dont il s'agit, étant une conséquence du premier, il faut absolument que nous l'adoptions. C'est en force de l'article 14 du premier traité que la France demande des concessions qu'elle a droit de revendiquer. Il est sûr qui si l'on voulait mettre, dans les affaires commerciales, cette rigidité puritaine de l'honorable M. Brofferio, on pourrait déclarer hautement que peu importe à la Chambre les intérêts de l'Etat sacrifiés, les affaires commerciales arrêtées la ruine complète du pays; que tout cela arrive, pourvu que nos principes triomphent. Je ne crois pas qu'une nation serait bien avancée, bien prospère, bien riche, si elle avait, pour la gouverner, des hommes aussi absolus. Pour moi, je suis d'avis qu'il faut lui donner de la force, de l'énergie pour lui faire supporter les nouvelles variations politiques qui peuvent surgir ; il faut qu'elle ait de l'énergie, de la force, qu'elle soit dans un état prospère, et qu'elle devienne nation commerciale, parce que le commerce est vraiment la source naturelle la plus positive, 1a plus puissante des Etats. Maintenant messieurs, je laisse cette question commerciale de côté, parce que j e crois que ce n'est pas celle qui captive le plus l'attention de la Chambre; et je passe à la question politique, qui est le terrain sur lequel l'honorable M. Brofferio a bien voulu m'attirer. M. Brofferio a dit, je crois, que la France n'avait pas avancé lorsqu'on l'avait demandée, qu'elle n'était point venue en notre secours. Si l'honorable préopinant veut bien aller consulter les notes diplomatiques de cette époque, il arrivera peut-être à avoir la conviction positive que les offres de la France furent alors repoussées, et que l'opinion général était que l'Italie ferait ses affaires sans l'appui étranger. (Mormorio a sinistra) Peut être j'erre ; mais si j ' e r r e , c'est de bonne foi; car il me semble que mes souvenirs sont fidèles à ce sujet. Aujourd'hui M. Brofferio disait que, si la France voulait avancer, l'Autriche se trouvait là pour l'en empêcher, que si l'Autriche voulait nous attaquer, la France se trouvait là pour nous défendre. Ainsi, ces deux Etats sont continuellement pour nous, selon lui, deux barrières infranchissables, nous n'avons rien à craindre ni d'un côté, ni de l'autre; nous sommes certains de jouir de la plus complète tranquillité; nous pouvons vivre en toute sûreté. Je suis étonné qu'une opinion aussi singulière soit émise par un homme aussi versé dans l'histoire de l'Europe que l'est M. Brofferio. Un pareil argument dans toute autre bouche m'eût moins surpris; chez lui ce sera faut d'intention, mais j'avoue ne pas le comprendre. Je le demande à l'honorable orateur : n'est-ce pas dans cette illusion que s'est levée longtemps la Pologne? n'estce pas dans cette illusion que s'est levée Cracovie? Ces deux Etats ne disaient-ils pas: l'Autriche ne permettra pas que la Russie nous attaque, et la Russie ne permettra pas que l'Autriche envahisse notre territoire? Malheureusement ils dûrent s'apercevoir que l'antagonisme autrichien et l'antagonisme russe, sur lequels ils comptaient pour vivre dans une douce quiétude, n'était qu'une chimère; car ces deux empires 8 - 2934- — . mi III. 1 1 » « » » —— Mi i III l i m i — M i l — — — m i n w —a m m m m h—i i i i i i CAMBRA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1851 supposant, leur tranquillité intérieure compromise par les idées, lés pensées et les opinions qui se faisaient jour en Pologne, s'unirent", S'entendirent pour effacer de la carte du monde le nom de royaume de Pologne et de république de Cracoyie. Ils firent taire, pour' y i éùssir, et leur anthipatie particulière, et leur antagonisme, et cimentèrent une union plus étroite sur les dépouilles opimes de ces deux Etats. Et comment avec de tels exemples sous les yeux, l'honorable monsieur Brofferio pouvait-il venir nous dire que si la France Venait à s'armer, l'Autriche serait là pour l'en empêcher, et que âi l'Autriche venait nous attaquer, la France serait là pour nous défendre quand même? Quand je réponds à ces considérations ne croyez pas, messieurs, que je les suppose sérieuses ; au contraire, je Crois qu'en les soulevant nous ne faisons que faire perdre un temps précieux â la Chambre. Ce que j'ai dit hier je le maintiens aujourd'hui encore ; la France est prête à nous défendre quand on voudrait nous arracher nos libertés, et nous empêcher (fe vivre selon le Statut: voilà ce que j'ai dit hier, ce que j'ai répété et Ce que je répète aujourd'hui encore, parce que j'en suis convaincu. Maintenant sans trop prolonger cette discussion et sans répéter tes arguments que j'ai mis en avant hier, je veux répondre quelques mots à propos de la question intérieure. Mais avant d'entrer dans ces considératioes, je prie l'honorable monsieur Brofferio et la Chambre de vouloir bien me permettre d'ajouter quelques mots sur les débats qui ont eu lieu dans le sein delà Commission. Monsieur Brofferio voudra bien me permettre d'assuref que sous biens des rapports nos idée se sont rencontrées. Les observations qu'il a soulevées, je les ai également présentées dans îe sein de la Commission. Les injustices qu'il a relevées, je les ai relevées aussi bien que lui dans la Commission. S'il y a quelqu'un qui dès le premier moment aif été prévenu contre ce traité, c'est moi, je l'avoue. Je fais un appel au témoignage de mes honorables collègues; je ne crains pas le dire solennellement devant les autres membres de la Commission, persuadé de leur loyauté. Aussi de prime abord je me suis déclaré contre le traité. Si plus tard je l'ai approuvé, c'est parce que j'ai mûri profondément les avantages et les désavantages. J'ai examiné les chiffres, étudié attentivement les questions intérieures et extérieurs, et je ne me suis pas renfermé dans une obstination intraitable; je ne me suis pas drapédans un manteau de victime; je ne me suis pas dit que dès l'instant que ce traité paraissait peu acceptable de premier abord, il fallait le repousser parce qu'il était mauvais, inacceptable. Non, je le répète encore, je n'ai pas ce rigorisme. Je crois que les hommes et principalement les hommes d'Etat, les hommes politiques peuvent apporter quelques modifications dans leurs opinions. Je crois qu'il est quelquefois insensé de vouloir persister dans un principe quand votre raison, quand votre conscience vous avertit que ce principe est exagéré. Je crois qu'un homme équitable doit revenir sur une pensée lorsqu'il s'aperçoit que cette pensée est mauvaise, et proclamer lui-même son erreur. C'est ce que je fais, messieurs. J'ai un moment regardé ce traité comme inique, et je l'ai jugé avec beaucoup de rigueur. Mais après avoir donné cours à toutes mes réflexions, après avoir mieux envisagé la question, j'ai reconnu que ce traité était admissible, et que nous devions l'admettre parce que nous nous y sommes engagés par le traité du 5 novembre 1850. Puisque nous avons proclamé dans celte Chambre la liv berté de commerce par la révision du tarif des douaues, puisque nous avons ouverts nos ports à tous les Etats, puisque nous voulons que le consommateur puisse jouir dans toute son étendue des bénéfices résultant d'un abaissement de droits, puisque nous avons volu tout cela, eh bien! La conséquence est naturelle, est rationnelle. Par suite de ce principe admis dans notre législation, on nous demande l'abaissemente de droits sur certains articles quand nous l'avons promis, quand nous nous y sommes engagés. Messieurs, hier M. le ministre de finances, en répondant à l'honorable M. Valerio parlait de ses convictions particulières. J'estime hautement la délicatesse qu'il a mis à ne pas s'appesantir sur ces considérations toutes personnelles ; mais dans ma position je dois agir autrement, puisque c'est moi qui ai avancé dans le rapport ces considérations et qui ai engagé la Commission à persister dans l'acceptation de ce traité, plus particulièrement s'il devait nous conduire à une crise ministérielle. Certes, quand je dirai quelques mot en* faveur de M. le ministre, quoiqu'il n'ait pas besoin de mon* appui, on sera persuadé que ce n'est pas un sentiment exagéré de sympathie qui me fait parler. Mais M. Brofferio (que je rois avec regret horg de sa place) disait, qu'il n'y a personne d'utile; il disait: les réformes économiques ont été faites, donc si elles sont faites, vous n'avez pas besoin de M. le ministre... Foci a sinistra. Non ha defêo qaesto. 4VI6DOR, relatore... et il croit me mettre en contra^ diction avec moi-même parce que mon rapport dit que M. le ministre n'a fait qu'ébaucher ses opération«. Non, messieurs, j'ai distingué les opérations économiques et les opérations financières. J'ai dit que les opérations économiques avaient été accomplies; cela est vrai; elles Je sout par la réforme du tarif des douanes, elle le sont par la proclamation de la fiberté du commerce. Les opérations financières par contre n'ont été qu'ebauchées; cela est une vérité incontestable parce que M. le ministre s'occupe actuellement d'appliquer son système, de faire ses opérations. Messieurs, l'on ne peut pas supposer que ces parole» soient dictées par un zèle trop empressé, et même je suis fâché de blesser ici la modestie de M. le ministre des finances, mais je crois que dans ces circonstances sa présence est utile, nécessaire, indispensable. Il est impossible qu'a® homme qui a des connaissances financières, puisse en ce? moment désirer que M. le ministre des finances sorte du Cabinet, car ce ministre a pris chez nous l'initiative des réformes commerciales, parce qu'il a inauguré un système nouveau, parce qu'il nous a poussé vers un progrès, et que non content d'aller chercher ses exemples en Angleterre,. H s'appuye encore sur l'exemple des Etats-Unis, qui en fait de finances est le plus avancé de tous les pays. Un tel homme ne doit pas abandonner sa position, ne doit pas confier à d'autres l'accomplissement de ses projets. Non, messieurs, vous ne trouveriez pas un homme d'Etat qui voulut accepter avec connaissance de cause et sous bénéfice d'inventaire l'héritage du ministre des finances actuel. Un autre pourrait avoir un système opposé à celui du ministre actuel, un autre pourrait avoir un système approchant, mais avec des vues moins étendues et moins hardies. Et si aujourd'hui un autre arrivant au Ministère avait la velléité de renverser ce système, si ce ministre nous disait; ce système est trop réformateur, trop hardi en fait de* fi« nances, dans quel état nous trouverions-nous? Pourriez vous retourner en arrière? Nqn. Ainsi l'honorable M.Brofferio doit _ 2935 — TORNATA DEL 28 GIUGNO 1851 comprendre dans quel sens j'ai fait entendre que le ministre actuel de linances est nécessaire au Gouvernement. Eh bien! ce n'est point une absolution que j'ai voulu que la nation accorde au ministre des finances, c'est au contraire Un mauvais service que je crois avoir rendu à M. le ministre. Je me suis hautement prononcé dans le sein de la Commission afin que M. le ministre conserve son portefeuille, afin d'éviter toute détermination qui l'aurait obligé à l'abandoner. (Susurro a sinistra) Puisqu'il a commencé, il est juste, il est logique que M. le ministre achève son oeuvre. Voilà, messieurs, pourquoi j'ai soutenu dans mon rapport qu'on a cité encore aujourd'hui devant vous, que la présence de M. le ministre dans le Cabinet était nécessaire, et voilà pourquoi je soutiens encore qu'elle est utile et indispensable. Si dans quelques mois, ces opérations sont accomplies, si dans quelques mois, M. le ministre les a terminées, alors vous pourrez refuser votre confiance à M. le ministre, et je suis bien sûr qu'il ne se fera pas prier pour laisser ce banc de douleur; il vous remerciera même de l'avoir déchargé de la plus haute responsabilité que puisse avoir un ministre en face de la nation et devant l'Europe entière: car l'Europe entière a les yeux tournés vers nous; elle considère attentivement la marche que nous suivons dans la voie nouvelle dans laquelle nous nous sommes lancés. Puisque nous sommes entrés dans la voie des réformes financières et commerciales, nous ne devons pas empêcher, par un vote précipité, que ces réformes s'accomplissent et donner raison à ceux qui proclament que ces réformes sont impossibles. Un des honorables préopinants a dit qu'il fallait repousser ce traité parce qu'il est contraire à la dignité du pays. Je déclare ici que la Commission n'a aucune pièce en main, aucun protocole, aucune correspondance, qui aient pu l'éclairér sous ce rapport et lui faire imaginer que la France avait voulu imposer ce traité d'une manière peu courtoise. La Commission a pu le supposer d'après les bruits répandus qui disaient que le clauses additionnelles au traité avaient été imposées avec des paroles un peu dures. Je répète que la Commission n'a pas eu de preuve qui lui ait indiqué que ce traité avait été imposé. Si ce traité avait été imposé à notre Gouvernement comme condition sinequa non, pour éviter des hostilités de la part de la France, j'aurais élevé la voix bien haut pour faire repousser ce traité, et j'aurais dit: puisque vous voulez nous enfoncer le poignard jusqu'au cœur, nous refusons, nous en appellerons à l'Europe entière, au monde civilisé. j Nous montrerons qu'un peuple, justement, lorsqu'il est petit, doit doublement se respecter ; que vouloir imposer des conditions trop sévères, trop rigoureuses, n'est pas un acte digne d'Etat civilisé. Ces sentiments je les ai, et tous les membres de la Commission les ont aussi bien que qui que ce soit; et si quelqu'un d'eux avait pu entrevoir que l'honneur du pays n'était pas entièrement sauvegardé, soyez sûrs qu'à l'instant on aurait reprouvé hautement les clauses additionnelles de ce traité. Le rapporteur n'aurait plus cru nécessaire de vous faire un rapport; il se serait borné à vous dire que l'honneur national était blessé; il vous en aurait immédiatement proposé ! au nom de la Commission entière le rejet, et il aurait eu la j conviction que vous n'auriez pas hésité un instant, un mi- | nute, à le voler. | ; Donc, messieurs, l'honneur du pays est tout à-fait en dehors de ces considérations, il est tout-à fait en dehors des conditions de ce traité. L'honneur du pays a été sauvegardé; j'en ai la conviction la plus intime, car je suis persuadé que la France, malgré tout ce qu'on en dit, est incapable de blesser dans ses susceptibilités nationales, elle qui les comprend si bien, une nation envers laquelle elle montre des sympathies. J'en suis persuadé encore par tout ce que je vois ici. M. le président du Conseil qui a pris part indirectement aux négociations, m'offre la garantie de ce que j'avance. Si on lui avait imposé des conditions aux quelles il n'aurait pu se soumettre, des conditions blessantes, il aurait franchement déclaré lui-même que le traité était inacceptable. (Segni d'assenso del presidente del Consiglio) Je le répète, c'est pour moi une garantie de morale que j'ai mise au dessus de toutes les autres; et s'il n'y avait pas eu cette garantie, il y aurait encore eu la garantie de la France elle-même, et moi, qui ai été élevé dans ce pays, j'ai suivi avec trop d'attention et les actes et les pensées de ses hommes Etat, pour leur supposer une intention peu généreuse, peu cordiale envers une nation plus faible, Messieurs, encore un mot, et je ne lasserai plus la Chambre de mes observations. Il faudrait revenir, maintenant, sur la politique que la France a tenue contre l'Italie ; il faudrait parler de ce qu'elle a fait à Rome; il faudrait parler de ce qu'elle a fait en Sicile. Pour cela, je n"ai qu'un mot à dire. Je me reporte aux notes diplomatiques pour constanter qu'à l'époque de l'invasion de Rome par les Français, les Français furent appelés a Rome afin d'empêcher que l'Autriche ne s'emparât de l'Italie. (Rumori alla sinistra ; segni d'adesione alla destra) Ceci est un fait contesté, mais non un fait contestable. Peut-être si les soldats avaient été reçus en frères, les événements auraient pu changer de face. (Vivi rumori alla sinistra) Oui, messieurs, je le répète, les choses auraient pu changer de face, si les romains n'avaient pas reçu les Français avec des sentiments d'hostilité. (Nuovi rumori) Ces faits sont constatés par les notes diplomatiques. Je ne suis pas chargé de défendre ici la France. (Oh! oh! o sinistra) Ce serait ridicule, et je passerais pour être souverainement ridicule aux yeux des Français, si j'avais la témérité de vouloir m'ériger en preux chevalier, rompant des lances pour la justifier. Les actes de la France sont écrits dans toutes les pages de son histoire, et dans ces pages vous pouvez consulter un passé qui vous garantit de l'avenir. Je vous l'ai dit hier, si même vous voulez reverser le blâme sur le Gouvernement et non sur la nation, vous ne serez pas équitables, puisque je crois que le Gouvernement français ne le mérite point. (Segni d'assenso) En politique il faut considérer les événements, il faut voir les circonstances d'après lesquelles on est bien souvent obligé de modifier ses idées, ses opinions et ses actes. Si vous repoussez, messieurs, le traité qui vous est présenté vous savez tous quel est le résultat auquel vous vous devez attendre. Ce résultat est très-positif, c'est-à dire, vous porterez la perturbation dans nos affaires commerciales et financières, vous empêcherez lepays de progresser dans cette uoie, dans laquelle vous l'avez lancé, vous donnerez raison ài nos ennemis qui veulent la ruine du pays. Ce résultat est sûr et réel. Ceux qui veulent se faire des illusions, en sont les maîtres: mais ils ne tromperont pas lepays qui a les yeux fixés sur nous. (Movimento) Non-seulement vous serez affligés par un tel résultat, mais vous devrez encore voir le Ministère se démembrer. Or, c'est — 2986 — CAMERA DEI DEPUTATI — ce dém em brem en t que la Co m m is s io n a vo u lu p r é ve n ir . SESSIONE DEL 18 5 1 a u r a i e n t le d é b it d a n s le u r p a ys e t d a n s le n ô t r e , t a n d is q u e n os p r o d u c t e u r s n ' a u r a i e n t le d é b it q u e d a n s n o t r e p a ys . Si ce M in is t è r e n e fo u r n it p a s la c a r r i è r e q u e vo u s d é s i r e z, s ' il n e m a r c h e p a s p r é c i s é m e n t d a n s la vo ie q u e j e d ésir er a i Ar r i va n t a u t r a it é q u i n o u s est s o u m i s , m e s s i e u r s , v o yo n s m o i m ê m e , il m é r i t e c e p e n d a n t p o u r q u e l q u e s m e s u r e s l' a p - ce q u i s ' e s t p a s s é a ve c la F r a n c e . N o u s e n s o m m e s a u s e c o n d p r o b a t i o n d e la Ch a m b r e . M a lgr é ce s co n s i d é r a t i o n s , v o u d r i e z - t r a it é a ve c e l l e . Q u ' a vo n s n o u s fa it p a r le p r e m i e r ? N ou s vo u s r e n ve r s e r ce M i n i s t è r e ? P e r m e t t e z - m o i d e vo u s le d i r e , vio n s fa it a ve c e lle u n é c h a n g e d ' a v a n t a g e , t el q u e a- Min i- s t è r e p o u r le fa i r e a c c e p t e r p a r la Ch a m b r e , a va it d û m e t t r e ce ci n e s e r a it p a s u n a ct e b ie n r é fl é c h i . On m ' a r e p r o c h é d e p r e n d r e le s o u ve n t m e s e x e m p l e s d a n s en a va n t le s con s id ér a t ion s p o l i t i q u e s . Ma is il y a va it d éjà l' h is t o ir e g r e c q u e e t d a n s l' h i s t o i r e r o m a i n e ; m a i s , e n vé r i t é , u n e co n ce s s io n q u e n o u s a vio n s fa it e à la F r a n c e s a n s c o r - j e n e s a u r a i s o ù c h e r c h e r d e m e i l l e u r s m a î t r e s ; e t m a l g r é ce r e s p e c t i f. C' e s t le t r a i t é s u r la p r o p r i é t é l i t t é r a i r e . r e p r o c h e , j e r a p e l i e r a i à p r o p o s d e n o t r e M in is t è r e l'o b s e r - va t i o n d e c e t t e vi e i lle fe m m e d e S yr a c u s e , q u i p r ia it p o u r la c o n s e r va t i o n d e D e n ys le T y r a n , e n d is a n t s ' é t a i t a p e r ç u e q u ' e n fa it d e t yr a n on a lla it en p is , q u ' o n s a va it ce qu'on q u i p o u r r a i t ve n i r . (Si ride) D ie u q u 'elle t ou jou r s d e m al a va i t , m a is q u ' o n i gn o r a i t ce que n o u s a vo n s d o n o é . N ou s t ir o n s e n e ffe t b e a u c o u p d e s l i vr e s d e la F r a n c e ; e t j e vo u s le d e m a n d e , m es s ieu r s , q u els son t c e u x q u ' e l l e r e t i r e d e c h e z - n o u s ? Q u e fa is o n s n o u s p a r c e l u i ci ? On a s s u r e q u e n o u s n ' y g a g n o n s r i e n . Au s s i j e d o is m a - N o u s s a vo n s d o n c n o u s ce q u e n o u s a vo n s en fa it d e m i n ist r e, Ce s e r a i t en e ffe t u n e p la i s a n t e r i e q u e d e vo u l o i r p r é t e n d r e q u e n o u s a vo n s r e çu q u e l q u e ch o s e e n é c h a n g e d e c e n o u s igR o r o n s ce q u i v i e n d r a i t ; e t p r é fé r a n t une c e r t i t u d e m é d i o c r e à u n d o u t e , j e d é s ir e l' a cce p t a t io n d e ce n i fe s t e r m o n é t o n n e m e n t d e ce q u e n i le M in is t è r e , n i le r a p p or t eu r n e n ou s on t d on n é a u cu n e q u e l l e n o u s p u is s io n s c o m p r e n d r e in d ica t ion , d 'a p r è s la - q u e l s e r a le r é s u lt a t d u t r a i t é p a r t o u t e s le s r a is o n s q u e j ' a i d é ve l o p p é e s e t e n c o r e à t r a i t é d o n t il s ' a gi t . A q u e l l e s o m m e s e r é d u i r a le ca u s e d e la q u e s t i o n m i n i s t é r i e lle . q u ' i l n o u s p r o c u r e r a ? A q u o i a r r i ve r a ce lu i q u ' e n r e t i r e r a la C H â P P E R O i i . J e r e g r e t t e d ' a vo i r à c o n t i n u e r u n e d is cu s s io n q u i d u r e d é jà d e p u i s l o n g t e m p s e t q u i d o it a vo i r fa t i gu é la C h a m b r e , m a is la q u e s t io n e s t a s s e z i m p o r t a n t e p o u r que F r a n c e ? N ou s n ' e n s a vo n s a b s o l u m e n t r ien . b é n é fi c e Pourquoi M o n s ie u r le r a p p o r t e u r n o u s a d it q u ' i l n e p e n s a it p o i n t q u e j e c r o i e d e vo i r a p p o r t e r q u e l q u e s co n s i d é r a t i o n s q u i n ' o n t p a s la F r a n ce eû t e m p l o y é à n o t r e é ga r d e n c o r e é t é p r o d u i t e s à la Ch a m b r e s u r ce s u j e t . J e g u e u r . J e s u is p a r fa i t e m e n t p e r s u a d é q u e la F r a n c e t â ch e r a i d e s p r o cé d é s d e fa it b r i lle r a u x y e u x n e m o n s i e u r le m i n i s t r e d ' ê t r e b r e f. J e d ir a i d ' a b o r d q u e , m a l g r é le s e xp li ca t i o n s q u i o n t été s e n t a n t d u G o u v e r n e m e n t fr a n ça is a it e m p l o yé i n c o n ve n a n t s vis à vis d e n o t r e G o u v e r n e m e n t . com m is s a ir es n o m m é s p a r le s b u r e a u x p o u r r e p o u s s e r le p r o j e t de t r a it é La s e u le r a is o n q u i n o u s a it é î é d o n n é e j u s q u ' à p r é s e n t , si j e n e m e t r o m p e , co n s is t e e n ce q u e d e p u i s q u e le t r a i t é d e c o m m e r c e a é t é s i g n é , la Ch a m b r e , en d is cu t a n t le t a r if d e s d o u a n e s , a u r a i t a d m i s d i ve r s e s r é fo r m e s q u i d e va i e n t in flu e r s u r le t r a i t é d o n t il s ' a gi t . d es p r océd és que du t a r if d e s c'ét a it une n é ce s s it é p o lit iq u e à la q u e lle n o u s n e p o u vi o n s n o u s s o u s t r a i r e . Si la ch o s e a e u lieu a in si p o u r le p r e m i e r , n ' e s t - ce p a s u o m o t if d e p r é j u g e r q u ' i l en e s t d e m ê m e d u s e c o n d e ? Si n o u s ve n o n s à e x a m i n e r a u fo n d q u e l s s o n t le s a va n t a g e s q u e n o t r e E t a t d o it en r e t i r e r , il fa u t d ir e q u e J e r e vi e n d r a i t o u t - à - l ' h e u r e s u r la q u e s t io n Ma is il y a u n e ch o s e à c o n s i d é r e r . Lo r s d u p r e m i e r t r a i t é , o n n o u s a fa it c o m p r e n d r e d ' u n e m a n i è r e a s s e z e xp l i c i t e e n s o n t ve n u s à n o u s en p r o p o s e r l' a d o p t io n . r ipas q u elq u e? m il- d o n n é e s e n r é p o n s e à d i ve r s e s i n t e r p e lla t i o n s fa it e s à ce s u j e t , le s n 'a lie r s d e b a ï o n n e t t e s . J e n e cr o îs p a s é g a l e m e n t q u e le r e p r é - j e n 'a i p u c o m p r e n d r e en cor e co m m e n t don c vo u lo i r n o u s fa ir e vo t e r à l ' a ve u g l e ? ou en sér ieu sem en t vo it a u cu n . Le s co n ce s s io n s q u ' e lle p r é t e n d e n ou s d o u a n e s . P o u r le m o m e n t , j e d e m a n d e r a i si la co n s id é r a t io n fa ir e p o u r t a n t s u r l ' e n t r é e d e s b e s t ia u x e t d e fr u it s fr a i s , il d ' u n e cr i s e m i n i s t é r i e lle est in co n t e s t a b le q u e ce t a va n t a ge 9 s ' i l e s t r é e l , a e q u i p o u r r a i t se p r o d u i r e à la s u it e sa u r a it d e c e t t e d is cu s s io n , d o it e n t r e r p o u r q u e l q u e ch o s e d a n s la p r o fit e r q u ' a u x p r o vi n ce s li m i t r o p h e s a ve c la F r a n c e c ' e s t - à - d é li b é r a t i o n q u e n o u s d e vo n s p r e n d r e à ce t é g a r d . d ir e le co m t é d e N ice e t la S a vo i e . Oq a c h e r c h é à m e t t r e e n a va n t , d a n s c e t t e d is cu s s io n , la J e n e co n n a is p a s a s s e z le c o m m e r c e d u c o m t é d e N ice q u e s t i o n d u li b r e é c h a n g e ; j e la cr o is e n t i è r e m e n t h o r s d e la a ve c la F r a n c e p o u r s a vo i r q u e l s a va n t a g e s il en r e t i r e ; m a is q u e s t i o n . En a d m e t t a n t m ê m e q u e la Ch a m b r e e û t d é cla r é r e c o n n a î t r e la l i b e r t é d u c o m m e r c e , il e s t ce r t a in q u e si n o u s q u a n t à ce q u i r e g a r d e la S a vo i e , j e c r o î s p o u vo i r a ffi r m e r q u ' o n n e s a u r a it s o u t e n i r s é r i e u s e m e n t q u e ce t r a i t é lu i e s t a d m e t t i o n s i m m é d i a t e m e n t le li b r e é c h a n g e , n o u s n o u s m e t - a va n t a g e u x . Q u a n t a u fr u i t s fr a i s , il est i n c o n t e s t a b l e , j e cr o i s , t r io n s e n co n t r a d i ct i o n q u e la Sa vo ie n 1a p a s u n c e n t i m e à g a g n e r à la r é d u ct i o n q u i flagrante a ve c u n a u t r e p r i n ci p e q u e n o u s a vo n s é m i s . e s t fa i t e . La Ch a m b r e a d it , j e c r o i s , q u ' e l l e vo u la it m e t t r e le s p r o d u c t e u r s d u p a ys d a n s la m ê m e p o s it io n q u e le s p r o d u ct e u r s P o u r ce q u i c o n c e r n e le s b e s t i a u x , m on sieu r le m i n i s t r e sa it fo r t b i e n q u e d e s r é cla m a t i o n s o n t é t é fa it e s à d i ve r s e s d e l ' é t r a n g e r . Si n ou s a d m e t t i o n s le li b r e é ch a n ge s a n s q u e le s r e p r i s e s . Un e m o it ié s e u l e m e n t d e la fr o n t i è r e p a ys q u i n o u s e n vi r o n n e n t l ' a d m e t t e n t en m ê m e t e m p s , il e s t n o u s e s t o u v e r t e ; d e s o r t e q u e d e u x d e s p r o vi n c e s d e la Sa - d e la Fr a n ce ce r t a in q u e n o u s p la ce r i o n s n o s p r o d u c t e u r s d a n s u n e p o s i- vo ie le s p lu s p r o d u c t i ve s d a n s l ' e s p è c e s o n t d a n s t io n in fin im e n t i n fé r i e u r e à c e l l e d e s p r o d u c t e u r s é t r a n g e r s . b ilit é a b s o lu e d e p r o fit e r d e ce t r a i t é . N ' e s t c e vr a i m e n t J e c o m p r e n d s fo r t b i e n q u e l ' An g l e t e r r e p r ê ch e é c h a n g e ; e lle e s t p la cé e d e m a n i è r e d e l u t t e r le lib r e a va n t a g e u s e - m e n t a ve c t o u s le s p r o d u c t e u r s d u m o n d e ; e lle n ' a u r a i t d o n c r i e n à c r a i n d r e d e l' a d o p t io n d e s on cep en d a n t pas a d op t é elle- m êm e d an s p r i n ci p e q u ' e l l e t o u t e s on n 'a e xt e n t i o n . l' i m p o s s i pas se j o u e r d e n o u s q u e d e n o u s a b a is s e r u n t a r i f en n o u s e m p ê ch a n t d e p r o fit e r d e la r é d u c t i o n ? On d i m i n u e le d r o it d'en - t r é e , m a is on n o u s fe r m e la p o r t e ! R e ve n a n t m a i n t e n a n t com m en ça n t , je s u r le s u j e t q u e j ' a v a i s i n d i q u é e n d ir a i q u e l' i n d u s t r i e d e s fo n t e s d a n s n otre Mais p o u r n o u s q u i n e s o m m e s p a s d a n s le m ê m e ca s , il e s t p a ys se t r o u ve t r è s - m a i p a r t a g é e , e t s s co n d it io n e s t ce r t a i n q u e n o u s n ' o b t i e n d r i o n s p a s le m ê m e r é s u l t a t . Si e n p lu s p r é ca i r e ch e z n o u s q u ' e n F r a n c e ; ca r n o u s la is s o n s s o r - e ffe t n o u s ve n io n s à m e t t r e à e xé cu t io n le li b r e é c h a n g e s a n s t ir le b ois d e la Sa vo i e e t n o u s a vo n s a b a is s é le s d r o it s d ' e n - q u e n os vo is in s e n fissent a u t a n t , le s p r o d u c t e u r s é t r a n g e r s t r é e s u r le s fo n t e s é t r a n g è r e s . b ie n — 2987 — T O R N A T A DEL 2 8 GIUGNO Mo n s ie u r le m in is t r e n o u s a d i t , il y a q u e lq u e s j o u r s , q u ' i l 1851 p r o d u i t la F r a n c e , e t q u e la ma s s e d e s e n v o is q u e n o u s fe r o n s a v a it r e ç u d e s r e n s e ig n e m e n t s s u r l' é t a t d e s fo n d e r ie s d e la e n F r a n c e n e c o r r e s p o n d r a p a s n o n p lu s à la q u a n t i t é d e v a llé e d ' Ao s t e ; q u e c e s r e n s e ig n e m e n t s é t a ie n t r a s s u r a n t s s u r q u ' e lle e x p o r t e r a c h e z n o u s . l' é t a t d e c e t t e in d u s t r ie , e t q u e t o u t le p o r t a it à c r o ir e q u ' i l e n é t a it d e m ê m e p o u r la S a v o ie . que l' a n n é e p r o c h a in e n o t r e e x p o r t a t io n e n F r a n c e s ' é lè v e r a à u n e J e fe r a i o b s e r v e r à m o n s ie u r le m in is t r e q u e la p o s it io n d u d u c h é d ' Ao s t e e s t a b s o lu m e n t d iffé r e n t e v o ie . Rie n n ' e s t p lu s D u r e s t e m o n s ie u r le r a p p o r t e u r a é g a lm e n t a jo u t é ce de c e lle d e la Sa- fa c ile q u e d e t r a n s p o r t e r le s p r o d u it s d ' Ao s t e e n P i é m o n t . Il n ' y a e n e ffe t a u c u n e montagne qui s o m m e b e a u c o u p p lu s c o n s id é r a b le q u e c e lle q u e n o u s a v o n s fa it e j u s q u ' à p r é s e n t . P o u r m o n c o m p t e , j e Le s m a n u fa c t u r e s s o n t g r a v e m e n t n e le c r o is p a s . a t t e in t e s d a n s le u r e x i- s t e n c e p a r la b r u s q u e r é f o r m e d u t a r if d e s d o u a n e s . J e ne g ê n e le s c o m m u n ic a t io n s e n t r e c e s d e u x p a y s , s i a u c o n t r a ir e r e g r e t t e p a s q u e c e t t e r é f o r m e a it e u lie u ; e lle é t a it u n b e s o in o n v e u t v e n ir d e la S a v o ie , o n r e n c o n t r e a b s o l u ; m a is p e u t - ê t r e a u r a it - il é t é p r u d e n t d ' a lle r b e a u c o u p p r é s e n t e c o m m e o n le s a it u n le Mo n t - Ce n is o b s t a c le a s s e z qui c o n s id é r a b le . D ' u n a u t r e c ô lé la s u p p r e s s io n d u d r o it d e s o r t ie s u r le b o is m o in s v it e q u ' o n n e l' a fa it . Le s t r a it é s q u e n o u s a v o n s c o n c lu s s o n t e n c o r e v e n u s a g- e t le c h a r b o n fa it q u e la F r a n c e , v e n a n t a c h e t e r c e s é lé m e n t s g r a v e r le u r p o s it io n . De p lu s , n o u s d e la fa b r ic a t io n q u ' e lle p e u t t r a n s p o r t e r s u r s o n s o l e n d e u x i m p ô t s u c c e s s iv e m e n t s u r le s m a is o n s e t d ' u n d r o it d e p a t e n t e . le s a v o n s fr a p p é e s d ' u n o u t r o is h e u r e s , r e n d n é c e s s a ir e m e n t la p r o d u c t io n p lu s c o û- La p r o d u c t io n d e v r a d o n c p r o b a b l e m e n t d i m i n u e r e t a u c o n - t e u s e . Il e s t s u p e r flu d ' a jo u t e r q u e t r a ir e l' a b a is s e m e n t d u t a r if d e v r a c e r t a in e m e n t le in c o n v é n ie n t n e s e p r é s e n t e p a s p o u r la v a llé e même d ' Ao s t e e t q u ' a u c u n d e s p a y s q u i n o u s e n t o u r e n t n e p e u t s o n g e r à v e n ir a c h e t e r s o n c o m b u s t ib le . l' im p o r t a t io n c o n t r a ir e à c e lu i a n n o n c é p a r m o n s ie u r le r a p p o r t e u r . Il n o u s a d it é g a le m e n t q u e Mo n s ie u r le m in is t r e n o u s à é g a le m e n t d it l ' a u t r e j o u r q u e augme nte r d e s p r o d u it s d e la F r a n c e ; r é s u lt a t a b s o lu m e n t la F r a nc e , ne re ce vant r ie n d a n s c e t r a it é , n e p o u v a it ê t r e t e n u e à n o u s d o n n e r d e c o m - le s im p ô t s n e s e t r o u v a ie n t p o in t t r o p é le v é p o u r la S a v o ie ; p e n s a t io n . J e d o is c o m m e n c e r p a r d é c la r e r q u ' i l n e m ' a p a s q u e la p e r c e p t io n e n é t a it t r è s - fa c ile e t n ' e x c it a it a u c u n é t é p lu s p o s s ib le q u ' a u x a u t r e s o r a t e u r s q u i o n t p a r lé c o n t e n t e m e n t . J e s u is fâ c h é d e d e v o ir le c o n t r e d ir e mé- s ur ce p o in t . S i n o u s n ' é t io n s p a s h a b it u é s à v o ir le G o u v e r n e m e n t tr è s - avant m o i d e c o m p r e n d r e q u e l s e ns l' h o n o r a b le o r a t e u r d o n n a it à c e t a r t ic le 1 4 , b ie n t ô t a u s s i fa m e u x p a r m i n o u s q u e c e lu i d e la C h a r t e fr a n ç a is e e n 1 8 3 0 . Ce t a r t ic le à d o n n e - t - il la nous F r a n c e le d r o it d e r é c la m e r s a n s c o m p e n s a t io n le s a v a n t a g e s N o u s s o m m e s ic i d iffé r e n t s r e p r é s e n t a n t s d e la S a v o ie , s ié - g a le m e n t p r o n o n c é , à c e q u ' i l m ' a s e m b l é , p o u r l' a ffir m a t iv e m a l r e n s e ig n é s u r c e q u i s e p a s s e d a n s le s p r o v in c e s , q u e n o u s a v o n s fa it â l' An g le t e r r e e t à la B e l g i q u e ? !! s 'e s t é - a u r io n s le d r o it d e n o u s é t o n n e r d e c e t t e a s s e r t io n . g e a n t à d r o i t , à g a u c h e , a u c e n t r e . J e n ' a i c o n s u lt é a u c u n d ' e u x ; m a is j e s u is c o n v a in c u q ue tous ont re çu m a t io n s t r è s - v io le n t e s p o u r n e p a s d ir e d e s r é c la - in q u ié t a n t e s r e la t i- v e m e n t a u x im p ô t s n o u v e lle m e n t v o t é s . At t e n d o n s que im p ô t s s o ie n t m is e n r e c o u v r e m e n t e t m o n s ie u r m in is t r e v e r r a s i le u r p e r c e p t io n n e p r é s e n t e r a le ce s a u c u n e d iffic u lt é . On a u r a it é g a le m e n t v u d e q u e l l e m a n i è r e a u r a it é t é a c c u e illi e t p o u r la n é g a t iv e . Q u a n t à la s e c o n d e q u e s t io n , je r a p p e lle r a i à la Cha mbr e c e q u i n o u s a é t é d it lo r s q u ' il s 'e s t a g i d u t r a it é a v e c l' An g le t e r r e . On n o u s a d it q u e c e p a y s n e n o u s aucune c o n c e s s io n ; a v e c le s a u t r e s m a is fa is a it q u ' i l n ' a v a it a u c u n n a t io n s ; q u e par r é e lle m e n t e ngage me nt c o n s é q u e n t , il q u a n d il le v o u d r a it c h a n g e r s o n t a r if , s a n s q u e p o u r r a it ce c ha nge - l ' i m p ô t s u r le s c r é a n c e s , s i le S é n a t p a r u n v o t e q u e j e p u is m e n t n o u s a ffe c t ât e n r i e n , e t q u e c ' é t a it là u n a v a n t a g e q u i a p p e le r u n é c h e c n ' a v a it m is n ' é t a it pa s à d é d a ig n e r . S i c e t t e r a is o n é t a it b o n n e c o n t r e n o u s le Min is t è r e dans la pre s que n é c e s s it é d e r e t ir e r c e p r o je t q u i d e v a it a v o ir p o u r la S a v o ie p o u r l' An g le t e r r e , e lle d o it s a n s d o u t e ê t r e é g a le m e n t b o n n e le s c o n s é q u e n c e s le s p lu s d é s a s t r e u s e s . p o u r n o u s vis - à- vis d e la F r a n c e . Ain s i, n o u s a v o n s U n b r illa n t o r a t e u r n o u s d is a it l' a u t r e j o u r , q u e s i la Sa- r é fo r mé n o t r e t a r if , m a is n o u s s o m m e s p a r f a it e m e n t lib r e s d e le mo - v o ie s o u ffr a it , t o u t e s le s a u t r e s p r o v in c e s d e l' E t a t s o u ffr a ie n t d ifie r lo r s q u e n o u s l e j u g e r o n s é g a le m e n t . J e le c r o is , m e s s ie u r s , c e p e n d a n t il y a d e s c ir - m ê m e d é c la r é d e r n iè r e m e n t q u ' e lle le r é v is e r a it e n 1 8 5 3 . c o n s t a n c e s p a r t ic u liè r e s a u x q u e lle s o n d o it fa ir e a t t e n t io n . Div e r s e s r a is o n s c o n c o u r r e n t m o in s d ' a r g e n t q u e le s a u t r e s à fa ir e que p r o v in c e s . De la S a v o ie la C h a m b r e a C o m m e la d is c u s s io n d e c e t a r it a é t é fa it e n g é n é r a l a v e c a it t o u t e s le s dé- p e n s e s d e la g u e r r e a u c u n e p a r t ie n e s 'e s t v e r s é e e n S a v o ie ; n o u s a v o n s e n v o y é d e s h o m m e s e t d e l' a r g e n t , e t n o u s a v o n s m ê m e é t é s a n s g a r n is o n p e n d a n t a s s e z lo n g t e m p s . u n e p r é c ip it a t io n b e a u c o u p t r o p g r a n d e , il n ' y a u r a it r ie n d e s u r p r e n a n t , à c e q u e é c la ir é p a r l' e x p é r ie n c e , o n n e v i n t à a u g m e n t e r q u e lq u e s u n s d e s a r t ic le s q u i y s o n t p o r t é s . Le t r a it é é t a n t s t ip u lé pour m i n é , c e s m o d ific a t io n s n e La S a v o ie a f o u r n i 8 m illio n s e n v ir o n p o u r le s c h e m in s d e f e r ; q u e lle p a r t ie d e c e s 8 m i l l i o n s l u i e s t - e lle r e v e n u e ? L a Sav o ie e s t d e p lu s o b lig é e d e p a y e r , p a r u n e i n i q u i t é in o u ï e , 5 0 0 m i l l e fr a n c s p a r a n p o u r le s fr a is d u c u lt e . No u s e s p é r o n s b ie n q u ' u n e ju s t ic e , b ie n q u e t a r d iv e , lu i s e r a fa it e , e t q u e à propos , et l' a n - un nombr e d'année s s a u r a ie n t déte r- e n r ie n a t t e in d r e la France . La C h a m b r e , il e s t v r a i, a a b a is s é d a n s le t a r if le d r o it s u r le s u c r e à 2 5 fr a n c s . J e le r e g r e t t e e t j e n e c o m p r e n d s p a s c o m m e n t m o n s ie u r le m in is t r e d e s finance s q u i a v a it s o us le s y e u x le t r a it é a v e c n é e p r o c h a in e o n s u p p r im e r a c e t t e c h a r g e , s e lo n la p r o m e s s e la F r a n c e , a it p r o p o s é , c o n t r a ir e m e n t a u p r o je t d e la Co m - f o r m e lle d e m o n s ie u r le m in is t r e d e l ' in t é r ie u r , p r o m e s s e a - m is s io n , d e r é d u ir e c e t a u x p o u r t o u t le m o n d e à 2 5 fr a n c S j d r e s s é e p a r lu i à t o u s le s in t e n d a n t s d e la S a v o ie e t q u a n d il p u b lié e p a r le s o r d r e s d e c e s d e r n ie r s d a n s t o u s le s j o u r n a u x d e c e pays . s a v a it q u e n o u s d e v io n s t r a it é , e t q u e c e r t a in e m e n t , s i n o u s e ntre r e n d is c u s s io n du n ' a v io n s p a s a b a is s é c e d r o it p o u r t o u t le m o n d e , o n a u r a it p u e s p é r e r , e n l' a b o lis - Mo n s ie u r le r a p p o r t e u r n o u s d is a it h ie r q u e n o u s t r o u v o n s s a n t a c t u e lle m e n t , d ' e n o b t e n ir u n e c o m p e n s a t io n , à m o in s d a n s la c o n c lu s io n d e c e t r a it é u n g r a n d a v a n t a g e , e n c e s e ns q u e c e n e s o it u n e m a n œ u v r e a d r o it e p o u r n o u s fo r c e r à a d o - q u e n o u s n ' a v o n s q u e H m illio n s d ' h a b it a n t s , t a n d is p t e r le t r a it é . J e n e le c r o is p a s , m a is p o u r t a n t q u e la dans que l F r a n c e e n a 3 5 m illio n s . Ce s c h iffr e s s o n t e x a c t s , m a is il fa u t b u t a - t- on o p é r é d e m a n i è r e à n o u s p la c e r d a n s u n e p o s it io n r e m a r q u e r q u e n o u s n e p r o d u is o n s p a s e n p r o p o r t i o n d e c e q u e si dés avantage us e ? §GSMÔ?I8 DEL IS E i — GAMEM DEI DISPUTATI — DmusMor.i 368 —ms — CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1851 On nous a dit que, si nous n'approuvions pas le traité avec la France, nous l'aurions contre nous. Est-ce qu'elle nous aurait donc fait quelque menace depuis la conclusion du premier traité? Je ne le sache pas. Nous sommes avec elle en bonne intelligence. Nous avons avec elle un traité de commerce qui est stipulé pour un certain nombre d'années. Si nous n'approuvons pas le traité actuel, celui-ci qui existe continuera à régir nos rapports avec elle, et je ne vois pas quel motif plausible elle pourrait mettre en avant pour se brouiller avec nous. A moins qu'on ne prétende que l'article ih, lui donnant le droit de réclamer les avantages que nous avons faits à la Belgique et à l'Angleterre moyennant compensation, elle est seule juge de la convenance de cette compensation ; alors autant vaudrait nous dire franchement que nous sommes entièrement à sa merci. On nous a aussi exposé que si nous n'acceptions pas ce traité, notre commerce y perdrait considérablement, et l'honorable rapporteur nous a dit qu'au lieu de se servir de nos soies, la France irait plutôt les chercher à Broussa ou dans la Perse. Quant à moi, je ne crois pas que pour satisfaire un sentiment d'amour propre mal entendu, la France ne veuille pas profiter des objets qui ses produisent, pour ainsi dire sur ses frontières, et qu'elle trouve à sa porte. J'entends monsieur le rapporteur qui me dit à l'instant même, Londres et Liverpooi ; je n'y vois pas une grande différence, car la soie ne se produisant ni à Liverpoo!, ni à Londres, elle a eu à supporter pour arriver là des frais considérables de transport qui seraient également à la charge de l'acheteur. Quant à la défense de nos intérêts, je ne pense pas que monsieur le rapporteur ait fait faire hier une découverte à la Chambre, en lui disant que la France nous défendrait si l'on venait nous attaquer. J'ai toujours cru que la France avait le plus grand intérêt à nous défendre, peut-être même moins par sympathie pour nous que par nécessité pour elle. Monsieur le rapporteur nous citait tout-à-l'heure la Pologne. Je ne saurais, en vérité, accepter cet exemple. La configuration topographique de ces deux pays, établit entre eux une différence incontestable. Tout ce qui s'est passé jusqu'à présent nous indique que toutes les fois que la France et l'Italie ont été en guerre ensemble, ce qui est arrivé malheuresement assez. souvent, je parle de l'Italie supérieure, le passage n'a pu avoir lieu que parles montagnes qui séparent le Piémont de la France. La France ne voudra donc jamais laisser les cléfs de l'Italie entre les mains de l'Autriche. Je ne puis point croiie en conséquence que le refus du traité puisse avoir un aussi grave résultat; car qui est ce qui en subirait les fâcheuse conséquences, si ce n'est la France elle-même! Monsieur le rapporteur nous a encore dit que la France semblait sur le point d'entrer dans une voie différente sous 3e rapport économique. Je suis parfaitement de son avis, et je ne doute point que l'opinion des économistes éclairés que elle possède ne la fasse sortir bientôt du système de protection outrée dans lequel elle est restée trop longtemps. Si, comme nous le dit le rapport, la France s'est réservé le droit de nous faire des concessions lorsqu'elle aura changé son système, je demanderais à mon tour par quelle raison nous n'attendrons pas cette époque pour lui faire les concessions qu'on lui propose de lui faire au présent. Si alors elle songe à nous faire des concessions elle nous en demandera sûrement d'autres en échangé et nous aurons toujours fait celles contenues dans le traité en discussion sans compensation. Passant à la dislocation ministérielle dont nous menace îe rapport, et que monsieur le rapporteur nous a encore rapplée assez intempestivement, selon moi, tout-à-l'heure, pour le cas où nous n'accepterions pas le traité, je ne saurais voir là qu'une sorte de pression morale qu'on cherche à exercer sur l'Assemblée; mais je suis persuadé qu'à moins de circonstances plus graves que celles dans lesquelles nous nous trouvons, et du cas seulement de danger pour la sûreté de l'Etat, la Chambre, malgré tout le plaisir qu'elle peut éprouver à voir sur le banc ministériel tous les honorables membres qui y siègent actuellement, la Chambre, dis-je, n'hésiterait pas à repousser tout projet qui semblerait léser les intérêts du pays. Monsieur Je rapporteur nous a dit que si monsieur le ministre des finances venait à se retirer, il serait remplacé par quelqu'un qui aurait un systèmetout-à-fait contraire au sien. Je ne partage pas du tout cette manière de voir. Entre le système de monsieur le ministre des finances et celui qu'il lui serait intièrement opposé, il y a une foule de nuances qui sont sûrement représentées par une grande quantité de personnes, soit dans le Parlement actuel, soit en dehors. Lors donc que le système actuellement suivi serait évidemment le meilleur, il ne me semblerait pas courir de risque aussi sérieux que ceiui qu'on nous a exposé par suite du rejet du traité. Ne voyant donc aucune utilité dans la convention qui nous est soumis en ce moment, n'en voyant ni la nécessité, ni l'opportunité, je conclus à son rejet. HEEiiiANJL. Io aveva domandato la parola per rispondere dapprima all'onorevole deputato Ricci; ma le parole colle quali l'onorevole relatore chiuse l'ultimo suo discorso, mi obbligano a ululare l'ordine del mio dire. Io ho letto in alcuni giornali, ed ho sentiti anche alcuni verbalmente in Francia difendere, o per meglio dire, scusare la spedizione di Roma ; ma non ho mai sentita una scusa quale testé è partita da questi banchi. Vi sono alcuni che falsamente hanno creduto di dover andare a combattere in Roma gli amici e gli alleati dei socialisti e dei comunisti francesi; vi sono di quelli che, per una malintesa dignità nazionale, hanno creduto che essendo cattolica la Francia, dovesse il popolo romano rimanere schiavo del prete, perchè questo prete esercitava una qualche influenza sul clero francese; triste e malintesa dignità francese! Ma non ho mai sentito alcuno, neppure in Francia che lamentasse o facesse accusa all'eroico popolo romano, perchè esso, negli estremi, quando conobbe il tradimento, sostenne con una disperata difesa almeno l'onore italiano. (Benel bene!) Io domando se il popolo romano, all'ombra del Campidoglio, che ricorda le più grandi fra le glorie delle razza latina, poteva soggiacere ad una tanta vergogna. Poteva, fidente, confidarsi alla fede dei Felloux, dei Montalambert f Ma che dico! L'errore di commettersi alla fede degli uomini del Governo francese lo haHno commesso i Romani; essi hanno fratellevolmente ricevuti gli armati di Francia in Civitavecchia. Ma, Dio buono! chi poteva mai presuppore una tanta ignominia, un assassinio di una natura così vile2 (Bene! Bravo!) Quando poi Civitavecchia,aperta dai Romani ai Francesi, quale si apre dall'amico all'amico l'ospitale casa, venne repentinamente occupata dai soldati di Montalambert, chi avrebbe ancora potuto prestare fede in tali amici ds nuova stampa? Ciò nullameno i reggitori della giovine italiana repue- —2989 — TORNATA PEL 28 GIUGNO 1851 blica hanno ancora assentito a tutto ciò cai si può rinunciare senza ledere l'onore. Essi, gli eletti dal voto universale di un libero popolo, hanno assentito che si rinnovasse in presenza di commissari della francese repubblica la prova del popolare suffragio, onde si smentisse, e per sempre l'infame calunnia che era stata divulgata dai nemici d'ogni libertà, che cioè la romana repubblica era stata proclamata da una mano di turbolenti e di faziosi. (Eenei ) Ma quando si rifiutava la prova, perchè la verità ben la conoscevano i tristi che insidiavano a quella incruenta e gloriosa repubblica, quando era a tutti manifesto che non amiche, ma nemicissime le armi francesi erano discese sul suolo italiano, come avrebbero potuto i Romani soggiacere all'avverso fato, senza mostrare almeno, con un eroico fatto, che essi erano degni di miglior destino, che essi non erano degeneri delie virtù degli antichi Italiani. (Bravo \ bravai) Se dolorosamente un così ingiusto rimprovero verso l'eroico popolo romano è partito da questa tribuna italiana, meco medesimo ajmeno mi congratulo, che non sia almeno stato formulato nella lingua del Lazio. (Applausi e movimenti diversi) dVBWAX. Je demande la parole: c'est trop fori... meiiIì&na. Se vuol rispondere subito, io gli cedo la parola. Forse il signor Ghenal non ha ben comprese le mie parole. Io difendeva, e difendo l'onore italiano, ed avevo ragione di dire che sarebbe stato più doloroso se si fosse nello stesso idioma italiano formulata un'accusa contro il medesimo; accusa che giammai nessun francese ha ardito di gettare contro il valore italiano, di che fece così nobile prova sotto le mura del Campidoglio che non è ancora caduto. (Benel) E qui, giacché si è voluto ricorrere ai documenti diplomatici, io potrei ricordare quelli de! signor Lesseps, potrei ricordare ancora come nel loro orgoglio i governanti in Francia intrapresero la spedizione contro Roma, sulla persuasione che « gl'Italiani noti si batterebbero, » e gl'Italiani hanno dato alla Francia, ed ai pochi francesi che così la calunniavano, una solenne mentita. (Bravol Benel) Compito a questo doloroso incidente, perchè la Camera non poteva rimanere sotto quelle parole, senza che fosse sorta una voce in difesa dell'onore di Roma, che è nostro italiano onore, io passo all'oggetto del mio dire. L'onorevole deputato Ricci nella seduta di ieri e in quella di quest'oggi ripetè più volte (che anzi quest'argomento formò il soggetto principale del suo discorso) che la Commissione dovette rivenire sul primo suo giudizio in merito al trattato colla Francia, stante il posteriore voto dalla Camera dato nella legge sulla riforma della tariffa daziaria; e faceva sentire come sia conveniente e doveroso di rispettare e di essere consentanei agli antecedenti nostri voti. Quest'osservazione ha un gran significato, stante la discussione seguita or sono pochi giorni, quando da questi banchi si sosteneva come dovesse essere invariabile un voto emesso dalla Camera. Secondo il signor Ricci, sembrerebbe che noi fossimo inconseguenti se non accettassimo questo trattato, poiché retrocederemmo da un voto dato in occasione della riforma della tariffa daiiaria dalla Camera, la quale, avendo soppressi i diritti differenziali sullo zucchero, implicitamente portava approvazione del trattato stesso. Io qui non entrerò nella discussione che si è aperta su questo proposito, se, cioè, quella proposta sia stata presentata o no sul finire d'una seduta, se sia stata o no sufficientemente discussa ; ma dico, che questo voto, secondo me, porta pa conseguenza che $ocJuu4eY&ua'opinione diaraetratiaeat© opposta a quella che volle dedurne Ponorevole deputato Ricci. Infatti, a che sopprimere nella tariffa daziaria quel diritto differenziale, se era nostra intenzione di annuire a questo trattato? Io credo invece che la Camera avendo soppresso il diritto differenziale sugli zuccheri raffinati in Francia, ha voluto implicitamente dire che voleva porsi in posizione di rifiutare il trattato medesimo; voleva che i beneficii che dovevano risultare alla Francia dal trattato, fossero sponta«. neamente assentiti, invece di stipularli senza un qualche compenso, ed è su quest'opinione che avrei volentieri veduto in allora iì signor ministro od altri, a proporre gradatamente negli articoli della tariffa le riduzioni portate da questo trattato, cioè approvare in favore della Francia, nella tariffa stessa, tutto quanto si vuole assentire in questo trattato. La ragione ne era evidente; e qui mi cade in acconcio di rispondere all'onorevole deputato Avigdor, il quale voleva prendere i membri della sinistra in contraddizione, dicendo : « Voi siete liberi scambisti e poi domandate un compenso? » La Camera ricorda ancora il paragone che esso ha fatto di una via di Torino che si aprisse per comodo al pubblico, e per la quale poi si volesse una retribuzione; però il paragone è contro di lui, imperocché sono appunto coloro che vogliono il trattato che dimandano un qualche compenso alla Francia, come sarebbe quella della riduzione sui frutti secchi : doppio errore, vogliono cioè un compenso contro alia dignità, si contentano di un compenso non condegno alla con» cessione che fanno. Noi che sostentiamo il principio del libero scambio volevamo appunto che si entrasse in questa via liberamente e spontaneamente senza ricorrere alla via dei trattati ; ma ci fu detto che era conveniente ed opportuno, giacché si entrava in questa via, di valercene per ottenere dei compensi, poiché, ciò non era tanto nell'interesse nostro, ma nell'interesse europèo, in quanto che se noi, concedendo un vantaggio ad un'altra nazione sulla via del libero scambio, l'inducevamo ad un compenso, era per far trionfare non solo pi esso di noi, ma pur anche presso le nazioni il principio per cui combattiamo. Quindi è per queste ragioni che il voto della maggioranza della Camera ha approvata la politica del signor ministro di finanze, il quale ha voluto lasciarci aperta una via per otte-» nere un beneficio generale ; ma ora poi che siamo al caso d'un trattato come questo, nel quale questi csmpensi non esistevano, o sono illusorii, per non dire derisorii, io non veggo come possa ancora sussistere quella ragione. Io non sostengo però che noi dovessimo, per ciò solo che si cercava e non si ottenne un compenso, rientrare nella via opposta, cioè nel protezionismo ; lungi da me un tale pensiero; non è a capriccio che gli uomini distato si ritirano da una via nella quale le proprie convinzioni li hanno fatti inoltrare; ma quando si è veduto che non era valevole il mezzo dei trattati a progredire, bisognava riprendere l'antico principio e fare da noi, ed era meglio che queste riduzioni si fossero fatte nella tariffa senza cercare quei piccoli compensi, per non cadere nell'errore enunciato dal signor Avigdor, di fare una strada pel pubblico passaggio, e poi domandare a chi v'interviene il pagamento; pagamento indecoroso perchè non equo. Non mi dilungherò nell'esame di questo trattato, già abbastanza combattuto; mi restringerò a confutare due dei più gravi argomenti in difesa del medesimo. Il signor Avigdop sosteneva la sua tesi dal lato della politica e dal lato dell'inieresse, Quanta alia politica, da molti il è YiltwoiaiBfilf — 2940 - CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1851 signor ministro che non dia soltanto questi, ma maggiori vantaggi ancora alla Francia. E qui passo all'ultima ragione, alla quale ho accennato di voler rispondere, addotta dal signor Avigdor, ed è quella dell'interesse nostro. Esso sostiene, ed a ragione, che il nostro mercato in Francia è il più esteso, e che noi diamo alla Francia più di quello che ne perceviamo, e che quindi dobbiamo andare a rilento, perchè non dobbiamo metterci in collisione se non politica, però d'interessi, colla Francia, perchè il nostro mercato ne soffrirebbe grandemente. Io credo che in questo ponto vada molto errato l'onorevole Avigdor; io ho sempre creduto che le nazioni manifatturiere SOHO sempre obbligate a ricevere la legge, e mai a darla a quelle nazioni dalle quali traggono le merci greggie, le merci che servono di materia prima alla loro industria; infatti, ne volete un esempio? Se l'Inghilterra non ha mai potuto spiegare quell'aperta politica che la deve portare a combattere la Russia, io credo che non si possa ad altro attribuire, se non perchè da quell'impero essa ritrae questa materia prima. Aspettate che l'Inghilterra abbia potuto ottenere di emanciparsi, mercè delle sue colonie, e vedrete la politica britanna che saprà compiere ad un grand'atto di giustizia, un interesse suo secolare ed europeo. Dunque, neppure per questa ragione, neppure per timore di scapitare nell' interesse nostro, credo che noi dobbiamo aderirvi. Io aggiungo che, ancorché ne dovesse scapitare l'interesse nostro, il primo interesse è quello della propria dignità ; quindi io termino con questa dichiarazione, che se si sospende la votazione di questo trattato, e mi si presenta un articolo di legge che dia tutti i benefizi che sono assicurati con questo trattato alla Francia, od anche maggiori, io sin d'ora do l'asseveranza deltnio voto ; ma quanto a questo trattato, per le circostanze anzidette, io non posso adottarlo, per quanto gravi siano le conseguenze interne che ne possono derivare, (Segni d'approvazione dalla sinistra } BINUBO. Molte tra le cose che io intendeva di esporre alla Camera furono già dette dagli onorevoli preopinanti; cercherò di non ripeterle. La Camera rammenta che gli uffizi avevano nella loro maggioranza deliberato di rigettare questo trattato; e tale fu certamente il risultato delle prime discussioni che ebbero luogo nel seno della Commissione. Alcuno tra gli onorevoli deputati che formavano allora la maggioranza, ebbe a spiegare i motivi per cui mutò pensiero, e conchiuse che, a parer suo, siffatto mutamento era talmente logico, che sarebbe stato illogico il persistere nel primitivo pensiero. Io debbo difendermi da simile imputazione. Si è già ragionato assai su questo punto, e si è chiarito come la Camera, quando deliberò su alcuni articoli della tariffa, ben lungi di somministrare una prova che essa volesse adottare il trattato, ci offriva anzi un contrario indizio, perchè la riduzione spontanea della tariffa ripugna col sistema dei trattali. La Camera ritiene come la prima volta in cui le si presentò il progetto di fare convenzioni commerciali colla Francia, quando le fu sottoposto il trattato di commercio e di navigazione dell'anno scorso, generale fosse nel paese la riprovazione contro questo trattato, come anche trovasse vivissima opposizione nella Camera. I! principale argomento che si addusse, ed a mio avviso §arei pronto a darla ad uà articola dì legge presentato dal quello che fece più senso sopra molti membri della Camera risposto, ed io non rientrerò in questa materia che per fare una sola osservazione finora non toccata da altri, sebbene molto eloquentemente si sia parlato. II signor Avigdor, per compenso di tutte le concessioni che noi facciamo alla Francia, ci promette che questa non permetterà che noi siamo aggrediti; ma, Dio buono! di questo ne siamo più che persuasi. Se noi vogliamo rimanere nello statu quo, non solo avremo amica la Francia, ma persino l'Austria ; che cosa volete desideri di meglio l'Austria, che di avere i suoi soldati a guardia del tempio unico delle glorie italiane? Volete che l'Austria s'incresca di questo per noi infelicissimo stato? Mai più; essa ha estesi i confini della sua dominazione, essa non solo ha riavuto quanto aveva nel 1848, ma occupa i Ducati, la Toscana, e parte delle Romagne: cosa possono desiderare di più le potenze oltramontane che astiano e paventano l'unione e l'indipendenza d'Italia? Quale stato per noi più umiliante, quale condizione potete fare più dolorosa all'Italia, che di vedere calpeste dalle scolte francesi le soglie del Campidoglio, che di vedere il tempio delle nostre glorie, che di vedere Santa Croce in Firenze contaminato dalle armi croate? (Bravo ! bravo !) Ma se ho ben compreso, il signor Avigdor andava fino al punto di ricordarci l'infame destino della Polonia: la Polonia è divisa in tre parti, noi siamo frazionati in sette parti, noi abbiamo il nostro suolo calpestato dalle unghie dei cavalli stranieri, che ci rimane più altro da temere, quale condizione può essere più della nostra miserevole? (Sensazione) Cosa abbiamo pertanto noi a temere? Quando adunque ci si dice che non ci lasceranno aggredire, per me dico che invece di essere una promessa è una minaccia, in quanto che si vorrebbe perpetuare l'infelicissimo stato presente. Quanto poi alla dignità nazionale, io sostengo che un piccolo popolo non può mai rinunciare alla sua dignità; se per esempio noi fossimo in questa eguale condizione colla repubblica di San Marino, io direi, facciamo tutte le concessioni, e sarebbe atto di generosità, atto fratellevole ; ma quando si ha da fare con una potente nazione, la quale crede che in Europa non si possa muovere capello senza che essa intervenga (quando invece, oh quanto scaduta dalla sua grandezza! l'Europa è stata conculcata senza che essa sia intervenuta) quando, dico, si ha a fronte una tale potenza, allora ci va della nostra dignità nel cedere. Sospendiamo pertanto la votazione di questo trattato, il signor ministro ci presenti un articolo di legge, il quale dia alla Francia tutti i vantaggi che sono ad essa assicurati in questo trattato, ed anche dei maggiori sulla via del libero scambio, ed io per me assicuro che sono pronto a votare quest'articolo di legge : ma per altra parte io dico che un piccolo popolo non potendo rinunciare, senza perdersi, alla propria dignità, noi non dobbiamo assentire a questo trattato. Certo, posso a me stesso nascondere gli inconvenienti che potranno da questo rifiuto derivare ; non parlo di politica esterna, ma solo interna, giacché non ignoro che qualunque essi siano i sistemi finanzieri, quando sono sempre interrotti appena hanno preso un principio di sviluppo, o, per meglio dire, quando non sono che in parte incominciati ed in parte enunciati, non possono che portare una grave perturbazione al nostro credito ed al riordinamento delle nostre finanze. Ciò nullameno, siccome è supremo bisogno di un piccolo popolo di mantenere integro ed intatto il suo onore, per me non posso dare il mio voto in questo trattato, quando invece — 2941 TORNATA DEL 2 8 fu questo, che dovendosi trattare successivamente col Belgio e coli'Inghilterra, le condizioni che ci sarebbero concesse da quelle potenze avrebbero costretto la Francia ad accordarci condizioni migliori. Ora, questi motivi, per cui probabilmente la maggioranza della Camera s'indusse ad accogliere il primo trattato colla Francia sono appunto quelli che debbono militare pel rifiuto del trattato che si discute. Ma il signor relatore della Commissione ha creduto di dover addurre argomenti di un altro genere; egli disse che la nazione era obbligata ad accettare le attuali condizioni in forza del trattato precedente, d'onde verrebbe la conseguenza che avrebbe grandissimamente errato la Camera allorché, accettando il trattato dell'anno scorso, sperava che esso potesse condurci a migliori condizioni. Esaminiamo tuttavia in se stesso quest'argomento. Il nostro paese, secondo il signor relatore della Commissione, è entrato nella via del libero scambio : proclamato questo principio, esso non ha più niente da domandare agli esteri. — GIUGNO 1851 nerale Castellane ciò che avverrebbe a Lione se si chiudesse quel mercato ai prodotti del Piemonte. La cosa non ha neanche qui un aspetto serio. Non possiamo dunque temere nè politicamente, nè economicamente nessun danno pel rifiuto del trattato che vi è sottoposto. Restano gli argomenti di politica interna. Il signor relatore, ed alcuni con lui, hanno creduto che il Ministero fosse talmente impegnato, che venisse compromessa o l'esistenza del Ministero nel suo complesso, o specialmente la posizione politica di alcuno de'suoi membri. Si è già osservato come troppo spesso siasi fatto uso di simile spediente davanti al Parlamento. Questi argomenti provano altamente contro coloro che li usano, perchè se si opera nell'utile della nazione non si ha bisogno di minacciarla in questo modo per farle accettare ciò che si è conchiuso. Le cento volte si è fatta questa minaccia di una crisi ministeriale ; ciò prova che le cento volte si sono fatte cose che non si sperava di farle adottare senza una minaccia di questo g e n e r e ; per me questo è un grave argomento contro gli uomini che sono al potere. Addentrandoci poi nella politica del Governo, io l ' h o detto ripetutamente, non credo che siasi esso tenuto in quella linea per cui non sia da sperarsi che si possa far meglio ; io vedo per contro che il sistema che si è seguito mette in grandissimo rischio la stabilità delle nostre libere istituzioni, mette in grandissimo rischio l'unità di quel regno della quale sicuramente dobbiamo andare contenti e che gli amici veri del nostro paese dovrebbero desiderare di non vedere rotta. È un fatto incontrastabile, ed io me ne appello, come l'onorevole signor Chapperon si appellava a tutti i suoi onorevoli colleghi della Savoia, io me ne appello a tutti i rappresentanti delle provincie estreme dello Stato, se realmente in quelle provincie vi sia fiducia nel Governo, e se credano alla sincerità delle nostre istituzioni; se reputino che l'andamento attuale del Governo conduca alla prosperità nazionale. Io tengo per contro che, come si è detto della Savoia, così si debba dire di molte altre provincie dello Stato, che cioè esse si lagnano altamente del modo con cui il Governo procede a loro riguardo. Non aggiungerò niente per la Savoia, dappoiché il discorso dell'onorevole Chapperon contiene gran parte di ciò che si può dire a questo riguardo; solo ricorderò alla Camera ciò che io ho dichiarato sin dal principio della nostra vita costituzionale. Se si vuole che la Savoia sia pienamente immedesimata colla nostra nazionalità, bisogna guarentirle una libertà sicura, schietta, senza timore di reazione, e quando il Governo costantemente stabilisce i suoi rapporti di preferenza con coloro che alzano un'altra bandiera, certamente egli ncn si acquisterà le simpatie della Savoia. Io non percorrerò le varie parti dell'amministrazione per giustificare ciò che ho detto, che cioè non stimo che il Governo sia attualmente nella miglior linea possibile. Si confondono in questo punto le opinioni con le decisioni, i desideri con la realtà. Spesse volte ho sentito mettersi innanzi la teoria del libero scambio nella discussione; ma non ho mai veduto una discussione conforme a questo principio. Il principio contrario prevalse dal momento in cui si è voluto progredire per via di trattati ; il principio contrario prevalse nella tariffa in cui si mantennero molti diritti protettori, sebbene alcuni siano ridotti. Se la Francia dunque viene a dirci che noi abbiamo adottato il principio del libero scambio, e che questo è un motivo per cui non possiamo resistere alle sue domande, la risposta è ben facile a farsi : neghiamo il supposto sul quale essa si appoggierebbe. Ma l'articolo 14, si è spesso ripetuto, del trattato dell'anno scorso porta l'obbligazione di fare alla Francia quei favori che si sarebbero fatti alle altre potenze : si certo, ma mediante o gli stessi compensi, o compensi equivalenti; ora, quando fra due parti si conviene di dar compensi equivalenti, non ci saranno mai compensi equivalenti, salvo che, di consenso delle due parti, siano giudicati tali. Non ho bisogno di ritornare sulla dimostrazione che si è data, che realmente questi compensi non ci furono concessi, che la parola compensi in questo trattato (credo che adesso siamo tutli d'accordo nel riconoscerlo) è una mistificazione: tutti ne sono persuasi. Qualunque poi sia il valore di questi compensi, tocca a noi il giudicarlo; non può mai la parte colla quale abbiamo contrattato dirci: vi abbiamo dato abbastanza. Non vi è dunque necessità legale di accettare il trattato. Appunto perchè non vi era questa necessità, nessuno poteva rimanere persuaso; non ne fu persuasa certamente la maggioranza della Commissione. Credo di poter dire ugualmente che fu costante l'antica maggioranza nel riconoscere che questo trattato non era utile, che non ci somministrava nessun argomento di convenienza. Per questo motivo appunto si è avuto ricorso agli argomenti estrinseci, agli argomenti di politica esterna, ed agli argomenti di politica interna. In quanto ai timore che la Francia potesse interrompere le sue relazioni politiche con noi pel rifiuto di questo trattato, non si è insistito su questo supposto, perchè tutti sanno che nel diritto pubblico europeo ogni nazione può regolare i suoi interessi commerciali ed industriali, e non può mai una n a zione imporre ad un'altra di stringere con essa quei patti, che questa non volesse contrattare. Ma da taluno si temono per parte della Francia le rappresaglie; si téme ch'essa ci chiuda i suoi mercati. Io non credo che si possa addurre seriamente quest'argomento : vorrei che si domandasse al ge- „ Verrò a parlare delle finanze, colle quali ha maggior relazione la legge che ci occupa. Si è detto che il signor ministro aveva introdotto un sistema nuovo, che bisognava lasciargli la responsabilità nel compierlo, che sarebbe rendergli un buon servizio, forse, l'esimerlo da questo carico. In quanto a me, veramente non so che cosa ci sia stato di nuovo ; ho veduto che nell'assenza dell'antico commissario regio, il signor deputato Arnulfo, si andavano riproducendo con altre parole i suoi discorsi ; è sempre lo stesso andamento. Non mai un sistema compiuto e liberale; non un sistema conforme allo Statuto. Quando non si crede che le imposte bastino, si aprono imprestiti con forme un po' diverse, quantunque la sostanza - 2942 CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1851 sia sempre la stessa, si va avanti alla cieca col prendere de- fatti, quelle conformi con ciò che si è sempre detto, che si è naro ora da un lato ora da un altro, senza introdurre quelle sempre operato. riforme che in due anni, almeno in parte, avrebbero potuto Ora, il signor ministro di finanze ha detto ( mi fa piacere ed avrebbero dovuto effettuarsi. che entri in questo momento affinchè possa sentire le osserIo dunque non credo realmente che ci sia questa grand'im- vazioni che intendo di fare sulle sue parole), il signor miniportanza di mantenere un sistema, il quale, in sostanza, è stro di finanze ha detto ieri, che egli aveva sempre combatsempre quello che abbiamo visto a mantenere in pratica da tuto il signor Valerio Lorenzo. due anni. Del resto, noi non siamo autorizzati a credere che c&vocr, ministro delle finanze, di marina, e d^agricolgli ostacoli che si potrebbero opporre a questa o a quell'altra tura e commercio. ( A mezza voce) Sì, anche lei (Ridendo), legge, possano realmente determinare un cambiamento nel anche lei ! (Ilarità generale) Gabinetto, e. ne adduco schiettamente la prova. sin e©. Appunto su queste parole, io prego la Camera di In due anni ci furono nel Gabinetto varie mutazioni : io permettermi un breve commentario (No! no!), di permetdomando se sia accaduto una volta sola che una mutazione termi che io risalga un po' indietro nella storia del nostro sia stata determinata da un voto della Camera ; che anzi ho paese. (Rumori generali a destra) Non è per risalire molto veduto costantemente il contrario. Io ho veduto ogni cam- lontano ; mi contenterò di ritornare al principio del regno biamento operarsi sempre a dispetto del voto della Camera. di Carlo Alberto. (Ah ! ah ! a destra, e da una tribuna dei Ho veduto, per esempio, le proposte di un ministro della giornalisti) Fuori del recinto di questa Camera si permetguerra virilmente combattute, e virilmente difese: preval- tono alcune interruzioni, le quali non dovrebbero essere tolsero le sue proposte nell'opinione della maggioranza della lerate... (Segni di adesione) Sul principio del suo regno, Carlo Alberto si trovava posto Camera ; ebbene pochi giorni dopo, ecco annunciata l'uscita in una difficile condizione dai contrari suoi precedenti. Due di quel ministro dal Gabinetto. Un'altra volta ci era dissenso tra il signor ministro della strade erano dinanzi a lui: l'alleanza austriaca, e il sistema pubblica istruzione, e quello dell'interno circa un articolo quindi dell'assolutismo, che era in allora anche congiunto col della legge elettorale; la Camera votò nel senso del primo, gesuitismo: oppure, il sistema di una progressiva e ragionevole libertà. ed eccolo dopo pochi giorni escire da! Ministero. Carlo Alberto inclinava sicuramente per questo secondo Io credo dunque, che il dare un voto favorevole a un ministro sia porre in pericolo la sua esistenza, e che per conse- partito, e Io dimostrò nei primi giorni del suo Governo; lo dimostrò col chiamare a sè il Degubernatis, col seguire per guenza un voto contrario non faccia che rinforzarlo. Citerò qualche cosa di ben più grave per la nazione. Tutti qualche tempo i suoi consigli; lo dimostrò colla istituzione si ricordano come il Ministero dopo avere combattuto viril- del Consiglio di Stato, il quale, secondo il primitivo concetto, mente le riforme che la sinistra suggeriva quanto ai rapporti secondo i commentari che allora si facevano, era il prelimitra la Chiesa e lo Stato, avendo poscia accolto nel suo seno nare di qualcosa di simile ad una rappresentanza nazionale, un distintissimo giureconsulto, abbia mutato il suo sistema, o quanto meno si voleva introdurre una maniera di Governo e ci sia venuto a proporre ciò che la sinistra aveva ripetuta- consultivo che avrebbe messo un qualche freno alle intempemente domandato, trovando bene ciò che prima era pessimo. ranze dell'assolutismo. Ma siffatto andamento pur troppo fu Allora sicuramente la sinistra lo ha appoggiato, e l'immensa breve. Non è mio intendimento di aprire ora le pagine che si rifemaggioranza di questa Camera, e l'intera nazione vivamente riscono a quella dolorosa parte della nostra storia. Dirò solo applaudirono al nuovo divisamento. Ebbene per lunga pezza si è aspettato che la riforma al- che dopo essersi seguiti i mezzi violenti, dopo le cospirazioni lora appena sbozzata fosse compiuta, perocché in allora erano che tendevano a rovesciare un Governo il quale credevasi promesse piuttosto che fatti; non si era fatto che risvegliare tradire gl'interessi nazionali, quando quelli che avevano tenuna grandissima aspettai one in tutto il paese. Nel momento tati questi mezzi ne sopportavano le dure pene, molti cittain cui, secondo ciò che era ripetutamente annunciato, noi dini amici della loro patria, volsero i loro sforzi a prove di avevamo il diritto di credere che queste promesse fossero un altro genere, Crearono una specie di resistenza legale; si prossime ad essere adempiute, ecco quel ministro che aveva proposero il problema dell'acquisto della libertà col mezzo per queste promesse stesse la simpatia della nazione, del Par- della legalità. Queste erano, direi così, cospirazioni alla luce del sole, ed lamento, od almeno della grande maggioranza, abbandonare il Ministero, ed ecco il Ministero entrare in un sistema affatto era evidente lo scopo di quelli che parlavano, che agivano, contrario a quello di quel ministro, in un sistema stato dalle che scrivevano in questo senso. Uomini distinti che rimasero estranei alla nostra vita pardue tribune del Parlamento dichiarato impossibile, e da non lamentare, molti che fecero e fanno parte del Parlamento si più tentarsi. Ecco adunque che l'influenza parlamentare si dimostra avviarono per quella strada : senza concerto tra loro, eravi nulla nelle attuali sorti dei nostri ministri: non dobbiamo una specie d'armonia prestabilita che sembrava doverli condunque temere questi dissesti, dei quali si inquieta grande- durre a buona riescita. Infatti, questa tattica non fu inutile, e non tardò a premente l'onorevole mio collega il signor Avigdor. durre qualche effetto. Dalla triste epoca del 1833 la condiQuesti seno i motivi pei quali io persisto nel mio voto. Io potrei porre termine al mio discorso se non avessi chie- zione del nostro paese andò gradatamente migliorandosi; si sta la parola anche con un altro intento: l'ho chiesta special- vide qualche cosa di progressivo, quantunque lentamente mente perchè credo necessarie alcune spiegazioni dietro una progressivo nell'andamento del Governo, ed io ne indicherò frase che è uscita dalla bocca del signor ministro di finanze. come prova il nome dei ministri dell'interno che furono Io credo che le posizioni debbono essere nette ; bisogna successivamente chiamati a reggere quella carica. Si cominehe da noi siano ben conosciute le opinioni; le opinioni che ciò dal conte Pralormo, il quale fu così benefico al paese poescono dalla bocca qualche volta si accettano^ ma quelle che nendo un freno alla troppa ingerenza vescovile nella distridwno una guarentigia al popolo, sono quelle confermate dai buzione dì quella parte di patrimoni nazionale càe è desti« TORNATA DEL 2943 - 28 GIUGNO nata a benefizio dei poveri. Al conte di Pralormo successe i! conte Gallina (Mormorio d'impazienza), e quindi il cavaliere Desambrois, e credo perciò che realmente vi fu una progressione verso la strada della libertà. Ma, o signori, mentre questa lenta mutazione si operava nelle viscere del Governo, si alzava a lato del Governo medesimo un'altra potenza la quale resisteva a quella specie di progressione, e ne rese l'esito lungamente problematico. Una potestà specialmente che era nella sua origine meramente municipale acquistò poco per volta una grande influenza nel paese; fu il centro, intorno al quale, credo di poter dire, si rannodò la reazione austriaca e gesuitica ; quindi da un lato gli uomini che erano chiamati legalmente a dar consigli al Re cercavano di ispirargli fiducia circa lo spirito del suo popolo, circa le sue tendenze, e forse gli parlavano anche qualche volta de'suoi diritti; dall'altro lato,.. (Vivi rumori d'impazienza) P R E S i ó B N i K . Ma ella si allontana dalla questione. Voci a destra. Sì ! sii p h k n i o k k t k . Parli del trattato colla Francia, e non faccia delia storia retrospettiva del nostro Stato. s i w e o . Osservo al signor presidente che, dietro l'andamento dato alla discussione dalla relazione, per cui si è addotto come motivo quello della politica tenuta dal Ministero in generale, e specialmente dal signor ministro delle finanze, dopo che il signor ministro delle finanze venne a ragionare non solo sulla sua politica attuale, ma anche sulla sua politica passata, e su quella di altri membri della Camera, io credo ragionevole... (Rumori a destra) p r e s i d e n t e . Io vedo che la Camera è impaziente per ìe sue digressioni nel campo delia storia, le quali non si riferiscono punto alla condotta del Ministero. Io pertanto non posso che invitarlo a tenersi strettamente alla questione, imperocché se continuasse in quell'argomento, oltre la perdita del tempo, sarebbe veramente un avviarsi per una strada di personalità che non penso sia intenzione della Camera di seguire. (Bene!) s i k e o . Io non persisterò a compiere questa parte della nostra storia, poiché il signor presidente la crede troppo lontana dalla nostra discussione; solo dirò che nel paese, dietro ciò che ho esposto, eranvi naturalmente due opposti campi. In un campo era il signor Valerio, come ci era io, almeno l'ho veduto spesso a sostenere le stesse tesi; era quel campo stesso in cui ci era il signor Pinelli, il signor Berlini, il signor Balbo, il signor Bon-Compagni. Il signor Cavour avendo dichiarato, che l'ha sempre combattuto, ha dichiarato quale era il suo posto in quel tempo. ( Risa a sinistra e rumori a destra) Questo l'ho spiegato in poche parole, poiché il signor presidente ha creduto che dovessi ridurre il mio discorso ; ed è questo uno dei motivi, pei quali realmente io non reputo che possa essere poi di tanto pericolo pel paese una demissione, come ci si minaccia, del ministro di finanze. Ritornando alla questione del trattato, io credo, come hanno espresso parecchi fra i miei onorevoli colleghi, che nella questione, che ci si presenta, avvi non una questione di diritto, perchè ravviso pienamente eliminata la pretesa, che si è voluto innalzare a nome della Francia, che essa potesse in qualsiasi guisa imporci questo trattato ; non avvi una questione di diritto, ma avvi una questione di convenienza e di dignità: io credo che voi non tradirete le convenienze della nazione, che già furono col fatto tradite per le speranze che le abbiamo date, e che non furono compite, e voi saprete riaprirle la via alle giuste speranze, e saprete sopra tutto salvare la dignità nazionale. 1851 c i t o i i k , ministro delle finanze, di marina, e d'agricoU tura e commercio. (Movimento d'attenzione) La direzione data a questa discussione rende oltremodo malagevole l'opera che io debbo compiere, posciachè, essendosi lasciato da parte il trattato stesso, il dibattimento venne aggirandosi prima sopra considerazioni che debbo, mio malgrado, chiamare quasi personali, indi sopra considerazioni politiche. Io procurerò di ricondurla sopra il vero terreno, esponendo alla Camera brevemente la storia delle negoziazioni tenute per venire alla conclusione di questo trattato, e facendola avvertita delle conseguenze che il suo voto possa avere. Io non ritornerò sopra la questione personale; ieri, rispondendo all'onorevole deputato Valerio, mi pare avere dimostrato alla Camera che* nel seno della Commissione, io non aveva fatto altro che ripetere quanto aveva avuto l'onore di esporre davanti alla Camera in altra circostanza. Quanto fu detto oggi, non mi obbliga ad aggiungere nuove parole. Io non terrò dietro all'onorevole deputato Sineo, circa le allusioni al mio passato. Io ho vissuto tutta la mia vita qui in Torino, in mezzo ai miei concittadini; tutti i miei atti sono stati pubblici; prima ancora della Costituzione sono entrato nell'arringo della pubblicità ; quindi io lascio il giudizio della mia vita passata ai miei concittadini, senza tema, non che questo giudizio non possa essere più o meno severo in quanto alla mia condotta ed agli errori che possa aver commessi, ma sicuro che (Con vivacità) in quanto alle mie intenzioni, ai miei sentimenti espressi apertamente dall'età di 16 anni, quando vi era qualche pericolo a manifestarli, nessuno certo mai vi sarà che possa dubitarne. Ciò detto, non mi soffermerò di più su questa prima parte della questione, che dirò personale, e rassicurerò nuovamente l'onorevole deputato Valerio, ripetendo quanto diceva ieri con intera buona fede, che in questa questione non era complicata né una questione di reazione, né una questione di rivoluzione. Sarebbe commettere un atto di eccessiva ingiustizia, e rispetto al potere esecutivo, e verso il popolo piemontese, se si potesse di buona fede credere che una crisi ministeriale potesse avere così tristi conseguenze. Né l'invio a Londra di un membro distinto di questa Camera può in nulla avere mutate le condizioni politiche dal tempo nel quale l'onorevole deputato Valerio credeva dover usare qualche temperamento nella sua opposizione rispetto al Ministero. Il ministro delle finanze, e l'onorevole deputato che volle incaricarsi di una difficile missione, non hanno nè l'uno, nè l'altro in nulla modificate le opinioni che essi hanno espresse alla Camera. Si trattava non di una missione politica, ma di una missione finanziaria. Il Ministero ha cercato la persona che, a suo giudizio, credeva la più capace di poterla adempiere, la più capace pei suoi lumi, per la sua pratica e per la sua riputazione. Se il Ministero avesse creduto che sui banchi, su cui siede il signor Valerio, vi fosse stata una persona sotto il rispetto finanziario, più di quella capace, quantunque in essa avesse ravvisato un avversario politico, non avrebbe esitato a rivolgersi alla medesima, ed a pregarla di incaricarsi di siffatta missione. Questa risoluziotfe, lo ripeto, non fu presa che dietro ls in* tima convinzione, che la persona scelta era dal lato finanziario quella che poteva adempiere quella delicata e importantissima missione nei modo il più soddisfacente pel paese. Ciò detto, entro nell'esame di questo trattato, stato eoa tanta veemenza, e, direi quasi, con tanta passione attaccato. Prosaicamente mi farò prima a raccontare la storia. (Uditel udite ì) Tostochè fu firmato ii trattato col Belgio e coll'Inghilterra, — 2944 — CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1 8 5 1 la Francia si trovava e v i d e n t e m e n t e , r i s p e t t o al nostro p a e s e , in una condizione affatto eccezionale, p e r c h è q u e s t i t r a t t a t i , r i d u c e n d o i dazi dei p r o d o t t i similari del Belgio e d e l l ' I n g h i l t e r r a , costituivano u n gravissimo d a n n o p e r essa. Essa c e r t a m e n t e non ci a v r e b b e richiesto di una d i m i n u z i o n e di d a z i ; ma siccome q u e s t i dazi e r a n o diminuiti rispetto ad a l t r e nazioni, il volere m a n t e n e r e dei dazi differenziali r i s p e t t o ad essa, equivalevale s i c u r a m e n t e ad u n ' i n f l i z i o n e gravissima di d a n n i ed e r a in c e r t o modo v e r s o di lei un a t t o s e m i ostile. Allora il Ministero, c r e d e n d o a n c h e di farsi in ciò i n t e r p r e t e della C a m e r a , cioè di non d o v e r e e s p r i m e r e dei s e n t i m e n t i ostili verso la F r a n c i a , significò alla m e d e s i m a c h e le si sar e b b e r o estesi i vantaggi r i g u a r d a t i nei t r a t t a t i conchiusi col Belgio e coli' I n g h i l t e r r a , p u r c h é fossero stati accordati r a g i o nevoli compensi in n o s t r o f a v o r e . Il Ministero insisteva s p e c i a l m e n t e su t r e p u n t i : i ° sugli olii; 2° sui dazi e sui diritti di n a v i g a z i o n e ; 3° finalmente sulle f o n d i t e della Savoia. E q u i d e b b o d i r e che insisteva sulle f o n d i t e , q u a n t u n q u e i n t r i n s e c a m e n t e q u e s t e a b b i a n o u n a leggiera i m p o r t a n z a , siccome mi farò a d i m o s t r a r e f r a b r e v e . Ma esso insisteva in ciò, p e r c h è la soia concessione di q u a l c h e i m p o r t a n z a che si p o tesse a c c o r d a r e alla Savoia dalla F r a n c i a , e r a a p p u n t o quella relativa alle f o n d i t e . La Francia accolse la n o s t r a d i c h i a r a zione col d i r e , che p r i m a di e n t r a r e in negoziazioni si r i s e r vava di e s a m i n a r e i nostri t r a t t a t i col Belgio, e coli'Inghilt e r r a o n i e v e d e r e in che limite poteva valersi della facoltà concessale dall'articolo 14 del t r a t t a t o . Qui conviene a r r e s t a r c i un m o m e n t o su q u e s t o famoso a r ticolo per p o t e r e p e s a r e gli a r g o m e n t i della F r a n c i a . Questo articolo dice che ove si facesse in a v v e n i r e u n a concessione ad u n ' a l t r a n a z i o n e , dovesse la m e d e s i m a e s t e n d e r s i i m m e d i a t a m e n t e alla Francia g r a t u i t a m e n t e , se lo fosse g r a t u i t a m e n t e all'altra nazione ; con c o m p e n s o , se all'altra nazione concessioni a g g i u n g e r n e delle daziarie ; q u e s t e concessioni e r a n o affatto g r a t u i t e . Noi non p o t e m m o a m m e t t e r e q u e s t o r a g i o n a m e n t o . Si è c o n t e s t a t o ed in p a r o l e e per iscritto p e r molto t e m p o , ma non a b b i a m o mai p o t u t o g i u n g e r e a c o n v i n c e r e la F r a n c i a : solo siamo p e r v e n u t i a q u e s t o p u n t o che la Francia disse : e b b e n e a m m e t t e r ò che non siano a s s o l u t a m e n t e g r a t u i t e le vostre concessioni, ma voi dovete confessare c h e il prezzo con cui esse sono state p a g a t e , è ben poca c o s a ; non d o v e t e q u i n d i c h i e d e r e da noi un c o m p e n s o in p r o p o r z i o n e di q u a n t o ci c o n c e d e r e t e m e d i a n t e l'estensione alla F r a n c i a delle r i d u zioni c o n s e n t i t e dalla Francia p e r l ' I n g h i l t e r r a , ma d o v r e t e m i s u r a r e le v o s t r e d o m a n d e a quel poco che si p u ò a p p r e z z a r e delle concessioni f a t t e d a l l ' I n g h i l t e r r a . Qui, o signori, non vi dico che io sia r i m a s t o c o n v i n t o della ragionevolezza d e l l ' a r g o m e n t o dei negoziatori f r a n c e s i , ma sono r i m a s t o p e r s u a s o di una cosa, ed è che al p u n t o a cui e r a n o giunti i negoziati, noi non p o t e v a m o o t t e n e r e di meglio. Q u a n t o a tale convinzione, essa p u ò e s s e r e e r r o n e a ; io s a r ò c a d u t o in e r r o r e , ma ad ogni m o d o , di b u o n a f e d e , s i n c e r a m e n t e , ho c r e d u t o e c r e d o a n c o r a , che al p u n t o a c u ì e r a n o g i u n t e le negoziazioni, bisognava scegliere o l ' u n o o l'altro di q u e s t i d u e partiti ; o r o m p e r e le negoziazioni e d i r e alla F r a n c i a : noi non vogliamo t r a t t a r e , f a t e quello che v o lete ; se volete c o n s i d e r a r e il t r a t t a t o del U n o v e m b r e c o m e a n n u l l a t o , p a d r o n i ; voi v i o l e r e t e il d i r i t t o delle g e n t i ; sicur a m e n t e , non vi sono t r i b u n a l i p e r far g i u d i c a r e q u e s t a violazione, e non p o t r e m m o i m p e d i r l a ; o c o n t e n t a r c i di ciò c h e era o t t e n i b i l e . Noi a q u e s t o o p p o n e v a m o , e con molta r a g i o n e , che altra cosa era l'assicurarci un f a v o r e p e r mezzo di un t r a t t a t o che non per mezzo d L u n a concessione semi g r a t u i t a , p e r una d e liberazione volontaria i n t e r n a ; che era cosa di molta i m p o r tanza f a r e di d i r i t t o e s t e r n o q u e l l o che non e r a che di d i r i t t o interno. Noi a b b i a m o c r e d u t o più o p p o r t u n o di scegliere q u e s t o s e condo p a r t i t o ; e n e spiego ! motivi. Questi sono in p a r t e e c o nomici, in p a r t e politici. Se avessimo a d o t t a t a fa p r i m a risoluzione, se avessimo r i cusato di t r a t t a r e sulle sole basi, sulle quali e r a possibile d i t r a t t a r e colla F r a n c i a , bisognava n e c e s s a r i a m e n t e m a n t e n e r e rispetto alla m e d e s i m a i d i r i t t i differenziali. In q u e l t u r n o di t e m p o noi a v e v a m o già t e n u t o negoziazioni colla P r u s s i a , c o l l ' I n g h i l t e r r a , e r a v a m o in via di t r a t t a r o collo Zollverein e colla Svizzera, quindi p o t e v a m o p r e v e d e r e c h e f r a non molto a v r e m m o esteso q u e l l o che voglio c h i a m a r e il d i r i t t o c o m u n e , a t u t t o l'occidente d ' E u r o p a , o a l m e n o a t u t t o l'occidente p r o d u t t o r e d ' E u r o p a , poiché il non e s t e n d e r e i t r a t t a t i alla Spagna ed al Portogpllo non m u t a c e r t a m e n t e le n o s t r e relazioni c o m m e r c i a l i con questi paesi. I t r a t t a t i c o n chiusi e quelli da farsi facevano sì, r i p e t o , che il d i r i t t o com u n e s a r e b b e stato esteso a t u t t o l ' o c c i d e n t e d ' E u r o p a , m e n o alla F r a n c i a . Se q u i n d i non si fosse t r a t t a t o con q u e s t a , sar e b b e stato m e s t i e r i di m a n t e n e r e n e c e s s a r i a m e n t e p e r t u t t o l ' o c c i d e n t e d ' E u r o p a t u t t e q u e l l e restrizioni e f o r m a l i t à che sono le c o n s e g u e n z e indispensabili dei diritti differenziali. A cagion d ' e s e m p i o , p e r ciò che riflette le m e r c a n z i e che g i u n gono dal Belgio, siccome f u s p e c i a l m e n t e stabilito che q u e s t e possano g i u n g e r e p e r la via di F r a n c i a , dacché s a r e b b e s t a t o quasi u n ' e s c l u s i o n e il c o s t r i n g e r l e a venire per la j | a di m a r e , essendo !a Francia r i m a s t a sotto il peso d e i diritti d i f f e r e n ziali, s a r e b b e occorso di esigere dai p r o d u t t o r i belgici t u t t e le f o r m a l i t à a t t e a f a r n e c o n s t a r e la nazionalità belgica. A ciò replicava la Francia : ma n e l l ' a t t o stesso di navigazione, l ' I n g h i l t e r r a p e r m e t t e al suo Governo di impegnarsi ed a c c o r d a r e t u t t e le facilità di navigazione alle potenze che gli c o n c e d e r a n n o la reciprocità r i s p e t t o alla n a v i g a z i o n e ; di m o d o che bastava che voi applicaste ad essa i principii che a v e t e p r o c l a m a t o l ' a n n o scorso, per a v e r e assicurati i b e n e fizi d e l l ' a t t o di navigazione. Voi a v e t e c r e d u t o a q u e s t e p r i m e Ora a voi tutti è noto q u a n t o siano malagevoli siffatte c o n statazioni. Se si vuole che q u e s t e formalità siano v e r a m e n t e s e r i e , è d ' u o p o p r e s c r i v e r e che il certificato d ' o r i g i n e sia vid i m a t o dal sindaco, d a l l ' a u t o r i t à c e n t r a l e , e da un n o s t r o a g e n t e diplomatico o consolare. Ora t u t t e q u e s t e f o r m a l i t à s a r e b b e r o t o r n a t e di gravissimo incaglio al nostro c o m m e r c i o , senza a r r e c a r e v e r u n beneficio. 10 fosse m e d i a n t e c o m p e n s o ; cosicché se nel n o s t r o t r a t t a t o 11 Belgio ci avesse concesso c o m e IO, la Francia a v r e b b e a v u t o il d i r i t t o di o t t e n e r e lo stesso favore m e d i a n t e u n a concessione eguale a 10. Io credo che l'articolo 14 del citato t r a t t a t o non si possa altrimenti interpretare. La Francia d u n q u e si pose a s t u d i a r e i t r a t t a t i col Belgio, e r i c o n o b b e tosto che le concessioni f u r o n o f a t t e a titolo o n e r o s o . T e n t ò d i m o s t r a r e che n o n vi era stata assoluta r e c i p r o c i t à , che noi avevamo c o n c e d u t o assai più di q u a n t o avessimo o t t e n u t o . Questo non e r a da noi c o n t e s t a t o , e n e m m e n o a v e v a m o mai chiesto alla Francia la r i d u z i o n e su di un n u m e r o di articoli eguali a quello su cui e r a v a m o disposti a farla dal canto n o s t r o . Ma in q u a n t o al Belgio la q u e s t i o n e non si fece mai s e r i a , p e r c h è la Francia non potè disconos c e r e il c a r a t t e r e di titolo oneroso delle concessioni f a t t e con quel trattato. — 2945 — TORNATA DEL 2 8 Dirò di più, che questo fu uno dei motivi per cui il Governo credette dover estendere a tutto l'occidente d'Europa il diritto comune. Ciò gli permetterà, non dico di dispensare forse assolutamente dai certificati d'origine, che potrà forse richiamare in vigore, ove riconoscesse che dalla non esistenza di questi potessero nascere degli inconvenienti, ma ad ogni modo di semplificare tutte le nostre operazioni commerciali colle nazioni dell'occidente d'Europa. Noti poi la Camera che questi diritti differenziali sarebbero tornati di sommo aggravio alle provincie finitime della Francia, alle provincie della Savoia, e specialmente a quelle il di coi mercato è Ginevra. Se non si facesse il trattato colla Francia, se si dovessero richiedere i certificati d'origine di tutte Je mercanzie che giungono per la frontiera di terra, egli è eridente che sarebbe tolta alla Savoia la facilità di approvigionarsi a Ginevra, salvo per quei pochi che farebbero il commercio all'ingrosso. Ma siccome la massima parte dei negozianti di Savoia vanno a Ginevra, e comprano al minuto delle mercanzie inglesi, delle mercanzie belgiche, sarebbe perciò quasi impossibile ottenere dai negozianti un certificato d'origine, dacché non si potrebbe accontentarsi certo del certificato d'origine del negoziante ginevrino, ma sarebbe d'uopo che questo si munisse sempre dei certificati dei negozianti belgici ed inglesi per trasmetterli poi ai negozianti savoiardi. Questo avrebbe, 10 ripeto, incagliato soverchiamente le relazioni commerciali della Savoia colla vicina Svizzera, ed io credo che se vi sono delle provincie che dovrebbero accogliere con piacere questo trattato, sono al certo quelle della Savoia. E confesso che sono stato molto meravigliato al vedere lo sdegno, la collera dell'onorevole deputato di Bonneville nel respingere questo trattato, poiché, Io ripeto, io credo che i suoi rappresentanti sarebbero stati coloro che dalla non accettazione del medesimo avrebbero dovuto maggiormente soffrirne. b a s t i j l n . Je demande la parole. C a v o u r , ministro delle finanze, di marina, e d'agricoltura e commercio. Ma vi era un'altra considerazione, che economicamente ci conduceva ad accettare questo trattato. Sicuramente quello che la Francia ci accordava non era una larga concessione, ma non è nemmeno cosa da sprezzare. Si è parlato delle fondite; ma, Dio buono ! la concessione sulle frutte fresche supera di gran lunga quella sulle fondite della Savola ; e lo dimostrerò colle cifre che sono più eloquenti del sarcasmo. Io vedo qui, nello stato decennale della Francia, a pagina 22, che di aranci e cedri se ne sono introdotti in media per 940 mila lire all'anno, mentre delle fondite non si introdusse se non da 5 a 6 mila quintali metrici. Ora la ^fondita grezza io non credo che si possa stimare più di 50 o 33 lire per quintale. In Francia, dov'è carissima, essa vale 200 o 220 lire per quintale metrico, in Inghilterra vale dalle 60 alle 70 lire, e sappongo che la fondita della Savoia possa valere 30 lire. Dunque le nostre esportazioni di fondita in Francia non rappresentano che un valore di 150 mila lire. Vi è poi un altro argomento che la Francia ci opponeva, ed è che le fondite nostre pagano molto meno delle fondite inglesi. Vi esiste a favore delle fondite della Savoia, e di una parte di quelle del Belgio uri diritto differenziale. Le fondite inglesi pagano alla loro entrata in Francia sei lire e mezza per quintale metrico, mentre quelle del Belgio e quelle che entrano per la frontiera di terra fino al monte di Ginevra, che racchiude la Savoia, non pagano che quattro lire. Quindi 11 negoziatore francese diceva : ma voi avete già su questo articolo un dazio differenziale a vostro favore ; se vi fossero alcuni che dovessero lagnarsi, sarebbero gli Inglesi che inSesswne del 1851 — Camera deì Deputati — ÌHtmnìmi Si9 GIUGNO 1851 troducono 200 o 300 mila quintali metrici all'anno, e non voi che ne introducete quattro o cinque mila; e in ciò, Io ripeto, l'argomento era fondato. Nullameno desiderando favorire la Savoia, noi avremmo accelt&to molto più volentieri una riduzione di dazio sulle frutta fresche, tanto più che per queste si era già operata una riduzione nel passato. Ma, ripeto, ciò non fu possibile ottenere, sia per quest'argomento, sia ancora perchè ci si diceva che il momento era male scelto per fare una riduzione sulle fondite, stante Io stato di crisi in cui si trovano tutte le fabbriche metallurgiche della Francia. Io ho fatto notare questa circostanza, onde provare ai deputati della Savoia che nulla dal canto del Governo venne negletto onde ottenere un beneficio alle loro provincie. Esso, lo ripeto, era deliberato a rinunziare ad un benefizio maggiore, purché il benefizio minore tornasse a prò della Savoia ; e ciò dico per dare una nuova prova dei sentimenti del Ministero per essa. Ma poiché l'onorevole deputato Chapperon ha creduto, in occasione di questa discussione, di rinnovare le eterne lagnanze sui sacrifizi a cui soggiace la Savoia, io debbo dichiarare un fatto alla Camera. (Udite ! uditeì) Da due mesi che io sono al Ministero una delle mie princi» pali cure è di provvedere dei fondi per i bisogni gravissimi dello Stato, e quindi cerco di fare venire dei fondi dalle varie provincie, e di non lasciare in ciascuna di esse che quella quantità strettamente necessaria per far fronte ai bisogni locali. Tutte le provincie dello Stato hanno, qual più, qual meno, contribuito a sopperire ai bisogni generali dello Stato; le sole provincie che non hanno mandato un soldo da due mesi furono quelle della Savoia. (Movimento) Anzi fu necessario, già per due volte di mandare da Torino dei fondi a Ciamberl, e se gli onorevoli deputati della Savoia vogliono dirigersi all'ispettore generale dell'erario vedranno che la Savoia non mandò fondi in Piemonte, ma che invece dal Piemonte furono mandati scudi in Savoia. (Sensazione) c h e x ^ l . Je demande la parole. Ca v o u r , miniSiro delle finanze, di marina, e d'agricola tura e commercio. Questa è una dimostrazione materiale che mi pare risponda eloquentemente a tutte le declamazioni che si fanno sulle ingiustizie inverso deila Savoia. Quanto agli olii, si incontrò una opposizione assoluta. Ma qui giova far notare alla Camera che, quando si negoziava, non si era ancora operala la riforma daziaria, e noi ci trovavamo rispetto alla Francia, per chiedere una riduzione sugli olii, in una singolare posizione, ed è che nel nostro paese mantenevamo su tale merce un dazio più elevato di quello della Francia Noi ci lamentavamo, e con ragione, di questo dazio, noi dicevamo alla Francia : voi siete protezionista; non volete capire che bisogna ridurre questo dazio sugli olii, e la Francia ci rispondeva : ma voi lo avete più elevato di me : io faccio pagare 25 lire per ogni 100 chilogrammi, e voi ne fate pagare 30. i L'argomento aveva qualche peso, e veramente io mi trovava un poco imbarazzato a rispondere al negoziatore francese, e a fare una dissertazione sul libero scambio, quando egli mi dimostrava coi fatti che" nell'articolo Olii noi eravamo più protezionisti della Francia. Adesso li abbiamo ridotti (Ilarità) A 20 lire, quindi siamo di cinque lire più liberi scambisti della Francia... b o n j l v e u a . . Ci sono le tare in Francia che portano la somma a lire 33. (Ilarità) — 2946 — CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1851 CAVOUR, ministro delle finanze, di marina, e d'agricoltura e commercio. Comunque sia, noi siamo piùliberi scambisti di &lire, oltre le tare {Ilarità), epperciò siamo in condizione di potere, rispetto all'olio, parlare con qualche maggiore autorità. In quel momento, lo ripeto, gli argomenti non calzavano molto : tutte le teorie andavano a rompersi contro quel fatto, che il diritto presso noi era più elevato che non lo fosse in Francia. Escluso l'articolo degli olii, io in verità, quand'anche dovessi eccitare il sorriso della Camera, debbo dire che non ne vedo alcuno più importante di quello delle frutta fresche; e per provarlo, se la Camera me lo permette, vado a leggere il quadro del nostro commercio colla Francia, Nell'articolo i sono le sete lavorate ;|ma queste pagano quasi nulla in Francia: non vi è che un diritto di bilancia, e perciò non si poteva fare argomento di diminuzione. Dopo le sete lavorate vengono le sete greggie, e queste non pagano; quindi i cereali ; ma quelli che qui sono notati, sono cereali che giungono dal porto franco di Genova, e non sono di nostra produzione, poiché la Camera ben sa che noi non solo non abbiamo un sopprapiù di cereali da esportare, ma dobbiamo ogni anno importarne 600 o 700 mila quintali. Vengono poscia gli avanzi di sete, che non sono soggetti anche a verun dazio. Quindi il riso ; ma per esso si era già ottenuta una diminuzione ragguardevole nell'ultimo trattato, e il diritto ridotto a 3 lire per ogni 100 chilogrammi sopra una mercanzia che vale 55 o 40 lire è così moderato che, riflettendo a tutto il sistema daziario della Francia, si può dire sia d'un liberalismo veramente insolito. Vengono in seguito i legnami che rappresentano un valore di 2,000,000 e più; ma il diritto sui medesimi è di poco momento; epperciò appunto la Francia, che non vuole allontanarsi dal suo sistema di protezione, non n'è affatto contenta. La Camera ricorderà che (credo l'annoscorso) l'introduzione dei legnami della Savoia io Francia fu argomento di altissime lagnanze di alcuni membri dell'Assemblea francese, fra cui di uno di quelli che chiamansi taborisli, del signor Botfvet. TAiiEiuo SìOrkkzo. Non è tahorista. Cavour, ministro delle finanze, dì marina, e d'agricoltura e commercio. Sarà almeno della montagna più bassa. Il lieve dazio che paga il legname, fufatto, ripeto, argomento di lagnanze di alcuni deputati francesi: quindi non era il caso di pensare a domandare una riduzione su questo articolo. Dopo viene la categoria Oranges et citrons. Una voce. Ei bestiami ? CAVOUR, ministro delle finanze, di marina, e d'agricoltura e commercio. Per questi l'esportazione è molto minore, dacché la media degli oranges et citrons è di 940,000 lire, mentre che pei bestiami non è che 446,000. Quindi la Camera vede che, esclusi gli olii, le frutta fresche erano ancora l'articolo più importante, sul quale si potesse ottenere un qualche favore. E dico pensatamente favore, perchè per le frutta fresche che noi importiamo in Francia non è stabilito che il diritto di 4 lire per ogni Ì00 chilogrammi , mentre per quelle degli altri paesi, e segnatamente della Spagna è stabilito il diritto di 10 lire. La Francia adunque ci accorda un diritto di favore, mentre noi non le accordiamo che il nostro diritto comune. Quindi la Francia sino ad un certo punto poteva dire: io vi do più di quello che ricevo, perchè voi date a me quanto avete in animo di dare a tutti ; io invece do a voi quanto nego assolutamente di dare agli altri.. e asprosìi. Ma lo dà ad una sola provincia. cavoce, ministro delle finanze, di marina, e d'agricoltura e commercio. Se si fosse ottenuta una riduzione sugli olii, sarebbe stata anche a favore di sole 3 o 4Provincie; del resto anche la Sardegna produce delle frutta fresche, e se la coltivazione in quell'isola ne fosse più estesa, come spero si estenderà, anch'essa potrà portare i suoi prodotti in Francia, perchè la riduzione non si è fatta solo per la provincia di Nizza... A.SPHONI. Ma i nostri frutti ora marciscono. CAVOUR, ministro delle finanze, di marina, e d'agricoltura e commercio. Ma appunto se marciscono devesi sapere buon grado al Ministero che ha loro aperto uno sfogo. (Risa d'adesione) Credo di avere dimostrato che l'adozione del trattato colla Francia aveva per noi queste utili conseguenze, di non costringerci a mantenere i dazi differenziali per il paese col quale abbiamo le maggiori nostre relazioni, di non costringerci a mantenere l'obbligo dei certificati d'origine, della vidimazione delle carte per tutti i paesi coi quali avevamo conchiusi trattati, finalmente di avere un compenso sopra unarticolo che pare di poca importanza, ma che però costituisce un ramo di considerazione per noi, perchè rappresenta una somma di quasi un milione all'anno. In quanto alla Francia, nell'esporre i suoi motivi sosteneva che col non estendere ad essa i benefizi del trattato mediante compensi, ne derivava la denunzia del trattato del 4 novembre, e quindi la facoltà ad essa di stabilire tasse differenziali. A ciò si risponde: ma la Francia non si sarebbe valsa di questa facoltà. Io non voglio esagerare le cose. Probabilmente la Francia non avrebbe fatto quest'atto, che sicuramente sarebbe stato biasimato altamente da tutti gli uomini non solo liberali, ma che conservano'' un sentimento di giustizia; ma finalmente, se non vi era una probabilità, vi era una possibilità, e questa poteva essere gravissima. L'onorevole deputato Valerio ha detto: ma la Francia non può fare senza le nostre sete , perchè ne ha assolutamente bisogno. Aciò io risponderò, che non posso dividere assolutamente quest'opinione. Pur troppo, disgraziatamente per noi, non abbiamo più il monopolio del mercato di Lione, dove oggi concorrono tutte le sete della Lombardia, della Romagna, e del mezzogiorno della Francia, le quali non solo eguagliano i nostri organzini, ma li hanno lasciati anche assai indietro. Quindi non sipuò dire che la Francia abbia unbisogno assoluto delle nostre sete. Ma iononcredo che avrebbe stabilito un diritto sulle sete, edil motivo si è, che questa merce è di troppo facile contrabbando, e se la Francia avesse stabilito un dazio di soli 4 o 8 lire per chilogramma sulla medesima, io credo che sarebbe entrata in Francia per contrabbando, oltreché sarebbe stato troppo facile il farla passare anche dalla Svizzera, di ottenere un certificato di origine Svizzera, e di introdurla all'ombra del medesimo. Quindi per le sete non vi era pericolo di una sovratassa. Ma non così sull'olio. Se la Francia avesse posta una sovratassa di 10 lire per quintale metrico sull'olio, come avremmo potuto impedire il danno che sarebbe ricaduto su questo nostro prodotto ? La Francia può procacciarsi l'olio, e nelle Due Sicilie, e a Tunisi, e in Oriente, e nella Spagna, quindi se avesse imposta una sovratassa di IOo 15 lire sull'olio, questa sovratassa sarebbe ricaduta intieramente sui nostri prodotti. Nè io dico che i nostri produttori non l'avrebbero soppori — 2947 - TORNATA DEL 28 GIUGNO 1851 tata pazientemente; sono certo che essi avrebbero sacrificato i loro interessi al bene generale, ma finalmente vi era il pericolo di fare ricadere su di un ramo molto interessante della nostra industria una gravissima sovratassa. Il Ministero quindi, attesa questa possibilità, non dico probabilità, ma questa possibilità, trovò che questo pericolo meritava moltissimo riguardo, e fu anche questo uno degli argomenti che lo mossero ad aderire a questo trattato. Venni fin qui esponendo i motivi economici che hanno indotto il Ministero ad accettare questo trattalo, che egli vede con sommo suo dolore così poco gradito dalla Camera. Dirò ora dei motivi politici. (Udite! udite)) Non seguirò sul terreno un po'sdrucciolo, alcuni degli onorevoli preopinanti. 10 non esaminerò la politica interna della Francia; non me ne farò nè l'apologista, nè il critico. Io penso che una grande nazione, che si regge a libertà, è fino ad un certo punto risponsale degli atti del suo Governo. Stimo quindi essere poco prudente il volere sceverare in modo assoluto il Governo dalla nazione, ed il credere che le critiche che si rivolgono all'uno, non ricadano indirettamente sovra l'altra. Nè a questo argomento si può opporre la polemica interna, imperocché noi scorgiamo tuttodì che l'uomo della più viva e violenta opposizione, quando vede i suoi opponenti attaccati all'estero, se ne costituisce quasi involontariamente il difensore. E di ciò ne fornì una prova l'onorevole Brofferio, 11 quale, dopo avere non poco inveito contro il Ministero, ci ha detto che, quando ha veduto questo Governo attaccato al di fuori, egli fu commosso da un certo sentimento italianopiemontese che lo portava quasi quasi a farsi l'avvocato di esso Ministero. (Ilarità) Io credo che lo stesso si debba dire della nazione francese. Se avessimo ricusato di trattare col suo Governo, io penso che l'irritazione non si sarebbe ristretta a questo, si sarebbe estesa a tutta la nazione, sia a cagione di quella solidarietà che rispetto all'estero esiste tra quasi tutti i partiti politici, sia ancbe per un altro motivo più grave. Siffatto motivo si è che nelle questioni economiche la nazione francese non è più liberale del suo Governo. A tal uopo 10 debbo ripetere che ho già assai fiate osservato alla Camera chei giornali i più liberali, i più radicali, i più rivoluzionari sono proiezionisti. Il National, che io veggo sovente sui banchi della sinistra, è ultra-protezionista, il signor Valerio non lo contesterà ; i socialisti stessi sono protezionisti, ullraprotezionistL Essi declamano sempre contro la concorrenza interna, notate poi se essi sono amici della concorrenza estera'. (Movimento) In verità io non conosco in Francia giornali serii, tranne quello dei Débats e VOrdre, che siano pel libero scambio, quindi il nostro rifiuto non avrebbe incontrato la simpatia di alcun partito, e non vi è nemmeno la speranza che, succedendo in Francia un cambiamento, si potrebbe trovare dei governanti sulle questioni economiche più a noi favorevoli. L'ho detto e lo ripeto, il Ministero colà è più liberale dell'Assemblea, e l'Assemblea è più liberale della nazione in fatto di princjpii economici. Infatti, nel Ministero vi sono due economisti i quali per ora fanno tacere i loro principii, che hanno lasciati alla porta del Gabinetto, il signor Léon Francher, ed il signor Buffet. Essi non possono spogliarsi della loro opinione sul libero scambio; solo dicono che è impossibile farla accettare dall'Assemblea, che sarebbe loro desiderio che si accettasse, ma che non possono fare che 11 loro desiderio si effettui, e che siccome in questo momento le questioni politiche sono di gran lunga più importanti delle economiche, sacrificano perciò alle politiche le questioni economiche. Quindi, ripeto, col non accettare il trattato nei commettevamo un atto ostile non solo contro il Governo, ma contro la nazione francese. Ora conviene esaminare se era opportuno il fare quest'atto ostile, il porsi in relazione, non voglio già dire d'inimicizia e di ostilità, perchè, ripeto, nelle relazioni che sono passate tra la Francia e noi, nulla può indurci a credere che essa ci avrebbe mosso*delle ostilità se non avessimo aderito a questo trattato, ma sicuramente tre« varci in relazioni con essa poco amichevoli. Se l'Europa versasse in circostanze ordinarie, se l'orizzonte fosse perfettamente tranquillo, questo non potrebbe per avventura avere gravi inconvenienti, e sarebbe forse stata cosa opportuna il correre incontro a pericoli poco probabili nell'ordine politico per cercare di conseguire un vantaggio economico notevole, ma in verità io credo che, nelle circostanze attuali, nelle condizioni speciali in cui noi ci troviamo, non sia prudente, non sia politico il non essere colla Francia in buona relazione. Si è molto parlato delle varie contingenze che potrebbero accadere. (Udite.) L'onorevole relatore ha detto che, senoi fossimo attaccati» la Francia ci difenderebbe : questo fu contestato da alcuni, e da altri consentito. Quanto a me, dirò sinceramente che se fossimo attaccati, io, più nel soccorso della Francia, avrei fede nei sentimenti unanimi della nazione, nell'entusiasmo che si desterebbe in tutti nel vedere lo stendardo tricolore inalzato da un Re generoso, avvezzo ai giuochi della guerra. (Sensazione) Qui esprimo schiettamente la mia opinione relativamente al caso in cui fossimo attaccati ; ma, o signori, non è questo il solo avvenimento politico che possa accadere in Europa. Non può arrivare una tale complicazione di eventi in cui prendano parte lutti i popoli d'Europa ? In cui l'Occidente e l'Oriente si trovino divisi in due campi? E se questo accadesse, sarebbe egli desiderabile che noi fossimo ih tóeii che buone relazioni colla Francia? Se quest'avvenimento* Che non è probabile, ma che non è impossibile, accadesse, desidererebbero gli oratori che hanno parlato con tanto calore, che noi ci trovassimo in poco benevoli rapporti colla Francia, e che dovessimo fare assegno, nelle eventualità di un attacco dalla Francia, sulle baionette che stanno oltre Ticìfto? (¿/or« morto a sinistra) Io in verità non lo credo; io lo dichiaro altamente, che in vista degli avvenimenti, ripeto, non probabili, ma possibili, che possono compiersi in Europa, credo prudente, opportuno, conforme ai veri interessi dèi nostro paese di trovarci in buone relazioni colla Francia, ed èperciò che noi abbiamo, non dirò sacrificate, ma lasciate in seconda linea le considérazioni economiche, e ci lasciammo indurre dalle considerazioni politiche ad assentire a questo trattato, che assicura ii mantenimento delle nostre buone e cordiali relazioni colla Francia, e ci assicura che, ove gravi complicazioni europee sorgessero, non avremmo da stringere un'alleanza con un popolo col quale ci fossero discussioni economiche, che dovessimo fare un trattato d'alleanza politica, mentre Si combatterebbe una guerra di dogane. Io ho spiegati brevemente i motivi, sia economici, sia politici, che hanno indotto il Ministero ad aderire al trattato sottoposto alle vostre considerazioni. Io non Sostengo che il negoziatore, ed il ministro che ha approvato il suo operato, non siano caduti in errore. Non voglio affermare che non si fosse potuto negoziare con maggior abilità, oppure che la determinazione del Ministero sia stata la migliore. Fiì quella che esso credette la più opportuna, ma può avere errato, 1 —2948 — CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1851 Quindi la Camera deve vedere se vi sia aperta una di queste due vie: o di ricominciare le negoziazioni colla Francia onde ottenere migliori condizioni immediatamente, oppure di aprire una guerra di dogaue. Io non voglio esprimere la mia opinione su questi due mezzi. L'ho già detto e lo ripeto : un negoziatore più abile forse potrà ottenere condizioni migliori da una guerra di dogane, e potrebbe forse arrivare ad un migliore trattato ; ma comunque sia, la Camera ba da scegliere fra il sanzionare quello cbe si è fatto, oppure avventurarsi in una di quelle vie che venni accennando. Conchiuderò come ho cominciato. Qualunque sia il voto della Camera, io vi farò plauso. Quando questo voto fosse contrario, io desidero sicuramente che, oltre il procurare all'onorevole deputato Valerio il piacere di vedermi allontanare da questo banco così vicino al suo (Ilarità), per tornare a sedermi in mezzo a'miei amici politici, tale voto procuri al paese un ministro di finanze che in due mesi sappia adempiere al programma del deputato Valerio, e che mercè i suoi consigli e lesue ispirazioni possa in due mesi di lotta parlamentare ristabilire l'equilibrio nelle finanze, sciogliere il difficile e forse insolubile problema dell'imposta unica sulla rendita, fare cessare gl'inconvenienti della centralizzazione, riformare l'amministrazione interna, soddisfare insomma a tutti i desiderii dell'onorevole deputato Valerio, desiderii e voti che veramente io sono stato incapace di adempiere. Miduole invero di avere fatto provare al deputato di Casteggio una disillusione ; ma siccome l'illusione durò così poco, io spero che non me ne serberà mal grado ; mentre dal canto mio, lungi dell'avere a male la sua, mi permetta di così chiamarla, un po' veemente filippica, io la riguarderò come un favore, e gliene serberò eterna riconoscenza. (Risa ironiche a sinistra — Bravo! Bene! a destra ed al centro) prési dent s. Il deputato Chenal ha la parola. CHETAI*. Monsieur Mellana vient de se féliciter dece que le discours de monsieur Avigdor, tendant àreprouver l'occupation romaine, a été prononcé en français. En vérité, c'est là une expression qui a ledroit de blesser ceux qui dans cette enceinte font usage de la langue française. La préférence exclusive que l'on voudrait donner ici à l'italien, la proscription, les attaques incessantes dont celle malencontreuse langue française ne cesse d'élre l'objet, ont quelquechose d'irritant, non pas seulement pour les Savoisiens et les Niçois mais encore pour les habitants des vallées vaudoises, de celles de Fenestrelle et d'Aoste, qui tous ensemble composent près d'un cinquième de la population du royaume. Ades attaques continues, permettez-moi donc, messieurs, d'opposer des reproches non interrompus. Jusqu'à ce jour j'ai cru que le patriotisme n'est le partage d'aucune langue. Si jadis l'Italie a parlé le noble langage de la liberté, devenu plus tard une langue morte pour le continent européen, c'est à la France que l'on doit de l'avoir récupéré. Sans elle, sans son influence, le Piémont aussi bien que la plupart des Etats de l'Europe vivraient encore sous le régime absolutiste. C'est ce que personne de nous ne peut, ni ne doit oublier. Lejour où le linceul de la servitude couvrira la France, ce jour sera la mort de la liberté pour toute l'Europe. Quelque pénible que puisse être pour un cœur italien l'occupation française de Rome, cette invasion n'est en définitive que l'œuvre, que la complicité d'un parti agissant de concert, dont les agrégats se retrouvent partout, aussi bien en Italie qu'ailleurs. La majorité de la nation française désavoue la violence faite à l'indépendance italienne; elle sait fort bien qu'en méconnaissant les nationalités étrangères, qu'en intervenant chez elles , elle autorise les puissances absolutistes à violer la sienne; elle sait encore que la différence delà faiblesseàla force n'est une justification pour personne. Pleins de cette persuasion, ungrand nombre de députés français ont subi l'exil dans l'intérêt et pour la cause romaine. Il serait aussi superflu de vous rappeler quelle langue parlent ces hommes, que de vous faire ressouvenir qu'en combattant à vos côtés, qu'en mêlant leur sang aux vôtres dans les guerres subalpines, les Savoisiens n'ont eu jusqu'ici nul besoin de savoir l'italien pour comprendre la langue du sacrifice et celle de l'honneur. Qui de nous à eu besoin de savoir le Hongrois ou le Polonais pour s'affliger du malheur qui a frappé les peuples de ce nom? Au lieu d'attacher tant d'importance à nos langues respectives, rappelions-nous qu'il est une langue universelle, comprise de tous, qui résume les principes les plus généreux, qui fait palpiter des raillions d'homues, et que celte langue est celle de la liberté. Qaand tous le cœurs battent aujourd'hui pour une même idée, quand la solidarité de cette pensée est partout, qu'importent les autres langues? Toute classification offensante des individus ou des nations qui les parlent est regrettable. Que dirait-on, messieurs, si dans cette réunion un député savoisien, blessé d'une manifestation de principes politiques, la répudiait en vous disant qu'il se félicite qu'elle n'ait pas eu lieu en français? Je laisse à votre sincérité, à votre juste susceptibilité le soin de répondre à cette question. Le procès que l'on ne cesse de faire à la langue française ne peut que nous désunir ; il est avec cela une infraction aux volontés de notre loi constitutionnelle, de notre Statut qui permet l'usage de deux langues, devant lequel jusqu'à novation contraire, chacun de nous doit s'incliner avec respect. Quand tous ensemble nous devrions fortifier notre union, nous confondre dans un sentiment unanime d'amour pour la liberté nous venons de gaieté de cœur jeter une barrière entre nous. Je ne vois en définitive dans ces poursuites toujours renouvelée et toujours injuste, que le secret de nous séparer et de nous affaiblir. Dans une précédente séance, monsieur Mellana nous a dit, que lalangue française devrait être bannie de notre Parlement, et pour justifier cette assertion il a ajouté que la Corsee l'Alsace conquises par la France, qui toutes deux étaient primitivement étrangères à la langue de leur nouvelle patrie, ont néanmoins été contraintes de s'en servir dans l'Assemblée législative française dont elles ont été appellées à faire partie. Sous le prétexte que la minorité, doit se soumettre à la majorité, il n'a vu dans cette exigence qu'une mesure toute rationnelle, et il a semblé désirer nous voir suivre cet exemple. Que monsieur Mellana veuille bien me permettre de lui adresser une question a laquelle je le prie de me répondre d'une manière précise : si à l'époque oùles princes de Savoie se disaient issus d'une maison royale de Saxe et fasaienl partie de la diète Allemande, alors qu'ils ambitionnaient d'obtenir par l'élection la couronne impériale, l'un d'eux, après conquis ce diadème tant déâiré, se fut marié à une héritière l'Autriche: si par cet hymen il eût réuni cette partie de l'Allemagne à l'Italie subalpine; si plus tard l'un des descendants de S. M.élective eût promulgué un Statut, que les députés piéinontais eussent été appelés à se rendre à Vienne, dans la réunion Parlementaire convoquée dans cette ville, est-ce que les Italiens en général, et monsieur Mellana en — 2949 — TORNATA DEL 28 GIUGNO 1851 particulier auraient trouvé bien naturel qu'on les eut contraints de parler allemand? Ou leur aurait envaia répété: vous êtes en minorité, les allemands sont plus nombreux que vous; bon gré, mal gré vous parlerez le tudesque ; je ne doute pas que l'indignation des Piémontais n'eût avec raison repoussé ces exigences. (Rumori) Ala citation que M. Mellana nous a faite de la Corse et de l'Alsace, je répondrai par l'exemple de la Belgique réunie naguère avec la Hollande, et par celui de la Suisse. Dans l'Assemblée nationale des Pays-Bas, n'admettait on pas la langue hollandaise et la française?Dans l'Helvétie, l'allemand, le français et l'italien sont également en usage dans l'Assemblée des Etats. Est-ce qu'au mépris de la Constitution, l'on y donne l'exemple de ces luttes, au sujet des langues, qui se renouvellent trop fréquemment ici? Au lieu de nous attacher à des mots, attachons-nous à l'essence des choses, rallionsnous à des principes vrais, sans vouloir exiger| l'impossible, du moins quant à la Savoie, sans contact intime avec le Piémont, presque sans relation commerciale avec lui. Ce mélange de langues diverses, dans les réunions législatives, s'est répété en Europe à diverses époques, parce qu'il est le résultat d'un besoin auquel on doit une satisfaction légitime. Voudrait-on imiter Napoléon forçant les Piémontais et les Italiens, sous peine d'être muets, à parler français? Ce que l'on a si fort blâmé dans ce conquérant, serait-il légitime aujourd'hui? Si l'on ne veut pas réduire les députés savoigiens au mutisme, pourquoi ces murmures quand un ministre leur répond en français? (Rumori) En repoussant le système adopté par la France, à l'égard de la Corse et de l'Alsace, je dirai que la politique française trouve au moins une atténuation à ses exigences dans les sacrifices répétés qu'elle n'a cessé de faire pour établir des lycées français chez les peuples qu'elle voulait amener à une assimilation complète avec elle. Qu'a fait de semblable le Piémont? De quelle école a-t-il doté la Savoie? Bien loin de s'occuper de l'instruction populaire, il l'a livrée au plus cruel abandon, à l'indifférence la plus entière. Il n'est pas rare de voir des communes qui n'ont, pour tout revenu annuel, à l'effet de subvenir à l'éducation de la jeunesse, que ISOet souvent même que 60 francs. Quand on cite les exemples de l'étranger, il faudrait du moins employer les moyens par lui mis en usage pour arriver au même résultat. Bien loin de favoriser l'instruction en Savoie, on parait prendre à tâche de l'étouffer. N'a-t-on pas cassé, naguère, un Conseil municipal, celui de St-Gervais, dans le haut Faucigny, et cela parce que ce Conseil repoussait, pour régent de l'enfance, un prêtre qui, par le cumul des fonctions qu'on lui impose, en l'obligeant d'être à la fois instituteur primaire et vicaire, est dans l'impossibilité de s'acquitter, dans leur intégrité de ces deux charges, qu'en définitive il n'est ni vicaire, ni régent? Qui ne comprend qu'un vicaire appelé à porter le viatique, às'absenter toute unejournée, à confesser quotidiennement, à participer aux cérémonies du culte religieux, à la prédication, à des missions, ne peut consacrer aux fonctions dupréceptorat un temps exigé ailleurs? Pour se vouer à l'instruction de l'enfance, pour diriger une école de 80 à 60 élèves, que peut signifier une heure ou deux parjour que leur consacre un vicaire? C'est deux minutes pour chaque élève. Quand une commune toute entière s'élève contre cet abus, quand elle veut y mettre un terme, lorsque le Conseil municipal, qui est son organe, usant du droit le plus légitime, veut substituer au précepteur imposé un précepteur de son choix, un intendant appelant l'arbitraire au lieudu droit, mê- lant à celte question des considérations toutes secondaires, quand elles ne lui sont pas étrangères, provoque, par des rapports passionnés, ladestitution de ce même Conseil, avant de procéder à cet acte, et sans même justifier de l'autorisation de M. l'intendant général, il convoque le municipe de St Gervais, moins pour écouter ses allégations que pour lui dicter impérieusement ses volontés; il ose exiger qu'un des membres du Conseil, choisi par ses collègues pour remplacer dans les fonctions du préceptorat le prêtre régent, vide la salle consulaire, sous prétexte, dit-il, qu'il ne puisse, par sa présence, influencer la réunion des conseillers, il paraît que M.l'intendant ne craignait pas de l'influencer lui-même! En écartant son contradicteur, n'était-ce pas le secret d'avoir fictivement raison? Il oubliait qu'un Conseil est aussi indépendant dans ses attributions qu'il peut l'être dans les siennes, que si un individu est intéressé personnellement dans une question, il a par cela même un droit plus impérieux d'y assister. Un conseiller municipal tient ses fonctions de ses mandataires, et il n'est jamais au pouvoir du chef administratif d'une province de les violer. Chasserions-nous un député de cette enceinte, alors qu'on agiterait une question qui lui serait personnelle? Quel arbitraire, quelle absence de dignité dans tout cela ! Et l'on nous parle de la liberté de l'enseignement ! Que peuvent donc signifier les attributions d'un Conseil municipal? Les membres qui composent ces assemblées seraient-ils, aux yeux de M.l'intendant, des hommes de bois? Ce qui est plus étrange dans tout cela, c'est que ce même fonctionnaire avait antécédemment autorisé ce même Conseil à répudier M.le vicaire-régent, sous le prétexte qu'il n'avait pas suivi l'école de méthode de l'enseignement primaire. Par celte dictature blessante, on éteint toute liberté communale, toute indépendance, toute spontanéité municipale; un municipe n'est plus qu'un mannequin àla dévotion intendantielle, livré à son bon plaisir; le règne des lois ne cesse d'être méconnu. L'on semble prendre à tâche de nous blesser dans nos sentiments les plus chers. Nulle part la presse n'est moins libre qu'en Savoie. Presque tous les syndics créés par le Ministère démocratique ont été répudiés. Nos plaintes sont dédaignées. Parlons-nous de notre indigence? Monsieur le ministre des finances nous répond que les capitaux sont abondants en Savoie ; et ce qui le prouve, ditil, c'est que nulle part la réception des contributions ne se fait plus rapidement. Aujourd'hui démentant cette assertion de la veille il nous affirme que deux fois dans le courant de cette année, il a été dans l'obligation d'envoyer de l'argent à Chambéry. Auquel du ministre d'hier ouduministre d'aujourd'hui, faut il ajouter foi? Concilie qui pourra cette contradiction. Dans son traité fait avec la Suisse, monsieur le ministre des finances a fait aux provinces cisalpines la part du lion; en offrant la Savoie en holocauste comme toujours, il opprime les faibles pour épargner les forts, il écrase les pauvres pour favoriser les riches, il fait enfin tout l'opposé de ce que lui dicte le devoir. présidents. Veuillez, monsieur, vous renfermer dans la question du traité. chenaki. Avant de l'aborder, j'ai le droit dejeter un coup d'oeil rétrospectif sur la politique adoptée à l'égard de mon pays. Ma mission est de le défendre et j'y serai fidèle. Tous mes efforts doivent tendre à ce que l'on adopte à son égard une politique moins rétrograde, plus en harmonie avec ses besoius et moins ruineuse. N'est-ce pas encore monsieur le ministre des finances —2950 — CAMERA DEÏ DEPUTATI — SESSXONE DEL 1851 qui vient d'accorder aux fromages suisses un abaissement à leur introduction dans les Etats sardes? En revanche il réserve un privilège pour les soies et les riz du Piémont. Et cependant si îes provinces devaient mériter plus spécialement quelques considérations, ce sont celles d'outremonts qui sont les plus pauvres, qui avec quelques bestiaux n'ont pour tout commerce que quelques produits lactés. Avec les conditions qui lui sont faites, enserrée dans un étau qui l'écrasse, la Savoie est condamnée à mourir. La pauvreté de cette contrée n'est cependant pas une condition inexorable; sous l'empire, la classe populaire savoisienne avait acquis de l'aisance; si plus tard elle n'eût été poussée par des conscriptions trop nombreuses qui élevaient le prix des remplaçants à des chiffres excessifs, elle serait devenue riche, du moins comparativement à ce qu'elle est aujourd'hui. Oh, s'il n'y a pas un vice intrinsèque, à l'égard de ce pays, dans les traditions gouvernementales, qu'on réponde enfin à 3a demande cent fois faite, pourquoi la Suisse est riche, tandis qu'avec un sol plus chaud, avec un sol plus riche et des hommes aussi intelligents, la Savoie sa voisine reste pauvre et souffreteuse, dans une indigence qui semble devenir chronique? Pourquoi la Suisse progresse-t-elle tandis que la Savoie reste stationnaire ? C'est que jamais l'on a voulu prendre en considération sa position toute spéciale; toujours l'on a méconnu les lois, les conditions de son existence, ce qui constitue son essence et sa vie. Et l'on a la bonté d'appeler cela de l'égalité devant le Statut! Une partie de la Savoie demande-t-elle l'exemption douanière, attendu qu'elle n'a et qu'elle ne peut avoir aucune communication avec le Piémont, on la lui refuse au nom du Statut, Si la nature dit oui et que le Statut dise non» tant pis pour la nature. Par cela seul que les populations savoisiennes sont appelées à défendre le Piémont, à franchir les monts pour venir défendre les provinces cisalpines, tandis que les Piémontais sont dans l'impossibilité de défendre la Savoie qui est un pays tout ouvert, il semble que cela aurait dû être une considération pour mériter à cette dernière contrée quelques égards, quelques compensations. Eh bien, non, le Statut s'y oppose! C'est du moins ce que l'on nous dit sans nous convaincre. C'est au nom de notre charte politique qui ne s'en doute pas qu'on a ravi à Nice ses franchises douanières. Quelques jours plus tard on nous présente un traité avec la France, dans lequel on stipule un privilège tout spécial pour quelques productions de la province niçoise exclusivement. Dans cette convention on obtient un abaissement du tarif français pour les cédrats, pour les huiles et pour les moutons niçois, heureux mortels dont on fait des personnages aristocratiques, qui seuls pourront se rendre en France sans être soumis à là capitation. (llarità) Le Statut, nous dit-on, ne veut pas du port franc de Nice, mais il permet apparemment une franchise toute spéciale pour le fils de la brebis niçoise. Le Statut n'est nullement blessé que l'on accorde à quelques produits de ce comté un avantage que l'on refuse aux produits similaires des autres provinces, Tous les moutons, comme on le voit, ne sont pas égaux devant la loi. 11serait superflu après cela de demander si l'on peut avantager une province plus spécialement qu'une autre? Si ce n'est pas là une nouvelle franchise douanière sous une autre forme? Si Nice est aujourd'hui favorisée pour ses produits, pourquoi demain Aoste ne le serait-elle pas exclusivement pour ses fers? Pourquoi la Sardaigne, la rivière de Gênes ne réclameraient-elles pas à leur tour quelques concessions pour elles seules? Il paraîtrait naturel que lorsqu'on fait un traité, il devrait autant que possible profiter à toutes les provinces de l'Etat, généraliser ses dispositions, être conséquent ayec cette égalité que l'on ne nous prêche si haut d'une part que pour la méconnaître de l'autre, qui ne sait rien équilibrer» rien pondérer. Est-ce au nom de l'égalité que l'on a stipulé avec le Gouvernement français que les bestiaux de la Savoie ne pourraient pénétrer en France que par la frontière du Pont-deBeauvoisin? N'est-ce pas là exclure les bestiaux du Chablais et du Faucigny des marchés français?L'obligation de traverser deux provinces, celle du Génevois et celle de Savoie-Propre, les place nécessairement, à raison de leur éloignement, dans une condition moins facile à pénétrer en France. Comme on le voit, la prétendue et inflexible égaiité devant le Statut, n'est que la toile que crevasse le scarabée pour ne retenir que l'insecte moins puissant; jusqu'ici elle n'a été qu'un moyen d'empirer la condition savoisienne. Malheureusement il y a entre les peuples qui parlent de langues diverses, des instinctes d'antagonisme que le despotisme a toujours eu pour politique d'entretenir, que trop souvent a fait sacrifier le faible au fort. Il serait grand temps qu'un Ministère déviant de cette voie fatale se fît un devoir de l'affaiblir. Quand cette noble mission sera mieux comprise, peut être la Savoie pourra-t-elle espérer de voir ses besoins mieux étudiés et mieux sentis. Jusque-là et d'après toutes les considérations par moi émises, je crois de mon devoir de voter contre le traité soumis à votre sanction. at i cdor, relatore. Je demande la parole pour un fait personnel. (Rumori) Je n'abuserai pas de la patience de la Chambre: je n'ai pas l'habitude d'envenimer la question; je ne veux pas la reporter sur un terrain d'amertume. L'honorable M. Mellana a dit que j'avais fait l'éloge de l'expédition de Rome, et qu'il remerciait le Ciel que cet éloge n'était pas sorti d'une bouche italienne. J'ai envoyé chercher, auprès du sténographe, les paroles que j'ai prononcées, qui n'ont pas encore été traduites, afin de montrer à M. Mellana que je n'ai nullement fait l'éloge de l'expédition de Rome, et que je me suis borné à dire que, peut-être, si on s'était mieux entendu, si l'on avait reçu lesFrançais comme amis, le résultat aurait été différent. (Rumori asinislra) Soyez bien persuadés que je ne veux pas ici me faire le défenseur, l'apologiste de l'expédition française à Rome. Je n'aurais pas choisi cette enceinte pour la faire, si j'en avais eu l'intention. Je connais le respect que je dois à certaines susceptibilités: ce n'est pas moi qui y manquerai jamais. Je veux encore que M.Mellana sache que, comme l'a trèsbien exprimé l'honorable M.Chenal, la différence de langage n'empêche pas l'accord des sentiments ; et quand on professe des opinions comme les siennes, on doit désirer le moment ou ces préjugés qu'on affiche à l'égard de ces différences de langage s'effaceront. On doit désirer le moment ou les hommes ne seront plus classifiés d'après la langue qu'ils parlent, mais d'après leurs sympathies, leurs opinions et leurs sentiments. (Benel) Et quant à ces sentiments, je prie M. Mellana de croire que ceux de la Commission et les miens personnels, sont aussi patriotiques que ceux qu'il peut professer. bastsaw. J'avais demandé la parole pour répondre à M. Cavour et à M. Mellana. (Rumori d'impazienza) Voci. No! noI — 2951 — TORNATA DEL 28 GIUGNO 1851 asASTIA*?. On vient d'insulter lesorateurs qui parlent la langue française, et l'on ajoute, àcette amabilité, celle de oie refuser la parole. (Mormorio prolungato) MEMiAKïA.. Domando la parola. (Rumori) Foci. Ài voti! ai voti! MEMiANA. Perdoni la Camera, iosono staio interpellato, e non voglio lasciare due dei nostri colleghi in errore sul senso delle parole da me dette. pssessjdemte, Ha la parola. memiAma. Mi spiace che una frase da me usata, eche non posso nèvoglio ritirare, e che sarà approvata dagli stessi onorevoli Chenal e Avigdor quando ne abbiano ben compreso il senso, abbia dato luogo ad inutili proteste. L'onorevole Chenal, il quale si fa sempre qui patrocinatore di generosi sentimenti, ha preso occasione dalle mie parole per eccitare delle suscettività municipali. Non solo dava un erroneo significato alle mie parole d'oggi, ma nericordava altre da medette in un'altra Sessione, che egualmente male interpretava, io mi ricordo benissimo di avere altra fiata detto che nei Parlamenti francesi, ancora che sedessero e siedano rappresentanti di provincie italiane, come la Corsica, edi provincie tedesche, come l'Alsazia, pure non si parlava colà senon che la lingua francese. Sì ciò l'ho detto, non per menomare il diritto edil dovere che tutti hanno di potere parlare la propria lingua , principio che più d'ogni altro ioriconosco, masolo in allora avevo pronunciate quelle parole per dimostrare come noi avevamo fatto un passo più inlà della Francia, ammettendo che nel nostro Parlamento si parlassero tutte le lingue (Oh! ohi) tutte le lingue parlate dai popoli che compongono loStato. (Segni di adesione) Venendo ora alla frase che haeccitato tante suscettività, io non so comprendere come si possa in essa vedere un qualche rimprovero contro chi parìa la lingua francese, e contro la grande maggioranza della nazione francese la quale come noi ha deplorato ed imprecato contro gli uomini che hanno ordinata la spedizione contro Roma. Ma ciò nulla meno nonavrebbe dovuto dire nèsi poteva tollerare che si dicesse tampoco che i Romani avrebbero dovuto stringere come amici chi contro il dritto delle genti veniva ad aggredirli, ancoraché con unatale bassezza avessero potuto ottenere condizioni meno infelici. Da una spedizione promossa dai Falloux dai Montalambert, capitanata dagli Oudinot, dopo l'esempio di Civitavecchia, dopo le prove di Lesseps, sarebbe stato imbecillità lo sperare cosa comportabile colla dignità nazionale; quindi benemeriti della libertà e dell'onore italiano furono i prodi che sotto all'ombra del Campidoglio perdurarono magaanimi in una disuguale, disperata, maeroica difesa. (Bene\) Io ho detto che essendosi alzata inquesto Parlamento una voce la quale accennava a biasimo contro i Romani per averé respinti colle armi i Francesi invece di riceverli come fratelli, era stato in me temperato il dolore di quell'ingiusto biasimo dal non averlo sentito formolato nella lingua nostra, nella lingua dei prodi Romani che hanno salvato l'onore del nome e delle armi italiane. Combattendo il signor Avigdor io non supposi che esso abbia fatto l'elogio di quella infame spedizione; un italiano, un concittadino di Garibaldi non poteva discendere tanto in basso. Voci. Ai voti ! ai voti ! ipresibeste. Il deputato Bonavera ha ìa parola. Voci. La chiusura ! bomtori. Sesi passa ai voti, ionon hodifficoltà di rinunziare alla parola. taIìErio IiOreszo. Domando la parola. ssohayera. Se si continua la discussione, allora io sono il primo a parlare. TARERio Hì0ke%%0. Se ¡a Camera nonintende a passare ai voti quest'oggi, io parlerò lunedì, altrimenti lapregherei di sentire alcune osservazioni. {Noi no! —Ai voti !) PRESIDENTE. Prima avrebbe la parola il deputato Bonavera. Voci. Lachiusura ! lachiusura ! "wabìEkio liosossiz©. Domando la parola contro la chiù* sura. prssidexte. Ha la parola. vasjEkio EiOstEKz©. Prima di tutto è sistema parlamentare (e qui nessuno dei ministri vorrà contraddirmi) che in una questione mai si chiude la discussione dopo un discorso del Ministero. I discorsi che vennero dopo quello del signor Cavour furono solo d'incidenza, e non entrarono nel merito della questione. Del resto poi, iodirò che il signor ministro mi ha onorato troppo della sua attenzione nel suo ultimo discorso (Risa), perchè io non debba essere autorizzato a dire qualche parola in risposta. Voci. Parli ! parli ! presidente. La chiusura essendo stata chiesta , io debbo porla ai voti, così la Camera deciderà. (La Camera non approva.) Il deputato Valerio ha la parola. Voci. Lunedì! lunedì! psessdesite. Allora mi pare che questa discussione potrebbe rimandarsi a lunedì. (Sì! si!) La seduta è sciolta alle ore 5 e li ti. Ordine del giorno per la tornata di lunedì : i° Seguito della discussione degli articoli addizionali al trattato di commercio e navigazione colla Francia: 2° Discussione del progetto di legge per modificazioni allo Statuto della Banca Nazionale; 5° Discussione del progetto di legge per il traforamelo del colle di Tenda,