collana di racconti brevi collana di racconti brevi

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20
Adriana Scribano
Squarci / Coups de projecteur
Copyright © MMXVI
ARACNE editrice int.le S.r.l.
www.aracneeditrice.it
www.narrativaracne.it
[email protected]
via Quarto Negroni, 15
00040 Ariccia (RM)
(06) 93781065
isbn
978-88-548-9050-3
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’editore.
I edizione: gennaio 2016
Ai miei genitori Giovanni e Lilia
Ringrazio Francesco De Mandato
per i suoi consigli
e Francesco Mollo
per la collaborazione fotografica
TRA DUE SQUARCI
Intitolando la sua raccolta di novelle Squarci/Coups de projecteur,
Adriana Scribano ha scelto di collocarla sotto il segno della discontinuità, dell’entre-deux.
L’entre-deux delle lingue impone la sua forma al libro: una pagina
per il francese, l’altra per l’italiano; le due gambe sulle quali cammina
da sempre Adriana Scribano posano i piedi su questi due suoli fratelli
per portare avanti. Bisogna congratularsi con la capacità dell’editore
Aracne nel cogliere ancora una volta – dopo Voci lontane/Voix lointaines – quest’occasione di un libro naturalmente bilingue.
In alcune novelle lo spazio delle lingue si apre sull’altra sponda del
Mediterraneo, l’Africa, dove l’autrice si è formata. E se qui si pensa a
laggiù, laggiù si sogna sempre qui, sempre ‘tra’.
L’entre-deux si spiega anche nel tempo: sguardo distanziato degli
anni 1970 sul maggio '68 – già diventato un’illusione – invito a posare
il nostro sguardo su quei tempi di lotte sociali vittoriose, di femminismi, questi brandelli di resistenza che sussistono appena nel 2015.
Se si misura in Squarci la distanza tra il nostro oggi disincantato
e quel passato così impegnato da sembrare lontanissimo, si pensa
che le idee degli uomini siano molto più lontane delle lingue, più
limitate dei paesi; il tempo che passa ci separa da noi stessi. Squarci/
Coups de projecteur di Adriana Scribano scrivono questo entre-deux
delle idee e ci invitano a colmarlo di sogni di giustizia, di libertà, di
equità, di generosità umana.
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Prefazione
È bello che in una citazione come epigrafe si erga l’ombra viva di
Pasolini, il primo scomparso di questa generazione di pensatori di cui
siamo tutti orfani: Pasolini, Foucault, Deleuze e anche Barthes. Sembra
che verso gli anni '80 il mondo fosse diventato impossibile per quelli
che avevano preso e dato l’abitudine di pensarlo, come alcuni esseri
che scompaiono quando l’ossigeno si rarefà ed essi ne muoiono; e Pasolini il primo come il più acuto, il più pungente, il più sensibile. È
quell’aria che si respira ancora nelle novelle di Adriana Scribano.
Leggendo Squarci si misura questo entre-deux del pensiero e della
mancanza, si spera anche che l’acqua scorra sotto la terra e saprà sorgere un giorno prossimo. Non ci si stupisce di scoprire che la speranza
è il tema centrale di molte novelle e un filo rosso che ne unisce parecchie: è l’ultimo soffio di ciò che resiste e la brace sotto la cenere per
nuovi fuochi, altre luci.
Ma che non si creda che si tratti di un libro impegnato altrimenti
che dall’arte. Le foto che lo ritmano sottolineano l’importanza della
visione artistica e collocano il libro tra fotografia e letteratura. Due arti
dai ritmi del tutto differenti: per l’una l’istantanea che coglie, per l’altra
il tempo lungo della creazione di cui necessita per raggiungere la meta.
Le immagini di questo libro non sono delle illustrazioni – così come
il testo bilingue non è una traduzione – sono la condensazione dello
sguardo di un autore che appoggia le sue parole alle immagini, da Come
un giramondo vado oziando/Errances e Voci lontane/Voix lointaines.
L’entre-deux è anche percettibile nei generi con i quali giocano
questi testi. Novelle – questi squarci ne hanno la brevità che nasce dal
senso dell’ellissi, la sintesi psicologica, le scene – sono anche colpi di
scena sostenuti dai dialoghi. Si immagina, leggendo, un adattamento
per la scena in cui il bilinguismo del testo proromperebbe molto di più
che nella lettura silenziosa. Questi dialoghi sono d’altronde meno delle
parole scambiate che, come nel Joyce di Dubliners/Gente di Dublino, il
Prefazione11
luogo di un’epifania del soggetto, lo strumento di una rivelazione di un
essere. Si tratta per Adriana Scribano di raccontare delle vite piuttosto
che delle storie.
Da questa raccolta collocata sotto il segno dell’entre-deux e del
frammento,un’unità emana tuttavia. Da una novella all’altra, gli echi
permettono l’emergere lento di un universo: la speranza, la vita di coppia e le sue forme di distruzione, l’impegno politico e le sue illusioni, la
condizione della donna mai istituita, le lotte sociali sempre da ricominciare. Alain, Yvan e Vanessa, Rosalia e Assunta… sono i personaggi di
una sola storia di cui gli squarci frammentano e scompongono le vite,
come l’accostamento d’immagini cronografiche scompone i movimenti.
C’è soprattutto l’unità della voce che racconta e assume una certa
ingenuità caratteristica del racconto, scivola su quello che non è essenziale, omette, stilizza a volte fino allo stereotipo, a costo di dare
quindi spessore psicologico ai personaggi.
Questa voce, che non è così lontana, è quella di una donna venuta
lentamente alla scrittura. Anne Roche pioniere dei laboratori di scrittura all’università in Francia, in quel così lontano 1968, ha affermato
che ‘lo scrittore si autorizza da solo’. Si autorizza a scrivere, ‘si fa autore’, è quello che ha compiuto Adriana Scribano con i suoi primi due
libri e poi riprendendo qui dei vecchi testi che ha lavorato per lunghi
mesi per farli rinascere nell’entre-deux della sua vita stessa.
Al di là delle novelle che ci presenta, questo impegno nella scrittura è un dono prezioso.
Jean-Marc Quaranta
Libero docente di Letteratura francese e Creazione letteraria
Università di Aix-Marseille
ENTRE DEUX COUPS DE PROJECTEUR
En intitulant son recueil de nouvelles Squarci/Coups de projecteur,
Adrienne Scribano a choisi de le situer sous le signe de la discontinuité, de l’entre-deux.
L’entre-deux des langues impose sa forme au livre: une page pour
le français, l’autre pour l’italien, les deux jambes sur lesquelles marche
depuis toujours Adrienne Scribano posent leurs pieds sur ces deux sols
frères pour avancer. Il faut saluer la capacité de l’éditeur Aracne à saisir une nouvelle fois – après Voci lontane/Voix lointaines – cette chance
d’un livre naturellement bilingue.
Dans certaines nouvelles, l’espace des langues s’ouvre sur l’autre
rive de la Méditerranée, l’Afrique où l’auteur s’est construit. Et si ici on
pense à là-bas, là-bas on rêve d’ici, toujours «entre».
L’entre-deux se déploie aussi dans le temps: regard distancié des
années 1970 sur mai 68 – déjà devenu une illusion – invitation à poser
notre regard sur ces temps de luttes sociales victorieuses, de féminismes, ces lambeaux de résistance qui surnagent à peine en 2015.
A mesurer dans Squarci la distance entre notre aujourd’hui désenchanté et ce passé si engagé qu’il semble très lointain, on se dit que
les idées des hommes sont bien plus éloignées que les langues, plus
bornées que les pays; le temps qui passe nous sépare de nous-mêmes.
Les coups de projecteur d’Adrienne Scribano écrivent cet entre-deux
des idées et nous invite à le combler de nos rêves de justice, de liberté,
d’équité, de générosité humaine.
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Avant–propos
Il est beau que dans une citation placée en exergue se dresse l’ombre
vivante de Pasolini, le premier disparu de cette génération de penseurs
dont nous sommes tous orphelins: Pasolini, Foucault, Deleuze, Barthes
même. On se dit qu’autour de 1980 le monde est devenu impossible pour
ceux qui avaient pris et donné l’habitude de le penser, comme certains
êtres qui disparaissent quand l’oxygène se raréfie, ils en sont morts; et
Pasolini le premier comme le plus aigu, le plus incisif, le plus sensible.
C’est cet air qu’on respire encore dans les nouvelles d’Adrienne Scribano.
En lisant Squarci on mesure cet entre-deux de la pensée et de son
manque, on espère aussi que l’eau court sous la terre et saura sourdre
un jour prochain. On ne s’étonne pas de découvrir que l’espoir est le
thème central de bien des nouvelles et un fil rouge qui en relie plusieurs: il est le dernier souffle de ce qui résiste et la braise sous la
cendre pour de nouveaux feux, d’autres Lumières.
Mais qu’on n’aille pas croire qu’il s’agit d’un livre engagé autrement
que par l’art. Les photos qui le rythment soulignent l’importance de la
vision artistique et placent le livre entre photographie et littérature.
Deux arts aux rythmes absolument différents: à l’un l’instantané qu’il
saisit, à l’autre le temps long de la création dont il a besoin pour se
saisir de son objet.
Les images de ce livre ne sont pas des illustrations – pas plus que
le texte bilingue n’est une traduction – elles sont la condensation du
regard d’un auteur qui adosse ses mots aux images, depuis Come un
giramondo vado oziando/Errances, et Voci lontane/Voix lointaines.
L’entre-deux est aussi perceptible dans les genres avec lesquels jouent
ces textes. Nouvelles – ces coups de projecteur en ont la brièveté qui nait
du sens de l’ellipse, le raccourci psychologique, les scènes – ils sont aussi
des coups de théâtre portés par les dialogues. On imagine, en lisant, une
adaptation pour la scène où le bilinguisme du texte exploserait bien plus
que dans la lecture silencieuse. Ces dialogues sont d’ailleurs moins des
Avant–propos15
paroles échangées que, comme chez le Joyce de Dubliners, le lieu d’une
épiphanie du sujet, le moyen de la révélation d’un être. Il s’agit pour
Adrienne Scribano de raconter des vies plus que des histoires.
De ce recueil placé sous le signe de l’entre-deux et du fragment,
une unité se dégage pourtant. D’une nouvelle à l’autre, les échos permettent l’émergence lente d’un univers: l’espoir, la vie de couple et
ses formes de destruction, l’engagement politique et ses illusions, la
condition de la femme jamais établie, les luttes sociales toujours à
recommencer. Alain, Yvan et Vanessa, Rosalia et Assunta… sont les
personnages d’une seule histoire dont les coups de projecteur fragmentent et décomposent les vies comme la juxtaposition d’images chronographiques décompose les mouvements.
Il y a surtout l’unité de la voix qui raconte et assume une certaine naïveté propre au conte, glisse sur ce qui n’est pas essentiel,
omet, stylise, parfois jusqu’au stéréotype, quitte à donner ensuite de
l’épaisseur psychologique aux personnages.
Cette voix, qui n’est pas si lointaine, est celle d’une femme venue
lentement à l’écriture. Anne Roche, pionnière des ateliers d’écriture à
l’université en France, dans ce 1968 si lointain, a affirmé que «l’écrivain ne s’autorise que de lui-même». S’autoriser à écrire, «s’auteuriser», c’est ce qu’a accompli Adrienne Scribano, avec ses deux premiers
livres puis en reprenant ici des textes anciens qu’elle a travaillé des
mois durant pour les faire renaître dans l’entre-deux de sa propre vie.
Au-delà des nouvelles qu’elle nous donne, cet engagement dans
l’écriture est un don précieux.
Jean-Marc Quaranta
Maître de conférences en littérature française et création littéraire
Université d’Aix-Marseille