POMPEI in LOVE

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POMPEI in LOVE
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POMPEI in LOVE
Eros e passione nella
Terra del Vesuvio
Di Aniello Langella
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POMPEI in LOVE
2^ PARTE
Eros e passione nella
Terra del Vesuvio
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EROS A POMPEI
IL LUPANARE DI POMPEI
GALLERIA FOTOGRAFICA
Di Aniello Langella
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2^ PARTE
Il LUPANARE di Pompei
Il lupanare di Pompei è la migliore espressione
di casa di accoglienza per il “commercio” del sesso.
Qui si entrava per incontrare l’amore a pagamento
e sempre qui si incontravano giovani e meno giovani per conoscere le “primizie” del mercato dell’eros.
Conosciamo alcuni nomi di donne che “lavoravano”
qui e conosciamo anche i nomi di molti clienti. Il lupanare venne costruito (come un altro a Pompei)
all’incrocio di due strade e proprio sull’angolo di un
passaggio “pedonale”. Un piano terra con camerette e servizi igienici ed un primo piano ammezzato.
L’interno poco luminoso era suddiviso in piccoli ambienti e alle pareti alcuni intonaci bianchi era abbelliti con affreschi a scene erotiche che ricordavano le
tematiche più care ai frequentatori della casa. Si
contano all’interno 10 “postazioni di lavoro”.
Siamo nella Regio VII e gli ingressi si trovano
su entrambe le stradine, delle quali, uno, nella toponomastica attuale viene definito come Vicolo del Lupanare. Gli ingressi attuali sono ai numeri 18 e 19.
Qui le cinque alcove con letto e “cuscino” in muratura e chiude da una porta in legno. I piani dei letti erano ricoperti con un materasso. Sul muro e dal lato
opposto del guanciale i segni di usura lasciati dalle
scarpe sull’intonaco.
Un meniano con finestre definiva al piano superiore il corridoio di passaggio alle alcove. A questo piano si accedeva da un ingresso che oggi si
trova al numero 20. Al momento degli scavi si rinvenne in questi ambienti un pasto che non fu mai
consumato a base di cipolle e fagioli. La porta era
munita di campanello.
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2^ PARTE
Anche al piano terra una latrina.
All’entrata un affresco con Priapo bifallico accanto ad una pianta di fico.
A Pompei si contano circa 25 bordelli. Alcuni
sono come questo della Regio VII, altri sono costituiti da uno spazio unico ed altri ancora al pianoterra lungo la strada con poche alcove. Sono state individuate altre alcove dell’amore nei retrobottega
delle cauponae.
Il nostro lupanare venne riadattato e forse abbellito intorno al 72 d.C. e questa datazione ci viene
fornita dalle impronte delle monete lasciate sulla
calce ancora fresca. All’interno centinaia di graffiti
che in maniera precisa ci raccontano storie e avventurose “battaglie erotiche”.
Una delle donne che “lavorava” in questi locali
era cretese. Ma molte altre erano orientali ed erano
apprezzate sia per la bellezza che per le
“prestazioni” particolarmente lascive.
I pompeiani apprezzavano molto le novità e gli
esotismi che forniva il mercato degli scambi con
l’oriente ed uno dei clienti così scrisse, apprezzando molto i prodotti di questo luogo:
Hic eg(o)puellas multas futui
Qui ho sfottuto molte ragazze
Di risposta una delle bellissime del lupanare
così scrive:
fututa sum hic
Sono stata sfottuta qui.
Non ci deve condizionare il gergo, il tono e anche l’uso della fraseologia. Oggi tutto ciò potrebbe
essere definito osceno, ma a quei tempi questi
messaggi non contenevano quasi nulla di volgare,
di perverso. Era consuetudine e anzi buona norma
di vita.
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2^ PARTE
Si dice che qui lavorasse la bellissima Myrtis
che probabilmente era greca o forse semplicemente
utilizzava questo appellativo come nome di battaglia. A lei un avventore scrisse:
Bene fellas
Suggi bene.
Spesso le ragazze del lupanare passavano la
giornata intera tra le mura strette e buie e qui consumavano i propri pasti. Spesso sbocciavano degli
amori veri tra i frequentatori e capitò così che una
delle bellissime fanciulle scrisse:
pedicare volo
Cerco un ragazzo
Oppure:
Amo Rosam
Il lupanare era frequentato da pompeiani di
censo basso e dagli schiavi. La classe agiata faceva condurre al proprio domicilio le donne del bordello.
Riteniamo che vi dovesse essere una
maitresse oppure una figura maschile che riscuoteva il giusto prezzo per le diverse prestazioni. In questi luoghi infatti si poteva spaziare da prestazioni
semplici ad amplessi più “articolati” e anche misti.
Ovviamente per questi “prodotti” di ricercata
“raffinatezza” il prezzo variava e variava anche il
tempo, i minuti. Per una prestazione di livello medio
si pagavano due assi (il prezzo di due bicchieri di
vino). Ma qui si trovavano ragazze, ma anche ragazzi, pronti a soddisfare le diverse esigenze. Si
potevano pagare a Pompei vino a 16 assi per un
amplesso dalle caratteristiche più ricercate. La
maggior parte dei compensi tuttavia andava al lenone.
L’omosessualità era accettata come conditio
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2^ PARTE
Nella piantina generale in
basso, viene indicato il lupanare, forse più importante
della città. Si trova nella regio
VII e nei pressi della via
dell’Abbondanza, a pochi
passi dal foro. Occupa un posto centrale all’interno della
logica distribuzione delle strade. Di fronte si trova una ospizio. A pochi passi una taverna e una caupona. Occupa un punto strategico il nostro lupanare.
Veniva gestito da due lenoni spregiudicati e rozzi. Un
certo Africanus e un tal Victori. Un giorno tuttavia Africanus morì e la notizia ce la
conferma un suo schiavo di
nome Rusticus:
“ Africanus moritur. Scribet puer Rusticus. Condisces
cui dolet pro Africano”.
Africano è morto. Ne dà
notizia il suo servo Rustico.
Riferite a chi si addolora della
morte di Africano.
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2^ PARTE
La donna che frequentava il bordello non poteva avvicinarsi alla matrona e quindi non poteva vestire l’abito lungo, non poteva accettare eredità e
non poteva testimoniare ad un processo. Nessuna
prostituta poteva liberarsi dal giogo del suo sfruttatore. E questo poteva avvenire solo se si sposava
con un uomo libero. Solo allora diveniva matrona.
La prostituta perdeva ogni diritto al “lavoro”,
quando malauguratamente restava incinta. Doveva
abbandonare il lupanare e cercare un lavoro alternativo. Quello della gravidanza tuttavia era spesso il
sistema per potersi liberare dalla schiavitù e quindi
aprirsi ad una libertà vera, fuori da costrizioni. Molte
donne schiave, tuttavia preferivano lavorare nel lupanare dove potevano guadagnare, alloggiare e anche mangiare ciò che volevano. Per questo la gravidanza comunque era vissuta come una tensione,
una sorta di maledizione. Gli anticoncezionali di allora erano le spalmature di olio, la zaffatura intravaginale con lana imbevuta di succo di limone. Frequenti le lavande.
Facile immaginare la grande varietà di malattie
trasmesse durante gli amplessi. E questo lo si evince dalla lettura di diversi graffiti.
Gli “esperti” lenoni e le anziane prostitute conoscevano bene i segni clinici delle malattie e la loro individuazione poneva spesso alla porta sia le
sventurate malcapitate che gli avventori infetti.
Qualcuno scrive su una parete:
Destillatio me tenet
Ho preso lo scolo
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2^ PARTE
Si legge ancora:
Accensum qui paedicat, urit mentulam
Chi sodomizza un subalterno, gli brucia il
membro.
Oggi sappiamo che molte malattie contagiose
si possono contrarre proprio attraverso rapporti sessuali e questa consapevolezza ci può far comprendere come a quei tempi la diffusione di certe malattie fosse alla base di una scadente qualità di vita.
Così la stessa età media restava bassa “grazie” ai
flagelli che accompagnavano le delizie dell’eros.
A quei tempi si era ben consci che queste malattie erano trasmissibili proprio durante un rapporto
e di ciò ne abbiamo conferma dalla lettura di un
graffito trovato sulla parete ovest della basilica. Qui
si legge:
Hic ego nu(nc) futui formosa(m) fo(r)ma puella
(m) a multis, sed lutus intus erat
Qui ho fatto l’amore con una ragazza bellissima, che tutti lodavano, ma che dentro era piena di
fango.
Forse nelle parole del graffito, il termine fango
potrebbe essere riferito anche ad un pensiero non
tanto legato ad una condizione fisica, quanto ad un
aspetto morale.
Chi entrava nel lupanare di Pompei, osservando le pareti affrescate con scene erotiche aveva a
disposizione un vero e proprio manuale del sesso,
nel quale egli poteva vedere tutte le tipologie di
“prestazioni” e magari sceglierle indicandole.
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2^ PARTE
Oggi la definiremmo la “carta dei
servizi”. Il depliant illustrativo delle
“offerte”.
Queste le immagini esposte.
Non devono offendere nessuno.
Non devono turbare la sensibilità e
la moralità di alcuno. Sono le espressioni vive e reali di una società
sopravvissuta nel ricordo a causa di
un cataclisma naturale.
Proprio grazie alla buona conservazione di queste pitture murali, oggi
noi possiamo ricostruire la storia di
quelle popolazioni vesuviane. Distanti da noi duemila anni, ma vicinissime a noi nei sentimenti che animano la vita comune.
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2^ PARTE
L’elenco delle donne che frequentavano il
lupanare della Regio VII:
Attica, Attine, Beronice, Callìdrome, Cressa,
Drauca, Elpis, Faustilla, Felicla, la figlia di Salvo,
Fortunata, Ianuaria, Iassa fabia, Ias, Maula, Murti, Nica Cretessiana, Restituta, Victoria e Panta.
Quest’ultima dal nome chiaramente greco,
forse era la più ambita, la più desiderata per merito delle grandi versatilità e probabilmente della
grande possibilità di offrire, con soddisfazione dei
clienti, “prodotti” diversi e inediti. Panta: “che poteva offrite tutto”. Una vera e propria macchina
da guerra dell’eros.
L’elenco, ora dei maschietti pompeiani che
frequentavano questo luogo “magico”:
Asbesto, Attico, Bellico, Castrense (detto anche il bello), Corvenio, Crescente, Dicembre, Ermèrote (questi usufruì dei servigi del lupanare il
15 giugno assieme agli amici Filètero e Cafiso),
Epagato, Erennio, Facile, Febo unguentarlo, Floro, Frutto, Gamo, Icaro, Ismeno, Liberale, Lirico,
Lucrione, Amaso di Sarno, Magno, Marciano,
Marco, Merone, Messio, Mitrale Cassaco, Neptunale, Paride (detto anche lui il bello), Placido, Fosfuro, Primo, Procolo, Romano, Sabino, Secundino, Severo, Sinèrote, Sineto, Sisinino, Solenne,
Tèllulo, Vitalione e Scordopordonico.
Quest’ultimo dal nome greco era noto per le sue
flatulenze pestifere (scordo = aglio, pordo = flatulenza). Gente di classe e fine assai, questa, non
c’è che dire.
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2^ PARTE
Interessante un graffito rinvenuto nei pressi
del teatro. Il corridoio che porta alla cavea e poi
conduce alle gradinate è una vera miniera di proclami, di disegni che ci ricordano una umanità
semplice e popolana. Una finestra sulla vita di
ogni giorno.
Il graffito recita:
“A D XI K Dicembr. Epapra Actus, Auctus ad
locum duxerunt mulierem Tychen. Pretium in singulos A V f M Messala L Lentulo Cos”
Il 21 novembre dell’anno nel quale furono
consoli Marco Messala e Lucio Lentulo, Epafra
Acuto e Aucto condussero in questo luogo una
donna chiamata Tiche e per ciascuno il prezzo fu
di 5 assi.
Una donna chiamata Attica costava a Pompei 16 assi. A ricordarlo è un graffito nei pressi di
porta marina. Ma noi un’altra Attica l’abbiamo
“incontrata” nel lupanare di Africano e Victor. Qui
si faceva pagare tre assi e a porta marina 16.
Come mai queste differenze di prezzi? Ma
poi era la stessa donna? Se la donna era la medesima dobbiamo desumere che da Africano giaceva per un lavoro rutinario, mentre a porta marina lo faceva con stile.
La verità non la sapremo mai.
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