Conciliazione dei tempi di vita e di lavoro: realtà sul

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Conciliazione dei tempi di vita e di lavoro: realtà sul
Seconda serata di dialogo del Programma nazionale di ricerca PNR 60 «Uguaglianza fra donna e
uomo» (Losanna, 20 ottobre 2014)
Conciliazione dei tempi di vita e di lavoro: realtà sul terreno e sfide politiche
Rappresentanti della ricerca, della politica e del settore discutono i risultati e gli impulsi emersi dal
PNR 60 – Sintesi del dibattito
Schierarsi contro la 'cultura della presenza'
Nel mondo del lavoro i padri che desiderano occuparsi maggiormente dei figli si devono confrontare con
una serie di ostacoli. La giovane generazione si sta muovendo per cambiare le cose, per lo meno a livello
dirigenziale: i giovani manager cominciano a sfruttare il margine di manovra di cui dispongono per organizzare il tempo di lavoro in modo lasciando più spazio alla famiglia e rivendicano il diritto di poter svolgere
attivamente il loro ruolo di padri. Pur trattandosi ancora di casi isolati, questi giovani padri possono fare
molto per promuovere l'uguaglianza tra donne e uomini nel mondo del lavoro. Gli esempi di giovani dirigenti
che si schierano contro la 'cultura della presenza' dominante possono contribuire a creare condizioni quadro favorevoli alle famiglie, a proprio vantaggio e a vantaggio di altri.
Visto che non tutti i genitori occupano posizioni dirigenziali, servono misure per la conciliazione tra lavoro e
famiglia nell'interesse di tutti. Occorrono modelli di lavoro a tempo parziale per gli uomini e solidi argomenti
da far valere nei confronti dei datori di lavoro. Per ottenere condizioni più favorevoli, non basta che un uomo
dica di voler lavorare a tempo parziale per potersi occupare dei figli. Poiché in Svizzera non è tuttora scontato che anche un padre possa trascorrere le giornate con i figli, gli uomini sono costretti a giustificare la
loro scelta di lavorare a tempo parziale. Gli argomenti più efficaci non sono quelli che fanno leva sulla discriminazione e denunciano eventuali svantaggi ma quelli che invocano la responsabilità personale per i
compiti di accudimento e educazione. Il dibattito politico non deve contrapporre il lavoro a tempo pieno a
quello a tempo parziale, né tantomeno le famiglie alle donne e agli uomini senza figli. L'obiettivo è piuttosto
quello di giungere a una ripartizione equa del lavoro retribuito e non retribuito tra donne e uomini con percentuali lavorative analoghe.
I modelli di lavoro a tempo parziale per gli uomini vanno completati da misure che promuovono modelli
occupazionali alternativi. Si è ancora lontani dal modello della madre che lavora a tempo pieno e da quello
del padre che lavora a tempo parziale. Alcuni datori di lavoro hanno messo a punto offerte per i collaboratori con figli, ad esempio la possibilità di un congedo paternità (non retribuito). Queste misure hanno efficacia
solo se sono conosciute e se vengono effettivamente utilizzate. Gli ostacoli al lavoro part-time maschile non
vanno ricercati tanto nella legislazione in vigore o nella mancanza di disposizioni specifiche, quanto piuttosto nella cultura aziendale, nel settore privato come in quello pubblico. Lo stesso vale per la situazione
inversa delle donne che vorrebbero aumentare la loro percentuale lavorativa e che per farlo devono trovare
un nuovo impiego perché la loro azienda non offre questa possibilità. La partecipazione delle donne al
mondo del lavoro potrebbe aumentare se venisse promossa proprio laddove le donne devono accettare
situazioni di sottoccupazione pur volendo lavorare di più.
A mettere sotto pressione tanto gli uomini quanto le donne non è solo la cultura aziendale, ma anche le
norme sociali, tra cui quella – molto radicata in Svizzera – secondo cui dopo la nascita di un figlio le madri
dovrebbero ridurre il tempo di lavoro al 50 per cento. Le donne francesi, ad esempio, non capiscono perché
la maternità implichi automaticamente una riduzione della percentuale lavorativa. Considerano infatti normale lavorare a tempo pieno anche essendo madri. In Svizzera le donne subiscono una forte pressione
sociale e si sentono in colpa perché lavorano 'troppo', anche se solo a tempo parziale. Sull'altro fonte, vi
sono le donne che restano a casa per occuparsi dei figli e che devono giustificare la scelta di non lavorare.
Non si tratta di scegliere tra due alternative opposte (lavorare o restare a casa), quanto piuttosto di conci1
liarle. L'obiettivo dev'essere dare libertà di scelta sia alle donne che agli uomini e permettere loro di essere
genitori e svolgere un lavoro interessante che garantisca il loro sostentamento e quello della famiglia.
Promuovere modelli di lavoro a tempo parziale e integrare maggiormente le donne e i lavoratori anziani nel
mercato del lavoro sono importanti obiettivi di parità e rappresentano al contempo misure per contrastare la
mancanza di manodopera specializzata. Ma da sole queste iniziative non bastano. È giunto il momento di
focalizzare l'attenzione sul modello lavorativo a tempo pieno e di analizzare con occhio critico l'orario di
lavoro settimanale in Svizzera, molto più lungo rispetto a quello degli altri Paesi. Inoltre, nel nostro Paese
mancano tuttora strutture di custodia per i bambini complementari alla famiglia e alla scuola. A Losanna, ad
esempio, il tempo di attesa per un posto in un asilo nido è di due anni. A ciò si aggiunge che le offerte esistenti sono impostate in base a un modello di lavoro a tempo parziale (50 o 60 per cento) e che le spese di
custodia lievitano a partire dal quarto giorno alla settimana. Se da un lato molti genitori devono sostenere
spese di custodia elevate per i figli, dall'altro il numero di quelli che non possono permetterselo è ancora più
alto. La mancanza di posti di custodia finanziariamente sostenibili contribuisce in modo determinante all'allineamento dei progetti e dei percorsi di vita agli stereotipi di genere tradizionali. In Svizzera le pari opportunità e la libertà di scelta non sono garantite e la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro continua a mostrare i propri limiti.
Pensare a lungo termine e imparare dagli altri
La votazione del 9 febbraio 2014 sull'iniziativa contro l'immigrazione di massa ha riacceso il dibattito sull'integrazione professionale delle donne e sull'uguaglianza fra donne e uomini sul mercato del lavoro. È però
opportuno usare cautela viste le soluzioni semplicistiche proposte da più parti. Il dibattito attuale si concentra infatti sulla proposta di aumentare il tasso di attività delle donne e dei lavoratori anziani per evitare di
impiegare manodopera straniera. La Svizzera deve attuare l'iniziativa sull'immigrazione di massa in un
lasso di tempo estremamente breve. Il mondo politico è sotto pressione: deve trovare rapidamente una
soluzione che non pregiudichi gli accordi bilaterali conclusi con l'Unione europea. La Svizzera deve però
anche sviluppare soluzioni efficaci a lungo termine in ambiti in cui da anni occorrono interventi: educazione,
formazione continua, offerte di custodia accessibili e finanziariamente sostenibili, prevenzione e contrasto
della povertà nelle famiglie, politica salariale, compresa la questione di un reddito che garantisca il sostentamento. La forte pressione per attuare in tempi rapidi l'iniziativa non deve far dimenticare che vi sono ancora molti cantieri aperti sul fronte dell'uguaglianza sui quali bisognerà lavorare ancora a lungo.
Occorre anche esaminare con spirito critico le richieste di chi propone di riprendere i modelli dei Paesi
scandinavi. Spesso si evidenzia che in questi Paesi le differenze salariali tra donne e uomini sono contenute e che il tasso di occupazione femminile è elevato ma si dimentica che i modelli scandinavi funzionano
perché si fondano su una concezione della società molto diversa dalla realtà svizzera. Proprio per questo
non è possibile riprodurli. Varrebbe comunque la pena di analizzare quelli che hanno dato buone prove
traendone elementi utili per la Svizzera.
Si possono promuovere l'uguaglianza e le pari opportunità anche imparando maggiormente dagli esempi di
buona prassi dei Cantoni e delle città, ad esempio da quelli che prevedono prestazioni complementari per
le famiglie. In questo ambito il Cantone Ticino ha avuto un ruolo pioniere e il suo esempio è stato seguito da
altri Cantoni. Per evitare di reinventare la ruota ogni volta, è opportuno prendere a modello gli esempi di
buona prassi che mostrano concretamente come si possono risolvere problemi parziali. Un'ulteriore sfida è
quella di dare visibilità ai progressi compiuti dalla politica di uguaglianza senza dare l'impressione che tutto
sia già stato fatto: per raggiungere effettivamente l'uguaglianza occorre un'azione di ampio respiro e una
sinergia tra gli attori coinvolti (politica, economia e società).
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Segnalare per tempo i dubbi sull'efficacia dei processi politici
La conciliazione tra famiglia, formazione e lavoro è diventata un tema prioritario. Parallelamente, il sistema
di sicurezza sociale, la politica occupazionale e la politica fiscale poggiano tuttora sull'immagine tradizionale
della famiglia con una ripartizione stereotipata dei ruoli: l'uomo resta la principale fonte di reddito familiare
con una biografia lavorativa a tempo pieno senza interruzioni, la donna lavora a tempo parziale contribuendo al reddito familiare a titolo sussidiario e presta lavoro di care non retribuito. La ripartizione tra donne e
uomini del lavoro retribuito e di quello non retribuito è tuttora poco equilibrata, un dato che sorprende tanto
più che nell'ambito della formazione e della partecipazione al mercato del lavoro le donne hanno recuperato
terreno rispetto agli uomini.
Il dibattito sulla conciliazione tra famiglia e lavoro si limita a considerare le donne che hanno figli – un approccio troppo riduttivo sotto vari punti di vista. È infatti sempre più chiaro che il problema della conciliazione si pone non solo per le donne, ma anche per gli uomini. Come evidenziato dal PNR 60, riguarda più
generazioni e si presenta più volte nel corso della vita, non solo quando si fonda una famiglia, ma anche più
tardi, quando si devono assistere i genitori e i suoceri.
L'interesse che l'economia dimostra per le donne qualificate può sicuramente contribuire a migliorare le pari
opportunità e l'uguaglianza sul mercato del lavoro. Ciononostante sorgono dubbi legittimi. Da sola, una
maggiore integrazione delle donne altamente qualificate nel mercato del lavoro non può risolvere i problemi
e le sfide che si delineano. Quest'obiettivo risulta da un bisogno congiunturale momentaneo e non si inquadra in una prospettiva di lungo periodo. Inoltre, non ha alcun impatto sui meccanismi che ostacolano l'uguaglianza. La politica e le aziende non si sono ancora dotate di una strategia per promuovere l'occupazione dei lavoratori anziani. Il fatto che le donne qualificate lavorino di più non significa automaticamente una
ridistribuzione del lavoro di care non retribuito, per cui non viene risolto nemmeno il problema della mancanza di offerte di care complementari alla famiglia per bambini o adulti con ridotta autonomia. Sembra che
gli interessi economici attuali seguano una logica divergente da quella di una ripartizione e una rimunerazione paritarie dell'attività lavorativa. Il mercato del lavoro è caratterizzato da riorganizzazioni a ritmo serrato e dalla pressione al rendimento che può portare a situazioni di sovraccarico e stress ed esige dai lavoratori la massima flessibilità e disponibilità nel tempo e nello spazio. Questo rende sempre più difficile la conciliazione tra i tempi di vita e i tempi di lavoro. Per promuovere l'uguaglianza e le pari opportunità non basta
far leva su argomenti di tipo economico. Servono misure politiche a vari livelli: nuovi modelli lavorativi, promozione di condizioni quadro favorevoli alla genitorialità maschile, sostegno alle famiglie, offerte di custodia
finanziariamente sostenibili e coordinamento tra politica fiscale, sociale e salariale.
Partecipanti
Prof. René Levy, membro del Comitato direttivo del PNR 60
Dott.ssa Lavinia Gianettoni, Institut des sciences sociales (ISS), Università di Losanna
Prof. Nicky Le Feuvre, Institut des sciences sociales (ISS), Università di Losanna
Prof. Stéphane Rossini, Consigliere nazionale, vicepresidente del Consiglio nazionale e professore alle Università di
Ginevra e Neuchâtel
Françoise Piron, ingegnere EPFL, direttrice e fondatrice della rete Pacte - Des Paroles aux Actes
Moderatore
Marc Benninger, caporedattore del portale HR Today
Sintesi
Dott.ssa Frauke Sassnick Spohn, Trasferimento delle conoscenze PNR 60, Büro für Soziales, Bildung und Gesundheit,
Winterthur
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