frontiere fantasma - Institut français Firenze

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frontiere fantasma - Institut français Firenze
FRONTIERE FANTASMA
– FRONTIÈRES FANTÔMES
Una proposta degli artisti in residenza
all’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici
Palermo, Cantieri Culturali alla Zisa, 28.02-2.03.2014
Il progetto Frontiere Fantasma è il secondo intervento degli artisti in residenza dell’Accademia di
Francia a Roma ai Cantieri Culturali alla Zisa di Palermo. Organizzata su iniziativa dell’artista plastico
Emmanuel van der Meulen nel 2013, la mostra Buongiorno Blinky! aveva inaugurato questa
collaborazione, ponendola sotto l’egida della figura culto dell’artista tedesco Blinky Palermo (19431977) e, attraverso di essa, sotto il segno di una concezione dell’arte ereditata dal suo maestro
Joseph Beuys: un’arte fedele ai principi della “scultura sociale”, ossia aperta sul mondo, che è
espressione tanto di un’etica quanto di una poetica della sensazione, che confonde o trapassa la linea
di demarcazione tra arte e vita. In questo stesso spirito è stata ideata quella che può definirsi più
un’“esperienza condivisa” – secondo le parole di Emmanuel van der Meulen – che una mostra stricto
sensu. I nostri interventi, circoscritti in un contesto spazio-temporale molto particolare, sono in primo
luogo frutto di altrettanti incontri – con un luogo, una città e i suoi abitanti, ma anche tra noi e le nostre
rispettive pratiche –, incroci che sono anche fughe.
È seguendo questa pista che abbiamo scelto di avanzare verso questi confini: le frontiere. Frontiere
tra la realtà e il suo racconto (la sua percezione, la sua narrazione). Frontiere tra passato e presente,
tra pubblico e privato, individuale e collettivo, tra organico e minerale, naturale e architettonico.
Frontiere che a volte possono separare un territorio da coloro che ci vivono. Frontiere spettrali e
vibratili, linee furtive che sono forse anche membrane. Frontiere fantomatiche, come lo saranno questi
interventi effimeri – plastici ma anche performativi, musicali e cinematografici – apparsi e subito svaniti
negli spazi dei Cantieri. Per due giorni e mezzo, avremo il privilegio di fare la parte degli spiriti sotto gli
auspici di qualche augusto spettro: le figure già citate, ma anche quella di Raymond Roussel, artista
senza limiti il cui ultimo domicilio fu il Grand Hotel delle Palme a Palermo. O ancora quella di Marcel
Duchamp, attraverso la sua famosa equazione: “A GUEST + A HOST = A GHOST”.
“Ghost track”, “tracce fantasma”: nel campo delle registrazioni musicali, è questo il nome che si dà a
quelle tracce nascoste alla fine di un CD, separate dal resto dell’album da una zona di silenzio.
Silenzio che rende quasi soprannaturale l’irrompere di quei brani inaspettati (e di riflesso non fa che
rendere più musicale il vuoto che li precede), come se l’opera non avesse ancora detto la sua ultima
parola, come se si svegliasse un’ultima volta per scuoterci dal torpore. Idealmente e modestamente,
questa mostra-lampo potrebbe essere proprio questo: una collezione di pezzi nascosti.
David Sanson
Con:
Jakuta Alikavazovic, Hicham Berrada, Agnès Chekroun, Simon de Dreuille,
Laurent Durupt, Géraldine Kosiak e Sebastien Rivas, Chiara Malta, Nora Martirosyan,
Théo Mercier, Malik Nejmi, Till Roeskens, Assaf Shoshan
&
gli studenti dell’Accademia di belle arti di Palermo, il collettivo Fare Ala e Brusio Netlabel.
Date e orari della manifestazione
Venerdì 28 febbraio, 19.30-24.00
Sabato 1 marzo, 16.00-24.00
Domenica 2 marzo, 12.00-21.00
Jakuta Alikavazovic
Un fantasma al quadrato (intervento sotto forma di microstorie sul programma della
manifestazione)
Le frontiere tra realtà e finzione di muovono continuamente, come la cima d’ un albero al vento – e, in
questo movimento perpetuo, in questo movimento vivo, non si sa quale sia l’albero, quale sia il vento.
Queste frontiere si intrecciano, si interfogliano – non è dolce, qui, questa strana parola, questa parola
di cui pochi sanno se è reale o inventata?
Ci sono frasi che non si dimenticano. Che giustizia reclamano, queste parole che ci perseguitano?
Che cosa è un fantasma al quadrato?
In altre parole:
fantasma x fantasma = ?
Jakuta Alikavazovic
Jakuta Alikavazovic è nata a Parigi. Allieva della scuola normale e professoressa aggregata d’inglese,
ha insegnato all’ENS, alla Sorbonne Nouvelle e alla Sorbone. Ha pubblicato per le edizioni L’Olivier
una raccolta di racconti, Histoires contre nature (2006) e tre romanzi: Corps volatils (Premio Goncourt
per la migliore Opera Prima 2008), Le Londres-Louxor (2010) e La Blonde et le Bunker (Premio
Wepler – Menzione Speciale della Giuria 2012). È regolarmente invitata a riflettere sui rapporti tra
letteratura e arti visive (NYU Paris, Museo delle Belle Arti di Lyon…). Ha contribuito a diverse
pubblicazioni collettive e ha lavorato per la rivista Espace(s) attingendo agli archivi dell’Osservatorio
Spaziale del CNES. Dal 2011 si dedica alla scrittura e alla traduzione.
A Villa Medici Jakuta Alikavazovic lavora a un racconto intitolato L’Institut central, in omaggio a un
luogo romano, l’Istituto Centrale per il Restauro e la Conservazione del Patrimonio Archivistico e
Librario di Via Milano, una sorta di “ospedale del libro” dove si provvede ad arginare i danni causati dal
tempo o dall’uomo su volumi preziosi e manoscritti rari. Questo paziente lavoro di restauro farà da
contrappunto alle distruzioni culturali del XX secolo, e più in particolare all’incendio della Biblioteca di
Sarajevo dell’agosto del 1992.
Hicham Berrada
Hicham Berrada, Tranche, présage,
paesaggi chimici in evoluzione rallentata in vasca di vetro
37 x 28 x 5 cm, 2013.
Tranches, présages (video e sculture, 2013-14)
“Ho chiamato Présage l’apparizione controllata di un paesaggio in una sezione. Non si tratta di un solo
e unico esperimento perché non mi limito nella scelta dei prodotti chimici. Continuo a sperimentare
nuovi elementi, nuove combinazioni. […] Cerco di dominare dei fenomeni che fisso così come un
pittore domina i suoi attrezzi e i suoi diluenti. I miei pennelli e i miei pigmenti sono il caldo, il freddo, il
magnetismo, la luce.” Partendo da diverse manipolazioni chimiche, l’artista riesce a creare dei modelli
ridotti di organismi che fissa in sezioni. Questi mondi chimerici dai colori e dalle forme affascinanti
sono veri e propri quadri viventi.
Hicham Berrada
Nato nel 1986 a Casablanca in Marocco, Hicham Berrada si è diplomato all’École Nationale
Supérieure des Beaux Arts di Parigi (ENSBA) nel 2011, per poi proseguire le sue ricerche
sull’attivazione di diversi processi naturali allo Studio national des arts contemporains, Le Fresnoy.
Il lavoro di Hicham Berrada è alimentato da una cultura duplice, di natura artistica e scientifica. Nelle
sue opere l’artista esplora dei protocolli scientifici che riproducono diversi processi naturali e
condizioni atmosferiche, con un approccio simile a quello di un pittore.
Per Villa Medici ha in progetto di sviluppare le sue ricerche sulla materia elementare creando delle
cosmogonie multiple, come tanti piccoli universi chiusi, dei pezzi di natura. Quest’anno di residenza
sarà inoltre per lui occasione per collaborare con gli scienziati del Laboratorio Nazionale del Gran
Sasso, come ha già avuto modo di fare al Collège de France e al laboratorio Pecsa nel 2010,
nell’ambito del progetto OpenLab.
Agnès Chekroun
main
–
mise
(installazione, 2014)
con Camilla Carè
Il fanciullo che scrive deve stare seduto in maniera naturale, senza difficoltà né sforzo, col
corpo dritto e stabile davanti al tavolo, contro il quale non deve appoggiare il petto.
Le gambe devono essere posate verticalmente, badando soprattutto a non portarle indietro.
La testa non va inclinata né a destra né a sinistra; non deve essere troppo piegata in avanti,
come troppi allievi hanno la tentazione di fare, perché potrebbe renderli miopi. L’inclinazione
della testa in avanti, ridotta quanto più possibile, sarà regolata in base all’esigenza della
visione.
L’avambraccio sinistro deve poggiare completamente sul tavolo, in maniera che la mano
sinistra possa tenere la carta.
L’avambraccio destro deve stare sul bordo del tavolo con il gomito tenuto all’esterno e
abbastanza scostato di lato.
La penna va tenuta senza pressione, tra le prime tre dita della mano, con il pollice opposto
alle altre due e la sua estremità di fronte alla terza falange dell’indice. Le ultime due dita
saranno ripiegate in maniera che la loro estremità poggi sulla carta.
La penna deve superare di almeno un centimetro l’estremità delle dita.
L’allievo deve tenere il quaderno o il foglio diritto, proprio di fronte a sé e in modo da vedere
facilmente ciò che scrive.
Agnès Chekroun
Coreografa nata nel 1971, Agnès Chekroun si avvicina alla danza tramite la scrittura, grazie a una
ricerca universitaria sulla relazione tra danza e politica che la porta a lavorare in Germania al fianco di
William Forsythe. Rapidamente, questa prima esperienza si trasforma in un’avventura collettiva durata
oltre dieci anni con l’artista americano e gli interpreti della sua compagnia, con la quale monta la sua
prima coreografia: Remote Versions. Sempre a Francoforte, seguiranno Double, B(l)ind e Hostis,
opere accolte da diversi festival europei. Dal 2009, risiede nuovamente a Parigi e prosegue la sua
ricerca artistica da indipendente, lavorando tanto sui frammenti (Les Simples, – I, n°1284) quanto sugli
oggetti coreografici (d’eux).
Oggi il suo progetto per Villa Medici, pone come punto di partenza un motivo mutuato all’ambito
letterario, plastico e cinematografico: la figura di Gradiva – “colei-che-cammina-in-avanti” –, dal quale
intende elaborare una serie di proposte, che arrivino a travalicare lo spazio coreografico.
Parallelamente, sin dal suo arrivo a Roma, lavora con diversi artisti del Teatro Valle Occupato.
Simon de Dreuille ed Elsa Leguévaques
Tre palazzi alla fine della banana blu (plastici, 2014)
Siamo in un momento in cui la sfera domestica è soffocata dalla crisi degli alloggi, la sfera pubblica è
in affanno di fronte alle prodigiose estensioni dell'ambito metropolitano e l'idea di vivere insieme
appare più che mai strutturale, plausibile, forse persino desiderabile.
Tra pubblico e privato, la definizione e la costruzione di uno spazio comune – uno spazio intermedio,
ibrido, che mescoli nelle sue configurazioni e nei suoi processi di produzione il privato e il pubblico,
l'habitat e il lavoro, l'individuo e la collettività – costituisce una straordinaria occasione di vivere
insieme, ma anche un filtro tra l'individuo e la metropoli. Una maniera di partecipare o di ritirarsi.
Questa alternativa, questo spazio di distensione tra la metropoli e l'individuo, sottende un'idea che
accomuna senz'altro una giovane generazione di architetti. Una generazione che si è formata dopo
l'elaborazione delle grandi narrazioni sulla megalopoli e la città globale, e che per questo ha un
rapporto di minore fascinazione e maggiore libertà con la metropoli. Architetti che sono meno portati a
celebrarla e radicalizzarla e più inclini a pensarne fin nel minimo dettaglio la sostanza, l'operatività, per
dare spazio a una metropoli ad alta definizione.
È questo il senso dell'eccesso di trama dei disegni che ricoprono parzialmente i tre plastici presentati
in mostra. Queste trame sono molto definite ma non determinate. Descrivono scambi molto precisi tra
l'architettura e il suo ambiente – scambi precisi ma liberi, non alienanti. Queste trame parlano di
comodità, della libertà di abitare in questo luogo, di starci.
Simon de Dreuille
Simon de Dreuille è nato nel 1980. Architetto, vive e lavora a Parigi. Ha lavorato all’AUC, con Djamel
Klouche, Caroline Poulin e François Decoster, su problematiche urbane e territoriali analizzate
attraverso metodi previsionali. Ha collaborato a “Frog Magazine” come editor associato per
l’architettura. Ha insegnato all’École Nationale Supérieure d’Architecture di Paris Malaquais.
Nell’ambito della sua residenza a Villa Medici, elabora il progetto Piante e Piante: una riflessione
sull’architettura e l’urbanismo, che poggia in particolare sulla osservazione di alcune piante soprattutto domestiche – intese come intermediari tra la natura, la sfera domestica e la sfera urbana.
Laurent Durupt
Studi sulla notte (installazione sonora, 2013-14)
Studi sulla notte è un’opera che esiste in versione performativa (con strumentisti) o come installazione
sonora. Gli oggetti messi in relazione formano, insieme, un’allegoria di organi umani – orecchio,
occhio, bocca, polmone, cuore… – ed evocano piuttosto l’uno o l’altro secondo le loro modalità di
movimento. Esperimento sensoriale, questa installazione cerca di rimandarci alle nostre funzioni vitali,
quelle che durante la notte restano attive nonostante la sospensione della coscienza.
Laurent Durupt
Laurent Durupt, che vive e insegna pianoforte a Parigi, ha fondato il duo Links con suo fratello Rémi,
percussionista, per poi formare – insieme ad altri artisti visivi o musicisti (Trami Nguyen, Marikel
Lahana, Brice Pichard, Augustin Muller, Elodie Gaudet...) – l’ensemble Links, con il quale elabora
spettacoli in cui si intrecciano musica, scenografia e immagini. Musicista dalla formazione poliedrica
(vincitore di sei premi e due master al Conservatoire National Supérieur de Paris), vincitore di vari
concorsi internazionali di composizione, pianoforte e musica da camera, è appassionato sia di musica
elettronica (segue i cursus I e II dell’IRCAM) che della scrittura per strumenti e della interpretazione
come pianista. Le sue opere, ispirate agli algoritmi informatici e ai concetti filosofici di Deleuze, sono
suonate nel mondo intero.
Il suo progetto di residenza a Villa Medici consiste nella realizzazione di un ciclo di tre partiture per
coro a cappella, sui testi di poeti europei quali Paul Celan, René Char e Giuseppe Ungaretti, che
affrontano il tema del respiro.
Géraldine Kosiak e Sebastian Rivas
Géraldine Kosiak, Venere Esquilina,
gouache, 100 cm x 80 cm, 2014.
État critique (installazione, 2014)
Uno stato che si definisce critico può essere destabilizzato da una piccola variazione delle sue
caratteristiche…
Nel 1987, il fisico danese Per Bak elaborò una teoria della complessità che spiegò con l’aiuto di un
cumulo di vera sabbia. Bak dimostrò che qualsiasi sistema auto-organizzato ha in sé una dinamica
che lo porta inevitabilmente verso uno stato di crisi detto stato critico, il quale può a sua volta
preannunciare una grave catastrofe.
État critique è un accumulo di cose accatastate le une sulle altre. La costruzione sonora riprende
l’idea di un’auto-organizzazione del deterioramento del materiale sonoro, secondo quattro “categorie”
di materie (fauna, folla, media, musica).
Géraldine Kosiak
Géraldine Kosiak ha pubblicato una decina di libri, da lei scritti e illustrati. Ha inoltre partecipato a
diverse mostre collettive e beneficiato di numerose mostre personali. Il suo ultimo libro, Au travail,
pubblicato da Les Cahiers dessinés, cerca di dare una risposta alla domanda: come lavora lo
scrittore? Offrendo come spunto dossier preparatori, bozze, viaggi, sogni, ecc. Géraldine Kosiak
tratteggia brevi ritratti di scrittori da lei selezionati, che finiscono col rappresentare lei stessa, lettrice
che diventa narratrice.
Il suo progetto per Villa Medici è un racconto grafico ispirato all’epopea dell’industria automobilistica
europea, che narra un aspetto della metamorfosi dell’Europa attraverso tre leader del settore: FIAT,
PSA Peugeot Citroën e Volkswagen. Un’epopea industriale e umana che ci condurrà dalla fine del XIX
secolo fino ai giorni nostri, ma anche una sorta di racconto di formazione, dove l’avventura umana si
svilupperà in una storia artistica e letteraria, unita a una costellazione di luoghi e personaggi mitici.
Sebastian Rivas
Sebastian Rivas, di origini franco-argentine, nasce nel 1975. Si dedica al jazz, al rock e
all’improvvisazione, prima di immergersi nella composizione. Nel 1997 emigra in Francia, suo paese
d’origine, per studiare con Sergio Ortega et Ivan Fedele. Le sue opere sono eseguite da numerosi
ensemble d’eccellenza. Premiato dalla Société internationale de musique contemporaine nel 2004,
vincitore Tremplin dell’Ensemble intercontemporain nel 2008 e Premio Italia 2012 per la sua opera
radiofocnica La Nuit Hallucinée, è autore dell’opera Aliados, che ha recentemente debuttato al Teatro
di Gennevilliers.
Durante il suo soggiorno a Villa Medici Sebastan Rivas conduce un lavoro di ricerca e di creazione
sull’esplorazione di nuove forme sceniche, in un disegno di emancipazione di un pensiero musicale
puramente astratto. Dopo aver lavorato con la danza, il teatro, il cinema e l’opera, apre dunque un
nuovo cantiere, meno disciplinato, in cui lo spazio scenografico e sonoro come anche il rapporto con i
sensi e il corpo diventano elementi di composizione in se stessi.
Chiara Malta
Chiara Malta e Sébastien Laudenbach,
Immagine tratta da Les Yeux du renard, 2012.
Armando e la politica e quattro cortometraggi (proiezione)
Mio padre Armando ha cancellato tutte le tracce. Oggi nega con determinazione. Mente. Oppure ha
dimenticato.
Da quando ho lasciato l’Italia, la questione mi tormenta: dopo tanti anni di militanza socialista,
Armando ha votato Berlusconi per davvero?
“Armando e la politica, ovvero: quando il cinema mette di buon umore e fa star bene, quando il cinema
racconta storie e si fa memoria, e dal cuore della memoria offre una prospettiva di futuro, non
certezze, ma intuizioni e legittimi dubbi [...] In settanta minuti, fra sorriso e incredulità, godi anche un
originale fermo immagine sullo stato delle cose, l’efficace radiografia di questo paese immemore
chiamato Italia.” (Gianluca Favetto, La Repubblica).
L’ISLE [L’ISOLA] Francia, 10 min., 35 mm (da DV e Super8), b/n e colore, 2004
ARMANDO E LA POLITICA Italia/Francia, 73 min., Beta Digital (da Super8, Super16, DVCAM), b/n e
colore, 2008
J’ATTENDS UNE FEMME [ASPETTO UNA DONNA] Francia, 20 min., 35 mm (da Super8 e 16mm), b/n
e colore, 2010
L’AMOUR À TROIS [L’AMORE A TRE] Francia, 13 min., 35 mm (da Super16), colore, 2010
LES YEUX DU RENARD [GLI OCCHI DELLA VOLPE] regia: Chiara Malta e Sébastien Laudenbach,
Francia/Italia, 8 min., 35mm (da Super16 e Super8), colore, 2012
Chiara Malta
Nata a Roma nel 1977, Chiara Malta lavora da dieci anni a Parigi. Realizza dei film che si muovono tra
il politico e l’autobiografico, interrogandosi incessantemente sulla verità e sulle immagini. I suoi
cortometraggi sono stati selezionati e premiati in numerosi festival (Clermont-Ferrand, Lussas, Roma,
Pesaro, Montréal...). Dopo il lungometraggio documentario Armando e la politica, presentato in
apertura della sezione “Lo Stato delle Cose” del 26° Torino Film Festival e trasmesso su La Lucarne
Arte/ZDF, l’autrice si propone di scrivere, durante questo soggiorno a Villa Medici, il suo primo film di
finzione, nato dall’incontro con l’attrice Elina Löwensohn: la storia di un duo regista/attrice, di una
romana e di una rumena. La storia di una regista che si smarrisce, che perde la sua attrice strada
facendo, che non sa più chi è chi.
Nora Martirosyan
Road Movie (video, film Super8, 17 min., 2005)
Road Movie invita a compiere un viaggio nel tempo. Non è un viaggio turistico, ma un tentativo di
restituire ciò che si deve all’infanzia e alla città in cui si è svolta. Rimasti nello spazio chiuso
dell’autobus, conosciamo la città che esso attraversa da frammenti visti dai finestrini e dalle ombre sui
volti dei passeggeri. La macchina da presa, con la luce e il vento, accarezza i visi che diventano
familiari. Una trasmissione del passato al bambino che, raggiunta l’età adulta, lo trasmetterà ai propri
figli.
Nora Martirosyan
Nora Martirosyan, artista e cineasta, è diplomata all’Accademia di belle arti di Erevan, in Armenia, suo
paese natale, e alla Gerriet Rietveld Academie di Amsterdam. Nel 2002-2003 ha partecipato
contemporaneamente a due programmi di residenza post-diploma: Le Fresnoy e la Rijksakademie van
Beeldende Kunsten a Amsterdam. I suoi film sono stati proiettati e premiati in molti festival, tra cui il
Festival International de Belfort (2003), il Cinematexas, USA (2004) Fid Marseille (2007), Premio
“qualité” du CNC (2010). Docente in varie scuole di belle arti e membro di numerose giurie, sta
lavorando al suo primo lungometraggio di finzione, Territoria, che sarà girato in Haut-Karabagh.
La sua residenza a Villa Medici sarà interamente dedicata alla scrittura del film.
Théo Mercier
Du futur faisons table rase (installazione, 2014)
Ho deciso di “alleggerire” la storia, di riscriverla per renderla sopportabile e digeribile.
“Non riesco a capire qualcosa finché non la scrivo”, diceva Horace Walpole, definendo così uno dei
principi fondamentali della scrittura, la messa alla prova del pensiero dinanzi all’enunciazione.
Come un eroe di Tex Avery, non riesco a capire qualcosa finché non la leggo su un biglietto o su un
cartello segnaletico.
Disattivare l’eternità del passato attraverso la veridicità del presente. Svecchiare la pietra con l’aiuto di
cartone e cotone bianco.
Screditare la realtà con le mie facezie grafiche… alla maniera di Tex Avery.
Théo Mercier
Nato nel 1984 e diplomato nel 2005 all’École Nationale Supérieure de Création Industrielle di Parigi,
Théo Mercier si credeva destinato a disegnare portiere d’automobile… fino al suo passaggio
nell’atelier di Matthew Barney nel 2008, dove lavora per un anno e mezzo. Nel 2012 al lavoro di Théo
Mercier sono state dedicate due grandi mostre monografiche al Tri Postal di Lille (Desperanza) e al
Lieu Unique di Nantes (Le Grand Mess). Ha partecipato a numerose esposizioni collettive (Musée
d’art moderne de la Ville de Paris, Palais de Tokyo, la Maison Rouge, Musée de la Chasse à Paris,
galerie Yvon Lambert à New York...); nell’ambito della mostra Le Surréalisme et l’objet, da ottobre
2013 fino al 3 marzo 2014 al Centre Georges Pompidou, presenta sei delle sue opere. È
rappresentato dalla Galleria Gabrielle Maubrie di Parigi.
Malik Nejmi (e gli studenti dell’Accademia di belle arti di Palermo)
Malik Nejmi,Grève de la faim (Firenze, 1990),
foto e video d’archivio, ricerca documentaria, 2013.
Prospettiva socialista 1990
Durante la sua residenza a Villa Medici, Malik Nejmi ha lavorato in particolare sulla comunità
senegalese di Firenze e Roma (prendendo le mosse dall’omicidio a sfondo razzista di due venditori
ambulanti avvenuto nel dicembre 2010). La storia delle lotte senegalesi di Firenze è legata a quella
degli studenti di Palermo, poiché il movimento della Pantera, nato all’Università di Palermo nel 1989,
si unì allo sciopero della fame organizzato nel 1990 dai senegalesi sul sagrato della cattedrale di
Firenze. All’epoca, il movimento della Pantera era riuscito a bloccare tutti gli atenei d’Italia
monopolizzando i fax. Partendo da immagini tratte da video d’archivio raccolti presso storici e militanti,
Malik Nejmi invita gli studenti dell’Accademia di belle arti di Palermo a impadronirsi delle fotocopiatrici
per produrre manifesti che prolunghino e riattivino questo movimento cittadino nato un quarto di
secolo fa…
Malik Nejmi
Nato in Francia nel 1973, Malik Nejmi è un artista di origini franco-marocchine. La storia di suo padre, i
legami affettivi con la famiglia marocchina e l’infanzia vissuta tra i due paesi sono la materia che nutre
il suo lavoro di fotografia e scrittura. Fa parte di quella categoria di artisti che si sono appropriati degli
attributi di una duplice genealogia. La creazione di immagini in questi due territori, è l’unico modo che
ha per riallacciarsi a un passato ormai lontano.
A Roma lavora a un progetto di racconto filmato, Le troisième ciel, sulla figura affettiva del padre
emigrante, dei miti dello stretto di Gibilterra e dei fatti di cronaca circa i “polizones” (detti anche
“passeggeri ciechi” – clandestini che si imbarcano senza sapere la loro destinazione) verso i quali
indirizza il suo discorso. La corrispondenza che intrattiene tra Roma e Marsiglia con la madre e il
lavoro d’atelier con i suoi figli contribuiscono ad arricchire la narrazione. Prosegue, d’altro canto, il suo
lavoro sul destino dei giovani venditori ambulanti senegalesi che percorrono l’Italia. Le sue fotografie
sono conservate nelle collezioni della Cité Nationale de l’Histoire de l’Immigration.
Till Roeskens
Till Roeskens, immagine tratta da Vidéocartographies : Aida, Palestine,
documentario sperimentale, 2009
Vidéocartographies: Aida, Palestine (documentario sperimentale, 46 min., 2009)
Ho chiesto agli abitanti del campo Aida a Betlemme di abbozzare delle mappe di ciò che li circonda. I
disegni mentre venivano realizzati sono stati filmati, insieme ai racconti che danno vita a queste
geografie soggettive.
Attraverso sei capitoli che formano altrettanti corto-metraggi potenzialmente indipendenti, scoprirete
passo dopo passo, schizzo dopo schizzo, il campo di rifugiati e i suoi dintorni. Seguirete i tragitti di
uomini, donne e bambini e i loro tentativi di liberarsi dallo stato di assedio sotto cui vivono. Un
omaggio a ciò che chiamerò “resistenza per aggiramento”, in tempi dove la possibilità stessa di questa
resistenza sembra sparire.
Vincitore del Gran Premio della competizione francese al Festival internazionale del cinema documentario di
Marsiglia 2009, del Premio Al-Jazeera al Festival del cinema mediterraneo di Tetuan / Marocco 2010, del Gran
Premio al Festival Videoex di Zurigo 2011.
Till Roeskens
Nato in Germania, Till Roeskens vive a Marsiglia. Amatore di geografia applicata, appartiene alla
specie degli artisti esploratori. Il suo lavoro si sviluppa nell’incontro con un determinato territorio e con
coloro che tentano di tracciarvi il proprio sentiero. Ciò che riporta dal suo errare, che si tratti di un libro
o di un film, di una conferenza-diaporama o altre forme leggere, non si intende mai come un semplice
rapporto, ma come l’invito ad esercitare lo sguardo, un interrogativo su quanto sia realmente possibile
catturare della infinita complessità del reale.
I suoi “tentativi di orientarsi” si elaborano nella preoccupazione ricorrente di raggiungere un pubblico
non avvisato e di coinvolgere le persone incontrate nella elaborazione dell’opera.
Assaf Shoshan
Assaf Shoshan, immagini tratte da Unknown Village,
video, 8 min., 2007.
Territoires de l’attente (videoinstallazione, 2007-2014)
Assaf Shoshan […] è cresciuto nel deserto del Negev, ed è lì che ha puntato la macchina fotografica.
Nell’osservare il passaggio degli uomini e le cristallizzazioni delle loro tracce, ha scoperto i moderni
Sisifo che scontano la loro pena, spinti dall’energia della speranza e rassegnati a rifare
incessantemente un percorso senza sbocco.
Il deserto del Negev è un’enclave tra l’Europa, l’Africa e la penisola arabica. Attraversato molto tempo
fa dalla via dell’incenso, non ha mai smesso di essere un luogo di passaggio: qui si incontrano
nomadi, migranti e profughi alle prese con una frontiera mobile su cui vegliano, sospettosi, gli eserciti
di tutti i paesi, dopo che alcune nazioni hanno voluto tracciarvi delle linee di separazione. In questa
enclave, Assaf Shoshan fotografa gli uomini in attesa e i paesaggi segnati dall’attesa: i territori
dell’attesa. […] Nell’universo di Assaf Shoshan, l’uomo è attraversato dal paesaggio così come il
paesaggio è attraversato dall’uomo: l’uno si fonde e si confonde nell’altro per dar vita ad aggregati
ibridi. Rivolgendo l’attenzione ai frammenti che restano alla superficie delle cose dopo il loro
abbandono, il fotografo ne coglie i contorni, sotto forma di “dormienze” (Bailly) o di cristallizzazioni
inattese, per rivelare “lo spazio senza cielo e il tempo senza profondità” (Camus) dei profughi – ombre
rubate a fragili istanti.
Laurent Vidal
Assaf Shoshan
Assaf Shoshan è nato a Gerusalemme nel 1973. Dopo gli studi di filosofia, entra alla scuola di Belle
Arti di Bezalel. Vive tra Parigi e Tel Aviv da più di dieci anni. Fotografo e videomaker, indaga la realtà
del suo paese natale attraverso una prospettiva al contempo storica e autobiografica, dalla quale
analizza la situazione politica e la vita quotidiana. Tra realtà e finzione, le sue ultime opere esplorano
la problematica dei “territori dell’attesa” che costellano il percorso degli emigranti e dei rifugiati in
Israele e in Palestina.
La sua residenza a Villa Medici sarà dedicata alle compagne dei detenuti incarcerati in una delle più
vecchie carceri romane, quella di Regina Coeli. Il progetto Peines Partagées (Pene Condivise)
propone di seguire questi gruppi di donne che si ritrovano regolarmente per animare dei parlatori liberi
nei giardini del Gianicolo.
BRUSIO NETLABEL
1 marzo 2014 ore 21.00
In occasione di Frontiere Fantasma, David Sanson offre carte blanche a Brusio Netlabel per la serata
di sabato 1 marzo, durante la quale alcuni degli artisti dell’etichetta si esibiranno in performance di
Live Electronics. Luca Rinaudo e Antonio Cusimano si esibiranno con Dei Vermi è il mio paese, album
vincitore del MEI 2013 (migliore produzione elettronica italiana), mentre il duo Zeta Bass e Raw Visual
presenterà in anteprima Sound Rex Machina. Chiuderà la serata il bit incalzante di go-Dratta, con Off
minor + Videoflux Il Pavone.
Brusio Netlabel
Brusio Netlabel è una etichetta indipendente di musica elettronica sperimentale, che spazia dall’IDM
all’ambient, attraverso industrial, noise e glitchy sounds. Sviluppata e diretta da un collettivo musicale,
nasce nel 2009 dall’esigenza di rendere fruibili certe esperienze musicali, che spesso faticano ad
essere conosciute e diffuse. Gli album vengono pubblicati con cadenza mensile e sono distribuiti con
licenze Creative Commons nel proprio sito web (www.brusionetlabel.net), dove è possibile scaricare
gratuitamente la versione integrale delle release.
Brusio Netlabel pone tra i suoi obiettivi non soltanto la promozione degli artisti in catalogo, ma anche
la loro collaborazione con l’etichetta, che prende forma con l’organizzazione di workshop e concerti,
ma soprattutto durante il festival annuale: MainOFF.
David Sanson (curatore Frontiere Fantasma)
Dopo quindici anni di giornalismo, David Sanson, nato nel 1970, segue un triplice percorso come
autore, musicista e consulente artistico (per il festival Santarcangelo dei Teatri al Collège des
Bernardins di Parigi). Firma un saggio biografico su Maurice Ravel, e traduce in francese il primo libro
dedicato Arvo Pärt, entrambi per le edizioni Actes Sud. Per Robert Laffont, cura tra le altre cose un
ampio volume su Berlino (di prossima uscita) e contribuito alla riedizione del Dizionario del Rock di
Michka Assayas. Mentre prosegue la sua attività come musicista, con il nome That Summer, dal 1993,
David Sanson ha collaborato − composto musica, o anche scritto − di frequente con diversi artisti visivi
e registi.
Nel suo progetto di ricerca, alla luce della sua esperienza come programmatore e cronista, ma anche
della polemica che ha accompagnato l’ammissione a Villa Medici di Claire Diterzi e Magic Malik, nel
2010, David Sanson intende trovare le ragioni per cui la musica cosiddetta “contemporanea” sia al
oggi, per lo meno in Francia oggetto di disaffezione, da un punto di vista più sociologico che estetico,
in particolare per quanto riguarda le strutture accademiche e istituzionali.