l`alimentation des animaux sauvages en captivité

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l`alimentation des animaux sauvages en captivité
L’ALIMENTATION
DES ANIMAUX SAUVAGES
EN CAPTIVITÉ
1er - 2 avril 2004
PARC PHOENIX
NICE, FRANCE
L’ALIMENTATION
DES ANIMAUX SAUVAGES
EN CAPTIVITÉ
SOMMAIRE
Bentivegna Flegra :
Mantenimento ed alimentazione delle tartarughe marine
in ambiante confinato ''''''''''''''''''''....
1
La digestion chez les animaux '''''''''''''''''.
5
Bonaccorso Alexandre : Alimentation des amphibiens en captivité ''''''''''''..
9
Bogé Gérard :
Bougazelli Stéphane :
Alimentation des principaux reptiles
couramment rencontrés chez les amateurs '''''''''''... 15
Carlus Jean :
L’alimentation des tortues dans la nature et en captivité ''''''. 19
Dupeux Dominique :
Artemia salina : collecte sur les marais salants
d’Aigues-Mortes et valorisation ''''''''''''''''' 41
Escoubet Pierre :
Régimes alimentaires chez les Echinodermes ''''''''''.. 47
Firmin Yves :
L’alimentation des reptiles ''''''''''''''''''' 55
Guérineau Jean-Mary :
L’alimentation des Insectivores :
63
élevage des Blattes, Grillons et Criquets '''''''''''''
Madern Thierry :
Pour une bonne alimentation des plantes d’aquarium '''''''. 77
Maignet Pascal :
Ephestia kuehniella : hôte de substitution pour élever des insectes
utiles opportunité pour nourrir d’autres organismes ? '''''''.. 83
Masanet Patrick :
Reproduction en aquarium et alimentation de Platax orbicularis
Perez Jean-Jacques :
L’alimentation artificielle pour Arthropodes '''''''''''' 87
Peyre Françoise :
Synthèse réglementaire relative à la faune sauvage
et notamment à la faune sauvage captive ''''''''''''. 97
Revest Laurent :
L’importance de l’alimentation lors de l’acclimatation des poissons '.. 103
Riva Alain :
Réflexions sur le rôle de la matière organique dissoute
dans la nutrition chez les Invertébrés marins ''''''''''' 109
Roussange Christel :
L’alimentation des animaux en captivité '''''''''''''. 121
Scaps Patrick :
Les vers marins : une source importante d’aliments pour
les élevages d’organismes d’intérêt commercial '''''''''.. 129
Walton Bruce :
L’alimentation d’oiseaux marins ''''''''''''''''... 137
Grésillon Sylvain :
La préparation de l’alimentation
pour les animaux sauvages et domestiques '''''''''''.. 143
... 85
IOPR, 2004 – L'alimentation des animaux sauvages en captivité. Journées Biologiques du Parc Phoenix, 1-2
avril 2009 à Nice, France. Mém. Institut océanogr. Paul Ricard, 149 pp.
Directeur de la publication : Patricia Ricard
ISSN : 1242-6970 – Dépôt légal : mars 2004
COMITE SCIENTIFIQUE
Flegra BENTIVEGNA, Acquario di Napoli
Françoise PEYRE, Docteur Vétérinaire
Hervé COUDERT, Directeur de CHF
Alain RIVA, Institut Océanographique Paul Ricard
Pierre ESCOUBET, Parc Phœnix
Les textes des contributions de ce volume ont été mis en forme par dactylographie sous la
responsabilité de chacun des auteurs concernés.
Tous droits de reproduction, par tous procédés, de traduction et d’adaptation, réservés pour
tous pays (loi du 11 mars 1957) sauf autorisation des auteurs.
Journées Biologiques du Parc Phœnix – Nice, 1 et 2 avril 2004
Mém. Inst. Océano. P. Ricard 2004, pp : 1-4
MANTENIMENTO ED ALIMENTAZIONE DELLE TARTARUGHE
MARINE IN AMBIENTE CONFINATO
Flegra BENTIVEGNA
Stazione Zoologica Anton Dohrn, Napoli- Italia
E' piuttosto diffusa la convinzione che le tartarughe marine siano animali resistenti e di facile
mantenimento, dato che ben pochi organismi acquatici sono in grado, come loro, di
sopravvivere in condizioni sfavorevoli o di tollerare così a lungo gli effetti di cure non idonee
(Warwick et al., 1995).
Ma in realtà, l'esito negativo di un mantenimento errato o di cure e medicinali non specifici si
manifestano solo dopo molto tempo, quando cioè non si ha più la possibilità di porvi rimedio.
Le condizioni sfavorevoli di mantenimento, quali in primo luogo la cattiva qualità
dell'acqua,la non idonea temperatura e/o salinità, il cibo non adeguato, sono documentata
fonte di stress per le tartarughe marine (George, 1996). Ciò indebolisce il sistema immunitario
e provoca conseguenze negative a livello metabolico (Morris e Owens, 1982).
Al Rescue Center della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, nel lavoro di cura e
riabilitazione di tartarughe marine, svolto nell'ottica di restituire all'ambiente animali
danneggiati dall' attività umana, particolare attenzione viene data alla messa a punto di
adeguate tecniche di "husbandry" nel rispetto della biologia e fisiologia di questi animali.
Le tartarughe marine sono tendenzialmente animali solitari. Difficilmente in ambiente
confinato riescono a condividere la stessa vasca senza manifestare la loro aggressività
(Bentivegna e Cirino, 1986). La capacità delle vasche deve necessariamente essere
proporzionata alla taglia dell'animale per consentirgli massima libertà di movimento. In
particolare, le tartarughe ospitate in un Rescue Center devono essere messe in vasche isolate
per motivi igienici. Ogni vasca deve possedere il proprio equipaggiamento per la pulizia
(retini, spugne, sifoni, etc…), al fine di ridurre il rischio di contagio tra gli animali. Deve
essere utilizzata acqua di mare naturale, in sistema aperto o chiuso. Se chiuso, il sistema deve
necessariamente includere un efficace sistema di filtrazione e di sterilizzazione dell’acqua. Il
sistema aperto è senz’altro preferibile dal punto di vista della qualità dell’acqua, anche se
pone problemi per il controllo della temperatura. Quest’ultimo è l’aspetto più importante di
cui tenere conto, se si vogliono mantenere tartarughe marine, soprattutto quelle da curare e
restituire all’ambiente. Essendo animali ectotermici, tutte le loro funzioni metaboliche sono
fortemente influenzate da questo parametro ambientale. L’acqua deve mantenersi tra i 20 e
26° C. Nelle vasche curatoriali è bene mantenere la temperatura stabile. Le basse temperature
incidono sul sistema immunitario, predisponendo gli animali ad infezioni da parte di patogeni,
rendendo difficoltosa la digestione e la capacità di metabolizzare le medicine. Le alte, invece,
producono eccessivo stress negli animali e hanno effetto negativo sul metabolismo.
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Le tartarughe sporcano molto l'acqua delle vasche, specialmente dopo aver mangiato. L'acqua
sporca aggrava le loro condizioni generali e di salute, perché favorisce la proliferazione
batterica o micotica su ferite e lesioni, e crea infiammazioni agli occhi.
E' indispensabile, quindi, che le vasche siano pulite regolarmente, anche due volte al giorno,
soprattutto dopo che gli animali hanno mangiato e defecato. L'operazione può essere
effettuata o svuotando parzialmente la vasca, e sifonando i detriti sul fondo se l'acqua è
abbastanza pulita, oppure svuotandola completamente se invece l'acqua si presenta sporca e
lattiginosa. In ogni caso le vasche vanno svuotate completamente ogni due giorni e sciacquate
accuratamente con acqua dolce e poi di mare. Se durante l'operazione la tartaruga viene
lasciata nella vasca, il lavoro deve essere fatto velocemente e con delicatezza per non
stressarla troppo.
Una volta alla settimana va poi effettuata la disinfezione di tutte le vasche, svuotandole
completamente e facendo agire per 30 minuti una soluzione di Betadine (5 ml di Betadine x
100 ml di acqua dolce).
Le tartarughe marine mantenute in cattività e soggette a luce artificiale possono risentire della
mancanza dei raggi del sole. Perciò sarà bene utilizzare ultravioletti ad ampio spettro (UV) A,
(UV) B, e infrarossi. In ogni modo, sarebbe bene anche far fare loro un bagno di sole
settimanale (Mader, comunicazione personale). La luce deve essere regolata secondo i ritmi di
luce e buio della stagione in corso.
In natura, le abitudini alimentari delle 3 specie di tartarughe marine che vivono nel
Mediterraneo sono alquanto differenti. Chelonia mydas , sebbene sia anche consumatrice di
animali, è prevalentemente erbivora, Dermochelys coriacea si ciba di animali gelatinosi
planctonici e Caretta caretta , decisamente carnivora , di una svariata gamma di organismi
bentonici caratteristici di fondi duri e soffici (Mortimer, 1982 ; Bjorndal, 1985 ; Dodd, 1988).
In particolare, Caretta caretta è stata definita, dal punto di vista alimentare, "opportunista"
perché si ciba di un'ampia varietà di alimenti ed utilizza le risorse trofiche più diffuse nell'area
di pascolo che di volta in volta frequenta (Plotkin et al., 1993 ; Dodd, 1988 ; Bjorndal, 1997).
Un recente studio sul contenuto digestivo di tartarughe spiaggiate lungo il litorale campano ha
confermato la carnivoria non selettiva di questa specie ,evidenziando anche come la sua dieta
cambi con la stagione e l'habitat ecologico in cui si trova (Bentivegna et al., 2000).
Le tartarughe marine durante la cattività devono essere alimentate correttamente, cercando di
avvicinarsi quanto più è possibile alle loro abitudini naturali. Occorre, quindi, predisporre una
dieta bilanciata che fornisca la giusta quantità di proteine, grassi, carboidrati, vitamine e
minerali. In letteratura esistono diversi esempi di dietary plan per tartarughe marine, ai quali
ci si può riferire (Stickney et al., 1973 ; Donoghue, 1996). Perciò, per esempio, alla erbivora
Chelonia mydas sarà data soprattutto insalata a foglie larghe, ma senza far mancare piccoli
quantitivi di pesci ed altri invertebrati .
La quantità di cibo andrà calibrata in base alla taglia dell'animale (Whitaker e Krum, 1999). In
generale ci si può regolare somministrando, ogni giorno, ad adulti di Caretta caretta almeno
il 7% del peso corporeo, in grammi di cibo, mentre a piccoli al di sotto dell'anno di età, il 5%
(Campbell, 1966). E' bene ricordare che il fabbisogno d'energia di una tartaruga dipende
dall'età dell'individuo, ma anche dal suo livello di attività in vasca e dalla temperatura
dell'acqua. In particolare, in acqua calda le esigenze di calorie aumentano a causa dell'elevato
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metabolismo mentre in fredda diminuiscono. Monitorare costantemente il peso degli animali è
quindi indispensabile per capire se si sta somministrando una dieta equilibrata.
Molto indicati, come cibo per tartaruga sono le miscele di pesci, tipo Alici e Sgombri, ed
invertebrati come calamari, granchi e gamberi. Se si utilizza pesce congelato, occorre
accertarsi che sia stato surgelato subito dopo la cattura e mantenuto tra i –25 - 30° C per non
più di 6 - 8 mesi. Tenerlo in frigo (4 - 6° C) per almeno 24 ore prima di metterlo in acqua
fredda. Infatti, inzuppare il pesce in acqua per molto tempo provoca la perdita di nutrienti.
Quando si prepara il cibo per la giornata, ogni "pezzo" deve essere attentamente esaminato,
per verificarne la freschezza, tagliato solo all'ultimo momento e tenuto in frigo fino alla
somministrazione. I residui del pasto non devono essere riutilizzati. La perdita delle vitamine
incomincia subito dopo la preparazione e la manipolazione del cibo. Per questo è necessaria
una integrazione vitaminica almeno due volte a settimana (Whitaker e Krum, 1999).
BIBLIOGRAFIA
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Bentivegna F, Cirino P (1987) : Reintégration de Caretta caretta (Linnée) dans la
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Dodd CK Jr (1988) : Synopsis of the biological data on the loggerhead sea turtle Caretta
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George RH (1966) : Health Problems and Diseases of Sea Turtles. Lutz P and Musik JA (eds)
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Plotkin PT, Wincksten MK & Amos AF (1993) : Feeding ecology of the loggerhead sea turtle
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Stickney RR, White DB, Perlmutter D (1973) : Growth of Green and Loggerhead Sea Turtles
in Georgia on Natural and Artificial Diets. Bulletin of the Georgia Academy of Science
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Warwick C, Frie Fl, Murphy JB (1995) : Health and Welfare of Captive Reptiles.
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Whitaker BR, Krum H (1999) : Medical Mangement of Sea Turtles in Aquaria. In : Fowler,
Miller WB (eds) Zoo and Wild Animal Medicine : Current Therapy 4, Sauders Company,
Philadelphia, Chap. 29: 217231.
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LA DIGESTION CHEZ LES ANIMAUX
Gérard BOGE
Département de Génie Biologique, Université du Sud - Toulon – Var, B.P. 20132, 83957 LA GARDE CEDEX
INTRODUCTION
La plupart des animaux se nourrissent d’organismes morts ou vivants : les herbivores
mangent des végétaux, les carnivores ingèrent d'autres animaux et les omnivores consomment
des végétaux et des animaux. En dépit d'une grande diversité dans leurs régimes alimentaires,
les animaux ont tous besoin des mêmes nutriments de base : glucose, acides aminés, acides
gras. Pour les obtenir, les proies devront être dégradées au préalable. Des enzymes spécifiques
adaptées à chaque type de macromolécules réaliseront ce processus. Ce sera la première étape
de la digestion. Celle ci se poursuivra quand les produits issus de cette dégradation
enzymatique passeront dans la circulation sanguine ou lymphatique puis dans les tissus. Cette
étape constituera l'absorption et elle se déroulera presque exclusivement dans l'intestin. Les
résidus seront ensuite évacués par l'anus.
STRUCTURE ANATOMIQUE DU TUBE DIGESTIF
Chez les vertébrés, le plan d'organisation du tube digestif est assez semblable. Il commence
par la bouche et se poursuit par le pharynx puis par l’œsophage qui conduit au jabot, au gésier
ou à l'estomac selon les espèces. L'intestin lui fait suite. Il se termine par le rectum Chez les
animaux plus évolués le tube digestif comporte également des glandes comme le foie, le
pancréas et les glandes salivaires, ainsi que des organes annexes comme les dents et la langue.
Il existe de nombreuses adaptations anatomiques souvent associés au régime alimentaire. La
plus typique porte sur la longueur du tube digestif. Les herbivores et les omnivores possèdent
ne général un tube proportionnellement plus long que celui des carnivores car les matières
végétales sont en général plus difficiles à digérer en raison de la présence de la cellulose
contenue dans la paroi des cellules végétales.
Par ailleurs, de nombreux herbivores présentent des chambres de fermentation particulières
où vivent des bactéries et des protozoaires capables de décomposer la cellulose. C'est
notamment le cas du cæcum des chevaux qui se trouve entre le gros intestin et l'intestin grêle
ou du rumen des ruminants.
STRUCTURE HISTOLOGIQUE
La structure du tube digestif des Vertébrés est assez voisine. Il est constitué de plusieurs
couches. La plus interne s'appelle la muqueuse. Elle est directement au contact avec les
aliments. Sous la muqueuse on trouve la sous muqueuse qui contient les vaisseaux sanguins et
lymphatiques dans lesquels passeront les produits de la digestion enzymatique. Elle repose sur
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la musculeuse qui contient des cellules musculaires lisses dont le contrôle n'obéit pas à la
volonté. Cette musculeuse est le siège de mouvements intenses servant au brassage et au
déplacement du contenu digestif. La couche la plus externe, la séreuse, est recouverte du
mésentère qui relie le tube digestif à la cavité générale.
Nous analyserons maintenant les différentes phases de la digestion chez les animaux.
DIGESTION BUCCALE
C'est la première étape de la digestion. Les dents coupent, déchirent et broient les aliments. La
sécrétion de salive par les glandes salivaires les lubrifie pour faciliter leur déglutition et
amorcer la digestion grâce à la production d’une enzyme, l’amylase, qui hydrolyse les
macromolécules glucidiques. Mais les aliments ne séjournent pas suffisamment longtemps
dans la bouche pour que ce processus soit efficace.
Des mouvements de la langue propulsent ensuite les aliments vers le pharynx : c'est la
déglutition. Le pharynx est le carrefour entre les voies digestives (oesophage) et respiratoires
(trachée artère.) Au moment du passage des aliments la trachée est momentanément obturée
par l'épiglotte, quand la pomme d’Adam remonte. Les aliments sont alors dirigés vers
l’œsophage qui est un étroit conduit dans lequel ils vont être propulsés par des contractions
réflexes de la musculature qui les fera passer dans l'estomac.
DIGESTION GASTRIQUE
C'est la deuxième étape de la digestion. L'estomac est un gros organe capable d'emmagasiner
un repas entier chez l'homme. Lors de l'arrivée des aliments, l'estomac est le siège de fortes
contractions qui vont triturer le bol alimentaire et le faire progresser vers l'aval. En même
temps il va être mélangé aux sécrétions qui constituent le suc gastrique.
Le suc gastrique : Le suc gastrique se caractérise par son acidité (pH : 1,5-3) due à de l'acide
chlorhydrique qui est sécrété par les cellules de l’estomac. Cette acidité sera nécessaire pour
attaquer les aliments et les désagréger. Elle tuera également les bactéries. Le suc gastrique
contient une enzyme, la pepsine, qui hydrolyse les protéines. L'activité de cette enzyme est
stimulée par l'acidité. Pour éviter que la pepsine ne s'attaque aux cellules de l'estomac, elle est
produite sous une forme inactive : le pepsinogène, dont l'activation en pepsine se fait au
contact de l'acidité. Le suc gastrique contient également du mucus qui protège les cellules de
la paroi de l'estomac. Lorsque cette protection ne suffit pas, l’estomac peut être attaqué par
l'acidité et un ulcère se développe.
Contrôles nerveux et hormonal : L'activité de l'estomac est contrôlée le système nerveux et
hormonal. La vue des aliments, leur odeur suffit pour activer le système nerveux végétatif qui
par l'intermédiaire du système parasympathique stimule la production du suc gastrique.
L'arrivée des aliments dans l'estomac déclenchera la sécrétion d'une hormone : la gastrine qui
stimulera durablement la production de suc par les glandes gastriques.
Pendant que se déroule la digestion gastrique, l'estomac est fermé à ses deux extrémités par
deux sphincters : le cardia dans la partie supérieure et le pylore dans la partie inférieure. A la
fin de la digestion gastrique, le contenu de l'estomac formera une bouillie, le chyme. Le pylore
s'ouvrira et le contenu de l'estomac passera dans le premier segment de l'intestin : le
duodénum.
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DIGESTION INTESTINALE
C'est l'étape la plus importante de la digestion. C'est au cours de leur séjour dans l'intestin que
la digestion enzymatique des aliments sera menée à son terme. Le chyme sera alors mélangé à
diverses sécrétions provenant des glandes annexes : le pancréas et le foie. Mais c'est surtout
dans l’intestin que se déroule une étape essentielle de la digestion : l’absorption au cours de
laquelle les produits des réactions enzymatiques passeront dans le sang et la lymphe. En
même temps se dérouleront d'intenses contractions de la musculeuse qui serviront à brasser le
contenu intestinal et à assurer sa progression dans un tube qui peut atteindre plusieurs mètres
chez l'homme.
Les sécrétions pancréatiques : Le pancréas est plus ou moins bien individualisé chez les
animaux. Il est bien distinct chez l'homme mais il peut être diffus chez certains poissons. Il
sécrète un suc qui contient toutes les enzymes nécessaires à l'attaque des glucides, des
protéines et des lipides.
Une amylase hydrolyse les macromolécules glucidiques qu'elle fragmente en un disaccharide :
le maltose. Ce disaccharide ne pourra être absorbé qu'après avoir été transformé en glucose
par une disaccharidase : la maltase, contenue dans la muqueuse intestinale. On trouve
également d'autres disaccharides dans la lumière de l'intestin. Mais ils proviennent
directement de l'alimentation. Il s'agit du lactose, le sucre du lait, et du saccharose, le sucre
alimentaire. Comme le maltose ces disaccharides devront être transformés en sucres plus
simples, le glucose, le fructose et le galactose pour pouvoir passer dans la circulation
sanguine.
Des protéases clivent les protéines. Une trypsine et une chymotrypsine agissent
spécifiquement au niveau de certains acides aminés à l'intérieur des chaînes peptidiques. Des
carboxypeptidases et des aminopeptidases décrochent les acides aminés en bout de chaînes.
Comme dans l'estomac ces protéases ne sont pas sécrétées sous forme active pour éviter
qu'elles ne s'attaquent aux structures de l'intestin. Elles sont synthétisées sous la forme de
trypsinogène et de chymotrypsinogène dont l'activation se fera lorsque ces précurseurs seront
déversés dans l'intestin. Cette digestion par les enzymes protéolytiques pancréatiques n'est
toutefois pas complète et les produits ne pourront pas tous être absorbés. Parmi ces produits
on trouve des acides aminés mais aussi de petits peptides dont l'hydrolyse se poursuivra sous
l'action de peptidases contenues dans la muqueuse intestinale. Les acides aminés issus de leur
action pourront être ensuite absorbés.
Le suc pancréatique renferme aussi une lipase qui hydrolyse les graisses en particulier les
triglycérides qui constituent plus de 70 % des graisses alimentaires. Ces molécules sont
insolubles dans l'eau. Pour faciliter l'action de la lipase elles devront être émulsionnées, c'est à
dire fragmentées en de minuscules gouttelettes. Ceci sera réalisé par les sels biliaires contenus
dans la bile.
En plus des enzymes précédentes, le suc pancréatique contient des ions bicarbonates qui sont
indispensables pour neutraliser l'acidité en provenance de l'estomac et faciliter ainsi l'action
des enzymes pancréatiques qui opèrent mieux à des pH légèrement alcalins.
La bile : Le foie est responsable de la production de la bile, liquide dont la couleur jaune est
due à la présence d'un pigment, la bilirubine provenant du catabolisme de l'hémoglobine. En
plus des sels biliaires la bile contient du cholestérol dont elle assure une partie de
l’élimination naturelle. La production de bile par le foie est continue. La bile est ensuite
stockée dans la vésicule biliaire d'où elle s'évacuera périodiquement pour passer dans l'intestin
au moment de l'arrivée des graisses dans le duodénum. Le rôle de la bile dans la digestion
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porte surtout sur l'émulsification des graisses indispensable à l'action de la lipase
pancréatique. Mais la bile a aussi un rôle laxatif.
L'absorption : L'intestin ne sécrète pas d'enzyme digestive. Son rôle le plus spécifique
consiste en l'absorption des produits issus de la dégradation des macromolécules alimentaires.
Pour rendre ce processus encore plus efficace, l'intestin possède de nombreux replis tant au
niveau de la muqueuse que de l'épithélium ou des cellules qui la composent. Ces replis
augmentent considérablement la surface absorbante.
L'absorption consiste dans le passage des produits issus de l'action des enzymes salivaires,
pancréatique et intestinales, dans le sang et la lymphe. Pour les glucides il s'agit du glucose,
du galactose et du fructose. Les deux premiers sont absorbés par un mécanisme actif (qui
consomme de l'énergie). En revanche le fructose est transporté sans intervention d'énergie.
Pour les protéines, ce sont les acides aminés qui seront absorbés par un mécanisme actif. Ces
molécules passeront directement dans la circulation sanguine. L'absorption des lipides est plus
complexe. Dans un premier temps, les produits de la dégradation des triglycérides (les acides
gras et le glycérol surtout) franchissent passivement la membrane des cellules intestinales.
Des triglycérides sont ensuite resynthétisés dans les cellules. Puis ils sont enrobés par des
protéines et deviennent des chylomicrons qui passent dans la circulation lymphatique.
Contrôles nerveux et hormonal : Comme pour la digestion gastrique c'est le système
parasympathique qui stimule la motricité et les sécrétions intestinales et pancréatiques. Deux
hormones renforcent ce contrôle : la sécrétine et la chlolécystokinine (CCK). Elles sont
produites par l'intestin lors de l'arrivée des nutriments dans le duodénum. La sécrétine stimule
la production des ions bicarbonate par le suc pancréatique lors de l'arrivée du chyme acide
dans le duodénum. La CCK stimule les sécrétions d'enzymes pancréatiques. Elle est
également responsable de la contraction de la vésicule biliaire et de l'ouverture du sphincter
d’Oddi qui permet à la bile de passer dans l'intestin. L’arrivée dans l’intestin de lipides en
provenance de l’estomac constitue le principal stimulus à sa sécrétion.
Les produits absorbés gagneront ensuite le foie où se dérouleront d'importantes réactions
métaboliques, puis le cœur qui les distribuera à l’ensemble de l'organisme.
DIGESTION DANS LE GROS INTESTIN
Le gros intestin constitue la dernière partie du tube digestif. L'une de ses fonctions réside dans
l'absorption des dernières quantités d'eau dont l'essentiel a déjà été effectué dans l'intestin
grêle. Ne resteront que les matières résiduelles ou fécales qui seront ensuite éliminées. Des
contractions aideront à leur propulsion. Le gros intestin héberge une riche flore bactérienne
qui prolifère à partir de la matière organique résiduelle. Elle est responsable de la production
de gaz odorants. Le dernier segment du gros intestin est le rectum. Les matières fécales s'y
accumulent jusqu'à leur élimination au cours de la défécation. Celle-ci est contrôlée par
l’activité de deux sphincters qui se trouvent dans l’anus et qui sont en partie sous l’influence
de la volonté et du système nerveux végétatif.
Quelques références bibliographiques générales :
Campbell N.A. 1995. Biologie. De Boeck Université Editeurs.
Guénard H. 1991. Physiologie humaine. Editions Pradel. Edisem.
Schmidt-Nielsen K. Physiologie animale. 1998. Adaptation et milieux de vie. Dunod
Editeurs.
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ALIMENTATION DES AMPHIBIENS EN CAPTIVITE
Alexandre BONACCORSO
Parc Phoenix, 405 Promenade des Anglais, 06200 NICE
INTRODUCTION
Les larves et les adultes d’amphibiens ont un régime alimentaire dans la nature tout autre que
celui offert en captivité, ce qui est sans nul doute à l’origine de la plupart des maladies
nutritionnelles des amphibiens captifs. On connaît assez peu le régime naturel réel, qui plus
est de quelques espèces seulement.
Heureusement, beaucoup des espèces communément élevées s’adaptent bien à des aliments
facilement disponibles, ce qui est confirmé par plusieurs générations d’individus reproduits en
captivité (en exemple : rainette de White Pelodryas caerulea, sonneur oriental Bombina
orientalis, dendrobates tels Dendrobatus auratus, xénope Xenopus laevis, axolotl Ambystoma
mexicanum…).
Pour les espèces encore mal maîtrisées, du point de vue de l’alimentation en particulier, des
recherches approfondies restent à entreprendre : analyse de la composition des proies, des
contenus gastro-intestinaux, etc…
I. ALIMENTATION DES LARVES
Le régime des larves d’urodèles est généralement le même que celui des adultes mais avec
une présentation plus petite en taille. Les têtards1, au contraire, ont souvent un régime
radicalement différent des anoures adultes, puisque ces derniers sont carnivores et que de
nombreuses espèces voient leurs têtards se nourrir de végétaux ou d’éléments filtrés dans
l’eau. Les têtards de quelques dendrobates (ex : Dendrobates pumilio) sont obligatoirement
oophages et se nourrissent d’œufs non fécondés déposés par leur mère. De manière générale,
la position de la bouche (plus ou moins ventrale) et sa conformation renseignent utilement sur
le type de nourriture consommée. Il est intéressant de noter que chez une même espèce,
différents types de morphologie, et par suite de régime alimentaire peuvent être observés,
selon le type de nourriture disponible : par exemple, chez la salamandre-tigre d’Amérique du
Nord Ambystoma tigrinum, lorsque la nourriture vient à manquer, certaines larves
développent une tête plus massive et des dents plus longues, et deviennent cannibales vis-àvis des autres larves.
1 - Les têtards carnivores et les larves d’urodèles (tous carnivores) peuvent être nourris
d’une variété de proies (invertébrés et vertébrés). Les larves juste nées et donc très petites
peuvent être « démarrées » au moyen de zooplancton prélevé par filtration à partir d’une pièce
d’eau non polluée, avant de leur offrir des proies plus conséquentes qu’elles ne pourraient
1
Le terme « têtard » désigne uniquement la larve des amphibiens anoures.
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Journées Biologiques du Parc Phœnix – Nice, 1 et 2 avril 2004
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consommer directement. Dans la même optique peuvent être utilisées des cultures de
protozoaires (infusoires) et de petits crustacés (cyclops, daphnies, artémias) habituellement
utilisés en aquariophilie. Dès que les larves ont atteint une certaine taille (environ 10 mm) ou
pour les espèces possédant une bouche assez grande dès la naissance, des proies plus grosses
seront offertes d’emblée : petits vers de terre ou portions de vers, vers de vase (multiples
variétés), ver grindal, larves de moustiques, petits poissons d’eau douce ou portions. Certaines
larves peuvent être habituées à prendre des nourritures extrudées ou en paillettes pour
poissons d’aquarium, de même que des invertébrés congelés (vers de vase).
2 - Les têtards omnivores peuvent être nourris de la même manière au moyen de nourriture
sèche pour poissons omnivores. Le problème de ces nourritures sèches réside dans la grande
solubilité des nutriments dans l’eau, en particulier des vitamines du groupe B. Cette perte en
vitamines est, selon toute vraisemblance, responsable en partie de l’apparition de scoliose,
« pattes d’allumettes » et paralysie. Pour éviter ces troubles, la nourriture doit être
consommée le plus rapidement possible : on offrira par exemple aux têtards se nourrissant en
surface des paillettes flottantes, et des nourritures coulant rapidement aux têtards de fond. Il
est important d’avoir des plantes aquatiques et des algues vertes dans l’eau des têtards
omnivores, des études ayant en effet prouvé le rôle très bénéfique sur la croissance et la santé
de cette nourriture alternative complémentaire. De temps en temps, des éléments de nourriture
conseillés pour les larves carnivores seront offerts aux têtards omnivores.
3 - Les têtards herbivores pourront être nourris en routine par des aliments secs pour
poissons herbivores. Pour une bonne croissance et comme déjà mentionné, la présence de
végétation vivante dans le bac d’élevage est un supplément important du régime. Des légumes
verts variés ébouillantés ou passés quelques minutes au four micro-ondes pourront être offerts
en complément de la végétation aquatique, mais devront être changés chaque jour. Le but est
d’attendrir la structure du végétal afin qu’il soit facilement rongé par les têtards, sans détruire
les vitamines. Les végétaux contenant des oxalates (comme les épinards) sont à proscrire en
prévention de troubles rénaux (de même que certaines plantes aquatiques décoratives comme
Aglaonema roebelinii).
Par ailleurs, il ne faut pas oublier les autres facteurs influençant la croissance des larves : la
qualité de l’eau est à surveiller, la température préférentielle, l’éclairage, les paramètres
éthologiques (par exemple maîtrise de la densité suivant le type de larves, grégaires ou au
contraire solitaires).
Parfois, des agents inhibiteurs affectent le développement des larves, et il est alors
indispensable de les mettre en lumière sous peine d’échec. Ainsi, on a pu observer des taux
très élevés de scoliose et de mortalité chez des têtards de Phyllomedusa, de même que des
taux élevés de « pattes d’allumettes » chez des têtards de plusieurs espèces de dendrobates, et
ces troubles ont pu être améliorés par addition d’un complexe multivitaminé (surtout vitamine
B) dans l’eau d’aquarium.
II ALIMENTATION DES AMPHIBIENS AQUATIQUES ADULTES
Les invertébrés représentent la grande majorité du régime des amphibiens aquatiques, et ils
acceptent généralement un régime similaire en captivité. Il existe quelques espèces au régime
alimentaire très spécialisé, mais beaucoup s’adaptent bien à un régime différent en captivité ;
des urodèles aquatiques tels l’axolotl ou le triton à tâches rouges Notophtalmus viridescens
acceptent sans problèmes des annélides (entiers ou en morceaux), de même que d’autres
invertébrés. Tous les types de vers déjà évoqués feront l’affaire (lombrics, vers de vase, ver
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grindal…), de même que les petits crustacés d’eau douce (daphnies, cyclops, artémias…),
insectes variés et leurs larves (collemboles pour les plus petits, vers de farine Tenebrio
molitor ayant fraîchement mué, teignes de ruches Galleria mellonella, asticots de mouches et
mouches adultes, larves et adultes de drosophiles, grillons criquets et blattes de taille
appropriée), petits poissons tels que les guppys, plattys…
Les proies vivantes sont les plus attractives, mais la plupart des amphibiens aquatiques
peuvent apprendre à se nourrir de proies mortes présentées au bout d’une pince et agitées
devant l’animal. Ce procédé permet même de faire accepter de petits morceaux de viande ou
de foie présentés en lanières et rappelant un ver. Il permet en outre de nourrir chaque animal
individuellement, donc de contrôler la prise alimentaire et éventuellement de dépister
précocement une baisse d’appétit. Malheureusement, certaines espèces restent timides et
rechignent à se nourrir en présence de l’homme.
Un soin particulier doit être apporté à l’origine des proies vivantes offertes : les insectes issus
de petits élevages seront privilégiés par rapport à ceux capturés dans la nature, pour éviter la
toxicité de relais engendrés par des pesticides ou d’autres composés toxiques ; de même pour
les petits invertébrés aquatiques (larves de moustiques…) récoltés dans des pièces d’eau
naturelles (évidemment non insalubres) mais qui peuvent toutefois transmettre des maladies
infectieuses ou des protozoaires parasites présents dans l’eau de prélèvement. Un traitement
simple permettant de diminuer le nombre de ces agents parasitaires consiste en l’immersion
des proies prélevées dans une solution saline (25 g de sel dans 1 litre d’eau, maximum 1
heure), avant d’être soigneusement rincées et mises à « dégorger » plusieurs heures dans un
aquarium d’eau propre. De manière similaire, il est nécessaire de faire attention lors de
distribution de poisson congelé qui peut contenir des bactéries pathogènes du genre
Aeromonas.
Certains anoures et urodèles aquatiques peuvent apprendre à consommer des aliments secs
pour poissons d’aquarium (par exemple Hymenochirus boettgeri, Xenopus laevis ou même
Pleurodeles wattli), montrant des préférences selon le type d’aliment (flottant ou non). Il est
important de garder à l’esprit que ces aliments sont destinés à des poissons omnivores et ne
conviennent donc pas comme régime exclusif des amphibiens, carnivores stricts, par manque
de protéines, graisses et vitamines liposolubles. Ceci peut entraîner par exemple l’apparition
d’ hydrocoelome ou de lésions cutanées.
III ALIMENTATION DES AMPHIBIENS ADULTES TERRESTRES
La majorité des amphibiens adultes se nourrissent d’invertébrés. Les indications fournies pour
l’alimentation des amphibiens aquatiques restent valables, excepté le fait que les amphibiens
terrestres en règle générale refusent les aliments en paillettes. Il existe quelques espèces au
régime très spécialisé, mais autrement, les grillons de taille adaptée, blattes, mouches, petits
criquets, etc… constitueront le régime de base pour beaucoup d’espèces.
Remarque importante : Les rongeurs en tant que nourriture
Les souris et rats nouveaux-nés peuvent être offerts occasionnellement seulement aux
amphibiens terrestres et aquatiques : une étude révèle en effet que les taux de vitamine A sont
très élevés dans ces aliments et peuvent conduire à une ostéodystrophie si leur emploi est trop
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fréquent et sans supplémentation de vitamine D3, de même qu’à d’autres troubles (voir plus
loin).
IV MODALITES DU NOURRISSAGE
Il est primordial de procéder aux distributions de nourriture en des moments adaptés : les
espèces diurnes (comme les dendrobates) seront nourries le matin ou en début d’après-midi,
alors que les espèces nocturnes mangeront bien si elles sont nourries en début de soirée. Il est
important, pour les amphibiens, de respecter une photopériode adéquate, sans dérangement
intempestif (éclairage intense) pendant la nuit. Beaucoup d’espèces forestières ne sont
d’ailleurs pas à leur mieux avec un éclairage intense, mais préfèrent au contraire une lumière
douce, voire la pénombre, et ce paramètre a souvent une réelle influence sur le comportement
de chasse et la prise de nourriture.
Si les proies ne sont pas distribuées au bon moment, leur teneur en nutriments est affectée, ils
peuvent occasionner des blessures aux amphibiens (cas des grillons par exemple), ou
simplement les déranger par leur présence (cas des micro-grillons et petites blattes qui
peuvent nuire au sommeil des dendrobates, par stimulations tactiles permanentes).
La quantité de nourriture et sa fréquence sont à adapter en fonction de l’énergie dépensée
chaque jour par l’espèce en question, et peuvent varier du simple au triple, voire davantage ;
les petites espèces très actives peuvent nécessiter d’être nourries deux fois par jour, alors que
d’autres espèces plus placides pourront devenir obèses (voir ce chapitre) si elles sont nourries
jusqu’à satiété plus d’une ou deux fois par mois. La plupart des espèces apprécieront une
distribution hebdomadaire ou bi-hebdomadaire, mais plus simplement que donner des
schémas de nourriture pour chaque espèce, il sera utile de se référer à l’état d’embonpoint des
animaux (réplétion du ventre et état des membres) pour juger du rythme de nourrissage. La
quantité de nourriture offerte à chaque distribution ne le sera ad libitum qu’assez rarement et
pour des proies petites, ceci afin d’éviter des surcharges et/ou perforations gastriques fatales
(voir ce chapitre).
V SUPPLEMENTATION MINERALE ET VITAMINIQUE
La supplémentation minérale et vitaminique est encore assez empirique chez les amphibiens.
Elle vise en particulier à assurer des taux de calcium appropriés (ie de 0,5 à 1,5 % de la
matière sèche) et un rapport phosphocalcique adéquat (environ 1,5/1), ce qui n’est pas facile
compte tenu du déséquilibre de la plupart des proies distribuées (le ver de terre est une
exception notable qui mérite d’être soulignée).
Deux possibilités se présentent alors pour supplémenter :
- offrir aux proies un régime spécialement enrichi, ou « gut-loading » ; ce régime sera mis en
place 48 h avant la distribution des proies. Pour les grillons, il ne faudra pas dépasser des taux
de calcium supérieurs à environ 8 % sous peine de mortalité importante, et les proies devront
être consommées rapidement sans quoi leur teneur diminue rapidement avec le temps.
- saupoudrer les proies d’un mélange poly vitaminé immédiatement avant de nourrir. Ici aussi,
les proies devront être consommer rapidement .
Les amphibiens nourris de poisson cru ou congelé subiront une complémentation en thiamine
plus conséquente.
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VI TROUBLES NUTRITIONELS
Nous donnons simplement quelques éléments des principaux troubles liés à l’alimentation.
1 - Ostéodystrophie
Maladie métabolique la plus commune (terme générique large). La plupart des arthropodes
distribués ont un rapport phosphocalcique inversé, d’où une déficience en calcium et la
nécessité souvent de supplémenter les proies (« gut loading » et/ou saupoudrage).
L’hypervitaminose A interfère sur l’absorption et l’utilisation de la vitamine D3, d’où le
risque d’une distribution trop importante de rongeurs.
Signes suggérant une ostéodystrophie : déformation de la mandibule, posture anormale,
scoliose, prostration et difficulté de déplacement, tétanie, fracture des os longs.
Confirmation radiographique : diminution de la densité osseuse, fractures.
Traitement (souvent peu opérant suivant le stade) :
- supplémentation orale de gluconate de Ca pendant au moins 30 jours,
- bains de gluconate de Ca (2 fois par jour, solution à 2,5 %),
- injections de gluconate de Ca (100 mg/kg IM ou intracoelomique), 4 fois en 24 h pour les
animaux en tétanie.
Parallèlement, supplémentation en vitamine D3, 100 à 400 UI/kg, pendant 4 à 6 semaines.
L’exposition aux UV peut être utile suivant les espèces (amphibiens s’exposant le matin au
soleil, comme certaines rainettes).
2 - Déficience en thiamine
Trouble apparaissant, comme chez les reptiles, chez les amphibiens nourris de poisson cru ou
congelé et contenant une thiaminase. A suspecter lorsque ces commémoratifs s’accompagnent
de troubles neurologiques (fasciculations, opisthotonos).
Traitement d’attaque : injections (IM, intracoelomique) de thiamine, 25 à 100 mg/kg ; puis
PO 25mg/kg/j dans la nourriture. Nécessité d’introduire d’autres éléments dans le régime.
3 - Scolioses / «Pattes d’allumettes» / Paralysie
Ces troubles apparaissent assez fréquemment chez les têtards de certaines espèces
(Dendrobatidés et Hylidés surtout, par exemple courant chez Phyllomedusa). Ils traduisent un
manque de vitamines et minéraux en général, surtout vitamines du groupe B, notamment
lorsque le nourrissage des larves se fait au moyen de paillettes pour poissons de qualité
médiocre ou avariées. Le rythme de nourrissage entre également en jeu : nécessité de nourrir
souvent et en petites quantités (cf. alimentation des têtards omnivores).
Traitement : il est peu opérant si la métamorphose est achevée. Il consiste à revoir la
nourriture de base et son mode de distribution, à apporter des vitamines (B +++) et minéraux
dans l’eau, à permettre la prolifération des algues par un éclairage assez puissant.
4 – Surcharge pondérale et/ou perforation gastrique
Trouble lié à l’alimentation, davantage par effet « mécanique » que métabolique.
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Survient lorsque les proies distribuées sont trop grosses ou en trop grande quantité (les
amphibiens comptent beaucoup d’espèces très voraces). Deux phénomènes entrent en jeu :
- l’estomac distendu entraîne la diminution du volume respiratoire (
hypoxie) et la
compression d’organes.
- si l’animal survit, la non-digestion des proies entraîne leur putréfaction, voire la perforation
de l’estomac, provoquant une mort rapide.
Il est à noter que certaines proies peuvent d’emblée provoquer des perforations gastriques à
cause de leurs pièces buccales vulnérantes car elles sont souvent dégluties vivantes (vers à
bois Zophobias morio par exemple, mais également les grillons lorsqu’ils sont gros par
rapport à leur prédateur). Il convient donc d’être prudent et de proscrire certaines proies.
Traitement : la chirurgie est possible mais la prévention reste la règle. Les proies seront
distribuées en quantité raisonnable et selon une taille adaptée ; attention également à leur
morphologie : proscrire par exemple les grillons femelles adultes (espèces Gryllus
bimaculatus et assimilis) à cause de leur oviscapte très régulièrement meurtrier.
5 - Cachexie
La cachexie est souvent la conséquence d’une pathologie sous-jacente mais parfois également
le fait d’une distribution de nourriture inadaptée.
Traitement : traitement de la cause primaire en premier lieu, puis administration d’une
formule enrichie, soit par prise naturelle, soit par alimentation forcée (utilisation pratique
d’une carte de crédit en guise d’ouvre-bouche), soit par sondage gastrique (utilisation
détournée d’un cathéter IV, d’une sonde urinaire pour chien ou chat, d’un tuyau de perfusion
ou d’aquarium selon la taille requise). Les aliments de convalescence pour carnivores
domestiques sont utilisables (type Fortol par exemple).
6 - Obésité
L’obésité est courante chez certaines espèces (Pelodryas caerulea, Ceratophrys,
Pyxicephalus, Ambystoma mexicanum et A. tigrinum…) très « gloutonnes ». L’apparition de
corps gras est manifeste chez ces animaux (par exemple au dessus des yeux chez P. caerulea,
cf. illustration).
Traitement : il consiste à revoir la distribution de nourriture, au besoin en consultant des
tables métaboliques selon le type d’amphibien et la température. Parallèlement, on peut
permettre d’augmenter l’activité (augmentation de la surface et modification de l’agencement
du terrarium, par exemple en disposant des obstacles) ; l’estivation et/ou l’hibernation
peuvent s’avérer très profitables, surtout si on souhaite de la reproduction.
A titre préventif, chez les espèces enclines à faire des réserves adipeuses, la distribution de
nourriture pourra se faire en fonction de l’état d’embonpoint.
BIBLIOGRAPHIE
La bibliographie est disponible sur simple demande auprès de l’auteur.
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ALIMENTATION DES PRINCIPAUX REPTILES COURAMMENT
RENCONTRES CHEZ LES AMATEURS
Stéphane BOUGAZELLI
Parc Zoologique de la Barben,
INTRODUCTION
Les régimes alimentaires du Python royal (Python regius), du Caïman à lunette (Caïmans
crocodylus), de l’Agame (Pogona sp.) et des Iguanes (Iguana iguana) sont décrits.
LE PYTHON ROYAL
Rythme des repas :
Il est basé sur la défécation du repas précédent. En général, toutes les 48 h heures pour un
serpent juvénile et 96 h pour un adulte. Ces données peuvent être modifiées avec la taille
de la proie ou la température ambiante.
Alimentation naturelle :
Dans la nature, le Python royal chasse principalement des gerbilles et accessoirement des
petits rongeurs.
Alimentation en captivité :
Les repas sont constitués de souris, de rats et de poussins d’élevage congelés.
Fréquence de la distribution des proies :
1 repas sur 4 sera composé de souris ou rats fraîchement tués.
1 repas sur 4 de poussins congelés.
Les autres seront composés d’animaux congelés et décongelés, durant 24h à température
ambiante, dans une boite aérée.
Quantité :
3 souris ou équivalent par animal.
Qualité des aliments :
Les serpents digèrent très mal la kératine, aussi on évitera les proies à poils longs, à
plumes et ongles longs. Il ne faudra pas hésiter à tondre, à déplumer ou à couper les
ongles.
Il est préférable de distribuer des animaux proies adultes que juvéniles, pour un meilleur
apport en calcium.
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Les animaux fraîchement tués ou vivants, permettent de d’apporter à l’animal les
vitamines spécifiques du foie. Tout en sachant, qu’elles sont détruites 1 heure après la
mort ou durant la congélation.
La proie congelée ne pourra blesser le Python (risque de morsure par le rongeur), ni le
stresser si le serpent est faible. Il ne détruira pas les installations (câble rongé), et ne
déféquera pas dans le terrarium.
La décongélation doit être complète et la proie à température ambiante. On utilisera une
boîte fermée, pour éviter les pontes de mouches, et aérée.
Quand :
Ce serpent a une activité nocturne. Les proies seront introduites tôt le matin ou le soir.
D’où l’intérêt d’utiliser des animaux décongelés, qui pourront rester la nuit sans
surveillance.
Au moment de l’achat, le Python royal peut jeûner durant quelques mois, sous l’effet du
stress du au changement de terrarium ou d’environnement. Ce serpent est très timide et a
besoin de beaucoup de cachettes et de recoins durant la journée.
Pour les cas difficiles, il existe plusieurs techniques permettant de déclencher la prise de
la proie et de faire retrouver à l’animal un rythme régulier dans son alimentation.
Au niveau des proies :
on ouvre ou on incise la boîte crânienne afin de faire couler une goutte de sang.
On enferme le serpent et la proie morte, dans une enceinte plus étroite afin de faciliter la
capture.
Au niveau du terrarium :
on peut changer de substrat, afin d’apporter au serpent des odeurs, déclenchant la prise de
nourriture (écorce de pin, etc…).
LE CAÏMAN A LUNETTE
Rythme des repas :
Tous les jours pour les juvéniles, jusqu’à 80 cm.
Deux fois par semaine pour les sub-adultes et les adultes.
Alimentation naturelle :
Les juvéniles se nourrissent de batraciens, d’insectes et de gastéropodes, de petites tailles.
Les adultes, de proies plus grosses comme des rongeurs ou des oiseaux.
Alimentation en captivité :
Les juvéniles recevront pou moitié des insectes (blattes, grillons, etc…) et vers de terre et
fœtus de souris pour l’autre moitié.
Les sub-adultes et adultes des proies plus grosses : petites souris et quand l’animal est
plus gros, des rats, des cailles et poussins d’élevages. Les plus gros individus pourront
être alimentés par des lapins, cobayes de taille moyenne.
Fréquence :
1 repas sur 4 sera composé de proies vivantes (rongeurs et oiseaux).
1 fois par semaine, des croquettes chat pour chaton au bœuf.
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Quantité :
A volonté. Une heure après la distribution, le surplus sera enlevé.
Qualité de l’aliment :
Les insectes seront nourris avec des produits riches en calcium.
Les gros rongeurs seront à proscrire, les caïmans ne mâchant pas.
En complément, les juvéniles seront exposés à des lampes U.V., durant 8 heures par jour,
durant les 6 premiers mois (lampe de type ZooMed, Iguana Light 0,5 UVB), à moins de
30 cm.
Quand :
Normalement, on peut nourrir les caïmans, à n’importe qu’elle heure de la journée
comme de la nuit. S’il y a une baisse de température, durant la nuit, par l’extinction des
lumières, il est préférable d’attendre que l’animal se soit réchauffé.
L’AGAME
Rythme des repas :
Les juvéniles et les adultes seront nourris tous les jours.
Alimentation naturelle :
Omnivore et vorace.
Les juvéniles se nourrissent d’insectes et de végétaux, les adultes ajoutent des petits
rongeurs.
Alimentation en captivité :
Les juvéniles recevront des insectes et des végétaux, on apportera, en plus, des souris aux
adultes.
Fréquence :
Pour les juvéniles, durant les 6 premiers mois, insectes de petites tailles et végétaux,
seront servis tous les jours.
2 fois par semaine, les adultes auront des proies animales.
1 fois par quinzaine, des proies plus grosses (fœtus de souris).
Quantité :
A volonté.
Qualité de l’alimentation :
Les tailles des insectes seront toujours inférieures à la taille de la gueule de l’Agame.
On enlèvera les pattes arrières des insectes sauteurs tels que les grillons ou les criquets,
pour éviter les stomatoses.
Les vers de farine, morions et buffalo seront des proies occasionnelles, en privilégiant les
« blancs », qui viennent de muer, car ils sont alors pauvre en chitine. Cela évite à la peau
des vers de rester coincée entre les dents et les vers sont mieux digérer.
La teigne des ruches, riche en lipide, sera proposée occasionnellement aussi.
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Chez les végétaux, on bannira impérativement, les graines de papayes, car cette graine
grossit plus de 10 fois de son volume initial sous l’effet de la chaleur et des sucs
gastriques. Elle peut ainsi créer des occlusions intestinales.
Des fragments d’os de seiche seront également mis à la disposition des animaux, afin
d’apporter une source complémentaire de calcium.
Il est préférable d’utiliser des aliments frais que des préparations de type granulé.
Pour une bonne calcification, les UV restent indispensables.
L’IGUANE
Rythme :
Tous les jours.
Alimentation dans la nature :
Les Iguanes sont foliflores, c’est à dire qu’ils se nourrissent de feuilles et de fleurs. Ils
sont généralement monospécifiques, en fonction de l’arbre ou arbuste sur lequel ils ont
élu domicile.
Alimentation en captivité :
Les juvéniles reçoivent 30 % de complément alimentaire en insectes vivants. Les adultes,
seulement 10 % sous forme d’insectes ou souriceaux.
Fréquence :
Les juvéniles sont nourris tous les jours avec des végétaux et 2 fois par semaine avec des
insectes. Les adultes sont nourris 6 jours par semaine, avec un jour de jeune. Les pries
animales vivantes sont données une fois par mois.
Quantité :
A volonté pour les végétaux et les insectes. Les souris à la pince et si l’animal en veut.
Qualité de l’aliment :
Les végétaux doivent être riche en calcium. Le taux de Ca/P étant de 2/1.
Les feuilles de choux seront occasionnelles car elles peuvent provoquer des dérèglements
de la glande thyroïde.
Les végétaux sauvages ne seront pas ramassés dans des endroits pollués tels que des
bords de route.
Les U.V. seront apportés par des spots à vapeur de mercure, permettant une meilleure
diffusion sur plus de 3 mètres et apportant une source de chaleur supplémentaire. Les
lampes seront changées tous les ans.
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Mém. Inst. Océano. P. Ricard 2004, pp : 19-39
L'ALIMENTATION DES TORTUES DANS LA NATURE ET EN
CAPTIVITE
Jean CARLUS
Résumé :
Depuis plus de 200 millions d'années les tortues arpentent la plus grande part des terres, mers et
rivières de notre planète.
En trois actes interprétés simultanément par les tortues terrestres·, marines et d'eau douce
(dulçaquicoles), chaque biotope type et alimentation spécifique, se rattachant respectivement aux
acteurs chéloniens et aux décors alternant les saisons, sont analysés comparativement.
L'anatomie particulière de ces animaux tient de la complexité et de la logique d'une évolution et
d'une adaptation alimentaire relatives à chaque espèce dans un site ou la biodiversité lui est
propre.
L'alimentation des tortues en captivité relève, comme pour tout élevage, des 4 principes
fondamentaux : périodicité, quantité, diversité et qualité. Inter relationnels deux par deux,
périodicité et quantité se conjuguent en s’appuyant sur l'observation des tortues dans la nature,
puis diversité et qualité en respectant les 3 critères qui définissent les aliments : aliments de base,
aliments complémentaires et aliments de supplémentation.
Décortiquant chaque nutriment, 1es aliments potentiels sont étudiés et identifiés en fonction des
apports en protides, sels minéraux, oligo-éléments et vitamines qu’ils procurent aux tortues.
L'ordre des Chéloniens, ou plus simplement les quelques 250 espèces répertoriées de tortues,
apparaissent sur notre planète il y a plus de 200 millions d'années (245 à 280 millions, avec des
fossiles de l'ère du Permien, seraient les chiffres proches de la réalité). Durant le Carbonifère, en
agréable compagnie de leurs cousins les crocodiles, elles ont vu naître les serpents puis les
lézards, c'était vers - 130 millions d'années. Ensuite, il y a 65 millions d'années, elles ont vu
disparaître les dinosaures. Les grands reptiles font alors place à des animaux de tailles plus
modestes.
Les tortues ont survécu aux cataclysmes naturels, aux variations de températures, aux diverses
ormes de nourritures rares ou abondantes. C'est l'adaptation et l'évolution qui caractérisent ce
“ monstre ” préhistorique aux allures débonnaires.
Durant ces millions d'années à nos jours, voire même après notre ère, quelle belle leçon de
patience, de fair-play !
Gageons que nous ne serons pas la cause de leur extinction totale !
Nous avons déjà fait assez de dégâts irréversibles sur les îles Galápagos, celles de l'Océan
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Indien, les tortues marines et leurs sites de reproduction, et dans notre région provençale avec
"feu" Madame Hermann (jeu de mots funeste j'en conviens).
Cela m'amène naturellement aux préconisations du plus célèbre des biologistes :
"la seule solution pour sauvegarder une espèce en voie de disparition, c'est d'en faire l'élevage"
Merci, Monsieur Darwin pour cette philosophie peu en accord avec nos législations, certes, et
portant si juste !
Bien sûr, cela sous-entend, dans notre cas précis, une adaptation à l'animal. Et puisque la pierre
est lancée dans la garrigue régionale, il s'agit là de configurer de nouveaux biotopes d'accueil à
cette tortue, dont les propriétaires des sites seraient dignes de cet héritage. Point de balcons, de
terrasses bétonnées ni même de terrariums vitrés, mais au contraire des jardins clos où 1 couple,
100 couples, 1 000 couples pourraient s'ébattre sous le ciel azuréen. Bénéfice d'une mission
commune de sauvegarde et de maintien d'un patrimoine français pour une très longue durée qu'il
convient de léguer à nos descendants. La tortue de Napoléon n'a-t-elle pas atteint plus de 100
ans, lui survivant à sa propre captivité ?
Malgré tant d'événements durant des millénaires, il faut bien le reconnaître les tortues ont opté
pour des biotopes aussi divers qu'opposés sur les quatre coins de nos mers et nos continents.
Partout dans le monde on les rencontre :
- du désert aux forêts tropicales, en passant par la savane, pour ce qui est des tortues terrestres,
- dans beaucoup de nos mers et océans pour les tortues marines,
- des lacs et des rivières les plus limpides aux plus boueux pour les tortues d'eau douce.
Températures moyennes ou climats saisonniers, sécheresses ou inondations, chaleurs tropicales
ou gels, abondance ou raréfaction de la nourriture, des simples végétaux aux fruits juteux, du
poisson au cadavre dérivant, ... à chaque biotope son type de tortues.
Cette diversité en dit long sur cette évolution lente et méthodique. C'est cette disponibilité qu'il
nous faut respecter, et ce pas seulement dans la nature qui nous entoure, mais dans nos élevages
et les éléments qui contribuent à la réussite du maintien de nos collections dans de bonnes
conditions.
Voici le décor planté, celui d'une scène de théâtre où se joue une pièce que j'aimerais sans fin.
Mais, voyons quelques acteurs principaux et leurs performances.
En costumes aussi divers que baroques, les tortues s'activent selon un répertoire mainte et mainte
fois répété. La pièce de leur noble vie se joue en 3 actes dont le thème porte sur le menu du jour.
ACTE 1- Les tortues terrestres
Chaque séquence diffère selon la scène
Et l'on admire les tortues des zones arides (Gopherus agassizii) dans le désert de Sonoran au
Sud-Ouest des USA et au Nord du Mexique, les Homopodes (Homopus bergeri, H. boulengeri,
etc ...), logent au creux des rochers des regs du Sud africain en périphérie du Cap et au Sud
namibien, les Geochelone elegans de l'Inde et du Pakistan occupent des zones sèches jusqu'à des
prairies parfois assez verdoyantes. Toutes celles-ci se délectent de cactées et d'arbustes épineux,
de feuilles sèches et d'épines jonchant le sol. Leur activité est intense matins et soirs et leur quête
de végétaux plus fructueuse pendant et après les rares saisons de pluie. Lézards, cadavres et
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fèces accompagnent l'ordinaire tout en apportant quelques protéines.
Arrivent, alors campées sur leurs grands pieds, les géantes insulaires des Galâpagos
(Chelonoides nigra, Geochelone "Chelonoides" elephantopus, etc ...), d'Aldabra (Dipsochelys
elephantina "gigantea", etc ...) et périphériques. Leurs mâchoires en forme de puissants
sécateurs découpent de larges parts de plantes grasses et de cactus locaux (Opuntia), méprisant
les épines des raquettes. Cet apport en eau leur permet d'affronter les périodes de sécheresse. Les
fruits goutteux de ces cactées paraissent être la gourmandise le plus convoitée. On a pu
remarquer également ces tortues manger les restes d'une congénère morte. Ces cas extrêmes se
constatent lors de disettes caractéristiques de ces climats rudes. Un exemple parmi d'autres de
cette fabuleuse acclimatation des tortues isolées et luttant pour leur suivie.
Au son du tam-tam africain, les tortues léopard (Geochelone pardalis), les tortues sillonnées (G.
sulcata), les tortues ocellées (Psammobcrtes oculiferus, P. tentorius, etc ...), les Kinixys (K.
erosa, K. belliaria, K. spekii, etc ...), la tortue plate de Tornier (Malacochersus tornieri) fouillent
la savane et les zones semi désertiques et rocailleuses en quête d'herbes, de baies et de fruits
mais également d'animaux divers tels qu’insectes, larves, escargots, cadavres, nids d'oiseaux,
etc…
La constante pour ces 3 genres est la différence de température entre jours et nuits. Ce qui leur
impose une activité intense le matin avant les fortes chaleurs.
Ces Geochelone et Psammobates se contentent des succulentes, des melons d'eau, des haricots et
autres végétaux sauvages, avec un appoint en cadavres et en fèces diverses pour les sulcata qui
n'hésitent pas à jeûner en période de sécheresse pour profiter de l'après pluie et sa luxuriante
végétation.
Les Kinixys, elles, ajouteront à ce régime végétarien classique, des poissons morts, des
batraciens et des bulbes de plantes aquatiques.
Quant à la tortue plate,1'altitude de 1000 m à laquelle elle vit, lui impose un choix d'herbacées
même sèches.
Au doux chant des cigales, notre tortue d'Hermann (Testudo hermanni) se hisse dans le maquis
et nos forêts des Maures (enfin ce qu'il en reste !) à la recherche de plantes herbacées et vivaces,
de graminées et de papilionacées, et chasse, en opportuniste des jours de pluie,1es gastéropodes
et les vers de terre. La scène ne dure que 6 mois, puis c'est l'hibernation qui s'empare de nos mal
protégées. Les autres espèces terrestres du bassin méditerranéen (Testudo graeca, T. kleinmanni,
T. marginata, etc ...) et acceptons la T. horsfieldii dans le même groupe, se conforment
sensiblement à des moeurs similaires d'herbivores saisonniers.
Du Mexique au Nord Est des Etats Unis, les Terrapene (T. carolina, T. coahuila, T. nelsoni et T.
ornata) regroupent les espèces d'un genre bien connu qui arpentent les prairies humides, les
forêts et les sous-bois. Elles affectionnent tout particulièrement les petits animaux morts
(cadavres de rongeurs et d'oiseaux), les insectes (mille pattes, bousiers, scarabées et sauterelles),
les vers de terre et les gastéropodes. Les baies et fruits tombés au sol viennent compléter ce
régime carnivore prononcé.
Enfin, la dernière scène se joue en plusieurs sites - ceux des forêts tropicales où chaleur et/ou
moiteur dispensent une variété infinie de végétaux, de fruits et d'animalcules de toutes formes à
la tortue charbonnière aux pieds rouges (Chelonoides carbonaria), à la tortue dentelée (C.
denticulcuta). La carbonara est certes plus carnassière et même coprophage que la denticulata.
Mais toutes deux, sous le couvert de l'épaisse végétation amazonienne, plus sèche pour la
première, restent à prédominance herbivore et frugivore.
A Madagascar le site des Pyxis (P. arachnoides, etc ...) se situe dans les zones ouvertes,
sableuses ou caillouteuses, alors que la tortue étoilée (Astrochelys radiata) préfèrent vivre sous
couvert des épineux et des acacias, dans les litières de feuilles et de débris végétaux. Herbivores
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toutes les deux, elles s'accommodent de raquettes de cactus, d'herbacées et de baies sauvages.
Charognes et déchets organiques complètent leur menu.
Manouria emys, M. impressa, Batagur baska, etc.. du Pakistan à la Thaïlande, composent le
groupe des tortues terrestres et palustres asiatiques aux moeurs conformes des habitats forestiers
denses et humides. Elles mangent les bambous, les herbes des prairies, les baies et fruits mûrs
tombés au sol.
Bien que ce caractère terrestre, aux pieds plus ou moins humides, domine, il engendre un régime
végétarien saisonnier alternant une alimentation d'herbivore à frugivore. Toutefois, les apports
en protéines par recherches ou rencontres avec des proies ou des cadavres, leur donnent une
correspondance de carnivores, voire de charognards. De là à en conclure à une forme omnivore,
il n'y a qu'un pas, ou plutôt qu'une définition littéraire. Ne jouons pas sur les mots et soyons
seulement attentifs aux comportements de chacune de ces tortues sans trop standardiser ni trop
identifier.
Tableau n 1 : Régime des tortues terrestres
Végétariennes
TORTUES
Herbivores
Gopherus
Homopodes
Chelonoides
G. pardalis
G. sulcata
Psammobates
Kinixys
Malacochersus
Testudo hermannii, etc...
Terrapene
C. carbonaria
C. denticulata
Pyxis
A. radiata
Manouria
Batagur
xxx
xxx
xxx
xxx
xxx
xxx
xx
xxx
xxx
x
xx
xx
xxx
xxx
xxx
xxx
Frugivores
xx
xx
xx
xx
xx
xx
xx
x
x
xx
x
x
xx
xx
xx
xx
Autres
Carnassières
Invertébrés
x
x
.
x
x
.
x
.
x
xxx
xx
x
.
.
x
x
Piscivores
Charognardes
Détritivores
.
.
.
.
.
.
x
.
.
.
.
.
.
.
.
.
x
x
.
.
x
.
x
.
.
x
x
.
x
x
x
x
Bien sûr ce premier inventaire n'est pas complet, contrairement à celui de l'
ACTE 2 - Les tortues marines
Parcourant des milliers de kilomètres pour revenir pondre sur les plages des Caraïbes, entre
autre, elles sont le témoin clé de la détermination de survie de tous les Chéloniens. Au gré de
leur périple et tout au long de leur croissance un véritable protocole de l'alimentation est suivi à
la lettre. A peine troublées par l'absorption de sacs plastiques égarés par le plus grand des
hasards par l'Homo sapiens modestitus, on peut observer les 8 espèces (voire 9 ... avec Chelonia
agassizii japonica).
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Le régime commun à la tortue caouanne ou tortue à écailles ou encore Caret (Caretta caretta), à
la tortue imbriquée (Eretmochelys imbricata), aux tortues olive (Lepidochelys olivacea et L.
kempii) est essentiellement piscivore. Elles s'attaquent aux bancs de poissons des profondeurs
subissant les influences du large. La chasse aux terriers fait également partie de leur spécialité.
Un en-cas d'invertébrés tels que crabes ou langoustes n'attend pas Noël pour leur donner cette
satisfaction.
Quant aux tortues luth ou tortues musquées (Dermachelys coriacea), elles se délectent de crabes
et de calamars plus principalement.
Les rares Natator depressa de la grande Barrière de Corail australienne vivent en eaux peu
profondes et se sont spécialisées dans la chasse "rapide" et exaltante aux concombres de mer,
crevettes et autres invertébrés coralliens.
La tortue verte ou franche, (Chelonia mydas), pour en finir avec les tortues marines, présente les
aspects évolutifs d'un animal herbivore aux phases adaptées à leur développement. C'est ainsi
que les juvéniles de la 1ère année, de par leur vie pélagique inévitable, se nourrissent
d'organismes planctoniques tels que méduses, larves de poissons, etc ... Le régime carnivore
convient à une croissance rapide. Puis, à proximité des côtes, elles s'adaptent à la consommation
de végétaux tels qu'algues et herbes marines. Leur système intestinal digère la cellulose par
l'action de bactéries, un peu à la manière des bovins. Adultes, les herbiers de Posidonies sont
leurs plats favoris, mais une alternance carnivore leur permet de constituer des réserves pour les
périodes de migrations et de pontes.
Ces détails et spécificités propres aux tortues marines se recoupent pour chacune d'entre elles et
en font une parfaite adaptabilité d'opportunistes des biotopes résidentiels ou traversés.
Vient enfin l'
ACTE 3 - Les tortues d'eau douce (dulçaquicoles)
Ici, pourrait-on dire le sujet est vaste, car le nombre de ces tortues est certes le plus représentatif.
Les territoires et les eaux les plus diverses sont fréquentés par des Chéloniens aussi diversifiés
que nombreux. Leur concentration est parfois telle qu'elles agissent par hystérie collective, se
déchirant les parts d'un festin comme des hyènes indisciplinées.
Quasiment toutes piscivores, elles bénéficient toutefois des apports nutritifs de leurs proies. Ces
poissons eux mêmes dépendant d'un cycle alimentaire propre à chaque espèce, du plus
végétarien au plus carnivore.
La Scène 1 est sans conteste dédiée aux chasseurs à l'affût. Matamata (Chelus fimbriata), la
serpentina (Chelydra serpentina) et la tortue alligator (Macroclemys temminckii) y surpassent
toutes les autres. Une contraction rapide du cou permet l'aspiration d'un volume d'eau,
engloutissant le poissons trop imprudent ou trop curieux du leurre agité sur la langue de la tortue
alligator. Cette technique de chasse au vif exclue quasiment toute recherche de proies aux
moeurs inertes tels que des invertébrés. C'est un régime piscivore à presque 100 % où
l'opportunité du cadavre est plus rare et peu recherchée.
En Scène 2, le gros de la troupe s'associe dans une représentation intercontinentale où les
similitudes sont communes aux formes de vies voisines de nos tortues lacustres.
Un rapport succinct permet de les rassembler par Continent dans l'ordre suivant, pour ne citer
que les plus connues et surtout celles que l'on peut rencontrer sur le marché de l'herpéthologue.
- AFRIQUE - l'ancien monde : avec les espèces des genres Pelomedusa (P. subrufa) et Pelusios
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(P. niger, P. subniger et P. sinuatus, etc ...), ainsi que la Trionyx du Nil (Trionyx triunguis) au
talent de chasseuse à cours très remarquable. Les Pelusios, en meute de 10 ou 20 individus, dans
les eaux peu profondes et troubles des berges, happent les colombes qui viennent s'abreuver.
Ainsi regroupées, elles peuvent arracher des lambeaux de viande à plusieurs en même temps.
Outre les poissons et autres animaux aquatiques, leur régime varie peu entre piscivore et
carnivore.
- EUROPE : avec les Mauremys leprosa, M. caspica, Emys orbicularis - la cistude d'Europe dont la nette préférence alimentaire est carnivore avec pour proies les petits poissons, les têtards
et les batraciens, les insectes aquatiques ainsi que les cadavres. Toutefois, adultes, elles
deviennent plus végétariennes en absorbant les plantes aquatiques et déchets végétaux.
- ASIE : avec les espèces des genres Chinensis (C. nigricans, C. reevesii, etc ...), Geoclemys
hamiltonii, Kachuga (K. kachuga, K smithii, etc ...), Malaclemys subtrijuga, Moremia petersi,
Ocadia sinensis, on remarque une alimentation piscivore et végétarienne dans des eaux souvent
paisibles, voire stagnantes ou même dans les rizières.
Les Cuora (C. amboinensis, C. falvomarginata, etc ...) passent leur vie dans les marécages où
elles consomment dans l'eau des batraciens, des petits poissons et des bulbes de plantes. Et, sur
terre elles recherchent des champignons, des gastéropodes et des vers de terre.
Cyclemys dentata et Heosemys spinosa, moins aquatique pour cette dernière, recherchent toutes
deux les bulbes de plantes d'eau et les fruits plus que la nourriture carnée.
Quant à la tortue à grosse tête (Platysternon megacephalum) de par son énorme pouvoir de
compression et de déchirure de ses proies, ainsi que les Trionyx d'Asie (Amyda cartilaginae), du
Gange (Aspideretes gangeticus), de Malaisie (Dogania subplana), de Chine (Pelodiscus
sinensis), Trionyx à tubercules (Palea steindachneri), Trionyx géante (Pelochelis bibroni), elles
sont toutes aussi bonnes chasseuses que leurs cousines africaines.
- AUSTRALIE : avec les espèces du genre Chelodina (C. longicollis, C. expansa, C.
steindachneri, etc ...), les Elseya dentata et Emydura signata, etc... qui s'enfouissent dans le
sable ou dans les feuilles au fond des eaux paisibles, ne laissant paraître que leurs yeux, elles
guettent les poissons et les crevettes qu'elles attrapent aisément grâce à leur long cou replié sur le
côté. Leur capacité à résister à des périodes de sécheresse leur impose des jeûnes, ou une
recherche aléatoire de cadavres et autres déchets.
- Les AMERIQUES - nouveau monde
* Avec au Sud : les espèces des genres Acanthochelys (A. macrocephala et autres ...),
Hydromedusa (H. tectifera, etc ...), Phrynops (P. nasuta, P. tuberculatus, et autres ...),
Podocnemys (P. erytrocephala, P. sextuberculata, P. expansa, P. cayennensis, etc...), la
Peltocephalus dumerilianus, la Platemys platycephala.
* Au centre : Dermatemys mawii - tortue palustre par excellence, les espèces des genres
Kinosternon (K scorpioides, K acutum, K baurii, K. leucostomum, K. minor, K odoratum, K.
subrubum, K. salvini, etc...), Staurotypus (S. triporcatus et S. salvini) et la Claudius angustatus
aux mœurs proches de sa sœur asiatique à grosse tête. Les Rhinoclemmys annulata et R.
areolata, entre autres, vivant au bord des étangs en milieux humides, des marécages aux
marigots, semblent plus frugivores et herbivores que carnivores.
* Au Nord : les Trionyx du genre Apalone (A. spinifera, A. ater, A. ferox, A. mutica) sont toutes
aussi bonnes chasseuses que les Trionyx des autres continents.
Les Clemys guttata, C. insculata, C. marrmorata et la Malaclemys terrapin, des milieux
humides marécageux aux cours d'eau clairs et rapides, chassent les petits poissons, batraciens et
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mollusques endémiques des zones fraîches du Canada aux Etats Unis. Sur terre, elles attrapent
des cafards, des blattes et des vers de terre.
Plus connues, les Chrysemys picta, les Graptemys (G. geographica et pseudogeographica, G.
barbouri, G. flavimaculata, G. oculifera, etc ...) les Pseudemys (P. concinna, P. floridana, P.
scripta) et autre Trachemys scripta elegans - tortue de Floride à oreilles rouges -, marquent une
alimentation plus carnée pour les jeunes ( écrevisses, poissons, mollusques, insectes aquatiques )
et plus végétarienne pour les adultes avec un net apport de bulbes aquatiques.
Tableau n 2 : Régime des tortues dulçaquicoles
Piscivores
Carnassières
Charognardes
TORTUES
Tortue serpentina
Tortue alligator
Matamata
Pelomedusa
Pelusios
Trionyx
Mauremis
Cistude
Chinensis
Kachuga
Malaclemys
Cuora
Cyclemys
H. spinosa
Platysternon
Chelodina ( t. à long cou )
Podocnemys
Phrynops
Kinosternon
Claudius
Rhinoclemys
Clemys
Chrysemys
Graptemys
Pseudemys
Trachemys ( t. de Floride )
Invertébrés &
petits mam.
xxx
xxx
xxx
xxx
xx
xxx
xxx
xx
xxx
xxx
xxx
xxx
x
x
xxx
xxx
xxx
xxx
xxx
xxx
x
xx
xx
xx
xx
xx
x
.
.
x
xx
xx
x
xxx
x
x
x
x
x
x
x
x
xx
xx
xx
xx
x
xx
xx
xx
xx
xx
Végétariennes
Herbivores
.
.
.
x
x
.
x
x ( adulte )
x
x
x
x
x
x
.
.
x
x
.
.
xx
x ( adulte )
x ( adulte )
x ( adulte )
x ( adulte )
x ( adulte )
Frugivores
Détritivores
x
.
.
x
x
.
.
.
.
.
.
.
x
x
.
.
x
x
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.
xx
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x
x
x
x
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xx
xx
x
x
xx
x
x
x
x
.
.
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
L'analyse ci-avant détaillée par biotope type et par groupe de tortues appelle à une synthèse dont
les 2 points principaux s'expriment par :
* L'étroite relation entre les groupes des terrestres, des marines, des aquatiques et palustres, avec
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leur site et ses conditions climatiques et saisonnières. La quête de nourriture permet un chassé
croisé entre piscivores, carnivores et végétariennes. Un peut pratiquement affirmer que rien n'est
définitif et qu'une constante adaptation permet aux tortues de survivre. Classer tel ou tel individu
dans un groupe de mode alimentaire bien distinct est illusoire, tant l'interrelation de l'un à l'autre
est fonction de paramètres évolutifs.
* Leur rôle d'éboueur est essentiel pour l'ensemble de la chaîne alimentaire et le cycle naturel. Il
contribue également à la survie des Chéloniens et à leur capacité d'adaptabilité.
METABOLISME ou LES SECRETS DE L'IMMORTALITE
TEMPÉRATURE ET NUTRITION
Poissons, batraciens et reptiles sont des ectothermes. Contrairement aux endothermes, ils ne
disposent pas d'une chaudière interne qui régularise leur température corporelle.
Toutefois les Chéloniens (tortues) ont quelques facultés d'adaptation à l'environnement. Leur
carapace, et parfois une épaisse couche de graisse, les protègent du froid et conditionnent leur
métabolisme malgré les rigueurs des climats tant froids que chauds.
Leur respiration peut s'arrêter totalement, les battements du coeur peuvent atteindre une cadence
à la minute. L'oxygénation, chez certains individus, peut s'effectuer par les muqueuses de la
bouche et du cloaque, leur permettant de suspendre le temps au fond de l'eau. Elles abordent
l'hiver par tranches de plusieurs semaines d'inactivité complète entre-coupées de respirations
limitées en surface.
Par - 7 C, au Canada, une espèce aquatique produit un alcool dans ses propres cellules, qui
agira comme un véritable antigel durant plusieurs semaines.
Avec ces quelques atouts spécifiques à certaines, les besoins énergétiques des tortues sont près
de 30 fois inférieurs à ceux des vertébrés supérieurs à sang chaud. Outre l'hibernation propre à
quelques espèces de l'hémisphère Nord, elles peuvent rester plusieurs semaines, voire plusieurs
mois, sans s'alimenter.
"J'en ai fait l'expérience en 1980, une Dermatemys mawii - tortue blanche ou tabasco du
Mexique, capturée par les indigènes, est restée 2 jours, immobile sur le dos, dans le fond de la
pirogue. L'ayant échangée contre quelques piécettes, j'ai eu quelques difficultés à la "ressusciter".
Déshydratation, insolation, je ne donnais pas cher de ses 30 cm désormais réglementaires.
Toutefois, je l'ai ramenée vivante en France. C'était en Mars. Mais, l'appétit n'y était pas, et
malgré mes efforts et ceux de ses colocataires choisies pour leur enthousiasme lors des
distributions de nourriture, elle restait désintéressée et peu active. Ce n'est qu'en Septembre que
je l'ai vue s'agiter fortement alors que je mangeais du raisin devant le terrarium. J'ai donc partagé
en bon prince dubitatif, et après avoir absorbé deux belles grappes entières elle s'est enfin
décidée à manger de tout en même temps que les autres ! Quelle leçon en tirer ? Quelle patience
en conserver ? "
TRANSIT INESTINAL
Mais ce n'est pas tout, si effectivement on peut hâtivement conclure qu'une tortue peut
économiser ses efforts et vivre de ses acquis, il faut également y voir à la fois un avantage et un
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inconvénient.
Le transit intestinal des Chéloniens est en moyenne de 8 jours. S'il participe à une distribution
lente et progressive des nutriments par le réseau sanguin, il est malheureusement cause de
troubles divers qu'il faut à tout prix éviter. C'est pourquoi, il est important d'insister sur le fait
que cet aspect du système digestif particulièrement lent, implique deux précautions :
* L'hygiène alimentaire et l'hygiène sanitaire ou propreté d'une manière générale contribuent à
maintenir ce processus d'assimilation des aliments dans de bonnes conditions.
* Lors des déplacements et transports de ces animaux, on ne les fait pas voyager - quelques soit
leur taille - dans des terrariums ou aquaterrariums équipés. Généralement, ils sont glissés dans
un sac de jute afin de les immobiliser le temps nécessaire au voyage. Dans le noir, immobiles, ils
stressent peu, voire même, ils se mettent en état de "méditation" - c'est en tout cas ce que je
ferais si j'étais à leur place afin de rester patient en attendant des heures meilleures. Bref, ils
arrêtent le temps, leur cœur finit par battre moins que les 30 pulsassions par minute
réglementaires, les poumons inspirent et expirent également moins que les 20 mouvements à la
minute. Une sorte d'autarcie s'instaure chez ce paisible vertébré. Traduisant ainsi toute la
puissance des millénaires accumulés. Mais, le transit intestinal, on y revient, lui aussi suit ce
mouvement, ou plutôt cette inactivité. Et là, la fermentation remplace la biodégradation des
aliments, créant toutes sortes de troubles digestifs, dont on ne pourra s'en rendre compte, pour
certains sujets, que plusieurs semaines plus tard (constipation ou diarrhée, occlusion intestinale,
septicémie et sang dans les excréments, parasitisme tels que vers, rétention d'oeuf, etc ...).
La solution, elle est simple ! Il suffit de faire jeûner les tortues une bonne semaine avant tout
déplacement. De telle sorte que le vide règne au sein de leurs intestins.
Cette précaution n'est jamais assez rappelée. Il est vital d'insister. Soyez également vigilants lors
des acquisitions. Bien qu'il soit peu aisé de contrôler cette action chez le fournisseur que vous
avez choisi, quelques questions insidieuses peuvent vous éclairer sur ses méthodes et son savoir
faire.
EAU DE BOISSON
Pour en terminer avec l'aspect général des besoins nutritionnels que le métabolisme des
Chéloniens exige, je ne peux dissocier l'eau de boisson des aliments solides. La qualité et
l'hygiène, encore une fois, pourraient faire l'objet d'un chapitre entier. Le phénomène
d'hydratation mérite une approche liée au thème même de l'alimentation. Animal caparaçonner
et couvert d'écailles, la tortue, au lent métabolisme, ne transpire que très peu. Ses pertes
hydriques, même au niveau de ses déchets, très peu aqueux grâce à une digestion lente et
minutieuse, sont limités. Ses besoins compensateurs sont donc, par définition, minimisés. Ses
aptitudes à optimiser l'eau de ses aliments ne sont pas suffisantes et surtout pas une généralité.
Une tortue boit - que cela vous étonne ou pas ! Et c'est en cela que je veux insister afin d'ôter
toute idée reçue.
Bref, si Jean de La Fontaine en fait un coureur de grande classe face au lièvre, c'est plus une
leçon de philosophie engendrée par une vie saine dans un corps sain qui en est responsable.
L'exemple reste à suivre pour nos élevages et pourquoi pas nous mêmes. Cela aurait pu m'éviter
le muscle "Michelin" par exemple.
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Mais pour rester dans le sujet, ces aperçus sur l'état dans lequel dame Nature nous confit cet
animal "préhistorique", nous invite après la compréhension, au respect de ses besoins et
exigences. Se substituer au facteurs naturels propres à chaque biotope relève parfois du parcours
du combattant qu'il faut appréhender dès le départ.
Ce rappel anatomique entraîne tout naturellement le chapitre consacré à l'alimentation en
captivité.
Ces bases servent de garde corps au bien fondé de nos actions de maintenance, insistant sur cette
hygiène de qualité et diversité alimentaires et sur l'aspect trop souvent négligé du confort
sanitaire des terrariums et aquaterrariums.
L'ALIMENTATION DES TORTUES EN CAPTIVITE
Le commerce animalier ne dispose que d'une panoplie restreinte en matière d'alimentation des
tortues. La diversité terrestre ou aquatique est quasi introuvable. A chacun, donc, de préparer ses
propres recettes en fonction des animaux détenus et des disponibilités locales de fournitures.
Quoiqu'il en soit, il est impératif de garder à l'esprit les 4 principes fondamentaux qui reposent
sur :
1/- La PERIODICITE
2/- La QUANTITE
3/- La DIVERSITE
4/- La QUALITE
Chacun de ces éléments dominant la méthodologie d'alimentation de vos animaux (quel qu'ils
soient : poissons, oiseaux, mammifères, reptiles ou invertébrés ), doit être présent à l'esprit afin
de former un calendrier personnel et propre à chaque élevage. Je vous invite à notifier cette
procédure globale selon un cycle hebdomadaire et saisonnier, adapté à vos possibilités et les
besoins de vos tortues. Le suivi régulier de cet échéancier pesé et organisé est garant d'une
réussite à long terme.
PERIODICITE
Observer les tortues dans leur habitat d'origine permet de s'approcher et de reproduire les
conditions de vie sauvage. Leurs rythmes dépendent, dans la nature de l'unité de temps.
Rythmes journaliers : Ils suivent les paramètres de successions horaires, de migrations photocellulaires pour donner lieu à des repas occasionnés par le déplacement des poissons et des
invertébrés en fonction de l'heure du jour et de l'ensoleillement. Peu de tortues sont nocturnes.
Rythmes saisonniers ou annuels : Ils sont plus accentués d'autant que l'on remonte vers les
latitudes septentrionales. Le comportement alimentaire dépend de la période chaude ou froide
qui induit une fluctuation des végétaux ( plantes et fruits ) jusqu'à l'hibernation lors de leur
raréfaction.
A chacun la faculté d'optimiser ces critères selon ses moyens. II n'y a pas de règle stricte. Il
convient de faire coïncider les besoins et capacités des animaux à sa disponibilité. Nourrir tous
les jours, ou un jour sur deux, ou une fois par semaine est trop arbitraire pour en faire une
généralité. Chaque groupe est un cas différent.
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Journées Biologiques du Parc Phœnix – Nice, 1 et 2 avril 2004
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* Les tortues terrestres végétariennes qui hibernent 6 mois par an mangent 3 à 4 fois par jour.
Elles doivent, de fait, trouver dès le réveil du printemps une réserve quotidienne qu'il faut
remplacer tous les matins.
* Les tortues terrestres maintenues en terrariums tempérés toute l'année vous permettent un
rythme hebdomadaire aléatoire.
* Les tortues aquatiques, en aquaterrariums où températures d'air et d'eau sont régulées, peuvent
également tolérer nos activité et périodes libres pour un programme de soins selon nos
disponibilités.
Le principe même d'un calendrier adapté aux moeurs des tortues et aux possibilités de l'éleveur
réside dans une fausse régularité. On pourrait dire que pour se rapprocher des habitudes des
tortues dans la nature, il suffit d'offrir une bonne quantité, puis de les obliger à jeûner quelques
jours.
Mais selon quelles séquences ?
Alors pourquoi ne pas opter pour une organisation basée sur notre activité ?
Par exemple :
Lundi et Mardi : jeûne
Mercredi : 1/2 ration à tendance saisonnière
Jeudi : 1/4 de cette même ration
Vendredi : jeûne
Samedi et Dimanche : grosses rations de l'aliment essentiel
Ce planning correspond à celui d'un éleveur amateur qui travaille toute la semaine. Mais le
Mercredi (jour des enfants) est plus souple. Le Week-end libre permet des soins plus poussés et
plus attentifs que les reste de la semaine.
Encore une fois, ce n'est qu'un exemple, et il appartient à chacun de choisir et d'adapter sa
technique à ses pensionnaires.
QUANTITE
Des analyses précises, établies pour des juvéniles Hermann et Cistudes, ont démontré un rapport
de 1 à 10 par ration quotidienne absorbée. 10 g d'aliment pour 100 g de tortue. Cette valeur, un
peu simplifiée et schématisée ne tient pas compte d'études sur le terrain pour comparaison de ces
mêmes juvéniles. On ne peut pas prétendre à une valeur étalon, mais juste à des constats ça et là,
notifiés par l'un ou par l'autre dans des cas bien précis. La seule constante corroborée par ces
expériences réside dans une quantité journalière distribuée pour des juvéniles en captivité.
Mais, sauvages, juvéniles ou adultes, les groupes représentant les tortues aquatiques ou
palustres, sont confrontés à l'opportunité d'une rencontre avec une proie, un cadavre ou des baies
tombées sur le sol.
Cette occasion très aléatoire est double.
* La tortue peut effectivement se trouver plus ou moins souvent en contact avec un repas qui lui
même sera plus ou moins copieux.
* Autre paramètre à prendre en compte : il arrive fréquemment que l'odeur d'un cadavre ou les
ébats d'un poisson malade ou blessé attirent plusieurs tortues. Et là, les parts de chacune
diminuent selon le nombre.
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En captivité, pour tenter de respecter cette règle, il est intéressant de varier les quantités
distribuées. Sans aller jusqu'à l'excès gaspillé au fond de l'aquaterrarium, et qui nuira à l'état
sanitaire de l'eau, ou celui engendré par un fruit qui moisit sur le sol du terrarium, il est bon, de
temps à autre, de donner jusqu'à satiété complète de tous les hôtes du vivarium. Cette option se
conjugue avec le 1er principe décrit précédemment. L'inter-action entre Périodicité et Quantité
rivalise en espace clos avec la logique de la liberté. On peut certainement appliquer ces 2
principes à la plupart des reptiles en détention.
DIVERSITE
Cet aspect de Diversité alimentaire, quant à lui, vient en introduction avec le 4ème principe qui
traite la Qualité. II s'agit de comprendre les avantages des menus variés sur le comportement des
animaux, tout en y favorisant les réponses aux besoins physiologiques.
En effet, l'un des caractères trop souvent occulté dans la standardisation de l'alimentation est
l'ennui qu'elle suscite. Je ne veux pas dire par là, que nos tortues partagent ce sentiment propre à
l'homme. Ce serait de l'anthropomorphisme pure. Mais, la gourmandise, elle, existe chez les
animaux aussi. Et, valoriser ce réflexe offre des avantages dans tout élevage. II permet d'apporter
les éléments qualitatifs que nous allons aborder ci-après, tout en stimulant l'appétit par des
rations variées. C'est ce que les nutritionnistes professionnels appellent l'appétence, et qu'ils
savent développer dans les granulés, les flocons et les croquettes entre autre... Il faut éviter
qu'une tortue boude un repas sous prétexte qu'elle est habituée consommer toujours le même
menu depuis 5 ans.
Le danger peut également être rencontré lors de problèmes de santé, où l'influence de certains
nutriments pourrait participer à la guérison ... à condition qu'ils soient acceptés.
QUALITE
C'est le secret de la réussite.
A lui seul, le choix des éléments qui composent l'alimentation de n'importe quel élevage en
général, est vecteur du bon équilibre de tout animal.
Bien sûr, certaines maladies sont dues à un agent agresseur externe, indépendant de l'hôte qui
subit ce "parasitisme". Mais en revanche, un corps sain par une alimentation équilibrée résiste
mieux à ces attaques. De plus, trop nombreux sont les cas de maladies ou états maladifs dont la
cause est d'origine purement nutritionnelle.
Cette quête du repas complet - en un ou plusieurs menus - relève du respect des 3 critères qui
définissent les aliments :
* LES ALIMENTS DE BASE
Ils composent la partie essentielle sur le plan quantitatif Ils répondent impérativement aux
besoins physiologiques et comportementaux des tortues au cas par cas.
Ces aliments basiques correspondent le mieux aux définitions :
- piscivore - vif ou mort
- carnivore - avec tendance invertébrés de types crustacés, mollusques, insectes ou carnassier
par les viandes, vers de terre, gastéropodes etc ...
- végétarien avec penchants herbivore ou frugivore.
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La capacité générale de tous les aliments, et particulièrement ceux qui forment la base, est un
complexe de :
* Protides (ou protéines) : composés de carbone, d'hydrogène et d'oxygène, ainsi que d'azote
(matières azotées). Leurs structures sont les acides aminés. On les trouve dans la viande, le
poisson, les oeufs - d'une manière générale dans les animaux. Les végétaux, quant à eux,
contiennent plus ou moins de protéines selon leur nature ( dans les légumineuses ou plantes dont
les graines sont contenues dans des gousses - pois, fèves, lentilles ..., plus importantes pour les
graines oléagineuses et moindre pour les céréales ). Chez les tortues végétariennes, un excès de
protides associé à une déshydratation chronique, entraîne la goutte viscérale et/ou articulaire
(hyperurémie due à une élévation du taux d'acide urique dans le sang).
* Glucides : les sucres assimilés ou les "farineux" formés d'amidon que la digestion transforme
en sucres lents. Ces éléments existent en l'état dans les fruits. Mais un excès de glucides peut
être transformé en graisse stockée dans l'organisme - le foie en particulier, s'il est cause de
réduction de la teneur en protides ou en minéraux.
*Lipides : les graisses animales ou végétales (graines oléagineuses), stockées comme les
glucides, elles peuvent toutefois aider à supporter les hivers froids pour les tortues maintenues
en clos extérieurs. Apportées par trop d'aliments pour chiens (boites spécifiques) elles
développent des dégénérescences graisseuses du foie : stéotose hépatique.
* Les minéraux : ils sont indispensables à l'édification de l'organisme en croissance, et pour
l'entretien de l'adulte. De plus, il interviennent dans la formation et l'évolution des os et de la
carapace. Le phosphore et le calcium sont les éléments essentiels qui, de plus, agissent, le
premier sur les membranes cellulaires et le métabolisme énergétique, et le second, sur la
transmission de l'influx nerveux.
D'autres minéraux interviennent en proportions biens inférieures, ce sont les magnésium, sodium
et potassium. L'ostéodystrophie hypertrophique de la carapace est la maladie qui correspond à
une croissance accélérée et exagérée. C'est le résultat d'une alimentation trop riche en calcium,
en protéines et en vitamine D3 par exemple : excès de nourritures industrielles pour carnivores
domestiques : croquettes pour chiens ou chats).
Chez les tortues terrestres, les plus phytophages (végétariennes à régime herbivore, folivore
et/ou frugivore) la relation entre calcium et phosphore est très primordiale. Leur tube digestif est
plus long et le caecum plus développé pour les terrestres que pour les aquatiques. C'est une
adaptation à la digestion de la cellulose des végétaux. La durée du transit intestinal est variable
de 3 à 28 jours selon la température, la fréquence des repas et la teneur en eau et en fibres. La
diversité des aliments naturels apportent les nutriments dans les bonnes proportions aux tortues.
Mais, en captivité, la ration type n'existe pas.
Pour s'en approcher il convient de respecter un apport de :
- 90 % de végétaux
-10 % de fruits (trop de fruits provoque une fermentation digestive des glucides créant une
surpopulation bactérienne digestive, des parasites à l'origine de diarrhées graves),
- pauvre en matière grasse (< à 10 % de l'apport énergétique en calories),
- pauvre en protéines (15 à 35 % de l'apport énergétique en calories),
- riche en fibres (20 à 30 % de cellulose brute par rapport à la matière brute),
- riche en minéraux avec 2 fois plus de calcium que de phosphore.
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ALIMENTS
Rapport Ca/P
Figue sèche
Orange épluchée
Céleri en branche
Epinards
Chou (feuilles blanches)
Chou (feuilles vertes)
Chou rouge
Chou frisé
Feuille de betterave
Feuille de brocoli
Tige de brocoli
Feuille de navet
Feuille de pissenlit
Luzerne
Blette
Chicorée frisée
Cresson
Rutabaga
Endive
Persil
ALIMENTS
2,1
2,4
1,5
2,0
1,6
5,9
1,2
2,9
2,6
3,9
2,6
4,8
2,9
6,1
3,0
2,7
3, 5
3,2
1, 8
3,3
Banane
Raisin
Fraise
Framboise
Melon
Pêche
Poire
Pomme
Salade de fruits en boîte
Fleurs de brocoli
Choux de Bruxelles
Maïs
Concombre
Laitue
Romaine
Tomate
Carotte
Chou fleur
Courgette
Champignon
Macédoine de légumes
Steak haché
Foie de bœuf
Aubergine
Les vers de teignes de ruche
Vers de farine
Vers de terre
Tableau N 3
Rapport Ca/P
0,3
0,6
0,7
1,0
0,6
0,4
0,8
0,5
0,6
0,6
0,2
0,1
0,5
0,4
0,8
0,4
0, 6
0,6
0, 7
0,06
0,5
0,1
0,1
0,3
0,08
0,1
0,1
Tableau N 4
Aliments dont le rapport phosphocalcique est
adapté aux besoins en minéraux pour les tortues
terrestres ( Ca/P > l,5) - c'est à dire contenant
plus de calcium que de phosphore - et dont la
teneur en vitamine A est élevée.
Aliments dont le rapport phosphocalcique est
inadapté aux besoins en minéraux pour les
tortues terrestres (Ca/P < 1,5) - c'est à dire
plus riche de phosphore que de calcium.
Tableaux extraits de :
Allo. Véto ! - 100 questions réponses sur les reptiles par le docteur Lionel Schilliger et Philippe Gérard - 1998 -
C'est ce rapport Ca/P qui est primordial dans l'alimentation des tortues terrestres.
Compris entre 1,5 et 4, il assure une bonne croissance du squelette, une bonne rigidité de la
carapace et maintient une calcémie et une phosphorémie sanguines constantes.
Laitues, tomates, carottes, courgettes, pommes ont un rapport Ca/P < à 1 - soit plus riche en P
qu'en Ca.
A l'inverse, pour un Ca/P > à 1 - donc plus riche en Ca qu'en P, on trouve les épinards, les
feuilles vertes de chou, le chou frisé, les feuilles de brocoli et de navets, la luzerne, le cresson,
les blettes etc
Toutefois, il ne s'agit pas non plus de tomber dans l'effet opposé en distribuant une alimentation
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trop riche en phosphore et carencée en calcium. On aboutit rapidement à une maladie osseuse de
type ostéofibrose nutritionnelle et à des troubles reproductifs.
Régime piscivore conseillé
Régime piscivore déconseillé
(trop riche en antivitamine B1)
Foie de f1étan
Filets de flétan
Gambusia
Guppy
Ailerons de raie
merlu
colin
Eperlan
Sardine
Alose
Carpe
Hareng
Chabot
Poisson chat
Poisson rouge
Tableau n 5
Régimes carnassiers
Naturels
Insectes aquatiques
- Diptères etc..,
- Araignées,
- Larves de libellules,
de moustiques
Insectes terrestres
- Grillons, sauterelles
Mollusques
- Escargots d'eau
ou de terre,
- Limaces
Têtards et
petits batraciens
Vers de terre
Elevage
Commercialisés
Escargots d’eau
Gamares
Criquets, grillons
Vers de farine
Croquettes
pour carnivores
(poisson & poulet)
Foies de veau
& de génisse
Aliments
lyophilisés
pour tortues
Crevettes, crabes,
etc ..
Seiches, poulpes,
etc
Tableau n 6
Pour conclure avec les aliments de base, hormis les végétaux analysés précédemment en rapport
Ca/P, on peut aisément se procurer :
- des granulés d'aliments complets pour tortues dulçaquicoles (évitez les crevettes séchées ).
- du poisson : filets de merlu, de colin ou de flétan, ailerons de raies, de l'anguille
- les petits poissons entiers, arrêtes et viscères incluses, conviennent de toute évidence mieux
que les filets.
- les poissons gras - sardines, maquereaux salissent l'eau en plus d'être ... gras.
- des crevettes et autres invertébrés aquatiques : entiers de préférence - ou vos restes de
carapaces de Noël - sans la mayonnaise. Conviendront très bien aussi les crabes, les seiches, les
poulpes ou tous vos restes de langoustes et homards.
- du foie de veau ou de génisse - riche en vitamine A.
Tout aliment congelé, ne doit être distribué que bien décongelé ...
Tout cela selon votre budget !
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* LES ALIMENTS COMPLÉMENTAIRES
Ils s'assimilent à la friandise apportant de surcroît l'élément vital indispensable aux besoins
spécifiques. Ils évoluent selon la saison ou la période d'activités. Mais ils complètent
systématiquement la ration quotidienne ou hebdomadaire.
Cette notion de complémentarité rejoint les chapitres de périodicité et diversité. Liés aux
facteurs "rythmes journaliers ou saisonniers", ces éléments nutritifs d'appoint viennent en valeurs
rajoutées aux aliments de base et d'autant plus à l'ordinaire distribué quotidiennement.
Ce sera, par exemple, quelques fruits frais de saisons pour les tortues terrestres et même les
tortues aquatiques. Attirées par la couleur - rouge en particulier - des cerises, des fraises, etc
Elles profiteront d'un apport en compléments des glucides absents du chou ou du poisson.
Occasionnellement, des bulbes de jacinthes d'eau, de la laitue ou des pommes conviennent
parfaitement aux tortues dulçaquicoles. Je parlerai plus tard des vitamines contenus dans ces
fruits.
Pour un complément protéinique, des vers de terre, des escargots ou des vers de farine et autres
insectes, distribués également aux terrestres et aux aquatiques, varieront les acides aminés et les
teneurs diverses en carbones et en minéraux. D'autant plus que ces animaux comportent dans
leurs contenus stomacaux et digestifs des nutriments propres à leur mode de vie.
Les fameux produits, telles que croquettes au poisson ou au poulet, etc... ne sont pas pour autant
à exclure entièrement du régime et de vos habitudes. Utilisons les comme ... des compléments
distribués avec parcimonie et très raisonnablement.
Un os de seiche à flotter apportera les minéraux du squelette aux tortues aquatiques.
* LES ALIMENTS DE SUPPLÉMENTATION
Ils corrigent, à la fois les carences et les apports en sels minéraux, en vitamines et les acides
aminés. Leur emploi est spécifiquement ponctuel et/ou régulier selon l'animal et ses conditions
de maintien.
Les sels minéraux spécifiques - les oligo-éléments
En plus des sels minéraux évoqués précédemment, il y en a d'autres qui agissent comme des
catalyseurs en quantités minimes. Ce sont les oligo-éléments.
(catalyseur = en chimie c'est un corps qui déclenche ou active une réaction par sa .seule présence
sans être consommé par celle ci)
Parmi les principaux :
* Le Manganèse (Mg) : intervient dans l'ossification des jeunes et contribue à la synthèse du
pro-collagène, le précurseur du collagène qui constitue les fibres du cartilage.
* Le Fer (Fe) : nécessaire à la formation des globules rouges favorisée par la présence du
Cuivre (Cu).
* Le Zinc (Zn) : assimilation des graisses et des protéines, participation au renouvellement de la
peau et aide à la reproduction, sont ses rôles principaux.
* Le Cobalt (Co) : présent dans la molécule de la vitamine B 12.
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* L'Iode (I) : en particulier chez les tortues marines, sa carence cause une Hypertrophie
thyroïdienne. Elle est prévenue par l'apport de condiments d'origine marine (coquillages et
algues ).
* Le Sélénium (Se) : associé à la vitamine E, il prévient les accidents dus aux graisses rances, et
lutte contre le stress oxydatif dû aux radicaux libres. Classé poison en France, il n'est trouvé que
sous forme de levures spéciales.
* Le Magnésium (Mn) : présent sous forme de carbonate dans les os.
* Le Chlorure de Sodium (NaCl) : présent dans tous les lipides d'origine animale. Sa carence
produit des troubles de croissance, de reproduction, une diminution de la ponte, causés par une
mauvaise assimilation des protéines et des glucides.
Les Vitamines
Il n'y a pas une vitamine, ni une mixture de vitamines formant un composé plus ou moins précis,
mais il existe une douzaine de vitamines différentes entre elles, dont la carence d'une seule laisse
apparaître des troubles de la santé. Son apport devient ciblé pour guérir une réaction de causes à
effets. Le problème des avitaminoses est engendré lui, le plus souvent, par l'interaction de
défauts de plusieurs vitamines.
On peut admettre qu'il n'y a pas des vitamines plus importantes les unes que les autres. Mais on
constate que certaines carences enchaînent des troubles visibles dont il faut impérativement
remédier par un apport spécifique. Ils dénotent toujours d'une alimentation pauvre et mal
équilibrée.
Ce risque est aggravé des facteurs dus à une dégradation lors du stockage des aliments par
l'oxydation à l'air, la fragilité à la lumière ou la destruction par le froid ou la chaleur. A ce titre il
est important de comprendre et retenir certains phénomènes chimiques qui échappent à notre
contrôle si l'on n'y prend garde :
- Une eau de rinçage trop chlorée agit comme un oxydant.
- Une exposition trop prolongée au soleil décolore par dépigmentation et noircissement des sels
d'argent.
- L'oxygène de l'air combiné à la chaleur détruisent les vitamines A, D et surtout C.
- Des catalyseurs, tels que les métaux lourds (cuivre, argent, zinc, etc ...), et le calcium
permettent l'oxydation par l'air ambiant des vitamines. I1 faut donc éviter de mélanger des oligoéléments aux vitamines trop longtemps à l'avance ou en contact avec l'eau de l'aquaterrarium.
- Un couteau, non inox, pour couper des fruits permet une oxydation immédiate de 50 % de la
vitamine C.
* Liposoluble et hyposoluble :
- Les vitamines A, D, E & K ont la faculté de se dissoudre dans les graisses et les huiles, elles
sont liposolubles.
- La dissolution dans l'eau est dite hyposoluble. La vitamine B2 est peu soluble dans l'eau, juste
assez pour la colorer en jaune.
L'ajout de produits émulsionnants permet de rendre les liposolubles, miscibles à l'eau (mélanges
laiteux), ou pseudo-solubles (mélanges sensiblement limpides).
* Avitaminose et hypervitaminose :
- L'avitaminose ou hypovitaminose est due à une carence en une ou plusieurs vitamines. Les
troubles occasionnés sont caractéristiques de ce défaut.
- L'hypervitaminose est due à un excès en une ou plusieurs vitamines. Ces risques sont un peu
exagérés. Seule l'hypervitaminose D est réellement dangereuse par toxicité. L'hypervitaminose A
provoque des troubles voisins de l'avitaminose A.
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VITAMINE A
Rétinol
VITAMINE B1
Thiamine ou Aneurine
VITAMINE B2
Riboflavine
Particularités
Le carotène (verdure et carottes)
est une provitamine A,
transformé en vitamine A par l'animal.
Les tortues terrestres sont moins sensibles
que les aquatiques à l'hypovitaminose A.
Avitaminose manifestée par des problèmes
oculaires, cutanés, gingivaux, hépatiques,
respiratoires et rénaux.
Prédisposition à des rhinites infectieuses
("runny nose surzchom").
Soluble dans l'huile.
Poissons riches en antivitamines B1 : éperlans,
carpes, harengs, chabots, poissons chat,
poissons rouges. Leurs viscères sont riches
en Thiaminose (enzyme détruisant la Thiamine).
La Thiaminose est responsable de
dégénérescences cérébrales.
Hydrosoluble
Insoluble en présence de calcium.
Présence
Huile de foies de morue ou de flétan
(attention aux matières grasses non saturées),
et le foie de génisse ou de veau.
Le jaune d'œuf.
Figue, chou, cresson, orange > laitue, carotte, tomate.
En général les végétaux dont le rapport Ca/P > 1,5
Peu de vitamine A dans les fruits
Graines germées (carotène pro vitaminique).
Saumons frais, anguilles, vers de terre, souriceaux
Un peu dans les fruits et la verdure.
Présente dans les Polyvitaminés
Roboflavine phosphate de sodium
Dans les fruits et la verdure.
Dans les céréales, les haricots verts, la levure, le lait.
Rôle
Vitamine des épithéliums
Joue un rôle dans la régénération de la peau
(croissance et prolifération des cellules épidermiques).
Améliore la résistance aux bactéries et
aux parasites en stimulant le système immunitaire.
Contribue à la qualité de la peau
(troubles de la mue).
Rôle important dans le métabolisme des acides gras.
Constituant essentiel du métabolisme cérébral.
Métabolisme des acides aminés et des graisses
VITAMINE B12
Cyanocobalamine
VITAMINES D2 & D3
Calciférol
VITAMINE C
Acide ascorbique
VITAMINE E
Alpha-d-tocophérol
Particularités
Produite par des
fermentations ou extraite
à l'état pur.
Permet de supplémenter
Une ration végétale pour la
rendre équivalente à une ration
animale, associée à des acides
telle que la Méthionine,
on y retrouve les propriétés
protéiniques.
L'exposition aux rayons UVb
permet de synthétiser
la vitamine D3 indispensable
à l'absorption intestinale du calcium
Dans les croquettes pour carnivores
en trop grande quantité, elles
conduisent à des affections telles
que l’Ostréodystrophie
hypertrophiante
ou à la goutte viscérale.
Solubles dans l'huile.
Instable en solution.
Soluble dans l'eau mais
très sensible à l'oxydation,
surtout en présence de métaux.
Incompatible avec le calcium.
Associée à la vitamine C,
à la Lutéine (pétales de roses d'Indes),
à la taurine (acide aminé),
l'ensemble forme un antioxydant
qui protège des radicaux libres
facteurs d'arthrose, de diabète,
de maladies cardio-vasculaires et
du vieillissement des cellules en
général.
Sensible à l'oxydation par l'air.
Bien conservée dans les végétaux secs.
Soluble dans l'huile.
Solubilisable dans l'eau.
Présence
Présente dans les produits animaux
et non végétaux.
Présente dans l'huile de foies
de morue et de flétan
(attention aux matières
grasses non saturées).
Absente des végétaux.
Dans les fruits, et surtout
dans les agrumes, (citrons, oranges)
Dans la salade, le persil, les asperges
Synthétique : Vitascorbol ou
Laroscobine.
Dans les germes de céréales
(le soja, le blé ...)
Dans les végétaux verts.
Dans les œufs et le lait
Produit de synthèse (acétate)
Rôle
Indispensable à la croissance.
Antianémique
D2 => Antianémique
D3 => Règle la fixation du calcium et
du phosphore dans les os et la carapace.
Et corrige le déséquilibre entre Ca/P
En synergie avec la vitamine E, lui
permet de se régénérer et
de limiter l'oxydation des cellules.
Permet de mieux supporter le stress
Rôle favorable dans les maladies
infectieuses et sur l'immunité.
Ralentit le vieillissement des cellules
par piégeage des radicaux libres.
Améliore les défenses immunitaires.
Nécessaire à la fécondité.
Favorise la vitalité des embryons.
Associée à forte dose au sélénium,
permet de lutter contre
les acides gras saturés (cholestérol).
Limite l'oxydation des cellules
lors d'association avec la vitamine C.
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* Revue de détails des principales vitamines :
Passer en revue les principales vitamines peut paraître fastidieux et inutile. Mais, il permet de
porter un jugement sur le choix des aliments favorables à un équilibre, un rétablissement en cas
de déséquilibre sans obligation de subvenir aux déficit par l'emploi de produits de synthèse.
Questions sur les vitamines :
- Conservation : Entamé un flacon de liquide ou de poudre doit être rebouché et gardé au frais.
Evitez la lumière.
- En dissolution dans l'eau : pas plus toxique que l'eau par elle même. Veillez à sa propreté dans
un laps de temps court.
- Date limite : pas de toxicité réelle reconnue dans un flacon ayant dépassé la date limite
d'utilisation si celui ci est resté bouché. Par contre les vitamines A et D ont perdu leur efficacité.
- Les oeufs cuits durs : ils gardent leurs valeurs nutritives en oligo-éléments et en acides aminés.
Par contre, les vitamines sont détruites par la cuisson. Les oeufs d'élevage intensif comportent
les vitamines qui ont été données aux poules.
- La vitamine B3 ou PP - Niacine ou Acide nicotanide, et la vitamine B5 – Acide
pantothénique : elles ont pour rôles l'intégrité des tissus - la peau en particulier. Leur présence
est remarquée dans les céréales, la levure, le poisson, les haricots verts, les asperges, les oeufs
pour la B3; et dans le foie, le poisson, les produits laitiers, le riz pour la B5.
- La vitamine B6 - Pyridoxine agit sur le métabolisme des graisses, des protéines, des glucides
et du fer. On la rencontre dans les céréales et le lait.
- La vitamine B8 ou H - Biotine : l'Avidine contenu dans le blanc des oeufs non fécondés et non
embryonnés est doté d'Antibiotine. Elle contribue à l'avitaminose H, responsable de
déshydratation de la peau et à la formation de squames ( pellicules des mammifères ). La Biotine
est responsable de l'intégrité de la peau, du métabolisme des glucides, des lipides et des
protéines.
- La vitamine B9 - Acide folique est également un antianémique.
- La vitamine K- Phytoménadione ou Phylloquinone présente dans les épinards, l'huile de
soja, les fruits et la pomme de terre.
CONCLUSION
La chose qui saute aux yeux dans le dernier chapitre est l'interrelativité entre chaque vitamine. A
croire qu'elles agissent toutes plus ou moins pour les mêmes effets. De fait, il devient alors
beaucoup plus compréhensible que l'équilibre parfait provienne d'une diversité dans la
spécificité végétarienne, piscivore ou carnivore des tortues. Un complément ciblé apporte les
éléments manquants.
Cette action globale est un compromis entre notre rôle d'éleveur et une philosophie de vie qui ne
cessera de nous épater.
Si notre tâche se doit d'une prise de conscience et d'une démonstration de sérieux, elle découle
de l'observation des animaux dans leur biotope et de l'application de nos jugements et nos
connaissances en matière de diététique.
Cette charge, dont nous avons choisi l'immense responsabilité, nous engage dans une voie à sens
unique sans retour en arrière.
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Journées Biologiques du Parc Phœnix – Nice, 1 et 2 avril 2004
Mém. Inst. Océano. P. Ricard 2004, pp : 19-39
Bibliographie
Schilliger L. & Gérard P. Allo, véto !
Schilliger L. L'alimentation des tortues terrestres.
Les bulletins de la Société Herpétologique de France
Ferri V. et Dauner Henri. Les tortues terrestres et aquatiques.
Devaux Bernard. La tortue sauvage.
Carlus J. L'alimentation des tortues Aquarama N 113
Recueil de médecine vétérinaire - de mars 1986
Animaux familiers autres que chien et chat entretien et pathologie.
Borzin F., Devaux B. & Dupré A. Toutes les tortues du monde.
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Journées Biologiques du Parc Phœnix – Nice, 1 et 2 avril 2004
Mém. Inst. Océano. P. Ricard 2004, pp : 41-45
ARTEMIA SALINA : COLLECTE SUR LES MARAIS SALANTS
D’AIGUES-MORTES ET VALORISATION
Dominique DUPEUX
Compagnie des Salins du Midi et des Salines de l’Est, 30220 AIGUES-MORTES.
UN PEU D’HISTOIRE
La première description de ce petit crustacé remonte à 1755, par le docteur SCHLOSSER :
« ces insectes se meuvent avec une prodigieuse vitesse : ils font mille sauts, se culbutent
souvent et peuvent nager sur le dos. Les gens qui travaillent aux salines leur donnent le
nom de brineworms (vers de saumure) ».
Son véritable nom d’artemia lui fut donné par LEACH (1819 - dictionnaire des sciences
naturelles).
Mais la première recherche a été menée par JOLY en 1840: «que dirons-nous de
l’intelligence des Artemia salina ? La dose en est si faible qu’elle en est presque
imperceptible. »
ELEMENTS DE BIOLOGIE
Artemia est un crustacé, de l’ordre des branchiopodes, phyllopode (pattes en forme de
feuilles) d’environ 1 cm à taille adulte qui a la faculté de se développer dans des eaux dont la
salinité est supérieure à l’eau de mer.
Artemia est le seul organisme présent dans les lacs salés et les salins en exploitation. En
France, les marais salants de la Méditerranée sont abondamment colonisés par artemia.
CARACTERISTIQUES ETONNANTES
Adaptation extraordinaire à des amplitudes extrêmes de salinité (de 0 à 300 g/l).
Résistance à des variations importantes de température (de 0 à + 30° C).
Sexualité débridée : il existe des souches sexuées et des variétés parthénogénétiques
dominantes en méditerranée française.
Reproduction par ovoviviparité (expulsion à partir d’un sac ovigère) ou par oviparité (ponte
de cystes ou œufs de durée). L’oviparité est un mode de reproduction plus rare, lié à des
conditions d’environnement momentanément plus sévères (augmentation de salinité, absence
d’oxygène).
Taille adulte atteinte en deux semaines environ, dans des conditions optimales. La longueur a
été multipliée par 20 et la biomasse par 500!!
Taux de fécondité très élevé : de 100 à 1500 nauplii par ponte.
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Mém. Inst. Océano. P. Ricard 2004, pp : 41-45
Artemia salinas
Crustacé filtreur, non sélectif, qui accepte des nourritures les plus variées : algues, son de riz,
levures….
LE FONCTIONNEMENT D’UN MARAIS SALANT
La production de sel de mer ou saliculture est une activité agricole. Au début du printemps, le
salin est mis en eau après pompage de l’eau de mer.
Sous la conduite des sauniers, l’eau est exposée aux effets du soleil et du vent et circule au fur
et à mesure sur 87 bassins (ou partènements) de faible profondeur. Au cours de ce processus,
les 9/10ème du volume de l’eau pompée à la mer s’évaporent progressivement, jusqu’à
produire un « gâteau de sel » d’environ 10 cm d’épaisseur. La récolte de sel se déroule en
septembre.
Sur les marais salants méditerranéens, se produit un véritable « bloom » en période estivale à
une salinité optimale comprise entre 100 et 150 g/l.
Cette prolifération est due à la présence en quantité abondante d’un phytoplancton, Dunaliella
salina, principale nourriture d’Artemia salina, et responsable de la couleur rose des
cristallisoirs des marais salants méditerranéens. Cette micro algue est en effet très riche en
pigment caroténoïde.
L’EXPLOITATION DES HABITATS NATURELS
L’accroissement de la biomasse dépend étroitement de:
- la température,
- la salinité,
- la teneur en oxygène des eaux,
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Journées Biologiques du Parc Phœnix – Nice, 1 et 2 avril 2004
Mém. Inst. Océano. P. Ricard 2004, pp : 41-45
- la présence ou non de prédateurs (exemple Cyprinodon variegatus ou Atherina
boyerii)
Sur de grandes exploitations salinières de la taille du salin d’Aigues-Mortes, il n’est pas
possible de gérer la production d’artemia car les améliorations souhaitées ne sont pas toujours
compatibles avec la fabrication de sel. (gestion du mouvement des eaux, fertilisation…)
LA RECOLTE
Du fait de la présence toute l’année de l’artemia sur les marais salants , la récolte est quasi
quotidienne. La recherche de peuplement d’artemia, l’hiver, est plus délicate.
La période optimale de la cueillette se situe de la fin du mois de juin jusqu’à la mi-août.
On distingue deux façons de récolter les artemia :
- par création d’un courant d’eau à l’aide d’une pompe qui attire ces crustacés vers un
filet dont le vide de maille ( ~ 500 microns) est calculé pour retenir les adultes et laisser
échapper les nauplii,
- par la pose de filets de grande capacité, au fil de l’eau, dans des canaux où la
probabilité de pêche d’une quantité importante d’artemia est forte.
Dans les deux cas, ces méthodes de pêche se veulent non traumatisantes pour l’artemia.
LA TRANSFORMATION
Une fois récoltés, les artemia sont acheminés rapidement vers l’atelier de transformation et
de conditionnement. Les artemia vont alors subir un traitement différent selon leur destination
finale, en vivant, ou en congelé.
LA VALORISATION EN VIVANT
Au moment de la cueillette les artemia sont transportés avec beaucoup de précaution dans
des conteneurs renfermant suffisamment d’eau pour éviter leur asphyxie.
Les artemia sont ensuite stockés dans des bacs contenant de l’eau de mer reconstituée avec
THALASEA® et oxygénée par bullage.
Après leur «ré acclimatation » dont la durée est variable selon la demande, les artemia sont
collectés pour être ensuite conditionnés automatiquement en mini doses plastiques contenant
chacune 33 g de biomasse, dans de l’eau de mer reconstituée avec THALASEA®, et
oxygénées.
Les doses sont regroupées dans des caisses isothermes, étanches, pour éviter les écarts de
température et prévenir les chocs.
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Journées Biologiques du Parc Phœnix – Nice, 1 et 2 avril 2004
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Les artemia vivants sont expédiés via un transport rapide qui peut garantir la livraison chez le
client en moins de 24 h.
LA VALORISATION EN CONGELE
Une fois la biomasse récoltée, elle est transportée dans des conteneurs de 20 l, après avoir été
légèrement essorée.
Puis, la biomasse est lavée à l’eau douce pour être congelée plus aisément et débarrassée des
éléments indésirables, tels que algues, poissons, etc…
Les artemia ainsi préparés sont conditionnés en sachet 1 kg ou en blister de 100 g (10
alvéoles de 10 g).
Dés la fin du conditionnement, les artemia sont cryogénisés très rapidement (- 50° C en 30
mn) sous atmosphère carbonique, permettant de maintenir toutes leurs qualités nutritives.
A l’issue de cette opération, les artemia sont entreposés dans des chambres froides où la
température est maintenue à - 30° C en permanence.
Comme en matière d’alimentation humaine, la continuité de la chaîne du froid, chez le
producteur, du producteur au «consommateur», est une garantie de la qualité du produit.
LES CYSTES
En période dite défavorable (écarts brusques de salinité, et/ou de température, et/ou absence
d’oxygène), les artemia ont la faculté de pondre des œufs de durée ou cystes. L’embryon se
trouve ainsi protégé par une coquille très dure. L’artemia pourra de nouveau éclore, après de
longs mois ou années (phase de diapause), lorsque les conditions du milieu redeviendront
propices.
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Journées Biologiques du Parc Phœnix – Nice, 1 et 2 avril 2004
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L'ALIMENTATION DES REPTILES
Yves FIRMIN
Clinique Vétérinaire Ric et Rac, 1266, avenue du Campon, 06110 Le CANNETt
INTRODUCTION
On connaît actuellement, 2500 espèces de sauriens, le même nombre d'ophidiens, 210 espèces
de chéloniens et 25 de crocodiliens. Malheureusement, le monde des reptiles n'offre pas d'unité
alimentaire : les ophidiens (serpents) sont des carnivores, les chéloniens (tortues) sont parfois
végétariens (herbivores, frugivores), parfois carnivores, parfois les deux... Les sauriens (lézards),
sont tantôt carnivores, tantôt végétariens et parfois omnivores. La monophagie est exceptionnelle
chez les reptiles.
Cette diversité implique l'obligation de se pour déterminer les régimes alimentaires des espèces
détenues en captivité.
A - GENERALITES
1 - Besoins quantitatifs
Ils varient proportionnellement avec la température, avec l'âge des individus, avec leur activité et
avec leur sexe. La prise alimentaire est supérieure aux températures optimales hautes, qu'aux
températures basses.
Les jeunes individus absorbent proportionnellement plus de nourriture que les adultes ainsi un
crocodile nouveau-né absorbe 5 à 10 % de son poids chaque semaine, puis 25 à 30 %, les adultes
n'absorbent que 10 % par semaine. A titre de comparaison, un perroquet avale 10 à 15 % de son
poids chaque jour. Chez les tortues adultes, la ration se situe aux environs de 5 % du poids des
tortues.
Un crocodile de 1,5 m consomme 2 kg de nourriture par semaine, un serpent de 1,5 m, avale 2 à
3 souris par semaine, à 2 m, 3 rats par semaine et à 3 m, un lapin chaque semaine. Un caméléon,
Chameleo pardalis, peut absorber 6 criquets de 3 cm chaque jour. Dans la pratique on pourra
souvent laisser un reptile se nourrir à volonté.
La quantité d'aliments, fourni à chaque repas, doit être suffisante pour éviter les compétitions
alimentaires entre les jeunes reptiles et parfois les adultes.
2 - Besoins qualitatifs
Les besoins en nutriments, protéines, lipides, glucides, vitamines et oligo-éléments ne sont
souvent atteints qu'à la faveur d'une diversification des aliments, qui minimise les avitaminoses,
mais, parfois on assiste à une grande spécialisation de l'alimentation. Certains reptiles
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n'acceptent que des campagnols ou des gerbilles et détestent les souris. L'odeur, le mouvement
de la proie, sa couleur et sa température corporelle, influencent l'appétit des reptiles. Certains
animaux, comme la Cistude d'Europe, Emis orbicularis, préfèrent s'alimenter dans l'eau.
Certains aliments, déséquilibrés, favorisent des pathologies particulières, surtout chez les
chéloniens et les sauriens. Du fait de la consommation de proies entières, les serpents présentent
peu de carences. Les besoins en vitamines des reptiles sont mal connus, mais les vitamines A,
D3 et C, semblent les vitamines les plus utiles. Elles peuvent être partiellement apportées par un
ajout d'huile de foie de morue (Vitamines A et D), par du jaune d'œuf (A, B, D, E, K) ou par un
hydrosol poly vitaminé, "Roche", mais qui, malheureusement ne contient que de la vitamine D2.
L'hydrosol poly vitaminé "Bon" contient de la vitamine D3. Aux serpents et aux varans on leur
donnera 1 à 2 gouttes de cet hydrosol, tous les 15 jours, sur la fourrure d'un rongeur. Pour les
lézards on trempera des vers de farine dans la solution. Il sera important d'ajouter du calcium aux
aliments des lézards. Les flocons Gerblé apportent les Vitamines A, B1, B2, B3, B6, C, D, E, P,
du calcium, potassium, sodium, phosphore, soufre et fer. Cet aliment pur peut être donné à
volonté aux iguanes et mélangé aux aliments aux reptiles omnivores. L'aspect et la couleur des
aliments ont parfois une grande importance, ainsi un aspect pâteux ne plait pas aux crocodiles
qui exigent une nourriture solide, une couleur jaune plait beaucoup aux tortues terrestres. Le
coût des aliments est un facteur important surtout dans les grands élevages de crocodiles, mais
pour un simple amateur, la possession d'un gros serpent peut être une source de grandes
dépenses. Parfois il sera logique d'entreprendre des élevages et des cultures annexes afin de
pourvoir aux plus grandes exigences des reptiles. La salubrité des aliments végétaux ou carnés
doit être constamment respectée.
3 - Fréquence des repas
Plusieurs types de lézards et les tortues terrestres en activité, mangent tous les jours, les
crocodiles et les téjus, une à deux fois par semaine et les serpents toutes les une à quatre
semaines et parfois tous les trois mois chez certains gros serpents. Les tortues palustres,
carnivores, manquant d'activité, peuvent simplement manger deux fois par semaine. Les jeunes
reptiles sont plus voraces que les adultes et peuvent recevoir de la nourriture, une à deux fois par
jour.
Un jeûne d’un jour par semaine ne pose pas de problèmes pour les espèces se nourrissant
quotidiennement.
4 - Heure des repas
Les tortues et les lézards ont tous une activité diurne et ils se nourrissent le jour. Les serpents ont
pour certaines espèces une activité diurne, d'autres, comme le Python royal, (Python regius), une
activité nocturne. L'examen de la fente pupillaire donne quelques indications sur l'adaptation
nocturne des reptiles, mais les crocodiles s'alimentent bien le jour comme la nuit.
5 - Besoins hydriques
Les besoins varient énormément en fonction de l'état d’hydratation des proies et des biotopes
d'origine des reptiles. La dessiccation importante des selles permet au reptile, une récupération
maximale de l'eau. Les serpents éliminent leurs déchets urinaires à 98 % sous la forme d'acide
urique. Les crocodiles éliminent les déchets à 20 % sous la forme d'urée, 10 % d'acide urique et
à 70 % sous la forme d'ammoniaque. Les animaux des déserts ont développé des mécanismes
très efficaces de récupération de l'eau.
Certains reptiles, comme des crocodiles, possèdent des "glandes à sel" qui leur permettent
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d'éliminer des liquides hyper-concentrés en sels minéraux, pauvres en eau. II faut noter que de
nombreux reptiles sont incapables de boire dans des récipients, ils s'abreuvent en avalant des
gouttes de rosée obtenues en cage, par la pulvérisation d'eau sur les branchages, et que les tortues
doivent immerger leur tête pour boire. Dans tous les cas, il est nécessaire de n'utiliser que de
l'eau propre pour l'abreuvement des reptiles, une eau minérale est souvent plus saine que l'eau du
robinet. Pour les tortues, l'abreuvement en eau de ville est possible, car, à la différence des
poissons, elles ne semblent pas trop sensibles au chlore.
6 - Rapport Phosphocalcique
Pour la minéralisation de leur squelette, les reptiles ont des exigences très précises en calcium et
en phosphore, pour entretenir une calcémie variant de 100 à 220 mg/L et une phosphorémie de
23 à 115 mg/L. Un gecko a besoin, dans ses aliments, d'un rapport phosphocalcique de 1,25,
d'autres, un rapport de 2.
Le bilan est toujours en faveur d'une prédominance du calcium. Dans la nature les proies ont un
rapport Ca/P variant entre 1/1 et 1/2, mais les larves de Tenebrio molitor ont un rapport de 1/44.
Le rapport phosphocalcique peut varier en fonction de l'âge de la proie, par exemple, un
souriceau nouveau né a un rapport Calcium / Phosphore variant de 0,8 à 03; à 7 jours, il devient
1,10 et adulte, 1,37. En captivité, l'apport de viande sans os, d'oiseaux ou de poissons,
déséquilibre ce rapport. Afin de lutter contre cette déficience, on peut ajouter du carbonate ou du
lactate de calcium (Calcium Sandoz = Glucolactate de Calcium) dans la nourriture et de la
vitamine D3, afin de tendre à un rapport de 1,5. Une farine d'os est constituée de 32 % de
calcium et 13 % de phosphore. Par exemple, la spécialité vétérinaire Sofcanis © possède un
rapport Ca/P égal à 2, ce qui en fait un médicament très utile pour corriger les excès de
phosphore des régimes de certains reptiles. Dans l'eau de boisson, par litre d'eau, on ajoute une
cuillère à thé de lactate de calcium et 10 unités de Vitamine D3.
7 - Élevages annexes
Alimenter régulièrement un reptile contraint souvent à envisager l'achat ou l'élevage de diverses
espèces : invertébrés (vers de farine), insectes (grillons, criquets), oiseaux (poussins),
mammifères (souris, cobayes, lapins). Pour les amateurs disposant de place et de temps,
l'élevage des animaux devant servir à l'alimentation des reptiles, est une occupation très prenante
et devant exiger des connaissances précises à la fois des besoins alimentaires hebdomadaires des
reptiles et des possibilités de reproduction de l'élevage. Quelques semis pourront également
fournir de jeunes pousses de végétaux aux reptiles végétariens, à la condition de savoir organiser
la surface des semis et la périodicité de ces derniers.
B – ALIMENTATIONS SPECIFIQUES
1 - Alimentation des ophidiens
Les serpents sont tous carnivores, avec parfois une grande spécialisation, comme le Dasipeltis
scabra qui se nourrit d'œufs ou le Cobra royal, Ophiophagus hannah, qui se nourrit d'autres
serpents. Quelques rares serpents adultes comme la vipère d'Orsini, Vipera ursinii, et certains
jeunes serpents, recherchent parfois des invertébrés. Suivant les espèces, les proies sont
constituées de vers de terre, Tenebrio molitor, (chez les Thamnophis sp.), de batraciens
(couleuvres), de poissons (pour certains serpents marins), de reptiles, d'oiseaux et surtout de
mammifères, de préférence des rongeurs non gras. Les serpents avalent leurs proies entièrement,
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en commençant le plus souvent par la tête. Cette prise globale, avec muscles, abats, peau et os,
évite les carences. Les serpents venimeux préparent la digestion de leur proie par l'envenimation,
car les venins contiennent de nombreuses enzymes protéolytiques, qui activent par trois la
vitesse de la digestion.
En captivité, on peut parfois proposer de la viande morte et même des saucisses réchauffées au
four à micro-ondes ! Afin de stimuler l'appétit, les saucisses seront agitées devant le serpent. On
peut également les frotter sur la peau de souris afin d'y déposer des particules odorantes ! Il ne
faudra pas mettre plusieurs serpents en présence d'une même proie car un des deux serpents
pourrait, en tentant d'avaler la proie, avaler le congénère déjà occupé à engloutir la même proie.
Afin d'éviter des blessures par morsures, il est conseillé de toujours laisser de la nourriture pour
les rongeurs mis en présence de reptiles. Une bonne digestion nécessite une température
ambiante chaude et une certaine tranquillité durant les deux premiers jours. En injectant
certaines substances aux rongeurs, il sera possible de traiter ou de supplémenter les serpents par
certaines substances efficaces par voie digestive.
2 – Alimentation des sauriens et des crocodiliens
Les grandes espèces comme le Dragon de Komodo, Varanus komodoensis, ou les grands varans
ont une alimentation proche de celle des crocodiles et sont capables d'avaler de grosses proies :
antilopes, porcs... comme des petites proies, poissons, crabes, grenouilles. Le Varan malais,
Varanus salvator, (qui peut atteindre 2,5 m de longueur) plonge pour attraper des poissons, des
batraciens, des tortues et des oiseaux. Le Varan d'Australie, Varanus varius, mange des œufs d
oiseaux, le Varan du Nil, Varanus niloticus, en liberté mange des batraciens et des œufs de
crocodiles, des mammifères et des oiseaux ; en captivité, des souris, des poussins et des
poissons. Le Varan du désert, Varanus griseus, consomme des insectes, des lézards, des serpents
et des gerbilles. La structure de la bouche des varans est proche de celle des, serpents. Elle peut
être dilatée de façon importante pour laisser passer de grandes proies. Le Monstre de Gila,
Heloderma suspectum, un des lézards venimeux, est carnivore, il mange des jeunes oiseaux
attrapés au nid, des œufs et des jeunes mammifères.
Dans la nature les crocodiles mangent des poissons, des mollusques, des batraciens, des
crustacés, des mammifères et des oiseaux. Le régime alimentaire des jeunes est constitué à 70 %
d'insectes, ils ne sont jamais végétariens. En captivité, ils peuvent être nourris avec des volailles
(éventuellement congelées), de la viande de bœuf, des poissons, le tout additionné de farines
animales et d'un complexe vitaminé. Le Gavial, Gavialis gangeticus, lui, ne mange que des
poissons.
Les jeunes iguanes, sont principalement végétariens, mais ils peuvent ingérer des insectes, des
limaces et des vers. Les adultes, sont végétariens, mais peuvent parfois avaler des insectes, des
souris, du poisson et de la viande. L`Uromastix ou "Fouette queue" du Sahara, Uromastix
acanthinurus et l'Iguane vert, Iguana iguana, peuvent être nourris en captivité avec des salades
(laitue, scarole, mâche, cresson, plantain, pissenlit), des fruits bien mûrs en lamelles (banane,
poire, melon, mandarine, tomate, chou, raisin sec ou frais, datte, figue), des carottes râpées, des
fleurs de trèfle, de pommier, de pissenlit, de rose ...Ils peuvent également manger des œufs durs,
du pain d'épices et du lait, des carottes râpées mélangées à du riz, des flocons "Gerblé", des
pousses de cactus ...
Lors d'alimentation forcée, un œuf battu mélangé à du lait sucré peut être administré aux iguanes
et, aux Uromastix, du jus de carotte additionné d'œuf battu supplémenté en vitamines. II sera
toujours très important de laver très soigneusement les légumes avec de l'eau propre. Le grand
Téju, Tupinambis teguixa, avale des rongeurs, des batraciens, des vers, des insectes, en liberté et,
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en captivité, de la viande et des œufs (viande crue coupée en dés arrosée d'œufs crus battus
additionnée de temps en temps d'un médicament riche en calcium et en vitamines), escargots,
mollusques, insectes et parfois des fruits. Les gros scincidés ont un régime mixte, végétarien et
insectivore (parfois omnivore). Les petits scinques, avalent des invertébrés, vers, limaces ... Le
Moloch, Moloch horridus, un agame épineux, mange des fourmis. Dans son pays d'origine le
Basilic, Dracaena guianensis, se nourrit surtout d'escargots aquatiques. En captivité, ils
préfèrent les petits escargots jaunes des haies, plutôt que les escargots de Bourgogne. Ils refusent
les limaces mais acceptent parfois de la viande de bœuf et des fruits comme les bananes. Les
petites espèces sont en général nourries avec des invertébrés : larves de Tenebrio molitor,
asticots, vers de terre, sauterelles, mouches, papillons, grillons, araignées... Certaines espèces
comme l'Anolis sont principalement insectivores. Les lézards ocellés, Lacerta lepida, se
nourrissent d'oisillons de petits rongeurs et de petits serpents. Les petits lézards sont insectivores.
Tous les caméléons sont insectivores. Les caméléons doivent souvent être gavés avec des proies
petites, l'été avec des vers de farine, des petits insectes (mouches, grillons, sauterelles), en fait
tous les animaux vivants dont la taille n'excède pas 6 centimètres. L'hiver, on offrira des vers de
terre et des asticots. Les jeunes sont nourris avec des drosophiles obtenues directement en
abandonnant dans la cage des fruits bien mûrs de banane, mangues, pommes... Le Tuatera ou
Sphénodon, Sphenodon punctatus, mange des insectes (coléoptères, sauterelles aptères) et des
œufs de pétrels.
3 - Alimentation des chéloniens
Tortues terrestres
Elles sont principalement herbivores et parfois omnivores comme la Tortue d'Horsfield. En
captivité, on leur offrira une alimentation variée, composée principalement de choux découpés,
de laitues, carottes râpées, pommes en tranches, groseilles, fraises, tomates, pain brun et céréales
arrosées de lait. On pourra y ajouter, du trèfle, de l'herbe, du pissenlit, du plantain, de la viande
maigre hachée et même de la nourriture pour chien ou pour chat. La Tortue rayonnée de
Madagascar, Testudo radiata, serait friande de miel. Un calcium vitaminé, Sofcanis ®, ou des
spécialités associant le calcium, Calcium tortue ® et Vita Tortue ® des laboratoires Océ-Viguié
seront les bienvenus sur les aliments proposés à toutes les tortues.
Tortues aquatiques
Les tortues aquatiques sont principalement carnivores, mais elles doivent cependant recevoir une
alimentation riche et variée. Dans la nature les protéines indispensables aux tortues sont
apportées par divers invertébrés, insectes, larves d'insectes, vers de terre, crustacés, mollusques,
par des petits poissons, des têtards, des écrevisses et par des plantes aquatiques... En captivité, il
sera judicieux de fournir des aliments qui pourront flotter à la surface de l'eau, permettant un
enlèvement plus aisé des aliments non consommés. On pourra offrir des poissons d'eau douce
morts, des souriceaux dépecés, des morceaux de seiche, du calmar, un peu de cœur haché et de
la viande maigre de bœuf. La sédentarité et une alimentation trop riche en graisse, favorisent
souvent l'apparition d'une certaine obésité et parfois d'une stéatose hépatique. Il sera donc
souhaitable d'éviter les viandes grasses (jambon), sauf dans le dernier mois précédant l'entrée en
hibernation, lorsque les animaux ont besoin de stocker des réserves sous forme de lipides.
Certains aliments pour chiots et chatons, conviennent parfaitement à l'alimentation de ces
tortues, en évitant toutefois une prise constante. On ne leur offrira ce régime, qu une à deux fois
par semaine. Les tortues d’eau sont également friandes de verdure, plantes aquatiques, salades,
de fruits mûrs déposés dans l’eau (pomme) et pulpe de fruits. Toutes les plantes à feuilles et tous
les fruits sont acceptés. Les Trionyx ou tortues molles, mangent des insectes et des écrevisses.
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Des aliments spécialisés sont vendus dans le commerce pour les tortues juvéniles et les adultes :
Tetra Reptomin de Tétra, Herpt-Diet de Hill's aux Etats-Unis... Un apport de calcium bihebdomadaire (gluconate de calcium) et de vitamines, compenseront les déséquilibres et les
insuffisances de l'insolation solaire (U.V.).
Les tortues marines adultes sont en principe herbivores, mais les Tortues vertes, Chelonia
mydas, peuvent parfois manger des poissons en captivité. La Tortue Luth s'alimente
principalement de méduses.
Un apport de calcium bi-hebdomadaire (gluconate de calcium) et de vitamines, compenseront
les déséquilibres et les insuffisances de l'insolation solaire. La synthèse de la vitamine A dans les
tissus, nécessite une certaine insolation, riche en rayonnements Ultra-violets (U.V.).
Afin de lutter contre cette déficience, on peut ajouter aux aliments, de la poudre de coquille
d'œuf, du carbonate ou du lactate de calcium dans la nourriture et de la Vitamine D3, afin de
tendre à un rapport de 1,5. Dans l'eau de boisson, par litre d'eau, on ajoute une cuillère à thé de
lactate de calcium et 10 unités de Vitamine D3, pouvant être fournies par un Hydrosol poly
vitaminé pour oiseaux, pour carnivores (Ornivita ©), contenant cette vitamine, ou des spécialités
spécifiques, Vita Tortue © d'Océ.
Alimenter régulièrement une tortue, en captivité, contraint à se procurer ou à élever des insectes
(vers de farine, grillons, criquets), à faire germer des graines (blé), à cultiver, récolter ou acheter
des plantes (plantain, trèfle, pissenlit), des légumes (carottes, salades) et des fruits (fraises,
bananes, cerises...).
CONCLUSION
Avec toutes leurs spécificités, les reptiles ne sont pas des animaux faciles à nourrir. La
méconnaissance des règles élémentaires de nutrition favorise une grande part de la pathologie
des reptiles.
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Mém. Inst. Océano. P. Ricard 2004, pp : 41-45
Les cystes sont récoltés dans des zones d’accumulation, également à l’aide de filets à maille
très fine. Les principaux sites de production sont les lacs salés (Great Salt Lake aux U.S.A.,
par exemple).
Après le ramassage des cystes, une série d’opérations doit être exécutée afin de garantir par la
suite leur meilleur taux d’éclosion.
Les cystes récoltés doivent être maintenus déshydratés dans une saumure saturée.
Les cystes sont lavés une première fois avec de l’eau saturée, afin d’éliminer les débris
accompagnant les œufs.
Ils sont lavés une deuxième fois dans de l’eau douce (5 à 10 minutes), afin d’éliminer le sel et
les coquilles vides.
Ils sont séchés pour descendre leur taux d’humidité à une valeur inférieure à 10 %.
Ils sont enfin conditionnés dans des boîtes serties sous atmosphère azotée.
En élevage, les nauplii d’artemia issus des cystes restent une source indispensable de
nourriture pour les alevins et juvéniles de poissons.
Il devient de plus en plus difficile à un éleveur de se procurer des œufs d’artemia car la
demande est forte (3000 t/an), l’offre irrégulière (2500 t/an) et leur qualité encore trop
variable.
Les deux critères d’appréciation de la qualité des cystes sont:
Le taux d’éclosion (230 000 nauplii/g)
La vitesse d’éclosion
Les principaux pays producteurs de cystes sont :
l’Amérique du Nord (Le Grand Lac Salé)
la Chine
la Russie
le Vietnam
UNE EXIGENCE DE QUALITE
En vivant, la durée de «vie» des artemia est un critère essentiel.
En congelé, la rupture de la chaîne du froid altère le produit.
Pour les cystes, un taux d’éclosion supérieur à 90%, atteint au bout de 24 h, sera recherché.
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REGIMES ALIMENTAIRES CHEZ LES ECHINODERMES
Pierre ESCOUBET
Parc Phœnix, 405, Promenade des Anglais, 06200 NICE.
INTRODUCTION
Les Echinodermes constituent un des groupes les plus intéressant du monde animal. Ils sont à
la base des connaissances sur le développement embryonnaire. Par contre, il reste encore
beaucoup à apprendre sur eux. Une bonne information sur l’alimentation des ces animaux fait
partie de ces lacunes.
GENERALITES
Ces animaux sont presque tous exclusivement marins (L’Holothurie, Protankyra similis, est
une des rares espèces connues d’Echinodermes d’eau saumâtre. Elle vit dans la boue des
mangroves des Philippines), et ont tous une organisation à peu près similaire.
Ils sont formés sur un modèle de symétrie rayonnée d'ordre 5. Une même partie du corps est
répétée 5 fois.
Ils possèdent un test (squelette) externe formé de nombreuses plaques articulées ou non entre
elles. La surface extérieure peut être garnie de piquants.
Ils possèdent un système unique dans le règne animal : le système aquifère.
Les sexes sont séparés, sans caractères secondaires extérieurs permettant de les différencier.
On pense que l'Echinoderme initial, a fait son apparition, il y a 900 millions d'années.
Les formes actuelles ont pris naissance il y a environ 35 à 32 millions d'années.
Les Echinodermes actuels sont composés de 6500 espèces réparties en cinq classes :
Classe
Espèce
Holothurides
Echinides
Astérides
Ophiurides
Crinoïdes
Holothurie
Oursin
Etoile de mer
Ophiure
Comatule
Nombre d’espèces
total
1100
900
1800
2000
700
Nombre d’espèces
en Méditerranée
36
22
35
21
2
Les Holothuries.
Animaux de forme cylindrique, vermiforme, ordinairement, ils sont mous et
contractiles. Ils se dirigent la gueule en avant.
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Les Echinides.
La forme générale est voisine de celle d’une sphère ou d’un disque aplati arrondi ou
ovale. Le corps est recouvert de piquants et ils n’ont pas de bras.
Les Astérides.
Elles sont de forme très variable, tantôt pentagonales parfois même globuleuses, tantôt
elles sont étoilées avec une partie centrale se prolongeant en bras plus ou moins longs. Les
bras sont creux et renferment une partie des organes reproducteurs et digestifs. La bouche est
sur la face qui repose sur le sol.
Les Ophiurides.
L’ophiure présente un petit corps central de forme étoilé d’où partent cinq longs bras
épineux. Les bras sont pleins et distincts du disque qui contient tous les organes.
Les Crinoïdes.
Le corps a la forme d’une coupe. L’animal se fixe ou marche avec la face orale en
haut.
Le long des côtes françaises, on compte 106 espèces d’Echinodermes. Seul un nombre
restreint d’Echinodermes est présenté au public.
En effet, la plupart ont un mode de vie incompatible à une bonne présentation :
Les Echinides réguliers sont fouisseurs et vivent dans des terriers.
Les Ophiures quand elles ne sont pas cachées sous les rochers ne laissent dépasser que
le bout de trois ou quatre bras.
Mais dans chaque famille d'Echinodermes, nous pouvons trouver une ou plusieurs espèces à
mettre en valeur en aquarium et à suivre et étudier un ou plusieurs aspects de leur biologie et
principalement à leur nourriture et leur mode d’alimentation.
Les premiers Echinodermes, accrochés ou fixés, avaient nécessairement un mode de nutrition
microphagique. Les formes libres, se déplaçant sur le sol, devinrent macrophages, à part de
rares exceptions. Elles avalent du sable, rongent des algues et même attaquent des proies peu
mobiles comme des mollusques.
Les formes larvaires planctoniques qui peuvent s’alimenter, ont des régimes alimentaires
différents de la forme adulte. La taille des particules peut atteindre jusqu’à 80 µm de
diamètre. Les particules de petites tailles, environ 1µm, sont broutées avec moins d’efficacité
que les algues unicellulaires de plus grande taille. Généralement, les larves consomment des
algues unicellulaires et des diatomées. Du reste, on peut réaliser des élevages d’Echinodermes
avec simplement une souche de Dunaliella primolecta Butcher. Les bactéries doivent, elles
aussi, constituer un apport alimentaire non négligeable.
LES HOLOTHURIES
A l’extrémité antérieure, quelque peu aplatie, se trouve la membrane buccale au centre de
laquelle se situe la bouche, entourée de nombreux tentacules ou podia péribuccaux. Ceux-ci
sont tantôt plumeux ou dendriformes (Dendrochirotes, Synaptes, Moldapides), tantôt peltés,
tiges terminées par un disque (Aspidochirotes). On trouve également une collerette, lisse,
souple et invaginable avec les tentacules dans la cavité pharyngienne.
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Le tube digestif décrit un tour de spire complet dans le sens des aiguilles d’une montre. Il est
attaché sur toute sa longueur par des brides à la paroi du corps.
Structurellement, il se compose d’un pharynx, d’un court œsophage, d’un estomac
musculeux, plus ou moins long, selon les groupes, séparé de l’intestin par une légère
constriction.
C’est dans les deux anses de l’estomac que se réalise la digestion et l’absorption. Le reste
constitue un long rectum rempli de grain de sable, qui aboutit à une poche cloacale.
La vitesse de transit du sable chez les Holothuries (Holothuria tubulosa ou Holothuria atra)
est de l’ordre de 7 heures environ, pour des animaux de 16 cm de longueur de corps et 65 cm
de longueur de tube digestif.
Dans la première partie du tube digestif, qui s’étend de la bouche au sphincter marqué par
l’inversion des couches musculaires de la paroi digestive, se situe la zone de stockage du
sable. La deuxième partie, qui est la zone digestive, correspond au segment digestif entouré
par le réseau admirable. C’est là que stagne le plus longtemps le sable. La dernière partie ou
zone d’assimilation, se compose de la presque totalité du deuxième tronçon descendant.
Le mode de nutrition est microphagique chez les Dendrochirotes et les Synaptes, mais par un
tout autre procédé que chez les Pelmatozoaires ; ce sont les podia buccaux largement étalés
qui collectent les particules flottantes ; de temps en temps, un tentacule s’infléchit, rentre dans
la bouche jusqu’à la racine et dépose sa récolte.
Chez Labidoplax digitata, on a noté la présence dans l’épithélium des tentacules de
nombreuses cellules glandulaires, sans doute collantes.
Elasipodes et Aspidochirotes sont des mangeurs de boue ou de sable, qu’ils engluent de
mucus et avalent en se déplaçant, aussi sont-ils plutôt habitant d’eau tranquille, tandis que les
Dendrochirotes sont surtout d’eau courante.
Holothuria tubulosa, H. poli, H. forskali et H. atra sont détritiphages. Elles s’alimentent de
débris contenus dans le sable. Chez Holothuria tubulosa, on trouve des récepteurs gustatifs
localisés au niveau des podia péribuccaux. Cette holothurie est capable de ne récolter que des
sédiments revêtus de matières organiques.
Les pelotes fécales des holothuries enrichissent le sédiment, la production bactérienne est
augmentée de 30 %. Cela rend le substrat plus attractif pour d’autres organismes.
En aquarium, les Holothuries peuvent être utilisées pour nettoyer et brasser le sable. Il est
nécessaire de les introduire dans un aquarium ayant reçu sa population il y a quelque temps,
afin que le sable soit enrichit de différents débris organiques.
LES ECHINIDES
Chez certains oursins, il existe un appareil masticateur. Il est traditionnellement appelé :
Lanterne d’Aristote. C’est un ensemble complexe de pièces calcaires et de muscles, entourant
l’œsophage. La partie active ou dents faisant saillie dans la bouche.
Il est constitué de 10 demi-pyramides, d’abord séparées, qui se soudent deux à deux pour
donner 5 pyramides. Elles sont reliées par des fibres musculaires et par des pièces calcaires :
les rotules et les compas. Les dents sont taillées en biseau à une extrémité. Elles sont à
croissance continue. Elles ont la possibilité de pouvoir s’écarter légèrement, de se rapprocher,
de proéminent pour mordre, gratter et broyer des objets résistants. Sur fond meuble, sans eau,
la lanterne peut servir d’organe locomoteur, lorsque les dents mordent le substrat, ce qui
permet à l’oursin de pouvoir effectuer quelques sauts.
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La bouche est au centre de la face orale, contre le sol. Le tube digestif ce prote vers la gauche
et décrit un tour presque complet, dans le sens contraire des aiguilles d’une montre. Ensuite, il
s’incurve vers le haut et repart en sens inverse vers le haut pour aboutir à l’anus aboral.
Chez les réguliers et les Spatangides, on note un allongement de l’intestin.
Les diverses parties de tube digestif sont reliées entre elles et au test par des brides
mésentériques plus ou moins robustes.
Chez les Spatangues, où les anses sont remplies de sable, elles sont très fortes.
L’intestin présente une annexe intéressante : le siphon. C’est un tube qui établit une
communication entre l’extrémité aborale de l’œsophage et une partie plus ou moins éloignée
de l’intestin. Il est le siège de contractions rythmiques, toutes les dix quinze secondes, l’onde
de contraction refoule devant elle l’eau du siphon, ce qui détermine un nouvel appel d’eau.
L’eau ainsi déplacée se déverse dans la courbure ou s’accumule les excréments, permettant la
concentration des diastases dans la partie active de l’intestin.
Si on place un oursin dans de l’eau colorée, au bout d’un certain temps, la couleur se retrouve
dans l’œsophage jusqu’au niveau de l’origine du siphon et enfin dans la seconde courbure. La
première courbure garde sa teinte normale.
Le siège principal de l’absorption de matériel organique dissous présent dans le milieu
extérieur pourrait être réalisé par les piquants des oursins, en raison de la structure très
poreuse et fenêstrée de leur structure.
Chez Paracentrotus lividus, la durée du transit du bol alimentaire est de 3 à 4 jours.
Les oursins littoraux sont généralement végétariens et rongent les algues des rochers ; des
espèces d’eau profonde trouvent même dans les abysses des végétaux arrachés des côtes.
C’est ainsi que des Prionechinus du Pacifique sont des mangeurs de bois, mais ils prennent
aussi une nourriture animale.
Diadema antillarum et D. setosum se nourrissent, le soir, d’algues présentes entre et sur les
coraux. Le broutage des algues s’accompagne souvent, quand la densité des oursins est trop
importante (< à 6/m²), d’une érosion des parties superficielles des coraux.
C. cidaris se nourrit surtout d'éponges et de gorgones. En aquarium, il s’attaque aussi aux
étoiles de mer (Hacelia attenuata).
Les oursins Strongylocentrotus droebachiensis et S. franciscanus sont des oursins herbivores.
Ils consomment de grande quantité de Kelp. Il en est de même pour Parechinus angulosus
Leske, dans la région du Cap.
Eucidaris thouarsii (Val.) est un oursin omnivore. On le trouve sur les récifs coralliens des
Galapagos, avec une densité de 10 à 50 individus par mètre carré. Si les oursins du genre
Eucidaris consomment des algues, des éponges et des phanérogames, Eucidaris thouarsii
broute intensément des coraux et principalement des coraux hermatipiques pocilloporides des
Iles Galapagos.
Echinus esculentus est aussi carnivore, on trouve dans son intestin des fragments de coquilles
de balanes, de tube de serpules.
Les Echinocyanus consomment des diatomées.
Les Spatangides se nourrissent sur la couche superficielle du fond des mers, riche en détritus
végétaux et en petits animaux, ils attirent les fragments avec leur podia péribuccaux, portant
sur le bout renflé des filaments à cellules glandulaires ; les particules collées sont portées sur
les piquants de la lèvre inférieure disposés sur plusieurs rangées ; ceux-ci avec l’aide des
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piquants de la lèvre supérieure dirigés en sens inverse les portent dans la bouche ; il n’y a pas
de manœuvre de pelletage de sable, comme on le croyait.
C’est ainsi qu’Echinocardium cordatum, spatangoïde fouisseur, vit dans un terrier relié à la
surface par un tube respiratoire. Il se nourrit de matériel de surface particulièrement riche en
matière organique. Ce matériel tombe dans le tube respiratoire, s’accumule dans la gouttière
ambulacraire puis est amené vers la bouche. L’alimentation est discontinue. En effet l’oursin
ne s’alimente pas lors de ses déplacements dans le sédiment.
L’intestin des oursins renferme constamment de nombreux infusoires, d’espèces spécialisées
que l’on ne rencontre pas à l’état libre (comparaison avec les infusoires de la panse des
ruminants).
En aquarium, les oursins irréguliers peuvent avoir une utilité dans le brassage du sable et son
oxygénation, tandis que les réguliers seront introduits dès que les premières poussées algales
auront eu lieux. Ils serviront de nettoyeurs de rochers et de limitateurs d’algues, mais ne
pourront pas faire grand chose contre les algues filamenteuses
LES ASTERIDES
La bouche est percée au centre d’une membrane horizontale. L’œsophage, large et court
débouche dans un vaste estomac plus ou moins lobé et plissé. Il est lui-même vaguement
divisé en deux parties par une constriction circulaire. La partie aborale émet 10 cæcums
brachiaux, s’étendant plus ou moins loin dans les bras et dont les parois sont extrêmement
plissées, sur le sommet, on note la présence de cæcums aboraux.. Un très court rectum
débouche au dehors par un très petit anus.
Les aliments solides restent dans l’estomac, les cæcums sont réservés à l’absorption. Les
parties non digérables sont expulsées par la bouche, parfois par l’anus.
Les astéries sont carnivores, s’accommodant de toutes sortes d’aliments, animaux morts ou
vivants qu’elles saisissent avec leur podia.
L’olfaction est très développée chez les Etoiles de mer. Cette sensibilité est localisée dans les
palpes ou podia tactiles situés à l’extrémité du bras. Une proie située à 0,50 m d’une Astérie
immobile, lui fait se dresser les palpes les plus proches en moins de 30 secondes et l’étoile se
met en mouvement vers la proie.
Il y a deux types d’ingestion : lorsque les Astéries ont trouvé une proie à leur convenance, un
bivalve par exemple, elles l’enserrent avec leur podia. Les muscles de la paroi du corps se
contractent, tout le liquide cavitaire est poussé entre la membrane péribuccale et l’œsophage,
et l’estomac se dévagine complètement. L’astérie parvient à faire bailler le bivalve, par
traction continue des podia (1350 g de pression exercée). L’estomac dévaginé s’introduit dans
l’intervalle, 1 à 2/10 de millimètre suffisent. Les sucs digestifs agissent alors directement sur
les tissus de la proie, les réduisant en une bouillie qui est absorbée sur place. Une Asterias de
taille moyenne ouvre une Venus en quinze-vingt minutes et l’absorbe en huit heures.
La coquille intacte est alors rejetée. Les muscles du corps se relâchent et l’estomac reprend sa
place normale.
Si la taille de la proie le permet, elle est entièrement engloutie par l’Astérie, le bivalve est
alors digéré directement dans l’estomac et l’étoile rejettera la coquille ultérieurement.
Coscinasterias tenuispina est, comme les autres Asteridés, carnivore.
Acanthaster planci aspire les sarcomes des madrépores, laissant le polypier à nu.
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Asterias rubens nettoie en quelques temps des plages couvertes de moules, et s’agrége
également sur les bancs de pétoncles (Chlamys islandica et C. opercularia), sur les clams
(Spisula elliptica) et les ascidies (Ciona intestinalis). Cette faculté d’agrégation est également
notée chez Asterias forbesi, A. vulgaris et Oreaster reticulatus qui passe de 2 individus pour
100 mètres carrés à 14.
Les Astropectens avalent les mollusques entiers, ce qui détermine une relation entre la taille
de la proie potentielle et sa vulnérabilité. C’est ainsi qu’Astropecten brasiliensis ne
consomme les moules (Mytilus platensis), que seulement durant plus de six mois de l’année,
tant que les moules ne sont que juvéniles (taille < à 20 mm). Le reste de l’année, elle
consomme diverses proies de tailles similaires (Pélécypodes, Crustacés etc…).
Tethyaster vestitus Say, est apparemment un prédateur d’Echinodermes. Astropecten riensis
est la proie la plus fréquemment représentée, avec 57,9 %, les oursins représentent 12,2 % et
les crinoïdes 27,6 %. Les ophiures ne représentent que 3,8 %, sauf pour les individus vivants
entre 35 et 40 m où elles représentent 40 % des proies. On note aussi la présence de
gastéropodes, de bivalves, de scaphopodes, de crustacés, de polychètes et de foraminifères
dans l’estomac de Tethyaster vestitus, mais, ces animaux proviennent des contenus stomacaux
des Astropecten.
Les Luidia sont à des degrés divers de redoutables prédatrices d’Echinodermes.
L. clathrata
L. barimae
L. senegalensis
ophiures
35,3 %
85,8 %
35,3 %
gastéropodes
24,4 %
bivalves
19,7 %
astéroïdes
6,6 %
49,1 %
12,5 %
En Atlantique, Luidia ciliaris, à taille adulte, consomme en moyenne 1 Asterias rubens de
petite et moyenne taille, tous les dix jours.
Solaster dawsoni est un super prédateur. Cette étoile met 5 jours pour digérer Mediaster
aequalis de 12 à 15 cm de diamètre et seulement 4 pour Crossaster papposus de même taille.
Elle s’attaque à une autre proie tous les 23-25 jours.
Asterias glacialis attaque les gros oursins en aquariums.
Les astérides (Luidia foliata, Solaster stimpsoni, S. endeca, S. dawsoni, Dermasterias
imbricat, Leptasterias hexactis et Pycnopodia helianthoides) peuvent également être de
redoutables prédatrices d’Holothuries, et principalement de Cucumaria lubrica, quand les
conditions le permettent.
Echinaster sepositus et Henricia sanguinolenta sont réputées pour leur consommation
d’éponges.
Il existe une exception, Oreaster reticulatus est un brouteur microphage sur substrat sableux
ou de phanérogames marines. Lors de ses rassemblements, on note des réductions du taux de
chlorophylle dans le sédiment, ainsi qu’une diminution des taux de matières organiques.
En aquarium, les étoiles de mer pourront récupérer les fragments de nourriture oubliés par les
poissons et les petits cadavres cachés derrière les rochers. Elles peuvent être une gêne pour les
coquillages et les oursins de petites tailles.
LES OPHIURIDES
Sur la face qui repose sur le sol, on aperçoit au centre la bouche, dans laquelle font saillie 5
pièces angulaires ; ce sont les mâchoires.
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Le tube digestif est très simple. Son orifice donne directement dans un vaste sac stomacal,
sans anus et attaché à la paroi du corps. Ce sac est très lobé et se moule sur les bourses et les
organes génitaux.
Les particules alimentaires sont amenées jusqu’à la bouche par les podions. Les dents de
l’ophiure aident au maintien, voire au déchiquetage de la proie, mais aucune réelle
mastication n’a jamais été observée. La nourriture est ensuite amenée au niveau des poches
inter radiales du sac digestif. En fin de digestion, le contenu stomacal est expulsé en sens
exactement inverse à l'ingestion.
Souvent, lors de l’introduction d’une ophiure dans un aquarium, on peut assister à l’expulsion
de son bol alimentaire, sous l’effet du stress causé par le changement de milieu.
Ces animaux peuvent être filtreurs, détritiphages, brouteurs, nécrophages ou carnivores.
Souvent une même espèce peut présenter deux ou trois de ces modes alimentaires, voire les
cinq, ce qui est le cas d’Ophiocoma nigra.
Les ophiures carnivores mangent des vers, des crustacés, des petits oursins et ou des
mollusques.
Asteronyx loveni ronge des pennatules.
Ophiura se porte rapidement sur les débris de poissons, l’enroule dans un bras et le porte à sa
bouche.
Ophioderma longicauda est principalement détritiphages. Il prélève les sédiments superficiels
et se nourrisse de la matière organique qui leur est associée.
Amphipholis, plus ou moins enterrée ratisse le sol avec ses extrémités brachiales et amène les
particules nutritives sous la surface.
Ophiothrix utilise les podia qui poussent les particules tout le long des bras et agissent en sens
inverse pour rejeter les excréments.
Les nombreuses ramifications de Gorgonocephalus forment un filet où sont capturé de
nombreux organismes planctoniques. Les hameçons des Euryales, notamment ceux disposés
sur les bras doivent lui servir à gratter les cnidaires qui les supportent et à en détacher des
fragments.
En aquarium, les ophiures collecteront les restes de proies non consommés par les poissons.
LES CRINOIDES
Il existe deux grands groupes de Crinoïdes, les Encrines, fixées et vivants à de très grandes
profondeurs et les Comatules, libres, vivantes en groupes et plus accessibles. Les Comatules
ont un corps de la taille d’un petit pois, le calice, d’où partent des appendices très développés,
d’aspect plumeux qui servent à la locomotion et à la capture de la nourriture.
La surface orale d’une Comatule porte en son centre la bouche, d’où partent 5 gouttières qui
se bifurquent bientôt, délimitant 10 secteurs. Sur ce disque, à coté de la bouche, on peut
apercevoir une volumineuse saillie conique, le tube anal, au sommet duquel s’ouvre l’anus.
Ce tube présente des contractions rythmiques qui permettent le rejet de l’eau de des
excréments.
Le fond de la rainure est occupé par des cellules qui portent de forts cils vibratiles. De chaque
côté, il y a une bordure de tentacules ambulacraires ou podia, disposés en triade.
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Ces podia sont très sensibles et se rabattent sur la rainure comme pour y transporter les
particules qui s’y sont déposés. Ils portent des papilles, qui par leur sécrétion, immobilisent de
petits animaux : Radiolaires, petits Crustacés, Diatomées, Péridiniens. Englués de mucus, ils
forment de larges amas qui cheminent vers la bouche et s’y engloutissent, poussées par les
mouvements des lèvres péribuccales.
La longueur totale des rainures varie suivant la dimension de l’animal et le nombre de
ramifications branchiales et peut atteindre 102 mètres.
De la bouche part un large œsophage, continué par un intestin très volumineux, bosselé et
plissé qui décrit un tour de spire complet dans le sens des aiguilles d’une montre. Revenu à
son point de départ, il se redresse verticalement pour constituer le rectum saillant au dehors.
Dans son premier tiers, l’intestin émet des lobes volumineux dans lesquels les aliments ne
rentrent pas.
Diplocrinus (Annacrinus) wyvillethomsoni, s’accroche par ses cirres distales sur les graviers,
tandis qu’elle forme une parabole avec ses bras, pour filtrer dans le courant, les particules
alimentaires. Elle prend la forme d’un palmier non taillé depuis quelques années.
Chez Florometra serratissima, les podiums s’élèvent par trois et chaque podium de ce triplet
à un comportement caractéristique lié à son rôle dans l’alimentation. Le podium primaire est
tendu. Il déclenche le mécanisme de capture des particules et sécrète des filaments muqueux.
Il a également un rôle sensoriel. Le podium secondaire a la forme d’une cuillère pour attraper
des particules et possède également des filaments muqueux. Le podium tertiaire a pour
fonction la manipulation des particules dans les sillons ambulacraires.
Quand le courant est très faible, les bras affectent une posture conique et s’ouvrent de façon à
former un éventail partiel quand le courant est moyen.
En aquarium, les Crinoïdes représentent les animaux les plus délicats à conserver, tant du
point de vue de la nourriture à distribuer en quantité et en qualité, que de leur fragilité face
aux nombreux agresseurs potentiels.
CONCLUSION
Actuellement, il est toujours difficile de pouvoir établir un régime spécifique et de pallier les
carences alimentaires probables chez de très nombreuses espèces.
L’apport d’observations réalisées dans le cadre d’une bonne acclimatation en aquarium, doit
nous permettre de faire progresser les études effectuées dans le milieu naturel, en apportant
les éléments complémentaires, à une meilleure connaissance.
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Journées Biologiques du Parc Phœnix – Nice, 1 et 2 avril 2004
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L'ALIMENTATION DES REPTILES
Yves FIRMIN
Clinique Vétérinaire Ric et Rac, 1266, avenue du Campon, 06110 Le CANNETt
INTRODUCTION
On connaît actuellement, 2500 espèces de sauriens, le même nombre d'ophidiens, 210 espèces
de chéloniens et 25 de crocodiliens. Malheureusement, le monde des reptiles n'offre pas d'unité
alimentaire : les ophidiens (serpents) sont des carnivores, les chéloniens (tortues) sont parfois
végétariens (herbivores, frugivores), parfois carnivores, parfois les deux... Les sauriens (lézards),
sont tantôt carnivores, tantôt végétariens et parfois omnivores. La monophagie est exceptionnelle
chez les reptiles.
Cette diversité implique l'obligation de se pour déterminer les régimes alimentaires des espèces
détenues en captivité.
A - GENERALITES
1 - Besoins quantitatifs
Ils varient proportionnellement avec la température, avec l'âge des individus, avec leur activité et
avec leur sexe. La prise alimentaire est supérieure aux températures optimales hautes, qu'aux
températures basses.
Les jeunes individus absorbent proportionnellement plus de nourriture que les adultes ainsi un
crocodile nouveau-né absorbe 5 à 10 % de son poids chaque semaine, puis 25 à 30 %, les adultes
n'absorbent que 10 % par semaine. A titre de comparaison, un perroquet avale 10 à 15 % de son
poids chaque jour. Chez les tortues adultes, la ration se situe aux environs de 5 % du poids des
tortues.
Un crocodile de 1,5 m consomme 2 kg de nourriture par semaine, un serpent de 1,5 m, avale 2 à
3 souris par semaine, à 2 m, 3 rats par semaine et à 3 m, un lapin chaque semaine. Un caméléon,
Chameleo pardalis, peut absorber 6 criquets de 3 cm chaque jour. Dans la pratique on pourra
souvent laisser un reptile se nourrir à volonté.
La quantité d'aliments, fourni à chaque repas, doit être suffisante pour éviter les compétitions
alimentaires entre les jeunes reptiles et parfois les adultes.
2 - Besoins qualitatifs
Les besoins en nutriments, protéines, lipides, glucides, vitamines et oligo-éléments ne sont
souvent atteints qu'à la faveur d'une diversification des aliments, qui minimise les avitaminoses,
mais, parfois on assiste à une grande spécialisation de l'alimentation. Certains reptiles
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n'acceptent que des campagnols ou des gerbilles et détestent les souris. L'odeur, le mouvement
de la proie, sa couleur et sa température corporelle, influencent l'appétit des reptiles. Certains
animaux, comme la Cistude d'Europe, Emis orbicularis, préfèrent s'alimenter dans l'eau.
Certains aliments, déséquilibrés, favorisent des pathologies particulières, surtout chez les
chéloniens et les sauriens. Du fait de la consommation de proies entières, les serpents présentent
peu de carences. Les besoins en vitamines des reptiles sont mal connus, mais les vitamines A,
D3 et C, semblent les vitamines les plus utiles. Elles peuvent être partiellement apportées par un
ajout d'huile de foie de morue (Vitamines A et D), par du jaune d'œuf (A, B, D, E, K) ou par un
hydrosol poly vitaminé, "Roche", mais qui, malheureusement ne contient que de la vitamine D2.
L'hydrosol poly vitaminé "Bon" contient de la vitamine D3. Aux serpents et aux varans on leur
donnera 1 à 2 gouttes de cet hydrosol, tous les 15 jours, sur la fourrure d'un rongeur. Pour les
lézards on trempera des vers de farine dans la solution. Il sera important d'ajouter du calcium aux
aliments des lézards. Les flocons Gerblé apportent les Vitamines A, B1, B2, B3, B6, C, D, E, P,
du calcium, potassium, sodium, phosphore, soufre et fer. Cet aliment pur peut être donné à
volonté aux iguanes et mélangé aux aliments aux reptiles omnivores. L'aspect et la couleur des
aliments ont parfois une grande importance, ainsi un aspect pâteux ne plait pas aux crocodiles
qui exigent une nourriture solide, une couleur jaune plait beaucoup aux tortues terrestres. Le
coût des aliments est un facteur important surtout dans les grands élevages de crocodiles, mais
pour un simple amateur, la possession d'un gros serpent peut être une source de grandes
dépenses. Parfois il sera logique d'entreprendre des élevages et des cultures annexes afin de
pourvoir aux plus grandes exigences des reptiles. La salubrité des aliments végétaux ou carnés
doit être constamment respectée.
3 - Fréquence des repas
Plusieurs types de lézards et les tortues terrestres en activité, mangent tous les jours, les
crocodiles et les téjus, une à deux fois par semaine et les serpents toutes les une à quatre
semaines et parfois tous les trois mois chez certains gros serpents. Les tortues palustres,
carnivores, manquant d'activité, peuvent simplement manger deux fois par semaine. Les jeunes
reptiles sont plus voraces que les adultes et peuvent recevoir de la nourriture, une à deux fois par
jour.
Un jeûne d’un jour par semaine ne pose pas de problèmes pour les espèces se nourrissant
quotidiennement.
4 - Heure des repas
Les tortues et les lézards ont tous une activité diurne et ils se nourrissent le jour. Les serpents ont
pour certaines espèces une activité diurne, d'autres, comme le Python royal, (Python regius), une
activité nocturne. L'examen de la fente pupillaire donne quelques indications sur l'adaptation
nocturne des reptiles, mais les crocodiles s'alimentent bien le jour comme la nuit.
5 - Besoins hydriques
Les besoins varient énormément en fonction de l'état d’hydratation des proies et des biotopes
d'origine des reptiles. La dessiccation importante des selles permet au reptile, une récupération
maximale de l'eau. Les serpents éliminent leurs déchets urinaires à 98 % sous la forme d'acide
urique. Les crocodiles éliminent les déchets à 20 % sous la forme d'urée, 10 % d'acide urique et
à 70 % sous la forme d'ammoniaque. Les animaux des déserts ont développé des mécanismes
très efficaces de récupération de l'eau.
Certains reptiles, comme des crocodiles, possèdent des "glandes à sel" qui leur permettent
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d'éliminer des liquides hyper-concentrés en sels minéraux, pauvres en eau. II faut noter que de
nombreux reptiles sont incapables de boire dans des récipients, ils s'abreuvent en avalant des
gouttes de rosée obtenues en cage, par la pulvérisation d'eau sur les branchages, et que les tortues
doivent immerger leur tête pour boire. Dans tous les cas, il est nécessaire de n'utiliser que de
l'eau propre pour l'abreuvement des reptiles, une eau minérale est souvent plus saine que l'eau du
robinet. Pour les tortues, l'abreuvement en eau de ville est possible, car, à la différence des
poissons, elles ne semblent pas trop sensibles au chlore.
6 - Rapport Phosphocalcique
Pour la minéralisation de leur squelette, les reptiles ont des exigences très précises en calcium et
en phosphore, pour entretenir une calcémie variant de 100 à 220 mg/L et une phosphorémie de
23 à 115 mg/L. Un gecko a besoin, dans ses aliments, d'un rapport phosphocalcique de 1,25,
d'autres, un rapport de 2.
Le bilan est toujours en faveur d'une prédominance du calcium. Dans la nature les proies ont un
rapport Ca/P variant entre 1/1 et 1/2, mais les larves de Tenebrio molitor ont un rapport de 1/44.
Le rapport phosphocalcique peut varier en fonction de l'âge de la proie, par exemple, un
souriceau nouveau né a un rapport Calcium / Phosphore variant de 0,8 à 03; à 7 jours, il devient
1,10 et adulte, 1,37. En captivité, l'apport de viande sans os, d'oiseaux ou de poissons,
déséquilibre ce rapport. Afin de lutter contre cette déficience, on peut ajouter du carbonate ou du
lactate de calcium (Calcium Sandoz = Glucolactate de Calcium) dans la nourriture et de la
vitamine D3, afin de tendre à un rapport de 1,5. Une farine d'os est constituée de 32 % de
calcium et 13 % de phosphore. Par exemple, la spécialité vétérinaire Sofcanis © possède un
rapport Ca/P égal à 2, ce qui en fait un médicament très utile pour corriger les excès de
phosphore des régimes de certains reptiles. Dans l'eau de boisson, par litre d'eau, on ajoute une
cuillère à thé de lactate de calcium et 10 unités de Vitamine D3.
7 - Élevages annexes
Alimenter régulièrement un reptile contraint souvent à envisager l'achat ou l'élevage de diverses
espèces : invertébrés (vers de farine), insectes (grillons, criquets), oiseaux (poussins),
mammifères (souris, cobayes, lapins). Pour les amateurs disposant de place et de temps,
l'élevage des animaux devant servir à l'alimentation des reptiles, est une occupation très prenante
et devant exiger des connaissances précises à la fois des besoins alimentaires hebdomadaires des
reptiles et des possibilités de reproduction de l'élevage. Quelques semis pourront également
fournir de jeunes pousses de végétaux aux reptiles végétariens, à la condition de savoir organiser
la surface des semis et la périodicité de ces derniers.
B – ALIMENTATIONS SPECIFIQUES
1 - Alimentation des ophidiens
Les serpents sont tous carnivores, avec parfois une grande spécialisation, comme le Dasipeltis
scabra qui se nourrit d'œufs ou le Cobra royal, Ophiophagus hannah, qui se nourrit d'autres
serpents. Quelques rares serpents adultes comme la vipère d'Orsini, Vipera ursinii, et certains
jeunes serpents, recherchent parfois des invertébrés. Suivant les espèces, les proies sont
constituées de vers de terre, Tenebrio molitor, (chez les Thamnophis sp.), de batraciens
(couleuvres), de poissons (pour certains serpents marins), de reptiles, d'oiseaux et surtout de
mammifères, de préférence des rongeurs non gras. Les serpents avalent leurs proies entièrement,
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en commençant le plus souvent par la tête. Cette prise globale, avec muscles, abats, peau et os,
évite les carences. Les serpents venimeux préparent la digestion de leur proie par l'envenimation,
car les venins contiennent de nombreuses enzymes protéolytiques, qui activent par trois la
vitesse de la digestion.
En captivité, on peut parfois proposer de la viande morte et même des saucisses réchauffées au
four à micro-ondes ! Afin de stimuler l'appétit, les saucisses seront agitées devant le serpent. On
peut également les frotter sur la peau de souris afin d'y déposer des particules odorantes ! Il ne
faudra pas mettre plusieurs serpents en présence d'une même proie car un des deux serpents
pourrait, en tentant d'avaler la proie, avaler le congénère déjà occupé à engloutir la même proie.
Afin d'éviter des blessures par morsures, il est conseillé de toujours laisser de la nourriture pour
les rongeurs mis en présence de reptiles. Une bonne digestion nécessite une température
ambiante chaude et une certaine tranquillité durant les deux premiers jours. En injectant
certaines substances aux rongeurs, il sera possible de traiter ou de supplémenter les serpents par
certaines substances efficaces par voie digestive.
2 – Alimentation des sauriens et des crocodiliens
Les grandes espèces comme le Dragon de Komodo, Varanus komodoensis, ou les grands varans
ont une alimentation proche de celle des crocodiles et sont capables d'avaler de grosses proies :
antilopes, porcs... comme des petites proies, poissons, crabes, grenouilles. Le Varan malais,
Varanus salvator, (qui peut atteindre 2,5 m de longueur) plonge pour attraper des poissons, des
batraciens, des tortues et des oiseaux. Le Varan d'Australie, Varanus varius, mange des œufs d
oiseaux, le Varan du Nil, Varanus niloticus, en liberté mange des batraciens et des œufs de
crocodiles, des mammifères et des oiseaux ; en captivité, des souris, des poussins et des
poissons. Le Varan du désert, Varanus griseus, consomme des insectes, des lézards, des serpents
et des gerbilles. La structure de la bouche des varans est proche de celle des, serpents. Elle peut
être dilatée de façon importante pour laisser passer de grandes proies. Le Monstre de Gila,
Heloderma suspectum, un des lézards venimeux, est carnivore, il mange des jeunes oiseaux
attrapés au nid, des œufs et des jeunes mammifères.
Dans la nature les crocodiles mangent des poissons, des mollusques, des batraciens, des
crustacés, des mammifères et des oiseaux. Le régime alimentaire des jeunes est constitué à 70 %
d'insectes, ils ne sont jamais végétariens. En captivité, ils peuvent être nourris avec des volailles
(éventuellement congelées), de la viande de bœuf, des poissons, le tout additionné de farines
animales et d'un complexe vitaminé. Le Gavial, Gavialis gangeticus, lui, ne mange que des
poissons.
Les jeunes iguanes, sont principalement végétariens, mais ils peuvent ingérer des insectes, des
limaces et des vers. Les adultes, sont végétariens, mais peuvent parfois avaler des insectes, des
souris, du poisson et de la viande. L`Uromastix ou "Fouette queue" du Sahara, Uromastix
acanthinurus et l'Iguane vert, Iguana iguana, peuvent être nourris en captivité avec des salades
(laitue, scarole, mâche, cresson, plantain, pissenlit), des fruits bien mûrs en lamelles (banane,
poire, melon, mandarine, tomate, chou, raisin sec ou frais, datte, figue), des carottes râpées, des
fleurs de trèfle, de pommier, de pissenlit, de rose ...Ils peuvent également manger des œufs durs,
du pain d'épices et du lait, des carottes râpées mélangées à du riz, des flocons "Gerblé", des
pousses de cactus ...
Lors d'alimentation forcée, un œuf battu mélangé à du lait sucré peut être administré aux iguanes
et, aux Uromastix, du jus de carotte additionné d'œuf battu supplémenté en vitamines. II sera
toujours très important de laver très soigneusement les légumes avec de l'eau propre. Le grand
Téju, Tupinambis teguixa, avale des rongeurs, des batraciens, des vers, des insectes, en liberté et,
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en captivité, de la viande et des œufs (viande crue coupée en dés arrosée d'œufs crus battus
additionnée de temps en temps d'un médicament riche en calcium et en vitamines), escargots,
mollusques, insectes et parfois des fruits. Les gros scincidés ont un régime mixte, végétarien et
insectivore (parfois omnivore). Les petits scinques, avalent des invertébrés, vers, limaces ... Le
Moloch, Moloch horridus, un agame épineux, mange des fourmis. Dans son pays d'origine le
Basilic, Dracaena guianensis, se nourrit surtout d'escargots aquatiques. En captivité, ils
préfèrent les petits escargots jaunes des haies, plutôt que les escargots de Bourgogne. Ils refusent
les limaces mais acceptent parfois de la viande de bœuf et des fruits comme les bananes. Les
petites espèces sont en général nourries avec des invertébrés : larves de Tenebrio molitor,
asticots, vers de terre, sauterelles, mouches, papillons, grillons, araignées... Certaines espèces
comme l'Anolis sont principalement insectivores. Les lézards ocellés, Lacerta lepida, se
nourrissent d'oisillons de petits rongeurs et de petits serpents. Les petits lézards sont insectivores.
Tous les caméléons sont insectivores. Les caméléons doivent souvent être gavés avec des proies
petites, l'été avec des vers de farine, des petits insectes (mouches, grillons, sauterelles), en fait
tous les animaux vivants dont la taille n'excède pas 6 centimètres. L'hiver, on offrira des vers de
terre et des asticots. Les jeunes sont nourris avec des drosophiles obtenues directement en
abandonnant dans la cage des fruits bien mûrs de banane, mangues, pommes... Le Tuatera ou
Sphénodon, Sphenodon punctatus, mange des insectes (coléoptères, sauterelles aptères) et des
œufs de pétrels.
3 - Alimentation des chéloniens
Tortues terrestres
Elles sont principalement herbivores et parfois omnivores comme la Tortue d'Horsfield. En
captivité, on leur offrira une alimentation variée, composée principalement de choux découpés,
de laitues, carottes râpées, pommes en tranches, groseilles, fraises, tomates, pain brun et céréales
arrosées de lait. On pourra y ajouter, du trèfle, de l'herbe, du pissenlit, du plantain, de la viande
maigre hachée et même de la nourriture pour chien ou pour chat. La Tortue rayonnée de
Madagascar, Testudo radiata, serait friande de miel. Un calcium vitaminé, Sofcanis ®, ou des
spécialités associant le calcium, Calcium tortue ® et Vita Tortue ® des laboratoires Océ-Viguié
seront les bienvenus sur les aliments proposés à toutes les tortues.
Tortues aquatiques
Les tortues aquatiques sont principalement carnivores, mais elles doivent cependant recevoir une
alimentation riche et variée. Dans la nature les protéines indispensables aux tortues sont
apportées par divers invertébrés, insectes, larves d'insectes, vers de terre, crustacés, mollusques,
par des petits poissons, des têtards, des écrevisses et par des plantes aquatiques... En captivité, il
sera judicieux de fournir des aliments qui pourront flotter à la surface de l'eau, permettant un
enlèvement plus aisé des aliments non consommés. On pourra offrir des poissons d'eau douce
morts, des souriceaux dépecés, des morceaux de seiche, du calmar, un peu de cœur haché et de
la viande maigre de bœuf. La sédentarité et une alimentation trop riche en graisse, favorisent
souvent l'apparition d'une certaine obésité et parfois d'une stéatose hépatique. Il sera donc
souhaitable d'éviter les viandes grasses (jambon), sauf dans le dernier mois précédant l'entrée en
hibernation, lorsque les animaux ont besoin de stocker des réserves sous forme de lipides.
Certains aliments pour chiots et chatons, conviennent parfaitement à l'alimentation de ces
tortues, en évitant toutefois une prise constante. On ne leur offrira ce régime, qu une à deux fois
par semaine. Les tortues d’eau sont également friandes de verdure, plantes aquatiques, salades,
de fruits mûrs déposés dans l’eau (pomme) et pulpe de fruits. Toutes les plantes à feuilles et tous
les fruits sont acceptés. Les Trionyx ou tortues molles, mangent des insectes et des écrevisses.
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Des aliments spécialisés sont vendus dans le commerce pour les tortues juvéniles et les adultes :
Tetra Reptomin de Tétra, Herpt-Diet de Hill's aux Etats-Unis... Un apport de calcium bihebdomadaire (gluconate de calcium) et de vitamines, compenseront les déséquilibres et les
insuffisances de l'insolation solaire (U.V.).
Les tortues marines adultes sont en principe herbivores, mais les Tortues vertes, Chelonia
mydas, peuvent parfois manger des poissons en captivité. La Tortue Luth s'alimente
principalement de méduses.
Un apport de calcium bi-hebdomadaire (gluconate de calcium) et de vitamines, compenseront
les déséquilibres et les insuffisances de l'insolation solaire. La synthèse de la vitamine A dans les
tissus, nécessite une certaine insolation, riche en rayonnements Ultra-violets (U.V.).
Afin de lutter contre cette déficience, on peut ajouter aux aliments, de la poudre de coquille
d'œuf, du carbonate ou du lactate de calcium dans la nourriture et de la Vitamine D3, afin de
tendre à un rapport de 1,5. Dans l'eau de boisson, par litre d'eau, on ajoute une cuillère à thé de
lactate de calcium et 10 unités de Vitamine D3, pouvant être fournies par un Hydrosol poly
vitaminé pour oiseaux, pour carnivores (Ornivita ©), contenant cette vitamine, ou des spécialités
spécifiques, Vita Tortue © d'Océ.
Alimenter régulièrement une tortue, en captivité, contraint à se procurer ou à élever des insectes
(vers de farine, grillons, criquets), à faire germer des graines (blé), à cultiver, récolter ou acheter
des plantes (plantain, trèfle, pissenlit), des légumes (carottes, salades) et des fruits (fraises,
bananes, cerises...).
CONCLUSION
Avec toutes leurs spécificités, les reptiles ne sont pas des animaux faciles à nourrir. La
méconnaissance des règles élémentaires de nutrition favorise une grande part de la pathologie
des reptiles.
REFERENCES BIBLIOGRAPHIQUES
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Mém. Inst. Océano. P. Ricard 2004, pp : 63-75
L’ALIMENTATION DES INSECTIVORES : ELEVAGE DES BLATTES,
GRILLONS ET CRIQUETS
Jean-Mary GUERINEAU
Parc Phœnix, 405, Promenade des Anglais, F-06200 NICE
INTRODUCTION
Que l’on soit amateur ou professionnel, l’élevage d’animaux se nourrissant d’insectes pose
toujours le problème du ravitaillement. L’achat des proies est envisageable lorsque le nombre
des animau est réduit mais dès que celui-ci augmente, il est indispensable de produire ses
propres sources de nourriture. Ce sont les « élevages annexes » que nous allons aborder en
étudiant les techniques d’élevages des blattes, criquets et grillons.
LES BLATTES
La blatte américaine (Periplaneta americana)
Cosmopolite, c’est une blatte ailée de taille moyenne (30mm), très
prolifique. Elle s’échappe très facilement d’où la nécessité d’utiliser
un matériel d’élevage bien adapté.
P. americana
Nauphoeta cinerea :
C’est une petite espèce ailée (20 à 25mm), originaire d’Afrique, très rapide
et très prolifique.
N. cinerea
Blabera fusca et Blabera gigantea :
Grandes blattes ailées d’Amérique (60/70mm pour la première
et 100mm pour la seconde). Plus lentes que P.americana, elles
s’échappent moins facilement.
B. gigantea
Gromphadorrhina portentosa, picea et autres sp. :
Grandes blattes aptères originaires de Madagascar (88 à 90mm). Ce sont
des espèces forestières, peu mobiles, moins susceptibles de s’évader.
G. portentosa
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A) Le matériel d’élevage
1 - Le bac d’élevage (50 cm x 50 cm x 50 cm)
2 - L’aménagement intérieur du bac d’élevage
On peu utiliser différents types de matériel proposé dans les Animaleries : bacs plastiques
avec couvercles pour petits animaux ou terrarium en verre avec couvercle ou encore des bacs
de rangement en plastique que l’on trouve dans les grandes surfaces, à conditions de les
aménager de façon à éviter les évasions.
Concernant l’Insectarium du Parc Phoenix, nous préférons utiliser le matériel décrit cidessous. Il a fait ses preuves depuis de nombreuses années en laboratoires et dans d’autres
institutions.
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Il doit être parfaitement étanche, garni de cartons à œufs permettant aux animaux de se cacher
de la lumière.
B) Les conditions d’élevage
1 – Température, humidité
On entretient, dans le bac d’élevage une température de 30 à 35 °C grâce à une ampoule à
incandescence de 40 watts située à mi-hauteur sur l’une des parois du bac.
L’ampoule doit s’éteindre la nuit afin d’obtenir une température nocturne de 15 à 20 °C.
L’emploi d’un programmateur réglé 12 heures/jour et 12 heures/nuit est recommandé. Les
blattes fuyant la lumière, on peut également utiliser des ampoules infrarouges de 40 watts (par
exemple : ZOOMED LABS Nightlight Red 40 W)
Les blattes ne doivent pas être soumises à un taux d’humidité élevé ce qui favoriserait le
développement d’acariens néfastes à l’élevage.
L’abreuvoir et la nourriture végétale suffisent pour une bonne humidité ambiante.
2 – Nourriture
Les espèces proposées sont omnivores. L’essentiel de la nourriture se composera de pain sec,
de croquettes pour animaux et de fruits, carottes et salades lavées…
Les blattes aiment l’eau fraîche. L’abreuvoir mis à disposition sera nettoyé et renouvelé
quotidiennement.
L’utilisation d’un abreuvoir automatique est déconseillée car l’eau n’étant pas renouvelée
durant une longue période, chauffe et se conserve mal. Cela peut déclancher des maladies.
C) La reproduction
Avec ce type d’élevage, les blattes se reproduisent continuellement.
1 - Reconnaissance des sexes
Chez Gromphadorrhina, larves et imagos sont aptères. Le mâle se caractérise par deux bosses
sur la partie supérieure du thorax. Le mâle dominant possède des bosses plus développées que
ses congénères.
Blatte américaine
partie postérieure du mâle
(face dorsale)
partie postérieure de la femelle
(face ventrale)
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Chez P. americana, N. cinerea et B. fusca, les imagos ont des ailes bien développées alors
que les larves en sont dépourvues. Les mâles ont en plus des cerques, deux styles terminaux à
l’extrémité postérieure de l’abdomen. Les femelles présentent une plaque sous-génitale
divisée à l’apex en deux valvules mobiles qui s’écartent pour le passage de l’oothèque (voir
schéma).
2 – Accouplement
Il s’accompagne de comportements rituels assez longs ou les antennes jouent un rôle
important.
Nauphoeta cinerea
A - Parade sexuelle
B - Accouplement
3 – Ponte (Blabera, Gromphadorhina)
Elle commence une dizaine de jours après l’accouplement à la cadence de 1 à 2 œufs par
heure enfermés au fur et à mesure de la ponte dans une capsule chitineuse : l’oothèque.
L’oothèque compte de 15 à 20 œufs, la femelle la porte 4 à 5 jours dans son armature génitale
puis la dépose dans les cartons dans une loge préparée avec les mandibules.
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Oothèque de Blatte américaine
4 – L’éclosion
Elle intervient au bout de quelques semaines, sans nécessiter de précaution particulière. La
durée du développement embryonnaire est liée aux conditions de température.
5 – Développement des larves
Les larves qui ressemblent à l’adulte en plus petit se nourrissent de la même façon. Démunies
d’ailes, leur développement compte une dizaine de stades (7 mues chez Periplaneta) et dure de
six à huit mois dans nos conditions d’élevage. La durée du développement varie en effet
considérablement selon les conditions de température.
Remarque : Les Blabera sont vivipares. L’oothèque se développe dans une poche incubatrice.
6 – Prolificité
Chez la blatte américaine, une même femelle peut produire 5 à 10 oothèques déposées à
intervalles de 5 à 10 jours.
Conclusion
L’élevage des blattes est facile. Ce sont des proies bien appréciées, elles sont de bonne taille
(Gromphadorhina, Blabera) pour les gros insectivores. Une seule boite d’élevage est
suffisante pour les jeunes et les adultes.
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LES GRILLONS
Le grillon méridional (Gryllus bimaculatus)
Très commun dans toute l’Afrique et une partie de l’Asie, il est
bien plus rare en France. On le rencontre dans les départements
bordant la Méditerranée, les Basses Alpes le Vaucluse et la Corse.
Le grillon méridional ne creuse pas de terrier. On le rencontre par
couple ou par petites colonies sous les pierres. Il est adulte en
juillet et on le trouve jusqu’en septembre/début octobre.
Le grillon des steppes (Grillus assimilis)
Le grillon domestique (Acheta domesticus)
Répandu dans une grande partie de l’Europe, ce grillon, plus petit
que G. bimaculatus et G. assimilis, vit essentiellement à l’intérieur
des bâtiments, même si l’été on peut le rencontrer à l’extérieur où
il abonde dans les décharges.
A) Le matériel d’élevage
Les cages utilisées pour les Blattes conviennent parfaitement pour l’élevage du grillon. Les
cartons à œufs sont placés verticalement afin que les grillons puissent choisir leur
température.
Le grillage des aérations doit être très fin car les petits grillons à la naissance sont minuscules.
Nous utilisons de la toile laiton disponible en quincaillerie (pas toujours facile à trouver et
assez chère). Possible également avec de la toile à tamis très fine, en acier ou en plastique.
Comme pour les blattes une lampe à incandescence de 40 watts suffit. Certains éleveurs
préfèrent utiliser des lampes obscures en porcelaine de 100 watts et un tube néon de 8 watts.
Dans les deux cas la durée d’éclairage sera de 12 heures.
Le même type d’abreuvoir que pour les blattes sera mis à disposition des grillons dans le bac
d’élevage.
Le pondoir : une boite plastique avec couvercle (type Tupperware)
de L 18cm x l 10cm x h 7cm fera l’affaire. Découper un rectangle
dans le couvercle de 8cm x 16cm et coller ou agrafer un grillage
métallique type garde-manger de 5 x 5mm. La boite sera remplie
de terreau humide et placée dans le bac des reproducteurs. Le
grillage protège la ponte des adultes qui se nourrissent des œufs.
B) Conditions d’élevage
Il est important de disposer de plusieurs terrariums afin d’isoler les grillons par âge.
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Un bac au moins est réservé aux reproducteurs qui ne doivent pas être conservés trop âgés.
On reconnaît les vieux grillons à leurs élytres abîmés.
Le pondoir doit être surveillé avec beaucoup d’attention (ni trop sec, ni trop humide).
Les pondoirs retirés des bacs de reproducteurs, sont placés dans un bac vide et propre (nettoyé
sans produits toxiques).
Cycle de reproduction
Naissance des reproducteurs
8 semaines
Chant
1 semaine
Mise en place du pondoir n° 1
1 semaine
Mise en place du pondoir n° 2
Le pondoir n° 1 est isolé dans un autre
terrarium
1 semaine
Naissance des grillons du pondoir n° 1
(Développement des œufs de 9 à 10 jours)
Mise en place du pondoir n° 3
Isolement du pondoir n° 2
1 semaine
Naissance des grillons du pondoir n° 2
Supprimer les reproducteurs
Nourriture : Le régime des jeunes grillons est strictement semblable à celui des adultes.
C’est un régime omnivore (salade, pommes, pain, son, et croquettes pour chiens ou chats).
Pour les jeunes grillons nous broyons les croquettes en poudre.
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LES CRIQUETS
A) Les espèces :
Le criquet migrateur (Locusta migratoria)
Le criquet pèlerin (Schistocerca gregaria)
Ces deux grandes espèces, migratrices et grégaires, très communes dans les laboratoires, se
reproduisent toutes l’année en conditions artificielles et leur développement est très court (2 à
3 mois).
B) Les conditions d’élevage
1 - Les bacs
Ceux pour blattes et grillons conviennent très bien à condition d’y apporter quelques
modifications.
Les cartons à œufs seront remplacés par des branchettes entremêlées afin de permettre aux
insectes de mieux se repartir et de s’approcher à volonté de la source de chaleur
(thermorégulation). Elles permettrons aussi aux larves de muer plus facilement (Pour muer les
larves se pendent par les pattes postérieures).
2 - L’abreuvoir
Il sera du même type que pour les blattes et les grillons. L’eau doit être changée
quotidiennement.
3 - La température
Une ampoule à incandescence de 100 watts permettra un bon éclairage et maintiendra une
température de 40 °C environ au point le plus chaud. Nous utilisons des ampoules 100 w pour
élevage de poussins. 13 à 15 heures d’éclairage sont nécessaires par jour. Le fonctionnement
de l’ampoule peut être commandé par une minuterie. La température de la salle d’élevage ne
doit pas descendre en dessous de 20 °C(température nocturne).
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4 - Les pondoirs
Des pots à confitures ou des bocaux en verre de 10 cm de diamètre, conviendront
parfaitement. Leur profondeur ne sera jamais inférieure à 10 cm.
Les remplir d’un mélange de sable de rivière (50 %) et de tourbe (50 %) maintenu humide
mais non détrempé (risque de «noyer» les pontes).
L’élevage devra comporter au moins deux bacs.
Les reproducteurs sont élevés dans le bac n° 1. En période de ponte, le pondoir sera retiré du
bac 1 tout les deux à trois jours (ceci afin d’empêcher l’accumulation des pontes dans un trop
petit volume) et disposé pour éclosion dans le bac n° 2 ou grandira la génération suivante.
Les reproducteurs seront sacrifiés quand la période de ponte sera terminée et le bac n° 1 sera
nettoyé afin de recevoir les pondoirs issus du bac n° 2 devenu bac des reproducteurs.
5 - La nourriture
Nourriture fraîche :
* Pousse de blé germé (étendre du grain sur du papier journal humide exposé à la chaleur et à
la lumière).
* Gazon fraîchement coupé.
* Feuille de chou (seul le Criquet Pellerin consomme le chou).
* Pâturin et autres graminées
La nourriture fraîche sera changée quotidiennement, elle restera fraîche plus longtemps si on
la dispose en bouquet dans un petit pot d’eau.
Nourriture sèche :
* Flocon d’avoine
* Son
* Farine de soja ou de germe de blé (Gerblé)
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C) La reproduction
(D’après les travaux du Professeur J.P.BARON).
Dessins de M.C.GUERINEAU
1 - Reconnaissance des sexes :
Longueur totale : femelle = 6 - 6,5 cm / mâle = 4,5 – 5 cm
On compte 9 sternites chez le mâle et 8 chez la femelle.
L’oviscape (organe de ponte) est court, composé de quatre valves divergentes.
2 - L’accouplement :
Dix à vingt jours après la dernière mue (mue imaginale), les adultes prennent une couleur
jaune caractéristique : ils sont sexuellement mûrs.
L’accouplement a lieu après quelques brefs contacts antennaires. Le mâle s’accroche au dos
de la femelle à l’aide de ces pattes antérieures et courbe son abdomen. Les extrémités
abdominales se joignent. L’accouplement dure de 1h à 2h 30.
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3 - La ponte :
La femelle se pose sur le pondoir, se dresse sur ses quatre pattes avant, place son abdomen
perpendiculairement à la surface du terreau et creuse un trou de ponte grâce aux mouvements
des 4 valves de son oviscape.
L’abdomen s’allonge considérablement (jusqu’à mesurer une dizaine de centimètres) par
distension des membranes inter-segmentaires. Le forage peut durer de 2 à 35mn.
Après avoir déposé un peu de mucus
écumeux dans le fond du trou, la femelle
pond de quarante à cinquante œufs blancs
jaunâtres, agglomérés entre eux , les
entoure d’une gangue écumeuse de sable
et de mucus (aspect de meringue) qui les
protège contre l’excès ou le manque
d’eau. La ponte ainsi conçue s’appelle
l’oothèque. Au cours du retrait de
l’abdomen, l’oothèque est surmontée d’un
bouchon spumeux de mucus qui bouche la
cheminée de ponte.
Quand la ponte est terminée, la femelle tasse le
sable en surface en le piétinant de ses pattes
postérieures.
La ponte (forage + dépôt des œufs + retrait de
l’abdomen) dure de 2 à 3 heures.
Une femelle peut déposer de 3 à 5 oothèques
durant les trois mois de sa vie d’adulte (pontes
espacées d’une semaine environ)
4 - Incubation, éclosion, émergence :
La durée de l’incubation est directement liée aux conditions du milieu et plus particulièrement
à la température. Il faut compter en moyenne 3 semaines à 35 °C. A l’éclosion la larve est
vermiforme et mesure 8 à 10 mm. Elle rompt la fine enveloppe de l’œuf grâce au gonflement
d’une ampoule (sorte de hernie sanguine) située dorsalement entre la tête et le thorax,
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s’échappe de l’oothèque et traverse le bouchon spumeux qui lui offre assez peu de résistance.
Elle se déplace par reptation : elle rampe quelques minutes à la surface du pondoir avant
d’abandonner sur le sol la cuticule qui l’enveloppait.
Après cette première mue, la larve apparaît très semblable à l’adulte : c’est un petit criquet
blanchâtre de 8 à 10 mm de long, sans ailes ni antennes qui se déplace en marchant ou en
sautant (larve du premier stade). Il se pigmente rapidement et se met à la recherche de
nourriture.
5 - Développement des larves :
Le développement larvaire des criquets s’effectue sans métamorphose : la croissance est de
type discontinu. En élevage, on compte en général 5 stades larvaires. Chaque stade est séparé
du suivant par une mue : la larve se suspend par les pattes postérieures aux branches disposées
dans le bac d’élevage, elle se débarrasse de son ancienne cuticule (exuvie) qui s’est rompue
longitudinalement suivant la ligne médio-dorsale.
La larve qui vient de muer est blanche et fragile,
son tégument durcit et se pigmente en quelques
heures. Chaque mue correspond à une augmentation
brusque de la taille et à quelques modifications plus
discrètes :
* les antennes apparaissent au deuxième stade larvaire.
* les ébauches d’ailes apparaissent au troisième stade larvaire.
Dans l’intervalle de deux mues, si la taille de l’insecte n’évolue pratiquement pas, sa masse,
elle, augmente dans d’importantes proportions : pour un stade donné, la masse de l’insecte
prêt à muer est environ le double de celle de l’insecte venant de muer.
La durée du développement larvaire est liée aux conditions physiques du milieu (en
particulier aux conditions de température et de lumière). Dans les conditions d’élevage
décrites ci-dessus, le développement s’étale sur environ quatre semaines.
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Il se termine par la dernière mue (mue imaginale) pendant laquelle les ailes, complètement
formées, se dégagent de leur fourreau : le criquet est adulte.
CONCLUSION
Ces exemples d’élevages annexes, s’ils sont bien menés, seront très utiles aux amateurs
(Herpétologistes, terrariophiles, etc…), mais également aux professionnels (Etablissements
Zoologiques, Laboratoire ou Animaleries), leur permettant non seulement de faire des
économies, mais surtout d’assurer régulièrement et sans risque de rupture le nourrissage de
leurs animaux.
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POUR UNE BONNE ALIMENTATION DES PLANTES D’AQUARIUM
Thierry MADERN
AQUAMADERN, 1. Lot. Horticole, Le Piedardan, BP 39, 83190 OLLIOULES Cedex
Mon activité de producteur de plantes d’aquarium depuis 1985 à Ollioules dans le Var, m’a
permis d’appliquer, de vérifier ou d’infirmer quelques idées reçues sur l’aquariophilie et mon
propos d’aujourd’hui n’est pas de parler de la production de plantes d’aquarium à grande
échelle, mais de faire une synthèse de ce qui, à la lueur de ma modeste expérience permet
d’obtenir un aquarium richement planté grâce à une alimentation adéquate des plantes
peuplant un aquarium d’ensemble.
Exploitant 4000 m2 de serre nous avons souvent la visite de passionnés qui sont surpris de ne
pas voir d’aquarium ,alors que notre activité exclusive est de produire des plantes d’aquarium.
Combien de fois dans ma vie, je me suis entendu dire par les différents contacts que j’ai pu
avoir avec l’INRA (institut national de la recherche agronomique) : « Ah ! mon pauvre
monsieur, nous ne pouvons rien pour vous, nous n’avons aucune expérience en matière de
plantes d’aquarium », comme si les questions d’ordre général que je leurs posais, n’étaient pas
applicables à notre domaine .
La vérité, c’est qu’une plante d’aquarium a les mêmes exigences que l’ensemble des autres
plantes et que les théories générales s’appliquant aux plantes terrestres, s’appliquent aussi aux
plantes d’aquarium
QU’EST CE QU’UNE PLANTE D’AQUARIUM ?
Le fait qu’il n’existe pas de plantes d’aquarium en tant que telles et que dame nature n’a pas
dans sa grande générosité, pensé à notre passion produisant des plantes qui ne seraient que
destinées à décorer nos aquarium. Par contre il existe dans le monde une multitude d’endroits
plus ou moins humides et même submergés : mares occasionnelles, rivières en crue autant
d’endroits que seules des plantes aillant développé une aptitude particulière peuvent peupler.
Ce sont ces plantes qui constituent ce que l’on a coutume d’appeler des plantes d’aquarium
mais qui sont d’ailleurs aussi pour certaines, de bonnes plantes de bassin extérieur.
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Par conséquent, nos petites protégées ont besoin comme toute autre plante des éléments
classiques macro et micro éléments dont l’azote (N), le phosphore sous sa forme PO4 de
potasse (K), de calcium (Ca), de magnésium (Mg), le soufre (S), et pour les micro ou oligoéléments, le fer (Fe), le manganèse (Mn), le zinc (Zn), le bore (B) et le molybdène (Mo). Il
n’a pas été prouvé que le cobalt était utile aux plantes mais il peut être utile aux animaux qui
s’en nourrissent.
Alors, je vois déjà des cheveux se dresser sur la tête de certains aquariophiles qui considèrent
que la présence d’azote et de phosphore en aquarium est synonyme de désagréments liés à la
prolifération d’algues. Ce qui est vrai, mais, c’est toute la difficulté rencontrée par les
aquariophiles qui veulent de beaux poissons, variés et colorés, mais aussi de très belles
plantes .Le tout sans algue, ce qui relève quelque fois de l’exploit.
En effet, plantes et poissons ont des besoins différents mais complémentaires alors que des
conditions optimales pour les plantes, correspondent à peu de choses près, à celles des algues.
D’où la difficulté d’avoir un aquarium où prospèrent les plantes et où les algues restent
suffisamment discrètes pour ne pas altérer l’esthétique de celui-ci.
Par conséquent, sans azote ni phosphore, pas de plantes à la croissance exubérante .Il est
d’ailleurs difficile d’obtenir des aquarium où la quantité d’azote et de phosphore est nulle. En
effet, la première source d’azote et de phosphore présente dans l’aquarium est issue de la
dégradation des matières organiques liées à l’activité des poissons et des plantes.
Il n’est d’ailleurs pas conseillé de diminuer cette quantité dans le but de limiter la prolifération
d’algue qui aurait pour effet de limiter la croissance des plantes qui, quand elles sont bien
nourries, contribuent par leurs croissance à épurer naturellement ces éléments en excès. De
plus, elles maintiennent un équilibre très favorable aux poissons.
Les autres éléments près cités ne font pas l’objet de phobie particulière mais sont
généralement considérés comme en excès dans nos eaux de conduite, ce qui n’est
généralement pas le cas. Ils sont, cependant, strictement nécessaires au bon développement de
l’ensemble des plantes, il s’agit du calcium, du magnésium et du soufre.
Parmi les éléments nécessaire et qu’il est bon de rajouter figure, la potasse qui joue aussi un
rôle très important et c’est la raison pour laquelle on le retrouve en quantité non négligeable
dans les complexes d’oligo-éléments comme par exemple dans le Féropol, (produit fabriqué
par la maison JBL), en addition aux oligo- : fer , manganèse, zinc, bore et molybdène .
Concrètement comment savoir quels éléments sont présents en excès et quels sont les
éléments qu’il faut ajouter ? Quand et comment !
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Mém. Inst. Océano. P. Ricard 2004, pp : 77-81
Dans l’absolu, seule une analyse peut nous renseigner. L’analyse de l’eau de conduite peut
vous être fournie par le service des eaux.
Elle révélera la quantité de calcium, de magnésium, de sulfate et de chlorure, ce qui est
généralement compatible avec l’aquariophilie sauf cas particulier. Le cas des carbonates sera
abordé un peu plus loin dans cet article.
Ensuite, un renouvellement de l’eau à période régulière limite les quantités d’éléments en
excès comme les nitrates et les phosphates. De plus, une dose régulière d’un complexe
d’oligo-éléments pourvoira l’aquarium en élément dans des proportions correspondant aux
besoins des plantes présentes dans un aquarium d’ensemble.
Petite précision : les oligo-éléments sont très sensibles au pH, en particulier pour le fer et le
manganèse qui ne sont plus assimilables au dessus de 5.5. C’est généralement le cas. Afin que
ces oligo-éléments restent assimilables à des pH compris entre 6.5 et 7.5, ils doivent subir un
traitement que l’on appelle la chélation. Il va leur permettre de rester à la disposition des
plantes.
Malgré cela, la durée de vie des oligo-éléments est courte et il est préférable d’injecter des
petites quantités journalières. Il existe d’ailleurs, dans le commerce, des distributeurs qui
remplissent très bien cette fonction.
Les carences en oligo-éléments peuvent prendre diverses formes mais elles aboutissent
généralement à une décoloration ou à des déformations du feuillage, difficiles à déterminer de
simple visu.
Pour information : il existe un grand nombre de chélateurs dont le plus connu est l’EDTA.
Cependant, d’autres chélateurs comme l’HEDTA et même l’EDDHA sont efficaces jusqu'à
des pH allant jusqu'à 9.
Concernant les caractéristiques de l’eau, nous allons aborder le cas des carbonates qui sont
généralement en quantité importante et qui conditionnent et stabilisent le pH par leur faculté à
passer sous forme de bicarbonate, réaction réversible.
Attention la valeur de la dureté carbonate est très importante et c’est une grosse erreur de
travailler avec une eau complètement déminéralisée qui ne contiendrait plus de sel dissous
pour nourrir les plantes et qui, de surcroît n’assurerait pas son rôle tampon entraînant des
baisses de pH nocturnes très dangereuses pour les plantes autant que pour les poissons.
Par contre une quantité trop importante de carbonate rend le gaz carbonique difficilement
assimilable par les plantes limitant la photosynthèse et donc la production d’oxygène
favorable aux poissons, aux bactéries et aux plantes elles mêmes.
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Dans ce cas, il convient de couper l’eau avec de l’eau osmosée de façon à obtenir une dureté
carbonaté de 5 à 8 degrés . Des test (KH), très facile d’utilisation, sont disponibles dans toutes
les animaleries.
Quand la dureté carbonate est contrôlée, on peut envisager de rajouter du CO2 qui reste
l’élément le plus important en matière de vitesse de croissance en favorisant le phénomène de
photosynthèse.
Pour ce faire il existe dans le commerce des spirales d’injection assez efficaces et qui
permettent d’obtenir une croissance très rapide sous réserve que l’eau de l’aquarium soit
correctement pourvue en éléments dissous macro et micro éléments ainsi qu’un bon éclairage.
Le meilleur moyen d’évaluer la quantité de CO2 dissous est de mesurer le pH sous réserve de
connaître la dureté carbonate de l’eau et de se référer à un tableau de correspondance.
Un pH de 7 est tout à fait correct sous réserve que la dureté carbonate de l’eau ne soit pas trop
élevée.
C’est grâce à l’énergie de la lumière que la plante va se nourrir de tous les éléments dissous
en même temps que du gaz carbonique présent dans l’eau. Il existe aujourd’hui sur le marché
une quantité importante de lampes très performantes qui sont caractérisées par une
température de couleur. Cette température de couleur correspond à la qualité du spectre
génère par une source incandescente dont la température serait de l’ordre 6500 degrés kelvins
pour les lampes HQL et jusqu'à 10 000 degrés pour les lampes HQI qui dispensent une
lumière blanches très caractéristique. Ces lampes sont aussi utilisées dans tous les domaines
où la couleur est de la plus grande importance : vitrines de magasins de vêtements ou photos.
La température du soleil étant quand à elle de l’ordre de 6500 degrés Kelvins, des lampes de
4000 à 6000 degrés kelvins donnent de très bon résultats.
La puissance lumineuse sera suffisante pour que le dégagement d’oxygène soit visible. Et la
durée du jour n’excédera pas 10 heures par jour ce qui est largement suffisant compte tenu des
latitudes d’où proviennent la majorités de nos plantes.
Enfin le sol de l’aquarium constitue quant à lui une réserve importante de macro et micro
élément et ne doit pas être négligé. Il doit être aussi peut calcaire que possible pour ne pas
bloquer l’absorption de certains éléments comme expliqué précédemment, et avoir une
granulométrie relativement fine si l’on veut qu’il joue une rôle dans le stockage. De plus, la
redistribution de la nourriture que l’on appelle la CEC (capacité d’échange cationique).
Cependant le sol ne pas être trop asphyxiant .Un produit, disponible sur le marche et appelé
Aqualite, est fabriqué sur une base d’argile dont la cuisson est incomplète. Il offre l’avantage
de l’argile par sa capacité de stockage des éléments nutritifs, et sa structure aérée permet une
bonne respiration des racines. L’utilisation de boulettes d’argile vendu dans le commerce peut
corriger après coup une CEC défaillante dû à une granulométrie trop importante, ce qui est le
cas pour un sol uniquement constitué de quartzite (sable grossier utilisé depuis son origine par
l’aquariophilie et qui ne constitue qu’un support mécanique et inerte).
Enfin, l’utilisation d’un fil chauffant dans le sol de l’aquarium (en plus de la chaleur qu’il
prodigue) crée un mouvement ascendant de l’eau, autour des racines et au sein même du sol.
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Ce courrant apporte de l’oxygène aux racines et au micro organismes du sol, et prévient ainsi
la formation de poches de gaz nauséabonds et toxiques issues de la décomposition anaérobie.
CONCLUSION
Pour obtenir un aquarium bien planté :
Un bon sol nourricier et aéré.
Une eau contenant les éléments nutritifs mais sans excès.
Renouvellement important et régulier de l’eau.
Enrichissement en CO2.
Penser à changer régulièrement les tubes d’éclairage.
Attention au choix des plantes.
L’aquariophilie de haut niveau reste essentiellement un art. Si un seul de ces éléments
manque, l’ensemble de la culture est compromise.
Un producteur passionné
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EPHESTIA KUEHNIELLA : HOTE DE SUBSTITUTION POUR ELEVER
DES INSECTES UTILES OPPORTUNITES POUR NOURRIR D’AUTRES
ORGANISMES ?
Pascal MAIGNET
Biotop, Route de Biot, D4, 06560 VALBONNE
Le développement de la lutte contre les ravageurs à l'aide d'insectes auxiliaires a demandé de
mettre en place des élevages de masse de ces derniers. La nécessité de lâcher beaucoup de bêtes
a amené à baisser les coûts de productions des différents élevages en cherchant à les élever sur
des hôtes plus faciles à produire. Les firmes productrices d'auxiliaires se sont donc orientées vers
l'utilisation d'hôtes de substitutions moins chers à produire. Ephestia kuehniella, teigne de la
farine est un papillon que l'on élève facilement en grande quantité.
Ses œufs se sont avérés être acceptés par les Trichogrammes, micro-hyménoptères parasitoïdes
d’œufs de différents groupes de Lépidoptères ravageurs. Les Trichogrammes élevés sur l'œuf de
substitution d’Ephestia kuehniella ont pu alors être utilisés contre la pyrale du maïs sur de vastes
étendues et à des doses de 200 000 individus / ha à un coût comparable à un traitement chimique.
La qualité nutritive des œufs d'Ephestia kuehniella a permit ensuite d'élever des insectes
prédateurs avec un niveau de qualité des auxiliaires produits excellent.
Parmi ceux-ci on trouve des coccinelles, des Chrysopes et des punaises prédatrices qui sont
utilisées en grandes quantités dans les programmes de protection intégrée pour les cultures sous
abris.
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Journées Biologiques du Parc Phœnix – Nice, 1 et 2 avril 2004
Mém. Inst. Océano. P. Ricard 2004, pp : 85
REPRODUCTION EN AQUARIUM ET ALIMENTATION DE PLATAX
ORBICULARIS
Patrick MASANET
Aquarium de Canet en Roussillon, 66 CANET EN ROUSSILLON
En janvier 1994, un mâle et deux femelles de Platax orbicularis, gardés depuis 10 an à
l’Aquarium de Canet en Roussillon pondent pour la première fois.
Une centaine d’œufs pélagiques provenant des deux premières pontes sont collectés et
introduits dans de petits bacs en plastique de 2,5 l.
Après 28 à 36 heures, l’éclosion a lieu, suivie de 48 h de la résorption complète des réserves
vitellines.
Les larves sont nourries en premier lieu avec un cilié hypotriche, puis, sur Brachionus
plicatilis, suivi de naupliis d’artémias et finalement, sur des artémias congelées à l’âge de
21/27 jours.
A partir de ce stade, les juvéniles sont nourris plusieurs fois par jour.
Les couleurs et bandes des juvéniles préfigurent celles des adultes.
Deux spécimens, résultat de cet élevage et donc âgés de 10 ans actuellement, sont toujours
présents à l’Aquarium et se reproduisent régulièrement à leur tour.
Le régime alimentaire des adultes est abordé ainsi que celui des différents stades de l’élevage.
Egalement, un aperçu d’autres reproductions est évoqué : crevettes Lysmatta debelius,
Hippocampes, Poissons clowns, Ptérapogon et Méduses.
Référence :
Revue Française d’Aquariologie, 21 (1994), 3, 4 et 10 avril 1955. Pp : 97-104.
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Journées Biologiques du Parc Phœnix – Nice, 1 et 2 avril 2004
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L’ALIMENTATION ARTIFICIELLE POUR ARTHROPODES
Jean-Jacques PEREZ
INTRODUCTION
En élevage d’invertébrés, il est toujours très difficile d’avoir à sa disposition la nourriture que
ces animaux trouvent dans leur biotope.
Pour cela, on fait de l’élevage, de la culture, on donne des aliments de substitution ou alors,
on fabrique de la nourriture artificielle.
Nombreux sont les Invertébrés concernés : vers, mollusques, crustacé, insectes, arachnides et
myriapodes.
Il existe deux types d’élevages d’invertébrés, selon leur utilisation :
- les invertébrés qui servent de nourriture,
- les invertébrés qui sont présentés au public.
A – LES INVERTEBRES QUI SERVENT DE NOURRITURE
1 - LES VERS
Vers grindal
(Enchytraeus buchhoolzi)
Les grindals ne s'élèvent pas directement sur la nourriture mais sur un substrat toujours
humide et aéré. On utilise la mousse des bois ordinaire ou, mieux encore, les sphaignes
mousses poussant dans les endroits marécageux et non calcaires.
Conditions d'élevage
Chaleur (25 à 28° C) et humidité permanente sont indispensables.
Alimentation : yaourt, flocons d'avoine cuits au lait ou à l'eau, pain ou biscotte mouillés de lait
ou d'eau, lait en poudre, farine de blé, aliments pour bébés, les grindals mangent tout cela et
bien d'autres choses encore.
Installation
Lavez mousse ou sphaignes et enlevez tous les corps étrangers (feuilles, herbes, etc.), laissez
égoutter 5 minutes En tassant légèrement, mettez-en 5 cm dans chaque botte. Mettez une
souche de grindals en surface et à cote, gros comme une noisette de biscotte bien détrempée
Recouvrez le tout d une feuille de verre qui va écraser la biscotte et maintenir une atmosphère
très humide à la surface de la mousse.
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Journées Biologiques du Parc Phœnix – Nice, 1 et 2 avril 2004
Mém. Inst. Océano. P. Ricard 2004, pp : 87-95
Vous y aurez fixé une ventouse ou collé une " poignée " en verre pour en faciliter la
manipulation. Posez ensuite le couvercle sur la boite.
Récolte
Elle n'est généralement possible qu'après 2 semaines Soulevez la plaque de verre et retournezla. Les morceaux de biscotte y adhèrent: ils sont recouverts et entourés de grindals. Avec un
petit pinceau à poils raides, mouillé, prélevez les grindals autour de la biscotte et distribuez
Microvers
Anguillula silusiae
En raison de leurs dimensions réduites, ils peuvent être mangés par de très petits alevins (les
Bettas dès la nage libre par exemple). Un petit élevage permanent évite d'être sans nourriture
en cas de ponte imprévue.
Récipients d'élevage
Tout récipient (bocal, boite en plastique, etc.) muni d'une ouverture assez grande (pour les
prélèvements) et d'un couvercle est utilisable, à l'exception de ceux en métal qui s'oxydent.
L'essentiel est de maintenir l'humidité Si le couvercle est totalement étanche. percer 2 ou 3
petits trous (1 mm environ). Une capacité de 250 ml est bien suffisante.
Milieu nutritifs
Flocons d'avoine: 4 parties
Lait écrémé en poudre: 2 parties
Levure de bière sèche: 1 partie
Fongicide : quelques gouttes d’une solution : 15 g de parahydroxybenzoate de méhyle dans
150 ml d' alcool à 90°.
Enchytrées
Enchytraeus albidus
Dans une caissette en bois, ou dans tout autre récipient en terre cuite, fibrociment plastique
etc., de 10 cm de haut, mettez 8 cm d'un mélange humide de terreau (2/3) et de sable (1/3).
Posez-y 2 ou 3 morceaux (5 x 6 cm environ) de pot à fleur. Sur la terre, près de chacun d'eux,
déposez une pincée d'enchytrées.
Un couvercle, opaque, percé d'un trou pour l'aération aidera à maintenir la terre humide et
mettra les vers à l'obscurité. Tenez la culture à 15 °C si possible; 20 °C est un maximum.
Alimentation
Imbibez de lait ou d'eau 3 morceaux de biscotte ou de pain de 2 à 3 cm de côte. Placez-les sur
les tessons. Rajoutez de la nourriture dès qu'elle est consommée. S'il en reste après trois jours,
retirez-la et mettez-en de la nouvelle en quantité moindre.
2 - DIPTERES
Drosophiles
(Drosophila melanogaster)
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Plus connues sous le nom de mouches du vinaigre, ces petits diptères sont très appréciés par
les poissons qui prennent leur nourriture en surface et qui dans la nature, mangent des insectes
(Killies, Carnegiella, etc.). Outre l'espèce sauvage qui volète, l'été, autour des fruits murs, il
existe une variété de laboratoire à ailes vestigiales (atrophiées) qui a l'énorme avantage de ne
pas voler. Les mâles ont un abdomen plus petit et plus foncé que les femelles.
Récipients d'élevage
Tous les bocaux de 100 ml a 1 l sont utilisables: Flacons à plasma de 500 ml (hôpitaux,
cliniques), bouteilles à lait, etc. ils seront bouchés de façon à maintenir le milieu humide, tout
en laissant une légère aération pour les drosophiles.
Milieux nutritifs
A)
B)
C)
D)
E)
F)
Milieu de laboratoire.
1 - Eau 200 ml soit 1/5 de litre
2 - Farine de maïs (1) 16 g ou 3 cuillerées à café
3 - Agar agar (2) 3 g ou 2 cuillerées à café
4 - Levure de bière sèche (2) 16 g ou 3 cuillerées a café
5 - Solution fongicide (3) 10 ml ou 2 cuillerées à café
En remuant constamment, cuire à feu doux pendant 15 à 20 minutes. Verser à chaud 3 cm au
fond de chaque bocal. En refroidissant, le milieu se gélifie. Une feuille de papier toilette (voir
figure) servira de support aux adultes et aux chrysalides et absorbera l’excès d'humidité.
Boucher avec un tampon de coton ou avec un bouchon en mousse de plastique a cellules
ouvertes.
Ingrédients
Eau
Sucre
Farine de maïs
Levure diététique
Agar-agar
Solution antifongique
Formule classique dite
"de laboratoire"
750 ml
98 g
76 g
12.5 g
15 g
5 à 10 ml
Formule de laboratoire dite
"de David"
540 ml
46 g
46 g
7g
5 à 10 ml
Deuxième formule
Ingrédients
Eau
Farine de maïs
Tapioca
Levure diététique
Maïzena
Solution antifongique
Formule P. Hanas
1 litre
16 c. à café
5 c. à café
11 c. à café
4 c. à café
5 c. à café
Préparation
Mélanger les ingrédients, rajouter l'eau, chauffer comme ci-dessus, ajouter l'antifongique hors
du feu. Couler à chaud dans les pots.
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Troisième formule
Ingrédients
Formule Yaourt
1 volume (= 250 g)
1 volume
1/3 volume
1/2 à 1/3 volume
1 à 2 c. à soupe
1 à 2 verres
Yaourt
Ali-floc
Levure diététique
Tourbe blonde fine
Solution antifongique
Eau
Préparation
Tout mélanger, sauf l'eau et la tourbe. Ajouter ensuite la tourbe (tourbe émiettée). Ajouter de
l'eau, de façon à obtenir un mélange mi-solide/mi-liquide.
Ingrédients
Ali-floc est un complément de nourriture pour chien, constitué essentiellement de céréales
diverses.
Mouche domestique
Musca domestica
Les animaux seront nourris avec une gélose faite d’une solution :
Asticots
eau 500ml
agar agar 15g
solution antifongique 2c à soupe
miel d’acacia 100g
un cube de « viandox »
Adultes
jus de fruits 500ml
agar-agar 15g
mélange polyvitaminé qq gouttes
miel 100 g
3) ORTHOPTERES
Ensifères
grillons
Gryllus assimilis
Je prends cette espèce, car, elle est moins cannibale que Gryllus bimaculatus et plus prolifique
que Acheta domestica.
On peut nourrir ces grillons avec des croquettes pour chiens, des flocons pour poissons.
On peut faire une gélose
Ingrédients
Formule de laboratoire
750 ml
30 g
30 g
15 g
Qq. Gouttes
2 c à soupe
Eau
Poudre de spiruline
Ali-floc
Agar agar
Mélange polyvitaminé
Solution antifongique
Eau à volonté
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Acridiens
Cette préparation peut également être distribuée aux criquets, tels Locusta migratoria ou
Schistocerca gregaria
Cette préparation complétée par des croquettes pour chiens convient également très bien aux
blattes.
4) LEPIDOPTERES
Teigne de ruche
(Galleria melonell)a
L'élevage de teigne de ruche ne représente pas de difficulté majeure, cependant ce sont des
insectes parasites très spécialisés dont il convient de reproduire la nourriture à base de miel et
de cire. Une fois le mélange de culture réalisé, il vous suffit d'introduire les teignes (une
quinzaine), au stade de grosses larves ou des papillons, dans un pot en verre d’environ 1 litre
préalablement remplit d’environ 5 cm à 10 cm de substrat.
La température des bocaux d'élevage doit être maintenue entre 25 et 30 °C.
Ingrédients
Formule expérimentée
Flocons multi céréales pour bébé
Miel
1 kg
100 ml
Glycérine
Eau bouillie
Pollen d’abeille
Mélange poly-vitaminé
100 ml
100 ml
5 c. à café
1 c. à soupe
Levure diététique en paillettes
1 c. à soupe
Mélanger d'un coté les céréales, les vitamines, la levure et les pelotes de pollen et d'un autre la
miel, la glycérine et le fond d'eau , puis réunissez les deux mélanges jusqu'a obtenir une sorte
de pâté légèrement collante qui vous servira de substrat d'élevage et de nourriture pour les
teignes.
B) LES INVERTEBRES PRESENTES AU PUBLIC
1 – LES LEPIDOPTERES
D’après MM. Robert Guilbot et Hervé Guyot
Les premiers milieux artificiels utilisés pour la nourriture des larves de Lépidoptères ont été
mis au point vers 1940. Depuisun grand nombre de milieux nutritifs ont été décrits. Ils sont
fabriqués en grandes quantités par les laboratoires étudiant les problèmes d’entomologie
agricole .Il n’est pas possible de reproduire dans ce paragraphe les nombreuses formules
existantes. Beaucoup de travaux sont orientés vers les élevages sur milieux artificiels de :
Bombicidae, Crambinae, Pieridae, Gelechiidae, Plutellidae, Geometridae, Pyralidae,
Hepilidae, Lymantriidae, Tortricidae, Noctuidae.
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Peu de milieux nutritifs pour les autres familles sont connus. Il reste à l’amateur qui désire
élever des chenilles de Rhopalocère, des mises au point à réaliser qui confèreront à son travail
un caractère original (cas par exemple des Nymphalidae).
Schématiquement il est possible de décomposer chaque formule en cinq groupes de
substances indispensables :
1) substances liantes
2) stabilisateurs
3) substances nutritives
4) vitamines
5) antimicrobiens
Agar –agar, gélatine
Absorbent l’eau libre, permet d’obtenir des
milieux plus ou moins fermes : alginate de
sodium, poudre de cellulose
Farine de végétaux, grains broyés, glucide,
caseine
Acide ascorbique, différents mélanges
vitaminés
Fongicides : fongistatiques, bactériostatiques
Pieridae
1) Pieris brassicae
Agar-agar
Caseine
Glucose
Germe de blé
Poudre de choux
Mélange de sels
Chlorure de choline
Nipagine
Acide ascorbique
Streptomycine
Eau distillée
18 g/100 de milieu
22.50
25.20
21.60
10.80
7.20
1.00
1.50
3.00
0.2
660.00 ml
2) Colias eurytheme
Agar-agar
Poudre de haricots
Levure de bière
Mélange de sels de Wessons
Poudre de feuilles de luzerne
Formol
Nipagine
Acide sorbique
Tocopherol
Huile de soja
Acide ascorbique
Aureomycine
Eau distillée
2.00g
12.20
3.50
1.00
1.50
0.05 ml
0.15 g
0.075
0.025
0.45
1.50
1.50
77.40 ml
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Attacidae
3) Philosamia cynthia ricini
Agar-agar
Glucose
Sitosterol
Poudre de levure de bière
Acide ascorbique
Poudre de cellulose
Poudre de soja
Dihydroacertate de sodium
Eau distillée
Poudre de feuilles sèchesde Ricinus communis
ou d’Ailanthus glandulosa
1.5 g
1.00
0.050
1.00
25.00
3.00
1.00
0.050
27.00 ml
6.00 g
Noctuidae
4) Prodenia litura
Agar-agar
Poudre de feuilles de luzerne
Germe de blé
Poudre de levure de bière
Acide ascorbique
Acide benzoique
Nipagine
Formol
VDFM(vitamin diet fortificationmixture )
Eau distillée
0.016 g
128.00
40.00
40.00
4.50
1.50
1.1O
10.00
5.00
780.00 ml
Arctiidae
5) Arcia caja L ., Lithosia quadra L.
Eau distillée
Agar
Semoule de maïs
Germe de blé
Levure de bière
Acide ascorbique
Acide benzoïque
Nipagine
Aldéhyde formique
77.95 g
1.83
12.84
3.21
3.43
0.45
0.13
0.11
0.05
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Noctuidae
Cosmia trapezina L., C.pyralina L. , Philogophorameticulosa L., Cucullia sp.
Dilobidae
Diloba coeruleocephalia L.
Eau distillée
Agar
Poudre de feuilles de pommier
Semoule de maïs
Germe de blé
Levure de bière
Acide ascorbique
V .D.F .M
Acide benzoïque
Parahydroxybenzoate de méthyle (Nipagine)
170.00 g
5.00
15.00
14.00
7.00
7.50
1.00
5.00
0.25
0.20
J’ai eu connaissance d’éleveurs Belges qui nourrissaient des chenilles de sphinx du laurier
rose (Deilephila nerii) avec des feuilles de troène. Les éleveurs préparaient une décoction en
faisant bouillir un kilo de feuilles de lauriers roses dans un demi litre d’eau, jusqu’à ce qu’il
ne reste que 250 ml du liquide, puis, ils filtraient la préparation et vaporisaient la préparation
sur des feuilles de troène, ils laissaient sécher et recommençaient la vaporisation.
2 - COLEOPTERES
Les cétoines (Scarabeidae)
Ingrédients
Formule expérimentée par l’auteur
Jus de fruits et de pulpe (multifruits)
1 litre
Agar-agar
20 g
Mélange poly-vitaminé
1 c. à soupe
Solution antifongique
1 c. à café
Les coléoptères carnivores,carabes, carabiques, cicindèle (Mantichora)
On peut facilement substituer des petits morceaux d’escalope de dinde ou de poulet, dont la
composition en protides et glucides ressemble le plus aux insectes.
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3 - HYMENOPTERES
Pour de nombreuses espèces de fourmis, j’utilise le régime Bhatkar
Ingrédients
Préparation
Œuf
Miel d’Acacia
Mélange poly-vitaminés
Minéraux et sels
Agar agar
Eau
Mélange antifongique
1 entier
65 ml
1 c à soupe
2g
5g
500 ml
1 c. à café
4 - LES CRUSTACES
Je ne parlerai que d’une seule espèce de crabe :
Cette espèce est principalement frugivore, mais peuvent être nourries également avec des
granulés pour poulets
5 - LES MYRIAPODES
Les Diplopodes les plus souvent rencontrés en présentation sont les Iules, ce sont des animaux
végétariens et détritivores , mais, on peut varier leur menu avec des granulés à iguanes
6 - LES ARACHNIDES
Pour les arachnides : nous élevons surtout des araignées mygalomorphes ou des mygales
vraies de la famille des Theraphosidae.
Dans la nature, les mygales se nourrissent principalement d’insectes, un élevage de grillons,
criquets ou vers de farine est obligatoire pour la maintenance de ces animaux, cependant,
certains éleveurs, donnent des souriceaux nouveaux nés ou même du foie ou cœur de porc.
Pour ma part, j’ai essayé de la viande de poulet ou de dinde, viande qui ressemble le plus aux
insectes dans sa composition. C’est le Power feedin des éleveurs américains, cependant cela
n’est intéressant que comme palliatif pendant un laps de temps assez restreint.
CONCLUSION
Cet exposé ne donne qu’un petit aperçu des la nourriture artificielle et de substitutions pour
les invertébrés, le nombre sans cesse en augmentation de ces animaux dans les vivariums
publics ou dans les animalerie incitera les chercheurs et les fabricants d’aliments pour les
animaux, à se pencher un peu plus sur la nourriture artificielle, bien plus pratique que la
naturelle, il suffit de voir le nombre de feuilles et de branches de ronce consommés pas les
seuls phasmes dans un insectarium pour s’en convaincre.
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SYNTHESE REGLEMENTAIRE RELATIVE A LA FAUNE SAUVAGE
ET NOTAMMENT A LA FAUNE SAUVAGE CAPTIVE
Françoise PEYRE
Direction Départementale des Services Vétérinaires des DEUX-SEVRES, 210 Avenue de la Venise Verte, BP
525, 79021 NIORT
INTRODUCTION
La réglementation relative à la faune sauvage est ardue et dense. Je n’ai pas la prétention de
l’appréhender dans son ensemble par cette présentation, mais peut-être d’apporter quelques axes
de réflexion.
LES ANIMAUX
* Espèce animale domestique ou sauvage
Article R211-5 du Code de l'Environnement “ sont considérées comme espèces animales non
domestiques celles qui n'ont pas subi de modification par sélection de la part de l'homme ”.
Instruction NP/94/6 du 28 octobre 1994 “ le fait qu'un animal d'espèce non domestique soit né
libre ou captif et le temps qu'il a passé en captivité sont sans influence sur son caractère non
domestique ”.
Cette instruction donne une liste d'animaux considérés comme domestiques. Elle est contestable
mais elle a le mérite d'exister.
* Différents niveaux de protection
- Espèces gibier
Ce sont des espèces non domestiques qui ont été admises par la tradition comme susceptibles
d'acte de chasse et qui appartiennent au patrimoine biologique national.
En métropole ce sont des oiseaux et des mammifères. A titre d'exemple, certaines espèces sont
même historiquement gibier et désormais protégées : la Buse, le Loup.
- Espèces de gibier dont la chasse est autorisée
Arrêté ministériel du 26 juin 1987 fixe cette liste.
- Espèces susceptibles d'être classées nuisibles :
Arrêté du 30 septembre 1988
Elles sont en premier lieu classées gibier chassable.
Chaque Préfet est ensuite tenu d'établir une liste en vertu de la situation locale.
- Remarque : Espèces chassables commercialisables
Seul un petit nombre d'espèces parmi celles chassables sont commercialisables
Exemple : gibier d'élevage pour les lâchers, gibier vendu en venaison
Arrêté ministériel du 12 août 1994 : modalités de commercialisation d'espèces de gibier pour la
consommation.
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Arrêté ministériel du 20 décembre 1983 (modifié en 85, 97 et 99) : commercialisation de
certaines espèces d'oiseaux.
- Espèces protégées
Différents textes selon l'impact géographique.
- Convention de Washington = convention sur le commerce international des espèces de faune et
de flore sauvages menacées d'extinction = CITES
Reprise en droit français par l'arrêté ministériel du 30 juin 1998.
Les annexes I, II, III et IV ou (A, B, C, D en droit français), selon le niveau dégressif de
protection.
- Textes nationaux pour des espèces protégées sur l'ensemble du territoire national
Deux arrêtés de la même date : le 17 avril 1981:
- pour les mammifères (arrêté modifié plusieurs fois jusqu'en 97)
- pour les oiseaux (modifié deux fois récemment en mars 99 et juin 99).
Ces arrêtés prévoient désormais des << soupapes de sécurité >> pour les espèces à fort potentiel
de développement (Goéland argenté, Grand Cormoran ou ... Moineau domestique) ou faisant
courir un risque local avéré pour le bétail (Loup, Lynx, Ours).
Arrêté du 22 juillet 1993
Liste des amphibiens et reptiles protégés sur l'ensemble du territoire.
D'autres arrêtés protègent la faune exotique française : dont le fameux “ Arrêté Guyane ” du l5
mai 1986, qui notamment pour les oiseaux, interdit toute exportation.
- Espèces non classées
Des espèces de petite taille, vivant souvent à proximité de l'homme : les micromammifères, la
taupe, etc. . .
LE TRANSPORT
Dans les grandes lignes, tout mouvement d'une espèce protégée, quel que soit son degré de
protection (CITES à gibier) est interdit. Des dérogations spécifiques sont prévues par la
réglementation et les autorisations sont délivrées sous conditions précises par l'administration, au
coup par coup. Ces autorisations sont nécessaires pour tout déplacement même sur le territoire
français.
Pour les mouvements vers un autre pays, C.E. ou tiers, une autorisation de transport spécifiant
des conditions sanitaires doit être également demandée.
* Autorisations de transport relatives à la protection de la nature
- Animaux protégés par la Convention de Washington (annexes I et II)
Un certificat CITES pour sortir ou entrer de la Communauté Européenne (C.E.)
A l'intérieur de la C.E., l'animal est accompagné de son CITES d'origine ou facture d'achat avec
N CITES (annexe II) ; de copie de registre s'il est élevé dans un établissement autorisé.
La DIREN gère ces CITES.
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- Autorisation de transport d'espèces protégées par des arrêtés nationaux
Arrêté ministériel du 22 décembre 1999.
Autorisation délivrée par la Direction Départementale des Services Vétérinaires :
- celle du département de destination, pour un transport sur le territoire national.
- celle du département de départ, pour un transport vers un autre pays, même C.E.
Remarque : des circulaires d'application
La délivrance de ces autorisations a été confiée aux services déconcentrés à partir du 1er janvier
1999.
Circulaire DNP N 00-02 du 15 février 2000
déconcentration de décisions administratives individuelles relevant du Ministère de
l'Aménagement du Territoire et de l'Environnement dans le domaine de la chasse, de la faune et
de la flore sauvages.
Circulaire DNP N 0l/06 du 25 juin 2001 formulaires de demandes d'autorisations portant sur
des spécimens d'espèces protégées.
- Autorisation de transport de gibiers
Articles L424-8 à L424-11 et R224-13 à R224-16 du Code de l'Environnement.
Autorisation délivrée par la Direction Départementale de l'Agriculture et de la Forêt du
département de départ.
- Transport d'animaux blessés
Décret N 2001-131 du 6 février 2001 portant publication de la Convention européenne sur la
protection des animaux vertébrés utilisés à des fins expérimentales ou à d'autres fins
scientifiques, adoptée à Strasbourg le 18 mars 1986 et signée par la France le 2 septembre 1987.
Ce texte de portée assez générale prévoit en son article 3.2 la capture, la présentation de tout
animal sauvage blessé le plutôt possible à un vétérinaire aux fins de traitement. L'euthanasie est
préconisée si l'animal ne peut survivre qu'avec des souffrances.
* Autorisations de transport fixant les conditions sanitaires
De façon générale, c'est le pays d'import qui fixe les règles du jeu.
Arrêté ministériel du 19 juillet 2002 modifié par l'arrêté ministériel du 21 août 2003 fixant les
conditions sanitaires pour l'importation et le transit, sur le territoire métropolitain et dans les
départements d'outre-mer, des animaux vivants et de certains de leurs produits visés à l'article
L.236-1 du Code Rural.
Pour les échanges intra-communautaires d'animaux d'espèces non domestiques, une note de
service conjointe aux Ministères de l'Agriculture et de l'Environnement, référencée
DGAL/SDSPA/N 2001-8014 du 8 février 2001, fixe les conditions en matière de protection de
la nature ainsi que sanitaires. Ses annexes apportent des formulaires spécifiques à chaque type
d'animaux.
LES ETABLISSEMENTS
* Notion d'établissements
Quatre types d'établissements :
- élevage d'animaux d'espèces non domestiques.
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Journées Biologiques du Parc Phœnix – Nice, 1 et 2 avril 2004
Mém. Inst. Océano. P. Ricard 2004, pp : 97-102
- de vente, location, transit d'espèces non domestiques.
- de présentation au public de spécimens vivants de la faune sauvage locale ou étrangère.
- centre de soin pour animaux de la faune sauvage.
RemarqueS
Les établissements d'élevage sont à différencier de la détention de quelques spécimens
appartenant à la faune sauvage, chez des particuliers. En effet l'élevage d'animaux recouvre le
fait qu'il y ait, au sein de l'établissement, reproduction et\ou mouvements (entrées-sorties)
d'animaux.
Les établissements doivent bénéficier d'une autorisation d'ouverture, délivrée en application de
l'article L.413-3 du Code de l'Environnement et conditionnée à la qualité de leurs installations et
de leur bon fonctionnement. La validité de cette autorisation requiert que la surveillance des
animaux et des activités qui s'y rapportent soit assurée par un titulaire d'un certificat de capacité
prévu à l'article L.413-2 du Code de l'Environnement.
* Les certificats de capacité
Base réglementaire : articles R.2l3-2 à R.213-6 du Code de l'Environnement.
II existe quatre types de certificat de capacité correspondant aux quatre types d'établissements.
C'est en fait une reconnaissance d'aptitude individuelle à entretenir, élever, présenter au public
etc.... des espèces ou groupes d'espèces d'animaux appartenant à la faune sauvage.
Le requérant fait sa demande auprès du Préfet de son département de résidence qui sera amené à
lui octroyer son certificat de capacité ou lui motiver son refus, après avoir obtenu l'avis d'une
commission bien spécifique.
La Commission Départementale des Sites Perspectives et Paysages siégeant dans sa Formation
de “ Faune Sauvage Captive ” se prononce sur la plupart des demandes de certificat de capacité,
à l'exception de celles inhérentes à la présentation au public qui sont restées de la compétence de
la Commission Nationale Consultative pour la Faune Sauvage Captive (décret N 99-258 du 30
mars 1999 portant modification de dispositions du Code Rural relatives au certificat de capacité
pour l'entretien des animaux d'espèces non domestiques).
Toutefois un arrêté du 30 mars 1999 présente une liste d'espèces pour lesquelles l'avis pour la
délivrance d'un certificat de capacité pour la présentation au public reste du ressort de la
Commission Départementale des Sites : il s'agit par exemple d'espèces élevées pour la
boucherie, les gibiers, autruches, bisons ou d'espèces oiseaux communément entretenues en
parcs et jardins publics : grues, flamands, anatidés, columbidés.
Des circulaires anciennes dont seules les annexes n'ont pas été abrogées donnent la liste des
pièces constitutives des dossiers de demandes de certificat de capacité.
Un niveau de compétence (diplômes) et d'acquisition d'expérience professionnelle sont requis et
imposés ; ils sont fixés par l'arrêté ministériel du 12 décembre 2000.
Ces dossiers sont instruits par les Directions Départementales des Services Vétérinaires.
* Les autorisations d'ouverture
Base réglementaire : articles R.213-7 à R.213-21 du Code de l'Environnement.
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Mém. Inst. Océano. P. Ricard 2004, pp : 97-102
Sont définies deux catégories d'établissement.
La première catégorie regroupe les établissements qui détiennent des animaux susceptibles de
présenter des dangers ou inconvénients graves pour les espèces sauvages autochtones et les
milieux naturels ainsi que pour la sécurité des personnes.
La seconde catégorie regroupe les établissements qui ne présentent pas de tels dangers ou
inconvénients.
La délivrance de l'arrêté d'autorisation d'ouverture des établissements de deuxième catégorie
peut être tacite : elle ne requiert pas obligatoirement l'avis de la Commission des Sites et des
Paysages.
Seront classés en première catégorie les établissements détenant des espèces protégées au sens
de l'article L411-1 du Code de l'Environnement, des espèces invasives ou des espèces
dangereuses. L'arrêté ministériel du 21 novembre 1997 donne en son annexe une liste d'espèces
considérées comme dangereuses. Cet arrêté est explicité par la circulaire DNP/CFF N 98/2 du 9
février 1998.
Les établissements de présentation au public sont systématiquement classés en première
catégorie.
Par ailleurs, tous ces établissements de présentation au public d'animaux appartenant à la faune
sauvage sont soumis à autorisation au titre de la réglementation des Installations Classées pour la
Protection de l’Environnement, sous la rubrique 2140. En conséquence leur dossier de demande
d'autorisation d'ouverture est constitué et instruit conformément au livre V - Titre 1er du Code
de l'Environnement articles L.511-l et suivants et au décret N 77-1133 du 21 septembre 1977,
notamment articles 2 et 3. Ce dossier doit donc comprendre une étude d'impact et une étude des
dangers et être soumis aux enquêtes publique et administrative. Avant la décision finale prise par
le Préfet, il sera présenté devant deux commissions : outre la Commission Départementale des
Sites Perspectives et Paysages également devant le Conseil Départemental d'Hygiène.
Les Directions Départementales des Services Vétérinaires instruisent ces dossiers.
* Les registres
Base réglementaire : Arrêté ministériel du 25 octobre 1995 modifié par l'arrêté ministériel du 7
octobre 1996.
Circulaire DNP/CFF N 97-2 du 7 février 1997.
Pour la mise en œuvre des contrôles d'établissements, un registre doit être tenu à jour (modèle
CERFA).
Pour les établissements de vente et de transit, le registre n'est obligatoire que pour les spécimens
inscrits à l'annexe II de la CITES.
Pour les autres établissements, il comprend :
- le livre journal où sont enregistrés chronologiquement les mouvements d'animaux,
- un inventaire permanent.
Ces registres peuvent être informatisés.
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Journées Biologiques du Parc Phœnix – Nice, 1 et 2 avril 2004
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REGLEMENTATION GENERALE DE PROTECTION ANIMALE
Elle inclut la faune sauvage captive et s'applique autant aux responsables d'établissements qu'aux
particuliers détenant des animaux :
Article L.214-1: tout animal doit être placé par son propriétaire dans des conditions compatibles
avec les impératifs biologiques de son espèce.
Article L.214-3 : il interdit les mauvais traitements envers les animaux domestiques et les
animaux sauvages tenus en captivité.
Le décret N 99-961 du 24 novembre 1999 modifiant le décret N 95-1285 du 13 décembre
1995 relatif à la protection des animaux en cours de transport s'applique également à la faune
sauvage captive.
CONCLUSION
Faune sauvage dans son milieu naturel, faune sauvage détenue en capacité.
Ces deux entités devraient de plus en plus se démarquer, avec l’accompagnement de la
réglementation.
Je rêve d’un monde où l’humain, s’il souhaite s’entourer, apprivoiser, observer, dans des
établissements adaptés, des animaux sauvages, ne fasse pas passer ce désir avant la préservation
in situ de cette faune et de sa diversité.
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Mém. Inst. Océano. P. Ricard 2004, pp : 103-107
L’IMPORTANCE
DE
L’ALIMENTATION
L’ACCLIMATATION DES POISSONS
LORS
DE
Laurent REVEST
S. A. Amblard, 20 avenue de la Chevalière, 81200 MAZAMET
INTRODUCTION
II faut dire qu'il est fort difficile d'apporter aux poissons captifs une alimentation identique à
celle qu’ils peuvent trouver dans le milieu naturel. Grâce à la recherche, nos connaissances, sur
les régimes alimentaires de beaucoup d’espèces de poissons, sont de plus en plus précises. Il est
ainsi plus aisé de leur apporter une alimentation de substitution pour une meilleure maintenance
en captivité même s’il reste encore le cas de nombreuses espèces marines qui ont une
alimentation spécifique liée à leur biotope.
Néanmoins, la principale difficulté réside dans le choix des premiers aliments à fournir aux
différentes espèces qui ont subit de forts traumatismes durant leur capture et voyage.
L'ALIMENTATION A CE JOUR
Tout le monde dira << un poisson qui mange est un poisson bien acclimaté >> oui et non car l'un
ne va pas sans l'autre, l'alimentation d'un poisson fait partie de son acclimatation. L'acclimatation
ne s'arrête pas au simple fait que le poisson tolère les paramètres physico-chimiques de son
nouveau milieu. Aujourd'hui nous maîtrisons relativement bien les problèmes d'aération, de
filtration et bien d'autre mais un poisson qui se trouve dans une eau saine, peut mourir trois
semaines plus tard s’il ne trouve pas de quoi se mettre sous la dent. Nous passons tous pour la
plupart par des transhippers et nous savons bien qu’un poisson qui sort tout droit de sa niche
écologique vers nos bacs n'est pas habitué à consommer une alimentation industrielle et n’est
pas aussi vorace qu'un Cromileptes altivelis.
Aujourd’hui, le problème est que l'on nous propose une multitude de nourritures mais celles-ci
ne sont pas toujours adaptées aux besoins de nos poissons ; l'alimentation sèche par exemple
contient des lipides en quantité trop importante et provoque chez les poissons des troubles
hépatiques.
Le poisson n’obtiendra pas toutes les vitamines ni les minéraux qui lui sont nécessaires dans
l'alimentation congelée même si elle provient de son lieu d’origine. Ces poissons affaiblis, après
un long voyage, seront sans nul doute plus vulnérables aux différents parasites et maladies.
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PETITS RAPPELS
Avant tout, il est nécessaire de pouvoir définir, en qualité et quantité, les besoins des différents
individus.
Les poissons seront classés dans un des 4 types principaux de régimes alimentaires :
CARNIVORE / HERBIVORE / LIMNIVORE / OMNIVORE
LES BESOINS EN ENERGIE
Les poissons étant hétérothermes (leur température interne est variable), ont des besoins moins
importants que les mammifères et proportionnels à la température de l'eau.. Dans la nature, les
poissons sont confrontés à une alimentation pauvre en énergie. C'est donc pour cela que les
poissons sont toujours en train de manger. Le problème est qu'en aquarium nous ne pouvons pas
nous permettre de nourrir continuellement nos poissons, c'est donc pour cette raison qu'il faudra
étudier toutes les propositions qui s'offrent à nous pour les alimenter.
Les protides
Ils se rencontrent essentiellement dans les denrées d'origine animale. Le poisson étant surtout
constitué de protéines, il a un besoin impératif de celles-ci pour assurer un cycle de
reconstitution et de croissance protéique. Toutefois, il convient de ne pas dépasser certaines
valeurs, surtout avec les herbivores.
Les glucides
Mis à part chez les herbivores, ils ne sont pas digérer.
Les lipides
Les lipides sont le support des vitamines liposolubles.
Les vitamines
Certaines sont indispensables pour le bon fonctionnement de l'organisme. Les besoins exacts
sont difficiles à connaître pour toutes les espèces. Les carences en vitamines se manifestent par
des symptômes divers : diminution de la résistance aux maladies, apathie, dérèglement hormonal
et métabolique, diminution de la fécondité et de la croissance, mortalité... Pour assurer une
bonne conservation des vitamines, il faut un emballage hermétique et opaque. Les besoins des
poissons étant inconnus, les excès en vitamines sont aussi néfastes que les carences.
QUE FAIRE
Il faut bien admettre qu’actuellement les professionnels, tels SERA, TETRA et bien d'autres,
nous offrent des produits qui répondent aux besoins des poissons. SERA ou bien DENNERLE,
nous proposent des compléments à introduire dans l'alimentation, de sorte à ce que celle-ci soit
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Journées Biologiques du Parc Phœnix – Nice, 1 et 2 avril 2004
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encore plus proche de la perfection en particulier pour compléter l'alimentation congelée.
Malheureusement nos poissons fraîchement arrivés n'ont pas de snack sous l'eau ni
d'alimentation prédigérée comme nous avec les MC' Donals, et ne seront pas attirer par ces
paillettes et ces granulés.
Le but est donc de passer d'une alimentation que le poisson trouve dans son milieu naturel vers
une alimentation qui sera celle qu'il obtiendra tout au long de sa captivité. Alors que faire ?
Plusieurs solutions s'offrent à nous, l'aspect virtuel (visuel), l'odeur ou si l'on peut l'alimentation
naturelle qui est tout de même plus dure à se procurer ou à élaborer si l'on est pas équipé.
Tous ces poissons sont différents les uns des autres et ont donc des régimes alimentaires
différents, il nous faut donc être le plus proche possible de la réalité pour tromper le poisson.
Prenons quelques exemples que j'ai eu l'occasion de mettre à l'essai et qui se sont avérés
concluants :
Concernant les poissons anges tels que les Euxiphipops navarchus, qui se trouvent être des
poissons durs à alimenter durant la phase acclimatation, il a fallut tout simplement chercher à
trouver une ressemblance avec de l'éponge dont ils sont relativement friands.
- en premier lieu jouer avec l'aspect visuel. Juste avant l'introduction de l'animal dans l'aquarium,
il faut installer deux à trois morceaux de bananes qui rappelleront sans soucis la forme d'une
éponge, de même que la mie de pain qui comme la banane peut imiter à la perfection les
éponges. A noter une préférence pour la mie de pain car celle-ci nous permettra de faire accepter
à nos poissons une alimentation commerciale de manière plus rapide, après une petite
préparation.
Cette préparation est toute simple. Il est juste nécessaire, avant d'apporter la mie, de décongeler
quelques aliments tels que des artémias ou des mysis et de faire tremper dans ce jus quelques
granulés. Dans cette mixture, on introduit de la mie de pain afin qu’elle se gorge de ces aliments.
Il ne reste plus qu’à réaliser des portions pour l'offrir à ces poissons, le résultat en plus que
positif.
- en second temps nous pouvons jouer avec l'odorat, avec un produit que l'on doit à TETRA. Il
s'agit de l'aliment TETRA FRESH qui sent pas du tout bon et dont l'aspect pâteux cache bien ses
apparences attractives pour les poissons et qui de plus est très nutritif.
Ces quelques exemples sont valables pour beaucoup de poissons, mis à part l'idée de la banane,
mais comme je le disais les poissons n'ont pas tous la même alimentation et il faut donc pouvoir
apporter d’autres solutions.
Parlons de nos amis les herbivores, qui ne posent pas vraiment de problèmes lors de
l'acclimations, mis à part quelques spécimens comme les Acanthurus leucosternum, lineatus,
achilles. Nous avons tous entendus parler de l’utilisation de la feuille de salade, mais je ne suis
pas vraiment pour, car celle-ci se décompose tout de même très vite et est pauvre en apport
nutritif. Je préfère utiliser du brocolis qui sera plus dense et qui se disloquera moins vite et qui
surtout intriguera beaucoup moins le poisson. Maintenant pourquoi ne pas préparer des bacs qui
seront fait pour accueillir ce type de poisson. Rien ne vous empêche de tenir des bacs sur
Caulerpe, ce qui vous permettra d'offrir de vrais herbiers à ces fous de verdure. Vous me direz :
“ oui mais la Caulerpe ne tiendra jamais face à de tels herbivores ” et pourtant il suffit de
préparer son bac bien à l'avance et de faire un apport d'engrais, en l'occurrence l'engrais
DUAPLANT 24 de chez DUPLA et vous ne saurez plus où mettre votre Caulerpe par la suite et
surtout vous éviterez les soucis avec les Acanthurus que j'ai cité.
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Journées Biologiques du Parc Phœnix – Nice, 1 et 2 avril 2004
Mém. Inst. Océano. P. Ricard 2004, pp : 103-107
Par contre pour certaines variétés de poissons tels que les Pseudocheilinus, Synchiporus,
Macropharyngodon, Anampses et bien d'autres, il n'y à pas de secret, il faut des aquariums qui
tournent depuis un bon moment et qui soient riches en petits crustacés. Il ne faut pas hésiter à
cultiver des parasites qui se développent très rapidement et dont ces poissons très friands tels
que des planaires. L’élevage de tels parasites permet de trouver l'alimentation idéale pour réussir
notre acclimatation. Il ne s'agit pas bien sur d'introduire des planaires dans un bac d'exposition
ou de vente.
Pour les gobies, il est facile de comprendre qu’il en est de même. Nous ne pouvons pas les
installer dans des cuves dépourvus de substrat, substrat qui permettra à ceux-ci de fouiller ce sol
et d’y trouver la nourriture. Tout cela dans des batteries où le courrant est faible. Beaucoup de
gobies demandent à vivre sur un substrat de faible granulométrie. En effet, des poissons du style
Valencienna risquent de se perforer l'intestin avec du gravier trop gros.
Tous ces poissons auront besoins de protéines et de vitamines, telle que la vitamine C que les
poissons ne synthétisent pas, tout comme certains rongeurs et du coup, il leur sera nécessaire de
leur en apporter. Le jour de leur arrivée, une pastille d'acide ascorbique pour 200 litres d'eau sera
la bien venu. Le lendemain de l'arrivée, il sera bien sympathique de leur donner de la carotte
finement râpée que les poissons n'hésiteront pas à manger et qui leur fera donc leur apport en
vitamine C. Pourquoi donner autant d'importance à la vitamine C. ? Tout simplement parce que
celle-ci est susceptible d'induire une meilleure tolérance des poissons aux variations des facteurs
environnementaux. Des travaux ont montré que les réserves en vitamine C étaient utilisées ou
mobilisées en cas de stress (hypoxie ou stress à l'ammoniaque), suggérant une implication de ce
nutriment dans la synthèse de catécholamine, (catécholamine qui est en fait une hormone qui
joue le rôle de neurotransmetteur et gère le stress du poisson) ou dans les processus de
détoxication.
Et surtout la vitamine C permet une réponse amplifiée du système immunitaire, ce qui est très
important pour un poisson ayant beaucoup voyagé et étant de ce fait la proie de toute attaque
bactérienne ou parasitaire de par sa fatigue.
Les vitamines ont toutes un rôle très important, pour parler à nouveau de la carotte, celle-ci est
indispensable au fonctionnement hépatique et à la vision(vitamine A).
En ce qui concerne les protéines, je vous conseille d'apporter du jaune d'œuf, car celui-ci est
riche en protéine et sera apprécié des poissons. Toujours dans le même esprit, cet aliment de par
sa forme et son aspect attirera les poissons, par contre l'œuf pollue très vite l'aquarium. De ce
fait, je vous conseille de le laisser peu de temps et de le retirer avant qu'il ne se disloque.
Bien souvent, on a tendance à oublier les sels minéraux, qui sont absolument nécessaire dans le
cycle de vie. Les plus important sont les sels de sodium, de potassium, de fer, de phosphore et de
magnésium. On peu donc les apporter par le biais d'additifs que l'on trouve dans les gels de
vitamines, mais aussi par les changements d'eau réguliers.
Quoi qu'il en soit, le plus simple pour alimenter un poisson tout nouveau, reste une alimentation
vivante telle que les Artémia ou leurs nauplies, les Mysis ou encore Brachionus plicatilis.
Pourquoi du Brachionus, tout simplement car c'est du plancton et qu'une partie des poissons
d'aquarium apprécieront ce type d'alimentation et c'est très intéressant pour des bacs récifaux,
pour les coraux, en particuliers les coraux dit “ non-symbiotiques “ tels que les Dendronephtya
ou les Scleronephtya.
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Journées Biologiques du Parc Phœnix – Nice, 1 et 2 avril 2004
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Pour ceux qui possèdent des bacs pour gros poissons et qui veulent être sur de pouvoir réussir
leur acclimatation, je leurs conseille de pêcher quelques crevettes grises avant l’arrivée des
individus. De plus il est très facile de les maintenir dans une petite cuve indépendante.
Toujours pour les amateurs de carnassier, tels que les Pteroïs, rien ne vaut les petits vivipares
faciles à reproduire et très apprécier. En ce qui concerne ces vivipares, je vous conseille les
Poecilia latipinna qui seront de bonne taille.
L’utilisation de proies vivantes pour ces espèces, est importante, car un carnassier n'a pas
l'habitude d'attendre de voir son alimentation lui tomber toute prête et qu'il est préférable de
favoriser son instinct de prédation pour que l'animal se sente bien.
Remarque importante : les carnassiers ont des périodes de jeûnes, soit forcées par l'absence de
proies soit parce que ces individus sont en pleine digestion, plus ou moins longue en fonction de
la tailles des proies. II faut donc surveiller la quantité des proies apportées au nouvel arrivant,
comme aux plus vieux, car ceux-ci peuvent ingérer une multitude de proie seulement par
réflexe.
CONCLUSION
Bien entendu l'alimentation parfaite pour des poissons captifs n'existe pas mais je suis sûr que
ces quelques conseils seront utiles.
Ceci dis, il faut se dire qu'alimenter un poisson ne se fait pas au juger. Il faut surveiller le
rationnement de sorte à ne pas passer de la carence à l'excès qui peu provoquer l'obésité et
d'autres problèmes de troubles pathologiques du style diarrhées.
L'alimentation peu permettre de pallier au problème des traitements ; il se trouve que lorsque
nous traitons un poisson pour que le traitement soit vraiment efficace, il faudrait que celui-ci soit
absorber par le poisson et il faut savoir que seuls les poissons marins boivent. Même pour les
poissons marins, traiter reste un problème, car comment doser le produit vu que l'on ne connaît
pas la quantité d'eau absorber par un poisson et que lors d'un stress, dû au transport par exemple
la quantité d'eau ingérer peu variée. C'est donc pour cela que lorsque des poissons arrivent, il
serait fort judicieux de les traiter par l'intermédiaire de l'alimentation qui permettrait à
l'antibiotique ou tout autre produit d'être doser de la bonne manière et surtout bien plus efficace
et surtout d'éviter que le produit ce délais trop vite dans l'eau et perturbe l'équilibre bactérien du
bac.
Nos connaissances sur l'alimentation permettront certainement de mieux comprendre les
apparitions de maladies, bien trop souvent nous cherchons à savoir pourquoi un poisson se
déforme, pourquoi un poisson a une nage cadencée, alors que ces problèmes sont dus à des
carences bref tout un tas de maladies dont on ne connaît pas la cause réelle et qui une fois
maîtriser nous permettrons de ne plus voir de poissons maigres, déformés ou encore sous
traitement alors qu'une alimentation équilibrée suffirait pour éviter ces carences.
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L’ALIMENTATION DES ANIMAUX EN CAPTIVITE
Christel ROUSSANGE
INTRODUCTION
Les animaux sont des organismes hétérotrophes : ils dépendent de l’apport de substances
organiques et couvrent leurs besoins vitaux en consommant d’autres êtres vivants (végétaux,
animaux, micro-organismes…) ou leurs déchets.
Ainsi, l’alimentation est à la base du bon fonctionnement de l’organisme de tout animal.
En liberté, les animaux varient naturellement leur alimentation en fonction de leurs besoins en
consommant des aliments plus ou moins spécifiques à leur biotope.
Les modes de captivité présentent une grande hétérogénéité (animaux d’élevage, animaux
domestiques, animaux de laboratoire, aquaculture, parcs zoologiques…) et les animaux
concernés appartiennent à des espèces très variées. Maintenir un animal en captivité va
demander un certain travail : il faut avant tout connaître ses besoins alimentaires spécifiques
afin de lui apporter l’alimentation la plus proche de celle qu’il pourrait trouver dans son
milieu naturel.
QU’EST CE QUE L’ALIMENTATION ?
L’alimentation peut être définie comme la prise ou la consommation d’aliments. Elle doit
fournir une variété et une quantité appropriées de substances nutritives, c’est-à-dire couvrir les
besoins nutritionnels de l’animal.
Les nutriments sont des substances, apportées par l’alimentation, qui servent de source
d’énergie métabolique (libérée au cours des réactions d’oxydation) et de matériaux bruts pour
la croissance, la synthèse de molécules fonctionnelles, la réparation des tissus, la production
des gamètes…Les nutriments comprennent aussi des éléments essentiels à l’état de trace: les
oligo-éléments (iode, zinc…).
Les aliments contiennent également des matières inertes qui sont restituées dans les
excréments et participent à un bon transit de ces derniers.
Les besoins alimentaires des différentes espèces sont très variés. Pour une espèce donnée, les
besoins vont également varier en fonction de l’activité, du sexe, de l’âge...
LES NUTRIMENTS ESSENTIELS
Les espèces diffèrent dans leur aptitude à synthétiser les substances fondamentales pour leur
entretien et leur croissance. Pour une espèce donnée, certains cofacteurs ou molécules de
bases, essentiels pour d’importantes réactions chimiques ou pour la production de molécules
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Journées Biologiques du Parc Phœnix – Nice, 1 et 2 avril 2004
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doivent se trouver dans l’alimentation. Ce sont les nutriments essentiels. Parmi ces
nutriments, on distingue :
- L’eau
Elle est apportée par la boisson ou avec la nourriture. L'eau a de nombreuses actions dans le
corps :
En tant que solvant, elle est impliquée dans l'alchimie complexe du métabolisme de la cellule.
Principal constituant du sang, l'eau transporte l'oxygène et distribue les éléments nutritifs dans
les moindres recoins du corps, et se charge d'évacuer le gaz carbonique et les métabolites hors
du système.
Elle contribue à la régulation de la température du corps.
Elle est essentielle pour la digestion des éléments nutritifs et l'élimination des impuretés par
les reins.
- Les protéines et les acides aminés
Les protéines servent de constituants structuraux des tissus et d’enzymes. Elles peuvent
également être utilisées comme source d’énergie après avoir été hydrolysées en acides
aminés. Les protéines animales sont composées à partir d’une vingtaine d’acides aminés. Les
acides aminés qui ne peuvent pas être synthétisés par un animal et qui lui sont indispensables
pour élaborer ses protéines sont appelés acides aminés essentiels. Ils doivent donc se trouver
dans l’alimentation.
- Les sucres (glucides)
Les glucides sont surtout utilisés comme source d’énergie chimique immédiatement
disponible (glucose-6-phosphate) ou mise en réserve (glycogène). Ils peuvent également être
convertis en graisses. Inversement, les protéines et les graisses peuvent être converties en
glucides par la plupart des animaux. Les principales sources de glucides sont les sucres
(glucose, fructose…), l’amidon, la cellulose des plantes, le glycogène stocké dans les tissus
animaux.
- Les graisses (lipides)
Les lipides représentent des réserves d’énergie concentrée. Chaque gramme de lipide donne
au moins deux fois plus de calories qu’un gramme de protéines ou de glucides. Les graisses
sont souvent stockées dans les tissus en prévision de périodes de déficit calorique
(hibernation).
Les lipides sont également importants dans certains composants des tissus (membrane
plasmique, gaine de myéline des axones…).
Les molécules lipidiques sont composées de glycérol et d’acides gras. Ces acides gras peuvent
être saturés ou insaturés (ils contiennent alors une ou plusieurs double liaison dans leur chaîne
carbonée). Le type de graisse dépend de la forme des acides gras qui constituent les
triglycérides. On parle de graisse saturée et de graisse insaturée en fonction du nombre
d’acides gras de chaque type recensés. Concrètement, on peut dire que les graisses saturées
sont solides à température ambiante et sont d’origine animale. La plupart des huiles végétales
sont référencées parmi les graisses insaturées et sont liquides à température ambiante (sauf
l’huile de palme et de coco, riches en acides qui renferment un pourcentage important
d’acides gras saturés).
Les acides gras essentiels sont généralement les acides gras oméga-3 (ex : acide alpha
linolénique, EPA, DHA) et les acides oméga-6 (ex : acides linolénique et arachidonique).
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- Les acides nucléiques
Ils sont indispensables au fonctionnement de la machinerie génétique de la cellule. Toutes les
cellules animales semblent capables de les synthétiser à partir de précurseurs simples. D’un
point de vue nutritionnel, leur apport n’est donc pas nécessaire.
- Les sels inorganiques
Les tissus animaux ont besoin de faibles quantités de certains ions (Ca, P, K, Na, Mg, S, Cl) et
d’autres sous forme de traces (Mn, Fe, I, Co, Cu, Zn, Se).
Certains sels comme les chlorures, sulfates, phosphates, carbonates de sodium, calcium,
magnésium entrent dans la composition des liquides intra et extracellulaires. Le fer, le cuivre,
et d’autres métaux sont impliqués dans des réactions d’oxydoréduction, dans le transport et la
fixation de l’oxygène. Beaucoup d’enzymes ont besoin d’atomes métalliques dans leur
fonction catalytique.
- Les vitamines :
Les vitamines sont un groupe de substances organiques variées, qui ne sont pas apparentées
chimiquement, nécessaires généralement en très petites quantités. Elles agissent surtout
comme cofacteurs des enzymes.
La capacité à synthétiser différentes vitamines varie selon les espèces. Les vitamines
essentielles (que l’animal ne peut produire lui-même) doivent être obtenues par d’autres
sources (plantes, viande, flore intestinale).
Vitamine A (ou rétinol)
La vitamine A est présente uniquement dans les aliments d'origine animale, surtout le foie.
Néanmoins, certains végétaux contiennent des provitamines A (carotènes), c'est-à-dire des
substances que l'organisme est capable de transformer en vitamine A. Elle est indispensable à
la vision et à la croissance des bronches, des intestins ou encore de la peau. La vitamine A
intervient également dans la croissance osseuse, dans la synthèse de certaines hormones telle
la progestérone et dans les mécanismes immunitaires.
Vitamine B1 ou thiamine
La vitamine B1 intervient dans la dégradation des sucres et donc dans l'utilisation des réserves
énergétiques de l'organisme.
Vitamine B2 ou riboflavine
La vitamine B2 est nécessaire à la fabrication de nombreuses enzymes. Les dérivés de cette
vitamine interviennent dans la dégradation des acides gras, des acides aminés et des protéines.
Il n'existe pas de maladie due à la carence en vitamine B2 mais celle-ci peut faire partie d'un
manque plus général en vitamines du groupe B (polycarences).
Vitamine PP ou B3 ou niacine
La vitamine PP intervient dans la dégradation du glucose. Sa carence entraîne une maladie
appelée la pellagre avec des problèmes cutanés, digestifs et nerveux.
Vitamine B6 ou pyridoxine
La vitamine B6 joue un rôle important dans la synthèse des lipides et des protéines telles que
l'hémoglobine. Sa carence provoque des signes cutanés, des dépressions, des anémies et des
problèmes immunitaires.
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Journées Biologiques du Parc Phœnix – Nice, 1 et 2 avril 2004
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Vitamine B9 ou acide folique
L'acide folique intervient dans le métabolisme des acides aminés.
Vitamine B12 ou cobalamine
La vitamine B12 intervient dans de nombreuses réactions chimiques de l'organisme. Sa
carence entraîne principalement une anémie.
Vitamine D ou calciférol
La vitamine D intervient dans le l'absorption du calcium et du phosphore. Elle joue un rôle
essentiel dans la minéralisation des os. Pour être utilisable par l'organisme la vitamine D a
besoin de l'action des rayons ultraviolets du soleil. Elle est en effet modifiée au niveau de la
peau par les UV. Un minimum d'exposition au soleil est ainsi nécessaire.
Vitamine E ou tocophérol
La vitamine E a un effet protecteur particulièrement important vis-à-vis des cellules de
l'organisme. Elle joue un rôle important dans les mécanismes de la procréation et intervient
dans la synthèse des globules rouges.
Les carences en vitamine E sont très rares. Souvent, les déficiences viennent de problèmes
d'absorption.
Vitamine K
La vitamine K est nécessaire à la coagulation du sang. Elle est à la fois produite dans
l'organisme par les bactéries intestinales et apportée par l'alimentation.
Vitamine C ou acide ascorbique
La vitamine C est nécessaire à la synthèse des vaisseaux sanguins et des muscles. Elle
favorise l'absorption du fer présent dans les aliments. Elle intervient dans plusieurs
mécanismes hormonaux. Elle joue également un rôle dans l'élimination des substances
toxiques. Enfin, elle a des propriétés anti-oxydantes, c'est-à-dire qu'elle limite les effets
néfastes des radicaux libres. Une déficience en vitamine C peut diminuer la résistance aux
infections.
L’acide ascorbique est synthétisé par de nombreux animaux, mais pas par l’homme qui doit le
trouver dans son alimentation.
Si les vitamines liposolubles (vit. A, D3, E, K) sont stockées dans les graisses, les vitamines
hydrosolubles (comme la vit.C) ne sont pas stockées et doivent donc être ingérées ou
produites continuellement.
LES SUBSTANCES BIO-ACTIVES
En dehors des nutriments classiques, l’alimentation apporte aussi de nombreux éléments aux
propriétés fonctionnelles, qui sont également utiles pour la santé de l’organisme.
Les fibres alimentaires
Le terme de fibre est employé pour définir les substances (généralement des glucides
complexes) qui ne peuvent pas être assimilées par l'intestin grêle, mais qui sont fermentées
par les bactéries du côlon. On peut citer notamment la cellulose et la pectine. La lignine (qui
n'est pas un glucide) appartient également à la famille des fibres, tout comme l'inuline, une
fibre alimentaire extraite de la chicorée. L'inuline exerce un effet bifidogène dans l'organisme
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(elle stimule sélectivement la croissance de bifidobactéries dans le côlon) et, pour cet effet, est
reprise sous le nom générique de "prébiotique".
Les antioxydants
Les antioxydants constituent l'un des groupes de bioactifs les plus importants. Il s'agit de
composés qui protègent l'organisme contre les dégâts causés par les radicaux libres. Les
radicaux libres sont formés en permanence au cours du métabolisme et jouent un rôle
important dans la physiologie. Ils sont également très réactifs et peuvent s'attaquer à l'ADN,
aux lipides et aux protéines. Le corps dispose d'un système de protection contre ces radicaux
libres et les antioxydants en font partie. Lorsqu'il y a trop de radicaux libres, le système
antioxydant est submergé et il peut alors y avoir émergence de cancers, de maladies
cardiovasculaires, de la cataracte. Les radicaux libres sont également responsables du
vieillissement.
Autres substances bioactives
Outre les antioxydants, différentes substances bioactives auraient été identifiées, qui
pourraient agir dans la prévention de maladies chroniques telles que le cancer et les maladies
cardio-vasculaires. Certaines peuvent agir en tant qu'antioxydants ou avoir un effet sur la
coagulation sanguine, voire le taux de cholestérol sanguin. Ce sont entre autres :
*
*
*
Les caroténoïdes
Les glucosinolates
Les phyto-oestrogènes
*
*
les organosulfures
Les terpènes
Les substances bioactives se retrouvent surtout dans les végétaux. On connaît encore
peu de choses sur la chimie de ces composés dans l'alimentation. Plus de recherche est encore
nécessaire pour déterminer avec précision leurs mécanismes d'action, les apports alimentaires,
les biodisponibilités, le métabolisme et les effets protecteurs de ces substances pour la santé.
NOTION D’EQUILIBRE ALIMENTAIRE
GENERALITES
Il existe un état nutritionnel équilibré quand un animal trouve dans son alimentation
suffisamment de tous les nutriments nécessaires pour couvrir ses besoins :
- des sources d’énergie pour alimenter les processus corporels,
- des protéines et acides aminés pour maintenir le bilan azoté de l’organisme positif,
- assez d’eau et de sels minéraux pour compenser les pertes et l’incorporation dans les tissus,
- les acides aminés et les vitamines que l’organisme est incapable de synthétiser.
La valeur énergétique est mesurée à l’aide des joules ou plus couramment des calories.
L’apport calorique doit compenser la perte calorique, c’est-à-dire les calories consommées par
les tissus, la chaleur produite.
Les besoins en ces différents éléments vont varier en fonction de l’animal élevé. Pour mettre
au point l’alimentation d’un animal il faut avant tout savoir quels sont les composants
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essentiels et irremplaçables afin de répondre d’une façon aussi équilibrée que possible aux
besoins qualitatifs et quantitatifs de chaque espèce. Il est souhaitable de s’approcher le plus
possible du régime alimentaire naturel, ce qui n’est pas toujours facile (spécificité d’une
espèce, degrés d’irremplaçabilité, dépendance à l’égard de certains éléments alimentaires).
Il faut également adapter la ration alimentaire aux particularités de la vie en captivité.
L’activité est souvent réduite, l’apport calorique doit donc être adapté aux dépenses
énergétiques. L’apport en vitamines et oligo-éléments doit être surveillé afin d’éviter toute
carence et maintenir l’animal en bonne santé et résistant aux maladies.
LES TABLES DE COMPOSITION DES ALMIMENTS ET ETABLISSEMENT
D’UNE ALIMENTATION EQUILIBREE
Les tables de composition des aliments donnent des informations sur la composition
nutritionnelle des aliments. Les nutriments pour lesquels la composition est renseignée sont
les protéines, les lipides, les glucides, l'eau, les minéraux (Na, K, Ca, P, Mg, Fe), les
vitamines (Vit A, Vit B1, Vit B2, Vit C) et les fibres alimentaires.
Grâce à l'utilisation de cette table, on peut faire des choix parmi les différents aliments en
toute conscience, et éviter ainsi toute carence ou tout excès.
L’association de plusieurs aliments doit fournir les glucides énergétiques, les acides gras et
les vitamines essentiels. Les aliments doivent donc être suffisamment variés pour apporter
tous les éléments essentiels.
Par exemple, les acides gras oméga-3 sont synthétisés par les chloroplastes du plancton et des
plantes. Les principales sources d'acides gras oméga-3 sont :
*
*
*
*
Les poissons gras
Les légumes verts
Les noix
La graine de lin
*
*
*
L'huile de noix
La graine de soja
Les crustacés
En ce qui concerne les vitamines , les céréales complètes, les légumes secs, la viande de porc
et les œufs sont riches en vitamine B1, les viandes et abats, les poissons, les légumes secs,
certains fruits sont riches en vitamine PP. Les aliments qui contiennent le plus de vitamine
B12 sont les viandes, les poissons et les crustacés. Les aliments les plus riches en vitamine D
sont les œufs, le beurre et le foie, le poissons gras et surtout les huiles extraites du foie de
certains poissons (morue). On trouve la vitamine K dans les légumes-feuilles (choux, épinards
etc.) et dans les tomates.
Il existe une grande variété de régimes alimentaires, et le choix des aliments doit se faire en
fonction des spécificités de chaque espèce. Certains consommateurs sont très spécialisés dans
leurs choix, d’autres sont beaucoup plus opportunistes, voire omnivores.
LES COMPLEMENTS
INDUSTRELS
ALIMENTAIRES
LES COMPLEMENTS ALIMENTAIRES
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ET
LES
ALIMENTS
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Mém. Inst. Océano. P. Ricard 2004, pp : 121-127
Lorsque l’alimentation « naturelle » ne réponds pas à tous les besoins essentiels d’un animal,
l’éleveur peut avoir recours à des compléments divers permettant de combler les carences
alimentaires.
- Vitamines : suppléments vitaminés (vitamines D, B…), levure, céréales ?
- Oligo-éléments : suppléments minéralisés (calcium, phosphore…), farine d’os, coquilles
d’huîtres, céréales
Il faut cependant signaler qu’une trop grande quantité de vitamines ou de minéraux peut-être
toxique. Il est difficile d’obtenir un juste équilibre. Les compléments doivent donc répondre à
des besoins nutritionnels précis.
LES ALIMENTS INDUSTRIELS
*Les aliments préparés :
Des gammes complètes et variées sont proposées dans des conditionnements pratiques et avec
un excellent rapport qualité prix comparativement aux autres modes d'alimentation. Les
aliments industriels contiennent tous les éléments nutritionnels nécessaires à la bonne santé
de l’animal dans des proportions précisément établies. Les aliments préparés offrent ainsi de
nombreux avantages :
- Ils couvrent tous les besoins nutritionnels de l’animal : elles sont équilibrées, intégrant les
quantités indispensables en protéines, en matières grasses et en glucides (hydrates de
carbone), ainsi qu'en minéraux et en vitamines, et sont très digestes.
- Ils ne demandent pas l'ajout de compléments alimentaires.
- Ils sont faciles à employer et se conservent longtemps.
*les aliments médicaments :
Tout récemment, les chercheurs se sont penchés sur le concept d'aliments ayant des bénéfices
«fonctionnels» : certains aliments ou composants alimentaires, inclus dans une alimentation
normale, peuvent être très bénéfiques à la santé d'un individu (au-delà de ce que l'on peut
imaginer) et aider à prévenir certaines maladies.
Les fabricants d'aliments recherchent des éléments nutritifs qui, inclus dans une alimentation
normale, peuvent aider l’animal à renforcer ses mécanismes de défense naturels. Des aliments
conçus pour favoriser les fonctions urinaires, gastro-intestinales, buccales, ainsi que la santé
en général, sont en phase de développement.
Certains médicaments sont autorisés dans les aliments pour animaux. Il s’agit de substances
appétitives, facteurs de croissance, de vermifuges, substances anti-stress, anti-parasitaires,
antibiotiques…Ces substances sont spécifiques des différentes familles d’animaux, et leur
utilisation est soumise à des normes strictes.
CONCLUSION
Ces dernières années, nous avons pris conscience de l'étroite relation qui existait entre
l'alimentation et la santé, tant pour les humains que pour les animaux. Un régime alimentaire
doit être complet et équilibré d'un point de vue nutritionnel afin d'assurer un bon
développement et une activité normale, et de prévenir l'apparition de maladies liées à des
carences ou à des excès de l'un ou de plusieurs éléments nutritifs.
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Mém. Inst. Océano. P. Ricard 2004, pp : 129-136
LES VERS MARINS : UNE SOURCE IMPORTANTE D’ALIMENTS
POUR LES ELEVAGES D’ORGANISMES D’INTERET COMMERCIAL
Patrick SCAPS
Laboratoire Ecologie Numérique et Ecotoxicologie, Université des Sciences et Technologies
de Lille, 59 655 VILLENEUVE D’ASCQ Cédex
Résumé :
Trouvés en abondance dans tout l’écosystème marin, les vers de mer constituent une
nourriture de choix pour de nombreux animaux dont certains pêchés ou élevés sont destinés à
la consommation humaine. Les vers marins d’intérêt commercial appartiennent
essentiellement à l’embranchement des Annélides et à la classe des Polychètes. Ils sont
produits par des pêcheries locales bien établies dont l’implantation remonte à plusieurs
dizaine d’années. La plupart des espèces sont récoltées de façon artisanale à marée basse sur
l’estran à l’aide d’outils de jardinage (pelles, bêches, fourches, râteaux, …), quelques unes
font l’objet d’une récolte en domaine sub-tidal à l’aide de scaphandres autonomes. L’emploi
récent de produits incitants les vers à quitter leur galerie, la mécanisation des méthodes de
récolte et l’accroissement des prélèvements sur le littoral provoquent un impact écologique
non négligeable.
Les vers marins servent essentiellement en tant qu'appâts pour la pêche sportive. Cependant,
ils intéressent actuellement l'industrie aquacole et ils commence à être utilisés dans les
écloseries industrielles de poissons et de crustacés. En effet, ils peuvent être utilisés afin de
stimuler la maturation des crevettes Pénéidés et des poissons plats et peuvent servir de
nourriture d'appoint. De plus, les larves de vers marins peuvent servir de proies aux stades
juvéniles de poissons et de crustacés. L’intérêt des vers marins du point de vue de
l’aquaculture va inévitablement provoquer une demande supplémentaire qui ne pourra pas être
assurée par la collecte artisanale sur l’estran. L’élevage des vers marins revêt donc une
importance économique beaucoup plus grande que leur seule utilisation en tant qu’appâts de
pêche.
INTRODUCTION
Les vers marins utilisés en tant qu’appâts pour la pêche sportive ou professionnelle
appartiennent à l’embranchement des annélides ou vers annelés et à la classe des polychètes.
Ces animaux modestes, aux mœurs discrets ne sont connus du grand public que par les
pêcheurs. On les rencontre dans toutes les mers du monde et à toutes les profondeurs. La
grande majorité des espèces vivent sur le fond où elles mènent une vie libre ou alors elles
creusent des galeries dans le sable ou la vase (espèces galéricoles) ou construisent des tubes
(espèces tubicoles) à rôle protecteur ; seules quelques rares espèces sont adaptées à la vie en
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Journées Biologiques du Parc Phœnix – Nice, 1 et 2 avril 2004
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pleine mer. Etant donné leur forte abondance ainsi que la diversité des milieux marins qu’ils
ont colonisés, depuis la zone de balancement des marées jusqu’aux grands fonds abyssaux sur
les fonds durs comme sur les fonds meubles, les vers de mer jouent un rôle primordial dans le
fonctionnement de l’écosystème marin. La forte biomasse des vers marins, leur faible capacité
à se défendre et surtout leur grande valeur nutritive expliquent leur place importante dans les
chaînes alimentaires. Bien que leur valeur nutritive soit limitée pour les êtres humains à
l’exception de Palola siciliensis qui est consommé dans les îles Samoa sous le nom de palolo
du Pacifique, les annélides polychètes interviennent à différents niveaux trophiques dans les
chaînes alimentaires, servant de nourriture à de nombreux animaux marins (vertébrés ou
invertébrés), dont certains pêchés ou élevés sont destinés à la consommation humaine
(poissons et crustacés).
En France, les vers marins ont été utilisés par les professionnels de la pêche comme appâts
pendant des siècles. Dans les années 1950, les cordiers s’en servaient encore ; l’abandon de ce
type de pêche a entraîné la disparition du commerce des annélides polychètes à des fins
professionnelles (Brienne et Marteil, 1968). Cependant, l’importance économique des vers
marins est de plus en plus grande car l’extension récente de la pêche de loisir, le
développement de l’aquariophilie et de l’aquaculture entraîne une demande de plus en plus
élevée.
EXPLOITATION DES POPULATIONS NATURELLES DE VERS
MARINS
Depuis plusieurs dizaines d’années les vers marins d’intérêt commercial sont récoltés à partir
de populations naturelles soit par des pêcheurs amateurs pour subvenir à leurs propres
besoins, soit par des pêcheurs semi-professionnels ou professionnels. La plupart des espèces
sont récoltées à vue, à marée basse, sur la grève après avoir retourné les sédiments à l’aide
d’outils de jardinage (pelles, bêches, fourches, râteaux, ...). Une fois récoltés, les vers sont
débarrassés de toutes traces de mucus et de sédiment et, en règle générale, ils sont conservés
au frais, soit dans des algues soit dans une fine couche de sédiment. Ils sont commercialisés
dans de petites boîtes en carton ou dans du papier journal. Du sulfate de cuivre et de l’eau de
Javel sont utilisés respectivement en Sicile (Gambi et al., 1994) et en Algérie (Scaps, sous
presse) pour forcer le ver de roche (Perinereis cultrifera) à quitter sa galerie et le capturer.
La récolte des vers marins est une sorte de pêche et comme toutes les pêches elle est limitée
par la quantité d’individus. L’offre est largement inférieure à la demande notamment en
Europe ce qui a conduit à l’émergence d’un marché des annélides polychètes et à
l’importation d’espèces allochtones. On distingue deux grandes voies d’exportation (Olive,
1994). La première a pour point d’origine le Sud de la mer de Chine (Corée, Chine) et a pour
destination principale le Japon mais aussi, à moindre échelle l’Europe et les USA. Elle
concerne les essentiellement les polychètes du genre Perinereis et le ver rouge de Corée
(Marphysa sanguinea). La deuxième voie d’exportation s’effectue de la côte Nord-Est des
Etats-Unis vers la Californie, les états du golfe du Texas et vers l’Europe. Elle concerne le ver
de sable (Neanthes virens) et la glycère (Glycera dibranchiata). Enfin, en Europe, on note à
une échelle réduite une distribution de Neanthes virens des régions situées au Nord-Est du
vieux continent (Pays-Bas, Grande-Bretagne, Irlande du Nord) vers les côtes
méditerranéennes ainsi que la distribution de vers marins depuis la lagune de Venise jusqu’au
sud de l’Italie. Il est difficile de chiffrer les besoins du marché européen, mais il excède très
certainement 600 tonnes par an pour une valeur commerciale d’environ deux cents millions
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d’euros (Olive, 1999). En France, depuis plus de 30 ans, une entreprise, Normandie Appâts
(wwww.normandie-appats.com), localisée dans le Calvados commercialise des annélides
polychètes. Elle est devenue aujourd’hui la première marque mondiale dans la distribution de
vers marins vivants pour la pêche avec une gamme importante d’espèces nouvelles.
Actuellement, cette entreprise emploie entre 24 et 45 salariés en fonction de la saison et son
chiffre d’affaires annuel est de 8,5 millions d’euros. Elle distribue ses produits sur l’ensemble
du littoral français ainsi qu’au niveau des pays de la façade atlantique (Portugal, Espagne) et
du pourtour méditerranéen (Espagne, Italie, Grèce).
L’accroissement des prélèvements d’annélides polychètes sur le littoral, l’emploi de produits
incitant la sortie de leur galerie et la mécanisation des méthodes de récolte provoquent un
impact écologique non négligeable (Scaps, sous presse). Les perturbations se localisent à la
fois sur les organismes vivants et sur l’habitat. Dans les zones sédimentaires, le résultat de
cette activité se traduit par le retournement et l’affouillement du sédiment, souvent sur des
profondeurs importantes dépassant 30 à 40 cm. L’habitat sédimentaire est alors complètement
destructuré. Un autre risque environnemental important est que l’importation d’espèces
allochtones qui sont commercialisées vivantes augmente le risque de leur introduction
accidentelle dans le milieu.
ELEVAGE D’ANNELIDES POLYCHETES
De façon à surmonter les problèmes d’ordre environnemental évoqués précédemment, des
entreprises commerciales spécialisées dans l’élevage des vers marins ont vu le jour. Les
principales espèces d’annélides polychètes élevées en cycle complet (de l’œuf à l’œuf) font
partie de la famille des Nereididae. Quelques fermes marines sont d’ores et déjà
fonctionnelles en Asie du Sud-Est et en Europe. Perinereis brevicirrus est élevé à Taiwan par
moins de 10 producteurs et on rencontre également quelques petites exploitations produisant
des annélides du genre Perinereis dans le sud du Japon (Olive, 1994). Depuis 1984, une
compagnie privée, Seabait Ltd (http://www.seabait.com), élevant Neanthes virens s’est
installée dans le Nord-Est de l’Angleterre. Sa production annuelle est passée de 2 tonnes par
an en 1988 à environ 60 tonnes par an à l’heure actuelle (Olive, 1999). Par ailleurs, cette
compagnie vient tout juste de développer l’élevage de l’arénicole des pêcheurs (Arenicola
marina), dont les premiers individus produits industriellement vont bientôt être
commercialisés. En même temps qu’a débuté l’élevage de Neanthes virens en Angleterre, une
entreprise localisée aux Pays-Bas, Topsybait (http://www.topsybaits.nl), a commencé à élever
industriellement cette même espèce. Sa production actuelle est de 125 tonnes par an. Cette
entreprise exporte ses produits dans toute l’Europe ainsi qu’au Liban, au Japon, aux Antilles
néerlandaises, au Venezuela et au Mexique. Elle vient d’installer une succursale au Pays de
Galles car la principale demande en Neanthes virens provient du Nord-Est de l’Angleterre. En
France, il n’existe, malheureusement, à l’heure actuelle, aucune exploitation maricole de
polychètes bien que quelques programmes de recherche ont été initiés (Scaps, 1992 ; Marty,
1997).
Vers de nouveaux débouchés pour l’élevage des vers marins : utilisation en aquaculture
On se sert des vers marins essentiellement en tant qu’appâts pour la pêche sportive à la ligne;
cependant, leur valeur marchande n’est pas limitée à cette utilisation. Les polychètes
constituent un composant majeur de l’alimentation naturelle de nombreuses espèces de
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poissons et de crustacés de grande taille. La valeur commerciale des polychètes provient de
leur forte appétence vis à vis de nombreuses espèces comme en atteste leur utilisation en tant
qu’appâts de pêche.
UTILISATION DES POLYCHETES AFIN
MATURATION DES CREVETTES PENEIDES
DE
STIMULER
LA
Le manque de disponibilité en post larves de crevettes dans la nature stimule, à l’échelle
mondiale, l’intérêt porté à la maîtrise de la reproduction des Pénéidés captifs. La qualité de la
nourriture distribuée aux crevettes en phase de maturation détermine la réussite ou l’échec de
la reproduction. Le poids des ovaires des crevettes en phase de maturation augmente de 4 à 9
fois en une semaine et, pendant ce laps de temps, une quantité suffisante de nutriments doit
être incorporée dans les réserves ovocytaires de façon à assurer le développement normal de
l’embryon et la survie des larves avant qu’elles ne commencent à s’alimenter (Wouters et al.,
2001). Une nourriture mal équilibrée ou incomplète peut conduire à des performances
reproductrices faibles voire à un blocage de la reproduction.
Une source riche en acides gras polyinstaurés
La quantité d’acides gras poly-insaturés présente dans les reproducteurs de l’espèce Penaeus
monodon diminue de façon importante avec le stress engendré lors de la capture, du transit
vers les écloseries et durant la phase de captivité. De plus, il est reconnu que les crustacés ont
des possibilités limitées de synthétiser de novo des acides gras poly-insaturés (Chang et
O’Connor, 1983; Mourente, 1996). Les ovaires de crevettes Pénéidés en cours de maturation
contiennent des quantités importantes d’acides gras poly-insaturés oméga-3 en particulier
l’EPA (acide eicosapentanoïque, 20:5n-3) et le DHA (acide docosahexanoïque, 22:6n-3) ; ces
acides gras interviennent de façon prépondérante lors de la reproduction. L’EPA joue un rôle
spécifique dans le processus de maturation des ovaires tandis que le DHA pourrait intervenir
dans l’embryogenèse précoce (Wouters et al., 2001). Les rapports n-3/n-6 sont respectivement
de 2 et 1 dans les ovaires matures de Penaeus semisulcatus et Litopenaeus vannamei et 3/1
dans les nauplii de Litopenaeus vannamei (Ravid et al., 1999; Wouters et al., 1999b). La
nourriture distribuée lors de la phase de maturation doit donc contenir des proportions n-3/n-6
élevées (Lytle et al., 1990) et une quantité importante d’EPA et de DHA.
Les vers marins contiennent, une forte proportion d’acides gras polyinsaturés essentiels à la
maturation sexuelle des crevettes Pénéidés (EPA, DHA) (Luis et Passos, 1995), ce qui
explique, en partie, qu’ils assurent une maturation efficace des crevettes lorsqu’ils sont
incorporés dans leur alimentation (Luis et Ponte, 1993; Lyttle et al., 1990). Par ailleurs, les
femelles de polychètes gravides produites dans les élevages industriels sont composées à 70%
d’ovocytes bourrés d’acides gras poly-insaturés et pourraient être utilisées préférentiellement
en écloseries de crustacés. On commence à utiliser les vers marins issus d’élevages industriels
au niveau des écloseries de crevettes. Ainsi, l’entreprise néerlandaise Topsy bait distribue,
d’ores et déjà, des vers congelés aux écloseries de crevettes localisées au Mexique, au
Venezuela et aux Antilles néerlandaises. Par ailleurs, une ferme marine spécialisée dans
l’élevage du ver de sable (Neanthes virens) s’ouvre actuellement aux USA et exportera une
partie de sa production vers les écloseries de crevettes localisées en Amérique du Sud.
On peut également noter que les acides gras poly-insaturés essentiels présents dans les vers
marins semblent également stimuler de façon efficace le développement des gonades et la
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ponte de poissons tels que la sole commune Solea vulgaris (Flüchter and Tromsdorf, 1974),
ou la sole du Sénégal Solea senegalensis (Dinis, 1986) dans les élevages industriels.
Autres composés stimulant la maturation des crevettes Pénéidés
La plupart des crustacés ont une reproduction saisonnière et, en captivité, on essaie de
déclencher la machinerie hormonale qui contrôle la maturation. Les vers marins, notamment
lorsqu’ils sont en phase de reproduction, contiennent des composés inconnus qui stimulent la
maturation des crevettes Pénéidés. On pense que les hormones reproductrices de vers marins,
qui sont proches de celles des crevettes Pénéidés, pourraient contribuer au cycle
endocrinologique des crevettes. Ainsi, la glycère est utilisée dans les écloseries américaines et
les opérateurs pensent qu’elle est indispensable afin de stimuler la maturation ovarienne des
crevettes (Kawahigashi, 1998). Elle contient du methyl farnesoate qui est une hormone
ecdystéroïde qui stimule la fécondité et le taux d’éclosion chez les crevettes Litopenaeus
vannamei (Laufer et al., 1997) et Penaeus monodon (Hall et al., 1999) et stimule le
développement ovarien chez d’autres crustacés (Laufer et al., 1998).
UTILISATION DES VERS MARINS EN TANT QUE NOURRITURE
D’APPOINT
En ce qui concerne les espèces de poissons et de crustacés ayant une valeur économique, il est
actuellement très difficile de nourrir tous les stades larvaires avec une alimentation artificielle.
Or, bon nombre de ces organismes consomment volontiers des polychètes comme nourriture
d’appoint. Ainsi, des polychètes de petite taille et à stratégie “r” (cycle de vie bref, aptitude à
tolérer des variations des paramètres physico-chimiques, croissance rapide, maturité sexuelle
précoce, fécondité élevée), de la famille des Spionidae et des Capitellidae servent de
nourriture complémentaire à de jeunes poissons et de jeunes crustacés élevés dans un but
commercial (Guérin, 1978). En Italie, le Spionidé Polydora ciliata est consommé en grande
quantité par la crevette Penaeus japonicus sur le fond des bacs d’élevage (Zupo et al., 1989).
Le Capitellidé Capitella capitata a été utilisé en tant que source de nourriture pour les
juvéniles du poisson d’importance commerciale Pseudopleuronectes americanus (Ryther et
al., 1975).
Plusieurs espèces de Spionidés et de Capitellidés sont relativement faciles à élever au
laboratoire à partir de larves récoltées dans le plancton (Chu et Levin, 1989). Ainsi, l’élevage
en cycle complet de Spionidés a été réalisé pour les espèces Malacoceros fuliginosus (Guérin,
1987), Boccardia semibranchiata (Guérin, 1991) et Streblospio benedictii (Levin, 1984). Spio
decorus a été élevé jusqu’à l’obtention d’individus adultes matures (Giangrande et al., 1992).
Ces résultats suggèrent que plusieurs espèces de Spionidés peuvent être élevées dans les bacs
contenant des poissons ou des crustacés de façon à suppléer leur alimentation. De plus, les
Spionidés et Capitellidés sont capables de fournir des larves de petite taille en grande quantité
qui peuvent servir de proies aux stades juvéniles de poissons et de crustacés (Guérin, 1978).
La présence de proies dans un élevage d’animaux même conditionnés à accepter de la
nourriture artificielle ne peut que satisfaire l’instinct de chasseur de ces animaux et contribuer
à leur assurer une croissance plus rapide et plus harmonieuse.
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Journées Biologiques du Parc Phœnix – Nice, 1 et 2 avril 2004
Mém. Inst. Océano. P. Ricard 2004, pp : 129-136
CONCLUSION
Utilisés principalement en tant qu’appâts de pêche pendant des siècles, les vers marins
intéressent à l’heure actuelle l’industrie aquacole. Le développement récent de l’élevage de
vers marins à l’échelle industrielle ouvre de nouveaux débouchés qui touchent les écloseries
de crustacés et de poissons. En outre, les vers marins peuvent être utilisés comme source de
protéines, lipides, acides aminés et vitamines pour l’alimentation des poissons et des crustacés
d’importance économique et offre une alternative intéressante aux aliments à base de chair et
d’huile de poissons couramment utilisés dans ces élevages. De plus, des extraits de vers
marins rendent les aliments plus appétents et provoque une alimentation accrue comme cela a
été constaté au niveau des élevages de soles. L’intérêt des vers marins du point de vue de
l’aquaculture va inévitablement provoquer une demande supplémentaire qui ne pourra pas être
assurée par la collecte artisanale sur l’estran. L’élevage des vers marins revêt donc une
importance économique beaucoup plus grande que leur seule utilisation en tant qu’appâts de
pêche.
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Mém. Inst. Océano. P. Ricard 2004, pp : 137-141
L’ALIMENTATION D’OISEAUX MARINS
Bruce WALTON
Marineland, Avenue de la Brague, 06600 ANTIBES
L’ECLOSION ET LES PREMIERS SOINS
Au terme de l’incubation, les œufs vont éclorent. Dans la majorité des cas les poussins vont
sortir de l'œuf par eux même, étape très éprouvante pour le poussin qui peut durer plusieurs
heures. Parfois le poussin est très faible et afin qu'il ne s'épuise pas totalement nous l'aiderons à
sortir de sa coquille.
Le poussin à peine éclos sera pesé et nettoyé et surtout sera hydraté grâce au une solution
Isotonique dont nous reparlerons. Le poussin est alors placés dans une couveuse fermée dont la
température sera maintenue entre 35 et 37 C, puis elle sera diminuée progressivement au fur et
à mesure du bon développement du poussin.
Le temps d'incubation en couveuse artificielle étant un peu plus long que le temps d'incubation
naturel, les poussins à l'éclosion seront plus faible et vont pendant les 3 premiers jours avoir
tendance à perdre du poids et à se déshydrater. Les premiers repas auront donc pour but de
limiter au maximum la déshydratation de l'animal mais aussi de leur permettre d'éliminer toutes
les substances présentes dans le vitellus de 1'oeuf et accumulées avant l'éclosion. Pour cela ces
repas seront composés essentiellement de solution isotonique et ce pendant 3 à 4 jours.
LES LIEUX D’ELEVAGE
Après quelque temps (environ 3 semaines), lorsque le poussin aura atteint un certain poids et
que son duvet sera apparu il sera transféré de la pièce appelée “écloserie” où avait eut lieu
l'incubation à une pièce appelée “crèche”. Dans la crèche, le poussin sera placé dans une
couveuse ouverte (couveuse d'élevage de rongeurs) avec une lampe de chauffage dont on pourra
faire baisser la température quasiment quotidiennement d'un ou deux degrés.
Puis lorsque l'on aura atteint d'environ 20 C, température ambiante de la pièce, les poussins
seront placés dans une pièce annexe de la crèche où une climatisation assure une température
ambiante située entre 10 et l2 C et où les poussins à même le sol pourront gambader à leur grés.
Enfin; dés qu'ils seront assez grand ils seront mis à la “manchotière” où ils pourront s'intégrer à
là colonie du Marineland et petit à petit devenir moins dépendant de notre présence pour
s'alimenter.
Ainsi, la température est un facteur très important que l'on doit surveiller de très près car les
manchots, et encore plus les poussins, sont adaptés et peuvent résister dés leur plus jeune âge à
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Journées Biologiques du Parc Phœnix – Nice, 1 et 2 avril 2004
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des températures très froide, mais “un coup de chaud”, c'est à dire une augmentation brutale de
quelque degrés peut 1es tuer en quelque heures.
LE PROTOCOLE D’ELEVAGE DES BEBES MANCHOTS
Les poussins de manchots royaux, gorfous sauteurs, ainsi que tous les autres manchots du parc
sont élevés suivant 1e même protocole, qui a été établi lors de l'arrivé des premiers manchots.
Ce protocole nous donne le nombre de repas à effectuer, nous informe sur la façon de préparer la
nourriture des bébés et nous indique enfin la quantité de vitamines à donner à l'animal.
a) Préparation de la nourriture
La nourriture des bébés manchots est appelée “MIX”.
Le MIX est un mélange de plusieurs ingrédients qui seront broyés dans un mixeur, afin de
former une bouillie qui servira à nourrir le poussin. La recette de ce mélange a été établie à partir
d'études qui avaient été faite sur la substance que les manchots adultes régurgitent et qui sert à
nourrir les poussins.
La recette du MIX est la suivante :
300 ml d’eau minérale.
250 g de sprats.
100 g de calamars.
3 g de gluconate de calcium.
7,5 ml de Zoolyte.
L'eau minérale utilisée est de l'eau classique du commerce. On utilise du sprat, il s'agit d'un petit
poisson de la famille des harengs et qui n'est pas plus gros qu’une sardine. Le calamar lui va
subir un soin particulier ; il sera totalement vidé, la peau sera minutieusement enlevée et très
important, la plume sera enlevée, car peau et plume ne sont pas broyés par le mixeur et risquent
de causer quelques ennuis lors du nourrissage.
Le MIX est enrichit de gluconate de calcium nécessaire à la bonne formation des os des bébés
manchots.
Le Zoolyte est la solution isotonique, riche en vitamines, minéraux, enzymes et acides aminés,
dont nous avons déjà parlé plus haut. Il s'agit d'une poudre que l’on va diluer dans l'eau selon des
doses définies par 1e fabricant (cf. étiquette ci dessous). Le Zoolyte est utilisé à la base comme
solution de perfusion que l'on donne à des animaux malades ou fortement déshydratés afin de
leur redonner des forces. Dans notre cas, le Zoolyte est utilisé pour ces mêmes propriétés mais
1e mode d'administration sera différent puisque ici il est incorporé directement à la nourriture.
Les différents ingrédients cités seront disposés dans un mixeur qui va les broyer. Le mixeur va
effectuer quatre cycles d'environ 2 minutes chacun, chaque cycle étant séparé par une pause de
quelques minutes pour que les gros morceaux tombent au fond et que la température de la
mixture ne monte pas trop haut. Au final on obtiendra une bouillie de couleur verdâtre qui doit
contenir absolument aucuns morceaux.
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Le MIX obtenu sera ensuite réparti dans plusieurs pots : autant de pots que de repas. Puis chaque
pot sera conservé au frigo jusqu'à son utilisation. La nourriture étant préparée le matin et servira
jusqu’au repas du lendemain matin, c'est à dire donc pour 24 heures.
b) Nombre de repas et vitamines
Le même protocole nous indique le nombre de repas à effectuer, c'est à dire 4 repas de MIX par
jours, à des heures bien définies de façon à laisser entre chacun des repas un intervalle de temps
suffisant pour que le poussin puisse bien digérer.
Lors du repas, le MIX préparé sera sorti du frigo et réchauffé au bain-marie pour qu'il soit à une
température entre 34 et 36 C. Il sera également additionné de vitamines qui auront été
préalablement broyées dans un mortier, pour permettre une meilleure dissolution dans le MIX.
On rajoute des vitamines (aquavits et vitamines B1) dans le MIX, car le poisson utilisé est
congelé afin d'éliminer tout risque de présence de bactéries ou de parasites pouvant être néfaste
pour les animaux, mais il perd toutes ses vitamines lors de la décongélation.
Suivant l'évolution pondérale de chaque poussin, le nombre de repas sera diminué. En fait au
début la quantité de MIX est déterminée en fonction du poids de chacun : 10% du poids du
matin, puis au fur et à mesure de la croissance de l'animal la qualité et la quantité du MIX va
évoluer :
- les premiers repas se composent de 50% de MIX (à base de sprat, de calamars et d'eau) et de
50% de solution de Zoolyte, pour éviter la déshydratation,
- puis on ne donnera que du MIX, sans Zoolyte en plus pour obtenir un repas plus consistant,
- l'étape suivante consiste à retirer le Calamar de la composition du MIX et de ne faire plus, que
trois repas, par jours,
- puis on ne donnera plus de MIX et on fera 3 puis 2 repas de sprat par jour,
- et enfin on passera à des repas uniquement composés de harengs.
Ces changements de régimes alimentaires se feront en fonction de chaque animal, de son
aptitude à s'adapter à ces changements sans que se soit pour lui une période désagréable.
c) Le suivi de l'évolution pondérale
Le suivi du poids va permettre d'adapter le régime alimentaire de l'animal en fonction de ses
besoins métaboliques.
A chacun des repas le poussin est soigneusement pesé ce qui nous permet de déterminer son
poids avant et après la prise de nourriture. On pourra ainsi calculer la perte entre deux repas, la
quantité assimilée et plus important la prise de poids journalière grâce à laquelle nous pouvons
suivre quotidiennement l'état de santé du. poussin.
d) Le nourrissage des bébés manchots
Le matériel nécessaire au nourrissage est le suivant :
Un pot de MIX vitaminé, réchauffé à 35 C au bain-marie.
Une seringue en plastique.
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Une sonde de gavage pour nourrisson préalablement coupée à la dimension du manchot.
Une balance.
Un thermomètre.
Dés que le MIX est à la bonne température, le poussin est sorti de sa couveuse et est placé sur la
balance, on note son poids et on commence le nourrissage.
II va devoir mangé une quantité de MIX calculée en fonction de son poids du matin (10% de son
poids du matin).
Pour cela on va demander un réflexe au poussin ; il s'agit d'imiter la position du bec de sa mère
avec nos doigts de façon à ce que le poussin se redresse, se positionne sur la pointe des pattes Et
se mette à avaler.
Le réflexe se fait en formant un “U” renversé avec le pousse et l'index, que l'on met en contact
avec le haut du bec de l'animal. Pour les manchots de petite taille (petit bec), le réflexe peut se
faire de la même façon entre l’index et le majeur.
Pour les droitiers, le réflexe se fait de la main gauche et on nourrit avec la main droite.
Ce réflexe est inné pour l'animal et en reproduisant ce comportement cela nous permet de
connaître l'état de santé de l'animal, en effet s'il ne donne pas de réflexe lors du repas cela peut
signifier soit qu'il n'a pas faim ou alors que ça ne va pas bien du tout.
Dés que l’on a obtenu le réflexe on introduit dans le bec la sonde fixée sur la seringue remplie de
MIX. La sonde est aussitôt avalée par l'animal et descend jusque dans son estomac. On peut
alors commencer à le nourrir jusqu'à ce qu’il arrête d'avaler. A ce moment là on retire la sonde et
on lui laisse le temps de tout avaler.
Le passage de la sonde se fait sans frotter les parois buccales ce n'est donc pas douloureux pour
l'animal.
On va répéter l'opération plusieurs fois jusqu'à l'obtention du poids prévu ou jusqu’à ce qu'on
n'obtienne plus de réflexe, ce qui signifiera dans ce cas que le poussin a assez mangé et qu’il
souhaite retourner dormir.
On pèse à nouveau le poussin après le repas puis on le remet dans sa couveuse.
Après le repas le MIX restant est mis à la poubelle, sondes et seringues sont minutieusement
lavées afin d'éviter que des résidus de nourriture s’y déposent.
e) Nourrissage des manchots adultes
Pour les adultes de la Manchotière le mode de nourrissage est plus simple : ils mangent des
poissons entiers qui sont des harengs, quelques maquereaux et du sprat.
Le repas se constitue de 21 Kg de poissons dont 12 Kg de sprat et 3 Kg d'entiers (harengs et
maquereaux) répartis dans le bassin qu’ils iront pêcher eux mêmes, et 6 Kg d’entiers donnés à la
main sans réflexe aux anciens bébés arrivés en avril 2002 au Parc déjà assez grands pour être
intégrés à la colonie.
Cette quantité est donnée en deux fois ; un repas est effectué le matin et un autre l'après midi.
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Mém. Inst. Océano. P. Ricard 2004, pp : 137-141
Pour eux aussi et pour les mêmes raisons on rajoute des vitamines :
30 demi aquavits.
30 vitamines E.
On disposera un demi aquavits et un comprimé de vitamine E (elle permet d'éviter
l'accumulation des graisses autour des organes) dans chaque sprat sans trop l'endommager, car
ce sont des poissons que mangent très facilement les manchots et ils ne trient pas les vitamines
qui s'y trouvent.
Pour les manchots Humboldt qui ne se trouvent pas au même endroit, le nourrissage se fait de la
même façon en mettant le poisson dans l'eau. La différence étant que eux ne mangent que du
sprat dans lequel on dispose 15 demis comprimés d’aquavits.
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Journées Biologiques du Parc Phœnix – Nice, 1 et 2 avril 2004
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LA PREPARATION DE L’ALIMENTATION POUR LES ANIMAUX
SAUVAGES ET DOMESTIQUES
Sylvain GRESILLON
S.A. Saint Laurent, Zone Industrielle du Bouillon, 79430 LA CHAPELLE SAINT
LAURENT
POURQUOI SAINT LAURENT ?
Certes implantée à la Chapelle Saint-Laurent depuis 1983, le nom de la société est né du
fleuve Saint-Laurent au Canada. Celui-ci gèle en hiver et permet ainsi aux attelages de chiens
de traîneaux de traverser le fleuve. Leurs rations alimentaires sont alors congelées du fait des
températures hivernales, les chiens consomment donc leur viande gelée.
L’orientation actuelle de la société est née de mon enfance passée dans les cirques au milieu
des dompteurs et des dresseurs.
SAINT LAURENT, COMMENT ?
En 1985, la gamme de produits « Mister Chien » voit le jour. Le logo est naturellement repris
de l’idée de départ : des huskys tirant un traîneau.
A cette époque, seule de la viande de bœuf en quartiers est livrée aux zoos et cirques. Afin de
se développer, et de faciliter le travail des soigneurs animaliers qui n’ont pas nécessairement
la formation adéquate pour désosser et découper la viande, le concept des rations individuelles
est lancé.
Tout d’abord, une gamme de produits pour carnivores est développée puis pour d’autres
espèces ayant également besoin de matières protéiques. Le résultat des observations
effectuées au Canada (Cf Pr. Voltaire de Maisons-Alfort) combinées à mon expérience dans
les cirques m’a conduit à mettre en place une structure permettant de congeler des portions
individuelles de viande pour l’alimentation des félins ainsi que toutes sortes de produits
protéinés.
Aujourd’hui, l’évolution de Saint-Laurent se fait en restant à l’écoute des besoins des parcs
zoologiques via les soigneurs et les vétérinaires qui sont directement en contact avec les
animaux.
LES PRODUITS SAINT LAURENT
Les viandes : bœuf, poulets, poussins, cailles, rats et souris, etc…
Les poissons : harengs, maquereaux, sprat, éperlans, tacauds, crevettes, calmars, etc…
Les insectes : grillons, criquets, blattes, etc…
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Journées Biologiques du Parc Phœnix – Nice, 1 et 2 avril 2004
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Les différentes sources de matières premières et la législation :
- Les viandes de bœuf et de volaille achetées en abattoirs proviennent de saisies techniques et
sanitaires comme établi dans l’arrêté du 3 mai 1957 modifié en 1962 puis en 1974, et repris
dans le règlement CEE 1774-2002 par la dérogation de l’article 23 qui autorise la collecte des
produits de catégories 2 et 3 pour l’alimentation des animaux sauvages. Ces viandes sont
principalement des cachexiques communément appelées pampines, des hydroémiques, des
hydrocachexiques et des viandes surmenées. Les viandes saisies sont systématiquement
dénaturées avec de la farine de luzerne afin qu’elles ne retournent pas à la consommation
humaine. Cette dénaturation est obligatoire pour toutes les viandes saisies. D’autres méthodes
sont autorisées mais ne conviennent pas à l’alimentation animale : pétrole ou colorants tels
que le bleu de méthylène ou le jaune tartarin.
Conformément au règlement CE 999/2001 entré en vigueur le 1er juillet 2001, nous disposons
d’une autorisation nous permettant de détenir des viandes sur os de bovins de 12 mois et plus
et de procéder à leur désossage. Ce règlement détaille la liste des MRS, et prévoit le retrait
des os de colonne vertébrale et des apophyses. Ces mesures assurent le contrôle et
l’éradication de certaines encéphalopathies spongiformes transmissibles.
De plus, l’article 18 nous permet d’être reconnu par la DSV et le ministère de l’agriculture via
un numéro d’agrément européen (7907602). Afin de garantir l’identification et la traçabilité
des marchandises, les portions sont emballées dans des cartons portant une inscription
précisant la date de fabrication, la composition du produit ainsi que le numéro d’agrément.
- Les poussins : proviennent de couvoirs agréés, livrés avec un certificat sanitaire. Les
poussins sont des individus de sexé mâle, les femelles étant utilisées dans les élevages de
poules pondeuses.
- Les cailles : élevées pour la consommation humaine étant trop grasses pour les animaux,
celles que nous livrons sont pour la plupart produites par un élevage interne de la société.
- Les rats et souris : sont issus de divers élevages français et étranger, mais nous devrions
commencer, fin 2004 ou début 2005, notre propre élevage afin d’être en mesure de répondre à
une demande croissante de bébés roses et de souriceaux.
- Plus de 80 % des poissons sont pêchés en mer sur des bateaux usines qui sont capables de
congeler immédiatement la pêche à l’aide de congélateur à plaques. Cela garanti une fraîcheur
exceptionnelle aux produits.
- Les insectes sont produits par un élevage régional de qualité. Cette proximité permet de
réduire les délais lors des envois et par conséquent de réduire le taux de mortalité des animaux
qui ne sont pas alimentés pendant le trajet.
LA QUALITE SAINT LAURENT
Acheminement des denrées, préparation et contrôle :
Le ramassage des viandes se fait à l’aide de nos propres camions frigorifiques de classe
FRCX (Frigorifique de classe C). Les locaux techniques de l’entreprise sont divisés en deux
secteurs suivant les normes sanitaires en vigueur. L’un est destiné au désossage et à la
découpe des carcasses bovines. Dans un premier temps, les colonnes vertébrales sont retirées
dans un local spécifique. Ensuite, la découpe des portions individuelles est réalisée selon les
besoins de chaque espèce. Enfin, les morceaux sont passés au tunnel de congélation à -40° C
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dans les 24 heures suivant leur arrivée avant d’être stockés en chambre de congélation à -18°
C afin de limiter la prolifération de bactéries. Cette technique de conservation permet de
garantir la qualité des produits lors de la livraison chez le client.
Les autres produits se font dans le second secteur où un laboratoire a été mis en place pour le
parage, le broyage, la découpe et l’emballage.
Règles pour établir les portions individuelles :
Pour les grands félins, comme les lions ou les tigres, une ration d’environ 7 kg de viande avec
os est préparée ; pour les petits félins 3,5 kg sont découpés. La présence de l’os est très
importante pour l’alimentation des carnivores. En effet, cela leur permet d’agripper leur proie,
et d’amorcer le processus de digestion. A partir de ce moment, ils se mettent à saliver ce qui
déclenche la sécrétion de sucs gastriques dans l’estomac. Le fait qu’ils soient obligés
d’arracher la chair de l’os leur prend du temps. Durant cet instant la viande peut se réchauffer
avant d’arriver dans l’estomac ce qui permet une bonne digestibilité. Personnellement je ne
suis pas favorable à la viande seule ou hachée même pour faciliter la prise de médicaments ou
bien en petites quantités car, le risque de régurgitation devient trop important et très délicat en
ce qui concerne le tigre.
Les poussins de 1 jour ont été choisis en fonction de leurs qualités nutritives. En effet, à
l’éclosion les poussins puisent dans leurs réserves vitellines qui diminuent alors rapidement.
Si ils sont euthanasiés suffisamment tôt, ils apportent alors des lipides en grande quantité, et
constituent également une source importante de protéines puisque le taux de protéines dans un
poussin de 1 jour est d’environ 12 %.
Les cailles sont élevées jusqu’à l’âge de quatre semaines au lieu des six semaines prévues en
consommation humaine. Ainsi, il est possible d’obtenir une chair présentant un taux de 16 %
environ de protéines et de diminuer le taux de lipides. Cette composition est excellente pour
les rapaces (en dehors des périodes pendant lesquelles ils doivent garder leur poids de vol).
Souris et rats de toutes les tailles pour respecter les cycles et les besoins des différents
animaux et ne pas donner de trop grosses rations pour éviter les surcharges pondérales. Par
exemple, les serpents de type boa ou python s’alimentent en une prise pour plusieurs
semaines, il faut donc respecter ce rythme biologique et leur donner une ration suffisamment
importante pour leur permettre de jeûner jusqu’au prochain repas.
En ce qui concerne les animaux aquatiques, le procédé est plus simple. La seule difficulté
réside dans le fait que le poisson doit être de première fraîcheur pour ne pas véhiculer une
odeur de poisson mort comme c’est parfois le cas avec des petits bateaux de pêche qui
ramènent le poisson en cale et le congèle à terre. Ces poissons ne doivent être ni vidés ni
étêté, et leur taille sera fonction de l’espèce, de l’âge et de la taille des animaux en captivité
auxquels ils sont destinés. Ce raisonnement est également valable pour les oiseaux pêcheurs.
Je ne parlerai que très peu des insectes étant donné que nous manquons de recul puisque nous
venons de démarrer ce produit en collaboration avec un spécialiste d’élevage de notre région.
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Autre gamme de produits de Saint-Laurent :
Une autre partie de l’activité de Saint-Laurent concerne l’alimentation des animaux
domestiques. La gamme de produits est à base de viande crue ; elle est principalement
destinée aux chiens de traîneaux, aux meutes, aux SPA, et aux chenils. Cette part de l’activité
représente à peine 10% de notre chiffre d’affaire, mais est très intéressante du point de vue de
la préparation des rations. En effet, dans certains cas, elles peuvent nous servir de base pour
l’élaboration d’aliments pour animaux sauvages. Je pense par exemple à la bouillie de
poissons pour les oiseaux mazoutés ou d’un mixte pour oiseaux limicoles constitués de
poussins, poissons, cous de poulets, et farine de soja. Pour toutes ces rations broyées, il est
possible de reprotéiner le produit avec une préparation à base de farine de soja (1/3 soja, 2/3
eau).
Exemple d’un schéma de fabrication pour l’aliment « Mister Chien Bœuf Volaille » :
pour 300 kg d’aliment :
Cornet
Préparation au soja (10 kg de soja et 20 kg d’eau)
Cous de volailles (120 kg)
Viande de bœuf (150 kg)
Hachoir
Conditionneuse / Calibreuse
Sacs
Cartons
Tunnel de congélation (-40°C ; 1 nuit)
Congélation (-20°C)
Contrôle des produits :
Afin de respecter la qualité Saint-Laurent ainsi que le cahier des charges basé sur la méthode
HACCP (Hazard Analysis Critical Control Point) s’y rapportant, un contrôle strict des
produits est effectué.
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PLAN DE CONTROLE
-
Réception de la marchandise
-
-
Stockage intermédiaire
ETAPE DE FABRICATION
Température des produits
Aspect : fraîcheur, couleur,
odeur, corps étrangers de type
bague,…
Emballage
En cas de doute une analyse
bactériologique est effectuée
au Laboratoire d’Analyse et
de
Sécurité
Alimentaire
(LASA)
Dans l’éventualité d’une
marchandise de mauvaise
qualité ou contaminée, celleci est soit retournée au
fournisseur, soit détruite sur
place
Température du quai
ELEMENTS DE CONTROLE
Sortie des produits au laboratoire
Préparation
Broyage
Pesage
Conditionnement
-
Température de la viande
Aspect : fraîcheur, couleur,
odeur, corps étrangers de type
bague,…
-
Poussoirs (fonctionnement de
la pompe à vide)
Tenue du produit fini
-
CONTROLE INDEPENDANT
ELEMENTS DE CONTROLE
En cas de doute : chiffonnette dans
les endroits sensibles du
laboratoire
- 147 -
-
Analyse bactériologique par
le LASA
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PROCEDURE DE NETTOYAGE
Matériel et locaux concernés : au laboratoire, au lavage des bacs, au local des os et suif, au
local de saisie, et au quai de chargement.
QUAND ?
QUOI ?
- Racler l’eau et les déchets
jonchant le sol vers l’égout
- Vider le panier dans la
poubelle
- Empiler les caisses vers la
grille d’évacuation
- Les Passer au Karcher avec le
nettoyant de surface ANIOS
ND7 85 à 2% afin d’enlever
tous les déchets restants
Après chaque journée de
Le sol
travail
Après chaque utilisation Les caisses
Après chaque utilisation Les caddies
Quand il est visiblement
Le transpalette
sale
Après chaque journée de
Les machines
travail
Après chaque
déchargement
Les camions
Après chaque utilisation La scie
Après chaque utilisation Les balances
Après chaque utilisation Les tables de découpe
Une fois par semaine, à
la fin du travail et du
nettoyage
COMMENT ?
Les locaux
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- Passer au jet d’eau
- Passer au Karcher avec le
nettoyant de surface ANIOS
ND7 85 à 2%
- Les nettoyer au Karcher avec
le produit ANIOS ND7 85 à
2%
- Temps de contact : 3 min
- Rincer
- Passer le Karcher à basse
pression sur la lame avec le
nettoyant de surface ANIO
ND7 85 à 2%
- Nettoyer les balances avec
une éponge
- Rincer
- Retirer l’eau
- Passer au Karcher avec le
nettoyant de surface ANIOS
ND7 85 à 2%
- Pulvériser le produit
(traitement d’ambiance)
ANIOS R88 à 8 ml par m3
d’air (ex : pour le labo de 292
m3 il faut 2,4 L)
- Laisser en contact 3 heures,
sans présence humaine
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LISTE DES DANGERS POTENTIELS
NATURE DU
DANGER
I. Dangers
microbiologiques
Bactéries pathogènes
tels que salmonelles,
Escherichia coli,
staphylo-pathogènes,
anaérobie
II. Dangers physiques
Fer : bagues, crochets,
vis, couteaux
III. Dangers
biologiques
- Insectes
ORIGINES
POSSIBLES
MOYENS DE LUTTE
- Matières premières
contaminées
- Environnement
- Cahier des charges contrôle
produits et nettoyage
- Hygiène des locaux et du
matériel
- Matières premières,
résidus de labels
- Usure des machines
- Cahier des charges contrôle
produits et nettoyage
- Maintenance de prévention
- Matières premières,
air, environnement
- Empêcher leur intrusion
dans les bâtiments
- Nuisibles : souris, rats, - Environnement
et leurs excréments
- Empêcher leur intrusion
dans les bâtiments
- Intervention des
établissements Nicol Hygiène
DANS LE FUTUR
- Toujours veiller à la qualité des produits notamment d’un point de vue bactériologique
- Poursuivre la recherche d’aliments appétents et équilibrés. Par aliments appétents, il est
entendu que l’apparence et la fraîcheur des produits sont pris en considération mais qu’aucun
additif n’est ajouté. En effet, les rapaces sont, par exemple, sensibles à l’aspect duveteux d’un
poussin ou d’une souris. Ces animaux congelés doivent par conséquent être conservés en
maintenant leur aspect extérieur le plus proche possible de celui de l’animal vivant.
- Distribution et développement de produits déshydratés de type « croquettes Mazuri » mais
élaborés en collaboration avec un département recherche et développement et les soigneurs
animaliers des parcs zoologiques. Cette méthode de travail permet d’être constamment à
l’écoute des besoins des parcs animaliers et de leurs animaux, et donc de mieux répondre à
leurs attentes.
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