PETRARCHISMO E ANTIPETRARCHISMO NELLA POESIA DI

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PETRARCHISMO E ANTIPETRARCHISMO NELLA POESIA DI
ZOLTÁN JENEY
PETRARCHISMO E ANTIPETRARCHISMO
NELLA POESIA DI JOACHIM DU BELLAY
Introduzione
Il Cinquecento francese è caratterizzato dal trionfo del petrarchismo
nella poesia. L’influsso italiano – frutto di una simbiosi secolare delle
letterature italiana e francese da Dante a Bembo – si evolve con le
campagne militari dei re Carlo VIII e Francesco I. Francesco I, il primo re
umanista di Francia, si rivolge alle arti e alle scienze, si interessa alla
scultura, alla pittura e soprattutto alla letteratura, essendo egli stesso
poeta in lingua vernacola. Le guerre italiane, oltre i successi militari,
hanno contrassegnato la società francese con una rivoluzione culturale.
Separate dai fronti entro le armate dell’imperatore asburgico, Carlo
V, e quelle di Francesco I, le città italiane si legano ai diversi partiti. I
rifugiati dei territori occupati dagli spagnoli trovano asilo in Francia e,
apportando la loro cultura, partecipano alla trasformazione della
letteratura francese.
Già Jean Lemaire de Belges, cronista dei principi borgognoni, attivo
nei decenni a cavallo tra Quattrocento e Cinquecento, tratta della
concordanza delle due lingue (cioè del francese e dell’italiano) nel 1513,
periodo in cui una gran parte degli intellettuali francesi considera
l’italiano una lingua superiore al francese.1
La città simbolica della comunione franco-italiana è Lione. Una gran
parte della borghesia cittadina è composta dai commercianti italiani
residenti in Francia. Lione si trova a metà strada tra Parigi ed Avignone,
la città di Laura. Gli Italiani di Lione rappresentano un gruppo sociale
1
“ ... l’une des parties substenoit que la langue françoise estoit assez gente et propice,
souffisante assez et du tout elegante pour exprimer en bonne foy et mettre en effect
tout ce que le langaige toscan ou florentin, ja soit le plus flourissant d’Ytalie, sçauroit
dicter ou excogiter, soit en amours, soit autrement; [...] l’autre [...] deffendoit et
preferoit la langaige ytalicque, comme celuy qui plus et mieulx apoint et par plus
grand affection scet exprimer son intention en praticque amoureuse et aultres
matieres...” (Belges 1947:3-4)
78
che s’interessa alla cultura, e più precisamente alla letteratura. Nell’anno
1531, Sébastien Gryphe pubblica le Opere Toscane di Luigi Alammani,
poeta fiorentino, e con questa edizione comincia un periodo
particolarmente ricco della vita letteraria italiana in Francia. Nello stesso
anno, esce a Lione la versione francese dei Trionfi di Petrarca, seguita da
tre edizioni della versione italiana. È vero che questa pubblicazione
segue di diciassette anni la prima edizione della traduzione, attribuita a
Georges de la Forge. Negli anni 1530 e 1540, le opere fondamentali del
Rinascimento italiano sono edite o in francese o nella lingua originale
(italiano, latino): Ariosto, Aretino, Il libro del Cortegiano di Castiglione
nella traduzione di François Juste. Petrarca e Boccaccio sono già
conosciuti dal pubblico francese, la Genealogia deorum di quest’ultimo è la
fonte di parecchi testi medievali francesi.
La scoperta della supposta tomba di Laura ad Avignone nel 1533 dà
slancio al culto della musa di Petrarca e rilancia la moda della lettura
delle opere del poeta laureato. Francesco I, fanatico ammiratore della
musa di Petrarca, ne visita la tomba, conferendo così alla poesia
petrarchesca una dignità regia. Per essere chiari, si deve indicare che il
1533 non segna l’inizio del petrarchismo in Francia, ma si tratta
unicamente della cristallizzazione (per utilizzare un’espressione di
Daniel Maira (2003:1)) di un fenomeno già esistente nella poesia
francese.
La città di Lione è interessante per il nostro tema, tra l’altro, perché
due personaggi importanti della letteratura petrarcheggiante francese
sono associati a quest’ambiente. Si tratta di Maurice Scève e di Clément
Marot, poeti attivi negli anni 1530 e 1540. Maurice Scève rappresenta lo
stile alto, “le style élevé”, Clément Marot introduce lo stile di “badinage”,
cioè lo stile leggero di una conversazione amorosa. I due stili si
alimentano della poesia petrarchesca: Scève, nella sua raccolta che lancia
la moda dei “canzonieri” francesi, la Délie, riproduce parecchie
immagini di Petrarca, posandole in un contesto oscuro, giocando con un
modo di esprimersi enigmatico; Marot, traduttore di sei sonetti di
Petrarca, utilizza il patrimonio metaforico petrarchesco per la
formulazione di un discorso amoroso. Questi due stili daranno origine
allo “style haut” ed allo “style bas” della Pléiade.
79
Petrarca e i petrarchisti italiani in Francia, al tempo di Du Bellay
Come abbiamo detto, le prime traduzioni dei Rerum vulgarium
fragmenta di Petrarca sono i sei sonetti tradotti da Marot, eseguiti su
commissione regale, tra il 1537 e il 1539. Lo stesso poeta utilizza più
d’una volta i motivi petrarcheschi e imita alcuni versi delle diverse
poesie del suo modello. Ma la prima traduzione integrale dei RVF è
opera di un certo Vasquin Philieul, intitolata Laure d’Avignon e
pubblicata nel 1548 a Parigi. Più esattamente, quest’edizione contiene
soltanto le rime composte “in vita di Madonna Laura”, ovvero circa i
due terzi del Canzoniere. Le altre composizioni della raccolta, vale a
dire quelle scritte “in morte di Madonna Laura” si trovano soltanto in
un’edizione accresciuta del 1555, che è una pubblicazione dotata dei
cosiddetti arguments, spiegazioni delle rime, comparabili ai razos dei
trovatori occitanici. Philieul raccomanda Petrarca ai lettori francesi
con queste rime:
O vous François, francz & divins espritz,
Pensez vous point, en lisant tant d’escritz,
Que cela soit pronostication,
Signifiant des cieux l’intention,
De voir ainsi par un clement destin
Ioinct au François l’ancien Florentin?
Que si chacun d’iceux faict que tout tremble,
Que feront ilz les deux unis ensemble?
Les deux, qui ont d’heureuse renommée
Asie, Europe & Afrique semée.
(in Petrarca 1555:4)
L’opera di Vasquin Philieul è analizzata da Giovanna Bellati in un
articolo apparso sul periodico Aevum nel 1985. Abbiamo ugualmente
detto, che la versione francese dei Trionfi venne già pubblicata nel
1514, e che l’opera di Petrarca era comunque accessibile in Francia,
dato che molte edizioni in lingua italiana vennero stampate in
Francia.
80
Il re era un grande appassionato della poesia petrarchesca e la
maggioranza dei poeti francesi, motivati da una parte dalla lealtà di
sudditi fedeli, dall’altra dal loro proprio entusiasmo, si interessarono
a Petrarca e ai poeti italiani petrarcheggianti. Stranamente, il
petrarchismo francese non si fonda sulle rime di Petrarca, ma
generalmente sull’imitazione del petrarchismo italiano. Così, per
avere informazioni sull’apprendistato poetico dei poeti francesi, non
si deve esaminare soltanto la presenza dei testi petrarcheschi, ma
anche dei suoi successori in Italia: tra gli altri, Bembo e Berni. Gli
autori più eminenti tra i petrarchisti italiani sono editi da un
veneziano, Giolito de Ferrari, che nel 1545 e nel 1547 pubblica una
raccolta grandissima, in due tomi, le Rime diverse di molti
eccellentissimi auttori nuovamente raccolte, e le Rime di diversi nobili
huomini et eccellenti poeti nella lingua thoscana.
Gli avvenimenti politici provocano un aumento dei viaggi
professionali, gli ambasciatori di Francia sono in un andirivieni
permanente. La famiglia Du Bellay appartiene ai rappresentanti
eminenti del loro paese, nelle diverse città d’Italia. Il cardinale Jean
Du Bellay e suo fratello Guillaume passano per i confidenti del re
negli affari relativi alla politica italiana. Il grande romanziere François
Rabelais, padre delle figure di Gargantua e di Pantagruel,
accompagna il cardinale in Italia negli anni 1530, mentre Joachim Du
Bellay, nipote di quest’ultimo, fa un viaggio a Roma come parte del
suo seguito, in qualità di intendente della casa cardinalizia, tra il 1553
e il 1557. Jean-Antoine de Baïf, poeta della Pléiade, è figlio
dell’ambasciatore di Francia a Venezia, Lazare de Baïf.
L’attività dei francesi in Italia non è letteraria ma, per lo più,
amministrativa. Tuttavia, tra i segretari, gli assistenti e gli intendenti
dei grandi dignitari, si trovano anche poeti e scrittori, come Olivier
du Magny, Lancelot de Carle o Jacques Bouju.
Questo contatto diretto con la cultura italiana dà un’impressione
forte dell’ambiente culturale del paese, ma mostra anche il volto reale
di un’Italia, e questo vale soprattutto per Roma, ben differente da
quella conosciuta per mezzo dei testi letterari.
81
Un disappunto irreversibile trasforma la visione dei poeti francesi
e li conduce all’antipetrarchismo, modo d’espressione tipicamente
antagonistico rispetto all’idealismo lirico.
Il sonetto, forma emblematica del petrarchismo francese
Prima di procedere all’analisi del petrarchismo di Du Bellay si deve
parlare un po’ della forma poetica emblematica dell’influsso italiano
in Francia, il sonetto.
Il sonetto è nella poesia francese una forma tipicamente
cinquecentesca. Il primo sonetto francese venne scritto negli anni
1530. La persona del primo sonettista non è sicura, così che Clément
Marot e Mellin de Saint-Gelais possono ambedue concorrere a questo
titolo. Le sei rime di Petrarca tradotte da Marot sono tutte sonetti, così
il primo incontro del pubblico francese con il Canzoniere avviene per
mezzo di sonetti. Questa forma non esiste nella poesia tradizionale
francese, e la sua introduzione in Francia nello stesso tempo in cui si
hanno le prime traduzioni della poesia lirica petrarchesca, genera
un’identificazione della forma e dello stile del petrarchismo. Benché
l’opera di Petrarca e quella dei poeti petrarchisti italiani non siano
composte unicamente di sonetti, la forma caratteristica del
petrarchismo francese è il sonetto.
I due poeti concorrenti per il primato di sonettista, Marot e SaintGelais, sono creatori di due tipi differenti di sonetto francese. SaintGelais copia il sonetto italiano di quattordici versi, con la stessa
struttura di rime, mentre Marot inventa una forma specialmente
francese, in cui i primi due versi della prima terzina presentano una
rima accoppiata. Per dare una definizione chiara, abbiamo scelto
quella di André Gendre:
Le sonnet français régulier est un poème à forme semi-fixe de
quatorze vers et composé de trois strophes. Les deux premières sont
des quatrains [S1 et S2] construits l’un et l’autre sur le même couple
de rimes embrassées. La troisième est un sizain [S3] articulé
typographiquement en deux tercets [S3A et S3B]. Le sizain est
construit, sur une rime plate précédant un couple de rimes
82
embrassées différentes de la rime plate, soit sur une rime plate
précédant un couple de rimes croisées différentes de la rime plate. 2
(Gendre 1996:17-18)
È interessante sottolineare un aspetto di questa definizione, che
vede la rima accoppiata in capo alla sestina. Questa caratteristica è
l’anello di congiunzione tra le forme di poesia tradizionalmente
francesi e quella appena arrivata dall’Italia. In effetti, il sonetto
prende una forma particolare, francese, una forma assolutamente
nuova nella storia della sua lunga carriera internazionale.
Il sonetto italiano non usa la rima accoppiata in capo alla sestina,
nè al tempo di Petrarca, nè in quello della poesia dei petrarchisti
contemporanei ai poeti della Pléiade; per mostrare le forme che
s’impiegano in Italia, ci serviremo di due schemi stabiliti da Chiara
Sibona (1984:34-35).
Ecco uno schema delle rime nelle terzine di Petrarca:
verso
9
10
11
12
13
14
I
C
D
C
D
C
D
II
C
D
C
C
D
C
III
C
D
D
D
C
C
IV
C
D
E
C
D
E
V
C
D
E
D
C
E
VI
C
D
E
D
E
C
VII
C
D
E
E
D
C
Si può vedere che Petrarca comincia in maniera obbligata la sua
“sestina”, con due versi di diversa terminazione, e che utilizza
egualmente sestine con due rime diverse. La prima versione
(CDCDCD) riceve in eredità la struttura della terza rima
“Il sonetto francese regolare è una poesia di forma semi-fissa, composta di
quattordici versi e divisa in tre strofe, delle quali le prime due sono quartine
{S1 e S2} costruite l’una e l’altra sulle stesse coppie di rime chiuse. La terza è
una sestina {S3} articolata tipograficamente in due terzine {S3A e S3B}. La
sestina è costruita o su una rima accoppiata precedente un paio di rime
chiuse differenti dalla rima accoppiata, o su una rima accoppiata precedente
un paio di rime alternate differenti dalla rima accoppiata.”
2
83
(ABABCBCDC etc.), forma autenticamente italiana, quella per
esempio della Divina Commedia.
Ecco alcune strutture non utilizzate da Petrarca, ma da altri poeti
italiani:
verso
9
10
11
12
13
14
I
C
D
C
C
D
D
II
C
D
D
C
D
D
III
C
D
E
E
C
D
IV
C
D
C
D
E
E
V
C
D
C
E
D
E
VI
C
D
D
C
E
E
Le altre versioni della “sestina” non esistenti nella poesia di
Petrarca ma impiegate dagli altri poeti petrarchisti, mostrano
ugualmente che la rima accoppiata è impossibile in capo alla sestina,
e che questa costruzione è più frequente alla fine della poesia, marca
caratteristica del sonetto di Shakespeare.
Il petrarchismo di Du Bellay
Parecchi testi di Du Bellay mostrano la sua devozione alla poesia
antica e italiana:
Quel siecle esteindra ta memoire,
O Boccace? et quels durs hyvers
Pouront jamais seicher la gloire,
Petrarque, de tes lauriers verds?
Qui verra la vostre muëtte,
Dante, et Bembe à l’esprit hautain?
Qui fera taire la musette
Du pasteur Nëapolitain?
Du Bellay non nasconde mai il fatto che il suo modello sia la
poesia di Petrarca, anzi l’Olive, la sua prima raccolta ed insieme sua
opera più petrarcheggiante, comincia con una chiara allusione alla
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raccolta “divinizzata” del poeta italiano, i Rerum vulgarium fragmenta.
Parlando con la sua opera, più esattamente con la pianta scelta come
sostituto della donna adorata, Du Bellay dice: “[j’]espere te rendre /
Egal un jour au Laurier immortel.” Senza dubbio il laurier di cui si
tratta in questa citazione è il lauro paronomastico di Laura.
L’Olive
L’imitazione di Petrarca si realizza su diversi livelli del testo: il nostro
poeta compone la prima raccolta originale3 di sonetti nella letteratura
francese; l’Olive è un’opera composta di una serie di imitazioni degli
autori petrarchisti (Bembo, Berni, Ariosto, Gottifredi, etc.) e di
Petrarca; le raccolte più tarde, che non seguono tanto strettamente la
via petrarcheggiante quanto questa, traggono la maggior parte delle
loro immagini, metafore e allegorie, dalla gamma petrarchesca. Lo
stile e la struttura sono già stati analizzati da parecchi ricercatori,
come Guido Saba, che descrive due aspetti del petrarchismo di Du
Bellay caratterizzanti l’Olive:
Per Du Bellay, Petrarca è maestro di stile, degno di stare accanto, per
la poesia d’amore, ai grandi autori antichi. Si possono però notare
nell’Olive i due aspetti salienti del petrarchismo del nostro poeta : da
una parte quello piú evidente, alle volte anche tecnico, relativo
all’imitazione formale, dall’altra quello dell’imitatio vitae. Questo
secondo aspetto, trascurato per la lirica cinquecentesca italiana, è stato
finora ignorato per l’Olive. E invece esso può aiutarci a capire perfino
la disposizione dei sonetti all’interno della raccolta. È stato osservato
giustamente che l’architettura della raccolta rispecchia nelle linee
essenziali quella del “canzoniere” petrarchesco: ad imitazione delle
rime in vita ed in morte di Laura abbiamo i sonetti in vita (la grande
maggioranza) ed in morte di Olive (morte presunta perché il poeta
non parla che d’una malattia).
(Saba1962:57-58)
Naturalmente, il primo canzoniere francese contenente sonetti è il Canzoniere di
Petrarca tradotto da Vasquin Philieul.
3
85
Ma oltre allo stile e alla struttura, esiste un aspetto più concreto,
quello della forma. Abbiamo già presentato la versione francese del
sonetto, che rappresenta una forma ibrida della poesia italiana e delle
tradizioni francesi. Chiara Sibona ha fatto un’analisi dell’impiego
delle sestine nella poesia di Ronsard. Ecco il calcolo delle versioni
utilizzate da Ronsard (Sibona 1984:40):
CCD EED
CCD EDE
CDC DCD
=
=
=
405 CDC DDC
188 CDC DEE
35 CDC EDE
=
=
=
9 CCD DCD
8 CCD CCD
6 CDE CDE
=
=
=
4
4
3
La grande maggioranza (601 contro 61) delle sestine che cominciano
con le rime accoppiate, segnala l’abbandono definitivo del modello
italiano. Abbiamo effettuato lo stesso conto in Du Bellay, e abbiamo
ottenuto grossomodo lo stesso risultato:
CCD EED
CCD EDE
CDE CDE
=
=
=
261 CDC EDE
69 CDC DCD
13 CDC EED
=
=
=
10 CDC DDC
6 CDC DEE
4 Senza rima
=
=
=
3
3
1
Le proporzioni sono simili a quelle delle sestine di Ronsard (330
contro 39), per cui risulta che la posizione dei due poeti nel rapporto
della versificazione, concorda con la maniera italiana. Nello stesso
tempo abbiamo fatto un calcolo più dettagliato ed abbiamo ottenuto
risultati che permettono di paragonare la presenza delle sestine
italiane nelle diverse raccolte di Du Bellay4:
4
Naturalmente, non abbiamo esaminato che le raccolte contenenti sonetti.
86
Abbiamo fatto uno studio delle proporzioni tra sonetti italiani e
francesi, nelle raccolte di Du Bellay che sono composte unicamente di
sonetti:
Olive5:
francese6 =
77
italiano7 =
37
8
Inventions : francese =
14
italiano =
0
Antiquités9: francese =
47
italiano =
1
Regrets:
francese =
192
italiano =
1
Questa ripartizione delle forme francese e italiane è parallela
all’influsso petrarchesco nella produzione poetica di Du Bellay. La
prima edizione dell’Olive, ovvero della prima raccolta dell’autore,
mostra uno stile incontestabilmente petrarcheggiante. Via via che il
poeta si allontana dal petrarchismo, le sestine italiane scompaiono.
Per conoscere tutto quello che Du Bellay considerava come
petrarchesco nella poesia lirica, è sufficiente leggere le poesie
antipetrarchiste. Nella poesia A une Dame, oppure in quella intitolata
Contre les pétrarquistes, Du Bellay spiega la necessità di una poesia
sincera che non proceda con le figure petrarchesche, ma parli
unicamente dei veri sentimenti. Evidentemente questo tipo di
discorso è anche un artificio, ma un artificio più fedele alle tradizioni
francesi:
J’ay oublié l’art de Petrarquizer,
Je veulx d’Amour franchement deviser,
Sans vous flatter, et sans me deguizer:
Ceulx qui font tant de plaintes,
N’ont pas le quart d’une vraye amitié,
Et n’ont pas tant de peine la moitié,
Comme leurs yeux, pour vous faire pitié,
5
Nei 50 sonetti della prima edizione, la proporzione tra sestine francesi e italiane è
quasi equilibrata.
6 Sestine che cominciano con CC.
7 Sestine che cominciano con CD.
8 Œuvres de l’Invention de l’Autheur
9 Les Antiquitez de Rome avec le Songe
87
Jettent de larmes feintes.
Ce n’est que feu de leurs froides chaleurs,
Ce n’est qu’horreur de leurs feintes douleurs,
Ce n’est encor de leurs souspirs et pleurs
Que vents, pluye, et orages:
Et bref, ce n’est à ouir leurs chansons,
De leurs amours que flammes et glaçons,
Flesches, liens, et mille autres façons
De semblables oultrages. (...)
L’un meurt de froid, et l’autre meurt de chault,
L’un vole bas, et l’autre vole hault,
L’un est chetif, l’autre a ce qu’il luy fault,
L’un sur l’esprit se fonde,
L’autre s’arreste à la beauté du corps:
On ne vid onq si horribles discords
En ce cahos, qui troubloit les accords
Dont fut basty le monde.
Quelque autre après, ayant subtilement
Trouvé l’accord de chacun élément,
Façonne un rond tendant egalement
Au centre de son ame:
Son firmament est peinct sur un beau front,
Tous ses désirs sont balancez en rond,
Son pole Artiq’ et Antartiq’, ce sont
Les beaux yeux de sa Dame.
Cestuy, voulant plus simplement aymer,
Veult un Properce, et Ovide exprimer,
Et voudroit bien encor se transformer
En l’esprit d’un Tibulle:
Mais cestuy-là, comme un Petrarque ardent,
Va son amour et son style fardant,
Cest autre après va le sien mignardant,
Comme un second Catulle.
(Divers Jeux Rustiques, Contre les
Pétrarquistes, Du Bellay 1993:190-194)
Nella poesia di Du Bellay, i due aspetti che caratterizzano il
petrarchismo sono l’uso abusivo delle antitesi e delle iperboli. L’Olive
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è una raccolta che impiega i motivi petrarcheggianti senza scrupolo,
anzi i concetti amorosi si sviluppano nella massima amplificazione
possibile. Nelle raccolte seguenti il poeta si allontana da questo tipo
di costruzione poetica: Les Regrets è una raccolta di sonetti scritti per
la maggior parte a Roma e dopo il ritorno dell’autore a Parigi, tra il
1553 e il 1558. Quest’opera non ha niente del petrarchismo iniziale di
Du Bellay, ma non è esente dall’influsso petrarchesco, tanto che vi
troviamo motivi riutilizzati in un contesto differente:
Malheureux l’an, le mois, le jour, l’heure, et le poinct,
Et malheureuse soit la flateuse esperance,
Quand pour venir icy j’abandonnay la France:
La France, et mon Anjou dont le desir me poingt.
(Regrets, XXV, Du Bellay 1993:51)
Non è difficile identificare i versi ben noti di Petrarca (RVF 61):
Benedetto sia ’l giorno, e ’l mese, et l’anno,
et la stagione, e ’l tempo, et l’ora, e ’l punto,
e’l bel paese, e’l loco ov’io fui giunto
da’ duo begli occhi che legato m’ànno.
L’antipetrarchismo
Come abbiamo già detto, l’antipetrarchismo nella poesia francese è il
risultato di molte componenti, per esempio il disappunto verso l’Italia o
l’imitazione dell’antipetrarchismo italiano. Nello stesso tempo si deve
menzionare un aspetto poco analizzato, quello della involuzione dei poeti
della Pléiade nella modernizzazione della poesia francese. In effetti, dopo
lo slancio iniziale dato dai giovani poeti alla riforma della poesia francese,
nella quale il petrarchismo aveva un ruolo importante, e con il quale gli
elementi tradizionali della lira francese vennero banditi, la creazione
poetica ritornò alle sue radici, evidentemente non nella sua forma
originale, bensì mantenendo i frutti delle riforme, in una forma
italianizzata, latinizzata o grecizzata. Così, la reazione al movimento del
petrarchismo non consistendo in un ritorno alla poesia pre-petrarchista, i
89
poeti francesi, similmente ai loro colleghi italiani, si rivolsero
all’antipetrarchismo. Nello stesso tempo, i poeti della Pléiade
reintrodussero alcuni elementi della poesia medievale francese.
Vediamo ora un esempio per il petrarchismo di Du Bellay che,
seguendo la moda del tempo, si fonda sull’imitazione del petrarchismo
italiano, in questo caso adoperando un sonetto di Bartolomeo Gottifredi:
Quel bel crin d’or, quegli occhi vaghi, quella
fronte tranquilla lucida e serena;
quella bocca di gratiae d’amor piena,
e l’una e l’altra guancia ornata e bella;
quella umana dolcissima favella;
quel riso che traea l’alme di pena;
quel dilettoso canto di Sirena,
e ’l guardo al cui voler splendea ogni stella;
quelle maniere accorte, quella pura
onesta leggiadria, quel vivo raggio
di beltà in terra et or nel divino chiostro;
e ’l pensar, e ’l tacer pudico e saggio
col subito partir, oimè, n’han mostro
come nulla qua giù diletta e dura.
Ces cheveux d’or, ce front de marbre, et celle
Bouche d’œillez, et de liz toute pleine,
Ces doulx soupirs, cet’ odorante haleine,
Et de ces yeulx l’une et l’autre etincelle,
Ce chant divin, qui les ames rapelle,
Ce chaste ris, enchanteur de ma peine,
Ce corps, ce tout, bref, cete plus qu’humeine
Doulce beauté si cruellement belle,
Ce port humain, cete grace gentile,
Ce vif esprit, et ce doulx grave stile,
Ce hault penser, cet’ honneste silence,
Ce sont les haims, les appaz, et l’amorse,
Les traictz, les rez, qui ma debile force
Ont captivé d’une humble violence.
(L’Olive, LXV, Du Bellay 1974)
90
In questa poesia, Du Bellay riproduce un motivo caratteristico
della poesia petrarchesca e petrarchista, l’enumerazione degli
elementi dell’ideale femminile, la descrizione della donna adorata.
Naturalmente la presentazione della donna in un testo descrittivo
non è una novità nella letteratura francese. La voga dei Blasons du
corps féminin, poesie che descrivono nel dettaglio un particolare del
corpo femminine, inaugurata da Maurice Scève e Clément Marot, è
un avvenimento poetico importante della prima metà del
Cinquecento. Ma il petrarchismo funziona con elementi precisi, la
descrizione non può essere accidentale. Du Bellay ci rivela la chiave
della creazione petrarchesca in un riassunto sommario ed ironico:
De voz beautez, sçavons que j’en dirois?
De voz deux yeulx deux astres je ferois,
Voz blonds cheveulx en or je changerois,
Et voz mains en yvoire.
(Divers Jeux Rustiques, Contre les
Pétrarquistes, Du Bellay 1993:191)
Per creare l’effetto contrario, si devono solamente scrivere gli
epiteti opposti e trovare i motivi antitetici. Ma stranamente Du Bellay
non impiega questo metodo: come ha già fatto petrarcheggiando,
imita sempre i poeti petrarchisti italiani, e “importa”
l’antipetrarchismo d’Italia. L’esempio seguente mostra questo tipo
d’imitazione, quella di un celebre sonetto di Berni (Alla sua donna):
Chiome d’argento fino, irte e attorte
senz’arte intorno ad un bel viso d'oro;
fronte crespa, u' mirando io mi scoloro,
dove spunta i suoi strali Amor e Morte;
occhi di perle vaghi, luci torte
da ogni obietto diseguale a loro;
ciglie di neve e quelle, ond'io m'accoro,
dita e man dolcemente grosse e corte;
labra di latte, bocca ampia celeste;
denti d'ebeno rari e pellegrini;
inaudita ineffabile armonia;
91
costumi alteri e gravi: a voi, divini
servi d'Amor, palese fo che queste
son le bellezze della donna mia.
XCI
O beaux cheveux d’argent mignonnement retors!
O front crespe, et serein! et vous face doree!
O beaux yeux de crystal! ô grand’ bouche honoree,
Qui d’un large reply retrousses tes deux bordz!
O belles dentz d’ebene! ô precieux tresors,
Qui faites d’un seul riz toute ame enamouree!
O gorge damasquine en cent pliz figuree!
Et vous beaux grands tetins, dignes d’un si beau corps!
O beaux ongles dorez! ô main courte, et grassette!
O cuisse delicatte! et vous gembe grossette,
Et ce que je ne puis honnestement nommer!
O beau corps transparent! ô beaux membres de glace!
O divines beautez! pardonnez moy de grace,
Si pour estre mortel, je ne vous ose aymer.
(Regrets, XCI, Du Bellay 1993:84)
Conclusioni
Riassumendo quanto abbiamo detto sul petrarchismo di Du
Bellay, si può concludere che il comportamento del nostro poeta nel
cambiamento dal petrarchismo all’antipetrarchismo sia motivato da
due aspetti: l’imitazione dell’antipetrarchismo degli autori italiani
petrarcheggianti – come il Berni per esempio – e il ritorno alle
tradizioni francesi, intenzione più politica che letteraria, essendo
palese che le tradizioni francesi si alimentano tramite le stesse radici
del petrarchismo.
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