A Roma in bici
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A Roma in bici
Anno 36 - n. 413 - Gennaio 2001 - Lire 2000 Gennaio 2001 - pag. 1 C’è una sola Versilia: quella bagnata dallo stesso ed unico Fiume Direzione: Casella Postale 94 - 55046 Querceta (Lucca) - Sped. in a. p. - 45% - art. 2 comma 20/b legge 662/96 - Filiale di Lucca - Abb. annuo lire 20.000 - Estero il doppio. UN GRANDE AVVENIRE ALLE NOSTRE SPALLE PER CELEBRARE IL GIUBILEO APUANE, PENSIAMO IN GRANDE I sentieri non bastano. Occorrono funivie e strutture moderne. L’esempio di Terrinca E adesso apriamo l’Antro del Corchia! In questi ultimi anni gli abitanti di Terrinca hanno dato prove notevoli di una maturità sociale e culturale e su queste basi è stato possibile ottenere dei buoni risultati nel settore delle infrastrutture pubbliche ed anche in quelle private. Ricordo il parcheggio al Pozzetto, l’ampliamento del cimitero, la costruzione dei muraglioni di contenimento, il prolungamento della strada di S. Rocco ed altri lavori pubblici come la selciatura delle strade. E di questo siamo veramente grati alle Istituzioni e alle Amministrazioni che hanno soddisfatto questi nostri bisogni. All’attività pubblica si è affiancata l’iniziativa privata di associazioni, di famiglie, di singoli cittadini i quali hanno contribuito con entusiasmo, direi con orgoglio, a costruire il futuro del paese. E sorgono così, sospinte dal volontariato, la pizzeria da Tassilone; il circolo Le Tanacce con una sorprendente collaborazione tra varie associazioni; la locanda dell’Archinto con intraprendenza e capitale tutto privato; l’agriturismo Le Coppelle in Pian di Lago per opera di una singola famiglia; il parco giochi Le Pisalanche su iniziativa di un gruppo di mamme. Per completare il quadro bisogna aggiungere il restauro della chiesa parrocchiale e della canonica con il rifacimento completo dei tetti; il restauro Marino Bazzichi (Continua a pag. 2) Ad un recente convegno sul turismo nel Parco delle Apuane è intervenuto anche il professore Angelo Merli, del Club Alpino Toscano. Merli è uno che se ne intende: ha pubblicato la celebre Guida delle Alpi Apuane che da mezzo secolo impera giustamente nelle librerie. Ed è stato lui a denunciare la situazione dei sentieri alpini, così come sono tenuti ancor oggi. “Quelli delle Apuane –ha detto– soddisfano non del tutto: la rete Cai è limitata alle zone alte, al di sopra dei paesi verso canali e vette, la cui manutenzione è affidata al volontariato Cai, che può soddisfare gli alpinisti, ma non i camminatori meno impegnati. Sentieri e mulattiere sono in degrado; i recuperi sono stati sporadici». Va bene. Angelo Merli la pensa così e, dal suo punto di vista, ha ragione. Ma noi continuiamo a pensare che lo sviluppo della montagna, se si vuole veramente contribuire a creare un’alternativa alla distruzione della natura, passa da ben altre cose. I sentieri ci sono e non bastano più. Sono tenuti male, stanno franando, sono in degrado. E questo dopo che, da 35 anni, Versilia Oggi (da sola) si batte per le funivie, le seggiovie, gli alberghi in montagna, l’ammodernamento dei rifugi alpini, l’allungamento e la protezione delle strade di accesso alle vette. Non ci prendiamo in giro. C’è qualcosa da cent’anni che blocca tutto. Chi lavora in cava, o, meglio, chi guadagna in cava, chi sfrutta il marmo e poi costruisce alberghi e stabilimenti balneari sulla spiaggia, sarà sempre contrario agli accessi sulla montagna. Eppure i mitici cavatori non esistono più e l’occupazione sulla montagna è in rapido declino. La gente scappa. Non ci prendiamo in giro. Salviamo, proteggiamo gli operatori seri, coloro che investono in cava e, che estraggono marmo in modo rispettoso dell’ambiente. Ma facciamola finita con il dire sempre “No” ad altre iniziative alternative. La Versilia non è solo quella del mare. Anzi, andando avanti così, bruciando ogni attività sulla battima dell’onda, finiremo per dissuadere la gente ad accatastarsi ancora a lungo tra una fila di capanne ed una di ombrelloni sempre più fitti. Vero e proprio lager nudista intersessuale. La Versilia Vera è quella che esiste da millenni da Corvaia in su. Non basta più il Cai. Non basta più la cultura dei sentieri. Non bastano più le prediche degli ambientalisti. Il futuro sarà diverso. Occhio dunque: procediamo pure con i piedi di piombo, ma cominciamo a pensare in grande. Le Apuane saranno la carta vincente del Millennio che abbiamo appena cominciato a percorrere. A Roma in bici Nei primi giorni del mese di ottobre, quattro amici quercetani (versiliesi “doc”) , tutti di età matura, hanno messo mani alla realizzazione di un progetto, o meglio di un sogno a cui pensavano già da un po’ di tempo. In verità più corretto sarebbe dire che hanno “messo piedi” alla realizzazione di un piccolo sogno, in quanto l’idea, da mesi accarezzata più o meno silenziosamente dai quattro, era quella di onorare la loro passione di ciclisti dilettanti con scarso allenamento, con una gita-pellegrinaggio in bicicletta da Querceta fino alla Basilica di San Pietro, da fare prima della fine di questo anno giubilare. E così i quattro amici Umberto Foffa, Attilio “Leonardo” Leonardi, Franco Sacchelli ed il sottoscritto (in sella ai loro fidi cavalli d’acciaio - leggi: di lega leggera) sono partiti di buon’ora la mattina di martedì 3 ottobre, nonostante il cielo La Mite darà una mano ai ragazzi dei monti Indelebile sarà il ricordo futuro di Mite Giannetti voluto dai figli Vando e Danilo D’Angiolo che hanno costituito una Fondazione a lei intitolata. Le finalità sono quelle della solidarietà verso giovani studenti del comune di Seravezza con borse di studio e beneficenze. La Fon- dazione s’impegna per lo sviluppo culturale e artistico attraverso corsi di formazione, conferenze ed esposizioni nell’ambito del territorio della Versilia. Fanno parte del Consiglio di amministrazione don Danilo D’Angiolo presidente, Paola Baronti, vicepresidente, Fabio Mazzoni, l’Arcivescovo di Pisa ed il sindaco di Seravezza in carica pro-tempore. Vando D’Angiolo ha voluto dar vita ad una organizzazione non lucrativa di utilità sociale al fine di onorare la madre Mite Giannetti, ricordata da Versilia (Continua a pag. 2) CI SIAMO CON L’ALMANACCO: ECCO LE VOCI DELLA LETTERA “B” Ecco le 295 voci individuate e trattate alla lettera B dell’Almanacco Versiliese in fase di avanzata esecuzione in tipografia. I lettori sono invitati a fornirci nominativi (le personalità degne di nota sono trascritte in corsivo) ed argomenti non citati nell’elenco: Babbino, Baccatoio, Bacchelli Riccardo, Bagni (stabilimenti balneari), Balabanoff Angelica, Balderi Dino, Balbo Italo, Baldini Maria, Baldorie, Balduini, Balla, Balneum Guidonis Rusconi, Bambetta, Bambini, Banche, Banchieri Angelo, Bande armate, Bande musicali, Bandelloni (Borgo), Bandite, Banditi e briganti, Bandoni Iacopo, Barabella, Baraglino, Baralella, Baratta Andrea, Barba, Barbacciani Fedeli Ranieri, Barbaregina, Barbareschi, Barbari, Bardasciutta, Barberi, Barberi Emilio, Barbieri Anna, Barbieri Smeraldo, Barbozzoni, Barca, Barcaio, Barchetta, Bardiglio, Barga, Barghetti Giuseppe, Baro, Baroni, Barsanti Alfredo, Barsanti Amedeo, Barsanti Eugenio, Barsanti Martino, Barsi Alemanno, Barsi Alessandro, Barsottini Emilio, Barsottini Geremia, Bartelletti Aldo, Bartolini Lorenzo, Bartolucci Angelo (il nonno), Barzotto, Basaldella Mirko, Basati, Bascherini Ulisse, Basket, Bassa, Basso Matanna, Bastia, Bastianelli Felice, Bastie, Batoni Paolino, Battelli Alfredo, Battelli Giuseppe, Battelli Italo, Battelli Nicola, Battelli Rosa, Bazzichi Antonio, Bazzichi Clemente, Bazzichi Rosa, Beata Taddea Olobardi, Bebice, Bechenco, Befanata, Befa- nate versiliesi (rassegna delle), Bega, Belati Mina Tartarini, Belli Silvio, Belloca, Beltrame, Beluffi Max, Belvedere, Benda, Bendini Coluccio, Benti Donato, Benti Iacopo, Bentinck Lord William, Benvenuto Elio, Benvenuto Giovanni, Bergamini Giov. Francesco, Bergamini Orazio, Berisford Giacomo, Berlingaccio, Berna, Bernabò, Bernarda, Bernardino da Filattiera, Bernardy Amy, Bernia, Bertagna Martino, Bertagnini Epaminonda, Bertarelli Luigi Vittorio, Bertelli Ilio, Bertellotti Eugenio, Bertellotti Ezio, Bertellotti Fabio, Bertesco, Berti, Berti Francesco, Berti Giovanni Lorenzo, Berti Stefano, Berti Nella, Bertini Alfredo, Bertocchi Andrea, Bertocchi Giovanni, Bertoli Gino, Bertoli Venanzio, Bertoloni Antonio, Bertolucci Paolo, Berto- lucci Lorenzo, Bertolosio o Bertolozzo, Bertozzi Egisto, Betigna, Bettini, Bezzi Scala Marconi Maria Cristina, Biagi (Borgo), Biagiotti Francesco, Bianca (Grotta, pietra), Biancastri Gregori, Bianco (canale), Bibolotti Antonio, Bibolotti Pietro, Bichi Gaetano, Bichi G. Battista, Bidolla, Bigi (ai Gatti), Bigicchi, Bigonciaia, Bigongiari Anselmo, Bigongiari Dino, Biliardo, Bimbi, Bini David, Biondetti Clemente, Bisciatoio, Bitolla, Bitozzi Sebastiano, Bivio di Iacco, Blanchard Fréderíc, Bob, Bocca del Pedrano, Boccaccio Giovanni, Bocce, Boccone Paolo, Böcklin Arnold, Bogugnola, Bonaparte Napoleone Luigi, Bonarosa, Bonazzera, Bonetti Giovanni, Bontempelli Massimo, Bora, Bordello, Bordoni, (Continua a pag. 2) coperto, con il proposito di percorrere, per quanto possibile, una classica via Francigena (più giusto sarebbe nel nostro caso chiamarla Romea) e più precisamente quella costituita dall’itinerario seguito dall’arcivescovo britannico Sigerico, nel suo viaggio di ritorno da Roma a Canterbury nell’anno 990. Con quattro giorni di pedalata ed una media di circa cento chilometri al giorno, i nostri sono così arrivati alle porte dell’Urbe; li ha accompagnati con lodevole pazienza l’amico Umberto Fortini con un’autovettura familiare, che è stata utile per tutti per il trasporto del bagaglio e per altri servizi logistici quotidiani, ma ha anche costituito, per qualcuno dei quattro, un agevole …. “sostituto” delle due ruote nei tratti di strada più ripidi o più difficoltosi. Attraversando città e paesi, campagne, colline e paesaggi, abbiamo provato emozioni che tentiamo di raccontare ai nostri lettori con questo piccolo diario. 1º giorno – martedì. Partiti da Querceta, prima sosta alla Pieve di San Giovanni e Santa Felicita, sulla via per Valdicastello, per ammirare la suggestiva immagine di un pellegrino medievale, scolpita nella pietra di una lunetta posta sul retro dell’abside; poi via di buona lena per Camaiore, il Monte Magno e la Val Freddana, abbiamo aggirato gli splendidi spalti delle mura di Lucca; ci siamo riposati sui gradini della chiesa sotto la Torre di San Iacopo ad Altopascio, poi avanti per bellissimi saliscendi attraverso le colline fino a Ponte a Cappiano e Fucecchio e quindi a San Miniato (dove le energie si sono ricostituite con un .… piatto di tagliatelle Alfredo Foffa (Continua a pag. 2) Gennaio 2001 - pag. 2 IL QUERCETA DI 70 ANNI FA Un’altra formazione della squadra di calcio del Querceta anno 1928. Si riconoscono in alto da sinistra Giuseppe Genovesi detto Chiodo, Alberto Bacci, Pietro Garancini, Mario Scalessi, il Menichini. Nella fila di mezzo Mario Santini detto Catone, Andrea Pellegrini (il bimbetto che tiene davanti è il nipotino, l’attuale ammiraglio Giannetto Bertozzi), Carlo Pellegrini. In basso il portiere Stefano Poli, Attilio Dalle Mura e Alfredo Genovesi con il cane porta fortuna. Il campo da gioco era allora in località Marzocchino. BICI al tartufo!). Per la notte, abbiamo quindi raggiunto Montaione: qui sono da ammirare, oltre ad un centro storico ben tenuto (con un Palazzo dei Priori assai interessante) i resti della cinta muraria ed un ampio panorama sulla valle; verso nord, lo sguardo arriva addirittura a sfiorare il profilo delle nostre Alpi Apuane! 2º giorno – mercoledì. Con una discreta faticata siamo saliti a San Gimignano, uno dei gioielli più puri esistenti al mondo, dove per un’oretta buona ci siamo mescolati al solito “gregge” dei turisti, in massima parte stranieri; poi, per Bibbiano e Colle Val d’Elsa, è un susseguirsi di colline meravigliose, paesaggi che non è retorica definire di sogno, capolavori per armonia di linee, di colori, di musica; vigne immense, così ben disegnate e ben tenute da essere anch’esse capolavori del gusto e dell’operosità dell’uomo. E poi avanti, per Gracciano, Ponte S. Giulia, Strove, Abbadia a Isola con la sua abbazia cistercense (bellissimo luogo, che però abbiamo soltanto sfiorato!), Monteriggioni, altra gemma ricordata anche dal Poeta (“… perocché, come in sua cerchia tonda, Montereggioni di torri si corona”), Isola d’Arbia, Monteroni, Ponte d’Arbia, Buonconvento: tutti posti intrisi d’arte e di storia. Nei pressi di Buonconvento, in cima ad un cocuzzolo, in una trattoria ricavata da una vecchia casa colonica, abbiamo mangiato e ben bevuto ed infine, in cima ad altro cocuzzolo lì vicino, siamo andati a dormire in una bella villa che due coniugi stranieri hanno ricavato anni fa dalla solita casa colonica in decadenza; nella notte, se uno si affaccia alla finestra, un buio profondo ed il silenzio più totale ed assoluto; solamente – a tratti – un abbaiare di cani in lontananza: magico!). 3º giorno – giovedì. Di buon mattino, salita impegnativa fino a Montalcino (impegnativa per chi l’ha fatta pedalando), poi bella e velocissima discesa fino a Torrenieri, in mezzo a sontuosi panorami di colline, di vigne, di campi lavorati dai tanti colori, di fattorie dipinte sulla linea dell’orizzon- te; nuova salita per San Quirico d’Orcia, la cui Pieve romanica è tanto splendida che da sola meriterebbe un viaggio; Bagno Vignoni, con il loggiato di Santa Caterina e la monumentale vasca all’aperto, nella quale ancor oggi si vedono sgorgare le polle di acque sulfuree, in cui, si dice, anche il Magnifico Lorenzo andava di tanto in tanto a bagnarsi…. Abbiamo poi raggiunto, attraverso Spedaletto (antico ospedale-ospizio fortificato) ed il paesetto di Gallina, la Via Cassia, percorrendo la quale, con una lunga e bella pedalata in leggeri saliscendi e traffico scarso, abbiamo lasciato la terra di Toscana e siamo passati nel Lazio. Di nuovo una dura salita fino ad Acquapendente, indi per salita più leggera a San Lorenzo Nuovo e da qui, finalmente, poco prima di sera, i nostri occhi si sono rinfrancati, in un cielo limpido e sereno, con un’ampia vista sul Lago di Bolsena, mèta prevista per questa giornata, che raggiungiamo poco dopo, al termine di una quindicina di chilometri tiratissimi di discesa e pianura. L’albergo è esattamente sulla riva del lago e la cena in un ristorantino tipico del borgo medievale (vicino alla famosa chiesa romanica di Santa Cristina, dove sostò anche il già citato arcivescovo Sigerico), con zuppa di funghi, coregone alla fiamma e vino “Est! Est!! Est!”, ha concluso un’altra giornata che sarà difficile dimenticare. 4º giorno – venerdì. A Montefiascone il traffico è impressionante, poi giù per la Cassia fino a Viterbo, che ci ha mostrato l’antico ed elegante Palazzo dei Papi, sede del primo Concilio Ecumenico della storia, la Cattedrale e il suggestivo borgo medievale chiamato “San Pellegrino”, ancora affascinante, ma in incipiente abbandono. Dopo Viterbo, abbiamo deciso di lasciare la Via Cassia per un più romantico itinerario, che ci ha condotto sul lago di Vico (di origine vulcanica, come tutti i laghi della regione) attraverso una strada in durissima salita che, partendo dal bel paesino di San Martino al Cimino, ci ha consentito di valicare i monti Cimini, per poi scendere giù fino al lago, per la strada che velocemente costeggia il bordo occidentale, attraverso bellissime selve di castagni e coltivazioni di noccioli. Dopo il pranzo sulla riva del lago, purtroppo è arrivato il primo acquazzone della gita: abbiamo aspettato che si sfogasse un po’ e siamo ripartiti alla volta di Sutri, con la sua necropoli romana scavata nella pietra e un particolarissimo anfiteatro, anch’esso interamente scavato nel tufo. A causa del tempo brutto e delle previsioni ancora peggiori, a malincuore abbiamo rinunciato alla prevista deviazione per il Lago di Bracciano, ma abbiamo pedalato per cinquanta chilometri nel traffico intenso della Via Cassia, sotto una pioggia battente per quasi tutto il tragitto. E finalmente siamo arrivati – prima di sera – alle porte di Roma, nei pressi dell’antica città etrusca di Vejo, dove gli amici che erano andati in avanscoperta in macchina avevano già trovato l’albergo per la notte. Qui, a Isola Farnese, si respira un’aria strana. Siamo alle porte dell’Urbe e l’ambiente è spiccatamente bucolico: tra campi e boschi, collinette e vallatelle in cui pascolano cavalli e greggi di pecore, il borgo quattrocentesco (appartenuto un tempo alle potenti famiglie degli Orsini e dei Farnese) ha un aspetto tetramente medievale. Nella notte questa nostra impressione è stata pittorescamente sottolineata da un lungo dialogo a distanza tra due civette, una vicina, su un tetto del vecchio borgo, e l’altra più lontana, forse nel bosco dall’altra parte della valle. 5º giorno – sabato . E siamo finalmente al grande giorno! In una bella mattinata di sole, i tre superstiti (Alfredo, Franco e Umberto) sono di nuovo saliti in sella alle loro biciclette, per affrontare l’ultimo agognato tragitto che già percorrevano gli antichi “romei”, ricordato e descritto in un grande quadro affisso dal Comune di Roma sul muro esterno di una antica chiesetta in località “La Storta”. Dopo aver percorso gli ultimi chilometri della Via Cassia, abbiamo imboccato la lunghissima Via Trionfale, per la quale abbiamo salito e ridisceso la collina di Monte Mario, entrando finalmente in Roma nei pressi del Vaticano: erano circa le otto e mezzo e le strade erano ancora incredibilmente sgombre (sia pure per poco tempo ancora) di gente e di macchine. Non è facile descrivere l’emozione vissuta percorrendo con la nostra amica bicicletta il selciato di Via della Conciliazione, inondata di sole, fino al solenne luminoso abbraccio marmoreo di Piazza San Pietro e del suo colonnato, davanti alla grande Basilica, forse mai come oggi centro universale – non soltanto religioso - della Cristianità. MITE Oggi nel numero di Agosto dell’anno Duemila. La sede della Fondazione è in Azzano, via della Cappella al numero 16. Il nuovo benefico organismo si propone anche l’edificazione di una cappella votiva dedicata a Maria consolatrice nel cimitero di Azzano dove si trovano le spoglie di Mite Giannetti D’Angiolo nel contesto dell’ampliamento dello stesso cimitero. L’opera progettata dall’ar- chitetto Mario Botta sarà abbellita da sculture di Giuliano Vangi. Il fondo comune della Fondazione è costituito dalla somma di un miliardo di lire, da eventuali elargizioni e donazioni nonché da possibili contributi di enti pubblici e privati. Il consiglio di amministrazione nominerà un collegio di consultori composto di esperti in materie giuridiche, di metodologia dell’assistenza e del volontariato e nel campo economico e finanziario. Nella realizzazione illustrativa viene proclamato che la Fondazione intitolata alla signora Mite intende affiancarsi alla scuola dell’obbligo, particolarmente nel comune di Seravezza, allo scopo di integrare conoscenze e contribuire alla maturazione in senso moderno dei giovani studenti affinché più facilmente possano pervenire all’inserimento nella società e nel mondo del lavoro anche di coloro che non intendono o non possono proseguire negli studi. Si aggiunge che, attraverso corsi gratuiti, sarà promossa sin dalla prima classe la conoscenza della lingua inglese e dei principi della informatica, la cultura della salvaguardia della natura, la difesa e conservazione delle opere d’arte. ALMANACCO Borellacci, Borelle, Borghese Scipione, Borghetto, Borghi, Borgiano, Borgo dei Terrinchesi, Borgo di Brancagliana, Borgo di Sala, Borgo Giannotti, Boria Bonelli, Boria Giovanni, Borno, Borra dei Frati, Borre, Borrini, Borrini Marco, Borrini Masini Luccetti Eleonora, Borro, Borrone, Borrum Montisbelli, Boscaccio, Boschetti, Boschetto, Boschi, Bosco, Boscore, Bosi, Boso, Botaio, Botrello, Botri, Botrio, Botro, Botrotto, Bottaccio, Bottari (Borgo), Bottari Antonio, Bottari Giuseppe, Bottari Stefano, Botte, Bottegaccia, Botti Enrico, Botti Patrizio, Bottiglione, Bottino, Bovalica, Bovareccio, Bovecchio, Bovi, Bozano Lorenzo, Bozza, Bozzaco, Bozzale, Bozzano Antonio, Bozzatoia, Bozze, Bracco, BramantiMattei Oreste, Brancagliana, Brandeglio, Breccia di Seravezza, Bresciani Marco, Bresciani Nicola, Bresciani Pier Luigi, Bresciani Virio, Bretinosca, Bronetira, Bruciaferro, Bruciato, Bruckmann Peter, Brugeta, Brunetina, Bruni Aristide, Buca della Gigia, Buca della Volpe, Buca delle Fate, Bucaccia, Buca Gialla, Buche, Buche della Neve, Buciano, Bucino, Bucone, Budden Richard Henry, Bufalo, Bugia, Bugino, Bugliola, Bugneta, Bugni, Buia, Buon Riposo, Buonavalle, Buonaccorsi Girolamo, Buonanoma Francesco, Buongiunti Domenico, Buratti Ferruccio, Burca, Buriana, Buriano, Buro, Burrone, Busatravi, Buselli Bruno, Buselli Giuseppe, Buselli Nicodemo, Buselli Remigio, Butia, Buzzoritondo. TERRINCA dell’Oratorio di S. Rocco; dell’Oratorio di Campanice e dell’Oratorio di Puntato. Se è stato possibile realizzare queste opere di interesse pubblico lo dobbiamo sicuramente alle Istituzioni, ma anche gli abitanti di Terrinca che in maniera diretta o indiretta hanno contribuito con qualche centinaio di milioni: non sono stati certo inerti ad aspettare i finanziamenti pubblici. Non parlo poi del contributo dato dalle famiglie che hanno restaurato le loro abitazioni, migliorando notevolmente l’immagine del paese con un aumento notevole di spese per la ristrutturazione. Ultimamente ci aveva galvanizzato il ruolo trainante dell’Antro del Corchia che avrebbe dovuto, con l’afflusso turistico, stimolare le attività lavorative, e, nonostante le nostre magre risorse, avevamo richiesto di acquistare qualche azione della Società che ne avrà la gestione. Inoltre da anni, come tutti sanno, i Terrinchesi puntano sulla realizzazione di un museo d’arte sacra che includa, in una struttura polivalente, le incisioni rupestri del territorio insieme alle altre opere artistiche, lavoro già iniziato con il restauro della marginetta e della chiesa di Puntato attingendo al contributo della Comunità Montana. Questa premessa serve per formulare due brevi domande che ci obbligano a farle quelle persone, specialmente giovani, che vorrebbero investire le loro capacità personali e anche i risparmi della famiglia, ma non sanno in quale direzione. Nell’attività turistica? Nella ristorazione? Nei servizi? A chi chiederlo se non a coloro che ci rappresentano e ci amministrano e che quindi hanno una visione ampia di quello che sarà il futuro della Versilia? La prima domanda riguarda la fruizione turistica dell’Antro del Corchia: a che punto è lo stato di avanzamento dei lavori? Quando si prevede che venga aperto ai visitatori? La seconda domanda la pongo a nome di coloro che desiderano investire senza rischiare in attività che non avranno futuro, perché dobbiamo essere consapevoli che ogni investimento comporta un rischio, quindi. Esistono piani che riguardano lo sviluppo della Versilia, formulati dal Parco delle Alpi Apuane e dalla Comunità Montana? Esiste un progetto o uno studio comunale che analizzi lo sviluppo dei nostri paesi e suggerisca le opportunità lavorative per trattenere i giovani in montagna, e richiamare eventualmente quelli che sono emigrati? Direttore GIORGIO GIANNELLI periodico mensile abbonamenti c/c postale 10818557 intestato a «Versilia Oggi» Casella Postale 94 55046 Querceta (LU) - Ordinario L. 25.000 - Estero L. 50.000 - Sostenitore L. 50.000. Reg. Trib. di Roma n. 11298 del 26 novembre 1966 e Trib. di Lucca n. 300 del 2 maggio 1978 - Partita IVA 01517670467 In caso di mancato recapito, si restituisca al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa Fotocomposizione Litocomp-Querceta-tf/fax 0584-742011 E-mail: [email protected] Stampa: Tipografia Ceccotti - Massa La collaborazione a “Versilia Oggi”è gratutita, spontanea e aperta a tutti. Numero chiuso in tipografia il 9 gennaio 2001 Gennaio 2001 - pag. 3 IL PREMIO SILVANO ALESSANDRINI HA RAGGIUNTO LA XX EDIZIONE Questa “fola” ha vinto il Premio Silvano Alessandrini Anno 2000: C’era una volta in quel di Terrinca una madre vedova con tanti figlioli da sfamare. Era disperata perché per accudire la casa e i figli non poteva andare ad ingegnarsi per procurarsi almeno un po’ di pane. Si arrangiava, quando c’erano, con castagne, funghi e qualsiasi altro frutto di bosco, ma a volte non c’era proprio nulla e allora Miserina piangeva. Viveva nei dintorni la fata Provvidenza e un giorno che passò davanti alla casa di Miserina la sentì piangere e chiesto il permesso entrò in casa a consolarla e le disse: “Un c’è bisogno che ti domandi perché piangi se ora che è mezzogiorno un hai nulla sul tavolino. Ora ti vado a cercà qualcosa da mette al foco e così podrai sfama’ tutti i tu’ figlioli”. La legna la donna ce l’aveva perché con i suoi figlioli più grandi tagliava alberi nel bosco anche per scaldarsi. Tornò la Provvidenza con un sacco e lo porse a Miserina dicendole: “Metti il paiolo sul foco e buttici la roba che è dentro il sacco e abbi fede” e quindi sparì. Quando Miserina aprì il sacco rimase di sasso come quelli che c’erano dentro e pensò di non metterli nel paiolo come la fata le aveva detto ma poi ricordò che le aveva detto di avere Questo racconto ha vinto il XX° Premio Silvano Alessandrini. Siemo guasi a Natale e oggi ho deciso di fà un giretto a guardà le vetrine. Pare di vive in un altro pianeta, tanto tutto è inusuale. Le vetrine che vedo tutti i giorni un sembrino più quelle, tanto sono luccicanti e piene di colori e il tutto sembra novo e irreale, che ti pare di stà in una fola. Tutto proprio tutto sembra novo, anco la bottega del fruttivendolo. Mamma mia quante cose bone ci sono sul bancone, a vedé le tante qualità di frutta misse in bella vista, par di esse in piena estate. Pere, mele, ciliege, uva, pesche e tante qualità di frutta misse in bella vista. Par di esse nel giardino dell’Eden, e poi tante qualità che venghino da’ paesi caldi e che chiamino esotiche, che a me pare di dì il nome di una medicina. L’occhio si sà è fatto per guardà, pò, di colpo, si ferma su un bel cocomero rosso rubino, punteggiato di semi neri e tagliato a metà. Il cocomero? Ma questo è propio il frutto dell’estate, ma in che mondo siemo arivi? Propio allora mi ritorna in mente un caro ricordo. Con la famiglia, vivevo in campagna, duve avevimo, insie- LAUREA Si è laureata con 110 e lode Valentina Romoli, figlia della scrittrice versiliese Ileana Salvatori, con una impegnativa tesi di ricerca in linguistica applicata relativa alla lingua tedesca. Presidente della Commissione di laurea il prof. De Angelis, relatore il prof. Ayello. Alla neolaureata i rallegramenti e i migliori auguri di Versilia Oggi. La fola di Miserina fede e quindi li buttò a bollire come fosse roba buona da mangiare. Aspettò che bollissero un po’ e poi prese il mestolo per assaggiarli. Quale fu la sua meraviglia quando si accorse che quei sassi erano diventati tutti patate! Chiamò i figli, apparecchiarono insieme la tavola e per quel giorno si sfamarono tutti. Il problema però non era finito: come avrebbero fatto gli altri giorni? Il giorno seguente la fata Provvidenza, visto che Miserina aveva avuto fede andò a trovarla di nuovo e le disse: “Che ciai oggi per sfama’ te e i tu’ figlioli?” “Nulla” rispose la donna “gnanco un tozzo di pane ammuffito, gnanco un pugno di farina per fa’ la polenta, né un soldo per compralla”. Mossa a compassione la fata fece un gesto con la bacchetta magica e sul tavolo apparve una carta con dentro qualcosa. Miserina si avvicinò guardando la fata e poi aprì quella carta: terra, non era che terra quello che si trovava dentro la carta. La donna rimase perplessa e non sapeva che fare. Allora la Provvidenza le disse: “Ti ricordi che t’ho ditto d’ave’ fede?” E sparì. Miserina mise il paiolo sul fuoco e quando fu il momento di mestare guardò i suoi figli che giravano intorno al tavolo senza dire nulla, poi il più grande parlò: “O ma’, vi ricordate i sassi che dèn doventi patate? Allora mestate la polenta con quela tera lì e chisà che un si ripeti il miracolo”. La madre prese il mestolo e girò, girò buttando piano piano la terra nel paiolo come se fosse veramente farina di granturco. Poco dopo e con rinnovata meraviglia tutti videro la terra diventare gialla, ed ecco pronta una bella polenta fumante che mangiarono con un po’ di sale ed era buonissima. Contenta come una Pasqua, Miserina raccontò quelli che definiva miracoli alla sua vicina di casa povera anzi misera come lei e la esortò a rivolgersi alla fata Provvidenza che era capace di tali miracoli. Passò un giorno senza che la fata tornasse e quel giorno soffrirono tutti la fame. Il giorno seguente la Provvidenza riapparve in casa di Miserina e le chiese come si fosse sfamata il giorno prima. “Cara la mi’ fata, se un vèni te a soccorrisi per me e i mi’ figlioli dèn fischiotti: ieri siemo rèsti tutto il giorno digiuni. E c’è quela mì vicina che cià anco il marito malato, la Giulia, e un sa come rimedialla”. La fata si commosse e le disse: “Ora faccio qualcosa per te e po’ vado a trovalla. Intanto téni questi piccoli sassolini, vedrai che ci sfamerai te e tutti i I COCOMERI DEL MI’ SOCERO me alla casa, un pezzo di tera da coltivà. La tera era bona e noi vi si seminava di tutto: granturco, verdure di stagione, fragole, lamponi e more, anco se un avevimo mai fatto i contadini. Dandoci da fà, tutto ci venia bene in quella tera generosa e poi ci si accontentava anco. Un giorno… vennino a facci visita i mi soceri e io propio quel giorno aveo deciso di fà un esperimento: quello di seminà poponi e cocomeri, cosa che un aveo mai fatto. Il mi socero, appoggiato al su bastone, perché interdetto di gambe, mi stava a guardà, dimenando la testa… Io, molto seccata, cercavo di ’un vedello, ma lui, duro, mi girava d’intorno, al che, un sopportando più, gli chiesi:“Che avete, Domé? Come mai scotete la testa, un va bene così?” “E, no, bimba, anco se questa tiritera un ti garba, io te la canto listesso…e… se voi mangià i cocomeri, mi sa che c’è dandà al mercato, perché questa tera, secondo me, un è propio adatta”. “O Domenico, di discorsi un nò più voglia e ora state zitto, che mi girino i santificetri. Qui, ve lo dico io … i cocomeri grossi come case ci venghino!” Ma lui, avviandosi verso casa, mi rispose in rima: “Aspetta e spera!” Il tempo è galantomo e passa sempre, senza gnianco te n’accorgi e ariva l’estate, la stagione della raccolta de’ cocomeri e poponi. Ma, benché mi fussi data da fà, di cocomeri e poponi un se ne vedea, come avea sentenziato il mi socero, e se li voleo mangià, me li doveo comprà, perché i mii erino rimasti piccoli come palle di gatto, tanto che, se avessi potuto, li avrei gonfi con la pompa della bici- cletta. Anco perché, ogni volta che mi vedeo co i mi soceri era tutto un domandà: “come crescino i cocomeri, quando si mangino?”. Quindici agosto, Santa Maria, come ogni anno i mi soceri venivino a pranzo da noi e, anco quell’anno, mi diedi da fà per preparà un pranzo cò i fiocchi. Ma, d’accordo col mi marito e i mi figlioli, decisi di preparà al mi socero anco un bello scherzetto. Andammo al mercato, dove comprammo sei cocomeri, i più belli e grossi che c’erino. pò, tornati a casa, io, con la colla dal legno, attaccai que be cocomeri alle tracce de mii, scacariti. A lavoro finito, faceino una figura così bella, che anco a me sembravino propio nati lì. Finalmente il momento è arivo e, nell’aspettà, io ero tutta un fremito. Eccoli!… Dopo i bagi e i saluti si entra nel vivo dello scherzo. Il mi socero, aiutandosi col bastone, si avvia sornione, verso il campo; io, tutta soridente, come se un aspettassi altro: “Domenico, lo volete il coltello pe taglià il cocomero?” Lu mi guarda e con la sua bocca bugia, perché un avea nianco un dente, come a pigliammi in giro, scruta il campo e sgrana gli occhi, si leva gli tu’ figlioli”. E la Provvidenza andò da Giulia. Miserina fissava i sassolini senza sapere cosa farne e si rivolse ai figli: “Ha ditto la fata che questi levino la fame a tutti noi ma io un so se si devino mangia’ così o mettili al foco”. Fu sempre il figlio più grande, Savio, a consigliarla. “Mettetili al foco come avete fatto l’altro giorno con queli grossi che doventonno patate, ve lo ricordate? Se li cocete qualco’ salterà fora”. Aveva ragione Savio perché rimediarono una bella pentola di fagioli fumanti e saporiti. Intanto la fata aveva consegnato a Giulia un sacchetto di sassi come già aveva dato a Miserina, dicendole di avere fede. Il giorno seguente Miserina, vide Giulia e le chiese: “Com’è ita, t’ha aiutato la fata Provvidenza?” “Ma che dici! Quela lì ha ditto d’aiutammi ma dè un’imbrogliona. Sai che ha fatto? M’ha lascio un mucchio di sassi; se la rivedo glieli tiro ‘’ndel muso a quela bugiarda e penza che m’avéa ditto d’ave’ fede!” Mentre Miserina le spiegava come a lei erano andate bene le cose, apparve la Provvidenza che rimproverò Giulia: “Bona donna, Miserina ha sfamato tutta la su’ famiglia perché ha avuto fede mentre chi un crede a nulla e un ha fiducia è destinato a patire”. Ivania Giannotti Bachelli occhiali, li pulisce per bene e…: “Potta, potta, bimba! Come hai fatto affalli venì così belli?” E, ancora incredulo, piglia il coltello e taglia il più grosso, me ne da una fetta e, tutto felice, mi dice: “Brava, perdio!… Tò, mettilo in fresco, che dopo si mangia!” Noi di casa si ridea sotto i baffi, ma la più felice ero io e mi ridea anco la pancia, dalla goduria dello scherzo riuscito. Domenico, il mi caro socero, un seppe mai dello scherzo e, a ogni nuova stagione, quando c’era da fa le semine, lui mi dicea: “Bimba, falle te, che di tera te ne intendi”. Che giornata bella fu quella e come ne sento la mancanza, ora che que’ vecchi un ci sono più. Come mi garberebbe ancora scherzà con loro, ma purtroppo un si pò, e dentro mi chiappa una malinconia struggente e mi sento tagliata a metà, come quel cocomero in vetrina. Mi viene da domandammi; “Che mondo strano è questo duve in pieno inverno le vetrine de’ verdurai sembrino oreficerie, da tante qualità di frutte, che venghino messe in vista, come fussero gioielli. Guardandole mi pare di rivedé il mi socero soridere, con la sua bocca bugia, mentre, dimenando la su testa bianca, si gusta la su fetta di cocomero, sbrodolandosi tutto. Isabella Viti Meniconi Strizzata d’occhi Poesia classificata al primo posto nel XX Premio Silvano Alessandrini: - Se fai cosìe…, figliólo, ‘un fai gnanco la cinquina…: s’un metti a’ nnumeri ‘l fagiólo e stai lì a puntà la Rina. E’ vero… è bella, ma la guardi troppo a fisso! Guarditi anco la cartella…: il diéci è fòra ma ‘un è misso! Sei sodo bel mi’ te…: stai con quegl’occhi spalancati…, eppò, prima t’ha guardo lé, lesto-lesto l’hai serati! - Novvepò!… Ma che dite!? E’ ch’un m’è riscìto… o ma’, sennò… uno solo ne chiudéo, capite?… … Glielo volèo strizzà! Oriano Pellegrini PIETRASANTA TEATRO NOSTRO Piero Bresciani, insegnante di Discipline pittoriche presso l’Istituto d’arte di Pietrasanta, oltre ad una trentennale attività di pittore, coltiva da sempre la passione per il teatro che per molti anni lo ha visto assiduo spettatore fino a divenirne parte attiva. Versilia Oggi ha già parlato di lui. È proprio nel 1984 che la proposta avanzatagli da don Mario Mencaraglia, parroco di Pruno e Volegno, di aiutarlo a movimentare con qualche attività artistico-ricreativa le troppo monotone serate estive di questi bei paesetti, gli fornì l’occasione che forse aspettava da sempre di muovere i primi passi nell’attività teatrale. Si organizzarono infatti concerti, letture, serate di poesia e spettacoli di varietà dove Bresciani, in questi ultimi ideatore e coordinatore, riuscì a mettere in azione divertenti scenette cantate e recitate in vernacolo assieme a paesani di ogni età, desiderosi come lui, di cimentarsi in questa attività creativa che si è protratta per un decennio. Nel 1995, sentì l’esigenza di dar vita a qualcosa di più impegnativo e con la collaborazione di un cugino, scrisse la commedia buffa “Domani e un altro giorno” che allestì e mise inscena debuttando con successo al teatro comunale di Pietrasanta. Seguiranno un anno dopo altre commedie “Le disgrazie, un venghino mai sole”, “Consiglio di famiglia”, “Pensione Villarosa” e “Il giovane vecchio”. Nell’agosto 1999, assieme ad un gruppo di attori, costituì la nuova compagnia a cui fu dato il nome di “Gruppo Teatro Pietrasanta” composta da una ventina di elementi ed aderì al Centro studi teatrali dell’Associazione S. Paolo-Italia la cui sede di Tonfano, ed è presieduta da don Florio Giannini che mise a disposizione il teatro S. Antonio annesso alla chiesa. Con la commedia comica in due atti dal titolo “Come quando fòri piove” nell’aprile 2000 debuttò al Teatro comunale di Pietrasanta con grande successo di critica e di pubblico e con il tutto esaurito anche nelle svariate repliche estive tra le quali quella dell’agosto al Teatro della Versiliana, organizzata dal Club Lions della Versilia a favore dei bambini cerebrolesi. Piero Bresciani ama curare Gennaio 2001 - pag. 4 CON MASSIMO PER RIPIDI SENTIERI Raffaello e Michelangelo ma o di una roccia che ci colpiva per la sua forma o la sua misteriosa origine, mai dimenticando che è l’Uomo che da un senso profondo alle cose. Si discuteva come riparare i sentieri o antiche ed interessanti costruzioni in cui e su cui era passata la vita di tanti nostri antenati, sperando di contribuire a migliorare anche chi vi passerà e chi vi abiterà. Abbiamo condiviso l’interesse per conservare le bellezze dei luoghi dove siamo nati, cercando di interessare i giovani ad apprezzare, conoscendola profondamente, la natura nelle sue infinite forme, ben sapendo che il Creatore ha donato ai nostri figli la natura e noi da loro la abbiamo presa a prestito. Forse più degli altri amici, sia per mestiere che per dono naturale cercavi il bello del creato nelle infinite forme della natura e nei molteplici aspetti dell’uomo. Con mano sicura e con gli strumenti dell’arte Massimo tracciava linee che animavano lo spazio di contenuti fantastici, infondendogli un ritmo personale, da tutti apprezzato, e dava ordine e bellezza alla materia apparentemente inerte, ma pronta a rispondere al gioco dello spirito. Abbiamo cercato insieme, con umiltà, di migliorare il nostro io interiore ognuno secondo le sue possibilità, riconoscendo il frammento di verità che improvviso ed inaspettato compariva nella conversazione, perché lo spirito alita dove vuole e pervade chi vuole, quando vuole. Eravamo e siamo interessati all’essere più che all’avere, sapendo che la condivisione era il forte collante della nostra amicizia. Abbiamo cercato di recuperare frammenti di conoscenza da immettere nello sfumato caleidoscopio della esistenza per costruire immagini o forme di effimere verità. Abbiamo cercato la via, almeno una via, ma spesso abbiamo trovato solo un tortuoso e scosceso sentiero, che per giunta non sapevamo dove portava. Abbiamo cercato la verità trovando al massimo la conoscenza di piccole e poco significative cose. Abbiamo cercato di dare un senso alla nostra vita nelle forme della ricerca dell’Uomo, dell’amico e di ciò che va oltre ed esiste oltre. Gli angeli custodi esistono IL BARBA Cerchiamo le parole del silenzio, proviamo a fare silenzio entro di noi, in modo che i ricordi siano illuminati da parole autentiche. Abbiamo condiviso con l’amico Massimo Bertozzi il peso di ciò che portavamo in montagna per ripidi sentieri ed il peso che ogni giorno la vita ci offriva. Abbiamo spezzato il pane e diviso con lui il vino nel rito antico e sempre rinnovato dell’amicizia, ringraziando dei beni materiali e spirituali presenti sulla mensa imbandita, sapendo che l’Uomo non può vivere di solo pane. Abbiamo visitato insieme i profili delle alte vette alla luce incerta della luna, nell’ora in cui i graziosi, ma dispettosi loro abitatori, i Baffardelli ed i Linchetti gradiscono mescolarsi con l’uomo per fargli innocui scherzi. Abbiamo ringraziato con lui il sole quando ci offriva la sua splendente bellezza e infondeva energia e calore nei nostri corpi affaticati e la limpida acqua sgorgante dalle rocce che ci leniva la arsura del cammino. Salendo le valli abbiamo catturato l’immagine variegata di splendenti colori dei fiori, o il profilo incantato di un panora- Dopo una immobilità durata circa cinque anni, assistito dai suoi cari, Vincenzo Bresciani è ritornato alla casa del padre all’età di 91 anni. Buon cristiano, marito solerte, padre esemplare. Un gentiluomo. La sua bontà e la disponibilità e la pazienza verso il prossimo, erano le caratteristiche principali. Vincenzo è stato uno dei frutti migliori usciti dallo “Stagio Stagi”. Quando guardavo i suoi progetti di altari, pulpiti, fonti battesimali, balaustre, ricchi di marmi policromi colorati ad acquarello, o eseguiti in bianco e nero, ne rimanevo estasiato. Nello studio del prof. Alfonso Mazzei, che era anche il direttore dell’Accademia o Regia Capanna come la chiamavamo noi ex allievi, lavorò al fianco di Arrigo Viviani, che nel dopo guerra curò la ristrutturazione delle parti marmoree dell’Abazia di Montecassino, eseguita negli stabilimenti dell’Henraux. Ebbi la fortuna di lavorare sotto la guida di gente del genere. Quello che ho imparato da loro l’ho poi messo in pratica e mi ha fatto camminare avanti nella vita. Al mio ingresso all’Henraux, e parlo del luglio 1953, sembravo un pulcino scovato, ma quei due colos- si mi fecero subito capire che ero in buona compagnia, Vincenzo Bresciani e Arrigo Viviani. Lì incontrai anche Vando D’Angiolo, lui ventunenne e io diciottenne. Sono passati quasi cinquant’anni e stiamo ancora lavorando insieme, ma se siamo cresciuti e se abbiamo fatto una così importante esperienza molto lo dobbiamo a quei due. E quando Vando entrò nella Campolonghi, per organizzare il suo ufficio tecnico chiamò subito Vincenzo. Gli Angeli Custodi esistono. Sono sempre stato legato d’affetto alla famiglia Bresciani. La signora Odila di Corvaia era in classe con mia madre alle scuole elementari di Seravezza. Da piccolo anch’io abitavo sotto la Rocca e ricordo ancora quando la mia mamma per Pasqua andava a fare le torte al forno dalla moglie di Vincenzo. Anche Renato, professore di disegno, prima di passare all’insegnamento, lavorò come disegnatore all’Henraux. E l’altro figlio Franchino, seguendo le orme del padre è tuttora un pilastro della Campolonghi. Rimasto orfano quando ero ancora un ragazzo, per me Vincenzo è stato come se avessi ritrovato mio padre. Pier Luigi Marrai TEATRO NOSTRO tutti i particolari delle sue commedie, dal testo, alla scenografia, ai costumi e alla regia oltre naturalmente a recitare come protagonista apprezzato e circondato da attori-amici eccezionali come Lora Santini e Bruno Ricci. A chi gli rimprovera di voler essere un po’ l’anima di tutto, risponde: «Sono consapevole –dice– che questo mi espone a maggiori rischi di critica. Nel bene o nel male me ne assumo la responsabilità, ma sono anche convinto che solo così un lavoro possa avere una unità di stile che lo con- traddistingue». In questo momento, sta provando il suo nuovo lavoro, la commedia buffa in due tempi dal titolo “Agenzia matrimoniale. Te la cerco-Te lo trovo” da lui scritta e come al solito diretta ed interpretata con musiche scritte ed eseguite da Emilio Tarabella. Una novità questa degli inserti musicali che non vuol essere né operetta, né commedia musicale ma da considerarsi come virgole tra un discorso e l’altro. Come una cantatina davanti allo specchio mentre ci radiamo la barba. Gaio Salvatori È scomparsa da Pozzi e dalla Versilia una figura caratteristica: Lido Viti, vulgo Martello. Conosciuto anche come “Il barba” per la sua bella lunga e folta barba imbiancata, di cui andava fiero, come della sua divisa di alpino. A proposito della barba ricordo un episodio mentre eravamo con mio marito, lui e la Iolanda in cura a Salsomaggiore e si faceva una passeggiata tutti insieme. Lido, quando incontrava dei bimbi che facevano le bizze e facevano dannare i genitori, si avvicinava loro dicendo che era Babbo Natale e che dovevano stare buoni, se no non avrebbe portato a loro più i doni. E così fece anche quella volta riuscendo a calmare d’incanto anche i ragazzini di quella cittadina termale. Non posso parlare di Lido senza nominare la Iolanda, sua compagna fedele per tutta la vita. Si potevano vedere insieme alle varie manifestazioni folcloristiche e religiose, specialmente qui in Versilia, ed anche prodigarsi per opere assistenziali e di beneficenza. Li ricordo nelle gite che facevamo organizzate da loro per i sindacati. Siamo stati a tavola insieme. Lido era un buon conversatore e molto di compagnia e con lui il tempo passava in allegria nonostante i dolori vissuti e superati con fede, nonostante la morte di un loro figlio, superata volendosi bene e vivendo sereni. Lido è stato membro dell’Associazione reduci delle patrie battaglie ed ha sempre partecipato ad ogni manifestazione con il suo cappello di alpino. In casa ha conservato molti riconoscimenti di merito che la Iolanda ora guarda con affetto e rimpianto. Un uomo esemplare da ricordare con grande rimpianto. I. G. B. Raffaello Raffaelli fortemarmino verace. Tanto attaccato al paese ed alla sua spiaggia che c’era persino da sospettare che non sia mai andato oltre il Ponte di Tavole. Raffaello faceva il barbierino in fondo a via Piave dove aveva un buchetto di bottega e lì ha lavorato finché ha voluto. Piccolino, baffettini alla Clark Gable, una testa irta di capelli sempre ritti: sembrava la reclame della Presbitero, con tutte quelle matite a boscaglia sul capo. La sua barberia, disadorna, fatta apposta per un pubblico povero, era il confessionale del paese. Da lì passavano confidenze, sospiri, rivelazioni, amori interrotti e promesse da fare. Lì si facevano previsioni politiche, si sapeva tutto sul sindaco e sulle sue intenzioni, si progettavano alleanze tra partiti, vittorie e sconfitte. Magnifico di Versilia Oggi, abbonato dal 1967, era il cuore del Forte. I suoi coetanei se n’erano andati ormai quasi tutti, ma gli erano rimasti vicino i più giovani dei quali aveva sempre avuto rispetto e considerazione. Era un frequentatore del caffé Principe dei tempi d’oro di Vasco Galli. Diceva la sua, sempre, e la “sua” era di sinistra, moderata ma sicuramente di sinistra. Nenniano sempre. Sia quando Nenni an- dava a braccetto con Togliatti e con Stalin, sia quando ci ripensò, fece la pace con Saragat e marciò al governo con Moro nella speranza che gli toccasse un posticino al Quirinale. Socialista, ma senza tessera. Non gli andava farsi schedare. Socialista anarchico? Forse. Certamente un libero pensatore. Era un uomo colto. Autodidatta. Aveva letto tanto. Ha sempre sostenuto che Michelangelo sull’Altissimo non ci ha mai cavato una scaglia di marmo. Andava contro corrente perché è dal 1520 che in Versilia ci laviamo la bocca con questa storia di Michelangelo che, a dir la verità, noi versiliesi ci ha mal tollerato e ci ha sopportato per tre anni che lui considerò perduti. Si, qua c’è venuto solo a perdere del tempo. Raffaello lo diceva, e noi tutti a dargli contro, perché non si può infrangere la leggenda: ormai questo Michelangelo ce l’abbiamo attaccato come la lumaca al suo guscio. Ma lui non ci stava ed al caffé, tra l’incredulità di ignoranti o istruiti che gli capitassero a tiro, l’ha ripetuto fino alla noia. Raffaello, adesso che non ci sei più, te lo dico piano piano in un orecchio: avevi perfettamente ragione. SEMPRE CON AFFETTO, ROBERTO Si è svolta a Pietrasanta un’importante manifestazione, per ricordare le qualità professionali e umane del pediatra Roberto Pardini. Con l’intento di fare cosa utile intendo tratteggiare sinteticamente, alcune delle immagini che riguardano la vita di Roberto Pardini e che ho rivisitato, come in un caleidoscopio, durante la cerimonia. Un’immagine, che si perde nel tempo è quella di Roberto Pardini e Sirio Giannini, legati da una profonda amicizia e da un intenso profondo e produttivo rapporto culturale, dai quali ho appreso l’importanza del sapere. Un’altra immagine, meno lontana e quindi meno sfocata, è quella di Roberto Pardini e di Gaetano Pasquinucci. Fra loro c’era una grande stima e un profondo, intenso, sinergico e anche originale rapporto che potrebbe essere agevolmente ed efficacemente descritto, utilizzando splendidi aneddoti che li riguardano, ma che sarebbe troppo lungo qui riportare. Devo quindi limitarmi a poche parole. Roberto Pardini aveva grande rispetto e stima per il suo “professore”, come Roberto ha sempre chiamato Gaetano, grande pediatra, sia come ricercatore che come clinico, del quale Roberto fu allievo pre- diletto. Ho sempre apprezzato la loro capacità di trovare, evidenziare e sfruttare il semplice nel complesso: molti sono stati gli studi innovatori che hanno condotto insieme e in particolare sono stati anticipatori nel privilegiare e valorizzare il rapporto madrebambino. Ho detto che il loro rapporto è in parte da scoprire. Gaetano è stato maestro di Roberto, però io sono convinto che Roberto sia stato, oltre che «figlio» anche «padre» di Gaetano, nel senso che con discrezione, concretezza ed efficienza lo ha sempre accontentato e protetto. È stato per me un grande privilegio essere stato amico di tali uomini, che mi hanno insegnato, fra l’altro, ad essere un uomo libero, che essendo libero vuole liberi anche gli altri uomini. Roberto in particolare mi ha fatto capire, con l’esempio, l’importanza dell’umiltà e della tolleranza, dell’autocritica e del rispetto della gente, in particolare dei deboli. È per questi ricordi, che ho scritto queste poche righe, ritenendo di interpretare il pensiero degli amici, e per il profondo affetto che mi lega alla famiglia Pardini. Milvio Capovani Gennaio 2001 - pag. 5 CONTRIBUTO AL RECUPERO DELLE FONTI DISTRUTTE IL 19 GIUGNO 1996 SULLO SCATTO DEL NUOVO MILLENNIO Ricostruire l’Archivio storico di Stazzema FABRIZIO CE LO SCRISSE È uscito il volume “Contributo al recupero delle fonti per la storia del territorio di Stazzema” a cura di Sandra Pieri. Si tratta di un lavoro che, come sottolinea la Sovrintendente archivista per la Toscana, Paola Benigni, rappresenta il contributo offerto dalla Sovrintendenza stessa alla ricostruzione della memoria documentaria di Stazzema e del territorio dell’Alta Versilia dispersa dall’alluvione del 19 giugno 1996. Che, insieme ad uomini e cose, travolse e disperse, come è noto, anche la maggior parte dei documenti dell’Archivio storico della comunità stazzemese. Di tutte le offese e le cancellazioni di cui quotidianamente soffre la memoria, quella prodotta da catastrofi naturali è senz’altro la più estrema e la più crudelmente traumatica, poiché ciò che viene eliminato o stravolto è in realtà un complesso sistema di beni e di relazioni su cui l’intera popolazione ha fondato, nel tempo, il senso della propria identità collettiva. L’alluvione, in effetti, ha modificato l’ambiente naturale, ha spazzato via case ed edifici oramai familiari, ha disperso, infine, d’archivio conservate nel “Palazzetto” del Cardoso, gli oggetti e i ricordi di intere esistenze trasmessi, attraverso più generazioni. La presentazione dell’opera è stata fatta anche dallo steso sindaco di Stazzema con le seguenti parole: Del patrimonio di memorie e munale, consentirà di riannoda- rittura ignorati nel processo di crescita culturale della persona. di storia custodito si sono sal- re il filo della memoria. Merita inoltre ricordare che la Lo sforzo necessario a rimediavati pochi manoscritti del XVI secolo e poche decine di docu- pubblicazione riporta anche il re, se possibile, il vuoto determimenti e ciò pone in risalto l’en- censimento degli archivi delle natosi per la Comunità stazzemetità del disastro che ha colpito parrocchie comprese nel terri- se e non solo, deve essere di il patrimonio storico-documen- torio comunale, ed anch’esso sprone per assicurarci la consatario di Stazzema. Alla consa- contribuirà a colmare la grave pevolezza sull’importanza di una pevolezza della gravità del dan- lacuna provocata dalla perdita cultura della conservazione e della promozione. Voglio ricorno si è accompagnata, fin dal dell’Archivio Comunale. Il lavoro prodotto consente di dare a tal proposito la costruzioprimo momento, la volontà di individuare azioni e strategie riappropriarci delle fonti della ne di un Centro di Documentaidonee a ricostruire il “filo del- nostra storia e delle nostra iden- zione presso il quale saranno racla memoria perduta” e l’inizia- tità ed ha sperimentato positi- colte le informazioni e le riprotiva, che oggi vede la luce, ne vamente la necessità di uno duzioni dei documenti reperiti in costituisce una valida ed effica- stretto rapporto di collaborazio- altri Archivi, che avrà sede a ce dimostrazione, la cui ideazio- ne tra enti, organismi e ricerca- Pontestazzemese in un edificio ne e progettazione è iniziata fin tori interessati alla conclusione di proprietà pubblica, in corso di da subito, insieme alla ricostru- di un lavoro: quello che oggi è ristrutturazione, resa possibile grazie alla significativa collabozione delle case, delle strade, pubblicato. Aver voluto la stampa di que- razione e alla sensibilità dimodei ponti e degli opifici dannegsto volume è un gesto di pro- strata dalla Banca di Credito Cogiati o distrutti dall’alluvione. Alle studiose Paola Lemmi e fonda civiltà, espressione di operativo della Versilia. Alle ansie e al dolore susciElisa Carrara, autrici della ricer- convinzioni necessarie a recuca, va il nostro personale ringra- perare quanto è andato perduto tati da così tragiche esperienze ziamento, con il loro lavoro è ed apprezzare i significati di si accompagnano anche positive esperienze di solidarietà. È stato possibile ricostruire le “pi- un’identità pregiudicata. Siamo profondamente consa- muovendo da queste e dal senste” che possono essere seguite per approdare alla ricostruzio- pevoli della gravità del danno so della nostra appartenenza ad ne della memoria storica, gra- subito, per questo invitiamo i let- una terra profondamente amata zie anche alla puntuale compo- tori ed in particolare i giovani ad che combattiamo la nostra batsizione del repertorio delle fon- imparare ad apprezzare il valore taglia per un riscatto completo ti, che in alternativa all’ormai dei documenti archivistici, gene- e per un futuro sicuro e sereno. disperso Archivio Storico Co- ralmente trascurati se non addiGian Piero Lorenzoni L’OPINIONE RICOSTRUZIONE CON CEMENTIFICAZIONE. E ORA? Le considerazioni svolte nel numero precedente sulle alluvioni in Versilia e nel mondo hanno coinciso con la conferenza dell’Aja sui disturbi climatici provocati dall’uomo. Lo scopo dell’incontro all’Aja era di stabilire, tra i vari paesi, programmi precisi di abbattimento dell’inquinamento atmosferico a partire dagli accordi di Kyoto (1997). Come noto, la cosa più difficile dell’incontro è risultata la ricerca dell’intesa tra USA (posizione di impegni blandi) ed Europa (posizione più drastica), sfociata nella decisione di rivedersi tutti ad anno nuovo inoltrato. Va comunque detto che da Kyoto in poi anche gran parte dell’opinione pubblica americana si è svegliata sull’argomento e a livello mondiale sono maturate tre consapevolezze: 1) che negli ultimi cento anni la temperatura media della Terra si è alzata di un grado e continua a crescere, e ciò crea gli squilibri atmosferici sempre più frequenti e violenti; 2) che gran parte di questo cambiamento è dovuto alle attività umane (gas serra); 3) che bisogna agire in modo concreto per porre rimedi. Il fenomeno non ha frontiere e quindi mette le comunità del mondo di fronte al problema di come decidere. Grandi imprese, come la BP, la Shell, la DuPont, la Volkswagen, anche per loro interesse e immagine, hanno già iniziato programmi di abbattimento del- l’inquinamento nei loro impianti o prodotti nel mondo. La città di Los Angeles, dieci anni fa arrivata a una situazione invivibile, è riuscita a ridurre l’inquinamento atmosferico di oltre il 60%. Anche in Versilia le popolazioni e le istituzioni locali sono indotte dal problema verso due tipi di azioni. Si tratta da un lato di difendersi dagli avvenimenti e dall’altro di combatterne, per quanto possibile, le cause. Al riguardo della difesa, la messa in sicurezza del territorio, con la regimazione forzata delle acque, non ci dà la piena tranquillità, ma ci dice solo che, qualora tornino piogge dell’intensità del ’96, saremo un po’ più riparati di allora. Né le opere fatte sono sempre convincenti: in alcuni casi sorge il dubbio che siano servite da pretesto per fare lavori, soprattutto di cementificazione. E neppure le istituzioni possono fare tutto da sole. È importante che le comunità acquisiscano una cultura del rispet- to del territorio e partecipino attivamente al suo mantenimento, anche con un ritorno alla montagna. Cosa che, se non viene sollecitata dall’istituzione locale, è auspicabile sia promossa dalla stessa popolazione. L’azione volta a diminuire le cause, come visto, richiede programmi mondiali, ma localmente può essere iniziata e sostenuta con un risparmio diretto sugli usi energetici inquinanti (traffico veicolare e impianti di riscaldamento) e uno stimolo alle nostre istituzioni che si facciano partecipi attive sul problema a livello nazionale e internazionale. Un invito particolare è rivolto alle scuole e ai giovani, che possono giocare anche un ruolo forte di stimolo, facendo da “maestri” agli adulti. “Qui sorgevano regge e dominavano potenti, ora giacciono sterpi e regna sovrano il vento” (Omar Khayyam, mille anni fa, citazione a memoria). Giorgio Salvatori Comincia il 2001. Comincia il Nuovo Millennio. Un anno fa Fabrizio Federigi scrisse un articolo per Versilia Oggi che il direttore, pur pensandola come lui, non volle pubblicare. Fu un atto di vigliaccheria, lo riconosciamo, dettato dal timore di apparire anche nelle grandi occasioni, sempre e comunque i soliti “bastian contrari”. Contro i politicanti, contro il sistema, contro il conformismo, contro le mode, contro il rincretinimento televisivo, contro tutto quello che ci salta in mente. Persino contro l’Inno di Mameli. Ed allora il nostro direttore, Ci siamo: tutti pronti col dito sul tappo dello spumante per salutare il nuovo millennio. Sopravvissuta già al catastrofico “Mille e non più di Mille”, riuscirà l’umanità a non essere abbattuta dai tappi vaganti e dalle libagioni che saranno più copiose del solito? Io credo di sì: sopravviveranno tutti, anche perché dovranno resistere ancora un anno prima di festeggiare il vero inizio del millennio, che sarà il primo gennaio del 2001 e non certamente del 2000, anno questo che dovrebbe trascorrere per intero prima che si completino i cento anni del secolo ventesimo o i mille del secondo millennio o i duemila dell’era cristiana. Il conteggio è semplicissimo, naturalmente, è una questione puramente aritmetica. E se uno non ci arriva a mente, prenda carta e penna e faccia qualche piccolo conteggio. Sarà ancora più facile. Qualcun altro ha in mente, invece, un fantasioso anno zero, cui seguirebbe l’1, il 2, ecc. e con questa storia vorrebbe darla a bere alla gente. Ma l’anno zero non esiste e non è mai esistito. Questa volta si faccia la riprova prendendo un bimbetto appe- liari di Fulvio Quintavalle, Luigi Jenco, Rosalka Pilli, Alessandro Di Ciolo, Paola Raffaelli, Alessandra Czeczott, Alvaro Avenante, Pier Luigi Marrai, Bruno Ceragioli che hanno rinnovato l’abbonamento addirittura prima che arrivasse il 2001. Con l’anno appena cominciato, stanno pervenendo i Fabrizio Federigi TRIONFO DELLA “COSTANTI” Applausi a Seravezza Nel corso del Duemila, la Premiata Filarmonica dei Costanti di Seravezza ha tenuto un concerto bandistico anche al Tonfano, eseguendo con maestria un repertorio (8 brani) di musiche varie applaudite da un pubblico attento ed entusiasta. La Blue Jean “Big Band” con i suoi 10 brani che vanno da “In the mood” a “Chicago Shuffle”, da “Caravan” a “New York New York” ha stupito i tanti appassionati di questo genere musicale. Bravissimi i solisti sia quelli della Costanti che quelli della Big Band: Luigi Bandelloni, Simone Barsanti, Lucia Barsotti, Riccardo Ceragioli, Adriano D’Angelo, Benito Farnocchia, Vasco Lari, Sandro Luisi, Ma- ARRIVANO GLI ABBONAMENTI A 25 MILA LIRE Gli auguri quest’anno ce li Milvio Capovani e dai fami- primi abbonamenti dopo il fanno proprio i nostri sostenitori-raddoppiatori a cominciare da Isabella Pocai, Maria Giovanna Aliboni, Massimo e Riccardo Lazzotti, Ilo Dati, Francesco Bacci, Oliviero Bibolotti, Tina Galli, Enzo Silvestri, Elda Mazzei Lucarini, Leda Nardini, Francesco (Franco) Polacci, Licia e Milena Tommasi, Tristan Kurz, a malincuore, pregò Fabrizio Federigi di rinunciare a un articolo che avrebbe dovuto avere per titolo “Un momento: aspettiamo ancora 365 giorni!”. Il direttore non volle fare il guastafeste: per una sola volta in 35 anni volle arrendersi e, davanti a tutti coloro che avevano interesse a festeggiare un avvenimento con 365 giorni di anticipo, disse: arrangiatevi. Buon prò. Ma lui se ne andò a letto alle 22,30. Adesso quei 365 giorni sono passati e vogliamo onorare Fabrizio che da Minazzana ci aveva sapientemente ammonito. Gliene rendiamo merito: na nato: gli si faccia compiere un anno, poi due, dieci e cento. Bimbo e secolo, sarà la stessa cosa. Dunque, la prossima mezzanotte del 31 dicembre 1999, se potrò, io festeggerò, l’inizio di un qualsiasi nuovo anno che ha solo la modesta particolarità di essere l’ultimo di un secolo. Gli italiani, invece, che sono un popolo di santi, navigatori, poeti, politicanti, furbi e oroscopari, credo proprio che approfitteranno di quei bischeri che sui giornali e alle televisioni non fanno altro che dare informazioni sbagliate per festeggiare due volte. Ottima e furba scusa. Ma voi lettori di Versilia Oggi non vi fate fregare come l’estate scorsa quando c’è stata l’eclissi del sole. Pareva che anche da noi dovesse scendere la notte nera e spalancarsi la porta di Josafat. Tutti con i vetrini, il naso in su e la coda fra le gambe. Ma ci pensate? Appena appena un po’ di luce livida come quando si preannuncia un temporale. Io non ho nemmeno messo il naso fuori dalla finestra. Figuratevi. Allora, buon anno, per gli auguri speciali del millennio aspettiamo altri 365 giorni. piccolo aumento di cinquemila lire che porta la quota annua a 25 mila, dopo che anche le poste hanno da tempo provveduto a chiedere una quota più alta per la consegna di Versilia Oggi in Versilia, in Italia e nel Mondo. Con il nuovo anno ringraziamo pertanto i sostenitoriraddoppiatori. rio Tarabella, Renato Tarabella, Gianfranco Tommasi, Michele Vannucci. L’orchestra è stata diretta dal M° Mario Tarabella, mentre la “Big Band” è stata diretta dal M° Gianfranco Tommasi. Hanno intervallato i brani musicali Cecilia Romagnoli, con la sua voce limpida e gentile che ti arriva al cuore, e Giampaolo Viviani che ha accompagnato Cecilia, sia alla tastiera che con la voce, formando un duo formidabile. Per la prima volta abbiamo avuto come conduttrice della serata la bravissima signorina Sabrina Tarabella, che ringraziamo vivamente. Ancora una volta la Costanti ha fatto centro, i suoi concerti sono attesi e graditi. Oltre agli applausi in diretta, abbiamo ricevuto molti complimenti e consensi per la bravura di tutto lo staff. Ezio Silvestri Versilia Oggi a Pietrasanta è in vendita anche presso la LIBRERIA SANTINI in via di Mezzo, 79 Gennaio 2001 - pag. 6 L’opportunità di lavorare ai diari di campagna del professore Bruno Antonucci mi è stata gentilmente offerta dalla signora Nerina Antonucci due anni fa, quando riordinando le carte del marito e su consiglio dell’amico Giorgio Giannelli rifletteva sull’importanza della documentazione raccolta. Non potevo nascondere la gioia all’idea che questo patrimonio scientifico potesse essere condiviso da tutti gli studiosi che fossero interessati all’archeologia nella nostra regione, e gli appassionati il cui supporto è stato determinante nello sviluppo di queste ricerche. Il volume ha una struttura di diario, riprendendo fedelmente il manoscritto originale, a cui è stata affiancata buona parte della documentazione grafica e fotografica collezionata. Il lavoro si svolge nel trentennio 19611991 e vede lo sviluppo di un’attenta indagine sul territorio apuo-versiliese con la registrazione di numerosi siti archeologici, lo scavo di importanti insediamenti di epoca eneolitica e neolitica in grotte, del periodo etrusco, romano, longobardo e medioevale, fino alle più tarde attestazioni rinascimentali. Questa attività, di prospezione e di scavo, è sempre stata affiancata dalla catalogazione dei materiali, il loro studio, il restauro e non ultima la loro pubblicazione di cui potete trovare la bibliografia completa e una selezione dei principali contributi scientifici alla fine dell’opera. All’interno del volume in al“Socrates project”. Parliamone. Avremo due mostre in Versilia, a Pietrasanta fino al 17 gennaio ed a Seravezza dal 19 al 31 dello stesso mese. Si tratta degli elaborati di architettura e di arti decorative dal 1900 al 1930, studiati dagli alunni dell’istituto d’arte “Stagio Stagi” di Pietrasanta e dell’istituto professionale di Liberec (Letechi-Repubblica Ceca). Due scuole in gemellaggio tra loro per evidenziare lo stile liberty sia in Versilia che in Boemia. Il progetto è diventato realtà per merito degli alunni delle classi sperimentali 3ªB architettura e 3ªC disegno industriale e dei loro docenti, Anna Paltrinieri, Laura Prini e Pompeo Russo dei quali il direttore Vinicio Rovai intesse l’elogio nella presentazione del depliant. Scorrendo infatti questo catalogo troviamo ridisegnato il can- GELONI Merita di essere ricordata la figura del seravezzino Italo Geloni deceduto recentemente a Pontedera. Aveva 76 anni e la sua esistenza è stata condizionata dalla deportazione nei campi di concentramento nazisti. Ha vissuto perché quegli anni e quelle sofferenze atroci venissero trasmesse alle nuove generazioni. Organizzava incontri nelle scuole e pellegrinaggi ai campi di sterminio. Presidente dell’associazione ex deportati, accompagnando in Germania i giovani versiliesi che lo attorniavano sempre con grande affetto, diceva che la sua sopravvivenza era un miracolo avvenuto perché potesse raccontare quello che era successo di terribilmente disumano. Fu quello lo scopo del resto della sua vita. SCOPERTE ARCHEOLOGICHE IN VERSILIA DAL 1961 AL 1991 ONORE AD ANTONUCCI E AUGURI ALLA DEBORAH Si sono sposati l’archeologa di Valdicastello, Deborah Giannessi, ed il filologo Jesper Eidem di Copenaghen. Prima delle nozze, e pochi giorni prima della partenza per la Danimarca, Deborah aveva presentato nella affollatissima Sala dell’Annunziata di S. Agostino in Pietrasanta la sua stupenda opera “Bruno Antonucci ed i suoi taccuini, scoperte archeologiche in Versilia dal 1961 al 1991”, stampata a cura della Banca di Credito cooperativo della Versilia. Al suo fianco la professoressa Renata Grifoni Cremonesi, docente di Paleontologia all’Università di Pisa, la dottoressa Emanuela Paribeni, Soprintendente Archeologica della Toscana e la dottoressa Graziella Berti, membro della Società degli archeologi medioevisti italiani. Pieno successo dunque della nostra cara Giannessi, anzi doppio vistoso successo, visto che pochi giorni dopo ha coronato anche il suo grande sogno d’amore con Jesper che, tradotto dal danese all’italiano, vuol dire Gaspare. Ai due sposini ed ai genitori, nostri amici e Magnifici di Versilia Oggi, Raffaello Giannessi e Franca Moriconi gli auguri più affettuosi. Ed ecco l’articolo di presentazione pubblicato a prefazione dei taccuini di ricerca di Bruno Antonucci: cuni casi le descrizioni dettagliate dei siti e dell’attività svolta assumono un carattere narrativo, ma è stata esplicita intenzione della famiglia e della scrivente offrire al lettore il materiale nella versione in cui era stato raccolto, mostrando le carte che il loro autore non ha avuto l’opportunità ed il tempo di riorganizzare e pubblicare lui stesso. Per la loro accuratezza e originaria struttura scientifica è stato facile produrle in questo libro, e mi auspico possano essere di interesse sia per coloro che amano la Versilia e la sua storia, che per quegli studiosi che vorranno continuarne le ricerche. Per agevolarne la consultazione, all’interno si trovano una pianta sommaria degli insediamenti principali, un indice dei siti e la relativa suddivisione cronologica. La dotazione dei contesti archeologici e dei materiali qui riportata ha un carattere orientativo ed è da considerare in fase di sviluppo alla luce di futuri approfondimenti sui materiali e delle nuove scoperte. Bruno Antonucci supportato dalla collaborazione scientifica dell’Università di Pisa e della Soprintendenza Archeologica della Toscana, nel corso della sua attività è riuscito a fornire un accurato prospetto insediamentale della regione nei diversi periodi, raccogliendo una vasta quantità di informazioni e materiali. I reperti, esposti all’interno del Museo Archeologico di Pietrasanta a lui intitolato, costituiscono una collezione unica sul nostro territorio; per lo sviluppo diacronico documentato, dalla Preistoria al Rinascimento, e per il valore scientifico di alcuni manufatti come il gruppo di cippi etruschi marmorei o le ceramiche medioevali provenienti dal Chiostro di S. Agostino. I risultati ottenuti, come appare dagli scritti qui pubblicati, sono stati possibili grazie ad un intenso lavoro di equipe, di per- MOSTRE SULL’ARCHITETTURA LIBERTY Versilia e Boemia gemelle Querceta. Palazzo Silvestri, progetto di Gian Giuseppe Mancini, rielaborazione dell’alunno Federico Dazzini, classe III B. cello in ferro di via Nazario Sauro di Pietrasanta di un edificio industriale visibilissimo per chi da Porta a Lucca arriva al primo semaforo prima di entrare in città, elaborazione degli alunni Barbara Fambrini e Annalisa Gianvanni. Sempre di via Sauro c’è la riproduzio- ne dell’intera facciata e di altri ferri battuti di altre aziende dell’epoca, ridisegnati da Beatrice Bazzichi, Giovanna Bacci e Andrea Fornari. Ci sono anche porte e prospetti di via Oberdan, sempre a Pietrasanta, di Alessandra Marchi e della villa Henraux-Pilli di Seravezza di sone che lo hanno affiancato durante la realizzazione dei suoi progetti, collaborando a scavi, alle prospezioni, alla catalogazione, al restauro di manufatti ceramici, all’attività museale. La costituzione del Gruppo Archeologico e Speleologico di Pietrasanta ha ufficializzato questo gruppo operativo sul territorio, rappresentando sotto la sua guida il principale referente per la salvaguardia dei beni archeologici nell’ambiente apuo-versiliese. Antonucci stesso mai si è dimenticato di ricordarlo, come nelle due occasioni pubbliche dell’apertura del Museo Archeologico di Pietrasanta e della mostra sui cippi in Sant’Agostino. L’interesse scientifico, l’amore per la propria terra, la curiosità della scoperta, l’avventura hanno rappresentato i sentimenti primi di queste persone, ma sono state l’umanità di quest’uomo, la sua semplicità di studioso, l’onestà e il suo spirito a unire generaElisa Silvestri. Da una villa di via Traversagna ci sono particolari messi in evidenza anche da Romana Tarabella. Veramente formidabile la riproduzione della casa Silvestri progettata dal grande Gian Giuseppe Mancini sulla via Aurelia a Querceta e rilanciata nel depliant da Federico Dazzini. Indubbiamente docenti ed allievi si sono dimostrati a conoscenza di molti tra i gioielli seminati in Versilia dai maestri del liberty. Ce ne compiacciamo, non senza aver citato gli altri giovani che hanno collaborato al successo del “Socrates project” che dalla Boemia a Pietrasanta ed a Seravezza hanno coinvolto le nostre scuo- zioni diverse. In molti ricordano la passeggiata per andare a verificare un sito in un dato posto, l’uscita in grotta, le serate al museo, o la domenica mattina al restauro; un’esperienza che ha avuto per alcuni una forte influenza nello sviluppo di scelte professionali, di stimolo e incoraggiamento a realizzare le proprie aspirazioni. Anche per me la sua presenza è stata determinante quando, confusa, mi sono trovata a decidere la facoltà universitaria. Ricordo la chiacchierata con lui in piazza del Duomo davanti al museo, i suoi consigli e il sostegno a seguire le mie passioni. Me aveva visto crescere tra la soffitta di Palazzo Moroni, dove mi aveva “arruolata” a 11 anni per la siglatura della ceramica, gli scavi di Bora dei Frati e del Sant’Agostino, ed il museo dove si curavano i materiali e nascevano nuovi progetti. A Lui devo le prime lezioni di archeologia, di metodologia sul campo, e di storia davanti alle vetrine del museo o nel magazzino. Non erano momenti di pura erudizione, ma era l’emozione della scoperta, la curiosità della conoscenza di piccoli frammenti del passato che andava al di là della sensazionalità del ritrovamento. Questa visione dell’archeologia è quella che ancora condivido e mi auguro lungo il mio percorso professionale, oggi appena all’inizio, di riuscire a seguire ed a trasmettere ad altri quello stesso spirito di ricerca. Deborah Giannessi le d’arte: Nicola Battistuzzi, Alessandra Benedetti, Luna Bertacca, Samuele Biagi, Alessio Bolgioni, Alessandro Bonuccelli, Sandra Bramanti, Giovanni Bresciani, Silvia Cagetti, Alessandro Cardini, Simonetta Coppedé, Alessandro Forli, Valentina Galli, Francesca Gaspari, Franco Giannarelli, Barbara Ippolito, Elisa Lemucchi, Luca Leonardi, Sara Malocu, Alice Monti, Sonia Mugnaini, Martina Nencini, Chiara Orsetti, Michela Pantaleo, Daniele Pellegrinetti, Francesco Pelletti, Andrea Pierini, Debora Poletti, Francesco Ricci, Martina Ricci, Anna Maria Rontani, Antonio Sutera, Bruno Tarabella. Banca locale partner globale. Ciò che contraddistingue il nostro modo di essere banca è proprio la capacità di essere tante banche insieme in una volta sola. Per questo oggi siamo la banca più vicina ai commercianti e agli operatori economici, la banca di casa in oltre 100.000 famiglie, la banca amica dei pensionati, la banca aperta ai progetti dei giovani, la banca partner delle imprese su tutti i mercati. Una banca aperta alle esigenze di ciascuna persona, ogni giorno, con la stessa cura e attenzione. Continuiamo a crescere insieme. CASSA DI RISPARMIO DI LUCCA Più vicini al vostro mondo. Gennaio 2001 - pag. 7 Caro Giorgio, mio padre era del 1899, battezzata poi la “classe di ferro”. Nonostante gli fosse già morto un fratello maggiore nella guerra del 15/18 all’età di 17 anni venne chiamato alle armi per difendere la sua patria Italia. Di mestiere faceva il cavatore di marmo. Ricordo benissimo che il lunedì mattina partiva da casa verso le 4 del mattino per andare a lavorare in Arni, a piedi attraversava il monte sopra Cardoso, scendeva giù a Levigliani ed alle 8 in punto era sul posto di lavoro. Ritornava a casa il sabato sera ed il lunedì successivo era la stessa musica. Nel 1928 la mia famiglia si trasferì a Montorno di Seravezza, contadini del professor Galanti, una persona molto affabile e perbene. Il babbo aveva trovato lavoro alle cave del monte Costa alla ditta Marino ed io frequentavo le scuole elementari di Seravezza, a quei tempi le lezioni c’erano al mattino ed al pomeriggio e quando si usciva dalla scuola non c’erano nè pulmino nè mamme con la macchina per riportarci a casa. Nel 1935 andammo ad abitare alla Colombetta di Pietrasanta dove abbiamo vissuto per 17 anni senza corrente elettrica, facendo luce con la cetilene a carburo e candele, senza una strada. Si attraversava bosco e uliveti per raggiungere il primo negozio di alimentari distante VITA DURA ED UMILIAZIONI ALLA STROSCIA Tre Raccomandate con ricevuta di non ritorno venti minuti. Finalmente nel settembre del 1951 con i soldi dei risparmi e dei sacrifici firmammo il compromesso per acquistare una casa e un fazzoletto di terra in via Stroscia. Nel novembre del 1952 il fiume Versilia ruppe l’argine destro allagando le campagne vicine e nei fondi della nostra casa l’acqua arrivò 1,80 mt. di altezza: l’anno dopo, quando potemmo finalmente entrare in possesso della proprietà, i muri erano ancora umidi e muffosi, nel campo barattoli di latta, scatole di cartone, rami di alberi, una capanna fatta di colonne di legno sembrava la torre di Pisa. Occorse rimboccarsi le maniche per rimettere un pò di ordine. In famiglia eravamo in sei, il più piccolo di nove mesi, la camera fu divisa con un foglio di compensato, il gabinetto era fuori in fondo alla scala esterna. Bisognava fare degli ampliamenti, ma il materiale da costruzione costava caro ed i risparmi erano finiti. Per fortuna trovai dei vicini di casa molto disponibili: Giuseppe e Lorenzo Foffa possedevano un trattore agricolo con rimorchio, e così andammo al fiume presso Vallecchia a caricare ghiaia per costruire bozze. Alla sera dopo il lavoro e la domenica impastavamo la ghiaia e cemento costruendo bozze. Alle “Prade” intanto tra il 1970 e il 1980 in via Olmi, a due passi dal fiume, venne costruito un depuratore consortile per acque nere che serve al comune di Forte dei Marmi, Pietrasanta e Seravezza, in via Puntone una fabbrica per nastrini, ancora in via Olmi una discarica di sassi, un laboratorio di marmo, una segheria di marmo e un’officina meccanica. Per raggiungere le varie ditte gli automezzi transitavano in via Olmi finché un giorno il comune di Pietrasanta decise di vietare il transito ai mezzi pesanti con la motivazione che la strada era privata. Ma come poteva essere privata una strada sempre esistita per il passaggio di barrocci e carri agricoli? E perché la manutenzione la fa sempre il comune di Pietrasanta? Fatto sta che gli automezzi sono costretti a cambiare strada, transitando per la via Cugnia dove c’è anche una scuola, tutti in via Stroscia una parte in via Olmi ed un tratto di via Puntone per arrivare alla fabbrica dei nastrini. A questo punto se l’amministrazione comunale di Seravezza avesse avuto un pò di buon senso, avrebbe allargato subito via Puntone senza obbligare gli automezzi a fare il giro delle sette chiese e sarebbe stata la LASCIATECI PARLÀ COME SI MANGIA Una volta era il francese la mandato al mulino dalla madre Sono ben altre le cose che ci elelingua internazionale, ora è l’inglese; e fanno bene ad insegnarla ai ragazzi anche alle elementari perché sicuramente farà loro comodo durante l’esistenza. Qualche anno fa chiesi alla mia nipote, che aveva allora una decina d’anni, cosa preferisse per un suo compleanno e lei rispose: «Walkman». Per chiarezza dissi: «che de’?» e lei mi spiegò: «È la cuffia per ascoltare la musica». Mi feci ripetere molte volte come si pronuncia in italiano e, in bicicletta, partii alla volta di Pietrasanta per acquistare il regalo. Durante il tragitto ripetevo tra me quella strana parola perché desideravo fare bella figura al momento dell’ordinazione, ma scartai l’idea quando mi tornò in mente una fola che ascoltavo da piccola. Narrava le peripezie di un ragazzo, con un sacco di granturco, ripetendo sempre: «uno staio, uno staio» per non dimenticare che il granturco che stava portando a destino misurava, appunto, così. Quando si trattò di regalare il «Rollerblade» compresi subito che erano pattini perché si vedono spesso in televisione, specialmente nei film americani. Difficile invece è stato capire cos’è un «Play Station» e mia nipote ha dovuto faticare molto per spiegarmelo. A mio avviso non bisognerebbe rinnegare il nostro caro dialetto, la «favella toscana» come diceva il Carducci, perché fa parte delle nostre origini. Sono le nostre radici ed è errata la convinzione che parlare italiano (magari con qualche scerpellone come mi capita spesso di sentire) anche con paesani e familiari, ci elevi socialmente. vano!. Se incominciassi a voler parlare italiano con tutti, mi sentirei ridicola e patetica. Quando dico alla mia nipote, «Ci sei ita ala dottrina?» oppure per spiegarle che una cosa è poca le dico: «un po’ po’» lei mi fa osservare scherzosamente che è una brutta parola. Una volta mi capitò di chiedere ad una ragazzina: «Ci veni oggi a casa mia? Si fa la merendella». Lei mi disse: «Cos’è? Io le spiegai: «si piglia dele fette di pane, magari cola nutella, eppò qualche formaggino, dela frutta, una bottiglia d’aranciata, si stende una tovaglia sotto un’olivo, si assediemo d’intorno e si mangia». Allora lei, con un sorrisetto di sufficienza, chiarì: «Quella non è la merendella, ma un picnic». Leda Quintavalle Falasca A PROPOSITO DI PORTI E DI EROSIONE Chiudere Carrara e aprire La Spezia «L’Italia –ha detto il direttore nazionale della Protezione civile Franco Barberi– non può rimanere il solo Paese industrializzato cieco sull’entità delle piogge in un territorio estremamente fragile, di grande antropizzazione e ricco di beni storici e culturali a rischio. Un territorio che ha anche, ovviamente, assoluta necessità di fare prevenzione innanzitutto per la salvaguardia delle vite umane». È vero e noi lo scriviamo dal 1966. Ma siamo ancora a rischio. E l’abbiamo rilevato anche nel numero di novembre. Franco Barberi ha fatto il massimo possibile per ridare all’Alta Versilia una speranza di sopravvivenza. C’è però ancora troppo da fare appunto sul piano della prevenzione. Non vogliamo ripetere quello che ab- biamo già denunciato. Questo mese ci interessa sottolineare che la magistratura piemontese ha fatto arrestare tre contitolari di una impresa di costruzione di Verbania per avere realizzato escavazioni abusive nel greto del Toce, anche fino a tre metri sotto il livello delle acque, prelevando più di 140 mila metri cubi di sabbia e ghiaia contro i 32 mila autorizzati. Sono cifre che ci fanno pensare a quanto accade nel greto del Magra. La storia dell’erosione della nostra spiaggia parte da lì. Parte dalle escavazioni nel Magra e dal continuo prolungamento del porto di Marina di Carrara. Gli interessi degli industriali e degli spedizionieri carrarini sono evidentemente ben tutelati dal governo toscano che si proclama “progressi- sta”. Se non fosse così, il porto di Marina di Carrara dovrebbe essere utilizzato soltanto come rifugio turistico per barche e per yacht. E perché no? E allora il marmo? A pochi chilometri c’è il porto di La Spezia, in grado di ospitare navi da trasporto di qualsiasi tonnellaggio. Ha un fondale che riceveva persino le corazzate. È lì che il grande traffico mercantile dovrebbe spostarsi. Sarebbe l’ora. VERSILIA OGGI È su Internet www.sula.it/versiliaoggi E-mail:[email protected] strada più breve per arrivare a destinazione. O forse la via Puntone fa parte delle cose intoccabili? Un’altra osservazione da fare è questa: in via Cugnia ci sono diverse abitazioni alcune lesionate da quando la via è transitata da mezzi pesanti che trasportano tonnellate e tonnellate di materiale tra sassi, blocchi di marmo e ferro in quantità mentre in via Puntone delle abitazioni ne esistono due o tre. In data 23 agosto 2000 ho mandato tre raccomandate con ricevuta di ritorno al Prefetto di Lucca e per conoscenza al presidente della Provincia di Lucca Andrea Tagliasacchi ed a Lorenzo Alessandrini sindaco di Seravezza. Ad oggi non ho avuto risposta. Avevo scritto che l’amministrazione comunale di Seravezza ha progettato la costruzione di una strada sulla mia proprietà, un campo lungo 90 mt. e largo 35 coltivabile, una strada che non serve a niente ed a nessuno in quanto nella zona esistono già quattro strade di comunicazione tra loro distanti una dall’altra meno di un km, ma non è tutto: il mio terreno è assai più basso della via Stroscia e così, costruendo questa nuova strada essa dovrà essere portata al livello della stessa già esistente formando nel mio campo un poggio. Così quando piove l’acqua resterà imprigionata nel mio terreno creando una piscina. Nella lettera chiedevo gentilmente una visita da parte di personale competente, a riscontro di quello che dichiaravo, non si è ancora visto nessuno, ma qualcuno si presenterà certamente il momento delle elezioni per chiedere, come ha fatto il signor Andrea Tagliasacchi, che mi ha mandato una lettera prima delle elezioni, promettendo mari e monti. Poi al momento in cui un cittadino ha bisogno, gli vanno in quel posto. Se dovesse arrivare l’esproprio, che vuol dire “privazione della proprietà”, viene da pensare che la mia terra verrà presa per forza e con prepotenza, ma credo che la forza e le prepotenza sono due cose che non vanno d’accordo con la libertà e la democrazia. La spiegazione delle prime righe di questo racconto è questa: mio padre è morto, ma se oggi fosse sempre vivo sarebbe contento nel vedersi togliere una parte della sua proprietà acquistata dopo tanti anni di sacrifici fatti per avere un tetto sopra la testa e un fazzoletto di terra da coltivare senza dover dividere con altri il frutto che essa ci da? Eppure alla chiamata alle armi a 17 anni, alla patria rispose di si. Angelo Silicani IL GITARIO di [email protected] Percorsi ciclabili per i… non ciclisti Nei mesi scorsi ho sempre parlato di itinerari ciclistici che, percorrendo vie di montagna, sono praticabili soltanto da parte di chi disponga di una bicicletta adatta e abbia un po’ di allenamento, o quanto meno abbia voglia di fare un po’ di fatica. Ma occorre incoraggiare, diffondere e proteggere l’uso della bicicletta anche da parte di tutti gli altri: anziani e bambini, invalidi e no, obesi e anoressici, pigri e troppo impegnati, turisti e indigeni, singles e accoppiati, orfani e afflitti da eccesso di genitori; insomma, tutti ma proprio tutti, senza alcuna esclusione. È compresa nel numero anche mia madre ottantenne, che, non fidandosi più della bicicletta, gira con una “tricicletta” munita di ampio portapacchi sul retro, con la quale d’estate macina chilometri ogni giorno. Per questi ciclisti… di serie C le amministrazioni versiliesi competenti fanno ancora davvero troppo poco. Girare in bicicletta o tricicletta per le vie ombrose e le stradelle di campagna fra il mare e i piedi delle Apuane è uno dei piaceri più raffinati; e la Versilia può offrirlo a chiunque; ma in troppi casi questo piacere è insidiato dall’evidenza e dalla pericolosità del traffico automobilistico, oppure è impedito dal difetto di quella cultura diffusa della bicicletta, che invece caratterizza alcune tra le città più civili d’Europa, da Copenaghen ad Amsterdam, a Ferrara, a Parma. Io conosco bene le vie del Forte; e qui ho alcune proteste e proposte da avanzare. Una protesta, innanzitutto, per le condizioni in cui i ciclisti sono costretti a muoversi lungo i tre chilometri di via Mazzini: la carreggiata è talmente stretta, che quando due auto si incrociano l’eventuale ciclista rischia di essere travolto. Che cosa impedisce di stabilire un senso unico per le auto –come si è fatto in viale Morin– e riservare alle biciclette una bella pista protetta? E che cosa impedisce di creare una pista ciclabile protetta anche sul viale Italico, nonché sulla via Padre Ignazio, che da Vittoria Apuana porta all’Aurelia? Il mio sogno, poi, è quello di una rete di percorsi nelle viuzze e stradelle dell’entroterra, nella quale alle biciclette non sia dato accesso esclusivo (mi rendo conto dell’impossibilità di una simile soluzione), ma sia data una particolare protezione, che si tradurrebbe automaticamente anche in una protezione per i pedoni e in una riduzione dell’inquinamento acustico, a tutto vantaggio di chi ai lati del percorso risiede. Lungo tutti i percorsi prioritariamente destinati ai ciclisti, per le automobili dovrebbe essere stabilito il senso unico e un limite di velocità di 10 chilometri all’ora, con installazione di idonei dissuasori di velocità, dotati di varco centrale per le biciclette; dove possibile dovrebbe essere riservata alle due ruote una parte della carreggiata, protetta da un cordolo; appositi cartelli potrebbero segnalare la bottega del ciclaio più vicina, per le emergenze o per il noleggio del velocipede. Rinvio al prossimo numero la proposta di due tracciati che si presterebbero molto bene per la realizzazione di questo progetto. Pietro Ichino Gennaio 2001 - pag. 8 QUANDO I PELLEGRINI ERAN BIRBANTI “Luna ad limina Petri” (da Luni a Roma per intenderci) Giubilei e pellegrini nei documenti di narrativa e di musica popolare delle Alpi Apuane. Si tratta di un libretto stampato a cura dell’Accademia Initiatorum, via del Marzocco 6, Pietrasanta, con prefazione di Antonio Bartelletti che ne ha curato la pubblicazione. Questi racconti tramandati a memoria orale –scrive in sintesi Bartelletti– ripropongono attimi di ansia e di paura medievali. Non va dimenticata infatti la dimensione atavica ed istintuale dei comportamenti di difesa e di conservazione. Né va trascurato quanto sopravviva ancor oggi di quell’eredità anche culturale. Tutto questo va oltre la religione, “quasi che il significato spirituale del pellegrinaggio si dissolva di fronte a certi valori antropologici, laddove il senso del pellegrinaggio resti quello di spostare le genti per farle entrare in contatto. Dalle paure si passa così agli scontri ed alle passioni. Nelle pagine “ninne nanne” raccolte da “Folclore della Versilia” di Gilberto Cocci e “Invocazioni popolari” di Florio Giannini, con racconti vari intitolati “Il gallo che va a Roma”, “Fra Rufino, eremita e pellegrino”, “Capitan Buco e il pellegrino”, “Il pellegrino e il drago del monte Cavallo”, “La chiesa allargata”, fiabe e leggende. Tra i canti popolari “Cinque ore di sonno il viandante, sei lo studiante, otto un corpo, nove un porco”. Il libriccino non è in vendita. Ne sono stati stampati solo 50 Questa ricetta l’ho rubata dal ricettario segreto di mi’ mà. Guai se lo sapesse! Ma da quie ’n là è le che parla. Allora: Dopo aver messo i fagioli a mollo dal giorno prima, prendete una cazzarola, mettete acqua quanto basta (“l’acqua calda o fredda, fa una sega, tanto…”) poi buttateci i fagioli, accendete il gasse, aspettate che arivi la Luciana, scendete le scale e andate a sedevvi sulla panca fuori davanti casa, parlate del più o del meno, fate la “trina” a quanti passin dala via. Nota, sto parlando della ricetta originale, poi ci sono le varianti: se non c’è la Luciana o la panca da sedersi, va bene li stesso. Van bene anco un’altra persona e una seggiola pe’ sedessi: l’importante che non si faccino errori di cottura rispettando scrupolosamente i tempi. Dopo parecchio tempo, infatti, quando l’acqua è sciutta tutta e il fumo comincia a riempì esemplari. Finale con due canti popolari. Pellegrin che vien di Francia e (attenti al finale…) Pellegrin che vien da Roma. Eccoli: Pellegrin che vien di Francia, Vien di Francia dal monasté: Buonasera signor sòr oste. L’alloggerebbe un forestié? Volentieri l’alloggerei, Ma non ci ho paglia né fien. Ma ci ho solo ’na camerella. Che ci dorme mia moglié. Basterebbe un fil di paglia. Tra mezzo me e lé. La sera era da capo. La mattina era da pié. Pellegrin che vien da Roma con le scarpe rotte ai pié. Buonasera signor Oste, ha una camera per me? Una camera l’avrei, ma ci dorme mia moglié. Se lei fosse un galantuomo, la farei dormir con lei. Galantuomo era mio padre, galantuomo sono me. Per maggior precauzione, mette in mezzo un campanel. Mezzanotte era suonata, campanel facea din don. «Brutto porco pellegrino, cosa hai fatto a mia moglié?» – L’ho suonata e risuonata, come s’usa al mì pae’. Persecuzioni sui monti Da quando ebbe inizio la persecuzione contro il signor Ennio Bazzichi per “abusi edilizi” compiuti in località la Rocca di S. Anna mi chiesi chi avrebbe tratto profitto da un simile accanimento. Già dalla prima denuncia mi resi conto che gli “abusi” erano stati scoperti per caso dalle Guardie forestali e venatorie. Per la verità quello che stava facendo il Bazzichi era noto da anni sia al comune si Stazzema che al Parco delle Apuane nonché a tutti gli enti preposti alla tutela del territorio. Che il Bazzichi stava ristrutturando e ampliando gli immobili siti in località La Rocca, lo si vide tutti anche perché aveva installato una visibilissima teleferica per il trasporto dei materiali. Dov’erano allora quelle autorità? Me lo sono chiesto tante volte: forse come dice il Giusti erano in tutt’altre faccende affaccendati. Poi si sono svegliati di botto e trascinando il nostro compaesano fino davanti alla Corte di Cassazione. Per fortuna ad un certo punto gli ambientalisti hanno fatto marcia indietro chiedendo al comune di Stazzema di procedere all’acquisizione gratuita di tutti gli immobili. Poi loro avrebbero provveduto a gestire la questione ed al Bazzichi con il danno sarebbe sopraggiunta la beffa. Avrei tanti commenti pepati da aggiungere. Concluderò invitando il signor Grassi, presidente del Parco delle Apuane a spiegare anche al sottoscritto, in base in base a quale diritto giuridico e istituzionale l’ente da lui presieduto abbia permesso ai cosiddetti Verdi (politicamente Quattro Gatti) di introdurre su un territorio al 98 per cento di proprietà privata cinghiali e mufloni che stanno distruggendo tutte quelle opere costruite dall’uomo in più di 2000 anni: piane, poggi, sentieri e mulattiere rasi al suolo da questi dannosissimi animali. Angelo Verona COME CUCINARE I FAGIOLI la cucina, arriva la Luciana e fa: «O Gorizia mah, si sente un puzzo di strinato!». – Auuh! Otio! Iffagioli! L’importante a questo punto è che venga bene l’urlo. Salite le scale di corsa, spengete il fornello, aprite le finestre, costatate che tutto sia strinacchiato a puntino, anco la cazzarola, poi portate il tutto nel cassonetto dell’immondizia, ma, se c’è, meglio nel bidone dei rifiuti speciali. A questo punto, se vi è rimasta la voglia di fagioli, andate in Pozzi all’alimentari, ma va bene anco un’altro paese, acquistate una scatola di fagioli di ottima marca, poi passate dal negozio di casalinghi comprate una cazzarola nova e tornate a casa. Mettete la scatola dei fagioli a Bagno Maria sul foco e state lì fino che ’un sono caldi, aprite la scatola e scolate il tutto e dopo aver messo il contenuto nel piatto condite con olio di frantoio. E tanto che versate l’olio sui fagioli, prendete il telecomando in mano e strafottete coi canali della Tv fino a che trovate la telenovela giusta. A questo punto i fagioli galleggeranno nel piatto ricolmo ormai d’olio fino all’orlo, aggiungete sale e pepe quanto basta e buon appetito. Antonio Bandelloni A proposito del Bandelloni, l’altro mese ci raccontò la storia di sua moglie Gabriella e dell’aquila ferita. Al Parco l’hanno presa male ed hanno pubblicato una precisazione che B.C.C. VERSILIA INFORMA Web con la Banca della Versilia La Banca di Credito Cooperativo della Versilia per essere al passo con i tempi della new economy si presenta nel mondo del web con un nuovo e innovativo sito internet. Nelle nuove pagine del sito internet www.bccversilia.it la clientela che dispone di un accesso internet può trovare notizie e spiegazioni sui prodotti del Credito Cooperativo come il conto del melograno o il conto sprint dedicato agli studenti, con un semplice clic ci si può tenere informati sui nuovi prodotti che l’ufficio marketing e la direzione generale della Banca di Credito Cooperativo della Versilia studiano per soddisfare le esigenze della propria clientela. Tra le pagine web disponibili spiccano quelle sulle filiali della banca, sull’area selfservice e gli accessi ai nuovi servizi telematici della Banca della Versilia. Direttamente dalla home page si può accedere all’applicativo contradeweb, l’innovativa soluzione del Credito Cooperativo per il trading on-line che permette di operare in tempo reale sui mercati finanziari con commissioni ridotte. Altro link importante per la clientela della Banca di Credito Cooperativo della Versilia è quello con cooperbank una piattaforma di servizi telematici che portano la Banca di Credito Cooperativo della ha letto anche il nostro direttore. Tra le altre cose il funzionario “addetto” sostiene che la telefonata della Gabriella non sarebbe pervenuta al centralinista: «Visto che, poi, alla fine Lei al Parco non ha telefonato (e questo noi lo possiamo confermare), la sua domanda rimarrà ancora e per chissà quanto tempo inevasa. Per quanto ci riguarda, invece, e tanto per essere chiari, diciamo subito che spesso veniamo chiamati in soccorso di animali feriti ed altrettanto spesso interveniamo e, talvolta anche con successo, dal momento che l’animale viene salvato. Pertanto se alla signora Giannetti preme ancora darsi una risposta, se avrà voglia di venirci a trovare, saremo ben lieti di spiegarle ed illustrarle a che cosa serve il parco». Speriamo che la moglie di Antò, adesso al Parco ci vada di persona. Del telefono, spesso, c’è poco da fidarsi. Versilia direttamente nelle case di tutti i clienti. Tra i servizi offerti da Coopernet spicca il Coopernet Famiglia il nuovo internet banking dedicato alle famiglie. Con questo servizio si possono avere sotto controllo tutti i rapporti con la banca. Coopernet Impresa è un servizio che consente di effettuare le principali operazioni bancarie direttamente dall’impresa, dall’ufficio o comodamente dalla poltrona di casa. Infine Copertel consente di sentire le informazioni sul proprio conto corrente da qualsiasi telefono, 24 ore su 24, sette giorni su sette, da qualsiasi parte di Italia al costo di uno scatto. La Banca di Credito Cooperativo della Versilia augura una buona “navigazione” nei nuovi servizi web e un sereno 2001 a tutti i lettori. Http://www.bccversilia.it a cura della Banca di Credito della Versilia Ciao Beppino Profondo cordoglio ha suscitato la notizia della morte improvvisa di Giuseppe Dati, «Beppino» per gli amici, nota figura di proprietario e gestore di cinema. Aveva 77 anni. L’attività di «Beppino» era iniziata con il padre Giulio ed il fratello Enzo nella conduzione del cinema Splendor, in via Oberdan e del cinema Centrale, in via Mazzini. Poi, alla morte del padre, aveva proseguito con il fratello Enzo, con il cinema Aurora sul viale Apua, a Fiumetto. Giuseppe Dati era benvoluto e amato dai moltissimi pietrasantini e dai numerosi villeggianti che frequentavano le sale cinematografiche e che trovavano in lui un amico con una carica di simpatia e di bontà. Lascia nel dolore la moglie Carla Barsanti, i figli Michele e Stefano, il fratello architetto Ilo, ed i parenti, ai quali esprimiamo le sentite condoglianze di Versilia Oggi. BANCA DI CREDITO COOPERATIVO DELLA VERSILIA Capitale e fondi patrimoniali Lit. 90.143.774.213 Sede in Pietrasanta - via Mazzini 80 - tel. (0584)7371 Agenzie: Pietrasanta - via Monginevro 16 (loc. IARE) - tel (0584)793334 Marina di Pietrasanta - via Donizetti 20 - tel. (0584)745777 Ripa di Versilia - via De Gasperi 123 - tel. (0584)767153 Capezzano Pianore - via Sarzanese 121 - tel. (0584)915025 Forte dei Marmi - via IV Novembre 4 - tel (0584)82752 Stiava - via Matteotti 52 - tel. (0584)970094 Pontestazzemese - piazza Europa 1 - tel. (0584)775031 Una presenza cooperativa in Versilia