A Roma in bici

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A Roma in bici
Anno 36 - n. 413 - Gennaio 2001 - Lire 2000
Gennaio 2001 - pag. 1
C’è una sola Versilia: quella bagnata dallo stesso ed unico Fiume
Direzione: Casella Postale 94 - 55046 Querceta (Lucca) - Sped. in a. p. - 45% - art. 2 comma 20/b legge 662/96 - Filiale di Lucca - Abb. annuo lire 20.000 - Estero il doppio.
UN GRANDE AVVENIRE ALLE NOSTRE SPALLE
PER CELEBRARE IL GIUBILEO
APUANE, PENSIAMO IN GRANDE
I sentieri non bastano. Occorrono funivie e strutture moderne.
L’esempio
di Terrinca
E adesso apriamo
l’Antro del Corchia!
In questi ultimi anni gli abitanti di Terrinca hanno dato prove notevoli di una maturità sociale e culturale e su queste basi
è stato possibile ottenere dei
buoni risultati nel settore delle
infrastrutture pubbliche ed anche in quelle private. Ricordo il
parcheggio al Pozzetto, l’ampliamento del cimitero, la costruzione dei muraglioni di contenimento, il prolungamento
della strada di S. Rocco ed altri
lavori pubblici come la selciatura delle strade. E di questo siamo veramente grati alle Istituzioni e alle Amministrazioni che
hanno soddisfatto questi nostri
bisogni.
All’attività pubblica si è affiancata l’iniziativa privata di
associazioni, di famiglie, di singoli cittadini i quali hanno contribuito con entusiasmo, direi
con orgoglio, a costruire il futuro del paese.
E sorgono così, sospinte dal
volontariato, la pizzeria da Tassilone; il circolo Le Tanacce
con una sorprendente collaborazione tra varie associazioni;
la locanda dell’Archinto con
intraprendenza e capitale tutto
privato; l’agriturismo Le Coppelle in Pian di Lago per opera
di una singola famiglia; il parco giochi Le Pisalanche su iniziativa di un gruppo di mamme.
Per completare il quadro bisogna aggiungere il restauro
della chiesa parrocchiale e della canonica con il rifacimento
completo dei tetti; il restauro
Marino Bazzichi
(Continua a pag. 2)
Ad un recente convegno sul
turismo nel Parco delle Apuane
è intervenuto anche il professore Angelo Merli, del Club Alpino Toscano. Merli è uno che se
ne intende: ha pubblicato la celebre Guida delle Alpi Apuane
che da mezzo secolo impera
giustamente nelle librerie. Ed è
stato lui a denunciare la situazione dei sentieri alpini, così
come sono tenuti ancor oggi.
“Quelli delle Apuane –ha detto– soddisfano non del tutto: la
rete Cai è limitata alle zone alte,
al di sopra dei paesi verso canali e vette, la cui manutenzione è affidata al volontariato Cai,
che può soddisfare gli alpinisti,
ma non i camminatori meno impegnati. Sentieri e mulattiere
sono in degrado; i recuperi sono
stati sporadici».
Va bene. Angelo Merli la pensa così e, dal suo punto di vista,
ha ragione. Ma noi continuiamo
a pensare che lo sviluppo della
montagna, se si vuole veramente contribuire a creare un’alternativa alla distruzione della natura, passa da ben altre cose. I
sentieri ci sono e non bastano
più. Sono tenuti male, stanno
franando, sono in degrado. E
questo dopo che, da 35 anni,
Versilia Oggi (da sola) si batte
per le funivie, le seggiovie, gli
alberghi in montagna, l’ammodernamento dei rifugi alpini,
l’allungamento e la protezione
delle strade di accesso alle vette.
Non ci prendiamo in giro. C’è
qualcosa da cent’anni che blocca tutto. Chi lavora in cava, o,
meglio, chi guadagna in cava,
chi sfrutta il marmo e poi costruisce alberghi e stabilimenti
balneari sulla spiaggia, sarà
sempre contrario agli accessi
sulla montagna. Eppure i mitici
cavatori non esistono più e l’occupazione sulla montagna è in
rapido declino. La gente scappa. Non ci prendiamo in giro.
Salviamo, proteggiamo gli operatori seri, coloro che investono in cava e, che estraggono
marmo in modo rispettoso dell’ambiente. Ma facciamola finita con il dire sempre “No” ad
altre iniziative alternative.
La Versilia non è solo quella
del mare. Anzi, andando avanti
così, bruciando ogni attività sulla battima dell’onda, finiremo
per dissuadere la gente ad accatastarsi ancora a lungo tra una
fila di capanne ed una di ombrelloni sempre più fitti. Vero e
proprio lager nudista intersessuale. La Versilia Vera è quella
che esiste da millenni da Corvaia in su. Non basta più il Cai.
Non basta più la cultura dei sentieri. Non bastano più le prediche degli ambientalisti. Il futuro sarà diverso. Occhio dunque:
procediamo pure con i piedi di
piombo, ma cominciamo a pensare in grande. Le Apuane saranno la carta vincente del Millennio che abbiamo appena cominciato a percorrere.
A Roma in bici
Nei primi
giorni del mese
di ottobre, quattro amici quercetani (versiliesi “doc”) , tutti
di età matura,
hanno messo
mani alla realizzazione di
un progetto, o
meglio di un
sogno a cui
pensavano già
da un po’ di
tempo. In verità più corretto
sarebbe dire che
hanno “messo
piedi” alla realizzazione di
un piccolo sogno, in quanto
l’idea, da mesi
accarezzata
più o meno silenziosamente dai quattro, era
quella di onorare la loro passione di ciclisti dilettanti con
scarso allenamento, con una
gita-pellegrinaggio in bicicletta da Querceta fino alla Basilica di San Pietro, da fare prima
della fine di questo anno giubilare.
E così i quattro amici Umberto Foffa, Attilio “Leonardo”
Leonardi, Franco Sacchelli ed
il sottoscritto (in sella ai loro
fidi cavalli d’acciaio - leggi: di
lega leggera) sono partiti di
buon’ora la mattina di martedì
3 ottobre, nonostante il cielo
La Mite darà una mano ai ragazzi dei monti
Indelebile sarà il ricordo futuro di Mite Giannetti voluto dai
figli Vando e Danilo D’Angiolo che hanno costituito una Fondazione a lei intitolata. Le finalità sono quelle della solidarietà verso giovani studenti del
comune di Seravezza con borse
di studio e beneficenze. La Fon-
dazione s’impegna per lo sviluppo culturale e artistico attraverso corsi di formazione, conferenze ed esposizioni nell’ambito del territorio della Versilia.
Fanno parte del Consiglio di
amministrazione don Danilo
D’Angiolo presidente, Paola
Baronti, vicepresidente, Fabio
Mazzoni, l’Arcivescovo di Pisa
ed il sindaco di Seravezza in
carica pro-tempore.
Vando D’Angiolo ha voluto
dar vita ad una organizzazione
non lucrativa di utilità sociale
al fine di onorare la madre Mite
Giannetti, ricordata da Versilia
(Continua a pag. 2)
CI SIAMO CON L’ALMANACCO: ECCO LE VOCI DELLA LETTERA “B”
Ecco le 295 voci individuate e trattate alla lettera B dell’Almanacco Versiliese in fase
di avanzata esecuzione in tipografia. I lettori sono invitati a fornirci nominativi (le
personalità degne di nota
sono trascritte in corsivo) ed
argomenti non citati nell’elenco:
Babbino, Baccatoio, Bacchelli Riccardo, Bagni (stabilimenti balneari), Balabanoff
Angelica, Balderi Dino, Balbo
Italo, Baldini Maria, Baldorie,
Balduini, Balla, Balneum Guidonis Rusconi, Bambetta,
Bambini, Banche, Banchieri
Angelo, Bande armate, Bande
musicali, Bandelloni (Borgo),
Bandite, Banditi e briganti,
Bandoni Iacopo, Barabella,
Baraglino, Baralella, Baratta
Andrea, Barba, Barbacciani Fedeli Ranieri, Barbaregina,
Barbareschi, Barbari, Bardasciutta, Barberi, Barberi Emilio, Barbieri Anna, Barbieri
Smeraldo, Barbozzoni, Barca,
Barcaio, Barchetta, Bardiglio,
Barga, Barghetti Giuseppe,
Baro, Baroni, Barsanti Alfredo,
Barsanti Amedeo, Barsanti
Eugenio, Barsanti Martino,
Barsi Alemanno, Barsi Alessandro, Barsottini Emilio, Barsottini Geremia, Bartelletti
Aldo, Bartolini Lorenzo, Bartolucci Angelo (il nonno), Barzotto, Basaldella Mirko, Basati, Bascherini Ulisse, Basket,
Bassa, Basso Matanna, Bastia,
Bastianelli Felice, Bastie, Batoni Paolino, Battelli Alfredo,
Battelli Giuseppe, Battelli Italo, Battelli Nicola, Battelli
Rosa, Bazzichi Antonio, Bazzichi Clemente, Bazzichi Rosa,
Beata Taddea Olobardi, Bebice, Bechenco, Befanata, Befa-
nate versiliesi (rassegna delle),
Bega, Belati Mina Tartarini,
Belli Silvio, Belloca, Beltrame,
Beluffi Max, Belvedere, Benda,
Bendini Coluccio, Benti Donato, Benti Iacopo, Bentinck Lord
William, Benvenuto Elio, Benvenuto Giovanni, Bergamini
Giov. Francesco, Bergamini
Orazio, Berisford Giacomo,
Berlingaccio, Berna, Bernabò,
Bernarda, Bernardino da Filattiera, Bernardy Amy, Bernia,
Bertagna Martino, Bertagnini
Epaminonda, Bertarelli Luigi
Vittorio, Bertelli Ilio, Bertellotti Eugenio, Bertellotti Ezio,
Bertellotti Fabio, Bertesco,
Berti, Berti Francesco, Berti
Giovanni Lorenzo, Berti Stefano, Berti Nella, Bertini Alfredo, Bertocchi Andrea, Bertocchi Giovanni, Bertoli Gino,
Bertoli Venanzio, Bertoloni Antonio, Bertolucci Paolo, Berto-
lucci Lorenzo, Bertolosio o
Bertolozzo, Bertozzi Egisto,
Betigna, Bettini, Bezzi Scala
Marconi Maria Cristina, Biagi (Borgo), Biagiotti Francesco, Bianca (Grotta, pietra),
Biancastri Gregori, Bianco
(canale), Bibolotti Antonio, Bibolotti Pietro, Bichi Gaetano,
Bichi G. Battista, Bidolla, Bigi
(ai Gatti), Bigicchi, Bigonciaia, Bigongiari Anselmo, Bigongiari Dino, Biliardo, Bimbi,
Bini David, Biondetti Clemente, Bisciatoio, Bitolla, Bitozzi
Sebastiano, Bivio di Iacco,
Blanchard Fréderíc, Bob, Bocca del Pedrano, Boccaccio Giovanni, Bocce, Boccone Paolo,
Böcklin Arnold, Bogugnola,
Bonaparte Napoleone Luigi,
Bonarosa, Bonazzera, Bonetti
Giovanni, Bontempelli Massimo, Bora, Bordello, Bordoni,
(Continua a pag. 2)
coperto, con il proposito di percorrere, per quanto possibile,
una classica via Francigena
(più giusto sarebbe nel nostro
caso chiamarla Romea) e più
precisamente quella costituita
dall’itinerario seguito dall’arcivescovo britannico Sigerico,
nel suo viaggio di ritorno da
Roma a Canterbury nell’anno
990.
Con quattro giorni di pedalata ed una media di circa cento chilometri al giorno, i nostri
sono così arrivati alle porte dell’Urbe; li ha accompagnati con
lodevole pazienza l’amico Umberto Fortini con un’autovettura familiare, che è stata utile
per tutti per il trasporto del bagaglio e per altri servizi logistici quotidiani, ma ha anche
costituito, per qualcuno dei
quattro, un agevole …. “sostituto” delle due ruote nei tratti
di strada più ripidi o più difficoltosi.
Attraversando città e paesi,
campagne, colline e paesaggi,
abbiamo provato emozioni che
tentiamo di raccontare ai nostri
lettori con questo piccolo diario.
1º giorno – martedì. Partiti
da Querceta, prima sosta alla
Pieve di San Giovanni e Santa
Felicita, sulla via per Valdicastello, per ammirare la suggestiva immagine di un pellegrino medievale, scolpita nella
pietra di una lunetta posta sul
retro dell’abside; poi via di
buona lena per Camaiore, il
Monte Magno e la Val Freddana, abbiamo aggirato gli splendidi spalti delle mura di Lucca; ci siamo riposati sui gradini della chiesa sotto la Torre di
San Iacopo ad Altopascio, poi
avanti per bellissimi saliscendi attraverso le colline fino a
Ponte a Cappiano e Fucecchio
e quindi a San Miniato (dove
le energie si sono ricostituite
con un .… piatto di tagliatelle
Alfredo Foffa
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Gennaio 2001 - pag. 2
IL QUERCETA DI 70 ANNI FA
Un’altra formazione della squadra di calcio del Querceta anno 1928.
Si riconoscono in alto da sinistra Giuseppe Genovesi detto Chiodo,
Alberto Bacci, Pietro Garancini, Mario Scalessi, il Menichini. Nella
fila di mezzo Mario Santini detto Catone, Andrea Pellegrini (il bimbetto che tiene davanti è il nipotino, l’attuale ammiraglio Giannetto
Bertozzi), Carlo Pellegrini. In basso il portiere Stefano Poli, Attilio Dalle
Mura e Alfredo Genovesi con il cane porta fortuna. Il campo da gioco
era allora in località Marzocchino.
BICI
al tartufo!). Per la notte, abbiamo quindi raggiunto Montaione: qui sono da ammirare, oltre
ad un centro storico ben tenuto
(con un Palazzo dei Priori assai
interessante) i resti della cinta
muraria ed un ampio panorama
sulla valle; verso nord, lo sguardo arriva addirittura a sfiorare
il profilo delle nostre Alpi Apuane!
2º giorno – mercoledì. Con
una discreta faticata siamo saliti a San Gimignano, uno dei
gioielli più puri esistenti al
mondo, dove per un’oretta buona ci siamo mescolati al solito
“gregge” dei turisti, in massima parte stranieri; poi, per Bibbiano e Colle Val d’Elsa, è un
susseguirsi di colline meravigliose, paesaggi che non è retorica definire di sogno, capolavori per armonia di linee, di
colori, di musica; vigne immense, così ben disegnate e ben
tenute da essere anch’esse capolavori del gusto e dell’operosità dell’uomo. E poi avanti,
per Gracciano, Ponte S. Giulia,
Strove, Abbadia a Isola con la
sua abbazia cistercense (bellissimo luogo, che però abbiamo
soltanto sfiorato!), Monteriggioni, altra gemma ricordata
anche dal Poeta (“… perocché,
come in sua cerchia tonda,
Montereggioni di torri si corona”), Isola d’Arbia, Monteroni, Ponte d’Arbia, Buonconvento: tutti posti intrisi d’arte
e di storia. Nei pressi di Buonconvento, in cima ad un cocuzzolo, in una trattoria ricavata da
una vecchia casa colonica, abbiamo mangiato e ben bevuto
ed infine, in cima ad altro cocuzzolo lì vicino, siamo andati
a dormire in una bella villa che
due coniugi stranieri hanno ricavato anni fa dalla solita casa
colonica in decadenza; nella
notte, se uno si affaccia alla finestra, un buio profondo ed il
silenzio più totale ed assoluto;
solamente – a tratti – un abbaiare di cani in lontananza: magico!).
3º giorno – giovedì. Di buon
mattino, salita impegnativa
fino a Montalcino (impegnativa per chi l’ha fatta pedalando), poi bella e velocissima discesa fino a Torrenieri, in mezzo a sontuosi panorami di colline, di vigne, di campi lavorati dai tanti colori, di fattorie
dipinte sulla linea dell’orizzon-
te; nuova salita per San Quirico d’Orcia, la cui Pieve romanica è tanto splendida che da
sola meriterebbe un viaggio;
Bagno Vignoni, con il loggiato di Santa Caterina e la monumentale vasca all’aperto, nella
quale ancor oggi si vedono
sgorgare le polle di acque sulfuree, in cui, si dice, anche il
Magnifico Lorenzo andava di
tanto in tanto a bagnarsi….
Abbiamo poi raggiunto, attraverso Spedaletto (antico ospedale-ospizio fortificato) ed il paesetto di Gallina, la Via Cassia, percorrendo la quale, con
una lunga e bella pedalata in
leggeri saliscendi e traffico scarso, abbiamo lasciato la terra di
Toscana e siamo passati nel Lazio.
Di nuovo una dura salita fino
ad Acquapendente, indi per salita più leggera a San Lorenzo
Nuovo e da qui, finalmente,
poco prima di sera, i nostri occhi si sono rinfrancati, in un cielo limpido e sereno, con un’ampia vista sul Lago di Bolsena,
mèta prevista per questa giornata, che raggiungiamo poco
dopo, al termine di una quindicina di chilometri tiratissimi di
discesa e pianura.
L’albergo è esattamente sulla
riva del lago e la cena in un ristorantino tipico del borgo medievale (vicino alla famosa
chiesa romanica di Santa Cristina, dove sostò anche il già
citato arcivescovo Sigerico),
con zuppa di funghi, coregone
alla fiamma e vino “Est! Est!!
Est!”, ha concluso un’altra
giornata che sarà difficile dimenticare.
4º giorno – venerdì. A Montefiascone il traffico è impressionante, poi giù per la Cassia
fino a Viterbo, che ci ha mostrato l’antico ed elegante Palazzo
dei Papi, sede del primo Concilio Ecumenico della storia, la
Cattedrale e il suggestivo borgo medievale chiamato “San
Pellegrino”, ancora affascinante, ma in incipiente abbandono.
Dopo Viterbo, abbiamo deciso di lasciare la Via Cassia per
un più romantico itinerario, che
ci ha condotto sul lago di Vico
(di origine vulcanica, come tutti i laghi della regione) attraverso una strada in durissima salita che, partendo dal bel paesino
di San Martino al Cimino, ci ha
consentito di valicare i monti
Cimini, per poi scendere giù
fino al lago, per la strada che velocemente costeggia il bordo
occidentale, attraverso bellissime selve di castagni e coltivazioni di noccioli.
Dopo il pranzo sulla riva del
lago, purtroppo è arrivato il primo acquazzone della gita: abbiamo aspettato che si sfogasse
un po’ e siamo ripartiti alla volta di Sutri, con la sua necropoli
romana scavata nella pietra e un
particolarissimo anfiteatro, anch’esso interamente scavato nel
tufo.
A causa del tempo brutto e
delle previsioni ancora peggiori, a malincuore abbiamo rinunciato alla prevista deviazione
per il Lago di Bracciano, ma abbiamo pedalato per cinquanta
chilometri nel traffico intenso
della Via Cassia, sotto una pioggia battente per quasi tutto il tragitto. E finalmente siamo arrivati – prima di sera – alle porte
di Roma, nei pressi dell’antica
città etrusca di Vejo, dove gli
amici che erano andati in avanscoperta in macchina avevano
già trovato l’albergo per la notte. Qui, a Isola Farnese, si respira un’aria strana. Siamo alle
porte dell’Urbe e l’ambiente è
spiccatamente bucolico: tra
campi e boschi, collinette e vallatelle in cui pascolano cavalli
e greggi di pecore, il borgo quattrocentesco (appartenuto un
tempo alle potenti famiglie degli Orsini e dei Farnese) ha un
aspetto tetramente medievale.
Nella notte questa nostra impressione è stata pittorescamente sottolineata da un lungo dialogo a distanza tra due civette,
una vicina, su un tetto del vecchio borgo, e l’altra più lontana, forse nel bosco dall’altra
parte della valle.
5º giorno – sabato . E siamo
finalmente al grande giorno! In
una bella mattinata di sole, i tre
superstiti (Alfredo, Franco e
Umberto) sono di nuovo saliti
in sella alle loro biciclette, per
affrontare l’ultimo agognato tragitto che già percorrevano gli
antichi “romei”, ricordato e descritto in un grande quadro affisso dal Comune di Roma sul
muro esterno di una antica chiesetta in località “La Storta”.
Dopo aver percorso gli ultimi
chilometri della Via Cassia, abbiamo imboccato la lunghissima Via Trionfale, per la quale
abbiamo salito e ridisceso la
collina di Monte Mario, entrando finalmente in Roma nei pressi del Vaticano: erano circa le
otto e mezzo e le strade erano
ancora incredibilmente sgombre (sia pure per poco tempo
ancora) di gente e di macchine.
Non è facile descrivere l’emozione vissuta percorrendo con la
nostra amica bicicletta il selciato di Via della Conciliazione,
inondata di sole, fino al solenne
luminoso abbraccio marmoreo
di Piazza San Pietro e del suo
colonnato, davanti alla grande
Basilica, forse mai come oggi
centro universale – non soltanto
religioso - della Cristianità.
MITE
Oggi nel numero di Agosto dell’anno Duemila. La sede della
Fondazione è in Azzano, via
della Cappella al numero 16.
Il nuovo benefico organismo
si propone anche l’edificazione
di una cappella votiva dedicata
a Maria consolatrice nel cimitero di Azzano dove si trovano le
spoglie di Mite Giannetti D’Angiolo nel contesto dell’ampliamento dello stesso cimitero.
L’opera progettata dall’ar-
chitetto Mario Botta sarà abbellita da sculture di Giuliano
Vangi. Il fondo comune della
Fondazione è costituito dalla
somma di un miliardo di lire,
da eventuali elargizioni e donazioni nonché da possibili
contributi di enti pubblici e privati.
Il consiglio di amministrazione nominerà un collegio di
consultori composto di esperti in materie giuridiche, di metodologia dell’assistenza e del
volontariato e nel campo economico e finanziario. Nella realizzazione illustrativa viene
proclamato che la Fondazione
intitolata alla signora Mite intende affiancarsi alla scuola
dell’obbligo, particolarmente
nel comune di Seravezza, allo
scopo di integrare conoscenze e contribuire alla maturazione in senso moderno dei
giovani studenti affinché più
facilmente possano pervenire
all’inserimento nella società e
nel mondo del lavoro anche di
coloro che non intendono o
non possono proseguire negli
studi. Si aggiunge che, attraverso corsi gratuiti, sarà promossa sin dalla prima classe la
conoscenza della lingua inglese e dei principi della informatica, la cultura della salvaguardia della natura, la difesa e
conservazione delle opere
d’arte.
ALMANACCO
Borellacci, Borelle, Borghese
Scipione, Borghetto, Borghi,
Borgiano, Borgo dei Terrinchesi, Borgo di Brancagliana, Borgo di Sala, Borgo Giannotti,
Boria Bonelli, Boria Giovanni,
Borno, Borra dei Frati, Borre,
Borrini, Borrini Marco, Borrini Masini Luccetti Eleonora,
Borro, Borrone, Borrum Montisbelli, Boscaccio, Boschetti,
Boschetto, Boschi, Bosco, Boscore, Bosi, Boso, Botaio, Botrello, Botri, Botrio, Botro, Botrotto, Bottaccio, Bottari (Borgo), Bottari Antonio, Bottari
Giuseppe, Bottari Stefano, Botte, Bottegaccia, Botti Enrico,
Botti Patrizio, Bottiglione,
Bottino, Bovalica, Bovareccio,
Bovecchio, Bovi, Bozano Lorenzo, Bozza, Bozzaco, Bozzale, Bozzano Antonio, Bozzatoia, Bozze, Bracco, BramantiMattei Oreste, Brancagliana,
Brandeglio, Breccia di Seravezza, Bresciani Marco, Bresciani Nicola, Bresciani Pier
Luigi, Bresciani Virio, Bretinosca, Bronetira, Bruciaferro,
Bruciato, Bruckmann Peter,
Brugeta, Brunetina, Bruni Aristide, Buca della Gigia, Buca
della Volpe, Buca delle Fate,
Bucaccia, Buca Gialla, Buche,
Buche della Neve, Buciano,
Bucino, Bucone, Budden Richard Henry, Bufalo, Bugia,
Bugino, Bugliola, Bugneta,
Bugni, Buia, Buon Riposo,
Buonavalle, Buonaccorsi Girolamo, Buonanoma Francesco,
Buongiunti Domenico, Buratti
Ferruccio, Burca, Buriana, Buriano, Buro, Burrone, Busatravi, Buselli Bruno, Buselli Giuseppe, Buselli Nicodemo, Buselli Remigio, Butia, Buzzoritondo.
TERRINCA
dell’Oratorio di S. Rocco; dell’Oratorio di Campanice e dell’Oratorio di Puntato.
Se è stato possibile realizzare queste opere di interesse
pubblico lo dobbiamo sicuramente alle Istituzioni, ma anche gli abitanti di Terrinca che
in maniera diretta o indiretta
hanno contribuito con qualche
centinaio di milioni: non sono
stati certo inerti ad aspettare i
finanziamenti pubblici. Non
parlo poi del contributo dato
dalle famiglie che hanno restaurato le loro abitazioni, migliorando notevolmente l’immagine del paese con un aumento notevole di spese per la
ristrutturazione.
Ultimamente ci aveva galvanizzato il ruolo trainante dell’Antro del Corchia che avrebbe dovuto, con l’afflusso turistico, stimolare le attività lavorative, e, nonostante le nostre
magre risorse, avevamo richiesto di acquistare qualche azione della Società che ne avrà la
gestione.
Inoltre da anni, come tutti
sanno, i Terrinchesi puntano
sulla realizzazione di un museo
d’arte sacra che includa, in una
struttura polivalente, le incisioni rupestri del territorio insieme alle altre opere artistiche,
lavoro già iniziato con il restauro della marginetta e della chiesa di Puntato attingendo al contributo della Comunità Montana.
Questa premessa serve per
formulare due brevi domande
che ci obbligano a farle quelle
persone, specialmente giovani,
che vorrebbero investire le loro
capacità personali e anche i risparmi della famiglia, ma non
sanno in quale direzione. Nell’attività turistica? Nella ristorazione? Nei servizi? A chi chiederlo se non a coloro che ci rappresentano e ci amministrano e
che quindi hanno una visione
ampia di quello che sarà il futuro della Versilia?
La prima domanda riguarda
la fruizione turistica dell’Antro
del Corchia: a che punto è lo
stato di avanzamento dei lavori? Quando si prevede che venga aperto ai visitatori?
La seconda domanda la pongo a nome di coloro che desiderano investire senza rischiare in attività che non avranno
futuro, perché dobbiamo essere
consapevoli che ogni investimento comporta un rischio,
quindi. Esistono piani che riguardano lo sviluppo della Versilia, formulati dal Parco delle
Alpi Apuane e dalla Comunità
Montana? Esiste un progetto o
uno studio comunale che analizzi lo sviluppo dei nostri paesi e suggerisca le opportunità
lavorative per trattenere i giovani in montagna, e richiamare
eventualmente quelli che sono
emigrati?
Direttore
GIORGIO GIANNELLI
periodico mensile
abbonamenti
c/c postale 10818557 intestato a
«Versilia Oggi» Casella Postale 94
55046 Querceta (LU) - Ordinario L.
25.000 - Estero L. 50.000 - Sostenitore L. 50.000. Reg. Trib. di Roma
n. 11298 del 26 novembre 1966 e
Trib. di Lucca n. 300 del 2 maggio
1978 - Partita IVA 01517670467
In caso di mancato recapito, si
restituisca al mittente che si
impegna a pagare la relativa tassa
Fotocomposizione
Litocomp-Querceta-tf/fax 0584-742011
E-mail: [email protected]
Stampa: Tipografia Ceccotti - Massa
La collaborazione a “Versilia Oggi”è
gratutita, spontanea e aperta a tutti.
Numero chiuso in tipografia
il 9 gennaio 2001
Gennaio 2001 - pag. 3
IL PREMIO SILVANO ALESSANDRINI HA RAGGIUNTO LA XX EDIZIONE
Questa “fola” ha vinto il
Premio Silvano Alessandrini
Anno 2000:
C’era una volta in quel di Terrinca una madre vedova con tanti
figlioli da sfamare. Era disperata perché per accudire la casa e i
figli non poteva andare ad ingegnarsi per procurarsi almeno un
po’ di pane. Si arrangiava, quando c’erano, con castagne, funghi
e qualsiasi altro frutto di bosco,
ma a volte non c’era proprio nulla e allora Miserina piangeva.
Viveva nei dintorni la fata
Provvidenza e un giorno che
passò davanti alla casa di Miserina la sentì piangere e chiesto il permesso entrò in casa a
consolarla e le disse: “Un c’è
bisogno che ti domandi perché
piangi se ora che è mezzogiorno un hai nulla sul tavolino. Ora
ti vado a cercà qualcosa da mette al foco e così podrai sfama’
tutti i tu’ figlioli”.
La legna la donna ce l’aveva
perché con i suoi figlioli più
grandi tagliava alberi nel bosco
anche per scaldarsi. Tornò la
Provvidenza con un sacco e lo
porse a Miserina dicendole:
“Metti il paiolo sul foco e buttici la roba che è dentro il sacco e
abbi fede” e quindi sparì.
Quando Miserina aprì il sacco rimase di sasso come quelli
che c’erano dentro e pensò di
non metterli nel paiolo come la
fata le aveva detto ma poi ricordò che le aveva detto di avere
Questo racconto ha vinto il
XX° Premio Silvano Alessandrini.
Siemo guasi a Natale e oggi
ho deciso di fà un giretto a guardà le vetrine. Pare di vive in un
altro pianeta, tanto tutto è inusuale.
Le vetrine che vedo tutti i
giorni un sembrino più quelle,
tanto sono luccicanti e piene di
colori e il tutto sembra novo e
irreale, che ti pare di stà in una
fola.
Tutto proprio tutto sembra
novo, anco la bottega del fruttivendolo.
Mamma mia quante cose
bone ci sono sul bancone, a
vedé le tante qualità di frutta
misse in bella vista, par di esse
in piena estate. Pere, mele, ciliege, uva, pesche e tante qualità di frutta misse in bella vista. Par di esse nel giardino
dell’Eden, e poi tante qualità
che venghino da’ paesi caldi e
che chiamino esotiche, che a
me pare di dì il nome di una
medicina.
L’occhio si sà è fatto per
guardà, pò, di colpo, si ferma
su un bel cocomero rosso rubino, punteggiato di semi neri e
tagliato a metà.
Il cocomero? Ma questo è
propio il frutto dell’estate, ma
in che mondo siemo arivi?
Propio allora mi ritorna in
mente un caro ricordo.
Con la famiglia, vivevo in
campagna, duve avevimo, insie-
LAUREA
Si è laureata con 110 e lode
Valentina Romoli, figlia della
scrittrice versiliese Ileana Salvatori, con una impegnativa tesi
di ricerca in linguistica applicata
relativa alla lingua tedesca. Presidente della Commissione di
laurea il prof. De Angelis, relatore il prof. Ayello. Alla neolaureata i rallegramenti e i migliori auguri di Versilia Oggi.
La fola di Miserina
fede e quindi li buttò a bollire
come fosse roba buona da mangiare. Aspettò che bollissero un
po’ e poi prese il mestolo per assaggiarli. Quale fu la sua meraviglia quando si accorse che
quei sassi erano diventati tutti
patate! Chiamò i figli, apparecchiarono insieme la tavola e per
quel giorno si sfamarono tutti.
Il problema però non era finito: come avrebbero fatto gli
altri giorni? Il giorno seguente
la fata Provvidenza, visto che
Miserina aveva avuto fede andò
a trovarla di nuovo e le disse:
“Che ciai oggi per sfama’ te e i
tu’ figlioli?” “Nulla” rispose la
donna “gnanco un tozzo di pane
ammuffito, gnanco un pugno di
farina per fa’ la polenta, né un
soldo per compralla”.
Mossa a compassione la fata
fece un gesto con la bacchetta
magica e sul tavolo apparve una
carta con dentro qualcosa. Miserina si avvicinò guardando la
fata e poi aprì quella carta: terra,
non era che terra quello che si
trovava dentro la carta. La donna rimase perplessa e non sapeva che fare. Allora la Provvidenza le disse: “Ti ricordi che t’ho
ditto d’ave’ fede?” E sparì. Miserina mise il paiolo sul fuoco e
quando fu il momento di mestare guardò i suoi figli che giravano intorno al tavolo senza dire
nulla, poi il più grande parlò: “O
ma’, vi ricordate i sassi che dèn
doventi patate? Allora mestate la
polenta con quela tera lì e chisà
che un si ripeti il miracolo”.
La madre prese il mestolo e
girò, girò buttando piano piano
la terra nel paiolo come se fosse veramente farina di granturco. Poco dopo e con rinnovata
meraviglia tutti videro la terra
diventare gialla, ed ecco pronta
una bella polenta fumante che
mangiarono con un po’ di sale
ed era buonissima.
Contenta come una Pasqua,
Miserina raccontò quelli che definiva miracoli alla sua vicina
di casa povera anzi misera come
lei e la esortò a rivolgersi alla
fata Provvidenza che era capace di tali miracoli. Passò un
giorno senza che la fata tornasse e quel giorno soffrirono tutti
la fame. Il giorno seguente la
Provvidenza riapparve in casa
di Miserina e le chiese come si
fosse sfamata il giorno prima.
“Cara la mi’ fata, se un vèni te a
soccorrisi per me e i mi’ figlioli
dèn fischiotti: ieri siemo rèsti
tutto il giorno digiuni. E c’è
quela mì vicina che cià anco il
marito malato, la Giulia, e un sa
come rimedialla”.
La fata si commosse e le disse: “Ora faccio qualcosa per te
e po’ vado a trovalla. Intanto
téni questi piccoli sassolini, vedrai che ci sfamerai te e tutti i
I COCOMERI DEL MI’ SOCERO
me alla casa, un pezzo di tera
da coltivà.
La tera era bona e noi vi si
seminava di tutto: granturco,
verdure di stagione, fragole,
lamponi e more, anco se un avevimo mai fatto i contadini. Dandoci da fà, tutto ci venia bene
in quella tera generosa e poi ci
si accontentava anco.
Un giorno… vennino a facci
visita i mi soceri e io propio quel
giorno aveo deciso di fà un
esperimento: quello di seminà
poponi e cocomeri, cosa che un
aveo mai fatto.
Il mi socero, appoggiato al su
bastone, perché interdetto di
gambe, mi stava a guardà, dimenando la testa… Io, molto
seccata, cercavo di ’un vedello,
ma lui, duro, mi girava d’intorno, al che, un sopportando più,
gli chiesi:“Che avete, Domé?
Come mai scotete la testa, un
va bene così?”
“E, no, bimba, anco se questa tiritera un ti garba, io te la
canto listesso…e… se voi mangià i cocomeri, mi sa che c’è
dandà al mercato, perché questa tera, secondo me, un è propio adatta”.
“O Domenico, di discorsi un
nò più voglia e ora state zitto,
che mi girino i santificetri. Qui,
ve lo dico io … i cocomeri grossi
come case ci venghino!”
Ma lui, avviandosi verso
casa, mi rispose in rima:
“Aspetta e spera!”
Il tempo è galantomo e passa
sempre, senza gnianco te n’accorgi e ariva l’estate, la stagione della raccolta de’ cocomeri
e poponi. Ma, benché mi fussi
data da fà, di cocomeri e poponi un se ne vedea, come avea
sentenziato il mi socero, e se li
voleo mangià, me li doveo comprà, perché i mii erino rimasti
piccoli come palle di gatto, tanto che, se avessi potuto, li avrei
gonfi con la pompa della bici-
cletta.
Anco perché, ogni volta che
mi vedeo co i mi soceri era tutto un domandà: “come crescino i cocomeri, quando si mangino?”.
Quindici agosto, Santa Maria, come ogni anno i mi soceri
venivino a pranzo da noi e, anco
quell’anno, mi diedi da fà per
preparà un pranzo cò i fiocchi.
Ma, d’accordo col mi marito
e i mi figlioli, decisi di preparà
al mi socero anco un bello
scherzetto.
Andammo al mercato, dove
comprammo sei cocomeri, i più
belli e grossi che c’erino. pò,
tornati a casa, io, con la colla
dal legno, attaccai que be cocomeri alle tracce de mii, scacariti. A lavoro finito, faceino
una figura così bella, che anco
a me sembravino propio nati lì.
Finalmente il momento è arivo e, nell’aspettà, io ero tutta
un fremito. Eccoli!… Dopo i
bagi e i saluti si entra nel vivo
dello scherzo.
Il mi socero, aiutandosi col
bastone, si avvia sornione, verso il campo; io, tutta soridente,
come se un aspettassi altro:
“Domenico, lo volete il coltello pe taglià il cocomero?”
Lu mi guarda e con la sua
bocca bugia, perché un avea
nianco un dente, come a pigliammi in giro, scruta il campo e sgrana gli occhi, si leva gli
tu’ figlioli”. E la Provvidenza
andò da Giulia. Miserina fissava i sassolini senza sapere cosa
farne e si rivolse ai figli: “Ha
ditto la fata che questi levino la
fame a tutti noi ma io un so se
si devino mangia’ così o mettili
al foco”. Fu sempre il figlio più
grande, Savio, a consigliarla.
“Mettetili al foco come avete
fatto l’altro giorno con queli
grossi che doventonno patate,
ve lo ricordate? Se li cocete
qualco’ salterà fora”. Aveva ragione Savio perché rimediarono una bella pentola di fagioli
fumanti e saporiti.
Intanto la fata aveva consegnato a Giulia un sacchetto di
sassi come già aveva dato a
Miserina, dicendole di avere
fede. Il giorno seguente Miserina, vide Giulia e le chiese:
“Com’è ita, t’ha aiutato la fata
Provvidenza?” “Ma che dici!
Quela lì ha ditto d’aiutammi ma
dè un’imbrogliona. Sai che ha
fatto? M’ha lascio un mucchio
di sassi; se la rivedo glieli tiro
‘’ndel muso a quela bugiarda e
penza che m’avéa ditto d’ave’
fede!” Mentre Miserina le spiegava come a lei erano andate
bene le cose, apparve la Provvidenza che rimproverò Giulia:
“Bona donna, Miserina ha sfamato tutta la su’ famiglia perché ha avuto fede mentre chi un
crede a nulla e un ha fiducia è
destinato a patire”.
Ivania Giannotti Bachelli
occhiali, li pulisce per bene e…:
“Potta, potta, bimba! Come hai
fatto affalli venì così belli?” E,
ancora incredulo, piglia il coltello e taglia il più grosso, me
ne da una fetta e, tutto felice,
mi dice: “Brava, perdio!… Tò,
mettilo in fresco, che dopo si
mangia!”
Noi di casa si ridea sotto i
baffi, ma la più felice ero io e
mi ridea anco la pancia, dalla
goduria dello scherzo riuscito.
Domenico, il mi caro socero,
un seppe mai dello scherzo e, a
ogni nuova stagione, quando
c’era da fa le semine, lui mi dicea: “Bimba, falle te, che di tera
te ne intendi”.
Che giornata bella fu quella
e come ne sento la mancanza,
ora che que’ vecchi un ci sono
più. Come mi garberebbe ancora scherzà con loro, ma purtroppo un si pò, e dentro mi
chiappa una malinconia struggente e mi sento tagliata a metà,
come quel cocomero in vetrina.
Mi viene da domandammi;
“Che mondo strano è questo
duve in pieno inverno le vetrine
de’ verdurai sembrino oreficerie, da tante qualità di frutte,
che venghino messe in vista,
come fussero gioielli. Guardandole mi pare di rivedé il mi socero soridere, con la sua bocca
bugia, mentre, dimenando la su
testa bianca, si gusta la su fetta
di cocomero, sbrodolandosi tutto.
Isabella Viti Meniconi
Strizzata d’occhi
Poesia classificata al primo
posto nel XX Premio Silvano
Alessandrini:
- Se fai cosìe…, figliólo,
‘un fai gnanco la cinquina…:
s’un metti a’ nnumeri ‘l fagiólo
e stai lì a puntà la Rina.
E’ vero… è bella,
ma la guardi troppo a fisso!
Guarditi anco la cartella…:
il diéci è fòra ma ‘un è misso!
Sei sodo bel mi’ te…:
stai con quegl’occhi spalancati…,
eppò, prima t’ha guardo lé,
lesto-lesto l’hai serati!
- Novvepò!… Ma che dite!?
E’ ch’un m’è riscìto… o ma’,
sennò… uno solo ne chiudéo,
capite?…
… Glielo volèo strizzà!
Oriano Pellegrini
PIETRASANTA
TEATRO
NOSTRO
Piero Bresciani, insegnante
di Discipline pittoriche presso
l’Istituto d’arte di Pietrasanta,
oltre ad una trentennale attività di pittore, coltiva da sempre
la passione per il teatro che per
molti anni lo ha visto assiduo
spettatore fino a divenirne parte attiva. Versilia Oggi ha già
parlato di lui.
È proprio nel 1984 che la
proposta avanzatagli da don
Mario Mencaraglia, parroco
di Pruno e Volegno, di aiutarlo a movimentare con qualche
attività artistico-ricreativa le
troppo monotone serate estive di questi bei paesetti, gli
fornì l’occasione che forse
aspettava da sempre di muovere i primi passi nell’attività
teatrale.
Si organizzarono infatti concerti, letture, serate di poesia e
spettacoli di varietà dove Bresciani, in questi ultimi ideatore
e coordinatore, riuscì a mettere
in azione divertenti scenette
cantate e recitate in vernacolo
assieme a paesani di ogni età,
desiderosi come lui, di cimentarsi in questa attività creativa
che si è protratta per un decennio.
Nel 1995, sentì l’esigenza di
dar vita a qualcosa di più impegnativo e con la collaborazione di un cugino, scrisse la
commedia buffa “Domani e un
altro giorno” che allestì e mise
inscena debuttando con successo al teatro comunale di Pietrasanta.
Seguiranno un anno dopo altre commedie “Le disgrazie,
un venghino mai sole”, “Consiglio di famiglia”, “Pensione
Villarosa” e “Il giovane vecchio”.
Nell’agosto 1999, assieme
ad un gruppo di attori, costituì
la nuova compagnia a cui fu
dato il nome di “Gruppo Teatro Pietrasanta” composta da
una ventina di elementi ed aderì al Centro studi teatrali dell’Associazione S. Paolo-Italia
la cui sede di Tonfano, ed è
presieduta da don Florio Giannini che mise a disposizione il
teatro S. Antonio annesso alla
chiesa.
Con la commedia comica in
due atti dal titolo “Come quando fòri piove” nell’aprile 2000
debuttò al Teatro comunale di
Pietrasanta con grande successo di critica e di pubblico e con
il tutto esaurito anche nelle
svariate repliche estive tra le
quali quella dell’agosto al Teatro della Versiliana, organizzata dal Club Lions della Versilia a favore dei bambini cerebrolesi.
Piero Bresciani ama curare
Gennaio 2001 - pag. 4
CON MASSIMO PER RIPIDI SENTIERI Raffaello e Michelangelo
ma o di una roccia che ci colpiva per la sua forma o la sua misteriosa origine, mai dimenticando che è l’Uomo che da un
senso profondo alle cose. Si discuteva come riparare i sentieri
o antiche ed interessanti costruzioni in cui e su cui era passata
la vita di tanti nostri antenati,
sperando di contribuire a migliorare anche chi vi passerà e
chi vi abiterà.
Abbiamo condiviso l’interesse per conservare le bellezze dei luoghi dove siamo nati,
cercando di interessare i giovani ad apprezzare, conoscendola profondamente, la natura
nelle sue infinite forme, ben
sapendo che il Creatore ha donato ai nostri figli la natura e
noi da loro la abbiamo presa a
prestito. Forse più degli altri
amici, sia per mestiere che per
dono naturale cercavi il bello
del creato nelle infinite forme
della natura e nei molteplici
aspetti dell’uomo.
Con mano sicura e con gli
strumenti dell’arte Massimo
tracciava linee che animavano
lo spazio di contenuti fantastici, infondendogli un ritmo personale, da tutti apprezzato, e
dava ordine e bellezza alla materia apparentemente inerte, ma
pronta a rispondere al gioco dello spirito.
Abbiamo cercato insieme,
con umiltà, di migliorare il nostro io interiore ognuno secondo le sue possibilità, riconoscendo il frammento di verità
che improvviso ed inaspettato
compariva nella conversazione,
perché lo spirito alita dove vuole e pervade chi vuole, quando
vuole.
Eravamo e siamo interessati
all’essere più che all’avere, sapendo che la condivisione era il
forte collante della nostra amicizia. Abbiamo cercato di recuperare frammenti di conoscenza da immettere nello sfumato
caleidoscopio della esistenza
per costruire immagini o forme
di effimere verità.
Abbiamo cercato la via, almeno una via, ma spesso abbiamo trovato solo un tortuoso e
scosceso sentiero, che per giunta non sapevamo dove portava.
Abbiamo cercato la verità trovando al massimo la conoscenza di piccole e poco significative cose. Abbiamo cercato di
dare un senso alla nostra vita
nelle forme della ricerca dell’Uomo, dell’amico e di ciò che
va oltre ed esiste oltre.
Gli angeli custodi esistono
IL BARBA
Cerchiamo le parole del silenzio, proviamo a fare silenzio
entro di noi, in modo che i ricordi siano illuminati da parole
autentiche. Abbiamo condiviso
con l’amico Massimo Bertozzi
il peso di ciò che portavamo in
montagna per ripidi sentieri ed
il peso che ogni giorno la vita
ci offriva.
Abbiamo spezzato il pane e
diviso con lui il vino nel rito
antico e sempre rinnovato dell’amicizia, ringraziando dei
beni materiali e spirituali presenti sulla mensa imbandita,
sapendo che l’Uomo non può
vivere di solo pane. Abbiamo
visitato insieme i profili delle
alte vette alla luce incerta della
luna, nell’ora in cui i graziosi,
ma dispettosi loro abitatori, i
Baffardelli ed i Linchetti gradiscono mescolarsi con l’uomo
per fargli innocui scherzi.
Abbiamo ringraziato con lui
il sole quando ci offriva la sua
splendente bellezza e infondeva energia e calore nei nostri
corpi affaticati e la limpida acqua sgorgante dalle rocce che ci
leniva la arsura del cammino.
Salendo le valli abbiamo catturato l’immagine variegata di
splendenti colori dei fiori, o il
profilo incantato di un panora-
Dopo una immobilità durata
circa cinque anni, assistito dai
suoi cari, Vincenzo Bresciani è
ritornato alla casa del padre all’età di 91 anni. Buon cristiano,
marito solerte, padre esemplare. Un gentiluomo. La sua bontà e la disponibilità e la pazienza verso il prossimo, erano le
caratteristiche principali.
Vincenzo è stato uno dei frutti migliori usciti dallo “Stagio
Stagi”. Quando guardavo i suoi
progetti di altari, pulpiti, fonti
battesimali, balaustre, ricchi di
marmi policromi colorati ad
acquarello, o eseguiti in bianco e nero, ne rimanevo estasiato. Nello studio del prof. Alfonso Mazzei, che era anche il direttore dell’Accademia o Regia
Capanna come la chiamavamo
noi ex allievi, lavorò al fianco
di Arrigo Viviani, che nel dopo
guerra curò la ristrutturazione
delle parti marmoree dell’Abazia di Montecassino, eseguita
negli stabilimenti dell’Henraux.
Ebbi la fortuna di lavorare
sotto la guida di gente del genere. Quello che ho imparato
da loro l’ho poi messo in pratica e mi ha fatto camminare
avanti nella vita. Al mio ingresso all’Henraux, e parlo del luglio 1953, sembravo un pulcino scovato, ma quei due colos-
si mi fecero subito capire che
ero in buona compagnia, Vincenzo Bresciani e Arrigo Viviani. Lì incontrai anche Vando
D’Angiolo, lui ventunenne e io
diciottenne. Sono passati quasi cinquant’anni e stiamo ancora lavorando insieme, ma se
siamo cresciuti e se abbiamo
fatto una così importante esperienza molto lo dobbiamo a
quei due. E quando Vando entrò nella Campolonghi, per organizzare il suo ufficio tecnico
chiamò subito Vincenzo. Gli
Angeli Custodi esistono. Sono
sempre stato legato d’affetto
alla famiglia Bresciani. La signora Odila di Corvaia era in
classe con mia madre alle scuole elementari di Seravezza. Da
piccolo anch’io abitavo sotto la
Rocca e ricordo ancora quando la mia mamma per Pasqua
andava a fare le torte al forno
dalla moglie di Vincenzo. Anche Renato, professore di disegno, prima di passare all’insegnamento, lavorò come disegnatore all’Henraux. E l’altro
figlio Franchino, seguendo le
orme del padre è tuttora un pilastro della Campolonghi. Rimasto orfano quando ero ancora un ragazzo, per me Vincenzo è stato come se avessi ritrovato mio padre.
Pier Luigi Marrai
TEATRO NOSTRO
tutti i particolari delle sue commedie, dal testo, alla scenografia, ai costumi e alla regia oltre
naturalmente a recitare come
protagonista apprezzato e circondato da attori-amici eccezionali come Lora Santini e Bruno
Ricci.
A chi gli rimprovera di voler essere un po’ l’anima di
tutto, risponde: «Sono consapevole –dice– che questo mi
espone a maggiori rischi di
critica. Nel bene o nel male me
ne assumo la responsabilità,
ma sono anche convinto che
solo così un lavoro possa avere una unità di stile che lo con-
traddistingue».
In questo momento, sta provando il suo nuovo lavoro, la
commedia buffa in due tempi
dal titolo “Agenzia matrimoniale. Te la cerco-Te lo trovo”
da lui scritta e come al solito
diretta ed interpretata con musiche scritte ed eseguite da
Emilio Tarabella. Una novità
questa degli inserti musicali
che non vuol essere né operetta, né commedia musicale ma
da considerarsi come virgole
tra un discorso e l’altro. Come
una cantatina davanti allo specchio mentre ci radiamo la barba.
Gaio Salvatori
È scomparsa da Pozzi e
dalla Versilia una figura caratteristica: Lido Viti, vulgo
Martello. Conosciuto anche
come “Il barba” per la sua
bella lunga e folta barba imbiancata, di cui andava fiero, come della sua divisa di
alpino.
A proposito della barba ricordo un episodio mentre eravamo con mio marito, lui e la
Iolanda in cura a Salsomaggiore e si faceva una passeggiata tutti insieme. Lido,
quando incontrava dei bimbi
che facevano le bizze e facevano dannare i genitori, si avvicinava loro dicendo che era
Babbo Natale e che dovevano stare buoni, se no non
avrebbe portato a loro più i
doni. E così fece anche quella volta riuscendo a calmare
d’incanto anche i ragazzini di
quella cittadina termale.
Non posso parlare di Lido
senza nominare la Iolanda,
sua compagna fedele per tutta la vita. Si potevano vedere
insieme alle varie manifestazioni folcloristiche e religiose, specialmente qui in Versilia, ed anche prodigarsi per
opere assistenziali e di beneficenza. Li ricordo nelle gite
che facevamo organizzate da
loro per i sindacati. Siamo
stati a tavola insieme. Lido
era un buon conversatore e
molto di compagnia e con lui
il tempo passava in allegria
nonostante i dolori vissuti e
superati con fede, nonostante la morte di un loro figlio,
superata volendosi bene e vivendo sereni. Lido è stato
membro dell’Associazione reduci delle patrie battaglie ed
ha sempre partecipato ad
ogni manifestazione con il
suo cappello di alpino. In
casa ha conservato molti riconoscimenti di merito che la
Iolanda ora guarda con affetto e rimpianto. Un uomo
esemplare da ricordare con
grande rimpianto.
I. G. B.
Raffaello Raffaelli fortemarmino verace. Tanto attaccato al
paese ed alla sua spiaggia che
c’era persino da sospettare che
non sia mai andato oltre il Ponte di Tavole. Raffaello faceva il
barbierino in fondo a via Piave
dove aveva un buchetto di bottega e lì ha lavorato finché ha
voluto. Piccolino, baffettini alla
Clark Gable, una testa irta di
capelli sempre ritti: sembrava la
reclame della Presbitero, con
tutte quelle matite a boscaglia
sul capo.
La sua barberia, disadorna,
fatta apposta per un pubblico
povero, era il confessionale del
paese. Da lì passavano confidenze, sospiri, rivelazioni, amori interrotti e promesse da fare.
Lì si facevano previsioni politiche, si sapeva tutto sul sindaco
e sulle sue intenzioni, si progettavano alleanze tra partiti, vittorie e sconfitte.
Magnifico di Versilia Oggi,
abbonato dal 1967, era il cuore
del Forte. I suoi coetanei se
n’erano andati ormai quasi tutti, ma gli erano rimasti vicino i
più giovani dei quali aveva
sempre avuto rispetto e considerazione. Era un frequentatore del caffé Principe dei tempi
d’oro di Vasco Galli. Diceva la
sua, sempre, e la “sua” era di
sinistra, moderata ma sicuramente di sinistra. Nenniano
sempre. Sia quando Nenni an-
dava a braccetto con Togliatti
e con Stalin, sia quando ci ripensò, fece la pace con Saragat e marciò al governo con
Moro nella speranza che gli
toccasse un posticino al Quirinale. Socialista, ma senza tessera. Non gli andava farsi schedare. Socialista anarchico? Forse. Certamente un libero pensatore.
Era un uomo colto. Autodidatta. Aveva letto tanto. Ha
sempre sostenuto che Michelangelo sull’Altissimo non ci
ha mai cavato una scaglia di
marmo. Andava contro corrente perché è dal 1520 che in Versilia ci laviamo la bocca con
questa storia di Michelangelo
che, a dir la verità, noi versiliesi ci ha mal tollerato e ci ha
sopportato per tre anni che lui
considerò perduti. Si, qua c’è
venuto solo a perdere del tempo.
Raffaello lo diceva, e noi tutti a dargli contro, perché non
si può infrangere la leggenda:
ormai questo Michelangelo ce
l’abbiamo attaccato come la lumaca al suo guscio. Ma lui non
ci stava ed al caffé, tra l’incredulità di ignoranti o istruiti che
gli capitassero a tiro, l’ha ripetuto fino alla noia. Raffaello,
adesso che non ci sei più, te lo
dico piano piano in un orecchio: avevi perfettamente ragione.
SEMPRE CON AFFETTO, ROBERTO
Si è svolta a Pietrasanta
un’importante manifestazione,
per ricordare le qualità professionali e umane del pediatra
Roberto Pardini. Con l’intento di fare cosa utile intendo
tratteggiare sinteticamente, alcune delle immagini che riguardano la vita di Roberto
Pardini e che ho rivisitato,
come in un caleidoscopio, durante la cerimonia. Un’immagine, che si perde nel tempo è
quella di Roberto Pardini e
Sirio Giannini, legati da una
profonda amicizia e da un intenso profondo e produttivo
rapporto culturale, dai quali ho
appreso l’importanza del sapere.
Un’altra immagine, meno
lontana e quindi meno sfocata, è quella di Roberto Pardini
e di Gaetano Pasquinucci. Fra
loro c’era una grande stima e
un profondo, intenso, sinergico e anche originale rapporto
che potrebbe essere agevolmente ed efficacemente descritto, utilizzando splendidi
aneddoti che li riguardano, ma
che sarebbe troppo lungo qui
riportare. Devo quindi limitarmi a poche parole.
Roberto Pardini aveva grande rispetto e stima per il suo
“professore”, come Roberto
ha sempre chiamato Gaetano,
grande pediatra, sia come ricercatore che come clinico, del
quale Roberto fu allievo pre-
diletto.
Ho sempre apprezzato la
loro capacità di trovare, evidenziare e sfruttare il semplice nel complesso: molti sono
stati gli studi innovatori che
hanno condotto insieme e in
particolare sono stati anticipatori nel privilegiare e valorizzare il rapporto madrebambino. Ho detto che il loro
rapporto è in parte da scoprire.
Gaetano è stato maestro di
Roberto, però io sono convinto che Roberto sia stato, oltre
che «figlio» anche «padre» di
Gaetano, nel senso che con discrezione, concretezza ed efficienza lo ha sempre accontentato e protetto. È stato per
me un grande privilegio essere stato amico di tali uomini,
che mi hanno insegnato, fra
l’altro, ad essere un uomo libero, che essendo libero vuole liberi anche gli altri uomini.
Roberto in particolare mi ha
fatto capire, con l’esempio,
l’importanza dell’umiltà e della tolleranza, dell’autocritica e
del rispetto della gente, in particolare dei deboli. È per questi ricordi, che ho scritto queste poche righe, ritenendo di
interpretare il pensiero degli
amici, e per il profondo affetto che mi lega alla famiglia
Pardini.
Milvio Capovani
Gennaio 2001 - pag. 5
CONTRIBUTO AL RECUPERO DELLE FONTI DISTRUTTE IL 19 GIUGNO 1996
SULLO SCATTO DEL NUOVO MILLENNIO
Ricostruire
l’Archivio storico di Stazzema FABRIZIO CE LO SCRISSE
È uscito il volume “Contributo al recupero delle fonti per la storia del territorio di Stazzema” a cura di Sandra Pieri. Si tratta di un lavoro che, come sottolinea la Sovrintendente archivista per la Toscana, Paola Benigni, rappresenta il contributo offerto dalla Sovrintendenza
stessa alla ricostruzione della memoria documentaria di Stazzema e del territorio dell’Alta
Versilia dispersa dall’alluvione del 19 giugno 1996. Che, insieme ad uomini e cose, travolse e
disperse, come è noto, anche la maggior parte dei documenti dell’Archivio storico della comunità stazzemese.
Di tutte le offese e le cancellazioni di cui quotidianamente soffre la memoria, quella prodotta
da catastrofi naturali è senz’altro la più estrema e la più crudelmente traumatica, poiché ciò
che viene eliminato o stravolto è in realtà un complesso sistema di beni e di relazioni su cui
l’intera popolazione ha fondato, nel tempo, il senso della propria identità collettiva. L’alluvione, in effetti, ha modificato l’ambiente naturale, ha spazzato via case ed edifici oramai familiari, ha disperso, infine, d’archivio conservate nel “Palazzetto” del Cardoso, gli oggetti e i ricordi di intere esistenze trasmessi, attraverso più generazioni. La presentazione dell’opera è stata
fatta anche dallo steso sindaco di Stazzema con le seguenti parole:
Del patrimonio di memorie e munale, consentirà di riannoda- rittura ignorati nel processo di
crescita culturale della persona.
di storia custodito si sono sal- re il filo della memoria.
Merita inoltre ricordare che la Lo sforzo necessario a rimediavati pochi manoscritti del XVI
secolo e poche decine di docu- pubblicazione riporta anche il re, se possibile, il vuoto determimenti e ciò pone in risalto l’en- censimento degli archivi delle natosi per la Comunità stazzemetità del disastro che ha colpito parrocchie comprese nel terri- se e non solo, deve essere di
il patrimonio storico-documen- torio comunale, ed anch’esso sprone per assicurarci la consatario di Stazzema. Alla consa- contribuirà a colmare la grave pevolezza sull’importanza di una
pevolezza della gravità del dan- lacuna provocata dalla perdita cultura della conservazione e
della promozione. Voglio ricorno si è accompagnata, fin dal dell’Archivio Comunale.
Il lavoro prodotto consente di dare a tal proposito la costruzioprimo momento, la volontà di
individuare azioni e strategie riappropriarci delle fonti della ne di un Centro di Documentaidonee a ricostruire il “filo del- nostra storia e delle nostra iden- zione presso il quale saranno racla memoria perduta” e l’inizia- tità ed ha sperimentato positi- colte le informazioni e le riprotiva, che oggi vede la luce, ne vamente la necessità di uno duzioni dei documenti reperiti in
costituisce una valida ed effica- stretto rapporto di collaborazio- altri Archivi, che avrà sede a
ce dimostrazione, la cui ideazio- ne tra enti, organismi e ricerca- Pontestazzemese in un edificio
ne e progettazione è iniziata fin tori interessati alla conclusione di proprietà pubblica, in corso di
da subito, insieme alla ricostru- di un lavoro: quello che oggi è ristrutturazione, resa possibile
grazie alla significativa collabozione delle case, delle strade, pubblicato.
Aver voluto la stampa di que- razione e alla sensibilità dimodei ponti e degli opifici dannegsto volume è un gesto di pro- strata dalla Banca di Credito Cogiati o distrutti dall’alluvione.
Alle studiose Paola Lemmi e fonda civiltà, espressione di operativo della Versilia.
Alle ansie e al dolore susciElisa Carrara, autrici della ricer- convinzioni necessarie a recuca, va il nostro personale ringra- perare quanto è andato perduto tati da così tragiche esperienze
ziamento, con il loro lavoro è ed apprezzare i significati di si accompagnano anche positive esperienze di solidarietà. È
stato possibile ricostruire le “pi- un’identità pregiudicata.
Siamo profondamente consa- muovendo da queste e dal senste” che possono essere seguite
per approdare alla ricostruzio- pevoli della gravità del danno so della nostra appartenenza ad
ne della memoria storica, gra- subito, per questo invitiamo i let- una terra profondamente amata
zie anche alla puntuale compo- tori ed in particolare i giovani ad che combattiamo la nostra batsizione del repertorio delle fon- imparare ad apprezzare il valore taglia per un riscatto completo
ti, che in alternativa all’ormai dei documenti archivistici, gene- e per un futuro sicuro e sereno.
disperso Archivio Storico Co- ralmente trascurati se non addiGian Piero Lorenzoni
L’OPINIONE
RICOSTRUZIONE CON CEMENTIFICAZIONE. E ORA?
Le considerazioni svolte nel
numero precedente sulle alluvioni in Versilia e nel mondo
hanno coinciso con la conferenza dell’Aja sui disturbi climatici provocati dall’uomo.
Lo scopo dell’incontro all’Aja era di stabilire, tra i vari
paesi, programmi precisi di abbattimento dell’inquinamento
atmosferico a partire dagli accordi di Kyoto (1997). Come
noto, la cosa più difficile dell’incontro è risultata la ricerca
dell’intesa tra USA (posizione
di impegni blandi) ed Europa
(posizione più drastica), sfociata nella decisione di rivedersi
tutti ad anno nuovo inoltrato. Va
comunque detto che da Kyoto
in poi anche gran parte dell’opinione pubblica americana si è
svegliata sull’argomento e a livello mondiale sono maturate
tre consapevolezze: 1) che negli ultimi cento anni la temperatura media della Terra si è alzata di un grado e continua a
crescere, e ciò crea gli squilibri
atmosferici sempre più frequenti e violenti; 2) che gran parte
di questo cambiamento è dovuto alle attività umane (gas serra); 3) che bisogna agire in
modo concreto per porre rimedi.
Il fenomeno non ha frontiere
e quindi mette le comunità del
mondo di fronte al problema di
come decidere.
Grandi imprese, come la BP,
la Shell, la DuPont, la Volkswagen, anche per loro interesse e
immagine, hanno già iniziato
programmi di abbattimento del-
l’inquinamento nei loro impianti o prodotti nel mondo.
La città di Los Angeles, dieci
anni fa arrivata a una situazione invivibile, è riuscita a ridurre l’inquinamento atmosferico
di oltre il 60%.
Anche in Versilia le popolazioni e le istituzioni locali sono
indotte dal problema verso due
tipi di azioni. Si tratta da un lato
di difendersi dagli avvenimenti
e dall’altro di combatterne, per
quanto possibile, le cause.
Al riguardo della difesa, la
messa in sicurezza del territorio, con la regimazione forzata
delle acque, non ci dà la piena
tranquillità, ma ci dice solo che,
qualora tornino piogge dell’intensità del ’96, saremo un po’
più riparati di allora. Né le opere fatte sono sempre convincenti: in alcuni casi sorge il dubbio
che siano servite da pretesto per
fare lavori, soprattutto di cementificazione.
E neppure le istituzioni possono fare tutto da sole. È importante che le comunità acquisiscano una cultura del rispet-
to del territorio e partecipino
attivamente al suo mantenimento, anche con un ritorno
alla montagna. Cosa che, se
non viene sollecitata dall’istituzione locale, è auspicabile sia
promossa dalla stessa popolazione.
L’azione volta a diminuire le
cause, come visto, richiede programmi mondiali, ma localmente può essere iniziata e sostenuta con un risparmio diretto sugli usi energetici inquinanti
(traffico veicolare e impianti di
riscaldamento) e uno stimolo
alle nostre istituzioni che si facciano partecipi attive sul problema a livello nazionale e internazionale.
Un invito particolare è rivolto
alle scuole e ai giovani, che possono giocare anche un ruolo forte
di stimolo, facendo da “maestri”
agli adulti. “Qui sorgevano regge e dominavano potenti, ora
giacciono sterpi e regna sovrano il vento” (Omar Khayyam,
mille anni fa, citazione a memoria).
Giorgio Salvatori
Comincia il 2001. Comincia
il Nuovo Millennio. Un anno
fa Fabrizio Federigi scrisse un
articolo per Versilia Oggi che
il direttore, pur pensandola
come lui, non volle pubblicare. Fu un atto di vigliaccheria,
lo riconosciamo, dettato dal
timore di apparire anche nelle grandi occasioni, sempre e
comunque i soliti “bastian
contrari”. Contro i politicanti, contro il sistema, contro il
conformismo, contro le mode,
contro il rincretinimento televisivo, contro tutto quello che
ci salta in mente. Persino contro l’Inno di Mameli.
Ed allora il nostro direttore,
Ci siamo: tutti pronti col
dito sul tappo dello spumante per salutare il nuovo millennio. Sopravvissuta già al
catastrofico “Mille e non più
di Mille”, riuscirà l’umanità
a non essere abbattuta dai
tappi vaganti e dalle libagioni che saranno più copiose
del solito? Io credo di sì: sopravviveranno tutti, anche
perché dovranno resistere ancora un anno prima di festeggiare il vero inizio del millennio, che sarà il primo gennaio del 2001 e non certamente
del 2000, anno questo che dovrebbe trascorrere per intero
prima che si completino i cento anni del secolo ventesimo
o i mille del secondo millennio o i duemila dell’era cristiana.
Il conteggio è semplicissimo, naturalmente, è una questione puramente aritmetica.
E se uno non ci arriva a mente, prenda carta e penna e
faccia qualche piccolo conteggio. Sarà ancora più facile. Qualcun altro ha in mente, invece, un fantasioso anno
zero, cui seguirebbe l’1, il 2,
ecc. e con questa storia vorrebbe darla a bere alla gente. Ma l’anno zero non esiste
e non è mai esistito. Questa
volta si faccia la riprova
prendendo un bimbetto appe-
liari di Fulvio Quintavalle,
Luigi Jenco, Rosalka Pilli,
Alessandro Di Ciolo, Paola
Raffaelli, Alessandra Czeczott, Alvaro Avenante, Pier
Luigi Marrai, Bruno Ceragioli che hanno rinnovato l’abbonamento addirittura prima
che arrivasse il 2001.
Con l’anno appena cominciato, stanno pervenendo i
Fabrizio Federigi
TRIONFO DELLA “COSTANTI”
Applausi a Seravezza
Nel corso del Duemila, la
Premiata Filarmonica dei Costanti di Seravezza ha tenuto un
concerto bandistico anche al
Tonfano, eseguendo con maestria un repertorio (8 brani) di
musiche varie applaudite da un
pubblico attento ed entusiasta.
La Blue Jean “Big Band” con
i suoi 10 brani che vanno da “In
the mood” a “Chicago Shuffle”,
da “Caravan” a “New York New
York” ha stupito i tanti appassionati di questo genere musicale.
Bravissimi i solisti sia quelli
della Costanti che quelli della
Big Band: Luigi Bandelloni,
Simone Barsanti, Lucia Barsotti, Riccardo Ceragioli, Adriano
D’Angelo, Benito Farnocchia,
Vasco Lari, Sandro Luisi, Ma-
ARRIVANO
GLI ABBONAMENTI A 25 MILA LIRE
Gli auguri quest’anno ce li Milvio Capovani e dai fami- primi abbonamenti dopo il
fanno proprio i nostri sostenitori-raddoppiatori a cominciare da Isabella Pocai, Maria
Giovanna Aliboni, Massimo e
Riccardo Lazzotti, Ilo Dati,
Francesco Bacci, Oliviero Bibolotti, Tina Galli, Enzo Silvestri, Elda Mazzei Lucarini,
Leda Nardini, Francesco
(Franco) Polacci, Licia e Milena Tommasi, Tristan Kurz,
a malincuore, pregò Fabrizio
Federigi di rinunciare a un articolo che avrebbe dovuto avere per titolo “Un momento:
aspettiamo ancora 365 giorni!”. Il direttore non volle fare
il guastafeste: per una sola volta in 35 anni volle arrendersi
e, davanti a tutti coloro che
avevano interesse a festeggiare un avvenimento con 365
giorni di anticipo, disse: arrangiatevi. Buon prò. Ma lui se ne
andò a letto alle 22,30.
Adesso quei 365 giorni sono
passati e vogliamo onorare
Fabrizio che da Minazzana ci
aveva sapientemente ammonito. Gliene rendiamo merito:
na nato: gli si faccia compiere un anno, poi due, dieci e
cento. Bimbo e secolo, sarà la
stessa cosa.
Dunque, la prossima mezzanotte del 31 dicembre 1999, se
potrò, io festeggerò, l’inizio di
un qualsiasi nuovo anno che
ha solo la modesta particolarità di essere l’ultimo di un
secolo. Gli italiani, invece,
che sono un popolo di santi,
navigatori, poeti, politicanti,
furbi e oroscopari, credo proprio che approfitteranno di
quei bischeri che sui giornali
e alle televisioni non fanno
altro che dare informazioni
sbagliate per festeggiare due
volte.
Ottima e furba scusa. Ma voi
lettori di Versilia Oggi non vi
fate fregare come l’estate scorsa quando c’è stata l’eclissi del
sole. Pareva che anche da noi
dovesse scendere la notte nera
e spalancarsi la porta di Josafat. Tutti con i vetrini, il naso
in su e la coda fra le gambe.
Ma ci pensate? Appena appena un po’ di luce livida come
quando si preannuncia un temporale. Io non ho nemmeno
messo il naso fuori dalla finestra. Figuratevi. Allora, buon
anno, per gli auguri speciali
del millennio aspettiamo altri
365 giorni.
piccolo aumento di cinquemila lire che porta la quota annua a 25 mila, dopo che anche le poste hanno da tempo
provveduto a chiedere una
quota più alta per la consegna
di Versilia Oggi in Versilia, in
Italia e nel Mondo.
Con il nuovo anno ringraziamo pertanto i sostenitoriraddoppiatori.
rio Tarabella, Renato Tarabella,
Gianfranco Tommasi, Michele
Vannucci.
L’orchestra è stata diretta dal
M° Mario Tarabella, mentre la
“Big Band” è stata diretta dal
M° Gianfranco Tommasi. Hanno intervallato i brani musicali
Cecilia Romagnoli, con la sua
voce limpida e gentile che ti arriva al cuore, e Giampaolo Viviani che ha accompagnato Cecilia, sia alla tastiera che con la
voce, formando un duo formidabile. Per la prima volta abbiamo avuto come conduttrice della serata la bravissima signorina Sabrina Tarabella, che ringraziamo vivamente.
Ancora una volta la Costanti
ha fatto centro, i suoi concerti
sono attesi e graditi. Oltre agli
applausi in diretta, abbiamo ricevuto molti complimenti e
consensi per la bravura di tutto
lo staff.
Ezio Silvestri
Versilia Oggi a
Pietrasanta è in
vendita anche presso
la LIBRERIA SANTINI
in via di Mezzo, 79
Gennaio 2001 - pag. 6
L’opportunità di lavorare ai
diari di campagna del professore Bruno Antonucci mi è stata
gentilmente offerta dalla signora Nerina Antonucci due anni fa,
quando riordinando le carte del
marito e su consiglio dell’amico
Giorgio Giannelli rifletteva sull’importanza della documentazione raccolta. Non potevo nascondere la gioia all’idea che
questo patrimonio scientifico
potesse essere condiviso da tutti
gli studiosi che fossero interessati all’archeologia nella nostra
regione, e gli appassionati il cui
supporto è stato determinante
nello sviluppo di queste ricerche.
Il volume ha una struttura di
diario, riprendendo fedelmente
il manoscritto originale, a cui è
stata affiancata buona parte della documentazione grafica e fotografica collezionata. Il lavoro
si svolge nel trentennio 19611991 e vede lo sviluppo di
un’attenta indagine sul territorio apuo-versiliese con la registrazione di numerosi siti archeologici, lo scavo di importanti insediamenti di epoca eneolitica e neolitica in grotte, del
periodo etrusco, romano, longobardo e medioevale, fino alle
più tarde attestazioni rinascimentali. Questa attività, di prospezione e di scavo, è sempre
stata affiancata dalla catalogazione dei materiali, il loro studio, il restauro e non ultima la
loro pubblicazione di cui potete trovare la bibliografia completa e una selezione dei principali contributi scientifici alla
fine dell’opera.
All’interno del volume in al“Socrates project”. Parliamone. Avremo due mostre in
Versilia, a Pietrasanta fino al
17 gennaio ed a Seravezza dal
19 al 31 dello stesso mese. Si
tratta degli elaborati di architettura e di arti decorative dal
1900 al 1930, studiati dagli
alunni dell’istituto d’arte “Stagio Stagi” di Pietrasanta e dell’istituto professionale di Liberec (Letechi-Repubblica Ceca).
Due scuole in gemellaggio tra
loro per evidenziare lo stile liberty sia in Versilia che in Boemia.
Il progetto è diventato realtà
per merito degli alunni delle
classi sperimentali 3ªB architettura e 3ªC disegno industriale
e dei loro docenti, Anna Paltrinieri, Laura Prini e Pompeo
Russo dei quali il direttore Vinicio Rovai intesse l’elogio nella presentazione del depliant.
Scorrendo infatti questo catalogo troviamo ridisegnato il can-
GELONI
Merita di essere ricordata la
figura del seravezzino Italo Geloni deceduto recentemente a
Pontedera. Aveva 76 anni e la
sua esistenza è stata condizionata dalla deportazione nei
campi di concentramento nazisti. Ha vissuto perché quegli
anni e quelle sofferenze atroci
venissero trasmesse alle nuove
generazioni. Organizzava incontri nelle scuole e pellegrinaggi ai campi di sterminio.
Presidente dell’associazione
ex deportati, accompagnando in
Germania i giovani versiliesi che
lo attorniavano sempre con grande affetto, diceva che la sua sopravvivenza era un miracolo avvenuto perché potesse raccontare quello che era successo di terribilmente disumano. Fu quello
lo scopo del resto della sua vita.
SCOPERTE ARCHEOLOGICHE IN VERSILIA DAL 1961 AL 1991
ONORE AD ANTONUCCI E AUGURI ALLA DEBORAH
Si sono sposati l’archeologa di Valdicastello, Deborah Giannessi, ed il filologo Jesper Eidem
di Copenaghen. Prima delle nozze, e pochi giorni prima della partenza per la Danimarca,
Deborah aveva presentato nella affollatissima Sala dell’Annunziata di S. Agostino in Pietrasanta la sua stupenda opera “Bruno Antonucci ed i suoi taccuini, scoperte archeologiche in
Versilia dal 1961 al 1991”, stampata a cura della Banca di Credito cooperativo della Versilia.
Al suo fianco la professoressa Renata Grifoni Cremonesi, docente di Paleontologia all’Università di Pisa, la dottoressa Emanuela Paribeni, Soprintendente Archeologica della Toscana e la
dottoressa Graziella Berti, membro della Società degli archeologi medioevisti italiani. Pieno
successo dunque della nostra cara Giannessi, anzi doppio vistoso successo, visto che pochi
giorni dopo ha coronato anche il suo grande sogno d’amore con Jesper che, tradotto dal danese all’italiano, vuol dire Gaspare. Ai due sposini ed ai genitori, nostri amici e Magnifici di
Versilia Oggi, Raffaello Giannessi e Franca Moriconi gli auguri più affettuosi. Ed ecco l’articolo di presentazione pubblicato a prefazione dei taccuini di ricerca di Bruno Antonucci:
cuni casi le descrizioni dettagliate dei siti e dell’attività svolta
assumono un carattere narrativo,
ma è stata esplicita intenzione
della famiglia e della scrivente
offrire al lettore il materiale nella versione in cui era stato raccolto, mostrando le carte che il
loro autore non ha avuto l’opportunità ed il tempo di riorganizzare e pubblicare lui stesso. Per
la loro accuratezza e originaria
struttura scientifica è stato facile produrle in questo libro, e mi
auspico possano essere di interesse sia per coloro che amano
la Versilia e la sua storia, che per
quegli studiosi che vorranno
continuarne le ricerche.
Per agevolarne la consultazione, all’interno si trovano una
pianta sommaria degli insediamenti principali, un indice dei
siti e la relativa suddivisione cronologica. La dotazione dei contesti archeologici e dei materiali
qui riportata ha un carattere
orientativo ed è da considerare
in fase di sviluppo alla luce di
futuri approfondimenti sui materiali e delle nuove scoperte.
Bruno Antonucci supportato
dalla collaborazione scientifica
dell’Università di Pisa e della
Soprintendenza Archeologica
della Toscana, nel corso della
sua attività è riuscito a fornire
un accurato prospetto insediamentale della regione nei diversi periodi, raccogliendo una vasta quantità di informazioni e
materiali. I reperti, esposti all’interno del Museo Archeologico di Pietrasanta a lui intitolato, costituiscono una collezione unica sul nostro territorio;
per lo sviluppo diacronico documentato, dalla Preistoria al
Rinascimento, e per il valore
scientifico di alcuni manufatti
come il gruppo di cippi etruschi
marmorei o le ceramiche medioevali provenienti dal Chiostro di S. Agostino.
I risultati ottenuti, come appare dagli scritti qui pubblicati,
sono stati possibili grazie ad un
intenso lavoro di equipe, di per-
MOSTRE SULL’ARCHITETTURA LIBERTY
Versilia e Boemia gemelle
Querceta. Palazzo Silvestri, progetto di Gian Giuseppe Mancini, rielaborazione dell’alunno Federico Dazzini, classe III B.
cello in ferro di via Nazario
Sauro di Pietrasanta di un edificio industriale visibilissimo
per chi da Porta a Lucca arriva al primo semaforo prima di
entrare in città, elaborazione
degli alunni Barbara Fambrini
e Annalisa Gianvanni. Sempre
di via Sauro c’è la riproduzio-
ne dell’intera facciata e di altri
ferri battuti di altre aziende dell’epoca, ridisegnati da Beatrice Bazzichi, Giovanna Bacci e
Andrea Fornari. Ci sono anche
porte e prospetti di via Oberdan,
sempre a Pietrasanta, di Alessandra Marchi e della villa
Henraux-Pilli di Seravezza di
sone che lo hanno affiancato
durante la realizzazione dei suoi
progetti, collaborando a scavi,
alle prospezioni, alla catalogazione, al restauro di manufatti
ceramici, all’attività museale.
La costituzione del Gruppo Archeologico e Speleologico di
Pietrasanta ha ufficializzato
questo gruppo operativo sul territorio, rappresentando sotto la
sua guida il principale referente per la salvaguardia dei beni
archeologici nell’ambiente
apuo-versiliese. Antonucci stesso mai si è dimenticato di ricordarlo, come nelle due occasioni pubbliche dell’apertura del
Museo Archeologico di Pietrasanta e della mostra sui cippi in
Sant’Agostino. L’interesse
scientifico, l’amore per la propria terra, la curiosità della scoperta, l’avventura hanno rappresentato i sentimenti primi di
queste persone, ma sono state
l’umanità di quest’uomo, la sua
semplicità di studioso, l’onestà
e il suo spirito a unire generaElisa Silvestri. Da una villa di
via Traversagna ci sono particolari messi in evidenza anche
da Romana Tarabella.
Veramente formidabile la riproduzione della casa Silvestri
progettata dal grande Gian
Giuseppe Mancini sulla via Aurelia a Querceta e rilanciata
nel depliant da Federico Dazzini. Indubbiamente docenti ed
allievi si sono dimostrati a conoscenza di molti tra i gioielli
seminati in Versilia dai maestri
del liberty. Ce ne compiacciamo, non senza aver citato gli
altri giovani che hanno collaborato al successo del “Socrates project” che dalla Boemia
a Pietrasanta ed a Seravezza
hanno coinvolto le nostre scuo-
zioni diverse. In molti ricordano la passeggiata per andare a
verificare un sito in un dato posto, l’uscita in grotta, le serate
al museo, o la domenica mattina al restauro; un’esperienza
che ha avuto per alcuni una forte influenza nello sviluppo di
scelte professionali, di stimolo
e incoraggiamento a realizzare
le proprie aspirazioni.
Anche per me la sua presenza è stata determinante quando,
confusa, mi sono trovata a decidere la facoltà universitaria.
Ricordo la chiacchierata con lui
in piazza del Duomo davanti al
museo, i suoi consigli e il sostegno a seguire le mie passioni. Me aveva visto crescere tra
la soffitta di Palazzo Moroni,
dove mi aveva “arruolata” a 11
anni per la siglatura della ceramica, gli scavi di Bora dei Frati
e del Sant’Agostino, ed il museo dove si curavano i materiali
e nascevano nuovi progetti.
A Lui devo le prime lezioni
di archeologia, di metodologia
sul campo, e di storia davanti
alle vetrine del museo o nel
magazzino. Non erano momenti
di pura erudizione, ma era
l’emozione della scoperta, la
curiosità della conoscenza di
piccoli frammenti del passato
che andava al di là della sensazionalità del ritrovamento. Questa visione dell’archeologia è
quella che ancora condivido e
mi auguro lungo il mio percorso professionale, oggi appena
all’inizio, di riuscire a seguire
ed a trasmettere ad altri quello
stesso spirito di ricerca.
Deborah Giannessi
le d’arte: Nicola Battistuzzi,
Alessandra Benedetti, Luna
Bertacca, Samuele Biagi, Alessio Bolgioni, Alessandro Bonuccelli, Sandra Bramanti,
Giovanni Bresciani, Silvia Cagetti, Alessandro Cardini, Simonetta Coppedé, Alessandro
Forli, Valentina Galli, Francesca Gaspari, Franco Giannarelli, Barbara Ippolito, Elisa
Lemucchi, Luca Leonardi,
Sara Malocu, Alice Monti, Sonia Mugnaini, Martina Nencini, Chiara Orsetti, Michela
Pantaleo, Daniele Pellegrinetti, Francesco Pelletti, Andrea
Pierini, Debora Poletti, Francesco Ricci, Martina Ricci,
Anna Maria Rontani, Antonio
Sutera, Bruno Tarabella.
Banca locale
partner globale.
Ciò che contraddistingue il nostro modo di essere
banca è proprio la capacità di essere tante banche
insieme in una volta sola.
Per questo oggi siamo la banca più vicina ai
commercianti e agli operatori economici, la banca
di casa in oltre 100.000 famiglie, la banca amica dei
pensionati, la banca aperta ai progetti dei giovani,
la banca partner delle imprese su tutti i mercati.
Una banca aperta alle esigenze di ciascuna
persona, ogni giorno, con la stessa cura e attenzione.
Continuiamo a crescere insieme.
CASSA
DI RISPARMIO
DI LUCCA
Più vicini al vostro mondo.
Gennaio 2001 - pag. 7
Caro Giorgio,
mio padre era del 1899, battezzata poi la “classe di ferro”.
Nonostante gli fosse già morto
un fratello maggiore nella guerra del 15/18 all’età di 17 anni
venne chiamato alle armi per difendere la sua patria Italia.
Di mestiere faceva il cavatore di marmo. Ricordo benissimo che il lunedì mattina partiva da casa verso le 4 del mattino per andare a lavorare in Arni,
a piedi attraversava il monte
sopra Cardoso, scendeva giù a
Levigliani ed alle 8 in punto era
sul posto di lavoro. Ritornava a
casa il sabato sera ed il lunedì
successivo era la stessa musica.
Nel 1928 la mia famiglia si
trasferì a Montorno di Seravezza, contadini del professor Galanti, una persona molto affabile e perbene. Il babbo aveva trovato lavoro alle cave del monte
Costa alla ditta Marino ed io frequentavo le scuole elementari di
Seravezza, a quei tempi le lezioni c’erano al mattino ed al
pomeriggio e quando si usciva
dalla scuola non c’erano nè pulmino nè mamme con la macchina per riportarci a casa.
Nel 1935 andammo ad abitare alla Colombetta di Pietrasanta dove abbiamo vissuto per 17
anni senza corrente elettrica, facendo luce con la cetilene a carburo e candele, senza una strada. Si attraversava bosco e uliveti per raggiungere il primo
negozio di alimentari distante
VITA DURA ED UMILIAZIONI ALLA STROSCIA
Tre Raccomandate con ricevuta di non ritorno
venti minuti. Finalmente nel settembre del 1951 con i soldi dei
risparmi e dei sacrifici firmammo il compromesso per acquistare una casa e un fazzoletto di
terra in via Stroscia.
Nel novembre del 1952 il fiume Versilia ruppe l’argine destro allagando le campagne vicine e nei fondi della nostra casa
l’acqua arrivò 1,80 mt. di altezza: l’anno dopo, quando potemmo finalmente entrare in possesso della proprietà, i muri erano ancora umidi e muffosi, nel
campo barattoli di latta, scatole
di cartone, rami di alberi, una
capanna fatta di colonne di legno sembrava la torre di Pisa.
Occorse rimboccarsi le maniche
per rimettere un pò di ordine.
In famiglia eravamo in sei, il
più piccolo di nove mesi, la camera fu divisa con un foglio di
compensato, il gabinetto era fuori in fondo alla scala esterna. Bisognava fare degli ampliamenti,
ma il materiale da costruzione
costava caro ed i risparmi erano
finiti. Per fortuna trovai dei vicini di casa molto disponibili:
Giuseppe e Lorenzo Foffa possedevano un trattore agricolo con
rimorchio, e così andammo al
fiume presso Vallecchia a caricare ghiaia per costruire bozze.
Alla sera dopo il lavoro e la domenica impastavamo la ghiaia e
cemento costruendo bozze.
Alle “Prade” intanto tra il
1970 e il 1980 in via Olmi, a
due passi dal fiume, venne costruito un depuratore consortile
per acque nere che serve al comune di Forte dei Marmi, Pietrasanta e Seravezza, in via Puntone una fabbrica per nastrini,
ancora in via Olmi una discarica di sassi, un laboratorio di
marmo, una segheria di marmo
e un’officina meccanica. Per
raggiungere le varie ditte gli
automezzi transitavano in via
Olmi finché un giorno il comune di Pietrasanta decise di vietare il transito ai mezzi pesanti
con la motivazione che la strada era privata.
Ma come poteva essere privata una strada sempre esistita per
il passaggio di barrocci e carri
agricoli? E perché la manutenzione la fa sempre il comune di
Pietrasanta? Fatto sta che gli automezzi sono costretti a cambiare strada, transitando per la via
Cugnia dove c’è anche una scuola, tutti in via Stroscia una parte
in via Olmi ed un tratto di via
Puntone per arrivare alla fabbrica dei nastrini.
A questo punto se l’amministrazione comunale di Seravezza avesse avuto un pò di buon
senso, avrebbe allargato subito
via Puntone senza obbligare gli
automezzi a fare il giro delle
sette chiese e sarebbe stata la
LASCIATECI
PARLÀ COME SI MANGIA
Una volta era il francese la mandato al mulino dalla madre Sono ben altre le cose che ci elelingua internazionale, ora è
l’inglese; e fanno bene ad insegnarla ai ragazzi anche alle
elementari perché sicuramente
farà loro comodo durante l’esistenza. Qualche anno fa chiesi
alla mia nipote, che aveva allora una decina d’anni, cosa
preferisse per un suo compleanno e lei rispose: «Walkman».
Per chiarezza dissi: «che de’?»
e lei mi spiegò: «È la cuffia per
ascoltare la musica». Mi feci
ripetere molte volte come si
pronuncia in italiano e, in bicicletta, partii alla volta di Pietrasanta per acquistare il regalo.
Durante il tragitto ripetevo
tra me quella strana parola perché desideravo fare bella figura al momento dell’ordinazione, ma scartai l’idea quando mi
tornò in mente una fola che
ascoltavo da piccola. Narrava
le peripezie di un ragazzo,
con un sacco di granturco, ripetendo sempre: «uno staio,
uno staio» per non dimenticare che il granturco che stava
portando a destino misurava,
appunto, così.
Quando si trattò di regalare il
«Rollerblade» compresi subito
che erano pattini perché si vedono spesso in televisione, specialmente nei film americani.
Difficile invece è stato capire
cos’è un «Play Station» e mia
nipote ha dovuto faticare molto
per spiegarmelo.
A mio avviso non bisognerebbe rinnegare il nostro caro dialetto, la «favella toscana» come
diceva il Carducci, perché fa
parte delle nostre origini. Sono
le nostre radici ed è errata la
convinzione che parlare italiano (magari con qualche scerpellone come mi capita spesso di
sentire) anche con paesani e familiari, ci elevi socialmente.
vano!.
Se incominciassi a voler
parlare italiano con tutti, mi
sentirei ridicola e patetica.
Quando dico alla mia nipote,
«Ci sei ita ala dottrina?» oppure per spiegarle che una
cosa è poca le dico: «un po’
po’» lei mi fa osservare scherzosamente che è una brutta parola. Una volta mi capitò di
chiedere ad una ragazzina: «Ci
veni oggi a casa mia? Si fa la
merendella». Lei mi disse:
«Cos’è? Io le spiegai: «si piglia dele fette di pane, magari
cola nutella, eppò qualche formaggino, dela frutta, una bottiglia d’aranciata, si stende
una tovaglia sotto un’olivo, si
assediemo d’intorno e si mangia». Allora lei, con un sorrisetto di sufficienza, chiarì:
«Quella non è la merendella,
ma un picnic».
Leda Quintavalle Falasca
A PROPOSITO DI PORTI E DI EROSIONE
Chiudere Carrara e aprire La Spezia
«L’Italia –ha detto il direttore nazionale della Protezione
civile Franco Barberi– non può
rimanere il solo Paese industrializzato cieco sull’entità delle
piogge in un territorio estremamente fragile, di grande antropizzazione e ricco di beni storici e culturali a rischio. Un territorio che ha anche, ovviamente, assoluta necessità di fare prevenzione innanzitutto per la salvaguardia delle vite umane».
È vero e noi lo scriviamo dal
1966. Ma siamo ancora a rischio. E l’abbiamo rilevato anche nel numero di novembre.
Franco Barberi ha fatto il massimo possibile per ridare all’Alta Versilia una speranza di sopravvivenza. C’è però ancora
troppo da fare appunto sul piano della prevenzione. Non vogliamo ripetere quello che ab-
biamo già denunciato. Questo
mese ci interessa sottolineare
che la magistratura piemontese
ha fatto arrestare tre contitolari
di una impresa di costruzione di
Verbania per avere realizzato
escavazioni abusive nel greto
del Toce, anche fino a tre metri
sotto il livello delle acque, prelevando più di 140 mila metri
cubi di sabbia e ghiaia contro i
32 mila autorizzati.
Sono cifre che ci fanno pensare a quanto accade nel greto
del Magra. La storia dell’erosione della nostra spiaggia parte da
lì. Parte dalle escavazioni nel
Magra e dal continuo prolungamento del porto di Marina di
Carrara. Gli interessi degli industriali e degli spedizionieri
carrarini sono evidentemente
ben tutelati dal governo toscano che si proclama “progressi-
sta”. Se non fosse così, il porto
di Marina di Carrara dovrebbe
essere utilizzato soltanto come
rifugio turistico per barche e per
yacht. E perché no? E allora il
marmo?
A pochi chilometri c’è il porto di La Spezia, in grado di ospitare navi da trasporto di qualsiasi tonnellaggio. Ha un fondale
che riceveva persino le corazzate. È lì che il grande traffico
mercantile dovrebbe spostarsi.
Sarebbe l’ora.
VERSILIA
OGGI
È su Internet
www.sula.it/versiliaoggi
E-mail:[email protected]
strada più breve per arrivare a
destinazione.
O forse la via Puntone fa parte delle cose intoccabili? Un’altra osservazione da fare è questa: in via Cugnia ci sono diverse abitazioni alcune lesionate da
quando la via è transitata da
mezzi pesanti che trasportano
tonnellate e tonnellate di materiale tra sassi, blocchi di marmo e ferro in quantità mentre
in via Puntone delle abitazioni
ne esistono due o tre.
In data 23 agosto 2000 ho
mandato tre raccomandate con
ricevuta di ritorno al Prefetto di
Lucca e per conoscenza al presidente della Provincia di Lucca Andrea Tagliasacchi ed a
Lorenzo Alessandrini sindaco di
Seravezza. Ad oggi non ho
avuto risposta. Avevo scritto che
l’amministrazione comunale di
Seravezza ha progettato la costruzione di una strada sulla mia
proprietà, un campo lungo 90
mt. e largo 35 coltivabile, una
strada che non serve a niente ed
a nessuno in quanto nella zona
esistono già quattro strade di
comunicazione tra loro distanti
una dall’altra meno di un km,
ma non è tutto: il mio terreno è
assai più basso della via Stroscia e così, costruendo questa
nuova strada essa dovrà essere
portata al livello della stessa già
esistente formando nel mio
campo un poggio. Così quando
piove l’acqua resterà imprigionata nel mio terreno creando
una piscina.
Nella lettera chiedevo gentilmente una visita da parte di personale competente, a riscontro
di quello che dichiaravo, non
si è ancora visto nessuno, ma
qualcuno si presenterà certamente il momento delle elezioni per chiedere, come ha fatto il
signor Andrea Tagliasacchi, che
mi ha mandato una lettera prima delle elezioni, promettendo
mari e monti. Poi al momento
in cui un cittadino ha bisogno,
gli vanno in quel posto.
Se dovesse arrivare l’esproprio, che vuol dire “privazione
della proprietà”, viene da pensare che la mia terra verrà presa
per forza e con prepotenza, ma
credo che la forza e le prepotenza sono due cose che non
vanno d’accordo con la libertà
e la democrazia.
La spiegazione delle prime
righe di questo racconto è questa: mio padre è morto, ma se
oggi fosse sempre vivo sarebbe
contento nel vedersi togliere
una parte della sua proprietà
acquistata dopo tanti anni di
sacrifici fatti per avere un tetto
sopra la testa e un fazzoletto di
terra da coltivare senza dover
dividere con altri il frutto che
essa ci da? Eppure alla chiamata alle armi a 17 anni, alla patria rispose di si.
Angelo Silicani
IL GITARIO
di [email protected]
Percorsi ciclabili per i… non ciclisti
Nei mesi scorsi ho sempre parlato di itinerari ciclistici che,
percorrendo vie di montagna,
sono praticabili soltanto da parte di chi disponga di una bicicletta adatta e abbia un po’ di
allenamento, o quanto meno abbia voglia di fare un po’ di fatica. Ma occorre incoraggiare,
diffondere e proteggere l’uso
della bicicletta anche da parte
di tutti gli altri: anziani e bambini, invalidi e no, obesi e anoressici, pigri e troppo impegnati, turisti e indigeni, singles e accoppiati, orfani e afflitti da eccesso di genitori; insomma, tutti
ma proprio tutti, senza alcuna
esclusione. È compresa nel numero anche mia madre ottantenne, che, non fidandosi più della
bicicletta, gira con una “tricicletta” munita di ampio portapacchi sul retro, con la quale
d’estate macina chilometri ogni
giorno. Per questi ciclisti… di
serie C le amministrazioni versiliesi competenti fanno ancora
davvero troppo poco. Girare in
bicicletta o tricicletta per le vie
ombrose e le stradelle di campagna fra il mare e i piedi delle
Apuane è uno dei piaceri più
raffinati; e la Versilia può offrirlo a chiunque; ma in troppi casi
questo piacere è insidiato dall’evidenza e dalla pericolosità
del traffico automobilistico, oppure è impedito dal difetto di
quella cultura diffusa della bicicletta, che invece caratterizza
alcune tra le città più civili d’Europa, da Copenaghen ad Amsterdam, a Ferrara, a Parma.
Io conosco bene le vie del Forte; e qui ho alcune proteste e
proposte da avanzare. Una protesta, innanzitutto, per le condizioni in cui i ciclisti sono costretti
a muoversi lungo i tre chilometri di via Mazzini: la carreggiata è talmente stretta, che quando due auto si incrociano l’eventuale ciclista rischia di essere
travolto. Che cosa impedisce di
stabilire un senso unico per le
auto –come si è fatto in viale
Morin– e riservare alle biciclette una bella pista protetta? E che
cosa impedisce di creare una pista ciclabile protetta anche sul
viale Italico, nonché sulla via
Padre Ignazio, che da Vittoria
Apuana porta all’Aurelia?
Il mio sogno, poi, è quello di
una rete di percorsi nelle viuzze e
stradelle dell’entroterra, nella
quale alle biciclette non sia dato
accesso esclusivo (mi rendo conto dell’impossibilità di una simile soluzione), ma sia data una
particolare protezione, che si tradurrebbe automaticamente anche
in una protezione per i pedoni e
in una riduzione dell’inquinamento acustico, a tutto vantaggio
di chi ai lati del percorso risiede.
Lungo tutti i percorsi prioritariamente destinati ai ciclisti, per le
automobili dovrebbe essere stabilito il senso unico e un limite di
velocità di 10 chilometri all’ora,
con installazione di idonei dissuasori di velocità, dotati di varco
centrale per le biciclette; dove
possibile dovrebbe essere riservata alle due ruote una parte della carreggiata, protetta da un cordolo; appositi cartelli potrebbero segnalare la bottega del ciclaio più vicina, per le emergenze o
per il noleggio del velocipede.
Rinvio al prossimo numero la
proposta di due tracciati che si
presterebbero molto bene per la
realizzazione di questo progetto.
Pietro Ichino
Gennaio 2001 - pag. 8
QUANDO I PELLEGRINI ERAN BIRBANTI
“Luna ad limina Petri” (da
Luni a Roma per intenderci) Giubilei e pellegrini nei documenti di narrativa e di musica
popolare delle Alpi Apuane. Si
tratta di un libretto stampato a
cura dell’Accademia Initiatorum, via del Marzocco 6, Pietrasanta, con prefazione di Antonio Bartelletti che ne ha curato la pubblicazione.
Questi racconti tramandati a
memoria orale –scrive in sintesi Bartelletti– ripropongono attimi di ansia e di paura medievali. Non va dimenticata infatti
la dimensione atavica ed istintuale dei comportamenti di difesa e di conservazione. Né va
trascurato quanto sopravviva
ancor oggi di quell’eredità anche culturale. Tutto questo va
oltre la religione, “quasi che il
significato spirituale del pellegrinaggio si dissolva di fronte a
certi valori antropologici, laddove il senso del pellegrinaggio
resti quello di spostare le genti
per farle entrare in contatto.
Dalle paure si passa così agli
scontri ed alle passioni.
Nelle pagine “ninne nanne”
raccolte da “Folclore della Versilia” di Gilberto Cocci e “Invocazioni popolari” di Florio Giannini, con racconti vari intitolati
“Il gallo che va a Roma”, “Fra
Rufino, eremita e pellegrino”,
“Capitan Buco e il pellegrino”,
“Il pellegrino e il drago del monte Cavallo”, “La chiesa allargata”, fiabe e leggende. Tra i canti
popolari “Cinque ore di sonno il
viandante, sei lo studiante, otto
un corpo, nove un porco”.
Il libriccino non è in vendita.
Ne sono stati stampati solo 50
Questa ricetta l’ho rubata dal
ricettario segreto di mi’ mà.
Guai se lo sapesse! Ma da quie
’n là è le che parla. Allora:
Dopo aver messo i fagioli a
mollo dal giorno prima, prendete una cazzarola, mettete acqua
quanto basta (“l’acqua calda o
fredda, fa una sega, tanto…”)
poi buttateci i fagioli, accendete il gasse, aspettate che arivi la
Luciana, scendete le scale e andate a sedevvi sulla panca fuori
davanti casa, parlate del più o
del meno, fate la “trina” a quanti
passin dala via.
Nota, sto parlando della ricetta originale, poi ci sono le varianti: se non c’è la Luciana o
la panca da sedersi, va bene li
stesso. Van bene anco un’altra
persona e una seggiola pe’ sedessi: l’importante che non si
faccino errori di cottura rispettando scrupolosamente i tempi.
Dopo parecchio tempo, infatti, quando l’acqua è sciutta tutta e il fumo comincia a riempì
esemplari. Finale con due canti
popolari. Pellegrin che vien di
Francia e (attenti al finale…)
Pellegrin che vien da Roma.
Eccoli:
Pellegrin che vien di Francia,
Vien di Francia dal monasté:
Buonasera signor sòr oste.
L’alloggerebbe un forestié?
Volentieri l’alloggerei,
Ma non ci ho paglia né fien.
Ma ci ho solo ’na camerella.
Che ci dorme mia moglié.
Basterebbe un fil di paglia.
Tra mezzo me e lé.
La sera era da capo.
La mattina era da pié.
Pellegrin che vien da Roma
con le scarpe rotte ai pié.
Buonasera signor Oste,
ha una camera per me?
Una camera l’avrei,
ma ci dorme mia moglié.
Se lei fosse un galantuomo,
la farei dormir con lei.
Galantuomo era mio padre,
galantuomo sono me.
Per maggior precauzione,
mette in mezzo un campanel.
Mezzanotte era suonata,
campanel facea din don.
«Brutto porco pellegrino,
cosa hai fatto a mia moglié?»
– L’ho suonata e risuonata,
come s’usa al mì pae’.
Persecuzioni sui monti
Da quando ebbe inizio la persecuzione contro il signor Ennio Bazzichi per “abusi edilizi”
compiuti in località la Rocca di
S. Anna mi chiesi chi avrebbe
tratto profitto da un simile accanimento. Già dalla prima denuncia mi resi conto che gli
“abusi” erano stati scoperti per
caso dalle Guardie forestali e
venatorie. Per la verità quello
che stava facendo il Bazzichi
era noto da anni sia al comune
si Stazzema che al Parco delle
Apuane nonché a tutti gli enti
preposti alla tutela del territorio. Che il Bazzichi stava ristrutturando e ampliando gli
immobili siti in località La Rocca, lo si vide tutti anche perché
aveva installato una visibilissima teleferica per il trasporto dei
materiali.
Dov’erano allora quelle autorità? Me lo sono chiesto tante volte: forse come dice il Giusti erano in tutt’altre faccende
affaccendati. Poi si sono svegliati di botto e trascinando il
nostro compaesano fino davanti
alla Corte di Cassazione. Per
fortuna ad un certo punto gli
ambientalisti hanno fatto marcia indietro chiedendo al comune di Stazzema di procedere all’acquisizione gratuita di tutti
gli immobili. Poi loro avrebbero provveduto a gestire la questione ed al Bazzichi con il danno sarebbe sopraggiunta la beffa.
Avrei tanti commenti pepati
da aggiungere. Concluderò invitando il signor Grassi, presidente del Parco delle Apuane a
spiegare anche al sottoscritto,
in base in base a quale diritto
giuridico e istituzionale l’ente
da lui presieduto abbia permesso ai cosiddetti Verdi (politicamente Quattro Gatti) di introdurre su un territorio al 98 per
cento di proprietà privata cinghiali e mufloni che stanno distruggendo tutte quelle opere
costruite dall’uomo in più di
2000 anni: piane, poggi, sentieri e mulattiere rasi al suolo da
questi dannosissimi animali.
Angelo Verona
COME CUCINARE I FAGIOLI
la cucina, arriva la Luciana e fa:
«O Gorizia mah, si sente un
puzzo di strinato!».
– Auuh! Otio! Iffagioli! L’importante a questo punto è che
venga bene l’urlo.
Salite le scale di corsa, spengete il fornello, aprite le finestre, costatate che tutto sia strinacchiato a puntino, anco la
cazzarola, poi portate il tutto nel
cassonetto dell’immondizia,
ma, se c’è, meglio nel bidone
dei rifiuti speciali.
A questo punto, se vi è rimasta la voglia di fagioli, andate
in Pozzi all’alimentari, ma va
bene anco un’altro paese, acquistate una scatola di fagioli di
ottima marca, poi passate dal
negozio di casalinghi comprate
una cazzarola nova e tornate a
casa.
Mettete la scatola dei fagioli
a Bagno Maria sul foco e state
lì fino che ’un sono caldi, aprite
la scatola e scolate il tutto e
dopo aver messo il contenuto
nel piatto condite con olio di
frantoio. E tanto che versate
l’olio sui fagioli, prendete il telecomando in mano e strafottete coi canali della Tv fino a che
trovate la telenovela giusta. A
questo punto i fagioli galleggeranno nel piatto ricolmo ormai
d’olio fino all’orlo, aggiungete
sale e pepe quanto basta e buon
appetito.
Antonio Bandelloni
A proposito del Bandelloni,
l’altro mese ci raccontò la storia di sua moglie Gabriella e
dell’aquila ferita. Al Parco
l’hanno presa male ed hanno
pubblicato una precisazione che
B.C.C. VERSILIA INFORMA
Web con la Banca della Versilia
La Banca di Credito Cooperativo della Versilia per essere al passo con i tempi della
new economy si presenta nel
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Nelle nuove pagine del sito
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può tenere informati sui nuovi
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della Banca di Credito Cooperativo della Versilia studiano per soddisfare le esigenze
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Tra le pagine web disponibili spiccano quelle sulle filiali della banca, sull’area selfservice e gli accessi ai nuovi
servizi telematici della Banca
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Direttamente dalla home
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che permette di operare in tempo reale sui mercati finanziari
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Altro link importante per la
clientela della Banca di Credito Cooperativo della Versilia è quello con cooperbank
una piattaforma di servizi telematici che portano la Banca
di Credito Cooperativo della
ha letto anche il nostro direttore. Tra le altre cose il funzionario “addetto” sostiene che la telefonata della Gabriella non
sarebbe pervenuta al centralinista: «Visto che, poi, alla fine
Lei al Parco non ha telefonato
(e questo noi lo possiamo confermare), la sua domanda rimarrà ancora e per chissà
quanto tempo inevasa. Per
quanto ci riguarda, invece, e
tanto per essere chiari, diciamo
subito che spesso veniamo chiamati in soccorso di animali feriti ed altrettanto spesso interveniamo e, talvolta anche con
successo, dal momento che
l’animale viene salvato. Pertanto se alla signora Giannetti preme ancora darsi una risposta,
se avrà voglia di venirci a trovare, saremo ben lieti di spiegarle ed illustrarle a che cosa
serve il parco».
Speriamo che la moglie di
Antò, adesso al Parco ci vada
di persona. Del telefono, spesso, c’è poco da fidarsi.
Versilia direttamente nelle
case di tutti i clienti.
Tra i servizi offerti da Coopernet spicca il Coopernet Famiglia il nuovo internet
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possono avere sotto controllo
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Coopernet Impresa è un
servizio che consente di effettuare le principali operazioni
bancarie direttamente dall’impresa, dall’ufficio o comodamente dalla poltrona di
casa.
Infine Copertel consente di
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proprio conto corrente da
qualsiasi telefono, 24 ore su
24, sette giorni su sette, da
qualsiasi parte di Italia al costo di uno scatto.
La Banca di Credito Cooperativo della Versilia augura una buona “navigazione” nei nuovi servizi web e un
sereno 2001 a tutti i lettori.
Http://www.bccversilia.it
a cura della Banca
di Credito della Versilia
Ciao Beppino
Profondo cordoglio ha suscitato la notizia della morte improvvisa di Giuseppe Dati,
«Beppino» per gli amici, nota
figura di proprietario e gestore
di cinema. Aveva 77 anni. L’attività di «Beppino» era iniziata
con il padre Giulio ed il fratello
Enzo nella conduzione del cinema Splendor, in via Oberdan
e del cinema Centrale, in via
Mazzini. Poi, alla morte del padre, aveva proseguito con il fratello Enzo, con il cinema Aurora sul viale Apua, a Fiumetto.
Giuseppe Dati era benvoluto
e amato dai moltissimi pietrasantini e dai numerosi villeggianti
che frequentavano le sale cinematografiche e che trovavano in
lui un amico con una carica di
simpatia e di bontà.
Lascia nel dolore la moglie Carla Barsanti, i figli Michele e Stefano, il fratello architetto Ilo, ed i
parenti, ai quali esprimiamo le sentite condoglianze di Versilia Oggi.
BANCA DI CREDITO COOPERATIVO
DELLA VERSILIA
Capitale e fondi patrimoniali Lit. 90.143.774.213
Sede in Pietrasanta - via Mazzini 80 - tel. (0584)7371
Agenzie:
Pietrasanta - via Monginevro 16 (loc. IARE) - tel (0584)793334
Marina di Pietrasanta - via Donizetti 20 - tel. (0584)745777
Ripa di Versilia - via De Gasperi 123 - tel. (0584)767153
Capezzano Pianore - via Sarzanese 121 - tel. (0584)915025
Forte dei Marmi - via IV Novembre 4 - tel (0584)82752
Stiava - via Matteotti 52 - tel. (0584)970094
Pontestazzemese - piazza Europa 1 - tel. (0584)775031
Una presenza cooperativa in Versilia

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