Copia di Yves Bergeret

Transcription

Copia di Yves Bergeret
YVES BERGERET
POEMA DELL’ETNA
Nota critica di FRANCESCO BARRESI
Traduzione di AURELIO e MIRELLA VALESI
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Quaderni di Traduzioni, XI, Novembre 2011
Yves BERGERET / Aurelio e Mirella VALESI
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(Immagine fotografica di Giampaolo De Pietro)
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Francesco Barresi
La poesia pagana di Yves Bergeret
Parole, natura, uomo: una triade felice di Yves Bergeret, poeta francese e
instancabile esploratore del mondo che ha esordito con varie pubblicazioni, in
prosa e poesia, negli ultimi tempi, rivelandosi una novità emergente per le sue
sperimentazioni poetiche.
Le sue recenti pubblicazioni contano opere come Si la montagne parle (Voix
d’encre, Montélimar 2004), Montagne e parola (Gangemi, Roma 2005), La Maison des
peintres de Koyo (Voix d’encre, Montélimar 2007), Il mare parla/La mer parle (“I
Quaderni di Leggerete”, 2007, a cura di Biagio Guerrera e Giovanni Miraglia),
confermando la sua attitudine al confronto con il paesaggio, e in particolar modo
con quello montano; la montagna è infatti un privilegiato luogo delle sue mete e
della sua ricerca poetica. Spesso i suoi viaggi prevedono performances particolari,
servendosi della collaborazione di musicisti per valorizzare il significato evocativo
della sua poesia, una felice comunione che sembra riproporre gli antichi rituali
primitivi con cui si celebravano le forze della natura. Una semplice lettura a
tavolino dei suoi testi sarebbe riduttiva perché la poesia di Bergeret non è fatta per
essere letta e consumata nei luoghi dell’anima ma per essere esibita in ampi spazi
aperti, per ristabilire un dialogo antico tra la natura e l’uomo in una ricerca
inesauribile di tutte le forze primordiali del mondo e dell’uomo, riproponendo una
sacralità antica con il veicolo della poesia. È un poeta che ha viaggiato molto (Mali,
Cipro, Guyana, Martinica, Sahel): la sua professione di fede nella poesia lo pone
come ricercatore in vari luoghi del mondo e tra questi la Sicilia, dove ha collaborato
con il ceramista di Caltagirone Andrea Branciforti e, a Noto, con gli artisti Pia
Scornavacca e Carlo Sapuppo. Il felice incontro con la ricca civiltà siciliana ha
prodotto il suo “Poema dell’Etna”, un lungo componimento e insieme una
celebrazione del grande vulcano, in cui Bergeret da prova della sua langue espanse, in
una ricerca poetica in cui tutti i segni dello spazio appartengono alla lingua, quindi
in un approccio teorico e pratico vissuto all’insegna di una forte relazione con il
mondo.
La sua è una liturgia atea, contemporanea, pagana, che valorizza la natura come
luogo sacrificale per la sua poesia e come unica deità da venerare, affinché le sue
parole possano rivelare l’energia intrinseca e dimenticata della natura con l’ausilio
della musica e in particolare degli strumenti a percussione. Proprio per questo
Bergeret definisce la sua poesia “geologica”, perché la sua ricerca poetica mira a
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riproporre un’unità originaria tra la terra e il cielo, tra le forze primordiali della
natura e la forza evocativa delle sua poesia-liturgia, come ben dimostra
l’interpretazione metaforica dell’Etna. «Il vulcano – afferma Bergeret – è la violenza
dell’origine, come se il dito di Dio si fosse impresso nella terra e la terra avesse
cercato di trattenerlo e da qui è nato l’Etna, una forza di distruzione non pacificata
come l’uomo che abita le sue pendici, tra lo stupore dei suoi fiotti di lava e la paura
di una distruzione imminente». “Persona che pone un segno” si definisce Bergeret,
proprio come i segni che ricerca e che ha impresso sulla pietra lavica con il pennello
intinto nell’inchiostro durante la sua “escursione”, una chiara dimostrazione della
sua ricerca di un dialogo tra la natura e la poesia in cui quest’ultima è un tramite
privilegiato e una chiave d’accesso del suo itinerarium di poeta e di uomo nel mondo.
(Tratto da :
http://costruttiva-mente.blogspot.com/2010/12/la-poesia-pagana-di-yvesbergeret.html
per gentile concessione del sito «CriticaMente»:
http://costruttiva-mente.blogspot.com/)
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Yves Bergeret
Poème de l’Etna
(Poema dell’Etna)
24 mars 2010
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1
Ombre du vent
Sur le torse sans tête du volcan
voici que le vent
dépose son écharpe.
De la mer au loin,
le vent vient poser
ce que dans le plus grand désespoir
lui ont tissé les affamés,
le vent vient déposer
ce que dans la plus belle illusion
lui ont tissé, écharpe sombre,
les jeunes bâtisseurs d’outre la mer.
Et sur les laves le vent laisse
comme une écharpe
le baume énigmatique de son ombre.
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1
Ombra del vento
Sul torso senza testa del vulcano
ecco che il vento
posa la sua sciarpa.
Da lungi sul mare
il vento ha posato
quanto nella disperazione più grande
gli hanno intessuto gli affamati,
il vento ha depositato
quanto nella più bella delle illusioni
hanno tessuto, fascia scura,
i giovani costruttori d’oltremare.
E sulle colate di lava il vento abbandona
come una fusciacca
il balsamo enigmatico della sua ombra.
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2
Fracas de la pierre
La pierre casse
sous le poing d’un vieux dieu aveugle
qui croit exister.
La pierre casse
et tombe par morceaux des deux côtés de la vie.
La pierre casse
et en tombant racle le fond de la question
que tu aurais tant voulu poser
si tu avais eu les mains libres.
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2
Fragore della pietra
La pietra si infrange
sotto il pugno di un vecchio dio cieco
che crede di esistere.
La pietra si sgretola
e cade a pezzi dai due versanti della vita.
La pietra si frantuma
e cadendo raschia il fondo della domanda
che tu tanto avresti voluto porre
se avessi avuto le mani libere.
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3
Deuil de l’horizon
Accepte, volcan,
la terre et la mer
qui veulent remonter jusqu’à ta bouche
et s’y engloutir.
Ecoute, volcan,
l’horizon orphelin
qui ne sait plus choisir
entre fuir et prier.
Redonne, volcan,
à l’horizon les jambes qui lui manquent
et à la mer la légende entière
où chacun trouve son rôle avant la cécité.
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3
Il dolore dell’orizzonte
Accetta, vulcano,
la terra e il mare
che vogliono rimontare fino alla tua bocca
e farsi inghiottire.
Ascolta, vulcano,
l’orfano orizzonte
che non sa più scegliere
fra la fuga e la preghiera.
Ridai, vulcano,
all’orizzonte le gambe che gli mancano,
e al mare l’intera leggenda
dove ognuno trova il suo ruolo prima della cecità.
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4
Querelle du nuage
“Je suis, dit le nuage,
ce qui s’évapore au moment des meurtres
et au moment de l’accouchement.
Je voudrais revenir m’affaler sur la pente du volcan
et m’endormir dans la paix qui m’échappe.
Je suis l’énervement
de ce qui n’aboutit pas et reste informe,
le poids de l’ombre double,
l’ancrage du placenta,
l’ultime supplication.”
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4
La disputa della nuvola
Io sono, disse la nuvola,
quella che evapora nel momento dei delitti
e nel momento del parto.
Vorrei tornare a calarmi sul fianco del vulcano
e addormentarmi nella pace che mi sfugge.
Sono il nervosismo
di ciò che non si conclude e resta informe,
il peso dell’ombra doppia,
l’ancoraggio della placenta,
l’ultima supplica.
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5
Aveu de la cendre
Si elle le pouvait
voici ce que dirait la cendre:
“milliards et milliards de particules,
je n’existe que dans l’extrême éparpillement;
ma combustion m’a privé de bouche et d’unité
et de contour et de vision et de tout.
Je suis vestige du somptueux sacrifice.
Sacrée, sacrée, sacrée,
je suis le murmure à jamais muet
des milliers de générations d’hommes et de femmes
déjà consumés sur les bûchers des grands âges,
des guerres et des famines.
Infime, je porte en toute pente
et jusqu’aux rives de la mer
l’aveu de ceux qui sont morts et ne se résignent
que dans le chant du vent
à n’avoir jamais assez accueilli l’étranger”.
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5
Confessione della cenere
Se potesse
ecco ciò che direbbe la cenere:
“miliardi e miliardi di particelle,
non esisto che nell’estremo disperdersi;
la combustione mi ha privato di bocca e di unità
e di contorno e di visione e di tutto.
Sono vestigia del sontuoso sacrificio.
Sacro, sacro, sacro
sono il mormorio che non tace mai
delle migliaia di generazioni di uomini e donne
già consunte sui roghi delle grandi epoche,
delle guerre e delle carestie.
Infima, io porto per ogni china
e fino alla riva del mare
la confessione di coloro che sono morti e non si rassegnano
che nel canto del vento
di non avere mai abbastanza accolto lo straniero”.
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6
Génuflexion de la mer
Sous son grand éclat de lumière
la mer s’enfonce, se ronge.
Se saigne, s’oublie.
S’étale et s’écarte
à mesure que le volcan croît.
Se rétracte et expirant
redemande au volcan souffle
pour apporter les prochaines barques d’étrangers.
Se rétracte et expirant
redemande au volcan
un peu plus d’humanité.
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6
Genuflessione del mare
Sotto il suo grande bagliore di luce
Il mare sprofonda, si erode.
Si dissangua, si oblia.
Si allunga e si distende
a misura che il vulcano cresce.
Si ritrae e dissolvendosi
richiede fiato al vulcano
per portare le prossime barche di stranieri.
Si ritrae e dissolvendosi
richiede al vulcano
un po’ più d’umanità.
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7
Main du soleil
C’est ici que le soleil a planté son index
dans notre terre dure.
Puis l’a retiré dans un grand hurlement des pentes
et des forêts qui ne supportaient pas cet arrachement
et tentaient de l’annuler en s’élevant.
Trop proche soleil,
celui de la connaissance absolue
si abrupte et si pénétrante qu’elle aveugle.
En plongeant son regard
par le trou qu’il a laissé
on voit vibrer le placenta de la mer
et le placenta de notre frère immortel
dont il est impossible aujourd’hui de savoir
s’il sera meurtrier ou sauveur.
Par le trou du cratère enfumé
dans le sens inverse la connaissance nous voit.
Et nous voyant s’esclaffe et pleure.
Puis éprouve de l’espoir,
fragilement.
Voilà pourquoi sur le volcan
le soleil n’est jamais loin,
et même sur le point de revenir
pour cette fois nous tendre la main.
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7
La mano del sole
E’ qui che il sole ha fatto penetrare il suo indice
nella nostra terra dura.
Poi l’ha ritirato tra un grande urlo dei pendii
e delle foreste che non sopportavano quello strappo
e tentavano di annullarlo innalzandosi.
Sole troppo vicino,
quello dell’assoluta conoscenza
così aspro e così penetrante da accecare.
Immergendo il suo sguardo
attraverso il foro che ha lasciato
si vede vibrare la placenta del mare
e la placenta del nostro immortale fratello
di cui oggi è impossibile sapere
se sarà l’assassino o il salvatore.
Attraverso il foro del cratere affumicato
in senso inverso la conoscenza ci vede.
E vedendoci scoppia in una risata e piange.
Poi avverte la speranza,
fragilmente.
Ecco perché sul vulcano
il sole non è mai distante,
e persino sul punto di ritornare
per questa volta ci tende la mano.
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8
Message dans la cendre
L’abeille dans son chant,
le martinet dans son vol,
le maigre pollen dans son espoir
et moi dans mon tâtonnement
recommençons chaque printemps
à chercher dans la cendre
les syllabes pour recomposer les mots.
Cherchons, cherchons.
Trouver des membres de phrase n’est pas impossible.
Ou des mots dans plusieurs langues: ainsi Linguaglossa,
ainsi Mongibello.
Les années des grands cataclysmes
on peut même relever des verbes
comme “transmettre, braver, rompre, naître”.
“Ressusciter” est très rare:
c’est que la cendre n’est pas assez naïve.
Pourtant un matin juste avant l’été
j’ai trouvé en pleine cendre une petite pierre ponce biface:
c’était “aimer”: une face “déchirer”, l’autre face “accueillir”.
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8
Messaggio nella cenere
L’ape nel suo canto,
il rondone nel suo volo,
il sottile polline nella sua speranza
ed io nel mio brancolare
ricominciamo ogni primavera
a cercare nella cenere
le sillabe per ricomporre le parole.
Cerchiamo, cerchiamo.
Trovare dei brani di frase non è impossibile.
O delle parole in diverse lingue: come Linguaglossa,
come Mongibello.
Negli anni dei grandi cataclismi
si possono persino raccogliere dei verbi
come “trasmettere, sfidare, rompere, nascere”.
“Resuscitare” è molto raro:
il fatto è che la cenere non è abbastanza ingenua.
Tuttavia un mattino proprio prima dell’estate
ho trovato nel bel mezzo della cenere una piccola pietra pomice a doppia faccia:
era “amare”: un lato “straziare” l’altro “accogliere”.
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9
Feu sous le pied
Comme je marchais sur la dernière coulée de lave
la tiédeur baisait mes pieds.
Baiser de foudre fourbe ou baiser de folle.
Folle pour qui calciner est aimer.
Je voyais ainsi toute la beauté rituelle
du grand sacrifice qui met à feu et à sang;
et répare.
Et restaure à grands coups brûlants
la frêle harmonie du monde.
Mais cela n’est supportable
qu’en marchant dans le rythme de ce rite
qu’en écho redonne la pente tiède
ou le poème qu’ici je dis.
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9
Sotto il piede il fuoco
Mentre camminavo sull’ultima colata di lava
il tepore baciava i miei piedi.
Bacio di folgore scaltra o bacio di folle.
Folle poiché calcinare è amare.
Vedevo così tutta la rituale bellezza
del grande sacrificio che mette a ferro e fuoco;
e ripara.
E restaura con grandi brucianti colpi
la fragile armonia del mondo.
Ma ciò non è sopportabile
che camminando al ritmo di questo rito
che ci rimanda l’eco del tiepido pendio
o le rime che qui io dico.
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10
Deuxième fracas de la pierre
La pierre casse
sous le pas des dieux qui s’enfuient en courant.
La pierre casse
et par ruse et rage
tombe à grands cris
entre les mots de ma phrase claire
qui va parmi les pentes.
La pierre casse
et par morceaux roulant dans la pente
cisaille le chemin par où monte l’étranger.
La pierre casse
et sème les empreintes de ses rebonds dans la cendre,
commençant le dialogue que je cherche.
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10
Secondo fragore della pietra
La pietra si infrange
sotto il passo degli dei che fuggono correndo.
La pietra si spacca
e per astuzia e rabbia
cade con alte grida
tra le parole della mia chiara frase
che si disperde per i declivi.
La pietra si infrange
e a pezzi rotolando per il pendio
cesella il cammino da cui sale il forestiero.
La pietra si frantuma
e semina le impronte dei suoi balzi nella cenere,
dando inizio al dialogo che cerco.
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11
Vide dans la masse
Eux aussi ont laissé leurs empreintes dans la cendre
et dans la longue rumeur du vent dans les vallons,
eux, les héros divers qui grimpèrent au sommet,
se jetèrent dans le cratère
en ne laissant qu’une sandale sur son bord,
luttèrent contre la lave et le feu,
projetèrent des roches entières dans la mer.
Mais après son grand cri de rage, de folie, d’abnégation,
chacun d’eux s’est retiré
en laissant vide et creux le volume de son corps;
et les voici essaimés, les héros, en grottes,
failles, cavernes, et l’exclamation mirobolante
de leurs bravoures et de leurs récits
a insufflé dans la lave et dans la pierre ponce
les bulles d’air par myriades
qui me rendent le cheminement très étrange.
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Il vuoto nella massa
Anche loro hanno lasciato le loro impronte nella cenere
e nel prolungato rumore del vento nei valloni,
loro, i diversi eroi che ascesero la cima,
si gettarono nel cratere
non lasciando che un sandalo sul suo bordo,
lottarono contro la lava e il fuoco,
scagliarono rocce intere nel mare.
Ma dopo il suo grande grido di rabbia, di follia, di abnegazione,
ciascuno di essi si è ritirato
lasciando vuoto e cavo il volume del suo corpo,
ed eccoli sciamare, gli eroi, in grotte
faglie, caverne, e l’esclamazione mirabolante
della loro bravura e delle loro narrazioni
ha insufflato nella lava e nella pietra pomice
bolle d’aria a miriadi
che mi rendono il cammino molto strano.
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Insatisfaction faute d’étranger
L’origine mais la mort.
Le volcan se lamente
et se gonfle.
Porter la vie,
brasser la vie.
Crier et gémir.
Gronder et tonner.
Pas de langue,
pas de phrase
mais la boursouflure qui enfle le torse
sans arriver à se dire ni à nommer ce qu’elle est.
Le désarroi qui n’aboutit jamais
et traînasse dans son propre bruit
sans arriver jamais à accueillir l’étranger
sans lequel vivre et parler ne se peuvent.
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Insoddisfazione in assenza dello straniero
L’origine ma la morte.
Il vulcano si lamenta
e si gonfia.
Portare la vita,
rimescolare la vita.
Gridare e gemere.
Rumoreggiare e tuonare.
Niente lingua,
niente fraseggiare
ma l’ampollosità che gonfia il torso
senza arrivare a definirsi e a nominare ciò che è.
Lo smarrimento che mai non finisce
e che si trascina nel suo proprio rumore
senza mai arrivare ad accogliere lo straniero
senza il quale non si può vivere e parlare.
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Rupture des racines
D’une main de feu,
d’un poignard chauffé à blanc
il coupe les ruisseaux et les racines;
il décime, il dégorge, il détoure.
Il grommelle entre sens et non sens
coupant toujours la phrase
là où elle s’infléchit
pour s’élancer vers toi qui me répondrais.
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13
Rottura delle radici
Con una mano di fuoco
con un pugnale incandescente
taglia i ruscelli e le radici;
decima, riversa, devia.
Borbotta tra senso e nonsenso
sempre interrompendo la frase
dov’essa si flette
per lanciarsi verso di te che mi risponderesti.
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14
Continuité de la parole
Mais tous les matins la parole
à tire-d’aile revient sur le volcan,
infatigable migratrice depuis le fond des âges,
remontant telles brindilles dans son bec les bribes de récit
des vieux héros, des jeunes chanteuses,
des athlètes aux rides profondes
et des habitants se cognant aux angles des villes.
Tous les jours se renouent les fils de la conversation ininterrompue
que d’un violent coup d’épaule essaye de déchirer le volcan.
Tous les matins la parole sur le volcan s’étend
comme l’air sur la mer.
Tous les jours la parole s’étend
sur le rebelle qui la pourchasse,
mais elle l’enrobe dans encore d’autres mythes
où la violence apprenne à cueillir des fleurs mauves.
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14
Continuità della parola
Ma ogni mattina la parola
a tiro di schioppo ritorna sul vulcano
infaticabile migrante dal fondo delle ere,
rimontando come ramoscelli nel suo becco i frammenti di racconti
di vecchi eroi, di giovani cantatrici
di atleti dalle rughe profonde
e degli abitanti che si scontrano agli angoli della città.
Tutti i giorni si riannodano i fili della conversazione interrotta
che con un violento colpo di spalla tenta di dilaniare il vulcano.
Tutte le mattine la parola sul vulcano si stende
come l’aria sul mare.
Tutti giorni la parola si diffonde
sul ribelle che la insegue.
ma essa ancora l’avvolge in ancora altri miti
dove la violenza apprenda ad accogliere fiori color lilla.
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15
Fable par la pente
Entre les petits cratères de basse pente
jeune renard file
et jongle avec la lune.
Ronchonnant lichen
agrippe par l’ouest toute roche
qui l’émeut.
Pierres levées
comme des mains aux doigts crochus
grattent les cordes du vent.
Sur la râpeuse lave
semelle du marcheur
s’émiette en riant aux éclats.
Douce couleuvre rêve
entre les petits cratères de basse pente
et jongle avec la cendre qui sonne.
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15
Favola per il pendio
Tra i piccoli crateri del basso pendio
una giovane volpe passa veloce
e fa giochi di destrezza con la luna.
Il lichene borbottando
ghermisce all’ovest ogni rupe
che la coinvolge.
Pietre sollevate
come mani dalle dita adunche
grattano le corde del vento.
Sulla rasposa lava
la suola del camminatore
si sbriciola con scoppi di risa.
Una dolce biscia sogna
tra i piccoli crateri delle falde del declivio
e gioca con destrezza tra la cenere che risuona.
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16
Appel par le son
Tu as appris il y a trois mille ans
à tendre la peau de la chèvre sacrifiée
sur le cercle de bois.
Tu poses le tambour devant toi,
assis sur la cendre.
Tu frappes un son très clair
où s’empilent des syllabes sacrées
se dressant en colonne
qui grimpe jusqu’à l’étoile de midi.
Ici le volcan fronce ses sourcils
car tu le provoques.
Le son t’aspire et tu n’existes plus qu’en lui.
Le volcan se resserre sur lui-même.
Je n’écoute plus car le son m’aspire
et me disperse dans le cœur battant du vent.
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16
Appello con il suono
Tu hai appreso tremila anni fa
a tendere la pelle delle capre sacrificate
sul cerchio di legno.
Tu posi, il tamburo davanti a te,
seduto sulla cenere.
Tu batti un suono molto chiaro
dove s’ammucchiano delle sillabe sacre
che s’innalzano in una colonna
che si arrampica fino alla stella di mezzogiorno.
Qui il vulcano aggrotta le sopracciglia
poiché tu lo provochi.
Il suono ti aspira e tu non esisti più che in lui.
Il vulcano si rinserra in se stesso.
Non ascolto più perché il suono mi aspira
e mi disperde nel cuore palpitante del vento.
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17
Cisaillement et nomination par le son
Salut, son du tambour
qui ôtes au monde la verticale et l’horizontale
et libères le volcan sur la rive de la tendresse sauvage.
Salut, son du tambour
qui assieds le volcan sur les genoux du meurtre
et me délies dans le versant lumineux de la parole.
Salut, son du tambour
qui ignores la pitié
et m’assieds sur la plage
à côté de l’origine de mon nom.
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17
Forbiciata e nomina da parte del suono
Salve, suono del tamburo
che togli al mondo la verticale e l’orizzontale
e liberi il vulcano sulla riva della selvaggia tenerezza.
Salve, suono del tamburo
che siedi il vulcano sulle ginocchia del delitto
e mi sciogli nel versante luminoso della parola.
Salve, suono del tamburo
che ignori la pietà
e mi deponi sulla spiaggia
a lato dell’origine del mio nome.
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18
Plusieurs fois le poème
Marchant dans la pente
par les laves et les cendres
j’entends le volcan hurler son effort
et le tambour lui clamer son espoir.
Marchant par les villes et les rives
j’entends au loin le volcan gronder
et le tambour rassurer les dieux en sommeil.
Marchant dans la pente
par les laves et les cendres
j’entends le souffle alterné du volcan
et du tambour que frappe la main des dieux.
Marchant dans la pente
entre la violence et l’invocation,
j’entends la reprise sans répit
des vers de mon poème
qui va dans les pas du tambour
très près de la joie du soleil.
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18
Sovente la poesia
Camminando per il pendio
tra le lave e le ceneri
sento il vulcano urlare il suo sforzo
e il tamburo proclama la sua speranza.
Camminando per le città e le rive
intendo lontano brontolare il vulcano
e il tamburo rassicurare gli dei nel sonno.
Camminando per il pendio
tra le lave e le ceneri
avverto il soffio alterno del vulcano
e del tamburo che batte la mano degli dei.
Camminando per il pendio
Tra la violenza e l’invocazione,
intendo la ripresa senza tregua
dei versi del mio poema
che procede al passo del tamburo
vicinissimo alla gioia del sole.
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Poeta plastico, Yves Bergeret, nato nel 1948, vive fra la Drôme e Parigi. Le sue
pubblicazioni, a partire dal 1978, tanto in poesia che in prosa, esplorano gli spazi in
turbolenza: montagne giovani, arcipelaghi instabili, villaggi del Sahel, vulcani. Le sue
ricerche danno luogo a libri, performances, installazioni ed esposizioni che realizza
insieme ad artisti popolari da lui definiti “poseurs de signes”, o artisti plastici. E’ in
tal modo che egli crea dei «poèmes-peintures» su carta o su tessuto, il cui formato
può arrivare a 6 metri per 10.
Principali realizzazioni recenti:
- Méditerranée, con il compositore Faidros Kavallaris, Centro d’Arte Porte de
Famagouste, Nicosie, 1998.
- Fer, feu, parole, pubblicazione e undici «installazioni» dai piedi alla cima della
Montagne Pelée, Martinique, aprile 1999.
- La Langue de Barbarie, “performances”, publicazione ed esposizione al Musée du
Centre de Recherche et de Documentation de Saint-Louis du Sénégal, febbraio
2000; esposizione ripresa al Centre Wallonie-Bruxelles, Paris, novembre 2000.
- Oriflammes vodou, transes et signes, esposizione al Musée national des Arts et
Traditions Populaires, Paris, autunno 2000.
- “Installazioni” sulle montagne desertiche di Koyo, Yuna, Douki, Barkoussi e
Banaga, nord-est del Mali, febbraio & luglio 2001; febbraio & agosto 2002;
febbraio, luglio e ottobre 2003; febbraio, agosto & ottobre 2004; febbraio & luglio
2005; luglio 2006; febbraio & luglio 2007; febbraio & agosto 2008; febbraio &
luglio 2009.
- Signes et Levées de Pierres, esposizione al Musée du Peuple Galicien, Saint-Jacques
de Compostelle, ottobre 2001, e Musée de la Province de Lugo, novembre 2001.
- Installations, 6 «poèmes-peintures» su tessuto, 10 su carta, a Soisson-la-montagne,
a Wharf Jérémie, Port-au-Prince, Haïti, gennaio 2002.
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- Tout un monde lointain, installazione di 16 bandiere «poèmes-peintures» e poesie su
18 grandi strisce di legno di noce, piazza de l’Evêché, Die, marzo 2002.
- Converger vers la nuit, salle Musicatreize, Marseille, gennaio 2004.
- Montagne e parola, Museo Nazionale Preistorico e Etnografico Pigorini, Roma, da
giugno a ottobre 2005.
- Parole di terracotta, “performances” con quattro ceramisti ed esposizione,
Caltagirone, Sicilia, aprile 2006.
- Il mare parla, con ceramiche di Andrea Branciforti, Catania poi Venezia, aprile e
maggio 2007.
- Verba/imagines, installazione con Carlo Sapuppo, grotte Eroa, Noto Antica, Sicilia,
agosto 2007.
- L’île parle, con una creazione musicale di Enrico Ciullo e Marina Borgo, Catania,
Sicilia, febbraio 2010.
- Poème de l’Etna, con una creazione musicale di Enrico Ciullo, Catania, Sicilia,
ottobre 2010.
- Journal de l’Estrop, (scrittura & performances su una cima delle Hautes-Alpes) con
il filosofo Mathieu Berthaume & il paleontologo Alexandre Delorme, luglio 2011.
(Oltre a numerosi articoli e prefazioni), ultime pubblicazioni:
- Le voyage en Islande, éd. Alidades, Thonon-les-Bains, 1989.
- Poèmes de Prague, éd. Le temps qu’il fait, Cognac, 1992.
- Mains silencieuses, éd. U E C, Nicosie, 1994.
- Guyane, des espaces et des hommes, éd. A Die, Die, 1998.
- Des Lettres en Guyane, éd. Passages d’encre, Paris, 1999.
- La Langue de Barbarie, éd. Langue et Espace, Paris, 2000.
- Damier, espace du désert et de la montagne au Mali, éd. Langue et Espace, Paris, 2000.
- Mouvements de damier, éd. Langue et Espace, Paris, 2001.
- Et d’ailleurs, éd. La Fabrique, Marseille, 2002.
- Loquace, éd. Wigwam, Rennes, 2003.
- Si la montagne parle, éd. Voix d'encre, Montélimar, 2004.
- Montagne e parola, éd. Gangemi (bilingue), Roma, 2005.
- Cadastre et mailles, éd. IUFM de Bretagne, Vannes, 2005.
- La Maison des Peintres de Koyo, éd. Voix d’encre, Montélimar, 2006.
- Poèmes souvent marins, con incisioni di Maya Mémin, éd. Rue de Léon, Rennes,
2007.
- La mer parle, éd. Leggerete (bilingue ; collezione Scripta Volant), Catania (Sicilia),
2007.
- Et danse la montagne, éd. Médiathèque Christine de Pizan, Poissy, 2008.
- L’image ou le monde, églises peintes de Chypre, bilingue, éd. CCF, Nicosie (Chypre),
2008.
- Dessin, con disegni di François de Asis, éd. Fata Morgana, Montpellier, 2008.
- La main de l’horizon, con chine di Robert Groborne, éd. Æncrages & co, Baume les
dames, 2009.
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- Signes et Levées de Pierres, con Anxo Fernandez Ocampo, éd. Université de Vigo,
Espagne, 2009.
- La parole en œuvre, con disegni di 6 pittori Dogon, éd. Galerie Accrosonge, Paris,
2009.
- Un étranger vient voir Ogo ban, con disegni di 6 pittori Dogon, éd. Aencrages & co,
Baumes les dames, 2010.
- Voi siete qui, con lo scultore Carlo Sapuppo, éd. Sinapsi, Catania, Sicilia, 2010.
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Francesco Barresi nasce nel 1987 a Caltagirone (CT). Frequenta la scuola media
“G. Arcoleo” ed entra nell’omonima orchestra scolastica diretta dal maestro Sabino
Napolitano rimanendovi per nove anni, partecipando a numerose esecuzioni
concertistiche in Sicilia e in Italia. Nel Maggio 2003 partecipa al concorso “Third
European Meeting of Young Artists School Festival of Music, Theatre and Cinema” a
Pachino; nell’Aprile 2005 partecipa a Comiso al “7° Concorso Nazionale Musicale e 7ª
Estemporanea di Pittura” e gli viene conferito il diploma di merito in tastiera.
Conseguito il diploma presso il Liceo Classico “B. Secusio” di Caltagirone nell’anno
2005/2006 si iscrive alla Facoltà di Lettere e Filosofia di Catania scegliendo il corso
di studi in Lettere Moderne. Nel 2007 collabora con il mensile “L’Inchiostro”
stilando vari articoli d’argomento politico e letterario. Nel 2007 e nel 2009 partecipa
al concorso di traduzione “William Sharp”. Nel 2009 collabora per breve periodo a
“Step1”, periodico telematico d’informazione della facoltà di Lingue e letterature
straniere di Catania. Nel Giugno 2010 partecipa al “IX corso di Teoria e Tecniche del
linguaggio giornalistico” indetto dal gruppo Medianet, seguendo le lezioni di Vittorio
Romano (giornalista presso “La Sicilia”) e Assia La Rosa (giornalista e fondatrice
della redazione “I Press”). Attualmente è socio della “Dante Alighieri” di Catania e
collaboratore del portale di Filosofia e Teoria delle Scienze Umane “CriticaMente”
fondato dal prof. Federico Sollazzo ed è in procinto di pubblicare una tesi sul poeta
caltagironese Domenico Marino.
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(Quaderni di traduzioni, XI, Novembre 2011)
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