GUIDA ALLA REDAZIONE DEL Business Plan

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GUIDA ALLA REDAZIONE DEL Business Plan
GUIDA ALLA REDAZIONE DEL
Business Plan
Dall’idea al progetto esecutivo
CORSO DI ECONOMIA APPLICATA ALL’INGEGNERIA
Anno Accademico 2013/2014
Lezione 3
INDICE
1.
IL BUSINESS PLAN ............................................................................................................................... 3
La funzione del Business Plan.................................................................................................................. 3
Consigli per la predisposizione ................................................................................................................. 5
2. L’EXECUTIVE SUMMARY .................................................................................................................... 6
3.
IL PROGETTO ........................................................................................................................................ 7
Caratteristiche del Progetto ....................................................................................................................... 7
Obiettivi e Risultati ...................................................................................................................................... 7
Tempi ............................................................................................................................................................ 8
4. L’IMPRESA .............................................................................................................................................. 9
Descrizione dell’impresa ............................................................................................................................ 9
L’Organizzazione ed il Management ..................................................................................................... 10
5. IL MERCATO DI RIFERIMENTO ....................................................................................................... 11
Il mercato target ........................................................................................................................................ 11
Il sistema competitivo ............................................................................................................................... 12
6. PIANO DI MARKETING ....................................................................................................................... 13
Premessa ................................................................................................................................................... 13
Analisi SWOT ............................................................................................................................................ 13
Le strategie ................................................................................................................................................ 16
Marketing Mix ............................................................................................................................................ 17
Approfondimento: Digital marketing ....................................................................................................... 22
7. PRODUZIONE ...................................................................................................................................... 23
8.
PIANO DELLE VENDITE..................................................................................................................... 24
Premessa ................................................................................................................................................... 24
Strategie di Copertura .............................................................................................................................. 24
Modello di Distribuzione ........................................................................................................................... 25
Prezzi e modello di distribuzione ............................................................................................................ 28
Previsioni di Vendita e Budget ................................................................................................................ 30
9. LOGISTICA ............................................................................................................................................ 32
Introduzione ............................................................................................................................................... 32
Elementi Infrastrutturali ............................................................................................................................ 32
Elementi Operativi .................................................................................................................................... 33
10.
IL PIANO ECONOMICO-FINANZIARIO ....................................................................................... 35
Introduzione ............................................................................................................................................... 35
Conto Economico...................................................................................................................................... 37
Stato Patrimoniale .................................................................................................................................... 38
Allegato A - Conto Economico (schema legale, cfr. art. 2425 C.C.) ................................................. 39
Allegato B – Stato Patrimoniale (schema legale, cfr. art. 2424 C.C). ............................................... 40
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7. PRODUZIONE
In questa sezione verranno definiti tutti i fattori necessari alla produzione, in termini qualitativi e quantitativi.
In particolare verrà data evidenza di:
• macchinari: quali, quanti sono e che dimensioni hanno i macchinari necessari alla produzione. La
scelta di un macchinario ad elevata automazione o di ultima generazione potrebbe richiedere un
investimento iniziale importante, ma essere vincente nel tempo. L’imprenditore dovrà effettuare le
dovute considerazioni e stabilire qual è la soluzione ideale ai fini del proprio progetto. Si definirà
quindi la capacità produttiva dei macchinari, i volumi produttivi che l’impresa intende generare e,
possibilmente, il consumo energetico originato dai macchinari;
• processi e procedure: come vengono utilizzati i macchinari, quali sono i processi produttivi e come
si collegano tra loro, secondo quali tempistiche. Si indicherà anche l’eventuale necessità di tecniche
particolari, di brevetti, di controlli di qualità e di tutti gli aspetti organizzativi interni;
• certificazioni: per alcune tipologie di produzione sono previste certificazioni di qualità e/o sanitarie.
Queste devono essere indicate e descritte dando evidenza dell’eventuale periodicità con cui devono
essere richieste o rinnovate.
Ai fini della descrizione del ciclo produttivo è utile illustrare anche graficamente le varie fasi per fornire al
lettore un quadro chiaro di come si svolge il processo: sarà sufficiente produrre uno schema a blocchi che
evidenzi le fasi principali, possibilmente fornendo indicazioni di tipo temporale e quantitativo.
Completata la descrizione del processo produttivo, si entrerà nel dettaglio delle materie prime che verranno
utilizzate. Se possibile e applicabile, nella descrizione della scelta di una materia prima (o un componente) si
darà anche contezza delle motivazioni della preferenza. Ad esempio un’impresa che voglia produrre dolci
biologici, dovrà necessariamente selezionare materie prime di provenienza biologica certificata e controllata.
Al termine del paragrafo il redattore avrà delineato un quadro chiaro delle operatività della produzione. E’
opportuno terminare la descrizione dando evidenza dei dati relativi ai costi di produzione, ovvero tutti i costi
variabili generati ogni qual volta viene avviato un ciclo produttivo. In base alla previsione di produzione
nell’anno di esercizio l’imprenditore sarà quindi in condizione di definire il costo di produzione per singola
unità.
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8. PIANO DELLE VENDITE
Premessa
Il Piano delle Vendite all’interno del Business Plan, come il Piano di Marketing, rappresenta la sintesi di un
documento che, ogni anno, viene generato dalla relativa direzione all’interno dell’impresa.
Il Piano delle Vendite è il documento attraverso cui si definiscono le strategie di copertura del mercato, i
modelli di distribuzione e le previsioni di vendita dell’impresa: un quadro di riferimento strumentale alla
definizione degli obiettivi commerciali dell’azienda e, nel corso dell’anno di esercizio, un valido indicatore per
misurare l’andamento delle operazioni.
Nelle sezioni precedenti del Business Plan sono stati definiti il mercato di riferimento, con gli opportuni dati
qualitativi e quantitativi (cfr. capitolo 5 “Il Mercato di Riferimento”, paragrafo “Il Mercato Target”), le strategie
di posizionamento (cfr. capitolo 6 “Il Piano di Marketing”, paragrafo “Strategie”) ed il prezzo di vendita (cfr.
capitolo 6 “Il Piano di Marketing”, paragrafo “Il Marketing Mix”): nel Piano delle Vendite tali elementi
concorrono alla strutturazione dei risultati previsionali attesi in termini di ricavi, ovvero il “carburante”
dell’impresa.
In un’azienda già avviata, chi redige il Piano delle Vendite terrà conto degli obiettivi raggiunti nell’anno
precedente, delle azioni correttive svolte, dei trend in corso e del portafoglio clienti acquisito. Tali elementi
non verranno contemplati nella trattazione a seguire, ma è opportuno ricordare che essi saranno, a partire
dal secondo anno di attività, le fondamenta su cui costruire i nuovi obiettivi commerciali.
Strategie di Copertura
La strategia di copertura del mercato rappresenta la modalità di presenza e diffusione che l’azienda si
propone di avere sul mercato. Si possono definire tre macro-modelli di copertura del mercato:
• intensiva: l’azienda si propone l’obiettivo di raggiungere il maggior numero possibile di punti vendita
al fine di rendere il prodotto disponibile in modo capillare sul territorio. E’ una strategia
particolarmente adatta ai prodotti di largo consumo;
• selettiva: l’azienda si propone di avere una presenza diffusa sul territorio attraverso un numero
elevato di punti vendita, ma che abbiano delle particolari caratteristiche, quali ad esempio
un’insegna, uno spazio espositivo adeguato o degli standard qualitativi elevati. E’ una strategia
molto adatta a beni durevoli di largo consumo;
• esclusiva: l’azienda predilige la qualità alla quantità di punti vendita. E’ una strategia ideale nel caso
di beni di lusso o prodotti altamente tecnologici per i quali si rende necessaria un’assistenza tecnica
specializzata.
Nella scelta della strategia di copertura non si può prescindere dalla valutazione della tipologia di prodotto,
dalle capacità e dal modello di distribuzione adottato dall’azienda e dal posizionamento strategico del
prodotto.
Non necessariamente la scelta di una strategia di copertura deve essere mantenuta nel tempo: ad esempio,
nel corso del ciclo di vita del prodotto, durante la fase di crescita, l’impresa potrebbe scegliere di passare da
una strategia selettiva ad una intensiva e rendere il prodotto più facilmente disponibile alla massa, riducendo
il prezzo o generando offerte promozionali (es. bundle) e posponendo in questo modo l’inizio della fase di
maturità.
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Modello di Distribuzione
In questa sezione del Business Plan verrà descritto il modello di distribuzione che l’impresa adotterà per la
commercializzazione del prodotto, ovvero la modalità attraverso la quale il prodotto verrà “portato” al
mercato per il tramite dei canali di distribuzione. Nella scelta del modello di distribuzione si farà riferimento
alla strategia di copertura, pertanto a seconda della tipologia intensiva, selettiva o esclusiva l’imprenditore
stabilirà quali e quante risorse saranno dedicate alla commercializzazione e secondo quali modalità esse
saranno organizzate.
E’ utile evidenziare che la rete distributiva di un’azienda può essere completamente interna, completamente
esterna o può essere costituita da un mix di risorse interne ed esterne.
A seguire vengono identificate le principali figure che compongono le reti distributive tradizionali:
•
Grossista: il grossista è l’azienda attraverso cui si distribuisce il prodotto all’ingrosso. Destinatario
della merce normalmente non è il cliente finale, ma un’altra azienda che acquista per lavorare o
raffinare il prodotto e proporlo al mercato con il proprio brand. Ideale per la distribuzione di materie
prime o di semi-lavorati, il grossista può anche essere orientato alla vendita al dettaglio, a volte
attraverso un ambiente fisicamente separato o punti vendita dedicati. Alcune aziende, ad esempio
nel settore degli alimentari, forniscono il proprio prodotto ai grossisti ed alla rete distributiva
tradizionale con packaging diversificati;
•
Distributore: è un’azienda il cui core business è la commercializzazione di prodotti e/o servizi sul
mercato. La sua capacità distributiva può essere locale, nazionale o internazionale. Affidandosi ad
un distributore, l’impresa consegna la propria offerta ad una terza parte, stabilendo con essa regole
ed obiettivi, ma sostanzialmente perde il controllo diretto e, soprattutto, perde la possibilità di
costruire rapporti duraturi con i punti vendita. Il vantaggio nell’avvalersi di un distributore è
rappresentato dalla capacità della struttura di portare rapidamente ed in modo mirato il prodotto sul
mercato e dalla rete di contatti che esso ha già in essere. Si riduce quindi il time-to-market e si
esternalizza completamente la funzione, riducendo così i costi fissi determinati dal personale: il
distributore, infatti, abitualmente viene remunerato in percentuale sul venduto;
•
Agenti: sono funzionari che gestiscono direttamente il rapporto con i punti vendita. Essi possono
essere interni oppure esterni all’impresa e vengono gestiti da un’organizzazione composta dal
direttore commerciale e da eventuali capi-area. Gli agenti esterni possono essere classificati in
monomandatari, nel qual caso commercializzano esclusivamente i prodotti di un’impresa, o
plurimandatari quando commercializzano i prodotti di un portafoglio di Clienti. Il vantaggio nell’avere
una rete di agenti interna è la possibilità di costruire relazioni strette con i Punti Vendita e gestire da
vicino eventuali operazioni di correzione della distribuzione nel caso di trend negativi, oltre a poter
formare in continuazione il personale di vendita e renderlo più consapevole e legato al prodotto. Il
principale svantaggio è rappresentato dai costi di una struttura del personale interna e dal rischio di
essere sottodimensionati rispetto alle potenzialità o anche sovradimensionati se la struttura è stata
generata/sviluppata in un momento di picco temporaneo;
•
Punti Vendita: sono il luogo nel quale il prodotto viene esposto per la vendita. I punti vendita, è
intuitivo, hanno un ruolo centrale nella distribuzione: la dislocazione geografica, l’aspetto, la
percezione dell’insegna, la formazione e la cordialità del personale possono fare la differenza tra il
successo ed il fallimento del progetto imprenditoriale. Non si trascuri, inoltre, il posizionamento del
prodotto all’interno del Punto Vendita: uno scaffale espositivo posizionato ad 1,50 metri di altezza ed
uno a 20 centimetri da terra possono, rispettivamente, aumentare o ridurre drasticamente i volumi di
prodotto venduto. Viene da se che la scelta dei punti vendita e le modalità con cui questi vengono
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gestiti devono essere oggetto di grande attenzione nel momento della pianificazione e nella
quotidianità dell’impresa. I punti vendita possono anche essere, in toto o in parte, di proprietà. In
questo caso l’impresa potrà gestire direttamente la propria presenza sul mercato e creare degli
ambienti completamente dedicati. Alcune aziende scelgono di creare Punti Vendita mono-brand sul
territorio in aggiunta ai PV esterni per generare brand awareness. Alcuni esempi sono Toy Watch,
TIM, M&M’s, etc.. Da tenere in considerazione anche il fenomeno degli Outlet, punti vendita
attraverso i quali l’impresa distribuisce prodotti difettosi o di fine collezione riducendo così i costi
determinati dagli scarti di produzione e dall’invenduto;
•
GDO (Grande Distribuzione Organizzata): sono le strutture che si avvalgono di grandi ambienti
espositivi, normalmente in zone ad alta densità di popolazione o all’interno di centri commerciali,
hanno un marchio fortemente riconosciuto dal mercato e propongono accordi-quadro ai produttori
per la commercializzazione all’interno dei propri punti vendita. Il vantaggio nell’avvalersi della
distribuzione tramite la GDO è rappresentato da un’immediata presenza del prodotto sul territorio,
al’interno di un punto vendita la cui insegna è sinonimo di affidabilità. Lo svantaggio è rappresentato
normalmente da accordi di commercializzazione pressanti, con scarsi spazi di trattativa, che
impongono all’impresa condizioni di vendita svantaggiose (prezzo di vendita alla GDO dalle
marginalità esigue, termini di pagamento molto lunghi, etc.). Alcuni esempi di GDO sono Media
World, Auchan, Decathlon, etc.;
Ma le modalità di distribuzione cambiano, evolvono e si moltiplicano. A seguire vengono riportati altri modelli
che possono essere applicati da un’impresa:
• Franchising: si tratta di un modello di affiliazione commerciale. L’idea imprenditoriale viene
sviluppata caratterizzando fortemente sia il prodotto che la proposizione dello stesso a 360°.
L’impresa proponente (detto Franchisor o Affiliante) costruisce il progetto determinando in modo
rigoroso i parametri che caratterizzano il business: prodotto commercializzato, insegna, dimensione
e dislocazione sul territorio del punto vendita, assistenza, garanzie, etc.. Una volta creato il modello,
il Franchisor lo propone ad altri imprenditori (detti Franchisee o Affiliati) che, a fronte di una
remunerazione, normalmente costituita da un importo iniziale a cui si aggiunge un canone, crea il
punto vendita mono brand. Il modello, per essere vincente, deve garantire gli stessi standard
qualitativi su tutta la rete, una formazione costante del personale di vendita ed ingenti investimenti di
comunicazione per creare e mantenere la brand awareness. Esempi di distribuzione in franchising
sono Calzedonia, McDonald’s, Tecnocasa, etc.. Spesso il modello viene applicato in aggiunta alla
presenza di Punti Vendita di proprietà;
•
Multi-level marketing: questo modello di distribuzione si basa su una gerarchia piramidale che
consiste nell’organizzare degli incontri, normalmente a casa propria o presso l’abitazione di un
parente, amico o conoscente e nel proporre l’offerta ad un ristretto numero di persone. Durante
l’incontro i partecipanti hanno l’opportunità di visionare o testare il prodotto e vengono invitati a
diventare essi stessi dei rappresentanti, con interessanti marginalità sulla vendita. Il meccanismo
che si innesca è potenzialmente infinito ed il primo elemento della piramide viene remunerato,
seppur in forma via, via sempre minore, da tutta la rete generata. Il modello si basa su leve
fortemente emozionali in quanto l’ambiente in cui si viene coinvolti è familiare, i partecipanti possono
toccare con mano il prodotto e spesso si sentono moralmente in debito verso il loro ospite, pertanto
tendono ad effettuare almeno un acquisto. Avendo inoltre l’opportunità di verificare di persona con
quale semplicità il venditore è riuscito a raccogliere gli ordini, tendono a provare ad approcciare
l’attività. Abitualmente viene richiesto loro di acquistare un kit o un campionario per la vendita e si
ritrovano ad essere essi stessi dei venditori. Il modello nasce negli Stati Uniti, ma non ha avuto un
grande successo in Italia, fermo restando che alcune aziende che lo hanno importato nel Bel Paese
sono, o sono state, realtà di successo, come ad esempio Tupperware, Avon, Stanhome, etc.;
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•
Porta-a-porta: il nome è sufficientemente auto-esplicativo. Si tratta di una modalità di distribuzione
basata su una rete (esterna o interna) di agenti di vendita a cui viene assegnata un’area operativa
ben definita e nella quale essi si muovono bussando fisicamente di porta in porta per chiedere un
appuntamento dimostrativo. Il venditore deve sicuramente avere un approccio molto tranquillizzante,
ma al tempo stesso deve essere fortemente persuasivo: dovrà infatti vincere la resistenza
determinata “dall’invasione” da parte di un estraneo in un ambiente nel quale ci si sente protetti
(casa o ufficio). Il modello risulta efficace per prodotti o servizi percepiti come unici o nel caso in cui il
venditore riesca a generare una forte empatia con l’acquirente. La formazione della forza vendita è
determinante nell’applicazione del porta-a-porta: continui corsi ed aggiornamenti sul public speaking,
sulla programmazione neurolinguistica ed incontri motivazionali rappresentano un aspetto
fondamentale nella gestione di tali risorse. La vendita porta-a-porta oggi è quasi completamente
scomparsa dallo scenario italiano, anche se aziende di successo come Vorwerk (Folletto) ed H3G,
in assoluta contro-tendenza rispetto al mercato, utilizzano ancora e con eccellenti risultati tale
modello;
•
Direct Marketing: si tratta di un modello di vendita diretta nel quale il cliente viene contattato
attraverso un mezzo di comunicazione strettamente personale (telefono, posta o email) per proporre
l’offerta. Se da un lato la possibilità di informare tramite strumenti diretti rappresenta un’enorme
opportunità per descrivere nel dettaglio il prodotto, dall’altro in un mondo frenetico e sempre più
sovraesposto alla pubblicità, le operazioni di direct marketing hanno sempre meno successo. Inoltre
tali attività di vendita oggi sono rese particolarmente difficili dalla regolamentazione a tutela dei dati
personali: l’impresa che intende approcciare il mercato con questa modalità dovrà essere in
possesso di un database non solo numeroso, ma le cui informazioni siano state raccolte secondo
tutti i requisiti richiesti dalla legge. Oppure si dovrà avvalere di una società esterna che abbia tali
caratteristiche. Alcuni esempi di aziende che applicano il direct marketing sono Infostrada e Bofrost;
•
E-commerce: l’e-commerce rappresenta oggi un canale di distribuzione sempre più importante, che
normalmente si aggiunge agli altri canali già in essere. Le imprese scelgono di essere presenti nel
mondo dell’e-commerce attraverso la vendita diretta sul proprio sito istituzionale oppure per il tramite
di partner commerciali o ancora sui siti web che aggregano l’offerta commerciale di più aziende,
creando di fatto dei punti vendita on-line. Pur non rappresentando ancora una realtà irrinunciabile
per le aziende, esso aumenta in modo consistente di anno in anno: nel 2011 le vendite on-line in
Italia hanno registrato un fatturato di 19 miliardi di Euro, circa il 35% in più rispetto all’anno
precedente. E’ sicuramente da evidenziare la grande difficoltà di sviluppo che vive l’e-commerce in
Italia rispetto agli altri Paesi europei dovuta sia al digital divide che alla resistenza della popolazione
all’uso della carta di credito sul web, per cui si stanno sviluppando e consolidando servizi quali carte
di credito prepagate, sistemi di acquisizione sicura della carta di credito e buoni per la spesa online.
Da non trascurare infine come i siti di social shopping, gli outlet ed i grandi protagonisti della
distribuzione di musica e libri stiano vivendo un momento di particolare successo ed apprezzamento
da parte del mercato.
I modelli sopra descritti, come già precisato, non necessariamente devono essere adottati in modo
esclusivo: esistono combinazioni di modalità di commercializzazione che possono coesistere e dare un
impulso alle vendite di gran lunga superiore agli effetti che si otterrebbero sommando algebricamente i
risultati delle modalità applicate singolarmente. Si tratta, però, di sinergie che devono essere elaborate con
attenzione, facendo in modo che nessun anello della catena soffra della presenza dell’altro. In tal senso è
opportuno evidenziare che le scelte di distribuzione devono essere adeguatamente supportate da una
struttura dei prezzi ben definita e coerente, come indicato a seguire.
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Prezzi e modello di distribuzione
Una volta individuata la modalità con cui si intende commercializzare il prodotto, si avranno ben chiari tutti gli
elementi della catena distributiva che dovranno essere remunerati e, quindi, si potrà definire il prezzo di
vendita consigliato al pubblico e la scala sconti riservata alla distribuzione. Tale struttura dei prezzi, già
menzionata nel paragrafo del Piano di Marketing, trova in questo paragrafo del Business Plan ampio spazio
di approfondimento: si dovranno infatti indicare con precisione e motivandoli, i prezzi riservati a ciascun
canale di vendita, secondo le promozioni o le scale sconti per volume che si intende applicare. I valori
individuati concorreranno alla formazione dei ricavi, uno degli elementi fondamentali per la generazione del
budget e dei risultati economici previsionali di esercizio.
A seguire vengono riportati a titolo di esempio alcuni scenari che legano la scala sconti al modello di
distribuzione selezionato per il proprio progetto imprenditoriale. In realtà non esiste un modello univoco o
ideale: a seconda della tipologia di distribuzione e della tipologia di prodotto, degli scenari di mercato e del
momento del ciclo di vita del prodotto che si affronta, prezzi e strategie possono, e a volte devono, variare.
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Se ad esempio il modello di distribuzione scelto è quello della GDO, l’impresa fornirà un listino consigliato al
Cliente finale ed un listino riservato all’azienda che rappresenta la GDO.
Sconto alla GDO: 30%
Costo del prodotto al cliente finale € 100,00 (Iva inclusa)
Costo del prodotto alla GDO: € 81,97 (= € 100,00 – Iva al 22%) - € 81,97 x 30% = € 57,38
Ovviamente l’impresa dovrà tenere conto che durante la trattativa con la propria rete distributiva, a fronte di
impegni per l’acquisto di volumi importanti, il distributore o in questo caso la GDO, chiederà ulteriori sconti,
pertanto è consigliabile da subito definire anche una scala sconti per volume.
Lo scenario sopra riportato potrebbe quindi essere rappresentato come segue:
Da 0 a 1.000 unità
Sconto alla GDO: 10%
Costo del prodotto al cliente finale € 100,00 (Iva inclusa)
Costo del prodotto alla GDO: € 81,97 (= € 100,00 – Iva al 22%) - € 81,97 x 10% = € 73,77
Da 1.001 a 5.000 unità
Sconto alla GDO: 20%
Costo del prodotto al cliente finale € 100,00 (Iva inclusa)
Costo del prodotto alla GDO: € 81,97 (= € 100,00 – Iva al 22%) - € 81,97 x 20% = € 65,58
Oltre 5.000 unità
Sconto alla GDO: 30%
Costo del prodotto al cliente finale € 100,00 (Iva inclusa)
Costo del prodotto alla GDO: € 81,97 (= € 100,00 – Iva al 22%) - € 81,97 x 30% = € 57,38
NB: il costo alla GDO rappresenterà il ricavo per l’impresa.
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In un modello distributivo che vede una rete di agenti esterna, gestita direttamente dall’azienda, la scala
sconti includerà il costo del prodotto al punto vendita e la marginalità riservata all’agente (provvigione).
Sconto al PV: 20%
Provvigione all’agente: 5%
Costo del prodotto al cliente finale € 100,00 (Iva inclusa)
Costo del prodotto al PV: € 81,97 (= € 100,00 – Iva al 22%) - € 81,97 x 20% = € 65,58
Provvigione all’agente: € 4,10
Anche in questo caso si possono configurare delle scale sconti per volume generato dal punto vendita o
delle provvigioni all’agente per volume o, ancora, dei premi all’agente al raggiungimento di determinati
obiettivi di vendita, pertanto è bene definire tutta la filiera della distribuzione facendo le dovute proiezioni e
considerando quanto uno sconto o una provvigione, benché legato a volumi elevati, possano incidere sugli
equilibri dell’azienda.
NB: il costo al PV sottratto della provvigione all’agente rappresenterà il ricavo per l’impresa
Alcune osservazioni:
• fermo restando che in un libero mercato il venditore può offrire il prodotto al cliente finale al prezzo
che più ritiene opportuno, anche in base alle marginalità desiderate, alla propria struttura di vendita
ed ai costi che sostiene, è buona regola stabilire ex ante tutta la catena del valore di distribuzione e
definire il prezzo di vendita al pubblico “consigliato”. Se infatti un prodotto diventa reperibile sul
mercato a prezzi eccezionalmente diversi per il cliente finale, il rischio è che parte della rete
distributiva si rifiuti di proseguire nell’attività di commercializzazione e, pertanto il prodotto non sia
più disponibile sul mercato secondo le strategie di vendita ipotizzate. Il risultato, nel lungo periodo, è
una riduzione dei volumi di venduto;
• una rete distributiva ben remunerata è fortemente incentivata a proporre il prodotto. Questo non vuol
necessariamente suggerire una riduzione rischiosa delle marginalità dell’azienda o proporre prezzi al
dettaglio esorbitanti e poco appetibili, ma sicuramente è necessario trovare la giusta via per offrire a
ciascuna parte una soddisfazione adeguata;
• termini e condizioni di pagamento rappresentano un elemento da non sottovalutare nella
determinazione delle scale sconti: pagamenti eccezionalmente dilazionati espongono l’impresa ad
oneri finanziari che incidono sulle marginalità. D’altra parte in alcuni mercati, per alcuni prodotti o su
alcuni canali di vendita esistono termini e condizioni di pagamento consolidati che difficilmente
possono essere “scardinati”: un esempio su tutti è la GDO, distribuzione che storicamente applica
termini di pagamento molto lunghi (nell’ordine di 120/180 giorni);
• la politica di protezione dei prezzi (o del magazzino) è un argomento a cui la rete distributiva è molto
sensibile: nel caso di riduzione del prezzo di vendita al pubblico e, di conseguenza, della scala
sconti alla rete, è importante garantire alla rete distributiva la protezione del prezzo applicato sulle
eventuali unità di prodotto già acquistate ed in giacenza nel magazzino. Abitualmente viene quindi
riconosciuto alla distribuzione un importo pari alla differenza tra quanto corrisposto per il prodotto ed
il nuovo costo. Nell’applicazione di un nuovo listino è quindi bene tenere conto di quale sia la
consistenza dei magazzini della propria rete distributiva per valutare l’impatto della protezione dei
prezzi.
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Lo sapevate che?
Molte aziende si avvalgono della suddivisione del mercato in aree geografiche operata dall'istituto di
ricerca Nielsen per effettuare le rilevazioni e stime di mercato, copertura, quote di mercato, prezzi, e una
serie di analisi per il marketing e la distribuzione.
L'Italia viene divisa in quattro aree Nielsen
• Area 1: Piemonte, Val d'Aosta, Liguria, Lombardia;
• Area 2: Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna;
• Area 3: Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Sardegna;
• Area 4: Abruzzo, Molise, Puglia, Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia.
Previsioni di Vendita e Budget
In questa sezione del Business Plan gli obiettivi di impresa verranno tradotti in obiettivi di vendita: le
previsioni di vendita infatti definiranno le quantità di prodotto che si intende vendere per ciascun canale di
distribuzione e forniranno un quadro chiaro dei ricavi attesi, suddiviso per periodo.
Le previsioni di vendita, se costruite con criterio e secondo un’analisi coscienziosa e consapevole, non
saranno uguali per ogni mese dell’anno: qualsiasi prodotto è soggetto ad una stagionalità determinata da
diversi fattori. Anche il prodotto di largo consumo più diffuso, infatti, sarà oggetto di picchi e cali d’acquisto.
Si pensi, a titolo di esempio, ai gelati il cui consumo è prettamente estivo, al pane, la cui vendita si riduce nel
periodo primavera-estate a causa della riduzione dell’appetito (e dell’aumentare delle diete ipocaloriche), agli
analgesici, le cui vendite incrementano durante i cambi di stagione o ai panettoni, le cui vendite sono legate
esclusivamente al periodo pre-natalizio. In sostanza, il clima, le abitudini, le festività, i costumi, sono elementi
che incidono sulle vendite: l’imprenditore (o il direttore delle vendite) dovrà necessariamente tenere in
considerazione la stagionalità del proprio prodotto ai fini della redazione del budget.
Abitualmente le previsioni di vendita vengono presentate per mese ed accorpate per trimestre: ne risulterà
una tabella esplicativa che rappresenterà in modo univoco i dati quantitativi.
Lo strumento sarà consultato durante l’anno per effettuare verifiche attente e puntuali sull’andamento
dell’impresa. Il mancato raggiungimento di una previsione di vendita, infatti, dovrà essere un campanello di
allarme e dovrà generare immediatamente:
• l’individuazione del canale o dei canali le cui performance non sono in linea con il budget;
• l’analisi delle motivazioni per cui si è generato un delta negativo;
• l’ideazione e la messa in opera di azioni correttive;
• la verifica più frequente dei risultati, divenendo da mensile a settimanale o, se necessario, addirittura
giornaliera.
Alcune osservazioni
• nel caso di una rete distributiva basata su più canali di vendita, se lo scostamento negativo tra le
previsioni ed i risultati è legato ad uno solo dei canali, è probabile che si sia verificato un problema
contingente e facilmente identificabile. Non necessariamente la soluzione al problema e le eventuali
azioni correttive saranno altrettanto semplici, ma è comunque possibile attivarsi con consapevolezza
su quel canale e valutare se sia possibile compensare la contrazione incrementando le vendite sugli
altri canali;
• se si verifica uno scostamento negativo tra le previsioni ed i risultati su una rete distributiva monocanale (ovvero nel caso di una rete multi-canale in cui lo scostamento è legato a tutta la rete), è
probabile che le previsioni di vendita siano state formulate in modo erroneo, sopravvalutando la
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•
domanda, oppure che le strategie di vendita non siano adeguate al prodotto ed al mercato o ancora
che siano intervenuti altri fattori (es. reazione della concorrenza) che hanno modificato gli scenari
iniziali. In ogni caso è bene ricorrere con tutte le strutture aziendali alla pianificazione di azioni
correttive urgenti ed efficaci;
se tra le previsioni ed i risultati si verifica uno scostamento positivo dalle dimensioni eccessive, è
bene comunque domandarsi quali siano stati i fattori che hanno determinato il successo per
comprendere se ci sia stato un errore di valutazione iniziale o se siano intervenute nuove condizioni
sul mercato (es. uscita di un concorrente) che potrebbero rappresentare, se colte ed indirizzate con
criterio, un’opportunità duratura.
Durante l’anno di esercizio, contestualmente alla verifica del raggiungimento degli obiettivi di vendita, si
andrà a confrontare il documento con i risultati, ovvero il Consuntivo. Lo scostamento, positivo o negativo,
fra i due documenti sarà lo specchio dell’andamento delle vendite dell’impresa.
Nota Bene
All’interno del Business Plan il redattore può scegliere di riportare il Piano delle Vendite rappresentando i
dati del quinquennio su base annuale anziché mensile o trimestrale.
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