giovanni battista viotti

Transcription

giovanni battista viotti
CDS 206 (DDD)
DIGITAL RECORDING
GIOVANNI BATTISTA VIOTTI
(Fontanetto Po, Italy 1755 - London 1824)
COMPLETE VIOLIN CONCERTOS (Vol. 5) - Nos. 20-27-4
Cadenzas by G. B. Viotti (No. 27) and Franco Mezzena (Nos. 20 and 4)
❖ CONCERTO No. 20 in D Major G92* / W20
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❖
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❖
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8
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- Allegro
- Adagio
- Rondò - Allegretto
21'05"
10'36"
04'03"
06'26"
CONCERTO No. 27 in C Major G142 / W27
- Andante - Allegro vivace
- Andante sostenuto
- Allegretto più tosto vivo
26'49"
12'17"
04'05"
10'18"
CONCERTO No. 4 in D Major G45 / W4
- Maestoso
- Romance
- Allegro
16'08"
08'02"
02'44"
05'15"
➤TOT: 64'22"
FRANCO MEZZENA
violin and conductor
Violin Giovanni Osvaldo Fiori (1996) after Stradivari 1721
SYMPHONIA PERUSINA
G: Remo Giazotto thematic catalogue / W: Chappel White tematic catalogue
* This concert was transcribed for violin by Viotti himself from the original piano version
SYMPHONIA PERUSINA
First violins: Luca Arcese*
Alessia Monacelli
Luca Tironzelli
Lucia Moretti
Second violins: Claudio Becchetti*
Corinna Ruppert
Paolo Castellani
Pierluigi Mencaglia
Violas: Domenicantonio Natalucci*
Luca Moretti
Cellos: Marco Becchetti*
Luigi Ricci
Double bass: Marco Tinarelli
Oboes: Vladimiro Vagnetti*
Paola Battistini
Horns: Dimer Maccaperri*
Benedetto Dallaglio
* solos
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GIOVANNI BATTISTA VIOTTI
Concerti per violino e orchestra (Vol. 5)
Danilo Prefumo
L
o studio e la riscoperta dei grandi compositori del passato hanno ricevuto un
impulso decisivo dal disco. Grazie alla
registrazione, autentici capolavori per lungo
tempo dimenticati sono oggi disponibili a
chiunque voglia prendersi la briga di ascoltarli,
e in molti casi è stato proprio il maggior o
minor successo discografico a confermare o
meno la consistenza e la validità di quanto gli
studiosi, nell’ambito delle loro argomentazioni
specialistiche, erano venuti proponendo. Un
autore come Vivaldi, ad esempio, si è imposto a
partire dal secondo dopoguerra innanzitutto
grazie al successo strepitoso di una fortunatissima incisione delle Quattro Stagioni, e la sua fortuna nell’Olimpo dei grandi della musica è oggi
così stabile da reggere con successo alle perplessità che in molte sedi dell’ambiente musicologico (specialmente non italiano) si avanzano
sul reale valore della sua produzione.
Il disco aiuta a riscoprire, e al tempo stesso fornisce una documentazione inoppugnabile sul
reale contenuto delle opere proposte, spazzando via, con l’evidenza del fatto concreto, illazioni e dubbi. Così anche questa incisione integrale dei ventinove concerti per violino di
Giovanni Battista Viotti, che la Dynamic ha
cominciato a realizzare quattro anni fa, e che è
giunta ormai al suo quinto volume, è destinata
a fornire una prova dell’importanza e del valore delle opere di Viotti assai più convincente e
pregnante delle molte inutili chiacchiere che
sul compositore sono state spesso imbastite in
ambito musicologico. Solo in anni recenti,
infatti, Viotti ha avuto la fortuna di essere studiato da critici attendibili, dal momento che la
più celebre monografia italiana a lui dedicata,
apparsa negli anni Cinquanta, pur contenendo
molti dati interessanti e documenti di prima
mano, è anche corredata da una serie di illazioni sulla datazione delle opere spesso inattendibili e da un’analisi delle composizioni del tutto
inconsistente dal punto di vista musicologico.
In questo CD sono proposti, come di consueto,
tre concerti viottiani: il n.20 in Re maggiore, il
n.27 in Do maggiore e il n.4 in Re maggiore.
Tra il Concerto n.27, portato a termine a
Londra intorno al 1794, e il Concerto n.4, pubblicato a Parigi nel 1782, intercorrono solamente dodici anni: ma sono anni, per l’Europa,
decisivi, in cui la storia pare subire un processo
di brusca accelerazione, con quel crollo
dell’Ancien Régime successivo alla Rivoluzione
francese che altro non è che l’atto di nascita del
mondo moderno, quello stesso in cui oggi viviamo. Anche la storia privata viottiana, d’altro
canto, non può che intersecarsi dolorosamente con la Storia con la “S” maiuscola, col suo
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personale carico di speranze deluse e fallimenti. Nel 1782 Viotti è un giovane violinista italiano appena arrivato a Parigi in cerca di affermazione, che ha conquistato il pubblico e l’aristocrazia con la sua tecnica fuori del comune. Il
suo trionfale Concerto n.4 in Re maggiore è
un’apoteosi di virtuosismo strumentale, di una
brillantezza che i Francesi ancora ignorano e
che, farà rapidamente scuola. Il primo movimento, Maestoso, ha un carattere epico, grandioso, con scintillanti passaggi di bravura, mentre il secondo tempo è una breve e candida
Romance alla francese, poche battute che introducono direttamente un Allegro di gusto popolareggiante. Nel 1794, invece, Viotti è da due
anni un emigré, cioè un uomo compromesso
con l’aristocrazia francese che, con il radicalizzarsi della Rivoluzione, è stato costretto a
lasciare la Francia, dove avrebbe rischiato letteralmente la vita, per stabilirsi e ricominciare
tutto daccapo nella più tranquilla Inghilterra.
Ma i gusti degli Inglesi, allora come oggi, sono
ben diversi da quelli del continente, e se Viotti
vuole trovare successo a Londra deve in qualche modo modificare il suo stile e venire a patti
col gusto locale. Così i suoi ultimi dieci concerti
scritti a Londra mostrano un più o meno evidente abbandono dei tratti più virtuosistici
della scrittura solistica, una maggiore ampiezza
di forma e un trattamento orchestrale più elaborato.
Il Concerto n.20 in Re maggiore, primo dei concerti londinesi di Viotti, fu probabilmente
scritto poco tempo dopo l’arrivo del compositore in terra d’Inghilterra. Qui il movimento d’apertura subito si segnala per l’ampiezza dell’introduzione orchestrale e per il carattere meno
trionfale, quasi malinconico, del primo tema
cantato dal solista. Nel movimento lento,
Adagio, è ancora l’orchestra, con la sua pensosa
introduzione, a creare lo sfondo su cui si staglia
la dolorosa e penetrante melodia del violino,
una delle pagine più belle di tutta la produzione concertistica viottiana. Il movimento sfocia,
senza soluzione di continuità, nel Rondò,
Allegretto conclusivo, un brano che apporta una
nota finale di serenità, con un gusto efficace dei
contrasti espressivi che ricorda vagamente
Mozart.
Il Concerto n.27 in Do maggiore, di un paio
d’anni posteriore, gioca invece le sue carte
migliori non solo nella smagliante bellezza dei
temi del suo primo movimento (non a caso un
Andante anziché un Allegro), ma anche -e
soprattutto- nella straordinaria intensità di
canto del magnifico Andante sostenuto centrale,
classicamente atteggiato, eppure già pervaso da
tutti i sintomi premonitori dell’incipiente
romanticismo. Nel finale, Allegretto più tosto
vivo. A tempo moderato, Viotti rinuncia completamente ad ogni sfoggio virtuosistico, e sembra
quasi trattare lo strumento solista come primus
inter pares in un contesto sinfonico che non
sembra insensibile all’esempio delle coeve
sinfonie haydniane.
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GIOVANNI BATTISTA VIOTTI
Complete Violin Concertos (Vol. 5)
Danilo Prefumo
Translated by Daniela Pilarz
T
he record industry has given a major
impulse to the study and rediscovery of
the great composers of the past.
Recording has made it possible for longneglected masterpieces to become available for
whoever will be willing to spend the time to get
acquainted with them; and in many cases the
success or failure of a record has proven crucial, confirming or disproving the validity of
what scholars, within their specific field of
action, have been debating. Vivaldi’s popularity, for instance, has suddenly increased from
the second post-war period mostly thanks to
the resounding success of a very fortunate
recording of his Four Seasons; and now his
stand among the great figures of the history of
music is so firm that it bears up against the perplexity of some musicologists (especially outside of Italy) over the real value of his output.
A record thus helps to rediscover, but it also
provides incontrovertible documentation on
the works featured: its tangible evidence
sweeps away any inference and doubt.
Indeed, the complete recording of Viotti’s 29
violin concertos, begun by Dynamic four years
ago and by now at the fifth volume, will provide
more convincing evidence of the importance
and worth of Viotti’s output than any words
spent so far on the composer by musicologists.
Only very recently, moreover, has Viotti been
the object of reliable study: the most famous
Italian monograph about him, dating from the
‘50s, contains in fact, side by side with interesting information and first-hand documents, also
a doubtful series of conjectures about the
works’ dates of composition, and very insubstantial musicological analysis.
Like the previously released volumes, the present CD features three concertos: No.20 in D
Major, No.27 in C Major, and No.4 in D Major.
Only 12 years separate Concerto No.27, composed in London around 1794, and Concerto
No.4, published in Paris in 1782; but those were
crucial years for Europe, with history at a turning-point, when the collapse of the Ancien
Régime, following the French Revolution,
determined the birth of modern society, the
one in which we are still living.
Viotti’s private history, with its personal load of
disappointed hopes and failures, painfully
intertwined, as it was natural, with the history
of Europe. In 1782 Viotti was a young Italian
violinist, just arrived in Paris in search of fame,
who had conquered the audiences and the aristocracy with his outstanding technique. His triumphal Concerto No.4 in D Major, a fireworks
of instrumental virtuosity, had a sparkle which
the French were not used to and that would
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quickly set an example. Its epic and grandiose
first movement, Maestoso, features lively bravura passages, while the second one is a brief and
plain French Romance lasting just the few measures that serve as introduction for an Allegro of
popular flavour. In 1794, instead, Viotti had
already been an emigrant for two years, a man
close to the French aristocratic circles who,
with the Revolution, for fear of his life had
been obliged to leave France for quieter
England, where he had started his career
afresh. But English taste was, as still is, very
different from continental taste; to be successful in London, Viotti had to modify his style to
some extent, to come to terms with local taste.
Thus his last ten concertos, composed in
London, witness to the relinquishment of the
more virtuoso traits of his solo writing, and to
the adoption of ampler formal structures and of
more elaborate orchestral writing.
Concerto No.20 in D Major, the first of Viotti’s
London concertos, was probably written shortly
after his arrival in the British capital. The
opening movement stands out for its ample
orchestral introduction and for its first solo
theme, which is less triumphal - in fact it is
almost melancholic. In the following slow
movement, Adagio, the orchestral pensive
introduction becomes the background for the
violin’s painful and intense melody, one of the
Viotti’s finest pages. The movement flows
directly into the final Rondo, Allegretto, which
ends the work in a brighter mood, with effective
expressive contrasts that are vaguely reminiscent of Mozart.
Concerto No.27 in C Major, written a couple of
years later, opens with beautiful themes (not by
chance the customary first Allegro is replaced by
an Andante) but reaches its apex with the wonderfully intense melodic line of the central
movement, Andante sostenuto, classical in form
and yet pervaded by forewarning signs of the
budding Romanticism. In the final movement,
Allegretto più tosto vivo. A tempo moderato,
Viotti foregoes all virtuosity and treats the solo
instrument as primus inter pares, setting it in a
symphonic context that appears influenced by
his contemporary Haydn.
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GIOVANNI BATTISTA VIOTTI
Konzerte für Violine und Orchester, Band 5
Danilo Prefumo
Übersetzung: Eva Pleus
S
tudium und Wiederentdeckung der
großen Komponisten der Vergangenheit
haben durch die Schallplatte einen entscheidenden Impuls erhalten. Durch diese
Aufnahmen stehen heute allen Hörern, die sich
die Mühe machen wollen, sie kennenzulernen,
echte lang vergessene Meisterwerke zur
Verfügung. In vielen Fällen war es der größere
bzw. geringere Erfolg der Aufnahmen, der über
Konsistenz und Bedeutung dessen entschied, was
die Wissenschaftler im Rahmen ihrer fachlichen
Abhandlungen ans Tageslicht befördert hatten.
Ein Komponist wie Vivaldi setzte sich beispielsweise in der zweiten Nachkriegszeit vor allem
dank des durchschlagenden Erfolgs einer
Aufnahme der Vier Jahreszeiten durch, die sich
besonders gut verkaufte. Vivaldis Platz im Olymp
der Großen der Musik ist heute so gefestigt, daß
er erfolgreich den kritischen Überlegungen standhält, die von vielen (vor allem nicht-italienischen)
Musikwissenschaftlern über den wahren Wert seiner Produktion angestellt werden.
Die Platte hilft bei der Wiederentdeckung und
liefert gleichzeitig einen unanfechtbare Beleg
über den wahren Gehalt der aufgenommenen
Werke, sodaß Zweifel und Schlußfolgerungen
durch konkrete Tatsachen hinweg gefegt werden. So ist auch diese Gesamtaufnahme der
neunundzwanzig Violinkonzerte Giovanni
Battista Viottis, mit deren Realisierung
Dynamic vor vier Jahren begonnen hat und die
mittlerweile beim fünften Band angelangt ist,
dazu bestimmt, ein Zeugnis von Bedeutung und
Wert der Werke Viottis abzulegen, das weit
überzeugender und einprägsamer ist als die vielen unnötigen Redereien, die in der Sphäre der
Musikwissenschaft häufig über diesen
Komponisten angestellt wurden. Viotti wurde ja
erst in jüngerer Zeit von glaubwürdigen
Kritikern untersucht, da die in den fünfziger
Jahren herausgekommene, bekannteste der ihm
gewidmeten italienischen Monographien zwar
viele interessante Daten und Unterlagen aus
erster Hand enthält, aber ebenso eine Reihe
von häufig unzuverlässigen Schlußfolgerungen
zur Datierung der Werke und eine vom musikwissenschaftlichen Standpunkt her völlig gehaltlose Analyse seiner Kompositionen.
Auf dieser CD werden wie üblich drei Konzerte
Viottis vorgestellt: Nr. 20 in D-Dur, Nr. 27 in CDur und Nr. 4 in D-Dur. Zwischen dem in
London um 1794 vollendeten Konzert Nr. 27 und
dem in Paris 1782 herausgekommenen Konzert
Nr. 4 liegen nur zwölf Jahre, die aber für Europa
entscheidende waren, scheint die Geschichte
doch durch den Zusammenbruch des Ancien
Régime im Gefolge der Französischen
Revolution, der nichts anderes ist als die Geburt
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der modernen Welt, der Welt, in der wir heute
leben, eine unvermittelte Beschleunigung zu
erfahren. Andererseits konnte sich auch die private Geschichte Viottis mit ihrer persönlichen
Last an enttäuschten Hoffnungen und
Mißerfolgen ja nur schmerzlich mit der
Geschichte mit dem großen “S” kreuzen. 1782
war Viotti ein gerade in Paris auf der Suche
nach Erfolg angekommener junger italienischer
Geiger, der mit seiner außergewöhnlichen
Technik Publikum wie Kritiker eroberte. Sein
triumphales Konzert Nr. 4 in D-Dur ist eine
Apotheose der instrumentalen Virtuosität, einer
den Franzosen noch unbekannten Brillanz, die
rasch Schule machen sollte. Der erste Satz,
Maestoso, trägt epischen, grandiosen Charakter
mit funkelnden Bravourpassagen, während der
zweite Satz eine kurze, harmlose Romance à la
française ist, wenige Takte, die direkt in ein
Allegro volkstümlichen Geschmacks überleiten.
1794 war Viotti hingegen seit zwei Jahren ein
émigré, also ein mit dem französischen Adel
Verbundener, der bei Radikalisierung der
Revolution gezwungen war, Frankreich, wo er
buchstäblich sein Leben riskiert hätte, zu verlassen und im ruhigeren England einen Neubeginn
zu versuchen. Der Geschmack der Engländer
war aber damals wie heute ganz anders als der
auf dem Kontinent, und um erfolgreich zu sein,
mußte Viotti irgendwie seinen Stil modifizieren
und mit dem lokalen Geschmack einen
Kompromiß schließen. So weisen seine in
London geschriebenen letzten zehn Konzerte
ein mehr oder weniger deutliches Verlassen der
virtuoseren Züge des Solistenparts, eine größere
Weite der Form und eine kompliziertere
Orchesterbehandlung auf.
Das Konzert Nr. 20 in D-Dur, das erste der
Londoner Konzerte Viottis, wurde wahrscheinlich kurz nach dem Eintreffen des Komponisten
in England geschrieben. Hier fällt der
Eröffnungssatz sofort durch die Weite der
Orchesterintroduktion und den weniger triumphalen, fast melancholischen Charakter des
ersten Themas des Solisten auf. Im langsamen
Satz, Adagio, ist es neuerlich das Orchester, das
mit seiner nachdenklichen Introduktion den
Hintergrund schafft, von welchem sich die
schmerzliche, eindringliche Melodie der Geige
abhebt, eine der schönsten Stellen von Viottis
gesamter Konzertproduktion. Der Satz geht nahtlos in das abschließende Rondò, Allegretto über,
ein eine heitere Endstimmung einbringendes
Stück mit einem vage an Mozart erinnernden,
wirksamen Gefallen an expressiven Kontrasten.
Das zwei Jahre später entstandene Konzert Nr.
27 in C-Dur spielt seine Trümpfe nicht nur mit
der funkelnden Schönheit der Themen seines
ersten Satzes aus, der nicht zufällig ein Andante
anstatt eines Allegro ist, sondern auch und vor
allem mit der außerordentlichen gesanglichen
Intensität des prachtvollen Mittelsatzes,
Andante sostenuto, in seiner klassischen
Haltung, die dennoch bereits von den ersten
Anzeichen der beginnenden Romantik durchdrungen ist. Im Finale, Allegretto più tosto vivo.
A tempo moderato, verzichtet Viotti völlig auf
jede virtuose Darbietung und scheint das
Soloinstrument fast als primus inter pares in
einem symphonischen Kontext zu behandeln,
der sich für das Beispiel der zeitgenössischen
Symphonien Haydns als nicht unempfindlich
erweist.
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GIOVANNI BATTISTA VIOTTI
Concertos pour violon et orchestre, vol. 5
Danilo Prefumo
Traduit par Cécile Viars
G
râce à la diffusion du disque, l’étude
et la redécouverte des grands compositeurs du passé ont subi un essor
décisif. L’enregistrement musical a permis à de
véritables chefs-d’œuvre trop longtemps
oubliés d’être aujourd’hui à la disposition de
tous; dans de nombreux cas, l’importance du
succès discographique confirme ou infirme la
consistance et la validité de ce qu’affirment les
spécialistes. Vivaldi, pour ne citer que lui, s’est
imposé à partir de la deuxième guerre mondiale grâce à l’immense succès remporté par un
enregistrement des Quatre Saisons, et sa
prospérité dans l’Olympe des grands de la
musique est aujourd’hui si stable qu’elle réussit
à balayer les perplexités avancées par les
milieux musicologiques (notamment étrangers)
sur la valeur réelle de sa musique.
Le disque aide à redécouvrir et fournit en
même temps une documentation incontestable
sur le contenu réel des œuvres proposées,
balayant – par l’évidence du fait concret – suppositions et doutes. Il en est de même pour cet
enregistrement intégral des vingt neuf concertos pour violon de Giovanni Battista Viotti —
que Dynamic entreprit de réaliser il y a déjà
quatre ans, et qui en est maintenant à son cinquième volume — destiné à fournir une preuve
de l’importance et de la valeur de l’œuvre de
Viotti bien plus convaincante et prégnante que
les longs bavardages inutiles souvent improvisés
dans les milieux musicologiques. En effet, l’étude de l’œuvre de Viotti par des critiques
sérieux n’est que récente, du moment que la
plus célèbre monographie italienne consacrée
au compositeur, publiée dans les années cinquante, fournissait d’une part des informations
intéressantes et des documents de première
main, mais présentait d’autre part toute une
série de suppositions souvent sans fondement
sur la date de composition des œuvres ainsi
qu’une analyse de celles-ci totalement inconsistante du point de vue musicologique.
Dans ce CD, nous proposons comme d’habitude trois concertos de Viotti: le n°20 en ré
majeur, le n°27 en do majeur et le n°4 en ré
majeur. Douze ans seulement séparent le
Concerto n°27, achevé à Londres aux environs
de 1794, et le Concerto n°4, publié à Paris en
1782; douze années décisives pour l’Europe,
durant lesquelles le cours de l’histoire semble
s’accélérer brusquement et où l’on assiste à l’écroulement de l’Ancien Régime, qui succéda à
la Révolution française, véritable acte de naissance du monde moderne dans lequel nous
vivons aujourd’hui. L’histoire personnelle de
Viotti ne peut que se mêler douloureusement à
l’Histoire avec un grand “H”, avec ses espoirs
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déçus et ses échecs. En 1782, Viotti est un
jeune violoniste italien en quête de réussite,
installé à Paris depuis peu. Il a déjà conquis le
public et l’aristocratie grâce à sa technique hors
du commun. Son triomphal Concerto n°4 en ré
majeur est une apothéose de virtuosité instrumentale animée d’un brio que les Français
ignorent encore et qui fera école rapidement.
Le premier mouvement, maestoso, au caractère
épique et grandiose, présente des passages
d’une virtuosité éblouissante. Le deuxième
mouvement est une romance à la française,
brève et resplendissante, quelques mesures qui
introduisent directement un allegro imitant l’art
populaire.
En 1794, en revanche, Viotti est un émigré, à
savoir un homme compromis avec l’aristocratie
française et qui, avec le durcissement de la
Révolution, s’est vu contraint de quitter la
France où il aurait risqué sa vie; c’est pourquoi
il s’établit et recommença sa carrière en
Angleterre. Mais les goûts des anglais, autrefois
comme aujourd’hui, sont bien différents de
ceux du continent et, pour plaire aux londoniens, Viotti dut modifier son style pour s’adapter au goût local. C’est ainsi que ses dix derniers concerts composés à Londres dénotent un
abandon plus ou moins évident des traits les
plus virtuoses de l’écriture soliste, une forme
plus ample et un traitement orchestral plus
complexe.
Le Concerto n°20 en ré majeur, premier des
concertos composés par Viotti à Londres, fut
probablement écrit peu de temps après son
arrivée en Angleterre. Le premier mouvement
est déjà caractérisé par une introduction
orchestrale largement développée et par le
style moins triomphal, presque mélancolique,
du premier thème joué par le soliste. Dans le
mouvement lent, adagio, c’est encore l’orchestre – avec son introduction pensive – qui
sert de toile de fond à la mélodie douloureuse
et pénétrante du violon, une des plus belles
pages composées par Viotti. Le mouvement
s’achève, sans solution de continuité, par un
rondò, allegretto final qui apporte enfin une
note de sérénité, avec un goût des contrastes
expressifs qui rappelle vaguement Mozart.
Le Concerto n°27 en do majeur, composé environ deux ans plus tard, se distingue par l’éclatante beauté des thèmes de son premier mouvement (andante et non pas allegro) mais aussi,
et surtout, par l’extraordinaire intensité du
magnifique andante sostenuto central, d’inspiration classique et pourtant déjà animé de tous
les symptômes prémonitoires du romantisme
naissant . Dans le mouvement final, allegretto
più tosto vivo. A tempo moderato, Viotti renonce
totalement à tout étalage de virtuosité et
semble presque traiter l’instrument comme primus inter pares dans un contexte symphonique
qui ne paraît pas insensible à l’exemple des
symphonies contemporaines de Haydn.
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Franco Mezzena
12
ITALIANO
ENGLISH
Franco Mezzena, diplomato al Conservatorio
di Trento con il massimo dei voti e la lode, ha
studiato con Salvatore Accardo. La sua carriera come solista, in duo e in trio con Bruno
Mezzena e Arturo Bonucci lo ha visto presente
nei più importanti teatri e ospite nei principali
festivals tra cui Teatro Regio di Torino, Fenice
di Venezia, Massimo di Catania, Teatro
Comunale di Modena, Sala Grande del
Conservatorio di Milano, Accademia S. Cecilia
di Roma, Napoli, Messina, Festival di Cervo,
Bologna, Parigi, Lille, Poitiers, Großer
Musikvereinssaal di Vienna, Gewandhaus di
Lipsia, Budapest, Primavera di Praga,
Zagabria, Sofia, Odessa. Ha effettuato numerose tournées con I Musici e con I Virtuosi di
Roma. Ha collaborato con celebri artisti, tra i
quali S.Accardo, R.Ricci, B.Giuranna,
R.Filippini, B.Canino, J.Klein, F.Petracchi,
A.Pay, S.Gazzelloni, J.Berger. Suona in duo
con il chitarrista Massimo Scattolin, con cui fa
parte del Paganini Consort assieme a Marcello
Defant, viola, e Arturo Bonucci, violoncello.
Docente al Conservatorio ed all’Accademia di
Pescara tiene corsi di perfezionamento e
master-classes in Italia ed all’estero (Musica
Riva, Alghero, S.Antioco, Académie d’Eté
d’Andé, Rotterdam). Primo violino del
Quintetto italiano, con cui si è esibito in tutto il
mondo, suona su un magnifico Antonio
Stradivari (1721) e su violini del liutaio
Giovanni Osvaldo Fiori di Treviso. E’ direttore
artistico del Concorso Nazionale di Musica
«Città di Villar Perosa».
Franco Mezzena obtained a diploma with full
marks and honours at the Trento Conservatory
and studied with Salvatore Accardo. As soloist,
and in duo and trio with Bruno Mezzena and
Arturo Bonucci, he has appeared in the most
important theatres and at major music festivals:
Teatro Regio of Turin, La Fenice of Venice, Teatro
Massimo of Catania, Teatro Comunale of
Modena, Sala Grande of the Milan Conservatory,
Accademia S. Cecilia of Rome, theatres of Naples
and Messina, Musikverein Saal of Vienna, Grosse
Gewandhaus of Leipzig, Festivals of Cervo,
Bologna, Paris, Lille, Poitiers, Budapest, Prague,
Zagabria, Sofia, Odessa.
He has gone on numerous tours with I Musici and
I Virtuosi di Roma, and has collaborated with
artists of renown: S.Accardo, R.Ricci,
B.Giuranna, R.Filippini, B.Canino, J.Klein,
F.Petracchi, A.Pay, S.Gazzelloni, J.Berger. He
plays in duo with guitarist Massimo Scattolin, with
whom, and together with violist Marcello Defant
and cellist Arturo Bonucci, he has formed the
ensemble Paganini Consort. He teaches at the
Pescara Conservatory and Music Academy, and
holds master classes both in Italy and abroad
(Musica Riva, Alghero, S.Antioco, Academie
D’Eté d’Andé, Rotterdam). First violin of
Quintetto Italiano, which has appeared throughout the world, he plays a superb Stradivarius
(1721) and violins by luthier Giovanni Osvaldo
Fiori of Treviso. He is artistic director of the
National Music Competition «Città di Villar
Perosa».
13
DEUTSCH
FRANÇAIS
Franco Mezzena, der das Konservatorium in
Trient cum laude absolvierte, studierte bei
Salvatore Accardo. Seine Karriere als Solist (im
Duo und Trio mit Bruno Mezzena und Arturo
Bonucci) verlief in den bedeutendsten Theatern
und als Gast der wichtigsten Festivals. Dazu
gehören das Teatro Regio in Turin, La Fenice in
Venedig, Teatro Massimo in Catania, Teatro
Comunale in Modena, Großer Saal des
Mailänder Konservatoriums, Accademia di S.
Cecilia in Rom, Neapel, Messina, Festival Cervo,
Bologna, Paris, Lille, Poitiers, Großer
Musikvereinssaal in Wien, Gewandhaus Leipzig,
Budapest, Prager Frühling, Zagreb, Sofia und
Odessa. Mezzena machte zahlreiche Tourneen
mit I Musici und I Virtuosi di Roma. Er arbeitete
mit berühmten Künstlern wie S. Accardo, R.
Ricci, B. Giuranna, R. Filippini, B. Canino, J.
Klein, F. Petracchi, A. Pay, S. Gazzelloni und J.
Berger. Als Duo spielt er mit dem Gitarristen
Massimo Scattolin, mit dem er zusammen mit
Marcello Defant (Bratsche) und Arturo Bonucci
(Cello) zum Paganini Consort gehört. Als Dozent
am Konservatorium und der Akademie von
Pescara hält er Perfektionierungskurse und
Meisterklassen in Italien und im Ausland ab
(Musica Riva, Alghero, Sant’Antioco, Académie
d’Eté d’Andé, Rotterdam). Erster Geiger des
Quintetto italiano, mit dem er auf der ganzen
Welt aufgetreten ist, spielt er eine prachtvolle
Stradivari von 1721 und auf Violinen des
Geigenbauers Giovanni Osvaldo Fiori in Treviso.
Mezzena ist künstlerischer Leiter des Nationalen
Musikwettbewerbs «Città di Villar Perosa».
Diplômé du Conservatoire de Trente avec le maximum des points et les félicitations du jury, Franco
Mezzena a étudié avec Salvatore Accardo. Sa carrière de soliste, en duo et en trio avec Bruno
Mezzena et Arturo Bonucci, l’a amené dans les
plus grands théâtres et les principaux festivals
parmi lesquels le Teatro Regio de Turin, La
Fenice de Venise, Massimo de Catane, Teatro
Comunale de Modène, la Grande Salle du
Conservatoire de Milan, l’Accademia Santa Cecilia
de Rome, Naples, Messine, le Festival de Cervo,
Bologne, Paris, Lille, Poitiers, Grosse Musikverein
Saal de Vienne, Gewandhaus de Leipzig,
Budapest, Printemps de Prague, Zagreb, Sofia,
Odessa. Il a effectué de nombreuses tournées avec
I Musici et avec I Virtuosi di Roma. Il a collaboré
avec des artistes célèbres parmi lesquels
S.Accardo, R.Ricci, B.Giuranna, R.Filippini,
B.Canino, J.Klein, F.Petracchi, A.Pay,
S.Gazzelloni, J.Berger. Il joue en duo avec le guitariste Massimo Scattolin qui est membre, comme
lui, du Paganini Consort avec Marcello Defant, à la
viole, et Arturo Bonucci, au violoncelle. Professeur
au Conservatoire et à l’Accademia de Pescara, il
organise également des stages de perfectionnement et des master-classes en Italie et à l’étranger
(Musica Riva, Alghero, S.Antioco, Académie
d’Eté d’Andé, Rotterdam). Premier violon du
Quintetto italiano, avec lequel il a donné des
concerts dans le monde entier, il possède un superbe Antonio Stradivari (1721) et des violons du
luthier Giovanni Osvaldo Fiori de Trévise. Il est
directeur artistique du Concours National de
Musique «Città di Villar Perosa».
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